A Ghersi, Tecnica Dell Costruzioni Il Cemento Armato, Cuen

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    Capitolo 1

    INTRODUZIONE

    1. Dallarte del costruire al la Scie nza e Tecn ica del le costru-

    z ioni

    Luomo ha realizzato costruzioni fin da tempi antichissimi. Alcune ope-re hanno resistito per migliaia di anni e destano tuttora la nostra am-mirazione. Si pensi ad esempio alle piramidi di Giza e ai templi di Lu-

    xor in E gitto, ai t empli greci, alle cost ruzioni civili e religiose r oman e; o,an dan do a t empi relat ivam ent e pi recent i, alle cat tedr ali gotiche con leloro mirabili forme slanciate. Nessuna di queste costruzioni frutto diun calcolo, nel senso che diamo noi oggi a tale parola. Le dimensionidegli elementi ed i particolari costruttivi erano infatti dettati da regoleempiriche che si er an o an dat e via via definen do nel tem po. Quest e era -no basate sullesame del comportamento delle strutture realizzate e deiproblemi da esse pr esent at e. Ogni dissest o dava origine a modifiche che

    quando mostravano di essere efficaci venivano incorporate nelle regolecostr ut tive. Si tr at ta to in u n cert o senso di una cont inua sperimenta -zione dal vero sulle cui basi stata fondata larte del costruire. Il ricor-do di ta le modo di procedere per ma ne a nche oggi, ta nt o che u na costr u-zione ben r ealizzat a viene det ta fat ta a regola dar te.

    I primi tentativi di tradurre tali regole in formulazioni matemati-che r isalgono al 17 e 18 secolo. Fu infat t i nel 1638 che Ga lileo proposele prime formulazioni teoriche della resistenza a rottura di travi infles-

    se mentre oltre un secolo dopo, nel 1773, Coulomb cerc di definire

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    quantitat ivam ente la resistenza a rottu ra di archi in m ura tur a. Il prin-cipio di elasticit lineare, destinato ad essere uno dei pilastri della

    Scienza delle cost ruzioni, fu invece formula to da Hooke n el 1678.Il 19 secolo vide giungere a piena maturit la teoria dellelasticit.

    Nel 1826 Navier pr opose u n met odo orga nico per il dimen siona men to distr ut tu re, basa to sullipotesi di comp ort am ent o linea rm ent e elast ico deimateriali costitutivi, e intorno al 1855 De Saint Venant formul il suonoto principio e forn la soluzione del problema della relazione tra ca-ra tt eristiche della sollecitazione e s ta to deform at ivo e ten siona le in t ra -vi prismatiche. Verso la fine del secolo furono infine sviluppati i criteri

    di resistenza basati sulla crisi puntuale del materiale (Rankine, 1875;Mohr , 1882; Tresca, 1871).

    Pa ra llelamen te venn e affront at o il problema della valut azione dellecaratteristiche della sollecitazione nelle strutture iperstatiche. I con-tr ibut i pi r ilevan t i in ques to secolo fur ono quelli r ivolti alla r isoluzionedi schemi di travi continue col metodo delle forze (Clapeyron, 1852;Mohr , 1860; Bresse, 1865).

    Allinizio del 20 secolo venn ero r edat te le pr ime norm at ive tecniche

    (Francia, 1906; Italia, 1907) che seguendo limpostazione di Navier im-ponevano unanalisi lineare elastica. Grazie alla linearit di comporta-men to, il ma rgine di sicur ezza tr a car ico di rott ur a e carico di eserciziopu essere garantito lavorando in termini di tensioni; ci port a deno-mina re ta le modo di procedere metodo delle t ens ioni a mm issibili. Suc-cessivi sviluppi portarono al lim it design o calcolo a rottura, finalizzatoalla valu ta zione della capacit port an te u ltima della sezione (an ni 40 e50), allapproccio probabilistico, che tiene conto della variabilit dei ca-

    richi e delle car at ter istiche dei m at eriali, e al met odo semiprobabilistico(anni 50 e 60).

    Per quanto riguarda la risoluzione di schemi iperstatici, nella pri-ma met del secolo ebbero ampio sviluppo i metodi iterativi, che con-sentivano lanalisi manuale di telai (Cross, 1930; Grinter, 1937). Il pro-gredire della tecnologia diede infine impulso alla metodologia matricia-le, che sfru tt a in m an iera ott ima le le poten zialit offert e dai calcolat orielet t ronici (anni 60 e 70).

