Abitare sostenibile. Il caso di Mulhouse. Territorio, ambiente, habitat

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141 ABITARE SOSTENIBILE: TERRITORIO, AMBIENTE, HABITAT La Cité Manifeste a Mulhouse Zeila Tesoriere Dipartimento di Storia e Progetto – Università degli Studi di Palermo LIAT Laboratoire Infrastructure Architecture Territoire – Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris- Malaquais [email protected] SOMMARIO Mentre con frequenza crescente in Europa corrono paralleli feno- meni di concentrazione e dispersione dell’habitat urbano, si rafforza il ruolo di alcuni piccoli centri dall’identità consolidata per raggiungere nuovi equilibri relativi ai temi dello sviluppo sostenibile, nell’ottica di un innervamento strategico del territorio. Facendo riferimento alle operazioni che dal 2001 sono in atto per il rinnovamento del profilo di Mulhouse, l’intervento proposto guarda all’indispensabile intreccio di pratiche, strumenti e politiche di inter- vento, nella designazione di piccoli centri a vocazione unica e a forte memoria storica come nuove figure di rilievo. Mulhouse è oggi una città transfrontaliera di circa 140 000 abitanti in cui l’impresa tessile, fenomeno determinante dalla metà dell’Ottocento, è quasi del tutto scomparsa, e che punta a divenire centro di una regione più vasta, lungo i confini con la Svizzera e la Germania e legata a nuovi interessi economici. Nella Mulhouse del XIX secolo l’inurbamento legato all’industrializzazione ha dato luogo alla prima esperienza europea di alloggi operai unifamiliari e con giardino concessi in proprietà, che hanno reso la città un riferimento per le pratiche e la storia dell’architettura domestica. Tali alloggi sono ora un emblema identita- rio cui la municipalità si riferisce per lanciare nuove operazioni di ri- chiamo. La principale in tal senso è stata la Cité Manifeste (2002), molto mediatizzata, rafforzando l’identità di Mulhouse come riferi- mento per l’innovazione nell’habitat. Per giungere a tale obiettivo si

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Mulhouse è oggi una città transfrontaliera di circa 140 000 abitanti in cui l’impresa tessile è quasi del tutto scomparsa, e che punta a divenire centro di una regione più vasta, lungo i confini con la Svizzera e la Germania. Nella Mulhouse del XIX secolo l’industrializzazione ha dato luogo alla prima esperienza europea di alloggi operai unifamiliari e con giardino concessi in proprietà. Tali alloggi sono ora un emblema identitario cui la municipalità si riferisce per lanciare nuove operazioni di richiamo. La principale in tal senso è stata la Cité Manifeste (2002), molto mediatizzata. Per giungere a tale obiettivo si correlano a cascata una coralità di figure operative e attuative. La Cité Manifeste è infatti il più pubblicizzato dei progetti del Grand Projet de Ville, a sua volta inserito nel Contrat de Ville, contenuto negli obiettivi dell’Agenda 21Mulhouse sud- Alsace, patto fra diverse municipalità sui temi dello sviluppo sostenibile enunciati a Rio nel 1992.

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ABITARE SOSTENIBILE: TERRITORIO, AMBIENTE, HABITAT

La Cité Manifeste a Mulhouse

Zeila Tesoriere

Dipartimento di Storia e Progetto – Università degli Studi di Palermo

LIAT Laboratoire Infrastructure Architecture Territoire – Ecole Nationale Supérieure

d’Architecture Paris- Malaquais

[email protected]

SOMMARIO

Mentre con frequenza crescente in Europa corrono paralleli feno-

meni di concentrazione e dispersione dell’habitat urbano, si rafforza il

ruolo di alcuni piccoli centri dall’identità consolidata per raggiungere

nuovi equilibri relativi ai temi dello sviluppo sostenibile, nell’ottica di

un innervamento strategico del territorio.

Facendo riferimento alle operazioni che dal 2001 sono in atto per il

rinnovamento del profilo di Mulhouse, l’intervento proposto guarda

all’indispensabile intreccio di pratiche, strumenti e politiche di inter-

vento, nella designazione di piccoli centri a vocazione unica e a forte

memoria storica come nuove figure di rilievo.

