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RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA 8011ITTINOSALESIANO ANNO100 - N . 23 - 1" DICEMBRE1975 Spedii .inabb .post . - Gruppo2°(70) - 1aquindicina auomini cheDioama s.

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RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA8011ITTINO SALESIANOANNO 100 - N . 23 - 1" DICEMBRE 1975Spedii . in abb . post . - Gruppo 2° (70) - 1a quindicina

a uominiche Dio ama

s.

i

I Figli di Don Bosco nel mondoCarrellata sulla presenza dellaFamiglia salesiana nazione pernazione, 18

Riuniti a Valdocco i genitori dei mis-sionari, 7

STI GIOVANICercano un senso per la loro vita, 3Tre riviste giovani, 27

NELL'AZIONEBOLIVIA. Ora la sua scuola portail suo nome, 15

La Comunità di San Carlos, 29BRASILE. Gli universitari badano ai

ragazzini, 12ECUADOR. Quando si ha un fratel-

lo ferroviere, 29A che ora ci parli di Dio? 31IRLANDA. John diventa chierico, 29ITALIA. Cnos: un ponte per i gio-

vani lavoratori, 8Premiato il « Times junior », 28La bustarella del Papa, 28Molti libri dall'UPS nel 1977, 29Il mistero di Lu Monferrato, 30KOREA. Un'opera in . . . fiore, 29MESSICO. Il mio primo Natale tra

i Mixe, 28VENEZUELA. Invece dei soliti chie-

richetti, 28

PRC :

.' CISTISi è vendicato di Don Bosco, 17

La lodevole ambizione dei salesia-ni uruguayani, 4

RUBRICHELibri e audiovisivi, 2Preghiamo per i nostri morti, 31Ringraziano i nostri santi, 32Crociata missionaria, 35

'ANNATA 1976a pagina 34CC

LL'angelo del .« gloria in excelsis » :particolare dal grande Presepioartistico con statue in ceramicadello scultore Eliseo Salino (San-tuario del Santo Bambino Gesùdi Arenzano, Genova)

Direttore: DON ENZO BIANCOCollaboratoriSr. Giuliana Accornero - Pietro Am-brosio - Teresio Bosco - Carlo DeAmbrogio - Sr . Elia Ferrante - JesúsMélidaFotografiaAntonio GottardtArchivio : Guido CantoniComposizione e impaginazioneScuola Grafica Salesiana Pio XI - RomaStampa Officine Grafiche SEI - TorinoResponsabile : Don Teresio BoscoAutorizzazione delTribunale di Torino n . 403 del 16-2-1949

Giancarlo NegriCatechesi e mentalità di fedeEd. Ldc 1976 . Pag. 296, lire 3 .500 .

« Se la parola non si fa carne, nonè cristiana » . Perché l'insegnamentoreligioso diventi carne, occorre chela parola del catechista sia motivatain profondità : allora soltanto nel gio-vane matura la mentalità di fede delvero cristiano . Giustamente il libroporta il sottotitolo impegnativo : « Me-todologia catechistica fondamentale » .

A. Montonati - C. RagainiContinente uomoViaggio tra i profeti della speranzaE. SEI 1976 . Pagine 250, lire 5 .000

L'occhio di due lai-ci, giornalisti di « Fa-miglia Cristiana », sul-le missioni salesiane . Idue hanno percorso, inpoco più di un mese,gli itinerari « classici »dei missionari di DonBosco, impiegando ognigenere di mezzi ditrasporto, dal jet ai . . .

piedi per raggiungere i villaggi sper-duti dell'interno .Claudio Ragaini ha toccato l'Orien-

te, verificando situazioni umane dram-matiche e stimolanti : dai baraccatidi Tondo (Manila), ai drogati di HongKong ; dalle silenziose pagode dellaThailandia ove si sviluppa un promet-tente dialogo tra cristiani e buddi-sti, a quell'inesauribile serbatoio digrandezza e miseria che è l'india .

Angelo Montonati ha invece incro-ciato l'America Latina, da Haiti conle sue popolazioni nere emarginate,ai paesi andini ; dall'Argentina, culladelle missioni di Don Bosco, allosconfinato e problematico Brasile .

Da questo viaggio è nato un libro-ve-rità, senza apologie ma sul filo delracconto dal vero, vivo e palpitante,di uomini e vicende al limite dell'in-credibile : né eroi, né pazzi, né esal-tati, ma ostinati profeti di una spe-ranza di cui il mondo avrà semprebisogno .

SOELEITINO SALESIANORivista della Famiglia Salesianafondata da san Giovanni Bosco nel 1877Quindicinale d'informazione e cultura religiosaEsce in 34 edizioni nazionali e in 14 lingue con960 .000 copie mensili

ANNO 100 - NUMERO 231° DICEMBRE 1976

IÌi

Direzione e Amministrazione : RomaVia della Pisana, 1111 - Tel . 64.70 .241Corrispondenza : Casella Postale 909200100 Roma-AurelioC.C .P . 1/5115 intestato a :Direzione Generale Opere D . Bosco - Roma

9A1111DlC•l'/ FA \'/aDISCUTERE CON LE FILMINE

Tra le ultime produzioni della LDC,quattro filmine si prestano in modoparticolare per avviare i giovani aldialogo sui problemi caldi della vita,per una catechesi moderna, per la ri-flessione e la preghiera .

Lo scandalo della famePorta i ragazzi, con la forza aggres-

siva dell'immagine, a prendere coscien-za del dramma di milioni di perso-ne nel mondo .

Datemi un senso e vivròNon basta vivere, ci vuole una ra-

gione per farlo . Le immagini percor-rono la vicenda umana suggerendospunti e stimoli di riflessione e pre-ghiera .

Cristo, pane di vitaUna meditazione che presenta l'Eu-

caristia come risposta alle esigenzepiù profonde del cuore umano .

Uomini di fronte alla morteIl fatto storico della « Resistenza »

(1943-1945) attraverso la visualizzazio-ne di lettere di condannati a morte .Una lettura politica dell'avvenimento,e per logico sviluppo una lettura uma-na e religiosa .

Le immagini affrontano i problemiin modo globale ed emotivo : sono so-lo il punto di partenza per il succes-sivo approfondimento . In questo l'ope-ra dell'educatore è insostituibile, mail libretto che accompagna la filmi-na gli fornisce un ricco materiale didocumentazione : dati, statistiche, ri-flessioni, testimonianze, ecc .

Come esempio valga il testo (e leimmagini) di pagina 3 di questo BS,ricavato dal libretto della filmina « Da-temi un senso e vivrò » .

Ogni filmina comprende 36-48 foto-grammi (prezzo lire 2 .600-3 .400) . Lediapositive sono anche montate su te-laietti (lire 5 .800-7 .600) ; cassetta di so-norizzazione sincronizzata (lire 3 .500) .

li Bollettino Salesianoviene inviato gratis ai membri dellaFamiglia Salesiana e agli amici delleOpere di san Giovanni Bosco .Per riceverlo rivolgersi alla Direzioneoppure in Via Maria Ausiliatrice, 3210100 Torino - Tel . (011) 48 .29 .24

Per il cambio d'indirizzocomunicare anche l'indirizzo preceden-te insieme con il nuovo .

La direzione sollecita a inviare noti-zie e foto riguardanti la Famiglia Sa-lesiana, e si impegna a pubblicarlesecondo lo spirito e le possibilitàdel Bollettino Salesiano .

Bollettino SALESIANOORGANO DEI COOPERATORI SALESIANIANNO 100 - NUMERO 23 - TORINO, 1o DICEMBRE 1976

Questi giovani cercano un Senso nella loro vita

Melanconici alla finestra . Distratti e assenti mentre li si inter-pella. Chini e riservati sul tavolino di studio . I genitori e gli edu-catori a volte non ci badano, ma loro, i ragazzi, incappano spessoin certi momenti magici in cui si interrogano sui problemi difondo : « La vita ha un senso? E quale? » . Ecco alcune riflessioniemblematiche, rilasciate da un gruppo di giovani .

La gente non lo sa . « La mag-gior parte della gente non ha unfine. Ma vive giorno per giorno .Non ha la possibilità di fermarsie chiedersi perché agisce. Viveperché si trova a vivere . Ma nonha trovato un senso .« Uno può dirti che fa questo o

quello in particolare, ma poi chesenso abbia il tutto, non lo sa .Qual è il senso globale degli sco-pi particolari? Uno può viveresenza dare uno scopo alla vita? » .E il giorno dopo . .. « Non ho una

idea precisa . Oggi penso una cosae magari il giorno dopo è tuttodiverso » .Vivere e basta. « Per me il sen-

so della vita è vivere . E basta! » .Vegeto. « Sento il bisogno pre-

potente di rompere quel muroche mi impedisce di essere di-verso da quel che sono : solo,depresso, senza credo alcuno, sen-za mete e senza ideali. Non vivo,vegeto .

« Ho bisogno di dare un sensoalla vita e sento con angoscia chedevo fare presto. Ogni giorno chepassa vissuto senza un signifi-cato, è un giorno perduto » .Non posso fingere. « Ma che

scopo ha la nostra esistenza?Di imbrogliare? Migliorare checosa? Come può la formica com-battere l'elefante? Io piango .« Piango questo mondo infame .

Piango la mia esistenza . Io nonposso fingere di divertirmi, nonposso fingere di essere felice . Ionon credo alla felicità, perché nonfa parte della realtà. E' solo unasperanza piena di illusioni » .

Preso in giro dalla vita. « Sonostanco di essere preso in giro dal-la vita .

Guardo il braccialetto di Paola, che per me è bellissimo perché

ho solo più questo di lei . Le ruotedi un camion me l'hanno por-tata via .Aveva solo 16 anni . . . » .Meravigliosamente vivi . « Cer-

cate di aprire gli occhi : per quan-to grande possa essere un vostrodolore e per quanto disperatopossa sembrare, voi siete sem-pre vivi .

« Potete dunque uscire per lastrada, incontrare un amico,ascoltare un disco, cantare unacanzone, scrivere una poesia,andar a dormire con mille pen-sieri in testa; e piangere anche,e sentirvi tristi e soli e abbando-nati, ma sempre meravigliosa-mente vivi » .Prima o poi, Dio . « Sono vis-

suta 17 anni casa e scuola : oracapisco che tutto questo non èmolto. Io credo in Dio, .ma nonavevo mai pensato di spenderela mia vita per Cristo amando ifratelli .

« Prima o poi Dio entra nellanostra vita. Sono convinta cheDio è entrato nella mia vita,anche se non me ne sono accorta .Cristo entra con l'amore . Cercodi essere disponibile concreta-mente perché la sua venuta nonsia superficiale » .Qualcuno. « Ho quattordici an-

ni. Fino a poco tempo fa la miavita era uno schifo . La societàmi rifiutava energicamente e lavita mi pareva un'enorme idiozia .Ero ateo .« Ora ho scoperto Dio. La mia

vita è cambiata di colpo

. Ho ritrovato fiducia nella vita, nella so-cietà, in me stesso .

« Il mio è un appello a chi hadei gravi dubbi sull'esistenza diDio. Amici, fate un serio esamedi coscienza, pensate se veramen-te la scienza può farci credereche l'universo si è formato da sé,che le meraviglie di questo mon-do sono sorte da sole. No, amici .La mano di "Qualcuno" ha fattotutto ciò, coronando la sua im-presa con la creazione della crea-tura più perfetta : l'uomo! » .

La grande forza. « La vita è lavera grande forza. La morte nonesiste. L'uomo la rifugge istinti-vamente perché la morte è il nul-la . La vita è pensiero, parola,sentimento .