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    Introduzione 15

    Il progresso teorico, brevemente delineato nelle pagine precedenti,ha portato ad una chiara indicazione del modo con cui lingegnere deve

    affront ar e lesam e di una str ut tu ra . Il prim o problema quello della de-finizione di un modello per lo schem a geometr ico e per i car ichi. Logget-to reale sempre abbastanza complesso e nel tradurlo in modello ma-tematico inevitabile fare una serie di semplificazioni; spesso le incer-tezze sono tali da rendere necessario luso di pi modelli limite, per in-dividuare u na fascia ent ro cui sia compr eso il rea le comp ort am ent o del-la struttura. Una volta definito lo schema geometrico e di carico occorrepas sar e a lla sua risoluzione, cio a lla deter mina zione d i deform azioni e

    ten sioni (o di spostam ent i e cara tt eristiche di sollecitazioni); questa fas eviene usualmente denominata analisi strutturale, anche se questo ter-mine a volte utilizzato con una accezione pi ampia. Infine occorre ef-fettuare una verifica , per controllare che la struttura sia in grado disopport ar e le azioni che la sollecitera nn o dur an te la su a vita . Le tre fasiqui indicat e sono riferite a llo stu dio di una st ru tt ur a esisten te o comu n-que gi idealmente definita dal progettista. Nel caso di costruzioni an-cora da realizzare, un compito preliminare dellingegnere quello del

    dimensionamento degli elementi strutturali; questo viene spesso fattomediante un calcolo che segue le linee generali innanzi indicate, ma conmodelli estr ema men te s emplificat i, an che se n elle situ azioni pi comu ni lesperienza stessa del progett ista, eventu alment e tr adotta in form u-lette di uso imm ediato, a su ggerire le dimen sioni da a dott ar e.

    In tem pi orm ai lont an i tu tt e le problema tiche e le conoscenze teori-che citate erano racchiuse in ununica disciplina, la Scienza delle co-st ruzioni. Con t a le nome int itolat a lopera d i Belluzzi1, che nonost an te

    gli anni trascorsi (la sua prima edizione risale al 1941) costituisce tut-tora, secondo me, un valido riferimento per numerosissimi problemi diScienza e Tecnica delle costruzioni. Il progressivo aumento delle cono-scenze ha reso necessario la suddivisione in due filoni, per lappuntoScienza e Tecnica delle costruzioni, che costituiscono nellattuale ordi-namento universitario italiano due raggruppamenti disciplinari, capeg-giat i dalle omonime discipline, che in cludono materie quali Calcolo ane-last ico e a r ott ur a, Teoria d elle str ut tu re e Dinam ica (gru ppo Scienza) o

    1 O. Belluzzi, Scienza delle cost ru zioni, 4 volum i, Zanichelli, Bologna .

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    Costr uzioni di pont i, Pr ogett o di str ut tu re e In gegner ia sismica (gru ppoTecnica).

    Proprio per la loro origine comune, Scienza e Tecnica delle costru-zioni si present an o nel segno di una un itar iet che non sempr e consent eun a n ett a d istinzione t ra lun a e laltr a. Si pu dire in linea di ma ssimache la Scienza delle costruzioni fornisce le basi teoriche generali. Essaad esempio affronta in maniera esaustiva la teoria della trave, di DeSaint Venant, per materiale omogeneo, isotropo, linearmente elastico esviluppa le relazioni t ra car at ter istiche della sollecitazione, spostam en-ti, deform azioni e tensioni. Per qua nt o rigua rda lan alisi str ut tu ra le, af-

    fronta lo studio di base dei sistemi isostatici (reazioni vincolari, dia-grammi delle caratteristiche di sollecitazione) e iperstatici (metodo del-le forze, metodo degli spostamenti) e fornisce strumenti essenziali qualiil principio dei lavori virtuali e i teoremi di deformazione per sistemi e-last ici. La Tecn ica delle cost ruzion i passa ad ap plicazioni t ecniche, pilegate alla realt concreta. Ad esempio affronta il problema della nonomogeneit del materiale (tipico del cemento armato) e dellinfluenza dilegami costitutivi - del ma ter iale non linea rm ent e elastici. Nellam bi-

    to dellanalisi strutturale, analizza procedimenti numerici specifici perla risoluzione di schemi strutturali pi comuni (travi continue, telai ama glie ret ta ngolar i) per pas sar e poi allimpostazione genera lizzat a del-lanalisi matriciale (ma in questo caso la distinzione tra Scienza e Tec-nica delle cost ru zioni divent a m eno nett a, perch quest o ar gomen to pufar par te a nche del corso di Teoria delle str ut tu re, del gru ppo Scienza).Nel corso di Tecnica vengono inoltre presentati i primi approcci al pas-saggio da oggetti reali a schemi di calcolo. I corsi successivi del gruppo

    Tecnica partono invece espressamente dallesame di oggetti reali (pon-te, edificio, ecc.) e studiano quali modelli, teorici e tecnici, utilizzare perdeter min ar e le car at ter istiche di sollecitazione e verificar e o progett ar ele sezioni, nonch tutti i dettagli costruttivi necessari per una correttaesecuzione dellopera .

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    Introduzione 17

    2. Definizione del mod ello di calcolo

    La definizione del modello di calcolo il primo passo necessario per a-na lizzar e u na str ut tu ra . Pi precisament e, occorr e definire u no schemageomet rico ed u n modello per i car ichi, ma an che un legam e costit ut ivoper il mat eriale n onch il tipo di an alisi da svolgere.

    Nel passato le potenzialit di calcolo erano molto limitate ed eranecessario adottare modelli molto semplici. Ad esempio, le travi ed i pi-lastri di un edificio soggetto a soli carichi verticali venivano analizzatiseparatamente (con lo schema di trave continua le prime, come singole

    as te soggett e a s forzo as siale i second i). In presen za di azioni or izzont alisi rendeva necessario ricorrere a modelli pi complessi, che tenesserocont o delle inter azioni t ra i diversi element i, ma difficilmen te s i an davaoltre lo schem a di telaio pian o. Ovviam ent e, il progett ista era ben con-sapevole dei limiti del modello utilizzato e cercava di compensarne lagrossolan it a bbonda ndo nelle sezioni e nelle ar ma tu re.

