A sei anni dalla riforma ecco chi vince il campionato...

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35 La storia / 1 ROBERTO BIANCHIN Padova così crescono gli economisti di domani La storia / 2 LAURA MONTANARI Siena il campus top grazie a sport e Internet gratis Immagini In mostra a Londra i fantastici anni Sessanta Il sondaggio Giochi In Inghilterra scommesse sul calciomercato OGGI SU REPUBBLICA.IT KATAWEB: VOTATE PER IL BRAVO PRESENTATORE Il caso Allarme Aids in crisi negli Usa l’industria del porno Televisione Pregi e difetti del digitale terrestre Repubblica Tv Guida referendum con Guzzetta e Passigli MERCOLEDÌ FARE L’UNIVERSITÀ STEFANO BARTEZZAGHI «S ta facendo l’università», si dice di uno studen- te; la frase parrebbe insipida, se non contenes- se una verità nascosta. Con quel suo caratteristico accenno al concetto di «uni- verso», il nome «università» ha cambiato più volte di senso, come è inevitabile in nove secoli e (forse) più di circolazio- ne. Oggi non è più una corporazione di studenti o professo- ri, oppure una totalità di discipline: «università» evoca un mondo di passioni un poco sopite, tra aree dette di «eccel- lenza» ad alta intensità e zone di parcheggio, nel solito tri- pudio di moduli, statini, libretti, verbali che di raffinato con- serva soprattutto le congiure tra colleghi. Ma «fare l’università» non significa sempre la stessa co- sa che «fare l’autostrada» per andare da qui a lì. Sfidato da tagli amministrativi e da spicci saperi concorrenti, nel concetto di università resiste il senso di un’unità indisso- lubile di didattica e ricerca: una macchina che nel forma- re studenti e studiosi ne viene formata e non finisce mai di formare, così, sé stessa. A sei anni dalla riforma ecco chi vince il campionato della qualità negli atenei italiani. Con molte novità. E qualche sorpresa AURELIO MAGISTÀ I l Nord e le città di provin- cia sono l’aristocrazia ac- cademica italiana: le classifiche delle migliori università stilate dal Cen- sis emettono un verdetto chia- ro. La facoltà “regina” è a Pado- va. Negli atenei primeggia Sie- na. La città veneta è prima in ben quattro discipline (econo- mia, scienze della formazione, veterinaria e scienze matema- tiche, fisiche, naturali) mentre, tra secondi e terzi posti, colle- ziona il primato per gli agrari, i farmacisti e la facoltà di Lette- re. Gli ingegneri e gli avvocati più fortunati sono quelli di Trento, dove vince anche So- ciologia (qui il podio è ristretto dal momento che le facoltà con i requisiti sono poche). Dell’a- teneo trentino si piazzano an- che Economia, Lettere e Scien- ze matematiche, fisiche, natu- rali. Accanto a Padova e Tren- to, le città pigliatutto, c’è la buona provincia italiana, con una maggior concentrazione nei centri padani: Pavia pri- meggia con Scienze politiche, Ferrara con Architettura. Ma nella classifica delle facoltà più valide figurano anche gli ate- nei di Parma, Perugia e Udine. Poi Verona, Ancona e Siena. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE GIUSEPPE DE RITA F ra le tante storie Zen che circolano fra noi ricordo con costante interesse quella del “maestro” che di fron- te a una difficile questione non profferiva parole ma apriva e ri- chiudeva la mano in una alter- nanza di pugno chiuso e di dite protese nella più ampia apertu- ra. L’insegnamento stava nel- l’accettare, come riferimento strategico del comportamento, la intelligente gestione di un continuo alternarsi di fasi di apertura e di concentrazione, di esplorazione dello spazio esterno e di rinserramento in un recinto dato. Quell’insegnamento mi sembra quanto mai utile per chi debba, a diverso titolo, occu- parsi di Università in Italia. Ne abbiamo allargato lo spazio ol- tre misura ed oggi comincia ad affermarsi una progressione al- la concentrazione: dopo tanti anni di mano aperta sembra ar- rivare il tempo di richiudere il pugno, come dinamica ten- denziale. È una interpretazione forse troppo semplificata, ma è una buona guida alla lettura dell’evoluzione del peso e del ruolo delle strutture universita- rie nella vita del Paese. SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE Laurea ad honorem MERCOLEDÌ 17 GIUGNO 2009

