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SETE DI PAROLA dal 15 al 21 settembre 2013 XXIV Settimana del Tempo Ordinario Enciclica Lumen Fidei n° 53 In famiglia, la fede accompagna tutte le età della vita, a cominciare dall’infanzia: i bambini imparano a fidarsi dell’amore dei loro genitori. Per questo è importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la maturazione della fede dei figli. Soprattutto i giovani, che attraversano un’età della vita così complessa, ricca e importante per la fede, devono sentire la vicinanza e l’attenzione della famiglia e della comunità ecclesiale nel loro cammino di crescita nella fede. Tutti abbiamo visto come, nelle Giornate Mondiali della Gioventù, i giovani mostrino la gioia della fede, l’impegno di vivere una fede sempre più salda e generosa. I giovani hanno il desiderio di una vita grande. L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità. __________________________________ __

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SETE DI PAROLAdal 15 al 21 settembre

2013XXIV Settimana del Tempo Ordinario

Enciclica Lumen Fidei n° 53

In famiglia, la fede accompagna tutte le età della vita, a cominciare dall’infanzia: i bambini imparano a fidarsi dell’amore dei loro genitori. Per questo è importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la maturazione della fede dei figli. Soprattutto i giovani, che attraversano un’età della vita così complessa, ricca e importante per la fede, devono sentire la vicinanza e l’attenzione della famiglia e della comunità ecclesiale nel loro cammino di crescita nella fede. Tutti abbiamo visto come, nelle Giornate Mondiali della Gioventù, i giovani mostrino la gioia della fede, l’impegno di vivere una fede sempre più salda e generosa. I giovani hanno il desiderio di una vita grande. L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità.

____________________________________VANGELO del GIORNO

COMMENTOPREGHIERA

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IMPEGNODomenica, 15 settembre 2013

Beata Maria Vergine AddolorataXX anniversario della morte del Beato don Pino Puglisi

Liturgia della ParolaEs 32,7-11.13-14; Sal 50; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere

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chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”»....È MEDITATAGesù racconta una dopo l’altra tre parabole, per rispondere ai farisei e ai maestri della legge che lo criticano: “Quest’uomo tratta bene la gente di cattiva reputazione e va a mangiare con loro”, ma chi più di un peccatore, additato come “perduto”, può desiderare di cambiare? Dio attende solo che ci riconosciamo peccatori e accettiamo che egli ricopra le nostre cadute con la sua inesauribile misericordia. È quanto Gesù afferma a conclusione delle prime due piccole parabole: «Vi è più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione». Il terzo racconto è quello che i padri della Chiesa definivano «il Vangelo nel Vangelo»: la cosiddetta parabola del «figlio prodigo», meglio definibile come parabola del «Padre misericordioso». È la storia

del padre e dei due figli, e ci comunica la profondità dell’amore incondizionato di Dio. Il figlio minore rompe la relazione con il padre: è il dramma familiare di un padre il cui figlio prende una via sbagliata. Quante volte sentiamo dire da genitori credenti: “Abbiamo educato bene nostro figlio, ma poi è andato fuori strada e ci fa soffrire”. Il padre piange, prega, attende, spera. Si sente sconfitto; si interroga, vive un grande dolore e insieme il desiderio di re-incontrare suo figlio. Il figlio vive una libertà che lo porta a consumare tutto e tutti: i soldi, il rapporto con le persone, se stesso. Si ritrova solo, senza amici, senza denaro, senza casa; è costretto ad un lavoro degradante, lontano dal Padre; ci si ritrova meno uomini, “guardiani dei porci”. È sempre così, la storia ce lo insegna e gli eventi drammatici del nostro tempo ce lo

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testimoniano, lontano da Dio non c’è vero umanesimo. In quella condizione, pensa di ritornare a casa di suo padre per chiedere di essere accettato come dipendente. Le parole che prepara per presentarsi a lui, sono dettate dal bisogno, ma non importa quale sia il motivo per cui è tornato, l’importante è che ora si lasci abbracciare. Infatti il padre che vive costantemente nell’attesa, appena scorge il figlio, gli corre incontro commosso, lo abbraccia e lo bacia. Ordina, ai servi di prendere il vestito più bello e di farglielo indossare; di mettergli l’anello al dito; di dargli un paio di sandali: tutti segni per riaffermare la sua dignità personale. È in questo momento che egli comprende che il padre non solo l’ha sempre atteso, ma lo ha amato mentre egli lo odiava, «quando era ancora lontano». È quell’abbraccio pieno di amore che lo converte e gli fa desiderare di appartenere a quel padre che esalta tutta la sua vita e