    Con lavvent o dei ca lcolat or i elett ronici diventa to facile ut ilizzaremodelli anche notevolmente complessi, che ci forniscono indicazioni pi

    dettagliate sul comportamento delle strutture. Non dobbiamo per tra-scurare alcuni rischi connessi a questa evoluzione. Innanzitutto, il pro-blema della modellazione diventa to molto pi rilevan te proprio perchmolto pi numerose di prima sono le possibilit a disposizione; la scelta ora pi delicat a ed il rischio di adotta re u n m odello non ap propriat o maggiore. In secondo luogo, il computer non commette errori di calcoloma chi lo utilizza pu sbagliare a fornirgli i dati; tanto pi il modello complicato tanto maggiore sar, in genere, la quantit di informazioni

    da fornire e corrispondentemente crescer la possibilit di un errore.Infine, la disponibilit di modelli sofisticati pu generare la falsa con-vinzione di poter conoscere vera men te il comport am ent o delle str ut tu re;non bisogna invece dimenticare che anche il programma di calcolo pisofisticato ci fornisce solo una vaga immagine della realt, perchquest ultima sem pre molto pi comp lessa di qu alsiasi m odello.

    Qual allora il modo pi giusto di operare? A costo di sembrare ba-na le, io sono convint o che occorr a us ar e in ogni sit ua zione il modello pi

    semplice (tr a quelli validi per il caso in esa me) e sopra tt ut to usa re solomodelli di cui si capisca bene il significato. Contemporaneamente, im-

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    portante usare modelli, anche grossolani, che forniscano immediata-mente lordine di grandezza delle sollecitazioni, in modo da poter con-

    tr ollar e i r isulta ti forn iti dai m odelli pi esat ti.

    3. Ana lisi stru ttu rale

    Un primo aspetto da chiarire nel parlare di analisi strutturale se ecome il comportamento della struttura influenzato dal modo in cui leazioni che la ciment an o var iano nel tempo. In genera le, un a volta s upe-

    ra ta la fase t ra nsitoria di costr uzione u na par te dei car ichi (ad esempioil peso proprio degli elemen ti str ut tu ra li) si pu considerar e perm an en-te; unaltra parte invece (i cosiddetti sovraccarichi) varia nel tempo, main maniera abbastanza lenta. Si parla in questo caso di carichi statici.Ben diverso leffetto delle raffiche di vento su elementi deformabili,come antenne e tralicci, o del moto del terreno durante un sisma. Sipar la in ta l caso di carichi din am ici ed una an alisi che ten ga espressa-men te cont o della ra pida var iazione delle azioni n el tempo dett a ana-lisi dinamica

    .In secondo luogo, occorre esaminare in che modo il comportamentodella struttura influenzato dalla legge costitutiva dei materiali di cuisono cost itu iti gli elemen ti che la comp ongono. Un legam e elast ico line-ar e consen te di ipotizzar e un a a na loga relazione linear e tr a a zioni e de-formazioni. In caso cont ra r io si deve effett ua re u nan alisi che t enga con-to delle non linear it meccaniche.

    Affinch la relazione tra azioni e deformazioni sia effettivamentelineare anche necessario che siano trascurabili gli effetti del secondoordine, ovvero che lo spostamento del punto di applicazione dei carichinon influenzi sostanzialmente lequilibrio. Quando ci non avviene, oc-corr e effett ua re un an alisi che t enga cont o delle n on linea rit geometri-che. Altri termini usati per far riferimento a questo problema sono: ef-fetto P-, dai sim boli utilizzat i per la forza ass iale e lo sposta men to or-togonale allasse nelle prime trattazioni, oppure effetto instabilizzantedei car ichi vert icali, perch un caso molto comun e lincrem ent o di sol-lecitazioni flessionali nei pilastri a causa dello sbandamento orizzontaledei tr aver si su cui sono applicat i ca r ichi ver ticali (fig.1).

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    Introduzione 19

    P

    q

    Fig. 1 - effett o P-o effetto instabilizzante dei carichi verticali

    Il tipo di analisi effettuato in assenza di complicazioni di tipo mec-canico o geometrico denominato analisi lineare. Un aspetto molto im-port an te che in essa valgono il principio di sovrap posizione degli effet-ti e di unicit della soluzione. Ci comporta vantaggi operativi tali darendere questo approccio estremamente conveniente. Si finisce cos colricorrere ad esso anche in situazioni in cui non sarebbe rigorosamenteapplicabile. Ad esempio, nel metodo degli stati limite, di cui si tratter

    pi avanti, che mira a valutare la resistenza ultima della struttura siusa convenzionalmente unanalisi lineare per determinare le caratteri-stiche della sollecitazione indotte dai carichi e si tiene conto della realenon linear it della legge costitu tiva d el ma ter iale solo nella fase fina ledi ver ifica delle sezioni.