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La storia / 1

ROBERTO BIANCHIN

Padovacosì cresconogli economistidi domani

La storia / 2

LAURA MONTANARI

Sienail campus topgrazie a sporte Internet gratis

Immagini

In mostra a Londrai fantasticianni Sessanta

Il sondaggio

Giochi

In Inghilterrascommessesul calciomercato

OGGI SUREPUBBLICA.IT

KATAWEB: VOTATE PER IL BRAVO PRESENTATORE

Il caso

Allarme Aidsin crisi negli Usal’industria del porno

Televisione

Pregi e difettidel digitaleterrestre

Repubblica Tv

Guida referendumcon Guzzettae Passigli

MERCOLEDÌ

FARE L’UNIVERSITÀ

STEFANO BARTEZZAGHI

«Sta facendo l’università», si dice di uno studen-te; la frase parrebbe insipida, se non contenes-se una verità nascosta.

Con quel suo caratteristico accenno al concetto di «uni-verso», il nome «università» ha cambiato più volte di senso,come è inevitabile in nove secoli e (forse) più di circolazio-ne. Oggi non è più una corporazione di studenti o professo-ri, oppure una totalità di discipline: «università» evoca unmondo di passioni un poco sopite, tra aree dette di «eccel-lenza» ad alta intensità e zone di parcheggio, nel solito tri-pudio di moduli, statini, libretti, verbali che di raffinato con-serva soprattutto le congiure tra colleghi.

Ma «fare l’università» non significa sempre la stessa co-sa che «fare l’autostrada» per andare da qui a lì. Sfidato datagli amministrativi e da spicci saperi concorrenti, nelconcetto di università resiste il senso di un’unità indisso-lubile di didattica e ricerca: una macchina che nel forma-re studenti e studiosi ne viene formata e non finisce maidi formare, così, sé stessa.

A sei anni dalla riforma ecco chi vince il campionato della qualità negli atenei italiani. Con molte novità. E qualche sorpresa

AURELIO MAGISTÀ

Il Nord e le città di provin-cia sono l’aristocrazia ac-cademica italiana: leclassifiche delle miglioriuniversità stilate dal Cen-

sis emettono un verdetto chia-ro. La facoltà “regina” è a Pado-va. Negli atenei primeggia Sie-na. La città veneta è prima inben quattro discipline (econo-mia, scienze della formazione,veterinaria e scienze matema-tiche, fisiche, naturali) mentre,tra secondi e terzi posti, colle-ziona il primato per gli agrari, ifarmacisti e la facoltà di Lette-re. Gli ingegneri e gli avvocatipiù fortunati sono quelli diTrento, dove vince anche So-ciologia (qui il podio è ristrettodal momento che le facoltà coni requisiti sono poche). Dell’a-teneo trentino si piazzano an-che Economia, Lettere e Scien-ze matematiche, fisiche, natu-rali. Accanto a Padova e Tren-to, le città pigliatutto, c’è labuona provincia italiana, conuna maggior concentrazionenei centri padani: Pavia pri-meggia con Scienze politiche,Ferrara con Architettura. Manella classifica delle facoltà piùvalide figurano anche gli ate-nei di Parma, Perugia e Udine.Poi Verona, Ancona e Siena.

SEGUE NELLE PAGINESUCCESSIVE

GIUSEPPE DE RITA

Fra le tante storie Zenche circolano fra noiricordo con costanteinteresse quella del“maestro” che di fron-

te a una difficile questione nonprofferiva parole ma apriva e ri-chiudeva la mano in una alter-nanza di pugno chiuso e di diteprotese nella più ampia apertu-ra. L’insegnamento stava nel-l’accettare, come riferimentostrategico del comportamento,la intelligente gestione di uncontinuo alternarsi di fasi diapertura e di concentrazione,di esplorazione dello spazioesterno e di rinserramento inun recinto dato.

Quell’insegnamento misembra quanto mai utile per chidebba, a diverso titolo, occu-parsi di Università in Italia. Neabbiamo allargato lo spazio ol-tre misura ed oggi comincia adaffermarsi una progressione al-la concentrazione: dopo tantianni di mano aperta sembra ar-rivare il tempo di richiudere ilpugno, come dinamica ten-denziale. È una interpretazioneforse troppo semplificata, ma èuna buona guida alla letturadell’evoluzione del peso e delruolo delle strutture universita-rie nella vita del Paese.