ama la sua libertà. Questo amore così profondo, non è capito dal figlio maggiore, il quale si dimostra incapace quanto l’altro di comprendere. Egli è rimasto a casa ma vivendo da schiavo, non da figlio; solo per paura non ha mai trasgredito un comando del padre; esce allo scoperto, rivelando l’immagine del padre-padrone che abita il suo cuore. Ma perché anche la sua vita cambi occorre pure per lui il riconoscimento di questa presenza amorevole e attraente.-----------------------------------------------Quello che svela Gesù è l'abbraccio del pastore che ti rialza e ti riporta a casa. Ti risparmia persino la fatica del ritorno, si carica Lui del tuo peso, delle tue fatiche. La tua storia, tutta intera, è nelle sue braccia. Tu devi solo lasciarti afferrare, abbassare la guardia, permettere che il suo amore raggiunga le tue ferite e avere il coraggio della novità.

...È PREGATAPadre, non sono degno, ma mi prendo lo stesso il tuo abbraccio, la veste nuova, la festa. Sono l'eterno prodigo. Sono la tua agonia e la tua gioia. Sono il tuo figlio. Grazie di essere Padre a questo modo, un modo davvero divino.

...MI IMPEGNACustodiamo nel cuore la bellezza inaudita e sorprendente del Dio che il Rabbì di Nazareth ci ha svelato. Alleniamoci a testimoniare e a raccontare di questo pastore innamorato che si mette sulle nostre tracce, che fa di noi il suo tesoro più prezioso.

Lunedì, 16 settembre 2013Santi Cornelio, papa e Cipriano, vescovo, martiri

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CORNELIO (251-253), pontefice e pastore di animo grande e misericordioso, molto operò per il recupero e la riconciliazione dei cristiani che avevano ceduto alle persecuzioni, mentre difese l’unità della Chiesa contro gli scismatici novazioni, confortato dalla solidarietà di san Cipriano. Morì a Civitavecchia (Roma), esiliato dall’imperatore Gallo, e fu sepolto nel cimitero di Callisto.CIPRIANO (Cartagine, Tunisia, c.210 – Sesti, presso Cartagine, 14 settembre 258), convertitosi dal paganesimo nel 245, divenne vescovo di Cartagine nel 249. Fra i massimi esponenti, insieme a Tertulliano, della prima latinità cristiana, nel suo magistero diede un notevole contributo alla dottrina sull’unità della Chiesa raccolta intorno all’Eucaristia sotto la guida del vescovo. Morì martire nella persecuzione di Valeriano. 

Liturgia della Parola 1Tm 2,1-8; Sal 27; Lc 7,1-10LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.…È MEDITATAIl centurione è un pagano ma un vero credente, un uomo umile, generoso, buono che cerca Gesù per la guarigione di un servo a lui molto caro. Forse non ha mai incontrato Gesù, aveva solo sentito parlare di Lui, ma ciò gli era sufficiente per riconoscere che quell’uomo di Nazaret, era un

maestro speciale. Desiderava conoscerlo, ma non osava avvicinarlo, gli invia gli anziani dei Giudei: «Egli merita che tu faccia questa grazia è stato lui a costruirci la sinagoga», è un uomo buono e pietoso, generoso con la gente, benvoluto da tutti. Gesù è disposto anche ad andare nella sua casa, il

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centurione però non vuole chiedere troppo, «io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito». Le parole del centurione sono parole di umiltà e di fede che stupiscono Gesù, resta ammirato perché è nella fede che l’uomo supera se stesso entrando in comunione con Dio. «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!»: Gesù contempla in quest’uomo l’azione dello Spirito e ancora oggi tutti noi cristiani usiamo le stesse parole del centurione durante il rito della comunione eucaristica. È un pagano, ma l’uomo-Dio ha raggiunto e convinto anche lui e l’esortazione dell’autore della Lettera agli Ebrei «considerate

l’esito della sua vita e imitatene la fede» in questo caso riguarda un pagano. È proprio vero, il popolo di Dio è formato da tutti coloro che in un modo o nell’altro, lo invocano riconoscendo la propria povertà.-----------------------------------------------O Signore, che scruti il cuore e i sentimenti, perdonami ogni sconveniente impeto del cuore.Tu sai, o Signore di tutte le cose, che essi sono contro la mia volontà. Sono indegno di accostarmi a te, ma tu perdonami, perché ti ho sempre desiderato e ancora ti desidero...Tu, che solo sei buono e misericordioso, vieni in mio aiuto e salvami...Macario l'Egiziano

...È PREGATASignore nel ricordo dei santi Cornelio e Cipriano, donaci la forza meravigliosa, che nell’ora della prova essi attinsero dal tuo sacrificio e comunicaci il tuo Spirito di fortezza, perché sull’esempio dei martiri possiamo rendere testimonianza alla verità del Vangelo. 