« Non ha senso parlare di mor-te. La vita non ammette contrari :essa è tutto e il contrario di tutto .Essa ha in sé il contrario : il benee il male, l'amore e l'odio, la feli-cità e la sofferenza . E per questoè meravigliosa » .

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LA LODEVOLE AMBIZIONE

DEI SALESIANI URUGUAYANI

Cent'anni fa, dieci salesiani mettevano piede nel più piccolo statodel Sud America . Il seme gettato allora da Don Bosco cadde inottimo terreno, e la sua opera vi è in pieno sviluppo . « Noi abbia-mo una sola ambizione - dichiarò in quei giorni lontani donLuigi Lasagna aprendo la prima casa -: formare i vostri figliperché diventino sapienti, virtuosi e istruiti » .

Appena i missionari se nefurono usciti dal palazzo

episcopale, mons . Giacinto Veray Duran, vescovo di Montevideo(cioè, allora, di tutto l'Uruguay),battè le mani per la gioia edesclamò : « Magnifico! Gente gio-vane, e in gamba, e piena divita! ». Occorreva proprio che imissionari di Don Bosco fosserogiovani, in gamba e pieni di vita,per trovare da qualche parte ilcoraggio di cominciare in quellamaniera. La casa per loro c'era :solida, e abbastanza spaziosa, mavuota di tutto .

Per prima cosa, in quel 26 di-cembre 1876, i dieci missionariinviati da Torino con la secondaspedizione a fondare la primaopera salesiana in Uruguay, do-vevano pensare a sopravvivere ;poi, a preparare tutto l'occorren-te per aprire la scuola al più pre-sto. E quasi senza soldi . C'erano

Come tavolo un barile . Rac-conta laconicamente la « cronacadella casa » : « Non c'era né unasedia, né un tavolo, né un letto .Durante i primi giorni ci siamoaggiustati come abbiamo potuto .Come tavolo per il refettorio ser-virono a meraviglia alcune assiposate sopra un barile di bitu-me ; e servirono da sedie alcuniceppi d'albero. Come letto, ci fa-cemmo prestare delle amache . . . » .Al secondo giorno, 27 dicem-

bre, il capo del drappello e diret-tore del fantomatico collegio, donLuigi Lasagna, decise che per pri-ma cosa tutti insieme avrebberoestirpato i cardi e le altre erbac-ce fitte che invadevano ogni luo-go, comprese le sale e la chieset-ta, e avrebbero ammucchiato inun angolo i calcinacci e le mace-rie sparse un po' dappertutto. Eper quel giorno ce ne fu abba-stanza .L'indomani, 28 dicembre, la

grande sorpresa : arrivò da Bue-nos Aires don Cagliero, che eraapprodato in America l'anno pri-ma e ormai si muoveva nel nuo-vo mondo da padrone. Quell'arri-vo ci voleva, per tirare su il mo-rale. E intanto si schiodarono le40 casse portate dall'Europa, pie-ne - che idea! - soprattutto dilibri. Al vederli, « Ce n'è per ven-t'anni! », esclamò il Cagliero . I sa-lesiani coadiutori si .rimboccaro-no le maniche, e - « per riposar-si dal viaggio », come consigliavail loquace Cagliero - si miseroa preparare tavoli, sedie, tramez-ze, letti, e perfino un grosso con-fessionale. Appena c'era un mo-mento libero, tutti chini sui libria studiare la lingua del posto .

Baionette e baffi alla russa .Com'è stato possibile superare iprimi incredibili momenti? Oltreall'entusiasmo, i dieci missionarihanno trovato a Montevideo unaaccoglienza impagabile . Ci sono iconiugi Fynn, che pretendono ilnumero « uno » di matricola peril loro figlio, e intanto portanogli arredi per la chiesa, compresauna preziosa statua di santa Rosada Lima, fabbricata in Francia .La famiglia Jackson fa costrui-

re a sue spese il recinto attornoalla casa e vari annessi (si van-terà la signora un'infinità di vol-te, sorridendo : « Io ho costruitoil pollaio dei salesiani ») . La stes-sa famiglia compera una quantitàdi mobili nuovi, compresi dician-nove letti per i futuri ragazzi delcollegio, e le pentole della cucina .La superiora di una vicina comu-nità di suore porta libri liturgicie, per vari giorni, in un paniere,qualcosa da mettere sotto i denti .Un'altra signora del posto iniziail giro tra le amiche per regalarealla chiesetta la prima campana . . .

Intanto il giornale cattolico rac-conta le meraviglie di quei figlidi Don Bosco venuti dal vecchiocontinente per « impartire unacompleta educazione scientifica,letteraria, morale e religiosa » airagazzi di Montevideo . Così la cu-riosità cresce: la gente corre avedere. E non viene a mani vuo-te : chi porta un quadro, chi unvaso di fiori, chi un tappeto. Eprenota i posti per i propri figli .Non basta : bisogna preparare i

programmi scolastici d'intesa conle autorità ; si adattano quelli delprimo collegio argentino, portatida don Cagliero . Bisogna anchefar approvare la scuola dal Go-vernatore: Lasagna e Cagliero il10 gennaio ottengono udienza, eanche se l'anticamera è stipatadi gente in lunga attesa, sono subito ricevuti. Passano tra file dibaionette e di baffi alla russa (èal potere - e non c'è da stupirsene in Sud America - un go-verno militare), ma trovano unasquisita cordialità . E l'invito adaprire, dopo quel collegio, ancheuna scuola di arti e mestieri .Ci sarà .

A un giovane sacerdote di 26 anni, donLuigi Lasagna, si deve l'inizio del-l'opera salesiana in Uruguay nel 1876 .Divenuto vescovo missionario in Brasi-le, troverà tragica morte a soli 43 an-ni, in un incidente ferroviario .

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state troppe traversie e troppiimprevisti durante il viaggio, per-ché qualche biglietto di bancaavesse potuto rimanere appicci-cato alle loro tasche . . .

i

Con letto e comodino . Avanticon i preparativi : il 2 febbraio siterrà l'inaugurazione, col Vescovoe magari il Governatore (sarà poisolo un ministro a rappresen-tarlo) . Don Lasagna prepara ildiscorso in spagnolo sul tema« Istruzione e educazione », e tut-ti lo aiutano, e don Cagliero cor-regge le frasi, « in modo che donLasagna faccia la figura di un vec-chio spagnolo, e non di un gringoappena arrivato » .La cucina ora funziona bene,

con il contributo di due mucche,acquistate per il latte . Anche lecomunicazioni con la città mi-gliorano : per i viaggi sono statiacquistati due cavalli, un baiocon una macchia bianca sul nasoe pieno di brio, e un ronzino pic-colotto e tranquillo .Arrivano i primi ragazzi, con

letto e comodino da notte por-tati da casa (è una delle « condi-zioni » per quelle prime avventu-rose accettazioni . . .) . « Sono ragaz-zi bravi e docili - scrive Caglieroa Don Bosco - ma sono moltopiù vivaci di quelli europei » . Lafesta dell'inaugurazione, il 2 feb-braio 1877, è davvero solenne .Dapprima in chiesa, che la genteriempie (come pure comincia autilizzare il confessionale nuo-vo) . Poi nel collegio, dove donLasagna legge il suo discorso ade-guatamente corretto .

Il collegio Pio (in onore di PapaPio IX felicemente regnante, cheanni prima era stato due volte aMontevideo) è pieno di tutti i ra-gazzi che può contenere : 109 .Sorge alla periferia della capita-le, in una località chiamata VillaColon, ossia « Città di Colombo » .L'edificio e il terreno sono donatiai Salesiani dai proprietari diun'industria, la società Lezica,Lanuz y Fynn .

E Troia vinse la guerra. Quelprimo seme piantato da Don Bo-sco in suolo uruguayano, trovò ilterreno adatto per svilupparsipresto e bene. Alla generosità deiprimi salesiani corrispose in pie-no la generosità della gente, e laFamiglia Salesiana prese a for-marsi e a radicarsi nel popolostesso, condividendone le vicende .L'Uruguay, il più piccolo stato

sudamericano (vasto poco più dimezza Italia, e con appena tremilioni di abitanti) ha una sto-ria breve. Nelle sue immense pia-nure - la Pampa uruguayana èil prolungamento di quella argen-tina - i pacifici gauchos pasco

lavano stupende mandrie di bo-vini, cavalli, pecore . Gente venu-ta dall'Europa, soprattutto dallaSpagna . Quando presero a scen-dere dal nord i futuri brasiliani,gli spagnoli per fermarli costrui-rono nel 1728 una fortezza, chediventerà capitale, e la chiama-rono « San Feli-pe y Santiago deMontevideo » . O più brevemente«Montevideo » . E più brevemen-te ancora, come scrivono spessoi suoi abitanti, « Mdeo » .

Villa Colon (Monte-video): la FamigliaSalesiana celebra ilcentenario dell'ope-ra in Uruguay, nel-la grande piazza da-vanti alla prima ca-sa fondata nel 1876 .

Col passare del tempo i gau-chos non si sentirono più spa-gnoli, ma uruguayani. José Arti-gas, un valoroso ufficiale, nel 1811organizzò nella Pampa un pugnodi uomini e diventò « el Liber-tador » del suo paese . Vinse, fusconfitto, fuggì in esilio e vimorì, ma alla fine l'Uruguay fuindipendente. Un piccolo stato-cuscinetto fra due vicini golosi,l'Argentina 15 volte più grande,e il Brasile più grande di 45 vol-te . Piccolo, ma i paesi, come gliuomini, non si misurano col me-tro. Nel 1843 gli argentini poserol'assedio alla capitale ; i roman-tici chiamarono Montevideo « lanuova Troia »; Garibaldi accorsein sua difesa con 600 uomini .E la nuova Troia, non curantedei precedenti storici, vinse laguerra .Si formarono due partiti, il

bianco e il colorato, che da allorasi disputarono a lungo il potere,

con l'intermezzo delle inevitabilidittature militari . La gente di ori-gine europea - più tardi siaggiunsero anche molti italiani -da decenni si era « liberata » del-le popolazioni indigene : gli ulti-mi rappresentanti dei feroci e in-domiti Charrua erano stati ster-minati nel 1832 . Il paese prospe-rava, la Pampa si trasformò inun'immensa fabbrica all'aria aper-ta dove si producevano pelli, car-ni, lana pregiata . La capitale sigonfiò (ora raccoglie un buonterzo dell'intera popolazione), siaprirono banche, l'Uruguay di-venne « la Svizzera del Sud Ame-rica », fu per decenni insieme conil Cile all'avanguardia del pro-gresso e un esempio di democra-zia. Poi le difficoltà nazionali einternazionali, l'involuzione diquesti ultimi decenni, la crisi . Chinon ha sentito parlare dei famosiTupamaros? Tensioni e violenze,del resto in comune con quasitutta l'America Latina .

In questo quadro, la FamigliaSalesiana : 400 fra Salesiani e Fi-glie di Maria Ausiliatrice, con48 opere. Le Volontarie di DonBosco, numerosi Centri di Coope-ratori e Exallievi .