SEGUE NELLE PAGINESUCCESSIVE

Laurea ad honorem

MERCOLEDÌ 17 GIUGNO 2009

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MERCOLEDÌ 17 GIUGNO 2009

la Repubblica

L’aristocrazia accademica è al Nord.La miglior facoltà è Economia

a Padova.Lo dice il Censis, nella superclassificadegli anni post-riforma

L’eccellenza sta nei piccoli centri. E tra le università Siena è “the best”

(segue dalla copertina)

AURELIO MAGISTÀ

Le grandi città hannosporadiche presenze.Figurano Milano, Ro-ma, Torino e Genova.Solitaria stella del Sud,

Lingue di Salerno, seconda sulpodio. Una piccola rivincita sulpredominio del nord e dei centrimedio-piccoli il Sud se la prendecon gli atenei, piazzando al pri-mo posto della categoria Grandiuniversità l’Unical in Calabria.Ma rispetto alla classifica delle fa-coltà si deve tenere presente chei parametri sono diversi.

È il risultato di una ricerca de-cennale sviluppata da Repubbli-ca e dal Censis per elaborare leclassifiche pubblicate ogni anno,insieme all’offerta formativa ag-giornata nella Grande Guida del-l’Università. Per l’anniversario,accanto alle valutazioni del 2009che verranno rese note a partiredal 30 giugno, sono state elabora-te le graduatorie pluriennali. Die-ci anni di esperienza nella valuta-zione, sei anni sotto la lente (per-ché i primi quattro, precedenti lariforma universitaria, non sonoconfrontabili con i successivi),per disegnare una mappa dell’ec-cellenza. Ma anche per fare uncheck-up allo stato di salute del-l’università italiana.

Ma cos’è la qualità? Come si ar-

riva a queste classifiche? I criterisono quattro: la produttività, ladidattica, la ricerca e i rapporti in-ternazionali. Parole che voglionodire tante cose. La produttività,per esempio, è anche avere pochistudenti fuori corso, e didatticavuol dire offrire agli studenti pro-fessori di ruolo, magari giovani.La ricerca si può misurare con i fi-nanziamenti ottenuti, e per i rap-porti internazionali è utile guar-dare quanti studenti vanno astudiare all’estero. Il metro dellaqualità, però, cambia se parlia-mo di atenei: inquesto casocontano i ser-vizi (mense ealloggi), le bor-se di studio, leaule, l’efficien-za del Web. Mi-sure che forsenon soddisfa-no tutti, ma sono adottate in as-soluta trasparenza.

Nota Roberto Ciampicacigli,direttore del Censis servizi e coor-dinatore della ricerca fin dalla pri-ma edizione, che «negli anni lacultura della valutazione si è sem-pre più diffusa. Oggi è un fattoscontato, almeno in teoria, uffi-cializzato anche dal ministerodell’Università e della ricerca, emi piace sottolineare la collabo-razione messa in piedi con alcuneconferenze di presidi per miglio-rare la precisione dei giudizi».

«L’Unione europea — aggiunge— ha avviato un progetto di ricer-ca per calibrare un modello di va-lutazione unico». Peccato che peril momento, l’equazione “più seibravo e più soldi avrai dallo Stato”resta solo un buon proposito.Luigi Biggeri, presidente del Co-mitato nazionale per la valutazio-ne del sistema universitario, fa lalista dei limiti del modello mini-steriale (i cui dati, comunque,fanno parte di quelli più ampi ela-borati dal Censis). Spiccano «leinsufficienti sanzioni per com-

p o r t a m e n t iscorretti delleuniversità e lamancanza di in-centivi». I soldi,naturalmente,sarebbero unodei riconosci-menti più ap-prezzati. Se così

fosse non ci sarebbero paradossicome quello di Siena, ateneo dieccellenza, che però ha problemieconomici così gravi che è sull’or-lo del collasso. Biggeri sostieneche anche gli indicatori usati delministero per definire la qualitàscontentano molti docenti. D’al-tra parte, nel panorama eteroge-neo dell’università italiana qual-siasi criterio è imperfetto. Inte-ressante, su questo, il caso diAquis, l’Associazione per la qua-lità delle università italiane stata-li, sorta lo scorso anno. Il loro me-

todo premia molto più la qualitàdella ricerca che quella della di-dattica. «Accade la stessa cosa —dice Ciampicacigli — per diverse,stimate classifiche internaziona-li. Anzi, alcune non consideranoquasi per niente la didattica».Però è la didattica la prima cosache chiedono gli studenti, i“clienti” dell’università.