    Per ten ere cont o delle non linea rit meccan iche occorr e inna nzitu t-to definire il legame costitutivo del mat eriale e le conseguen ti r ela-zioni tr a m oment oM e curvatura per la sezione. Ad esempio, per una

    sezione a doppio T in acciaio (fig. 2) il momento cresce linearmente con fino al valore My, che corrisponde alla curvatura y per la quale siraggiunge lo snervamento nel bordo della sezione. Allulteriore cresceredi la tensione nellala rimane costante ed il momento cresce di poco,per il contributo della sola anima. Solo col raggiungimento della curva-

    tura h per la qua le inizia lincru dimen to dellacciaio nelle fibre d i bord oil momen to ripren de a crescere in m an iera significat iva.

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    M

    My

    h

    Mu

    y

    Fig. 2 - diagra mm a m omen to-cur vatu ra per u na sezione a d oppio T in acciaio

    Lan dam ento del diagra mm a m oment o-cur vatur a si pr esta ad esse-re schem at izzat o con un a bilat era , cio ipotizzan do un tr at to elast ico eduno perfettamente plastico. Si pu cos immaginare che, una volta rag-giunto il momento massimo, allulteriore crescere del carico il concio ditr ave si potr deform ar e con r ota zione r elativa tr a le sue facce senza in-crem ent o di momen to, come se fosse pr esent e u na cern iera. Si pu allo-ra suddividere lan alisi di una generica st ru tt ur a in pi fasi linear i. Ini-zialmente si risolve lo schema di struttura integra e si valuta il carico

    per il quale si r aggiun ge il momen to limite nella sezione pi sollecitat a.Poi si considera u no schem a va ria to, che cont iene un a cerniera nella se-zione plas ticizzata e si valu ta con esso lincrem ent o di sollecita zione in -dotto da un incremento di carico, sommando i valori del momento aquelli ottenuti nella prima fase. Si continua quindi a variare lo schemafinch la st ru tt ur a diventa labile oppur e si ra ggiunge in corr isponden zadi una cerniera un valore di rotazione relativa tanto elevato da portarealla sua rott ur a completa . Nelle diverse fasi occorr e per cont rollar e che

    la r ota zione di ciascuna cern iera cont inui a crescere n ello stesso verso;in caso di inversione, infatti, lo scarico del materiale sarebbe elastico ela sezione si comporterebbe in maniera monolitica. Il termine comune-mente utilizzato per indicare questo modello di comportamento dellasezione cerniera plastica , per differenziarlo dalla cerniera reale checonsente rotazioni relative in entrambi i versi. Unanalisi siffatta de-nominata analisi elastico-perfettamente plastica .

    La figur a 3 mostr a u n sem plice esempio di an alisi elas tico-perfetta -

    mente plastica. Lo schema quello di trave continua a due campate diluce ugua le, un a volta iperst at ica, con car ico uniform emen te d istr ibuito.

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    Introduzione 21

    Analisilineare

    fa se 1

    fase 2totale

    Analisinon lineare

    Fig. 3 - an alisi lineare e non lineare di un a tr ave cont inua

    Nella prima fase il momento massimo si ha in corrispondenza dellap-poggio centrale. Quando tale valore raggiunto si passa a uno schemanel quale le due campate non sono pi continue (nel senso che la rota-zione degli estremi di trave a sinistra e a destra dellappoggio centralenon sono pi uguali) ed il carico produce solo momento positivo. Com-plessivam ent e si h an no quindi, rispett o allan alisi linear e, valori m inoridel momento negativo allappoggio centrale e valori maggiori del mo-men to positivo in cam pat a.

    Dai risultati ora mostrati si possono trarre indicazioni utilizzabilian che senza svolgere effett ivam ent e u nan alisi elast o-plast ica. Qu an do irisultati di unanalisi elastica mostrano in una sezione valori del mo-mento flettente un po pi alti del dovuto, possibile accettarli comun-que invocando il comportamento plastico, purch vi sia una sufficienteriserva di resistenza in quelle sezioni nelle quali il momento aumente-rebbe e a cond izione che la s ezione a bbia su fficient e capa cit deformat i-va plast ica (dut tilit ). Questo modo di procedere sem pre s ta to seguito

    dagli ingegneri esperti ed ora codificato nella normativa europea chelo denomina analisi elastica con ridistribuzioni e ne definisce i limiti diapplicabilit.

    Lan alisi elast ico-perfett am ent e plas tica solo un a dei possibili mo-di per tenere conto delle non linearit meccaniche. Spesso, specie perstrutture in cemento armato, il comportamento della sezione moltolontano da quello che porta al modello di cerniere plastiche. Unanalisinon lineare pi sofisticata potrebbe essere svolta suddividendo ogni a-sta in conci molto piccoli ed utilizzando la reale legge momento

    curva-

    tura per determinare la relazione complessiva tra carichi, caratteristi-

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    che della sollecitazione e deformazioni. Lonere numerico di tale impo-st azione la r ende per , almeno per ora , ina dat ta ad a pplicazioni profes-

    sionali.

