A Lisbona con Antonio Tabucchi, Lorenzo Pini

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A Lisbona con Antonio Tabucchi non è solo una guida ma un'esplorazione urbana, culturale e umana. La città è geografia, architettura, spazio urbano e memoriale, entro i cui confini si sono consumati eventi privati e pubblici, esistenziali, storici e politici. Ecco allora che l'acqua dolce del Tago, con il suo scorrere placido, diviene letteratura.

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Progetto grafico e illustrazioni di copertina: © Elena Campa - StudioArturo

© 2012 Giulio Perrone Editore S.r.l., RomaI edizione Marzo 2012stampato presso Cimer, S.n.c., Roma

ISBN 978-88-6004-177-7

www.giulioperroneditore.it

La Lisbona di un mio libro è apparso la prima volta su “Sette”, supple-mento del “Corriere della Sera”, con il titolo La mia Lisbona, il 7 mar-zo 1992.

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A Lisbona con Antonio Tabucchi

una guida

Lorenzo Pini

Illustrazioni di Guido Volpi

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Indice

La Lisbona di un mio libro 9Notizia sulla città 15Prima di partire 26Arrivi 30

1. Città bassa e collina estDalla Praça do Comércio al Miradouro do MonteGeometrie pessoane 37Un luogo assurdo 43Nella casa della saudade 47La fonte 50Pensione clandestina 56Miradouros 58

2. Avenida da Liberdade verso nord-ovestDa Restauradores a Marques de Pombal via RatoMusiche agrodolci 61Giardini d’autunno 64Manuel, che racconti? 67Al cinema 71

3. Quartieri centraliCais do Sodré e ChaidoScaricatori di porto 75Salotto 77

4. Collina ovestDallo Chiado ad Alcântara via PrazeresTaxi per l’oltretomba 85Tentazioni 91

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5. Oltre LisbonaAtlantico verso Cascais 97

6. Lisbona quotidianaVolti 107 Voci 117Tascas 125

7. Al di là del quadroCorrispondenze 135 Luci e ombre 136Città d’acqua, mare urbano 142Dietro le quinte 144

APPENDICERomanzi, racconti, luoghi 151Personaggi della storia e dell’arte 157Indicazioni utili sulle orme dei personaggi 159CamereTrattorie e caffèSpecialità alimentari imprescindibiliLuoghi di interesse culturaleTeatri, cinema, musica dal vivoFadoVita notturnaPause in cittàMezzi di trasporto

Informazioni pratiche 172Il viaggioEventi principaliLibri e film

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La Lisbona di un mio libroAntonio Tabucchi

Requiem reca per sottotitolo “Un’allucinazione”. Il pro-tagonista, che in un pomeriggio d’estate sta leggendo unlibro all’ombra di un albero nella campagna vicino aLisbona, come per sortilegio si trova sbalzato su uno deimoli del porto della città. Probabilmente si è solo addor-mentato, ma entrato nel suo sogno, ha come Alice “attra-versato lo specchio” raggiungendo quello spazio in cui ilsogno diventa più reale del reale: lo stato allucinatorio.Ma oltre che un’allucinazione, il romanzo è anche un

vagabondaggio, un’erranza attraverso la città che nonrisponde a nessuna logica topografica. Alla fine di questopercorso illogico resta forse l’idea di una città, come daalcune tessere di un mosaico si può avere l’idea dell’interomosaico. Proviamo a ricostruirlo. Il libro inizia sul molo di Alcântara, dove sorge l’omo-

nima stazione marittima. Non è un caso, perché il prota-gonista “sa” di avere alle dodici un appuntamento con ungrande poeta portoghese defunto mai nominato. Una sortadi Convitato di Pietra che forse è Fernando Pessoa. Il molodi Alcântara era infatti un luogo prediletto da uno deglieteronimi di Pessoa, Álvaro de Campos, ingegnere navalelaureatosi a Glasgow e dandy senza professione a Lisbona,che nella sua fase “futurista”, prima di raggiungere un iro-nico e disperato pessimismo, su quel molo compose bellis-

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sime odi furibonde e magniloquenti evocando le scopertemarittime del Portogallo cinquecentesco. Alcântara non è luogo bello: il Tago si allarga fino a

diventare un mare, è un paesaggio di ferraglie e di attrac-chi, di pontili e di soprelevate, dominato dai piloni delmastodontico ponte che attraversa la foce del Tago. E pro-prio ad Alcântara, che è per antonomasia il cuore del portodi Lisbona, il romanzo si concluderà, là, in un locale stra-vagante. L’Alcântara-Café, un immenso ristorante ricavatoda una vecchia fabbrica (architettura industriale), unambiente dal décor postmoderno e con un’atmosfera irrea-le come quella che il protagonista del libro sta vivendo.Rientrando da Alcântara verso la città (l’Avenida che

costeggia il Tago è molto lunga, meglio percorrerla conuno dei caratteristici tram gialli di Lisbona), dopo il Caisde Sodré e dopo aver percorso la ripida Rua do Alecrim,comincia lo Chiado, la zona elegante della capitale.Continuiamo ovviamente a seguire il percorso del protago-nista di Requiem, che si reca al caffè della Brasileira. Si trat-ta di uno dei più celebri e tradizionali caffè della vecchiaLisbona, dove da sempre si danno appuntamento i lettera-ti cittadini. Qui, all’inizio del Novecento, si incontrava ilgruppetto di amici che sotto la guida di Pessoa avrebbedato vita alla rivista d’avanguardia “Orpheu”; ma poil’avrebbero frequentata anche gli intellettuali marxisti di“Seara Nova” e, negli anni Cinquanta, in piena epoca sala-zarista, gli scrittori impegnati del neorealismo e del surrea-lismo. La sosta del protagonista è brevissima. Comprata una

bottiglia di champagne ghiacciato, “sa” che deve visitare latomba di un amico al cimitero monumentale di Lisbona