...MI IMPEGNACom'è bello stupire il Signore con la nostra fede! Com'è bello pensare che egli possa commuoversi davanti ai nostri gesti pieni di fiducia e di abbandono!

Martedì, 17 settembre 2013

Liturgia della Parola 1Tm 3,1-13; Sal 100; Lc 7,11-17LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino

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alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.…È MEDITATAAlla porta della città di Nain si incontrano due cortei: uno formato da una comitiva piena di vita, in viaggio, al seguito di un maestro; il secondo è una processione di lutto, di morte; Gesù vede la scena del corteo funebre, ma il suo è un vedere diverso, uno sguardo che non resta indifferente di fronte alla miseria e al dolore, è la visione che si fa carico della situazione. È la compassione che spinge Gesù a parlare e ad agire, compassione significa letteralmente “soffrire con”, assumere il dolore dell’altra persona, identificarsi con lei, sentire con lei il dolore. Non gli era stato richiesto né il miracolo né il gesto di profonda compassione, ma il dolore della donna lo muove: «Donna non piangere», il suo primo gesto è un atto di tenerezza, poi le restituirà il figlio vivo. È un uomo potente, ma straordinariamente interessato ed appassionato verso

le persone più infelici, verso gli ultimi. Ma non si ferma alla compassione; Egli ha anche il potere di cambiare gli eventi e le restituisce il figlio vivo, nulla è impossibile a Dio. L’amore misericordioso di Dio diviene visibile nella compassione di Gesù. La fama di Gesù non si ferma ad un territorio, «si diffuse per tutta la regione», ma poiché Dio valorizza sempre la libertà dell’uomo, a chi si sarà messo in un atteggiamento di chiusura, tutto quello che accade, anche questo miracolo, sarà occasione per chiudersi maggiormente e viceversa. -----------------------------------------------La parola evangelica è sempre efficace se accolta con il cuore. Essa fa risuscitare la vita, ridona energia a chi l'ha persa, dona un cuore nuovo a chi l'ha di pietra, dona fratelli e sorelle a chi è solo. 

…È PREGATAFa’, o Padre, che il dolore degli altri produca in me la stessa compassione che Cristo tuo Figlio, provò per la vedova di Nain. Amen....MI IMPEGNA

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Signore, voglio seguire decisamente il corteo della vita di cui tu guidi i passi. Liberami dalla tentazione di lasciarmi coinvolgere dal pessimismo dilagante e donami il coraggio di farmi accanto alle varie "bare" per tornare a dire a nome tuo: "Ragazzo, dico a te, alzati!". 

Mercoledì, 18 settembre 2013Liturgia della Parola 1Tm 3,14-16; Sal 110; Lc 7,31-35

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, il Signore disse: «A chi posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».…È MEDITATALa gente è turbata da questo profeta inusuale, che non esita a frequentare i festini dei pubblicani e a godere del buon cibo che gli viene offerto. Cercare pretesti infantili per giustificare l’atteggiamento di non accettazione, ci fa simili a bambini senza giudizio, viziati, che non sanno quello che vogliono; non siamo mai contenti, mai soddisfatti, come i farisei, come la gente che lo ascolta. Giovanni digiunava? Certamente aveva un demonio in corpo! Gesù non digiuna? È un gaudente, un mangione e un beone! Anche noi ci comportiamo in questo modo nei confronti della Chiesa. Cadono nel nulla, nel vuoto le voci dei profeti, la stessa voce del figlio di Dio . “Non cediamo mai al

pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno, non cediamo mai allo scoraggiamento. La verità cristiana è attraente e persuasiva perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, annunciando in maniera convincente che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. Questo annuncio resta valido oggi come lo fu all’inizio del cristianesimo” ci ricorda Papa Francesco.-----------------------------------------------Credere che non c'è niente di più bello, di più profondo, di più simpatico, di più ragionevole, di più perfetto di Cristo. E non solo non c'è, ma con geloso amore mi dico che non può esserci, e non basta: se anche mi dimostrassero che