    4. Verifica del le sezion i

    La verifica delle sezion i lult imo passo per esp r imer e un giudizio su llasicurezza della struttura. Mi sembra interessante mettere in evidenzacome il concett o di sicu rezza sia va r iat o negli an ni.

    Il Belluzzi nella prima pagina del suo testo afferm a che La S cienzadelle costruzioni studia gli effetti prodotti dalle forze che sollecitano unacostruzione e determina le condizioni cui devono soddisfare le diverse

    parti di questa a ffinch possano sopportare tali forze.Cinquantanni dopo, la normativa europea (Eurocodice 2, punto 2.1)

    fissa, come requisito fondamentale della progettazione, il principio cheUn a stru ttu ra d eve essere progettata e costru ita in m odo che: con a ccettabile probabilit r im an ga adatta alluso per il quale pre-

    vista, tenendo nel dovuto conto la sua vita presupposta e il suo costo;

    con adeguati livelli di accettabilit sia in grado di sopportare tutte leazioni o influenze, cui possa essere sottoposta durante la sua realiz-

    zaz ione e il suo esercizio, e abbia adeguata du rabilit in relazione ai

    costi d i m anu tenzione.Si pu notare una differenza fondamentale tra le due impostazioni.

    Nella prim a si par la di condizioni da soddisfar e per sopport ar e le forze,in u na versione determin istica di r elazione cau sa-effett o. Nella secondasi passa invece ad un approccio probabilistico (accettabile probabilit,adeguati livelli di accettabilit). Inoltre nel primo caso ci si preoccupasolo della resistenza, mentre nel secondo si evidenzia una duplicit diproblemi, legati a fatti quotidiani (rimanere adatta alluso) ed eccezio-nali (sopportare tutte le azioni). Queste differenze rispecchiano levolu-zione di pensiero, cui si gi accenn at o nel primo par agrafo e che sa roggett o del prossimo capitolo, che ha port a to a l cosiddet to metodo pro-babilistico degli sta t i limite.

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    Capitolo 2

    METODI DI VERIFICA

    1. Metod o del le ten sioni amm issibi l i

    Il met odo delle ten sioni a mm issibili ha avut o un import an za fonda men -tale per tutto il 20 secolo. Esso infatti nato con le prime normativetecniche, promulgate a inizio secolo, ed ancora oggi utilizzato dallaquasi totalit degli ingegneri italiani. Nonostante tanta gloria, il meto-

    do sembra per avviato ad un rapido declino. Le norme tecniche euro-pee1,2 non lo prendono proprio in considerazione ed anche lultimo de-creto ministeriale3, pur consentendone luso, non fornisce indicazioniaggiorn at e ma si limita a rinviar e a u n decreto precedent e4. Le resisten -ze da pa rt e di chi n on vuole cam biare, sopra tt ut to per la fatica che com-porta il rimettersi a studiare ed il doversi abituare a un nuovo modo diprocedere, sono sta te e sono an cora molto fort i. Tut ta via la r ichiesta dicorsi di aggiornamento per laureati che chiariscano le nuove imposta-

    1 Eurocodice 2, Progettazione delle strutture di calcestruzzo, Parte 1-1: Regole

    gener ali e r egole per gli edifici, ENV 1992-1-1, dicembr e 1991.2 Eu rocodice 3, P rogetta zione delle st ru tt ur e di a cciaio, Pa rt e 1-1: Regole gene-

    rali e r egole per gli edifici, EN V 1993-1-1, apr ile 1992.3 D.M. 9 gen na io 1996, Norm e t ecniche per il calcolo, lesecuzione ed il collaudo

    delle stru tt ur e in cemento arm at o, norm ale e precompr esso e per le stru tt ur emetalliche.

    4 D.M. 14 febbra io 1992, Norm e tecniche per lesecuzione d elle oper e in cemen toar ma to norm ale e precompr esso e per le stru ttu re met alliche.

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    24 Capitolo 2

    zioni norm at ive sempre pi pressa nt e ed facile prevedere che tr a u ncerto num ero di an ni chi non si sar adeguato rester inesora bilmente

    ta gliat o fuori dal m ercato.Dal pu nt o di vista didat tico il met odo delle ten sioni a mm issibili ri-

    ma ne comu nque u n ottimo punt o di part enza per a ffronta re il problemadella verifica delle sezioni. Inoltre la metodologia su cui basato deveessere applicata in tutte le verifiche relative agli stati limite di eserci-zio, che cost ituiscono un aspett o non tr as cur abile del met odo degli sta tilimite.

    Il metodo si basa sullipotesi che il legame costitutivo - del mate-

    riale sia linearmente elastico e la verifica consiste nel controllare che innessun punto si superi un valore della tensione, definito valore ammis-sibile. La linea rit del legame costit ut ivo consen te di effett ua re un an a-lisi linea re e r ende applicabile tut ti i pr incipi stud iati n el corso di Scien-za delle costruzioni, a condizione che il materiale sia omogeneo; inparticolare, nel caso molto frequente di strutture costituite da aste mo-nodimensionali possibile utilizzare la teoria di De Saint Venant, chefornisce agevolmente lo stato tensionale corrispondente alle caratteri-

    st iche della sollecita zione ott enu te da l calcolo. I valori am missibili delletensioni sono pari al valore di rottura diviso per un opportuno coeffi-ciente di sicurezza, che dipende dal materiale stesso. In particolare, latensione ammissibile c del calcestr uzzo circa u n t erzo della sua resi-stenza cubica caratteristica R ck ment re la tensione a mm issibile s del-lacciaio un po pi della met della sua tensione di snervamento ca-ratteristica fyk.