Mulhouse è oggi una città transfrontaliera di circa 140 000 abitanti

in cui l’impresa tessile, fenomeno determinante dalla metà

dell’Ottocento, è quasi del tutto scomparsa, e che punta a divenire

centro di una regione più vasta, lungo i confini con la Svizzera e la

Germania e legata a nuovi interessi economici.

Nella Mulhouse del XIX secolo l’inurbamento legato

all’industrializzazione ha dato luogo alla prima esperienza europea di

alloggi operai unifamiliari e con giardino concessi in proprietà, che

hanno reso la città un riferimento per le pratiche e la storia

dell’architettura domestica. Tali alloggi sono ora un emblema identita-

rio cui la municipalità si riferisce per lanciare nuove operazioni di ri-

chiamo. La principale in tal senso è stata la Cité Manifeste (2002),

molto mediatizzata, rafforzando l’identità di Mulhouse come riferi-

mento per l’innovazione nell’habitat. Per giungere a tale obiettivo si

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correlano a cascata una coralità di figure operative e attuative. La Cité

Manifeste è infatti il più pubblicizzato dei progetti del Grand Projet

de Ville, a sua volta inserito nel Contrat de Ville, contenuto negli o-

biettivi dell’Agenda 21Mulhouse sud- Alsace, patto fra diverse muni-

cipalità sui temi dello sviluppo sostenibile enunciati a Rio nel 1992.

Tale quadro è a sua volta sostenuto da nuove leggi nazionali, come

la legge Borloo del 2003, che mira al rinnovamento urbano tramite la

riqualificazione del parco alloggi esistente e la costruzione di architet-

ture eco-compatibili, in un disegno che si misura con nuovi scenari,

legati alla sostenibilità dello sviluppo urbano e al disegno delle infra-

strutture della mobilità come puntello inevitabile alla figura della di-

spersione.

1. INTRODUZIONE

Le procedure complesse che interessano in Europa la riconversione

di territori segnati dall’obsolescenza di loro precedenti e caratterizzan-

ti attività sono oggi sempre più numerose e si svolgono in modo sem-

pre più diversificato per la localizzazione e l’estensione degli interven-

ti.

Alcuni denominatori comuni fra operazioni per il resto molto di-

verse si trovano nel riferimento alla sostenibilità e in particolare alle

indicazioni sottoscritte a Rio de Janeiro nel 1992 da 178 nazioni che si

sono impegnate a favorire lo sviluppo sostenibile del loro territorio

nell’affrontare il XXI secolo, attraverso l’elaborazione di azioni corre-

late fra loro da un’agenda generale.

Si presentano qui i risultati di una più vasta ricerca in corso, centra-

ta su alcune operazioni francesi federate dalla redazione di Agenda 21,

e relativi al complesso di interventi realizzati nell’arco di una decina

d’anni a Mulhouse, sullo sfondo dell’elaborazione di un’Agenda 21

relativa ad una agglomerazione di comuni costituitasi per l’occasione.

Ciò permette una riflessione sull’intreccio di pratiche, strumenti e

politiche di intervento che oggi indicano sempre più spesso piccoli

centri a vocazione unica e di forte memoria storica come figure di ri-

lievo per i nuovi equilibri relativi ai rapporti fra densità, figure urbane

e fenomeni di dispersione e concentrazione dell’habitat in Europa.

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Due temi principali innervano l’insieme delle operazioni: il ridise-

gno del sistema infrastrutturale, orientato al trasporto pubblico su ro-

taie, capace di sostenere la costruzione di una nuova rete di relazioni

territoriali sovranazionali; il riferimento all’esperienza costruita tardo

ottocentesca degli alloggi operai, considerata emblematica per il setto-

re a livello europeo, reinterpretata oggi per l’avvio di un piano di re-

cupero dell’esistente e di costruzione di nuovi edifici ecosostenbili.