E, a proposito di complessità,alla valutazione elaborata da Re-pubblica e Censis sfuggono alcu-ni casi, proprio perché l’attendi-bilità viene prima di tutto. Due fa-coltà di tendenza sono Design eScienze della comunicazione. Maqui non vengono valutate perchésono rimaste troppo poche perconsentire attendibili confronti.E nella superclassifica mancanole facoltà che durante i sei annipost-riforma hanno avuto primauna valutazione comune, e poi sisono divise, come Scienze politi-che ed Economia di Bologna.Mancano tutte quelle facoltà che,negli ultimi sei anni, hanno avutomeno di seisedi valutate per tuttoil periodo (come Psicologia, dovesolo Padova ha avuto una valuta-zione per tutti gli anni richiesti) incaso contrario, i risultati confron-tati sarebbero stati disomogenei.Forse una classifica unica e on-nicomprensiva sarebbe statapiù divertente. Ma le divertentiapprossimazioni sono l’ultimacosa di cui gli studenti e l’univer-sità hanno bisogno.

Dal 30 giugno in edicolac’è la Grande Guida 2009Una radiografia degli ateneiitaliani. Nella Grande GuidaUniversità, il Censis (conRepubblica) per il decimoanno analizza lo stato di salutedell'istruzione accademica:oltre 600 pagine con l'offertaformativa, aggiornata dopo itagli ministeriali, di tutte leuniversità, statali, private etelematiche, valutate dalCensis. In edicola da martedì30 giugno, a richiesta conil quotidiano

qualitàIl gran premio

della

Ormai anche ilmodello applicatodal ministerointroduce la culturadella valutazione

L’un

iver

sità

LA PRODUTTIVITÀI docenti sono di ruoloe c’è un basso numerodi studenti fuori corso

LA RICERCATra progetti propri efinanziamenti ottenutiil rapporto è elevato

I RAPPORTI COL MONDOSono numerosi glistudenti che hannorelazioni con l’estero

Economiaa Padova

I SERVIZIMense e alloggi, ma aglistudenti sono offerteanche altre prestazioni

GLI INVESTIMENTIL’ateneo ha stanziatomolti fondi, anche perle borse di studio

L’INFORMATICAPc e connessioni Wi-Fi:i servizi informatici sonodi elevata qualità

Universitàdi Siena

FACOLTÀ E ATENEI

CHI TRIONFATRA I TOP

L’INCHIESTA

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la Repubblica

(segue dalla copertina)

Si sente spesso parlare diuna università che era na-ta come università di élitee che non ha saputo tra-

sformarsi in una università dimassa: fino agli anni ‘50 arrivavaallo studio universitario solo unaminima parte dei giovani in etàscolastica. Ci arrivava una fascia digiovani duramente selezionatasia da studi secondari abbastan-za severi sia dal peso della agia-tezza della propria famiglia; que-sti pochi si trovavano di fronte aprogrammi e sfide di studio digrande compattezza (pochi corsidi laurea e tutti rigidamente con-figurati) con docenti intimamen-te incardinati sulle materie inse-gnate e quindi particolarmenteesigenti. Piccoli numeri e qualitàcomplessiva medio-alta.

Dagli anni ‘60 comincia la traci-mazione, la crescita della quantitànon sempre invero accompagna-ta da proporzionale qualità. Arrivala liberalizzazione degli accessi,arriva con il ‘68 l’idea che l’Univer-sità fosse il regno del futuro, co-mincia la proliferazione di nuovediscipline e relativi docenti, arrivala sensazione che tutto potesse es-ser facile e non selettivo, cominciala coazione delle famiglie ad averun figlio all’Università come se-gno di una avvenuta cetomediz-zazione borghese, arriva la ten-sione di città e provincia a chie-dere ed ottenere sedi universita-rie piene o distaccate, cominciaad esplodere il numero degliiscritti (e dei fuoricorso e deidrop-out), arriva la propensionead “inventarsi” nuovi corsi di lau-rea preventivamente legati a temidi impatto “modernista”, comin-

cia una lunga marcia che porteràai quasi 5.000 corsi di laurea (trien-nali e “magistrali”) istituiti dopo lariforma Berlinguer-Moratti.