    Dat a lent it dei coefficient i di sicur ezza a ssu nt i, si pu riten ere che

    lipotesi di linea rit del legam e costitu tivo sia abba sta nza verosimile nelvalutare lo stato tensionale indotto dai carichi di esercizio. Il metodonon fornisce per informazioni sufficienti sul margine di sicurezza ri-spetto al collasso, perch al crescere del carico la non linearit del ma-teriale diventa rilevante. Il rapporto tra carico di collasso e carico di e-sercizio pu quindi essere molto diverso, in dipendenza dalla forma del-la sezione e dal materiale che la costituisce. Si pensi ad esempio a se-zioni in acciaio, materiale per il quale la linearit della legge - si

    ma nt iene fino allo sner vament o, al qua le segue un a mpio tr at to plast ico

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    Met odi di ver ifica 25

    con deformazioni a tensione costante. Per una sezione a doppio T sog-getta a flessione semplice il momento ultimo Mu maggiore di circa il

    15% rispetto al momento My corrispondente al raggiungimento dellatensione di snervamento nelle fibre estreme; la differenza dovuta alcont ribut o dellan ima , nella qua le lo st at o ten siona le pu ulteriorm ent ecrescere dopo che lala si snervata. Se la sezione fosse rettangolare(piena) questo contributo sarebbe pi rilevante ed il momento ultimo

    Mu sa rebbe m aggiore del 50% rispet to a My .Nonostante questi limiti, il metodo delle tensioni ammissibili si-

    curamente affidabile. I valori ammissibili delle tensioni sono stati defi-

    niti usa ndo coefficienti ben calibrat i; inoltr e i pr ogettist i espert i ad ott a-no semplici regole di buona progettazione che aiutano a superare i li-miti del metodo e ad evitare grossi errori. A riprova di ci, il comporta-men to delle strut tu re ben progett at e si sempr e rivelato soddisfacente.

    2. Calcolo a rottu ra

    Il calcolo a rottura stato sviluppato intorno alla met del secolo cor-rente, con lobiettivo di valutare la resistenza ultima delle strutture.Nella sua impostazione pi genera le esso consist e nella deter mina zionedel meccanismo di collasso dellintera struttura, e del carico che portaad esso, a par tir e da lla conoscenza dei valori delle car at ter istiche d i sol-lecitazione che inducono la plasticizzazione e la rottura di ciascuna se-zione. Quest e sono ovviament e deter min at e t enen do cont o della non li-nea rit del legame costit ut ivo - del mat eriale.

    Spesso per, pi semplicemente, si utilizza unanalisi strutturalelinear e e si cont rolla che in ogni sezione le sollecita zioni in dotte d a car i-chi maggiorati mediante un coefficiente di sicurezza siano minori delvalore di collasso della sezione stessa. Data la linearit dellanalisi, ciequivale a confronta re le car at ter istiche di sollecitazione indott e da i ca-richi di esercizio con valori pari a quelli di rottura divisi per il coeffi-ciente di sicurezza.

    Il calcolo a rottura riesce ad ovviare ad alcune critiche rivolte almetodo delle tensioni ammissibili, ma non esso stesso esente da pro-blemi. In pa rt icolar e, nel caso di str ut tu re in cemen to arm at o si imp one

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    26 Capitolo 2

    lo stesso margine di sicurezza ad acciaio e calcestruzzo, che offrono in-vece garanzie ben diverse. Inoltre esso trascura del tutto le condizioni

    di esercizio, che possono invece presen ta re problemi di diverso gener e.

    3. Approccio proba bilistic o

    3.1. Richiam i di teoria del le probabili t

    Si definisce var iabile alea toria , qui indica ta col simboloX, una variabileche rappresenta il risultato di un esperimento che pu fornire valori

    casuali, intendendo con ci valori non definibili a priori. Il genericovalore assunto da essa sar indicato col simbolo Xi. Come esempio divariabile aleatoria si pu citare, nel nostro ambito tecnico, il valore R cdella tensione di rottura fornito da una prova di schiacciamento di uncubet to di ca lcest ruzzo.

    a) distribuzione

    di frequenza

    0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40

    frequenza

    resistenza [MPa]

    Numero limitato

    di prove

    b) densit di

    probabilit

    0 4 8 12 16 20 24 28 32 36 40

    resistenza [MPa]

    Numero molto

    elevato di prove

    Fig. 1 - ten sione di rott ur a forn ito da u na pr ova di schiacciamen to

    di un cubet to di calcestr uzzo

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    Met odi di ver ifica 27

    Dato un insieme di n valori casu ali X1 ... Xn possibile su ddividerliin un numero finito di intervalli (classi). Si indica col termine frequenza

    il num ero di valori che r icadono in un a classe, men tr e con distribuzionedi frequenza si intende listogramma che rappresenta i valori della fre-quenza nelle diverse classi (fig.1a). Quando si aumenta lampiezza delcampione (cio il numero di valori) e si riduce lampiezza delle classilistogramma tende ad una curva continua che viene detta funzione didensit di probabilit (fig.1b).