2. IL CARRÉ MULHOUSIEN: MEMORIA STORICA E IDEN-TITÀ LOCALE

Mulhouse, nell’Alto Reno, in Alsazia, è oggi una città transfronta-

liera di circa 110.000 abitanti che ha avviato dal 2001 un vasto insie-

me di operazioni per il rinnovamento del proprio profilo in relazione

al suo territorio.

Lo sviluppo e la fortuna di Mulhouse sono stati orientati in modo

determinante nel corso del XIX secolo dall’emergenza dei principali

fra i temi della modernità. Negli anni centrali dell’Ottocento un rapido

e fecondo processo di industrializzazione ne fece uno dei maggiori po-

li tessili francesi, mentre le dinamiche conseguenti all’attrazione di

nutrite fasce di popolazione interessate al lavoro nelle fabbriche mar-

carono definitivamente la struttura e il carattere di questo piccolo cen-

tro.

Fra i temi capitali di quegli anni si impose quello delle terribili

condizioni di vita degli operai nelle grandi città industriali europee,

insieme all’intenso dibattito che si imbastì per porvi rimedio.

Per decenni una ricerca costante condusse gli imprenditori, e fra di

loro i filantropi – nuove figure emblematiche di quest’epoca e di que-

sti temi – gli ingegneri, gli architetti del nord Europa a valutare i mez-

zi più efficaci per governare l’inserimento del nuovo ceto operaio nel-

le città. Fra gli obiettivi principali vi era quello di educare questi

gruppi sociali alla vita cittadina, inducendo nuove pratiche che tenes-

sero i lavoratori lontani tanto dall’alcolismo che dalle rivendicazioni

sindacali e dalla diffusione degli ideali socialisti, pratiche che interve-

nissero inoltre per correggere la mancanza di igiene personale e dome-

stica, limitando la diffusione di epidemie. L’alloggio si affermerà pre-

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sto e in maniera condivisa come strumento decisivo per la realizzazio-

ne di tali strategie. Sul suo carattere, sull’opportunità e l’efficacia del-

la sua localizzazione urbana, della modalità di associazione fra unità

abitative, dell’impianto, della distribuzione interna, è stato prodotto

nell’arco dell’ultimo cinquantennio dell’Ottocento un imponente in-

sieme di strumenti operativi, cui è corrisposta l’intensa sperimentazio-

ne costruita di numerose ipotesi. Le realizzazioni possono ricondursi a

due filoni principali: l’alloggio operaio per la grande metropoli e quel-

lo per il piccolo centro a vocazione industriale esclusiva. Il tipo più

diffuso è quello realizzato nei grandi centri, e consiste in un edificio a

corte chiusa o aperta su più livelli fuori terra, costituito da alloggi as-

sociati e servizi comuni interni al fabbricato.

Gli edifici venivano costruiti da società filantropiche riconducibili

ai capitani d’impresa o dagli stessi industriali, che ne avrebbero con-

servato la proprietà, permettendo ai lavoratori una locazione tempora-

nea rinnovabile previa verifica dello stato d’uso dell’abitazione e del

rispetto di alcune condizioni di utilizzo e condotta personale. La cri-

stallizzazione, diffusione, ripresa e aggiornamento progressivo di que-

sta materia architettonica e urbana hanno dato luogo in Francia un pa-

norama sostanzialmente unitario, in cui l’unica eccezione fu quella

sperimentata a Mulhouse, ove fu praticato il primo esempio europeo

di alloggi operai unifamiliari e con giardino concessi in proprietà.

A partire dal 1853, la Socièté Mulhousienne des Cités Ouvrières

(SOMCO), fondata a tale scopo, diede incarico all’ingegnere Emile

Muller di elaborare e costruire un progetto per una Cité operaia che

avrebbe alloggiato i dipendenti delle fabbriche tessili della cittadina.

Incaricato di occupare un’area di circa 60 ha., Muller realizzò un

nuovo sistema, che raggruppa su uno schema cruciforme quattro al-

loggi unifamiliari sotto un’unica copertura, ottenendo un modulo qua-

drangolare di due elevazioni fuori terra – detto carré mulhousien -

che, ripetuto, forma lunghe bande prospicienti su giardini privati sul

fronte e sul retro, in riferimento al modello delle garden-cities inglesi

studiate da E. Muller nel corso dell’approfondita ricerca preparatoria.