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Cristo è fuori della verità, ed effettivamente risultasse che la verità è fuori di Cristo, io

preferirei restare con Cristo piuttosto che con la verità.F. Dostoevskij

...È PREGATADammi, Signore, un cuore nuovo, continuamente rifatto nuovo da Te.Fammi gioire; fammi danzare la gioia mia e degli altri: quella gioia che è annuncio di cristianesimo autentico a questo nostro mondo annoiato stanco.E fammi capace di sentire in qualche misura la pena di chi è nel dolore. Che io mi sappia chinare su chi soffre con cuore amico in ascolto.Signore, fammi capire bene che partecipare alle pene altrui non è snocciolare parole ma chiedere a Te la capacità di comprendere e porgere aiuto con tatto misura e sintonia d'animo…MI IMPEGNARiconoscere che nelle nostre vicissitudini si dispiega l'opera misteriosa di Dio è un'abitudine che può cambiare il nostro modo di iniziare la giornata. Animo, allora, smettiamola di fare i bambini capricciosi e lamentosi, sempre insoddisfatti di ciò che abbiamo, e diventiamo grandi, accogliendo la Sapienza, che è lo Spirito, che ci permette di riconoscere l'opera di Dio in noi.

Giovedì, 19 settembre 2013Liturgia della Parola 1Tm 4,12-16; Sal 110; Lc 7,36-50

LA PAROLA DEL SIGNORE…È ASCOLTATA

In quel tempo, uno dei farisei invitò Gesù a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». «Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo

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amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene».  E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco».  Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».…È MEDITATAMentre Gesù sta a tavola, invitato da un fariseo, una prostituta si avvicina, gli si sdraia accanto e piangendo gli unge i piedi. La scena è indubbiamente singolare, in tutti i sensi. E si comprende bene la reazione dei presenti, viste le consuetudini del tempo. È una reazione di fastidio per questa donna introdottasi in casa disturbando il pranzo, ma è anche un severo giudizio verso Gesù che non si accorge chi sia quella donna e comunque lascia che continui la sua azione. Insomma, Gesù quantomeno non capisce: sta fuori del mondo e delle consuetudini ordinarie che lo regolano. In verità, erano loro, i presenti, a non comprendere né l'amore di quella donna e il suo desiderio di essere perdonata né l'amore di Gesù. Al contrario dei farisei, Gesù, che legge nel segreto dei cuori, ha compreso l'amore di quella donna, l'ha accolta e l'ha perdonata. E per far comprendere i suoi sentimenti, racconta la breve parabola dei due creditori. Fa quindi notare al fariseo che l'ospitava la sua grettezza

rispetto alla tenerezza di quella donna che "non ha smesso di baciarmi i piedi". E aggiunge: "i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato". L'amore, infatti, cancella i peccati e cambia la vita. Gesù mostra al fariseo Simone di avere accolto i baci e le lacrime della donna come segno della fede in lui che essa era in grado di testimoniare, sfidando chiacchiere e commenti. «Ad essa molto è perdonato, perché molto ha amato». Chi riceve un dono maggiore, un perdono maggiore, fa esperienza di un amore più grande.--------------------------------------------Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza … Ricordiamo il profeta Isaia, che afferma che anche se i nostri peccati fossero rossi scarlatti, l’amore di Dio li renderà bianchi come

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la neve. E’ bello, quello della misericordia!  PAPA FRANCESCO

...È PREGATATi apriamo le nostre anime, o Signore, affinché vengano toccate dalla tua Santa Misericordia che ci aiuterà a vedere i nostri peccati e a desiderare di essere tuoi figli. Amen.

...MI IMPEGNAA trattare con rispetto la gente, superando i pregiudizi e a cogliere e valorizzare il desiderio di verità e bellezza che c’è in ogni uomo. Oggi sosterò nella casa di Simone a osservare la scena dell'incontro con Gesù. Mi lascerò smascherare nelle profondità del mio essere: sono la prostituta che riconosce il suo peccato e riceve il perdono o il giusto che nasconde il suo peccato di prostituzione dietro la maschera dell'osservanza?

Venerdì, 20 settembre 2013Santi Andrea Kim, sacerdote e Paolo Chong e compagni, martiri L'azione dello Spirito, che soffia dove vuole, con l'apostolato di un generoso manipolo di laici è alla radice della santa Chiesa di Dio in terra coreana. Il primo germe della fede cattolica, portato da un laico coreano nel 1784 al suo ritorno in Patria da Pechino, fu fecondato sulla meta del secolo XIX dal martirio che vide associati 103 membri della giovane comunità.