    Due par am etri m olto import an ti per esamina re un insieme di valoricasua li sono il valore medio e lo scarto quad ratico m edio, definit i ri-

    spettivam ente da

    ==1

    1nXi

    i

    n

    = =1 2

    1nXi

    i

    n

    ( )

    Si definisce inoltr e come frattile il valore al di sotto del quale r icade un aas segnat a percentu ale dei valori a leatori. Ad esempio, il fra tt ile 5% ilvalore al di sotto del quale ricade solo il 5% dei valori aleatori, mentrefra tt ile 95% quello al di sott o del qua le ricade il 95% dei valor i.

    Una distribuzione statistica molto utilizzata, sia perch ad essa so-no riconducibili molti fenomen i alea tori che per le propriet d i cui gode, la distr ibuzione n orm ale Gau ssian a, la cui fun zione di densit di pro-babilit ha un caratteristico aspetto a campana. Questo tipo di distri-buzione definit a in m anier a completa se si conoscono e ed un qual-siasi fra tt ile pu essere calcolat o a pa rt ire da essi. Si ha ad esem pio

    fra tt ile 5% = 1.64 fra tt ile 95% = + 1.64

    Sia i car ichi agenti su un a st ru tt ur a che la r esistenza dei mater iali

    da cui essa costituita possono essere considerate variabili aleatorie.Quando si fa riferimento a una generica azione F assume particolareimport an za, pi che il valore m edio, un valore che a bbia bassa probabi-lit di essere superato, in particolare il frattile 95%. Tale valore de-nominato valore caratteristico ed cont rad dist int o con il pedice k. Per leresistenze f, invece, si considera come valore caratteristico fk il frattile5%, perch in questo caso linteresse principalmente rivolto ad un va-lore che sia garantito con sufficiente probabilit.

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    3.2. Verifica proba bilistic a

    Lap proccio probabilistico mira a valut a re la p robabilit di collasso ed acont rollare che essa sia inferiore ad un va lore (molto piccolo) cons idera -to accettabile. Per far ci occorre innanzitutto conoscere la funzione didensit di probabilit dei car ichi e della r esistenza dei mat eriali. Si de-ve quindi determinare la relazione tra queste funzioni e la probabilitdi collasso, tenendo conto della non linearit del legame costitutivo -del materiale. Se il metodo di analisi strutturale lineare questo vienefat to separ at am ent e per ciascun a sezione; se non linea re occorr e far lo

    globalmente per lintera str ut tu ra .Questo modo di procedere pu essere chiarito con un semplice e-sempio. Si consideri un o schem a isosta tico, un a men sola con un a forzaallestremo (fig.2), e si faccia riferimento solo alla sezione di incastro,nella quale il momento flettente massimo. In realt questo non deltu tt o corr etto perch per la casu alit della r esistenza la rottur a potreb-be avvenire in unaltra sezione, meno sollecitata ma pi debole; persemplicit t ra scur iamo questa eventu alit .

    La den sit di probabilit ipotizzat a per il car icoF

    mostrata nellafigur a 3a. La densit di probabilit del moment o che sollecita la sezionedi incastr o MS pu essere r icavata immediata ment e, poich per la sem-plicit dello schema il momento ottenuto moltiplicando la forza per lalunghezza della mensola (che si suppone assegnata in maniera deter-ministica) e la sua distribuzione probabilistica analoga a quella delcar ico (fig.3b).

    Si consideri ora la densit di probabilit della resistenza f del ma-ter iale (fig.4a) e si su pponga che la legge

    -

    del mat eriale dipenda soloda ta le para metro.

    Schema: M = F l

    Fig. 2 - schem a cons iderat o nellesem pio

    l

    F

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    Met odi di ver ifica 29

    Fk

    carico

    F MS k

    momento sollecitante

    MS

    Fig. 3 - densit di pr obabilit di car ico e moment o sollecitan te

    Per ciascun valore della resistenza possibile ricavare il momentodi rottu ra MR, tenendo conto della non linearit del legame costitutivo.Al var iar e di f il momento di rottura varier in proporzione ed quindiimmediato ricavar ne la fun zione den sit di probabilit (fig.4b).

    Occor re ora confron ta re il moment o sollecita nt e col momen to di rot-tura. Un approccio possibile, anche se molto oneroso dal punto di vistadel calcolo, sar ebbe quello di pr endere a caso un va lore del ca r ico ed un odella resist enza (conform emen te a lla den sit di probabilit ) e vedere se

    la sezione riesce a sopportare le sollecitazioni indotte dal carico. Ripe-tendo questa operazione un numero estremamente grande di volte siavr ebbe una indicazione della pr obabilit di collasso.