L’accesso in proprietà raggiungibile nel volgere di alcuni anni, la

dimensione unifamiliare dello spazio domestico, la disponibilità dei

due piccoli giardini, l’accortezza della distribuzione interna e altre

qualità intrinseche degli alloggi, fra cui la relativa ampiezza, che fa dei

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47 m2. abitabili del carré mulhosien uno standard superiore non solo

agli altri alloggi operai del tempo, ma anche alle norme di cui la Fran-

cia si dotò quarant’anni più tardi, hanno posto l’esempio di Mulhouse

come modello che ha attraversato il tempo.

3. IL DISEGNO DELLE TRASFORMAZIONI: VISIONE UNI-TARIA, MOLTEPLICE QUADRO LEGISLATIVO

In un primo, lungo momento, l’esperienza degli alloggi operai di

Mulhouse è stata emblematica solo all’interno delle comunità di spe-

cialisti interessate ai temi della residenza operaia.

Questo patrimonio si riafferma oggi al centro degli interessi

dell’amministrazione, che investe nel considerare il tessuto operaio ot-

tocentesco come emblema identitario, in cui l’intera cittadina ricono-

sce uno dei suoi caratteri, sottolineandone il ruolo esemplare nella sto-

ria dell’architettura domestica, e ricorrendovi come traino cui aggan-

ciare nuove operazioni di richiamo.

Oggi la condizione dei fattori determinanti per Mulhouse è molto

mutata. Gli alloggi ottocenteschi mostrano le modifiche eseguite dagli

abitanti nel corso di questi 150 anni, mentre l’assunzione di nuove

pratiche (fra cui il subaffitto e il conseguente incremento della popola-

zione residente nella Cité, oggi multietnica) rende ancora più urgenti

nuovi interventi sul parco immobiliare. Intanto, l’impresa tessile è

quasi del tutto scomparsa, e le altre grandi industrie chimiche e mec-

caniche si sono trasferite lontano, ultima la Peugeot.

Mulhouse, stretta fra i confini con la Svizzera e la Germania, punta

ora a divenire centro di riferimento di una regione più vasta, transfron-

taliera e gravitante intorno a nuovi interessi economici.

Le recenti politiche adottate si possono leggere sullo sfondo di un

quadro europeo che con frequenza crescente attribuisce un ruolo cer-

niera a piccoli centri dall’identità consolidata per raggiungere nuovi

equilibri nell’ottica di un innervamento decisivo per il territorio circo-

stante e in relazione ai temi della medio-bassa densità, della mobilità e

dello sviluppo sostenibile.

Mulhouse persegue tali obiettivi con il sostegno di un quadro legi-

slativo nazionale che elabora da decenni una pluralità di figure inter-

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pretative, di progetto e attuative e mostra la necessità di correlare a ca-

scata una coralità di strumenti, a cavallo di scale di intervento che sia-

no al contempo locali, sovracomunali, internazionali, coinvolgendo at-

tori e soggetti decisori pubblici e privati.

In questo caso specifico, una prima linea di riferimento è stata

l’Agenda 21 Mulhouse sud- Alsace, patto federatore per la Commu-

nauté d’Agglomération Mulhouse – sud Alsace (soggetto composto da

diverse municipalità che riconoscono a Mulhouse un ruolo centrale)

sui temi dello sviluppo sostenibile enunciati a Rio de Janeiro nel

19921.

La municipalità di Mulhouse ha dunque redatto un’Agenda 21 do-

tandosi di un programma intercomunale con 35 partenairs pubblici e

privati.

Fra gli obiettivi di maggiore rilievo ricondotti alle azioni di Agenda

21 è la realizzazione dei punti sottoscritti nel Contrat de Ville, elabo-

rato a sua volta all’interno del Grand Projet de Ville (GPV), preventi-

vamente redatto2.

Estendendo la qualifica di patrimonio agli alloggi operai tardo-

ottocenteschi, per i quali si prevede una serie di operazioni manutenti-

ve, il GPV lega a questa manovra la disposizione di numerosi altri in-

terventi di riqualificazione anche su alloggi privati, che nel caso insi-

stano soprattutto sui fronti degli edifici saranno connessi a azioni

complementari sullo spazio pubblico.