Non si può dire che dall’acca-vallarsi di questi processi sia natauna università di massa: certo l’u-niversità di élite non esiste più, nerimangono vestigie in qualchenicchia del grande corpaccione;certo i numeri (delle sedi, degliiscritti, dei corsi) sono tanto alti dapoter richiamare con facilità il ter-mine “massa”; certo milioni di fa-miglie di italiani sono tutte con-tente di avere un figlio con laurea,magari triennale; certo la codifica-zione di nuove materie ha occu-pato spazi impensabili fino a qual-che tempo fa; ma altrettanto è cer-to che abbiamo una universitàproliferante ma senza un disegno,una logica, una ipotesi di politicaformativa; abbiamo un insiemeindistinto e scontornato, natural-mente difficile da governare senon “correndo dietro” a eventi edinteressi fra i più disparati.

Ma quando una mano è troppoprotesa verso spazi nuovi, ad uncerto punto subentra il bisognopiù o meno conscio di cominciarea ri-concentrare il sistema, a chiu-dere il pugno. Non c’è stata in me-rito nessuna mossa e neppurenessuna strategia politica, c’è sta-ta una spontanea reazione del si-stema, con processi che andrannoseguiti con particolare attenzio-

ne: non c’è dubbio infatti che stacominciando una chiara e spessoconsistente riduzione del numerodei corsi di laurea; sta delineando-si una notevole stanchezza nellaallegra invenzione di corsi di lau-rea con fantasioso contenuto edimprobabile sbocco lavorativo;che comincia ad arretrarsi la tu-multuosa crescita di sedi universi-tarie a livelli sub-regionale e spes-so subprovinciali; che tende a de-crescere (finirà fra 3-4 anni) la coa-zione delle famiglie ad avere co-munque un figlio laureato e lasperanza delle stesse che unalaurea apra comunque spazi piùlarghi di lavoro e di guadagno(con un conseguente prevedibi-le calo della propensione a affol-lare scuole e università ed anchemaster e seminari di varia natu-ra); che si va delineando, dopo iltrionfo generalista degli ultimidecenni, un ritorno alla specifi-cità culturale e professionale, alprimato della singola materiaspietatamente approfondita.

Sono, come si può capire, deisintomi più che dei fenomeni disuperamento della mano aperta edi ritorno alla concentrazione delpugno. Ma si tratta comunque digermi di una più espansa trasfor-mazione degli studi universitari:ci vorrà tempo perché si afferminoe possano produrre effetto, maconforta il pensiero che comun-que il movimento di concentra-zione è arrivato, ed anche se pren-derà tempo è un processo irrever-sibile. Seguirlo, per capirlo e con-trollarlo, è lavoro che ci impegnatutti, al di là delle troppe parolesenza numeri che hanno accom-pagnato, all’interno ed all’ester-no, il faticoso andare dell’univer-sità in questi ultimi anni.

Il commento

Dopo il proliferare di corsi e sedi ora si punta a studi più solidi e meno dispersivi

Finita l’era delle lauree facilivince l’ateneo che seleziona

PER SAPERNE DI PIÙwww.guidauniversita.repubblica.itwww.censis.it

GIUSEPPE DE RITA

NOTA METODOLOGICAPer la classifica sono state considerate solo le facoltà valutatesingolarmente negli ultimi sei anni: non sono state prese inesame facoltà che nel corso dei sei anni abbiano ottenuto unavalutazione comune e che solo dopo siano state disaggregate.Non è stato elaborato il podio nei casi in cui il numero dellefacoltà con una valutazione pluriennuale risulti inferiore a 6 unità

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la Repubblica

La carica dei nuovi economisticresciuti nel cuore del Nord-Est

fare bene il nostro lavoro». Èstato così che, sulla spinta del-l’entusiasmo, la facoltà, natacon l’obiettivo ambizioso dicreare «un centro di alta forma-zione nel campo dell’economiae del management», è ben pre-sto diventata un «laboratorio acielo aperto di imprenditoria-lità, innovazione e cambia-mento», con una serie di rap-porti molto intensi con il mon-do produttivo del Nord-Est, do-ve multinazionali con fatturatimiliardari convivono accantoalle piccole imprese celebratedai guru di Harvard.