I primi salesiani americani . Pri-ma che il 1877 finisca, il 12 di-cembre a Villa Colon al fiancodei Salesiani ci sono anche 6 Fi-glie di Maria Ausiliatrice . Sono

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giunte con la loro prima spedi-zione missionaria . Portano con sèun oggetto ingombrante ma ailoro occhi di valore inestimabile :un dono di Don Bosco, il quadrodi Maria Ausiliatrice (ancora og-gi lo si può vedere, ben espostonella cappella del collegio) . A ca-po del drappello è madre AngelaVallese, monferrina come DonBosco e la Mazzarello, di appena23 anni (ma non si fermerà a lun-go in una città grande e per leitroppo comoda: sarà la primasuora anche nella Patagonia degliAraucani, e poi la prima suoralaggiù nella Terra del Fuoco) .E subito le prime vocazioni,

dono del generoso popolo uru-guayano : due Rodriguez, fratelloe sorella . Juan Pedro è un poliz-ziotto di vent'anni, che rimaneconquistato dallo stile di quei pri-mi salesiani e domanda di unirsia loro. Nel 1879 è salesiano, nel-1'83 sacerdote, poi direttore e fon-datore di opere ; morirà nel 1935,dopo aver festeggiato la sua mes-sa d'oro. Suor Laura, la sorella,veste l'abito religioso nella festadella natività di Maria nel 1878 .Sono i primi Figli di Don Boscodel continente americano .

Nel 1879 viene aperta una se-conda opera a Las Piedras. Nel1890 una nuova fondazione a Pay-sandù riceve, per la prima voltanel mondo, il nome di « Don Bo-sco » morto appena due anni pri-ma (ora le opere intitolate alSanto dei giovani non si contanopiù) . Nel 1893 si apre a Montevi-deo la promessa « scuola di artie mestieri » per i ragazzi più po-veri . Nel 1915 la prima scuolaagraria . . .

Intanto dal 1910 i Salesiani del-l'Uruguay sono costituiti in Ispet-toria: segno che sono già nume-rosi quanto basta, e capaci difare da sé. Continuano a ricevereaiuti di personale dall'Europa, maper così dire lo moltiplicano e lodistribuiscono negli altri paesidell'America Latina . Da Montevi-deo partono i primi Salesiani peril Brasile, l'Ecuador, il Venezuela,El Salvador, gli Stati Uniti . Conil personale dell'Uruguay si apro-no le missioni del Mato Grosso,del Rio Negro, del Chaco Para-guayo . . . In tutto 260 Salesiani, tracui 17 Ispettori e 60 Direttori,partono dall'Uruguay .

E l'Uruguay salesiano è gene-roso anche con la Chiesa, a cuidà due Arcivescovi e 8 Vescovi .Il primo vescovo non potevaessere che don Luigi Lasagna,

mandato dal Papa Leone XIII aevangelizzare e proteggere gli indidel Brasile . In Uruguay si forme-rà all'apostolato salesiano anchemons. Riccardo Pittini, che tra-pianterà l'opera di Don Bosco aSanto Domingo con splendidirisultati . Quattro sono i Vescovidell'Uruguay oggi viventi : mons .Giuseppe Gottardi, ausiliare aMontevideo ; mons. Andrea Rubio,Vescovo di Mercedes ; mons. Ore-ste Nuti, Vescovo di Canelones ;mons. Angelo Muzzolón, evange-lizzatore del Chaco, ora a riposo .

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Il primo salesiano d'America : padreJuan Pedro Rodriguez, da giovane po-liziotto divenuto figlio di Don Bosco .

Una generazione nuova . Nel-l'Uruguay si contano oggi 48 cen-tri dei Figli di Don Bosco, com-prendenti collegi, scuole peresterni, licei, scuole agricole eprofessionali, parrocchie, oratorie centri giovanili, colonie e cam-peggi estivi, case per ritiri . . . Inmezzo al popolo e per il popolo .

Nelle scuole si cerca di realiz-zare una vera « comunità educa-tiva », in cui partecipino conresponsabilità gli insegnanti, gliallievi e i loro genitori . E le operenon rimangono chiuse in se stes-se ma si aprono all'azione socialee missionaria, al servizio dei piùpoveri, col risultato che gli allie-vi crescono « cristiani impegnatinel bene » .

Gli oratori vivono si può direcon le proprie forze, puntandosull'impegno dei ragazzi e dei gio-vani, che organizzano e dirigono .

Tre scuole agricole e due scuo-le professionali continuano a pre-parare migliaia di giovani a unaprofessione. Sono più di mille iperiti agrari usciti dalla solascuola agraria « Jackson », chelavorano oggi in tutto il paeseper un ammodernamento dellacoltivazione dei campi .A Montevideo è stata aperta la

« Casa per la Famiglia Salesianadell'Uruguay », in cui hanno sedestabile i Cooperatori, gli Exallievi,le Volontarie di Don Bosco, ilMovimento Giovanile Salesiano .Una casa aperta a ogni tipo diincontri, giornate di studio, corsi .Sempre a Montevideo una

« équipe di professionisti » tiene-aperta una serie di studi : giuri-dico, notarile, contabile, di am-ministrazione delle proprietà,con prestazioni gratuite per laFamiglia Salesiana (uno di que-sti professionisti, il dr . MicheleRocca, presta servizio da 40 an-ni ininterrotti) .

Nelle colonie estive si svolgonopure esperienze vocazionali par-ticolarmente interessanti : i gio-vani che vi vengono coinvolti,sperimentano la loro disponibi-lità all'impegno salesiano nonsolo rispondendo a test psicolo-gici, ma realizzando in concretol'oratorio quotidiano in mezzo aragazzi poveri .

Le 16 parrocchie di cui i Sale-siani sono responsabili dicono lastretta collaborazione voluta erealizzata con la Chiesa locale .

In tutte queste opere sorte nelnome di Don Bosco, cresce unagenerazione nuova di giovani,ricchi della gioia di vivere, chericonoscono in Dio un padreamoroso, e nelle difficoltà dellavita - oggi particolarmente acu-te - degli ostacoli da superarecon impegno cristiano, e si apro-no così ai problemi degli uominie del popolo .

Una sola ambizione . Don La-sagna nel discorso debitamentecorretto da don Cagliero, il 2 feb-braio 1877 diceva alle autoritàconvenute per l'apertura dellaprima opera: « Abbiamo una solaambizione, e è di formare con de-licatezza e costanza i vostri figli,perché diventino sapienti, virtuo-si e istruiti, in modo che sianoun giorno il vanto e la gloria deiloro genitori, e di questa giovanee immortale Repubblica » . Que-ste parole, animate da slanciooratorio ma fondate nel reale,probabilmente saranno ricordatein questi mesi, quando si cele-brerà il Centenario dell'opera sa-lesiana in Uruguay. E mentreelogi non mancheranno, i Figli diDon Bosco sentiranno il rimpian-to delle occasioni perdute e ripe-teranno con Don Bosco : « Nonpossiamo fermarci, c'è semprecosa che incalza cosa . . . » .

ENZO BIANCO

famiglia salesiana

Riuniti a Valdocco i genitori dei missionari

Più di 350 parenti di missionari salesiani si sono incontrati aTorino Valdocco, in una giornata che per molti rimarrà indimen-ticabile . « Ho scoperto - ha concluso una mamma - che esseremadre di un missionario è una cosa grande » .

Più di 350 mamme, papà, so-relle e fratelli dei missionari

e missionarie di Don Bosco sonointervenuti a Torino Valdocco al-la « Giornata piemontese dei pa-renti dei missionari salesiani » . Ilgruppo più folto era giunto dallacittà, altro gruppo numeroso erasceso dalle colline delle Langhe edalle valli del Cuneese, terre chehanno dato numerose vocazionialla Famiglia Salesiana .

Alle 11 si trovavano tutti intor-no all'altare di Maria Ausiliatriceper la concelebrazione, presiedu-ta da don Luigi Fiora (rappre-sentante del Rettor Maggiore ; glierano accanto don Tohill (supe-riore delle missioni salesiane), itre ispettori salesiani e le dueispettrici Fma delle opere sale-siane in Piemonte, e diciotto mis-sionari .Al primo posto . Dallo stesso

altare da cui 100 anni fa Don Bo-sco diede l'addio ai suoi primimissionari, don Fiera nell'omeliaringraziò i papà e le mamme conle stesse parole del santo : « Stia-mo lavorando per la gioventù inmolte nazioni, abbiamo mandato

missionari in ogni parte del mon-do, ma tutto questo è stato pos-sibile per l'aiuto degli amici e deibenefattori . E al primo posto trai benefattori delle missioni sonoi papà e le mamme dei missio-nari » .

Ha continuato : « Voi avete co-minciato a donare i figli al Signo-re quando avete loro trasmessola vostra salda fede cristiana,quando li avete educati ai valoridello spirito. E continuate a do-narli quando li sostenete con lavostra preghiera, i vostri consi-gli, il vostro aiuto. Voi siete statie siete generosi, ma siate sicuriche Dio non si lascerà superareda voi in generosità . Don Boscoassicurava che quando un figliolascia la famiglia per seguire lavocazione datagli da Dio, è ilSignore stesso che prende il suoposto nella famiglia .« Quando si sente parlare di

guerre, di calamità che colpisco-no tante parti del mondo, alcunidi voi si preoccupano, pensandoal figlio lontano. Altre preoccupa-zioni vi vengono al pensare ai sa-crifici, ai disagi che essi devono

affrontare in nazioni diverse, sot-to climi diversi . Ebbene, io ho gi-rato il mondo, e vi posso assicu-rare che nelle più diverse situa-zioni li ho sempre trovati conten-ti del loro sacrificio, generosi nelloro lavoro, e circondati dall'af-fetto delle loro comunità .

i

« Mamma Margherita, la mam-ma di Don Bosco, nel giorno del-la prima messa del figlio gli dis-se: "D'ora in poi non dovrai piùpensare a me, ma alle anime" . Sela Famiglia di Don Bosco ha oggimigliaia di missionari in tutto ilmondo, è perché tra voi ci sonotante mamme che hanno ripetutoai loro figli le stesse parole . Diquesto, a nome di Don Bosco, vidico grazie » .

Una cosa grande . I parenti deimissionari visitarono poi le came-rette di Don Bosco e la MostraMissionaria allestita sotto la Basi-lica . Fu l'inizio della lieta cono-scenza reciproca . Mamme cheavevano i figli nella stessa mis-sione, famiglie che si conoscevanofino a quel momento solo per no-me, iniziarono un nuovo legamedi amicizia .

Nel pomeriggio, grande ritrovonel teatro salesiano . E il Supe-riore delle Missioni : « Quando ivostri figli sono partiti, il sacri-ficio più grande l'avete fatto voi .Loro erano giovani, avevano la vi-ta aperta davanti a sè. Voi inveceli avete lasciati partire mentrel'età cominciava a declinare e lavostra casa rimaneva più vuota .Per questo sacrificio io prego cheDio vi ricompensi, come ho pre-gato che ricompensasse la miamamma quando anch'io partii perle missioni dell'Asia » .

Poi sullo schermo vengonoproiettati due splendidi documen-tari a colori sulle missioni del-l'Asia e dell'America Latina .

Il giorno dopo, una signora siè presentata a Valdocco, in cercadi don Baracca, l'organizzatoredell'incontro . Gli ha stretto le ma-ni e gli ha detto : « Sono la mam-ma del chierico Ubaldo Corona,missionario in Giappone. La rin-grazio moltissimo per avermi fat-to incontrare altre mamme di mis-sionari . Le chiedo di darci altreoccasioni per incontrarci ancora .Credo che dobbiamo conoscercidi più, parlare insieme e pregareinsieme. Ho scoperto che esseremamma di un missionario è unacosa grande. E dobbiamo farloscoprire a tante altre mamme » .

TERESIO Bosco

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nell'azione

CNOS: UN PONTEI GIOVANI LAVORATORI

Ogni anno ottomila giovani nei « Centri di formazione professio-nale » salesiani, organizzati dal Cnos, si preparano al rischiosopassaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro . Ecco laportata, i problemi, le difficoltà, il significato di questa modernainiziativa che prolunga nel tempo l'impegno di Don Bosco per igiovani più poveri .