1 La Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (Rio de Janeiro, giugno

1992), al capitolo 28 incita a elaborare delle ipotesi trasformative legate a scadenze

precise e volte a rispondere alle sfide del 21° secolo (da qui il nome di Agenda 21)

per realizzare obiettivi generali in cui le politiche urbane si leghino allo sviluppo so-

stenibile con il più ampio coinvolgimento possibile di abitanti, attori e imprese loca-

li. 2 Il Contrat de ville è stato istituito in Francia con la legge del 10.06.1989 come

sistema che permette di realizzare progetti urbani sotto forma contrattuale fra lo Sta-

to, le collettività locali e i loro partenaires. L’obiettivo principale di tale figura è la

determinazione di un quadro legislativo in cui concertare politiche territoriali di svi-

luppo solidale e di rinnovamento e riqualificazione urbana. Avviati dal 1999, i

Grands projets de ville sono figure del tutto integrate al Contrat de Ville, che deve

quindi precederli e prevederli, con l’obiettivo specifico di realizzare operazioni mi-

rate di rinnovamento urbano su 50 siti degradati individuati sul teritorio nazionale.

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Tale pratica ricorre con frequenza crescente in Francia, e riposa

sulla Legge Borloo, che dal 1° agosto 2003 introduce l’orchestrazione

di interventi di rinnovamento urbano, volti in particolare ai quartieri in

difficoltà, attraverso la riqualificazione del parco alloggi esistente e la

costruzione di nuovi esempi sperimentali3.

Contestualmente, la Communauté d’Agglomération Mulhouse Sud

Alsace si è dotata di un progetto infrastrutturale capace di intercettare

in più punti il GPV.

La realizzazione di una linea tramviaria nel 2001, che dal 2006 si è

ibridata in linea ferroviaria a percorrenza regionale (le tram-train de

Mulhouse) ha consentito di riqualificare tutto lo spazio pubblico urba-

no interessato dal passaggio dei binari, mentre l’arrivo, fra 2008 e

2011, del TGV Est Européen e Rhin-Rhône è stato il motore degli in-

terventi sull’edificio stazione preesistente e sul suo immediato intorno

urbano.

Potenziando a più scale il trasporto pubblico su rotaie, Mulhouse

progetta le dinamiche urbane di nuovi potenziali residenti, da attrarre

per la facilità, rapidità e comodità degli spostamenti dalla scala di

quartiere sino a quella internazionale, permettendo collegamenti age-

voli e con mezzi della stessa natura dal proprio quartiere sino alla

Svizzera o alla Germania.

4. LA CITÉ MANIFESTE

Il lancio di questo insieme di interventi è stato trainato da

un’operazione di grande richiamo. Grazie alla legge Borloo, la riquali-

ficazione del tessuto residenziale esistente, in primo luogo quello otto-

centesco, è stata realizzata in convergenza con la costruzione di nuovi

quartieri. Iniziativa di rilievo internazionale è stata in tal senso la Cité

Manifeste, realizzazione di 61 nuovi alloggi sociali su un lotto che

fronteggia i più esterni fra gli isolati di Muller, avente come promoto-

re la stessa SOMCO, e come occasione il festeggiamento del 150° an-

3 Loi d’orientation et de programmation pour la ville et la rénovation urbaine,

detta anche legge Borloo, dal nome dell’estensore J.L. Borloo, allora Ministre dele-

gué à la ville et à la renovation urbaine, emanata il 1.08.2003.