Il contatto quotidiano conqueste imprese, e il confrontodal vivo con i protagonisti dellestorie imprenditoriali, si è cosìtrasformato da quello che eraun semplice esperimento di-dattico, a un importante stru-mento permanente di ricerca.«Queste aziende sono diventa-te una sorta di libro di testo deicorsi — spiega il preside — tan-to che i loro fondatori e i loromanager siedono spesso ac-canto ai nostri docenti». In cat-tedra si alternano personaggicome Alessandro Benetton,Mario Moretti Polegato diGeox, Mario Carraro dei tratto-ri, Massimo Carraro dei gioielli,Antonio Campo Dell’Orto diMtv, Gabriele del Torchio dellaDucati, Gianmario Tondato DaRuos di Autogrill, Riccardo Do-nadon di E-Tree, Zeno Soaveche con Socotherm fa scorrereil petrolio sotto gli oceani.

Padova è il punto di osserva-zione ideale, spiegano i docen-ti, per studiare uno dei fenome-ni imprenditoriali più rilevantidegli ultimi cinquant’anni e co-struire un ponte fra tradizione einnovazione, saldare piccola emedia dimensione, ibridare lo-cale e globale, guardando alletendenze evolutive dell’econo-mia e del mondo del lavoro, ma«senza inseguire mode passeg-gere». La dimensione «piccola»della facoltà, 1.400 iscritti intutto, e il numero programma-to (su 1000 domande di pre-iscrizione ne vengono accoltemediamente poco più di 200),fa il resto, insieme ad un’offertadi corsi piuttosto ridotta, che ilpreside definisce «estrema-mente compatta», e che si ridu-ce a un solo corso di laureatriennale in economia e mana-gement, e tre corsi «magistrali»:economia e finanza, economiae direzione aziendale, econo-mia e diritto».

Questa impostazione con-sente ai 230 laureati in medial’anno, di trovare più facilmen-te di altri un posto di lavoro, an-che in questi tempi di crisi.Mauro Zilocchi, 28 anni, pado-vano, è uno di questi. Si è lau-reato tre anni fa in economiaaziendale e oggi, dopo due sta-ge a Londra e Monaco di Bavie-ra per la General Electric, è il re-sponsabile dei punti vendita diun’importante azienda vicen-tina nel campo dei gioielli.

«Il successo della facoltà —spiega — sta nel fatto che ti ob-bliga ad arricchire il percorso for-mativo con degli stage. E questaesperienza di lavoro obbligatoriati aiuta molto. Ma anche il nume-ro programmato di consente diprepararti meglio. E soprattutto,c’è alla guida una giovane e bel-lissima squadra di docenti».

DAL NOSTRO INVIATO

ROBERTO BIANCHIN

PADOVA

Il «miracolo» dell’ultimanata, la facoltà di econo-mia, la più giovane dell’an-tico e prestigioso ateneopatavino, che ha solo quat-

tordici anni di vita, è racchiusoin buona parte proprio nella suagioventù. Che le ha permesso dinascere agile, aperta al nuovo,priva di vecchie incrostazioni, edi dotarsi di un corpo docentepoco più che quarantenne (14professori ordinari, 11 associati,

15 ricercatori), che in buonaparte si è formato all’estero, eche ha portato in dote una di-mensione internazionale, an-che con corsi declinati intera-mente in lingua inglese.

«L’essere nati da poco ci haindubbiamente giovato —spiega il preside, Cesare Dosi,49 anni, nato a Napoli, giunto altermine del suo secondo man-dato — come anche ci ha favo-rito il fatto di non essere nati co-munque nel deserto, ma all’in-terno di un grande ateneo dallalunga storia, che ci ha trasmes-so una sorta di dovere morale a

La facoltà di Economia della città è nata appena 14 anni fa ma ha già raggiunto il topIl preside: “Il segreto? Una équipe di docenti quarantenni e il contatto con le imprese”

Vittorino Andreoli, laureato a Padova: “Ero un secchione spaventoso”

L’intervista

“Dai tempi di Galileo a oggiqui l’eccellenza è tradizione”

PADOVA

LO PSICHIATRA Vittorino Andreoli, verone-se, è tra i molti illustri laureati all’ateneo pa-tavino. Correva l’anno 1965 quando di-

ventò dottore in medicina e chirurgia.Professore, oltre all’innovazione, conta an-

che la tradizione?«Indubbiamente. La tradizione di una università

conta molto. Padova è ancora l’ateneo dove ha inse-gnato Galileo Galilei. Io ricordo che quando andai a la-vorare negli Usa, il nome di Padova era conosciuto estimato. Era considerata la prima università italiana».