~~I

1 30% dei ragazzi italiani nonfiniscono la scuola d'obbli-

go ; e parecchi di quelli che la fi-niscono, poi non proseguono . Inpratica, alla scadenza dei 15 anniil 45% dei giovani chiedono diandare a lavorare . E che trova-no? Trovano l'industria che lirespinge perché non sono prepa-rati, non sono competenti ; oppu-re li impiega come garzoni, sfrut-tandoli » . Questo dice in sostanzadon Silvino Pericolosi, direttorenazionale del Cnos .

E' un discorso largamente con-diviso da chi è pratico del set-tore : la scuola d'obbligo non pre-para all'immissione immediatadelle fabbriche . Tra scuola e in-dustria c'è un abisso . Un abissoche i Centri di Formazione Pro-fessionale (CFP) cercano di col-mare: « Essi fanno da ponte trascuola e industria », spiega donSilvino . In Italia ci sono 1 .300 diquesti ponti, cioè Centri, con18.000 docenti per quasi 200.000allievi. E 35 ponti, per il passag-gio (nel 1975-76) di 8 .000 giovanidalla scuola all'industria, sono sta-ti costruiti e vengono mantenuti« transitabili » dai Salesiani .

Le scelte di Don Bosco . La pre-senza salesiana nel mondo del la-voro non è una novità di oggi,ma si r- -ollega alla genuina tradi-zione dì Don Bosco . Quel DonBosco che fu garzone, apprendi-sta e operaio prima di essere pre-te, e per poter essere prete . Chefu contadino, barista, sarto, fab-bro, calzolaio eccetera, e alimentòil suo sacerdozio con gli umori,i valori e i drammi della poveragente, della classe operaia .

Ed ecco le scelte operate ai suoitempi da Don Bosco . Portato da-gli studi alla città - la Torinoche avviava il suo primo proces-so di industrializzazione -, egli

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pur conoscendo bene la campa-gna, capisce presto che i proble-mi più gravi sono quelli urbani,della massa proletaria (la campa-gna, ancora tagliata fuori dallacircolazione delle nuove idee, erareligiosamente e moralmente piùsana, certo più curata). E scegliela città .Ha dinanzi a sè una società

strettamente divisa in due classi :ricchi e poveri, colti e ignoranti,gli « arrivati » e quelli che nonhanno speranza di arrivare . Esceglie i poveri .

Quella massa proletaria, igno-rante, misera e frustrata nellesue aspirazioni, in buona parteha già perso il contatto con laChiesa, o almeno si è moralmen-te e religiosamente indebolita .E Don Bosco sceglie di essereper loro anzitutto sacerdote .Ancora: Don Bosco intuisce che

la massa adulta è in un certo sen-so irrecuperabile, dati i condizio-namenti dell'ambiente e data lasua povertà culturale ; intuisceche invece per la gioventù c'èsperanza . E sceglie la gioventù .

L'oratorio è stato l'inizio, maDon Bosco non ha potuto fermar-si all'oratorio, adatto solo per ra-gazzi che hanno una casa. Quelprimo ragazzo che una sera dimaggio 1847 piombò - come dalcielo in casa sua, non aveva unsoldo e non sapeva dove andarea dormire. La pioggia cadeva adirotto. Bussò alla porta sul tardi,Don Bosco e mamma Margheritaavevano già cenato . Avrà avuto15 anni, era inzuppato di piog-gia. « Sono un povero orfano ve-nuto da Valsesia per cercare la-voro . Domando di passare la not-te in qualche angolo della casa » .E si mise a piangere. MammaMargherita fece altrettanto . Poiuscirono sul cortile, raccolseroalcune teste di mattoni, ne fecero

quattro pilastrini in mezzo allacucina, vi adagiarono sopra alcu-ne assi, e vi misero il materassodi Don Bosco .L'indomani Don Bosco gli trovò

un posto di commesso in un ne-gozio. Poi si aggiunse un secondoragazzo, un terzo . . . Dopo l'orato-rio, si apriva l'internato .

Il laboratorio presso il campa-nile . Don Bosco non dava ai suoipiccoli ospiti soltanto un tetto,li collocava « a lavorare pressoqualche onesto padrone ». E poi« andava a visitarli in mezzo ailoro lavori nelle officine, nellefabbriche » . Queste visite avevanobenefico influsso anche nell'atteg-giamento dei padroni. Anzi essisi rivolgevano a lui per avere que-sti suoi garzoni, « sapendo peresperienza che erano onesti e la-boriosi » .

Ma Don Bosco voleva garanzie,giungeva a stipulare con i padro-ni dei veri e propri contratti diapprendistato. Tra il 1847 e il '52

erano contratti in carta libera,ma poi in carta bollata .

La durata dell'apprendistatoera fissata in due anni . Il « mae-stro » darà all'apprendista « le ne-cessarie istruzioni, e le miglioriregole onde imparare a esercitarel'arte ». Al tempo stesso s'impe-

a curare la condotta delgnava

giovane « con quegli opportuni esalutari avvisi che darebbe un pa-dre al proprio figlio . . . e mai conatto alcuno di maltrattamento » .

Un anticipo dell'attività sinda-cale in piena regola . Eppure DonBosco si convince che non bastaancora. Per essere di vera utilitàa quei poveri ragazzi, egli aggiun-ge all'oratorio, al collegio e al con-tratto di lavoro, anche la prepa-razione professionale .Nel 1853, a settembre, apre i

primi due modestissimi labora-tori dei calzolai, e dei sarti . « Colsoccorso dei suoi benefattori,comperati alcuni deschetti e gliattrezzi necessari, collocò il labo-ratorio dei calzolai in un piccolocorridoio presso il campanile .Contemporaneamente destinavaalcuni giovani al mestiere di sar-ti, e l'antica cucina diventò sar-toria » .L'anno dopo apre il laboratorio

di rilegatura . Nel 1856 è la voltadel laboratorio di falegnami . Nel1861 ecco la tipografia : acquista

« due vecchie macchine a ruotacon un torchio d'occasione ; unbanco e la cassetta dei caratterisono lavoro dei falegnami dellacasa ». Nel 1862 tocca al labora-torio dei fabbri ferrai . . .

In dieci anni, dal 1853 al 1862,l'Oratorio si è arricchito di unvero e proprio collegio per in-

terni . I ragazzi « artigiani » sonoormai 200, e si offre loro non giàun lavoro senza scuola, ma lascuola del lavoro .

Più necessari che mai . Questilaboratori erano molto embrio-nali e diversi dagli attuali : eranoin cerca di una formula ottimaleper la formazione professionaledei giovani, non sorretti da mo-delli validi a livello nazionale daimitare, nè ispirati a una legisla-zione scolastica (ancora del tuttocarente) .Ma tra quegli « embrioni » rea-

lizzati da Don Bosco e gli attualimoderni e bene attrezzati Centridi Formazione Professionale sale-siani, non c'è soluzione di conti-nuità : l'idea di Don Bosco si èandata evolvendo e adattandosenza sosta nel tempo .Nel 1900 le « scuole di arti e

mestieri » salesiane nel mondoerano 48; nel 1920 erano 80 ; nel1940 salivano a 149 ; nel 1950 a191 ; nel 1970 erano 274 . Le stati-

stiche del 1975 danno per la solaCongregazione salesiana 551 labo-ratori di scuole professionali, per47 .874 allievi in tutto il mondo(altri 5 .249 allievi figurano inscuole agrarie, e 31 .144 in scuoletecniche) .

E i Cfp risultano oggi più ne-cessari e attuali che mai . Sono fre-quentati tante volte da giovanirifiutati dalla scuola come noncapaci ; oppure giovani che hannorifiutato la scuola ; oppure giova-ni capaci ma bisognosi di una si-stemazione a breve termine, perprovvedere a sè e alla famiglia .E poi c'è sempre tra loro un mar-gine di disadattati o abbandonati .Giovani che altrimenti sareb-

bero immessi nel mondo del la-voro in condizioni disastrose .« Ecco che all'improvviso - hascritto il dr . Hebrard, che si occu-pa in Francia di questo setto-re - l'adolescente viene scara-ventato in una lotta alla qualenon è preparato, e che non con-cede tregue . Una lotta aspra con-tro la materia, contro gli elemen-ti dell'ambiente, e soprattuttocontro la propria volontà cosìmalferma. Introdurre in questomodo un adolescente nel mondodel lavoro, equivale a commettereun reato » .Questa impellente necessità di

preparare i giovani è stata affron-tata nell'Italia del dopo guerradal Ministero del Lavoro attra-verso i CAP : Centri Addestramen-to Professionale. Ne sorsero nelcampo dell'industria, dell'agricol-tura, del commercio, per inizia-tiva statale e sindacale; e conessi si armonizzarono le moltis-sime iniziative private sorte inantecedenza, per lo più di ispira-zione cristiana . Tra cui quellesalesiane .

E ci si accorse che l'attività per-seguita dai Cap aveva preponde-ranza addestrativa, era troppofinalizzata all'occupazione, al me-stiere . Dimenticando l'uomo . Così,da alcuni anni si è andata svi-luppando l'idea che occorre dareprecedenza alla formazione del-l'uomo, e i Cap giustamente sisono trasformati in Cfp : centridi « formazione » professionale .

Le difficoltà sono molte . Dal-l'aprile 1973 la responsabilità deiCfp è passata dal Ministero delLavoro alle Regioni . Ma non ba-sta. Per inserire i giovani in unsistema formativo completo e ade-

I rente alle esigenze regionali, na-zionali e della Comunità europea,

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si sente da parte di tutti la neces-sità che venga data una sistema-zione definitiva all'intero settore .Per questo il Ministero si è im-pegnato a presentare una « legge-quadro » che fornirà la normativagenerale. Le Regioni poi, a lorovolta, adatteranno la normativaalle necessità dei singoli territori . . .

E oltre la parte legislativa, è inatto pure una trasformazione eun rinnovamento dell'attività for-mativa stessa. Forti sollecitazioniper il rinnovamento di questo ti-po di scuola, cioè per un suo ade-guamento alla reatà in cui devo-no operare i giovani lavoratori,provengono oggi anche a livelloeuropeo . Per esempio l'Isfol (Isti-tuto per lo sviluppo della forma-zione dei lavoratori), un organi-smo della comunità economicaEuropea, ha avviato dal 1975-76una sperimentazione di modi nuo-vi di impostare e gestire la for-mazione professionale. Una spe-rimentazione a cui il Cnos ha pie-namente aderito, avviandola innove dei suoi Centri .La formazione professionale sta

dunque attraversando una faseparticolarmente delicata . E lacentenaria presenza dei figli diDon Bosco in questo settore risul-ta oggi - più che una gloriosa equieta eredità del passato - unimpegno sempre nuovo e stres-sante. Le difficoltà ci sono e so-no molte; ma - come dicevaDon Bosco - « è inutile riempirel'aria di lamenti piagnucolosi » ;bisognava invece « lavorare a piùnon si dire » .Il primato dell'uomo . Ne vale

la pena : i Cfp salesiani svolgonoun servizio sociale . Si fa in frettaad accusare queste iniziative co-me se si piegassero docilmenteallo sfruttamento del lavoratoreai fini aziendali e padronali . Inrealtà, formando il giovane ope-raio, dandogli una qualifica, unattestato sindacalmente validoche lo introduca a pieni dirittinel mondo del lavoro . Questi cen-tri assicurano al lavoratore la ba-se concreta su cui fondare e farvalere i suoi diritti .I Cfp servono a creare salesia-

namente gli « onesti cittadini »voluti da Don Bosco . L'aspettotecnico dell'insegnamento pro-fessionale - è stato osservato -costituisce soltanto una partedella formazione che si deve da-re al futuro lavoratore (e l'acqui-sizione delle conoscenze tecnichesta diventando un fattore secon-dario, che già oggi ma certo in un

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FINESTRA SUL CNOS

Che cos'è il Cnos . Il « Centro Nazionale Opere Salesiane „ è un entesorto nel 1967 e riconosciuto giuridicamente con D .P .R . n . 1016 dello stessoanno. Si propone di promuovere e potenziare l'attività formativa della gio-ventù e dei ceti popolari, secondo gli ideali e gli orientamenti di Don Bo-sco. Perciò :

- si applica allo studio e alla soluzione di problemi attuali nel camposcolastico, formativo professionale, sociale, e del tempo libero ;- cura i rapporti delle istituzioni salesiane con organismi nazionali e

internazionali, statali e parastatali, ecclesiastici e civili, che si propongonofinalità affini a quelle salesiane .Sua sede legale : Via dei Salesiani 9, 00175 Roma ; il Cnos ha inoltre 12

sedi di rappresentanza nelle varie regioni .