Zeila Tesoriere 148

niversario della più antica Cité operaia. Il direttore della SOMCO,

Pierre Zemp, è stato fra i principali attori coinvolti in tal senso dal

GPV, e l’istruzione delle tappe per la realizzazione delle nuove case

ha consentito un radicale rafforzamento dell’identità di Mulhouse co-

me città di riferimento per l’innovazione nell’habitat a livello interna-

zionale. D’accordo con gli architectes – conseil della municipalità,

Zemp ha incaricato direttamente Jean Nouvel della regia complessiva

dell’operazione. Già autore, fra il 1987 e il 1994, a Nîmes, di Nemau-

sus, progetto centrato sull’innovazione dell’alloggio sociale, Jean

Nouvel ha accettato di misurarsi nuovamente con la difficile speri-

mentazione in quest’ambito, condividendo il progetto dei 61 alloggi

con quattro gruppi scelti fra i protagonisti della sperimentazione sullo

spazio domestico, le cui proposte hanno segnato l’elaborazione con-

temporanea di questo tema. L’équipe completa ha previsto dunque che

l’Atelier Jean Nouvel; Shigeru Ban con Jean de Gastines; Anne Laca-

ton & Jean-Philippe Vassal; Duncan Lewis – Scape architecture asso-

ciato al gruppo Block; ART’M architecture - Matthieu Poitevin e Pa-

scal Reynaud lavorassero assumendo i limiti ordinari di un’operazione

del genere nel budget, nelle modalità di appalto e di affidamento degli

incarichi, nei tempi di realizzazione.

FOTO 1 – Sulla destra, il lotto trapezoidale della Cité Manifeste, cir-

condato dal tessuto ottocentesco costituito dagli isolati di alloggi ope-

rai.

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A questa condizione si aggiungevano inoltre gli obiettivi di Agenda

21, concentrati in particolare sull’innovazione dello spazio domestico,

sulla sostenibilità e ecocompatibilità dell’intervento. Realizzati su un

lotto trapezoidale ai margini dell’antica Cité, bordato dalla rue Lavoi-

sier, che conduce alla vicina autostrada, e imperniato sulla maglia ot-

tocentesca di vie principali e secondarie ordito da Muller, i 61 alloggi

sono stati consegnati nel 2005. A quasi due secoli dall’esperienza del-

la cité operaia, i nuovi alloggi hanno poco in comune con i contenuti

di fondo espressi dall’esempio ottocentesco e rispondono in primo

luogo al consenso crescente dei cittadini francesi per l’alloggio unifa-

miliare con giardino privato, in un disegno di bassa densità che con-

centra le innovazioni sulla difficilissima equazione fra l’ampiezza de-

gli spazi abitabili, la loro flessibilità, e la sostenibilità da ottenere pur

convertendo all’habitat materiali industriali e in genere non impiegati

per l’architettura domestica. L’ampliamento della superficie interna

degli alloggi rispetto alla media della realizzazione corrente, insieme

agli altri obiettivi dell’operazione, avrebbe dovuto essere raggiunta

senza incremento dei costi di costruzione, e senza contare su contribu-

ti integrativi (che pur sarebbero stati accessibili attraverso il riferimen-

to al quadro molto articolato di figure legislative nazionali e comunita-

rie che hanno reso possibile l’operazione).

FOTO 1 – Da sinistra, modelli virtuali degli edifici di S. Ban con J. de

Gastines e di quelli dui A. Lacaton & J.-P. Vassal

Zeila Tesoriere 150

Traendo spunto dalle rispettive esperienze precedenti, le 6 équipes

coinvolte hanno fatto diffusamente ricorso a elementi o volumi inte-

ramente prefabbricati fuori opera. I moduli impilabili di Shigeru Ban;

quelli dai grandi aggetti liberi di Duncan Lewis; le strutture da serra

orticola di Lacaton e Vassal issate su uno zoccolo di cemento; il gran-

de piano in metallo ondulato che costituisce un’unica copertura per

l’intero complesso di Jean Nouvel; così come le partizioni interne, in

genere costituite da elementi industriali scorrevoli e a scomparsa, con-

tribuiscono al contenimento delle spese e permettono il disegno di un

habitat non convenzionale, in cui gli spazi domestici appaiono modu-

labili in estensione e orientabili nelle relazioni con gli altri luoghi in-

terni e con quelli esterni: terrazze, giardini in piena terra o sospesi.

Molto mediatizzata, l’operazione ha suscitato grande interesse e ha

attirato, come auspicato, nuovi osservatori sull’intero disegno genera-

le.