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dall’insolito nome di Cemitério dos Prazeres (alla lettera“Cimitero dei Piaceri”). Seguiamolo. Le lapidi sono sobrie,l’architettura delle cappelle discreta, l’erba dei prati impec-cabile, la pace, ovviamente, eterna. Il piacere, oltre allavista di un superbo panorama del Tago, è poter sostare adlibitum su una panchina dei viali di cipressi senza esseredisturbato da anima viva. Nel libro, con un salto illogico, come succede nei

sogni, il protagonista si trova in un vecchio appartamentoaccanto alla Sé, la cattedrale romanica. Siamo nel quartie-re del Castello di São Jorge, viuzze che si inerpicano su casemodeste, osterie, botteghe, vecchietti che oziano sulle pan-chine, artigiani. Da qui si domina il quartiere di Alfama, equi c’è il belvedere più bello di Lisbona, il Miradouro deSanta Luzia: un terrazzato con maioliche del Settecentocon una monumentale bouganvillea. Qui, nell’osteria delsignor Casimiro, il mio protagonista e il fantasma del suoamico Tadeus, vanno a mangiare un “Sarrabulho”, mici-diale piatto di frattaglie di maiale cotte nel sangue e nelvino. Per fare la digestione ci si può aggirare all’interno della

Praça da Ribeira, il mercato centrale di Lisbona. Aragosteminacciose, cernie monumentali, varinas (cioè “pesciven-dole”) più monumentali delle loro mercanzie. Ma il pescepiù straordinario lo si può ammirare nel trittico delleTentazioni di Sant’Antonio di Bosch del Museo di ArteAntica detto anche “Museu das Janelas Verdes” (cioè delleFinestre Verdi, dal nome della strada); è un pesce che viag-gia per il cielo cavalcato da due misteriosi personaggi. Èproprio a due passi. Si percorre la elegante via delle JanelasVerdes, si attraversa un androne spoglio, si entra nel museo

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più ricco di Lisbona (primitivi portoghesi, arte rinasci-mentale, arte indoportoghese, giapponeserie).E poi? E poi la città è vasta e vasto l’animo del perso-

naggio che nella mia storia la percorre alla ricerca di ricor-di e di fantasmi. Ma non potrà mancare una sosta alla Casado Alentejo, club dell’Ottocento sopravvissuto a se stesso,in uno strambo stile moresco, con sale di teatro e di risto-ro. In questo club i proprietari terrieri dell’Alentejo, laregione dei latifondi del Sud, venivano a giocare a biliardoe a bere vino di Porto quando si trovavano a Lisbona peraffari o per puttane. Siamo nella Baixa, se ne può approfit-tare per una passeggiata fino alla vicina Praça do Comércio,una settecentesca quinta di teatro sovrastata dalla statuacorrosa dal salmastro del re Don José. Nell’epoca coloniale,quando arrivavano mercanzie dall’India e dal Brasile, ivascelli attraccavano proprio qui, a Praça do Comércio.Ma intanto è calata la sera, la piazza si affaccia sull’ac-

qua e i traghetti illuminati che attraversano il Tago invita-no alla malinconia. C’è aria di saudade, meglio evitarla. Iltrenino per Cascais parte dal Cais do Sodré. Senza entrarein Cascais, cittadina alla moda e meta turistica, si puòprendere la Estrada do Guincho. E dopo avere passato laBocca dell’Inferno, dove l’Oceano ruggisce in maniera esa-gerata, si arriva al Cabo da Roca, il punto più occidentaled’Europa. Scogliere scoscese, spiagge vastissime battute dalvento, ville solitarie. E le case dei fari, naturalmente. Fariche avvisano i naviganti e che ora, con la loro luce inter-mittente, sembrano lanciare un segnale all’amante di per-corsi illogici il quale, a causa di un romanzo, si trova a per-correre un luogo di misteriosa bellezza.Per fortuna c’è qualche osteria nei pressi. Vi si mangia-

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no Amejoas à Bulhão Pato (vongole con cipolla e coriando-lo) e Carne de porco à alentejana (carne di maiale con frut-ti di mare). Fuori incombe la notte atlantica, ventosa neigiorni d’estate, nebbiosa nelle altre stagioni. È tempo dirientrare a Lisbona, è quasi mezzanotte. Del resto il mioRequiem finisce a mezzanotte e il protagonista si ritrova,come per un incantesimo, sulla sdraio sotto il gelso dove siera addormentato. Forse si sveglia, questo non lo so. Oforse proprio in quel momento comincia a sognare.

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