Settori di attività . Il Cnos si articola in 4 settori :- Formazione Addestramento Professionale (Fap) ;- Centri di Orientamento Professionale (Cop) : i centri attualmente

in funzione in Italia sono 18, e prestano servizio psico-pedagogico ai Cfpe alle loro famiglie ;

- Polisportive giovanili salesiane (Pgs), con la loro rivista organiz-zativa « Juvenilia

- Cine-circoli giovanili salesiani (Cgs) : sono oltre 150 .Il Cnos-Fap. Questo settore è al servizio dei giovani lavoratori per aiu-

tarli ad acquisire precise capacità occupazionali . E' pure al servizio di la-voratori adulti bisognosi di aggiornamento, specializzazione, riconversioneprofessionale .

I suoi collegamenti . Il Cnos-Fap opera in collegamento con altri or-ganismi salesiani, come l'Università Pontificia Salesiana, il Centro Sale-siano Pastorale Giovanile e le Editrici Sei e LDC .

I suoi centri . I Centri di formazione professionale del Cnos in Italiasono 35 (le opere di questo tipo, che la Famiglia Salesiana ha in tuttoil mondo, sono 480) .

Gli allievi . I lavoratori che hanno partecipato ai corsi dell'anno 1975-1976,sono stati 7 .943 .

I docenti . Complessivamente sono stati 688, di cui 321 salesiani e 367non salesiani .

prossimo futuro sarà conseguitocon « macchine per apprendere ») .Ci sono invece moltissime altrerealtà su cui occorre informaree preparare il giovane lavoratore .Per esempio un sano senso cri-tico, le convinzioni che gli con-sentano poi di assumere le sueresponsabilità nei confronti dellasocietà in cui vive . Il formarsiin lui di una coscienza di classe,senza tentativi di evasione, cheassimili il valore del lavoro comeparte integrante della sua realiz-

zazione umana. Far conoscere larealtà del sindacato, senza falsepaure, evitando il pericolo - co-me è stato detto - di « perderea questo riguardo il treno dellastoria ». Insomma il giovane ope-raio deve essere aiutato a rico-noscere « il primato dell'uomosulla produzione e sul profitto » .I Cfp salesiani mirano poi a

maturare salesianamente anche i« buoni cristiani » voluti da DonBosco . Il ragazzo che si presentaal Centro, di solito arriva da strati

sociali veramente poveri, dovespesso gli è mancata ogni educa-zione alla fede . E si tratta di av-viare con lui un processo di pre-evangelizzazione, in un contestodi incontri in cui il tempo è mol-to scarso .

Anzitutto questi ragazzi nell'im-patto con l'educatore salesiano- col Coadiutore - ricevonouna prima forte scossa al soloavvertire i valori della sua testi-monianza. Anche finito l'orariodi attività formativa nell'officinao nella scuola, il salesiano restasempre a sua disposizione : peruna lezione non capita, per scam-biare quattro idee, per discutereproblemi di fondo . Ci sono poile ore assegnate dai programmialla « cultura generale », cheoffrono spazio per creare unamentalità un po' più verticale esoprannaturale . I Centri riesconoa offrire momenti di riflessioneo intere giornate a livello spiri-tuale, che - dice l'esperienza -di solito sono accolte con vivofavore .La sperimentazione . C'è poi il

contributo che i Centri salesiani- la cui competenza ed efficenza,magari a denti stretti, è oggi lar-gamente riconosciuta - stannoportando nel campo della speri-mentazione . I Centri rifiutano laqualifica di « scuola » in sensotradizionale, si definiscono unfatto educativo che si colloca di-rettamente nell'economico e nelsociale . Questa situazione « di-versa » vuole metodi diversi, ingran parte ancora da scoprire .Il docente non è il professore

tradizionale, ma è animatore eguida . E lavora a tempo pieno .« La lezione non sarà espositivama si presenterà come momentodi ricerca, dove il docente diven-ta stimolo e aiuto nelle analisi enelle sintesi » . (Il discorso sullasperimentazione è oggi comples-so. Va detto almeno questo : cheil Cnos sta tra l'altro pubblican-do, in collaborazione con svariaticentri culturali salesiani, tuttauna serie di sussidi didattici eformativi) .

« Cose egregie e-rispettabili » .C'è un ruolo preciso in difesa del-la libertà e del pluralismo delleiniziative, che i Cfp salesiani han-no da svolgere oggi nella societàitaliana. E di fatto essi vengonoad avere il loro peso, come hadovuto riconoscere l'anno scorsoin un « incontro di studio » an-che l'assessore all'istruzione del-

lala Regione Emilia-Romagna, ildr. Angelo Pescarini : « Le tradi-zioni hanno un peso, una storia .Credo, da realista- e storicista,che non si possa negare a DonBosco di aver avviato per primoun discorso, sotto forma di cari-tas christiana, . . . rivolto all'atten-zione dei giovani sbandati » . Inpratica il Pescarini ha riconosciu-to che le « strutture salesiane »continuano a « fare formazionedei lavoratori, per una naturaleprosecuzione dell'originaria voca-zione . . . Su questo fronte troviamo

Tre « centri pilota » del Cnos sono im-pegnati nella sperimentazione di nuo-vi contenuti e metodologie educative :il « Rebaudengo » di Torino, il «SanZeno » di Verona, e (foto della pagi-na accanto) il « Gerini » di Roma .

Centri di formazione professio-nale che fanno cose egregie erispettabili . . . » .

Luogo di incontro . I Cfp sale-siani sono poi un reale contributoalla riscoperta dell'autenticità sa-lesiana . Sono un luogo privilegia-to d'incontro - anche nei paesidel benessere - con la gioventùpovera e con la gente del popolo .

La stessa precarietà economicain cui spesso i Centri sono co-stretti a vivere, porta i Salesiania « condividere l'insicurezza deipoveri ». In realtà i commissariche visitano i Centri salesiani rico-noscono il loro buon livello ; « mapossiamo dire tranquillamente- ha spiegato al riguardo un sa-lesiano direttore di Cfp - che èil lavoro dei confratelli messo afruttare in comune, e la dedizionedei collaboratori esterni, ciò chepermette di realizzare i Cfp effi-cienti che possediamo » .Non basta : i Cfp costituiscono

anche un luogo privilegiato di in-contro per la Famiglia Salesiana .L'attuale personale è costituitodi 321 docenti salesiani e 367 nonsalesiani ; e la tendenza è di farposto sempre più ampio a questiultimi ; e sovente sono Exallievi,Cooperatori, amici dell'opera sa-lesiana, persone che, s'inserisco-no con responsabilità, a volte consacrificio, nel progetto aposto-lico di Don Bosco .La prova del nove . C'è infine

il risvolto ecclesiale dei Cfp sale-siani. Il Concilio aveva ricono-sciuto con una certa amarezza« l'estraneità della Chiesa al mon-do del lavoro» . Dicono gli stu-diosi che la Chiesa, come seppeadattarsi in modo perfetto almondo rurale dell'antichità e cri-stianizzarlo, così dovrebbe oragiungere a capire più a fondo ilnuovo mondo industriale, se vuo-le portare questa società a Cristo .E' un compito immane e quasitutto ancora da fare .Per rendere più efficiente la

loro opera formativa, parecchiCfp inviano il loro personale afare « stages » nelle officine : neritornano con una dimensione piùaderente alla mentalità dell'uomosul lavoro .

Ha detto uno studioso di DonBosco: « La sua ambizione era dioffrire alla massa dei poveri l'aiu-to organizzato della Chiesa perl'elevazione spirituale e socialedei suoi figli . Ciò per mezzo diuna grande società (la Congrega-zione Salesiana), nata dal cuore edalla mente di questo figlio delpopolo, composta omogeneamen-te di figli del popolo . . . ». UnaCongregazione che diventi « dimo-strazione storica della vitalità edell'intelligenza popolare, del po-polo che si organizza per la pro-pria redenzione religiosa e so-ciale » .Accompagnando degli ospiti a

visitare il laboratorio dei tipo-grafi in cui poveri ragazzi strap-pati dalla strada imparavano unonesto mestiere, Don Bosco ungiorno asserì esplicitamente : « Inqueste cose noi vogliamo esseresempre all'avanguardia del pro-gresso ». Sulla linea tracciata dalui cent'anni fa, anche oggi otto-mila giovani ogni anno si prepa-rano nei 35 Cfp salesiani d'Italia,per entrare nel difficile mondodel lavoro . Sono la « prova delnove » che il progetto di Don Bo-sco continua nella Chiesa e nellasocietà .

FERRUCCIO VOGLIN0

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Ieri . Undici anni, ricci bruniche ricadono in disordine su unpaio di occhi neri mobilissimi, sucui sembra gravare il fardello diuna mestizia inguaribile. O forseè soltanto solitudine . Un'aggressi-vità inconscia e ribelle più gran-de di lui, sproporzionata alle suemembra fragili di bimbo . Si chia-ma Monteirinho .Va anche a scuola, quando il

brutto tempo gli impedisce digirovagare fra i parcheggi d'autodi Lins. Al sabato pomeriggio disicuro è laggiù all'estremità delpiazzale presso l'università, dovel'ombra degli edifici gli consenteun tantino di . . . vita privata . E inprivato « lavora » . Fa scattare unaserratura, svita un tergicristallo,uno specchietto retrovisore. Sepoi dispone di una certa tranquil-lità, il suo massimo divertimentoè forare i pneumatici. Alla finese ne va con aria indifferente, econtrolla da lontano gli effetti delsuo operato . . .

Oggi . Monteirinho oggi è ungiovane intelligente e attivo, im-pegnato nel gruppo dei responsa-bili del « settore meccanografico »di una singolare organizzazione :il Cemic, « Centro per lo studiodei minori e la loro integrazionenella comunità » . Col suo porta-mento distinto e la parola sua-dente, si occupa anche delle rela-zioni pubbliche di questa orga-nizzazione .

Il cambiamento . Il cambiamen-to di Monteirinho è avvenútoproprio in uno di quei pomerig-gi di sabato in cui apprendeva,con mano lesta e sguardo triste,i primi rudimenti di quella suastrana meccanica a rovescio . . .Un suo cugino grande (o qual-cosa di simile) quel giorno se lotrascinò dietro, senza dargli trop-

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GLI UNIVERSITARIBADANO AI RAGAZZINIA Lins gli studenti della Facoltà Auxilium si sono guardati attor-no, e hanno concluso che non si poteva lasciare i ragazzini a gio-care tra ciotoli e fanghiglia . In dieci anni è sorto un centro prov-videnziale, il Cemic, animato dalle Fina ma portato avanti dagliuniversitari, che si occupa dei quattrocento ragazzini più sban-dati e interessa ai loro problemi i vari enti della città .

pe spiegazioni. Lo portò a zonzoqua e là, faceva poca differenzaper il ragazzetto, tanto più chestavano proprio dirigendosi dal-le parti di quel parcheggio di cuiè assiduo frequentatore . Ma d'im-provviso svoltano nella « FacoltàAuxilium », la grande scuola chele Figlie di Maria Ausiliatricehanno aperto a Lins . Ed entranolì nel Cemic, in una sala spazio-sa. « Monteirinho, ci dài una ma-no? ». Nella sala ci sono tanti gio-vani, amici del suo cugino gran-de, grandi anche loro, allegri eattivi, che stanno preparando ledispense della scuola . Sorridonoa Monteirinho, lo trattano comeun amico, come « un grande » .Senza tanti preamboli né inter-rogatori, come spesso fanno igrandi con i piccoli . . .