E oggi?«Oggi la moltiplicazione degli atenei che non

hanno una tradizione confonde un po’ il quadro.Ma alla fine i valori veri vengono a galla».

Era così anche ai suoi tempi?«Erano tempi diversi. Ma Padova aveva già pa-

recchie eccellenze, e medicina era fra queste.Molti docenti erano celebrità».

Era dura?«Molto dura. Molto severa e molto competitiva.

Ma io non la soffrivo. Ero un secchione spaventoso,avevo un grande senso del dovere e dell’impegno».

(r.b.)

“I fondatorie i managerdelle aziende sonospesso a fiancodei professori”

LO PSICHIATRAVittorinoAndreoli si èlaureato inMedicina aPadova nel1965

Pado

vaLA PIÙ GIOVANENata 14 anni fa, lafacoltà di Economia è lapiù giovane dell’ateneo

GLI ISCRITTIConta 1.400 iscritti. Hail numero programmato:ne entrano 200 l’anno

I LAUREATILa facoltà di Economiasforna in media 230laureati ogni anno

GLI SCAMBI ERASMUSLa facoltà ha strettoaccordi con quarantauniversità europee

PER SAPERNE DI PIÙwww.guidauniversita.repubblica.itwww.unipd.it

LA STORIA / 1

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la Repubblica

LA STORIA / 2 PER SAPERNE DI PIÙwww.guidauniversita.repubblica.itwww.unisi.it

Sport, serenità e Internet gratisecco perché piccolo è bello

dere il professore in cattedra. Sie-na ha 52mila residenti secondol’ultimo censimento e una popo-lazione di 17.200 studenti cheringiovaniscono la sua età mediae diventano 22mila se si includo-no gli iscritti ai master, ai dotto-rati, alle scuole di specializzazio-ne e ad altri percorsi post laurea.

Sfogliando le statistiche delCensis la città del Palio con le suecontrade è il posto migliore perstudiare, prima nella classifica dei«servizi agli studenti» e della vivi-bilità per chi insegue una laurea.Lo «scudetto» esce dalla media de-gli ultimi sei anni e si ottiene da in-

dicatori che vanno, fra gli altri, da-gli 830mila pasti annui erogati dal-le mense e dai 1.200 alloggi delleresidenze del diritto allo studio, al-le 2.800 borse di studio, ai duemi-la allievi che fanno attività sporti-ve da un menù di 21 discipline(atletica, scherma, tennis, nuo-to...), a un organizzato centro lin-guistico. «Gli accessi alla rete sonoimportanti ed è facile iscriversi on-line a molti esami» racconta unastudentessa di Ingegneria. Neglialloggi dell’Azienda regionale aldiritto allo studio abitano diversistudenti stranieri dei 700 iscritti:«Vengo da Valona, Firenze misembrava una città troppo grandee affollata, ho scelto Siena — spie-ga Arlinda, 21 anni, Scienze politi-che — qui mi muovo a piedi le au-le sono tutte vicino, ho una borsadi studio e divido la stanza con unaragazza di Grosseto. A studiare va-do in biblioteca, sia quelle univer-sitarie, sia quella comunale che èben fornita. Non mi sento un nu-mero, se devo parlare con un do-cente lo trovo facilmente». Il rap-porto è di un prof ogni 17 allievi.

Ma l’isola felice ha contorniprecisi e finisce per esempioquando lo studente, per cercarecasa, è costretto a rivolgersi al mer-cato degli affitti: «Poca offerta eprezzi alti, per una stanza chiedo-no dai 280 ai 300 euro — spiega unaragazza di Scienze — spesso il con-tratto prevede una aggiunta in ne-ro». Un’abitudine senza frontieredi provincia o regione che si repli-ca in molte realtà universitarie.