    Se le fun zioni den sit di probabilit del moment o sollecitan te e delmomento di rottura sono note, lo stesso risultato pu essere ottenutopi facilmente. Con riferimento a un generico valore M1 del momento,la probabilit che MS sia uguale a M1, o pi precisamente che siacontenuto in un intervallo di ampiezza dM centrato su M1, pari al

    k

    resistenza

    MR k MR

    momento di rottura

    Fig. 4 - densit di probabilit di resisten za e moment o di rottu ra

    a ) ca r ico b) momento sollecitante

    a) resistenza b) momento di rottur a

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    30 Capitolo 2

    nuto in un intervallo di ampiezza dM centrato su M1, pari al valoredella funzione densit di probabilit in M1 moltiplicata per dM, cio

    allar ea t ra tt eggiata in figur a 5. Ana logamen te la pr obabilit che MR siaminore di M1 fornita dallarea sottesa dalla parte della curva densitdi probabilit di MR posta a sinistra di M1. La possibilit che entrambele condizioni si verifichino data dal prodotto delle due aree e la proba-bilit di avere MR

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    Met odi di ver ifica 31

    Lapproccio probabilistico comunque un po troppo complesso perun uso comune. Esistono soluzioni analitiche del problema solo per casi

    semplici, in pa rt icolar e in a mbito linear e, ment re la soluzione n um erica sempre possibile ma estremamente onerosa. Per questi motivi essoviene ut ilizzat o solo in a mbito di ricerca.

    4. Approccio sem iprobabil istico

    Il fatto che la probabilit di collasso sia calcolabile come integrale del

    prodott o della du e a ree in na nzi descrit te (fig.5) porta alla considerazio-ne, semplice ed intuitiva, che essa sar tanto pi bassa quanto pi di-sgiun te sar an no le due funzioni di den sit di probabilit . Si pu alloraassumere che la probabilit che leffetto dei carichi superi la capacitresistente della st ru tt ur a sia a ccetta bilmente bassa se le car at teristichedella sollecitazione corrispondenti ad un frattile molto elevato dei cari-chi, ad esempio il 995 per mille, sono minori dei valori di rottura corri-sponden ti a d u n fra tt ile molto bas so della resist enza, come il 5 per m ille

    (fig.

    6).

    MSk MRk

    MSd MRd

    m om en t o dovu t o a i ca r ich i m om en t o di r ot tu r a

    MS k =MS (Fk) moment o dovut o al car ico car at ter istico Fk

    MRk =MR (fk) momento di rottu ra per la resistenza car at teristica fk

    MS d=MS (FkF) momen to dovuto al carico di calcolo FkF

    MRd =MR (fk/M) moment o di rott ur a per la resist enza di calcolofk/M

    Fig. 6 - verifica s emipr obabilistica, median te confronto tr a m omen tosollecitan te e momen to r esistent e di calcolo

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    32 Capitolo 2

    Questa impostazione detta semiprobabilistica, perch consent e dieffettuare una verifica che abbia una valenza probabilistica ma sia ese-

    guita seguendo la stessa metodologia utilizzata in situazioni determi-nistiche. Allo schema vengono infatti assegnati carichi ben definiti(corr isponden ti a l fra tt ile pr escelto) ed in ba se a d essi si determ inan o lecaratteristiche della sollecitazione (con analisi lineare o non lineare).Separatamente vengono calcolati i valori limite delle caratteristiche disollecitazione nella sezione, sulla base di valori assegnati della resi-st enza ed u tilizzan do un opport un o legam e costit ut ivo non linea re per ilmateriale. Il confronto tra caratteristiche di sollecitazioni di calcolo e

    car at ter istiche di sollecitazioni limit e consen te di esprimere un giudiziosulla sicur ezza della str ut tu ra .

    I valori del carico e della resistenza da utilizzare sono denominativalori di calcolo e sono indicat i col pedice d (iniziale della pa rola inglesedesign , cio pr ogett o) e possono essere messi in relazione con i valor i ca-ratteristici mediante opportuni coefficienti. In particolare, il valore dicalcolo Fd di una azione ottenuto amplificando il valore caratteristicoFk mediante un coefficiente F, mentre il valore di calcolo fd della resi-

    stenza messo in relazione al valore caratteristico fk median te u n coef-ficient e ridu tt ivo 1/M .

    F Fd k F= ff

    d

    k

    M

    =

    I valori pi idonei per F e M possono essere determ inati m edian tean alisi probabilistiche. In effett i nu mer osi sono sta ti gli stu di effett ua tiper ott enere indicazione qua nt itat ive, ma i valori pr oposti da lla n orm a-

    tiva sono stati definiti soprattutto in maniera tale da avere una buonaconcorda nza con il metodo delle ten sioni a mmissibili.

    5. Uso dei coeffic ient i di s icurezza nei divers i me todi

    Pr ima di pr ocedere oltr e, opport un o far e a lcun e cons iderazioni comp a-rative sul come vengono utilizzati i coefficienti di sicurezza nei metodiinna nzi descrit ti. Fa r riferiment o alla verifica di un a sezione, pr escin-

    dendo dal tipo di ana lisi strut tu ra le, linea re o non linea re.

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    Met odi di ver ifica 33

    Nel metodo delle tensioni ammissibili il coefficiente di sicurezza applicato tutto alle resistenze. La verifica pu essere indicata analiti-

    camente dallespressione

    M F M f

    S k R

    k

    M

    ( )