Da quel giorno i giovani univer-sitari gli affidano piccole incom-benze . Piccole ma importanti perun ragazzino, inserito nell'ingra-naggio del loro lavoro . C'è da di-videre i fogli, da contarli, prepa-rarli per la cucitrice, fare plichi,raccogliere in fascicoli, ammuc-chiarli in ordine sui lunghi ban-chi . . . Tutto interessante, e anchedivertente . Quasi come allentarele viti, forare le gomme .Monteirinho torna sovente, sgu-

scia svelto fra quei ragazzonilunghi e barbuti, diventa come lamascotte del gruppo . Di settima-na in settimana si impratichisce,e quando è altrove attende conimpazienza il momento di tornareal suo lavoro . Ormai al Cemic cista di casa, e quei giovani chelavorano, studiano e sanno esplo-dere in rumorose risate, sono perlui come fratelli maggiori. Sonocome dei papà giovani, che sioccupano non solo di lui ma an-che di altri ragazzini come lui .Ne incontra spesso di nuovi, lì alCemic, e si diventa tutti amici .

I grandi li fanno anche giocare,li aiutano a ricuperare le lezioniperdute a scuola . Insegnano tan-te cose nuove, e offrono loro amo-re e comprensione .

Il progetto Cemic . « Amore ecomprensione » è appunto lo slo-gan-programma a cui si ispirail « progetto Cemic », un'iniziativanon ancora decenne ma fecondadi novità evangelica .

Siamo a Lins, una piccola cittànel nord-ovest dello stato di SàoPaulo (Brasile) . Per venire incon-tro a una pressante esigenza del-la Chiesa locale, nel 1957 le Figlie

di Maria Ausiliatrice hanno aper-to la « Facoltà Auxilium » di filo-sofia, scienze e lettere . Scopo del-la Facoltà è di preparare educa-tori adatti ad « assumere respon-sabilità nel processo di promo-zione e sviluppo, a ogni livelloscolastico », come dice il regolamento .Oggi, dopo diciannove anni di

attività, la Facoltà Auxilium pre-senta un'organizzazione didatticacomplessa che consente di conse-guire diciotto licenze diverse nel-le aree di umanità, lettere, arti,scienze fisiche e biologiche . Leistituzioni che le sono annesse riu-niscono professori e alunni in ini-

ziative socio-culturali e promozio-nali come i cineclub e - appun-to - il Cemic .Nel 1967 Lins contava 48 .000

abitanti e la Facoltà Auxiliuminaugurava la sua nuova sede inzona Vila do Ribeiro : un ambien-te culturalmente ed economica-mente povero, in contrasto conla nuova scuola . E subito gli stu-denti del corso di pedagogia, ani-mati da una Figlia di Maria Ausi-liatrice, avviano una riflessioneattenta sulla problematica com-plessa della zona . Nello svolgerela loro ricerca, i giovani e le suo-re si trovano un giorno in una

parte quanto mai disabitata e in-colta del rione Ribeiro. Su un'am-pia area fabbricabile, fra ciotolie fanghiglia, alcuni monelli gio-cano al calcio. Che avrebbe fattoDon Bosco? Fermarsi e fare unpo' di tifo, e partecipare al gio-co, era quasi un dovere . Al ter-mine della partita i commenti, equattro chiacchiere sui campionidel momento. Una conversazionefra amici .

Perché non incontrarsi ancora?« Magari da noi - azzardano lesuore e gli universitari -. Il cam-po è più bello, e è ben battuto .Giovedì prossimo? » . « D'accor-do », promettono i ragazzi . I

E mantengono la parola . Nel-l'entrare in quell'edificio austerosono impacciati, timidi. Ma il belcampo da gioco, un po' di con-versazione (nella quale gli stu-denti riversano tutte le loro co-noscenze della dinamica di grup-po), e soprattutto la cordialità,abbattono presto in quei ragaz-zetti ogni barriera . Si gioca conentusiasmo, e al termine del po-meriggio la piccola banda è con-quistata. La domenica successiva,ancora un incontro sul terrenoincolto; il giovedì seguente di nuo-vo al campo degli universitari .Vengono anche altri amici e com-

pagni, rimorchiati da chissà do-ve. Col numero cresce l'anima-zione, il chiasso e la - simpatia .L'istituto è ormai meta di incon-tri sempre più frequenti . . .

E' nato così, nell'ottobre 1968,il primo gruppo di ragazzi delfuturo Cemic. Quei ragazzi orasono cresciuti, hanno imparato adapprezzare l'opera dei loro amiciuniversitari, hanno sentito il desi-derio di collaborare . Alcuni sonooggi fra loro come ausiliari o vo-lontari, hanno assunto in propriole finalità e i metodi del progettoCemic .

Lavorare tra i ragazzini è di-ventato per gli studenti un im-

pegno: sentono che devono aiuta-re ciascuno di quei piccoli amicia « diventare un uomo più uomo,più padrone di sé, più coscientedella propria realizzazione e diquella del mondo che lo cir-conda » .

Come la tettoia Pinardi . Nonsono ancora passati dieci anni,ma le condizioni di crescita sono- come si direbbe nei referti cli-nici - ottimali. Sul finire del1968 era pronta una monografiadal titolo « Il minore in Lins -Vila do Ribeiro » : era il risultatodello studio d'insieme condottoda docenti e alunni del corso dipedagogia. Il libro descriveva l'in-serimento della Facoltà nel rioneRibeiro, e l'utilizzazione delle sueattrezzature a beneficio del rionestesso; elencava le esigenze realidella situazione, e le risorse po-tenziali della comunità che si po-tevano valorizzare per il benedi tutti .

Nel febbraio del 1969, in segui-to a un accordo fra vari enti, sor-geva il Centro di Studi del Minore(Cem), una delle cinque realizza-zioni sperimentali avviate su sca-la nazionale, l'unica a essere con-dotta da studenti di università .Una Figlia di Maria Ausiliatriceera la responsabile dell'opera na-scente, e la Facoltà Auxilium par-tecipava in pieno all'attuazionedei suoi programmi .Di conseguenza il corso di pe-

dagogia veniva ristrutturato, enel 1973 un nuovo accordo conla Facoltà dava vita al Cerai=com'è ora strutturato . Alla basedi tutto erano i princìpi educativie assistenziali che Don Bosco haaffidato ai suoi figli perché li tra-ducano in tutto il mondo in donodi « amore e comprensione » airagazzi 'meno favoriti .

Il Cemic è sorto come l'oratoriovagante di Don Bosco : da unatteggiamento di interessamentoamoroso e fattivo per i fanciullipoveri e privi di assistenza . 11campo di gioco della Facoltà èstato come la tettoia Pinardi, acui si accedeva e da cui si potevauscire senza impegni . E come ilprimo oratorio di Don Bosco, ilCemic ha preso a crescere giornoper giorno . Nel maggio 1976 si èinaugurato un padiglione per il« Centro di apprendimento e l'ini-ziazione professionale del ragaz-zo », per il 1977 si prevedonorefettori e cucina. Poi, altri am-bienti per le attività culturali esportive .

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Come opera il Cemic . Il Cemicriceve ogni giorno quasi quat- ítrocento ragazzi, per i quali orga-nizza le più varie attività, dallosport alle arti plastiche, dall'orti-coltura alla falegnameria, dalricamo ai concorsi folkloristici eal cineclub . In un contesto cheè di catechesi vitale .

I ragazzi hanno ampia possibi-lità di scelte conformi alle loroinclinazioni, e sono guidati anzi-tutto a scoprire se stessi, a cer-care le vie per la loro piena rea-lizzazione . A poco a poco si sen-tono parte integrante di una so-

cietà che esige da loro impegni eimpone doveri, ma nel tempostesso riconosce a ciascuno i suoidiritti, sollecita creatività, e assi-cura integrazione e rispetto reci-proco .

Attraverso le attività fisiche ericreative, la vita di gruppo e gliimpegni religiosi e sociali, gliadolescenti imparano a socializ-zare, si rendono responsabili de-gli altri, crescono come membricoscienti della società e dellaChiesa .

Il Cemic non trascura neppurela salute (dalle condizioni fisiche

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IL CEMIC : CHE COSE' E COSA FA

Il Cemic è un'istituzione annessa alla Facoltà Auxilium di Lins (Bra-sile) ; possiede una struttura amministrativa sua propria, che si articola inquattro settori : programmazione e tirocinio ; pubbliche relazioni ; educa-zione ; settore familiare .

Per i bambini inferiori ai sei anni organizza il « parco infantile le-zioni proprie della scuola materna in orario regolare ; ore di ricreazione edi educazione artistica e culturale ; concorsi di varia natura .

Per fanciulli e ragazzi dai 7 ai 18 anni organizza attività- ricreative : giochi e sport vari ; attività teatrali ; canto, folklore, com-

plessi musicali ; arti plastiche ; cineclub ;- educative: lezioni di ricupero ; corsi di orientamento professionale ;

dattilografia ; falegnameria ; calzoleria ; arti plastiche ; estetistica ; taglio, con-fezione, ricamo ; pittura su stoffa, legno, argilla ; orticoltura e giardinaggio .

Per giovani di 13-18 anni organizza pure incontri di gruppo, per l'ap-profondimento della fede e sulla realtà del cristianesimo .

Per i genitori e familiari dei ragazzi organizza incontri per gruppi, ecorsi continuati di iniziazione professionale e di igiene .

Per universitari, docenti e quanti si interessano alla problematica gio-vanile, offre la possibilità di tirocinio pratico, di corsi, incontri, tavole ro-tonde su temi specifici .

(Nella foto : la Facoltà Auxilium di Lins, al momento di uscita deglialunni) .

- si sa - dipendono spessoanormalità di sviluppo e disar-monie che si ripercuotono poi nel-la vita adulta) . Al Cemic si fan-no distribuzioni quotidiane dilatte, minestra e generi di primanecessità, e valendosi di aiuti daparte di enti privati e organizza-zioni statali, si procurano pre-stazioni mediche di varia natura .Per mezzo di un « dossier per-

sonale » si studia passo passo lacrescita del singolo ragazzo, e siprogettano di volta in volta lecorrezioni di rotta e gli orienta-menti indispensabili .Il settore « pubbliche relazio-

ni », in cui lavora Monteirinho,ha poi il compito di mobilitare eincanalare gli aiuti di persone emateriale che giungono alla co-munità. Grazie al suo interessa-mento, il Cemic può usufruiregratuitamente dei normali mezzidi comunicazione esistenti nellacittà e nella regione, e utilizzal'attività coordinata delle diverseistituzioni universitarie esistentiin Lins (odontologia, ingegneria,servizio sociale, educazione fisi-ca), degli ospedali, delle autoritàcivili, delle piccole industrie eanche di privati .

Il Cemic s'interessa pure deigenitori. Non certo per sostituirsia loro né esautorarli, ma piut-tosto per offrir loro - attraversoincontri frequenti e corsi di pre-parazione - un modo più co-sciente e qualificato di collabo-rare alla crescita dei figli .