Tutte le medaglie hanno un latoB, quello di Siena è il profondo ros-so dei conti. Il rettore Silvano Fo-cardi si è ritrovato con un deficitche è una montagna di 230 milio-ni di euro, tra debito strutturale ealtre voci di allarme ereditate co-me per esempio l’evasione deicontributi Inpdap. Per rattopparequest’ultima situazione, l’univer-sità ha ceduto, con diritto di riscat-to, uno dei suoi gioielli, la pro-prietà dell’ex manicomio San Nic-colò (74 milioni di euro): ora pa-gherà un affitto per occuparlo. Hachiamato un nuovo direttore am-ministrativo, Emilio Miccolis e va-rato un piano di risanamento in 4anni che prevede l’alienazione dialcuni immobili (va detto che l’u-niversità ne ha per un valore com-plessivo di un miliardo e 300 mi-lioni), l’apertura di una grossa li-nea di finanziamento (forse colMonte dei Paschi) e un lista di rior-ganizzazioni e snellimenti: menocorsi di laurea, dipartimenti, affit-ti, prof a contratto, appalti, rispar-mi su bollette del telefono, dota-zioni e «una clima nuovo per eli-minare gli sprechi e rilanciare l’a-teneo dei numeri» spiega Micco-lis. L’ateneo dei servizi invece, agiudicare dalla hit del Censis, èsufficiente mantenerlo com’è. Ciriuscirà?

DAL NOSTRO INVIATO

LAURA MONTANARI

SIENA

«Ola detesti per-ché la trovis o f f o c a n t ecome la pro-vincia o la

ami perché apprezzi il suo gu-scio. Non ci sono vie di mezzo perquesta città». Antonio, viene daun paesino della Calabria, èiscritto a Giurisprudenza e hascelto Siena «perché è piccola mati dà tutto quel che serve per stu-diare». Il contorno è importante

se la didattica e la ricerca sono giàdi livello, se l’offerta è su nove fa-coltà. A quel punto anche i «be-nefit» contano. Non sono un ac-cessorio le biblioteche con l’ora-rio allungato verso la sera, lemense dell’azienda per il dirittoallo studio dove mangi con 2,60euro (che dal 1 settembre diven-teranno 2,50), il wi-fi gratuito intutte le sedi dell’università, le au-le di lezione dove trovi un posto asedere senza sgomitare, senzaaccomodarti nella platea di uncinema in affitto e senza bisognodel navigatore satellitare perorientarsi o del binocolo per ve-

L’ateneo toscano primo nella classifica “Repubblica-Censis”: eccellenti i benefit offertiGli iscritti: “Dalle aule alle mense, qui c’è tutto quello che serve per studiare bene”

Gianna Nannini, dottore in Filosofia con un lavoro su donne e musica

L’intervista

“Io, ubriaca davanti ai profper superare lo stress da tesi”

SIENA

Gianna Nannini è appena tornata dall’Islandadove ha girato il video del singolo «Maledet-to ciao». La riportiamo indietro di 15 anni,1994: aula H, ateneo di Siena, il giorno della

laurea in Filosofia a pieni voti e una tesi in cui parlava diJanis Joplin, canti nepalesi e donne nella tammuriata.

Com’era quel giorno?«Emozionata. Mi sono laureata con Pietro Cle-

mente e col professor Giannattasio. Il giorno dellatesi mi sono ubriacata perché ero terrorizzata, hobuttato giù due bicchieri di rosso di Montalcino. Daanni ci lavoravo, era una tesi doppia: una parte spe-rimentale presentata con un video e un’altra sulladonna in relazione alla musica, al corpo, su come lagestualità possa influenzare il canto».

Frequentava le lezioni?«All’inizio sì, poi mi sono trasferita a Milano e fa-

cevo gli esami da esterna. Il primo anno ne ho su-perati nove: avevo fretta di cantare e ne ho fatti piùche potevo... Ai nostri tempi c’erano anche esami digruppo su cui contavo perché erano quelli in cui siprendeva tutti 30 e lode! Scherzo dài, avevo moltorispetto per l’istituzione».

(l.m.)

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LA CANTANTEGiannaNannini,dottore inFilosofia aSiena nel1994

Sien

aLE FACOLTÀSono 9 tra queste:Economia, Farmacia,Lettere, Giurisprudenza

GLI ISCRITTISono 17.202. Il 59%risiede in Toscana. Glistranieri sono 700

LE BIBLIOTECHESono 8, di queste 3restano aperte fino alle23 dal lunedì al giovedì

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