E’ solo infatti nel quadro complesso qui evocato che si comprendo-

no fini, contenuti e reale praticabilità di un’operazione come la Cité

Manifeste, in cui la memoria storica e l’identità urbana sono fra i mo-

tori trainanti per una profonda revisione di ruoli e configurazioni

dell’intera Mulhouse.

Il prestigio internazionale degli architetti coinvolti ha consentito di

radicare l’idea che la cittadina sia luogo di un habitat di qualità, e le

consente di riscrivere il suo ruolo e misurarsi con nuovi scenari, rela-

tivi all’ampliamento su scala regionale del raggio di interazioni di abi-

tanti, interessi e servizi in un disegno di sostenibilità dello sviluppo

urbano a bassa densità che fa delle infrastrutture della mobilità un

puntello inevitabile.

5. CONCLUSIONI

Gli alloggi della Cité Manifeste andranno incontro nel tempo alle

verifiche che solo l’uso dell’architettura consente di effettuare. Valuta-

re la relazione fra lo spazio domestico progettato e quello vissuto è

una questione cruciale per l’architettura dell’abitare dopo il Movimen-

to Moderno. Le modalità di appropriazione praticate dai locatari per-

metteranno di definire i termini del rapporto fra la valenza teorica,

Abitare sostenibile: territorio, ambiente, habitat 151

emblematica, dell’operazione, il rispetto dei parametri di costi e pre-

stazioni stabiliti nel programma e la vivibilità di queste case.

Se per avere un panorama relativo a questi punti sarà necessario

che passino gli anni e mentre alcune delle operazioni previste dal qua-

dro complessivo degli interventi sono ancora in corso, possono essere

svolte però alcune riflessioni conclusive rispetto al significato e al ca-

rattere complessivo dell’esperienza.

L’eco mediatica della Cité Manifeste conferma l’attualità dei temi

legati alla sperimentazione sull’alloggio sociale. Uno sguardo più at-

tento mostra inoltre che ciò avviene in una prospettiva che non vede

l’alloggio sovvenzionato come un prodotto costruito in associazione

univoca e automatica ai ceti più deboli. La Francia ha una lunga tradi-

zione di ricerca e costruzione di una varietà di alloggi sociali destinati

a ceti di reddito differenziato, sostenuta dall’elaborazione di politiche

volte a rendere vantaggiosa la produzione e la manutenzione di questo

articolato parco locativo. Così si comprende il senso di un’operazione

realizzata a partire dall’ipotesi che l’alloggio sociale possa essere un

elemento di eccellenza dal punto di vista progettuale, e una risorsa per

il contesto in cui interviene come elemento di riqualificazione del tes-

suto e dello spazio pubblico.

E’ ancora il riferimento al quadro nazionale che conduce a sottoli-

neare che il caso di Mulhouse non è isolato, ma rappresenta una delle

numerosissime possibilità di declinare il ricorso alla congerie di stru-

menti e figure qui rapidamente evocate che oggi in Francia è predi-

sposta a immaginare e realizzare nuovi scenari per città in trasforma-

zione.

La natura di tali leggi consente l’intreccio di un vasto insieme di

procedure a diverse scale di azione, e permette che le diverse opera-

zioni programmate si svolgano entro i tempi previsti, senza confligge-

re, e intersecando a loro volta panorami ulteriormente strutturati dalle

disposizioni europee o dagli intendimenti volti alla salvaguardia

dell’ambiente.

Questo complesso meccanismo funziona, infine, lungo una duplice

direzione: quella che procede in avanti, verso il futuro, ed è propria

della dimensione propositiva, fondata sui progetti e

sull’individuazione degli strumenti per attuarli, e quella inversa, in cui

altri soggetti percorrono la stessa via sul sentiero del ritorno esami-

Zeila Tesoriere 152

nando le azioni compiute, valutandole e premiandole – ove opportuno

-attraverso il riferimento a un campo vasto, in cui confluiscono gli esi-

ti di numerosissime operazioni analoghe condotte sull’intero territorio

nazionale da tutti quei soggetti che avranno avuto le capacità di attuar-

li.

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