Una questione d'onore . Il Cemicè un'opera che costa, ma attraee impegna in maniera vincolante .Per gli universitari di Lins far par-te del « progetto Cemic » è ormaiuna questione di onore . Non im-porta in quale mansione, se comevolontario, o tirocinante o simpa-tizzante. Le iscrizioni fluiscononumerose, e spesso sono preno-tate da un anno all'altro . E il ser-vizio prestato per un anno vienespontaneamente rinnovato fino aquattro, cinque e più anni diseguito .

Anche dopo il matrimonio, an-che quando cariche pubblicheimportanti potrebbero esimere daquesto impegno, gli ex universi-tari continuano a collaborare, erecano nel « progetto Cemic » l'ap-porto della loro competenza pro-fessionale. E magari anche quel-lo della moglie o del marito .

SUOR CAVALCANTE RAGUELM. NELDA

ORA LA SUA SCUOLAPORTA IL SUO NOMEVoleva fare qualcosa di utile, perché il piccolo centro in cui vivevaavesse una scuola dignitosa e i tanti ragazzini sbandati vi impa-rassero a mettere giudizio . Ma uno stupido incidente lo ha ucciso .Così ora che la scuola c'è, e lui non c'è più, hanno dato alla scuolail suo nome: Ruben Dario Zabala .

R uben era nato lì a San Carlos(Bolivia) nel 1957, e la ma-

dre, direttrice e maestra dellescuole elementari, lo aveva man-dato a proseguire gli studi nellascuola salesiana « La Muyurina »di Santa Cruz . All'epoca del fat-taccio, 1973, aveva sedici anni efrequentava la seconda IstitutoSuperiore . Era bravo, e avevatanti sogni nel cassetto .

Un autista senza patente. ASan Carlos il problema dei lo-cali scolastici era molto serio .Non era possibile, nemmeno coni doppi turni, sistemare tutti i735 alunni delle varie classi nel-le poche aule esistenti . Si dove-vano affittare stanze, soventeinadatte, nelle abitazioni private .La signora Zabala, la mamma,

da tempo sognava di costruireuna scuola nuova e capace diaccogliere tutti i bambini e lebambine di San Carlos, ma lerisorse dei genitori erano troppolimitate (da quelle parti, le scuo-le sorgono quasi solo per inizia-tiva privata . . .) .

Per raccogliere i fondi, la mae-stra Zabala avanzò un'idea : chie-dere il permesso di mettere unasbarra sulla strada principale delpaese, e far pagare un modestopedaggio a tutti gli automezzi intransito. L'autorizzazione le fuconcessa .Si era durante le vacanze in-

vernali, e Ruben volle per sél'onore del primo turno di servi-zio, come addetto alla sbarra,proprio nel primo giorno .Ed ecco verso sera arrivò a

grande velocità un camion, malcondotto da un autista senza pa-tente, che non riuscì a frenare .Il bolide sbattè violentementecontro la sbarra, il contrappesoruotò e andò a colpire Ruben alcapo. Fu una breve agonia, poi lamorte . E lo sgomento di tutti .

Primo premio, un cavallino . Al-la ripresa della scuola, io com-mentai con i suoi compagni delsecondo corso il tragico incidente .«Ruben - dissi - è morto inun atto di generosità, di servizio .Noi ci fermeremo in uno sterilerimpianto? Non potremo farequalcosa di più? ». La domandascatenò la generosità dei ragazzi .

L'orchestrina del corso preparòdei pezzi folcloristici, che mesco-lati ai « numeri » di altri ragazzi,furono presentati in diverse se-rate nei teatrini della zona . Tut-to era a pagamento, e andava adaumentare il famoso fondo .Anche i genitori dei ragazzi

del corso vennero interessati, eparteciparono chi con denaro echi con doni. I doni servironoper una bella lotteria . Il primopremio era un giovane cavallino(lì costano poco : più o meno35.000 lire), che risultò una veraattrazione. Il vincitore poi nonlo ritirò, e venne messo all'asta .A questo punto si decise di co-

minciare la costruzione .

A ricordo e a stimolo . Tra lematerie scolastiche che si stu-diano nella Muyurina, c'è pure« costruzioni edili » . Preparammocon i ragazzi un progetto di scuo-

San Carlos (Bolivia) . I compagni di classe di Ruben sono venuti sul luogo ovesorgerà la scuola intitolata al suo nome, per dare una mano nei lavori dicostruzione .

Una commissione del corso andòa San Carlos per vedere che cosasi sarebbe potuto fare .C'era possibilità di proiettare

pellicole all'aperto, e di aprirecol guadagno dei biglietti un« Fondo pro scuola ». Ottenne-ro in prestito un proiettore da16 mm, noleggiarono le pellicole,e di domenica a turno andaronoa dare gli spettacoli .

la con 9 aule, direzione, segrete-ria, servizi, e un ampio cortile .Un « Comitato pro scuola » sor-

to a San Carlos aveva già otte-nuto dal Comune il terreno adat-to. Ma era tutto da ripulire : ungiorno piombammo sul posto,strappammo le erbacce e gli arbu-sti, e poi con gli strumenti topo-grafici della scuola marcammosul terreno le fondamenta d' '

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nuovo edificio. Intanto il « Comi-tato pro scuola » aveva comin-ciato a produrre in quantità imattoni (fatti a mano, e cotti inun forno di campagna) .Arrivò il primo anniversario

della morte di Ruben, e quel gior-no avvenne la posa della primapietra. Poi la costruzione comin-ciò ad alzarsi . Fecero turni di la-voro anche i genitori dei bambinidella futura scuola . Molti dona-rono legname del bosco, che nel-la segheria del paese si trasformòin tavole per i banchi .

Arrivati all'altezza del tetto, sibussò alla porta della « Commis-sione regionale dei lavori pubbli-ci », e si ottennero in dono 250fogli di lamiera ondulata . Appe-na furono coperte le prime seiaule, prima ancora che si mettes-sero le porte e si tirasse su l'in-tonaco, cominciarono subito afunzionare le 11 classi, un po' almattino e un po' al pomeriggio .

La signora Zabala tra i volenterosiche cominciano a scavare le fondamen-ta della scuola che porterà il nomedel suo figlio ucciso .

Giustamente ora si è deciso diintitolare la scuola a Ruben : ilsacrificio di questo ragazzo chevoleva aiutare la sua comunitàrimarrà così a ricordo perenne .

E a stimolo, per i tanti che in-vece di rimboccarsi le manichesi limitano a criticare, o alzanoal cielo inutili lamenti .

PACIFICO FELETTI

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SI E' VENDICATO DIL'Exallievo don Luigi Deambrogio si è rifatto delle circostanzeche non lo vollero salesiano, vivendo « fino al midollo delle_ ossa »da Figlio di Don Bosco, e componendo un libro su di lui . Dicevasorridendo : « Mi sono vendicato scrivendo » .

R scordo : entrò timidamentenell'ufficio, col suo volu-

me massiccio sotto il braccio,Appariva robusto come un can-terano antico, ma sul viso avevagià la macerazione della soffe-renza. Sedette e mi spiegò quelsuo libro, il segreto della suavendetta .

« Io sono Exallievo del colle-gio salesiano di Borgo San Mar-tino . Il parroco mi avviò da ra-gazzo al seminario della diocesidi Casale, e io in seminario sonorimasto. Ma solo che Don Boscoavesse fatto qualcosa per aver-mi tra i suoi, io sarei divenutosalesiano. Perché mi sento sale-siano, e ora mi sono vendicatodi Don Bosco scrivendo questolibro tutto su di lui » .

Un librone di 540 pagine, concartine e illustrazioni, e l'argo-mento su una delle esperienzepedagogiche più felici del santodei giovani : « Le passeggiateautunnali di Don Bosco per i col-li monferrini » . Domandava unarecensione sul BS . Certo, ci sa-rebbe stata. Ma il libro meritavamolto di più, e il BS ne ha rica-vato un articolo : « Anche DonBosco faceva le ferie » . L'articoloè apparso nel settembre scorso,don Luigi ne sarebbe stato con-tento, ma a quella data non erapiù . Il suo cuore si era fermatoil 22 agosto .Come il famoso elefante . Don

Luigi (don Bigino per gli amici)era un innamorato di Don Bosco .Se non era salesiano - giuridica-mente, lo era di cuore e con tut-to il cuore . E i salesiani lo consi-deravano a ragione uno dei loro .Nato nel 1913 a Borgo San Mar-tino, vi aveva frequentato la ca-sa salesiana lasciandosi plasmareda un gruppo di educatori idealiche egli ricorderà con affetto pertutta la vita. A dieci anni - co-me dimenticare? - aveva rice-vuto una « medaglia di merito »da don Luigi Versiglia, il futurovescovo e martire della Cina . Poiil seminario, e l'otdinazione sa-cerdotale nel 1935 . Qualche anno

di ministero, e poi ancora studi .Dalla licenza in filosofia e laureain teologia conseguite alla Grego-riana riceve quella sicurezza dot-trinale che renderà così efficaceil suo lavoro .

Eccolo insegnante al seminario• al liceo scientifico di Casale .Anni e anni a contatto dei gio-vani, in un apostolato di stile sa-lesiano . E' « animatore giovanile,maestro di cultura, suscitatore diideali » . La sua camera è acco-gliente : mobili lucidi e funzionali,• scansie piene zeppe di libri let-ti. Ama - salesianamente - ciòche i ragazzi amano. Ama la mu-sica, la montagna, il teatro . Ec-colo con i ragazzi sulle vetturettedell'autoscontro (e una volta siferisce seriamente a un ginoc-chio) . Avvia esperienze per queltempo coraggiose (e naturalmen-te criticate), per esempio di coe-ducazione, portando ragazzi e ra-gazze insieme in gita su per lemontagne .

Per lunghi anni esercita un ruo-lo di guida nella diocesi, aprendoall'apostolato nuove strade . Maanche se le sue iniziative, origi-nalissime, precorrono i tempi, eglicome Don Bosco prende le distan-ze dalle avventure rischiose, ri-mane nell'alveo difficile dell'equi-librio .Così scrive un suo allievo di

quegli anni : « Per me fu una portaaperta sul diverso : il primo im-patto serio con una realtà chenon fosse quella noiosa "quoti-dianità" provinciale e strapaesa-na . . . Riscattava dalla banalità tut-to ciò che in qualche modo toc-cava. Vedevo in lui una roccia dicoerenza e un porto di sicurezza .Predicasse le sue famose novene,• tenesse il corso di filosofia, iolo attendevo con costante curio-sità . . . Aprì un varco, come il fa-moso elefante che passa per laselva, e poi è seguito dagli altrianimali . . . Adesso c'è un sacco digente, che non conosce neppureil suo nome, ma ne sfrutta l'ere-dità » .Effettivamente un fecondo mo-

DON Bosco

Don Luigi Deambrogio.

mento di vita diocesana e di rin-novamento del seminario risultalegato al suo nome . Poi, gli annidel Concilio . Don Luigi in un cer-to senso si apparta e si ritira .Non tutto il nuovo che vede- egli che fu originalissimo -lo persuade . Valgono forse per luile parole : « Che delusione, unideale realizzato! » .

Due famiglie religiose . Però ne-gli anni del Concilio don Luiginon rimane inoperoso. Nomina-to Rettore dell'Istituto Vescoviledella Madonnina, dà vita a duecaratteristiche famiglie religiose .Non che sia lui a volerle, ma sirende strumento docile nelle ma-ni della Provvidenza : « Nuove fa-miglie religiose? . . . Sono cose assaigravi, e non tocca a noi iniziarledi nostra testa, ma devono na-scere da sè, secondo che il Signo-re le fa nascere ». Comunque nel1961 le prime « Sorelle del LavoroCristiano » fanno la professione,e l'anno dopo è la volta dei « Sa-cerdoti del Lavoro Cristiano »,chiamati a « testimoniare lo spi-rito nel mondo della materia » .Le Sorelle aprono un soggiorno

alpino a Lignod in Val d'Aosta,assumono la gestione di nidi diinfanzia ; i sacerdoti affrontanodavvero il lavoro nelle fabbriche,l'insicurezza dei lavoratori, la lo-ro spersonalizzazione, nei grandicomplessi di Lambrate, della Bi-cocca, di Sesto San Giovanni . Poi

vanno a Roma, e diffondono illoro stile di vita anche nel pove-ro quartiere operaio dove abita-no, a Setteville . E vi organizzanoil campo sportivo, il campettocon le altalene per i bambini, ilgioco delle bocce per i nonni . Po-co dopo a Roma arrivano anchele Sorelle, vanno a vivere in mez-zo ai poveri di Torrevecchia, vici-no a Primavalle . Ogni mattinopregano insieme, poi escono fret-tolose per recarsi al lavoro inufficio, in fabbrica, in laborato-rio, come tutti gli altri, dove ilSignore manda .

L'ultima clausola . Intanto donLuigi continua ad affinare il suospirito. Dorme quasi niente, cosìle sue giornate di lavoro si pro-lungano per 18-20 ore, anche più .Prega: la preghiera ha per lui ilprimo posto . « Mai ho veduto lecose così belle, con tanta gioia,come da quando ho dato il primoposto a lunga preghiera . Le mon-tagne, i pini, i prati, i torrenti misono sembrati più smaglianti . . . Mipare che Gesù sia in tutte le co-se, e mi venga incontro in esse » .

E scrive. Alla sua morte ven-gono trovati due manoscritti, unodi note autobiografiche per 2 .270pagine ; l'altro un diario, di 1 .725pagine. Una miniera in cui i suoifigli spirituali scavano e trovano .Anche le voluminose « Passeg-

giate autunnali » hanno l'impron-ta della sua operosa personalità .Don Luigi vi fa rivivere con pienapartecipazione e affetto una del-le più belle epopee salesiane, e laarricchisce con documenti inedi-ti . Confessa : « Quel mio scritto èun segno di grande amore a DonBosco. Sì, ho sempre cercato diamare Don Bosco, l'ho semprepredicato. Ma come si fa a nonamare Don Bosco? Più progredi-sco negli anni, e più quell'amoreaumenta » .

Nel '73 aveva accettato « con vi-vissima gioia » una carica di re-sponsabile nel Consiglio Federaledegli Exallievi . Ma sentiva lamorte ormai vicina, e stimolava itipografi ad affrettare la stampadel suo libro .Questo « Salesiano fino al mi-

dollo delle ossa » come lo ha de-finito mons . Angrisani, ha volutoper testamento che il mesto ritodell'addio si svolgesse nella casasalesiana . E ha continuato - asuo modo - la sua vendetta finoall'ultima clausola del testamento .Una clausola che dice semplice-mente: « Viva Don Bosco! » .

LIBRILorenzo De LucaNostro figlio scolaroEd . SEI 1976 . Pag . 168, lire 2.800 .

Discorso chiaro e sereno ai genito-ri, in un tempo in cui i genitori nonsono affatto sereni riguardo ai lorofigli . Ma proprio perché la famigliaè oggi messa in crisi, e perché i rap-porti tra genitori e figli facilmentesi incrinano, occorre nei genitori mag-giore consapevolezza. I figli vanno ama-ti con intelligenza .

L'autore, specializzato in psicologiae professionalmente impegnato nelmondo dei ragazzi è delle famiglie,dice la parola chiara che può risol-vere tante situazioni . Il suo stile ri-chiede un minimo di cultura .

Nicola De MartiniUn Dio amiciziaEd . LDC 1976 . Pag . 240, lire 1 .900 .

Il volto rivelatoci da Gesù non èquello dei filosofi, astratto, lontano,giustiziere . . . Ma un Dio amicizia, unDio amore che entra in dialogo e incomunicazione con l'uomo : il « Diocon noi « . E nel suo dialogo d'amici-zia con l'uomo, Dio si rivela nellasua ricchezza trinitaria . Il volume con-

' tiene una sintesi di teologia a livellodivulgativo, nuova e originale . Adat-to a laici impegnati, religiosi, clero .

I

E' un estratto dal libro ufficiale del-la Chiesa italiana, ,< Liturgia delleOre Propone le Ore fondamentalidi Lodi e Vespri (e anche l'Ora me-dia e la Compieta) . Musiche del mae-stro Dusan Stefani .

Economico e pratico, fatto appostaper le comunità e i gruppi occasio-nali, che intendono « pregare con laChiesa

David HargreavesPsicologia sociale nella scuolaEd. SEI, 1976 . Pag. 500, lire 6.000 .

I rapporti tra insegnanti e alunni, inquesti « tempi caldi „ per la scuola,meritano un ripensamento . L'autore,docente di psicologia sociale all'Uni-versità di Manchester, ha avviato que-

i sto ripensamento anzitutto « vivendo »in forma consapevole il suo rapporto

j con i suoi allievi, ai quali durante lelezioni proponeva appunto il conte-nuto del volume. Ed essi hanno corri-sposto « con tanto entusiasmo e dili-genza critica

Questo « manuale introduttivo di psi-cologia sociale scolastica „ esige unlettore colto .

A cura del Centro CatechisticoSalesianoPreghiera della settimanaEd. LDC 1976 . Pag . 224, lire 1 .000 .

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• 29.A2.416.C?- 0 ?Le Figlie di Maria Ausilia-

trice vi lavorano a partiredal 1907 giungendo ad averetre opere (orfanotrofio, ri-covero, assistenza ospeda-liera, oratori) fino al 1946,quando per i cambiamentipolitici avvenuti sono espul-se insieme con gli altri reli-giosi .

2 .382 . A 16.275 . C 66. %0,4Nella patria di sant'Ago-

stino i Salesiani nel 1891aprono una casa a Orario :è la loro prima opera in terrad'Africa (aperta ancora oggi,dipende dall'Ispettoria Fran-cese di Lyon) .Le Figlie di Maria Ausilia-

trice sono in Algeria dal1893, e hanno una scuola aMers-el-Kebir, con insegna-mento in lingua francese earaba .Un centro degli Exallievi .

0,5 . A 22. C 22. %99,3I Salesiani di Spagna han-

no aperto un collegio nellacapitale nel 1966 .

Un centro degli Exallievi .

S 2 .780 . A 25 .050 . C 23 .597. %94,2Terra dei sogni missionari

di Don Bosco . Il 14 dicem-bre 1875 i primi Salesianimandati da Don Bosco nellemissioni sono a Buenos Aires,un anno e mezzo dopo hannoavviato cinque case . Le Figliedi Maria Ausiliatrice giun-gono nel 1879. Nel 1880 quat-tro Salesiani e quattro FMAcominciano il lavoro nellaPatagonia, all'estremo sud,fra i nativi .Nonostante la protezione

dei missionari, i gruppi et-nici primitivi (Araucani, Ona,Alacaluf, Jagane) scompaionoa poco a poco : alcuni ster-minati dalle malattie o daibianchi, altri mescolandosi efondendosi con i coloni ve-nuti dall'Europa .Oggi non si può parlare di

attività missionaria in Ar-gentina: la Chiesa è solida-mente stabilita . Rimangonogruppi di indigeni semicivi-lizzati nel Chubut e soprat-tutto nel Neuquén ; a Junìnde los Andes (Neuquén) duecollegi tenuti dai Salesiani edalle Figlie di Maria Ausi-liatrice raccolgono i ragazzifigli e figlie degli indigeni(circa 200) . In tre diocesinell'estremo sud del Paese(Comodoro Rivadavia, Neu-

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'rIoquén e Rìo Gallego) i Sale-siani ancora oggi portano perintero la responsabilità dellaChiesa in formazione : se siritirassero, non rimarrebbepiù clero .I Salesiani in Argentina

sono oggi 871 in 116 centri ;le Figlie di Maria Ausiliatricesono 834 e hanno 61 opere .Lavorano accanto ai Sale-

siani le Figlie dell'Immaco-lata Concezione (piccola con-gregazione che si occupadella gioventù povera) ; l'Isti-tuto secolare Maria Mazza-rello (con attività negli ora-tori e ricoveri); un gruppodi Volontarie di Don Bosco .Centri dei Cooperatori 52,degli Exallievi 59. BollettinoSalesiano. Due Editrici (filme audiovisivi) .

Figure : il Servo di Dio Zef-firino Namuncurà (figlio diun cacico andino) ; la Servadi Dio Laura Vicufla (cilena,ma educata e morta a Junìnde los Andes) ; card. Giovan-ni Cagliero; mons. DomenicoMilanesio ; don GiuseppeBeauvoir; don Giuseppe Ve-spignani; madre Angela Val-lese.

S 7.687 . A 13 .345 . C 3 .454. %25,9Nel « nuovissimo conti-

nente » i Salesiani nel 1922rilevano il Vicariato di Kim-berley (nel Nord-ovest) pervenire incontro ai missionariPallottini, per lo più di ori-gine tedesca, che durante ilprimo conflitto mondiale era-no stati allontanati . Il lavo-ro risulta molto difficile, enel 1926, con il ritorno dellanormalità, i Salesiani resti-tuiscono ai Pallottini le mis-sioni, trasferendosi in altripaesi. Tre Salesiani rimastinel continente si dedicanoagli immigrati, e danno ori-gine all'Ispettoria Australiana(oggi 129 confratelli in 10opere) .Le Figlie di Maria Ausilia-

trice sono in Australia dal1954, e hanno 3 case .Centri dei Cooperatori 10,

degli Exallievi 8 . BollettinoSalesiano .

Figure :

mons.

ErnestoCoppo .

S 84. A 7 .528 . C 6 .843 . %90,9I Salesiani aprono la prima

Tempo di bilanci per la Famiglia Salesiana :si è chiuso a novembre il Centenario delle Mis-sioni di Don Bosco, e in quegli stessi giorni i Coo-peratori Salesiani hanno celebrato con un Con-gresso mondiale il centenario della loro Associa-zione. Ma già l'anno 1977 attende i Salesiani (enon solo essi) all'appuntamento con il loro 21° Ca-pitolo Generale . (Detto tra parentesi, è un altrocentenario: cade a cent'anni esatti dal primo, te-nuto da Don Bosco appunto nel 1877) . Un Capi-tolo che chiama i figli di Don Bosco a riesami-narsi seriamente sulla loro capacità di annuncioe sul valore reale della loro testimonianza nellaChiesa .

Per questo il BS offre un bilancio della pre-senza e delle opere di Don Bosco nel mondo . E'una rapida carrellata, nazione per nazione, percostatare che ne è stato, in tutti questi anni, delprogetto apostolico di Don Bosco a favore della« gioventù povera e abbandonata » .

Vi si passano in rassegna i vari Stati in cui laFamigla Salesiana lavora o ha lavorato (e maga-ri è stata scacciata) : i Salesiani, le Figlie di Ma-ria Ausiliatrice, le varie congregazioni locali egli istituti secolari sorti sul ceppo salesiano, igruppi d'impegno apostolico . . . Sono decine di mi-gliaia di persone - con i Cooperatori e gli Exal-lievi impegnati diventano centinaia di migliaia -che si sforzano di essere solidali in una identicatestimonianza : « Essere i segni e i portatori del-l'amore di Dio verso i giovani » (Costituzioni Sa-lesiane) .

f