Fra essi si segnalano Andrea Kim Taegon, il primo presbitero coreano e l'apostolo laico Paolo Chong Hasang. Le persecuzioni che infuriarono in ondate successive dal 1839 al 1867, anziché soffocare la fede dei neofiti, suscitarono una primavera dello Spirito a immagine della Chiesa nascente. L'impronta apostolica di questa comunità dell'Estremo Oriente fu resa, con linguaggio semplice ed efficace, ispirato alla parabola del buon seminatore, del presbitero Andrea alla vigilia del martirio. Nel suo viaggio pastorale in quella terra lontana il Papa Giovanni Paolo II, il 6 maggio 1984, iscrisse i martiri coreani nel calendario dei santi. La loro memoria si celebra nella data odierna, perché un gruppo di essi subì il martirio in questo mese, alcuni il 20 e il 21 settembre.

Liturgia della Parola 1Tm 6,2c-12; Sal 48; Lc 8,1-3LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni....È MEDITATA

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Il vangelo di Luca è stato considerato sempre il vangelo delle donne. Infatti, Luca è l’evangelista che presenta il maggior numero di episodi in cui sottolinea la relazione di Gesù con le donne. E la novità non è solo nella presenza delle donne attorno a Gesù, ma anche e soprattutto l’atteggiamento di Gesù in rapporto a loro. Ci sono anche donne “insieme a Gesù”: Maria Maddalena, nata nella città di Magdala, Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode Antipa, che era governatore della Galilea, Susanna e diverse altre. Di loro si afferma che “servono Gesù con i loro beni”. Gesù accetta donne seguaci e discepole, la forza liberatrice di Dio, che agisce in Gesù, fa sì che la donna assuma la sua dignità. La donna, in Israele, non aveva una propria autonomia, ma era dipendente in tutto dal marito. Non poteva uscire di casa da sola, né esprimere un parere o parlare se non interrogata Gesù accoglie le donne e le considera testimoni della sua morte, della sua sepoltura e risurrezione. Quanto diverso lo sguardo di Gesù dalla logica femminicida che uccide la donna, prima ancora che materialmente, spiritualmente: spogliandola e paragonandola ad oggetto, soggiogandola con offese verbali e fisiche, per il solo fatto di essere donna. Grandissimo Gesù che vede il cuore, che supera i contesti culturali, anche quelli più radicati nel cuore delle persone. Grande Gesù che ci aiuta a immaginare un mondo nuovo, dove uomini e donne, nel rispetto della propria

splendida peculiarità, si integrano e si compensano per servire il vangelo nella propria sensibilità! --------------------------------------------La Chiesa, dunque, rende grazie per tutte le donne e per ciascuna: per le madri, le sorelle, le spose; per le donne consacrate a Dio nella verginità; per le donne dedite ai tanti e tanti esseri umani, che attendono l'amore gratuito di un'altra persona; per le donne che vegliano sull'essere umano nella famiglia, che è il fondamentale segno della comunità umana; per le donne che lavorano, donne a volte gravate da una grande responsabilità sociale; per tutte: così come sono uscite dal cuore di Dio in tutta la bellezza e ricchezza della loro femminilità; così come sono state abbracciate dal suo eterno amore; così come, insieme con l'uomo, sono pellegrine su questa terra, che è, nel tempo, la «patria» degli uomini e si trasforma talvolta in una «valle di pianto»; così come assumono, insieme con l'uomo, una comune responsabilità per le sorti dell'umanità, secondo le quotidiane necessità e secondo quei destini definitivi che l'umana famiglia ha in Dio stesso, nel seno dell'ineffabile Trinità. La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del «genio» femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a

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tutti i popoli e Nazioni; ringrazia per tutti i carismi che lo Spirito Santo elargisce alle donne nella storia del Popolo di Dio, per tutte le vittorie che

essa deve alla loro fede, speranza e carità: ringrazia per tutti i frutti di santità femminile.Giovanni Paolo II

...È PREGATAE’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.A imitazione del Cristo tuo Figlio i santi martiri coreani hanno reso gloria al tuo nome e hanno testimoniato con il sangue i tuoi prodigi, o Padre, che riveli nei deboli la tua potenza e doni agli inermi la forza del martirio, per Cristo nostro Signore. E noi con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto, e proclamiamo insieme la tua gloria

...MI IMPEGNA…nel ricordo dei martiri Andrea, Paolo e compagni ad aderire con lo stesso ardore a Cristo tuo Figlio, per cooperare nella Chiesa alla salvezza di tutti gli uomini e a  perseverare fino alla morte nella via dei tuoi comandamenti. 

Sabato, 21 settembre 2013SAN MATTEO, apostolo ed evangelista

Matteo, chiamato anche Levi, viveva a Cafarnao ed era pubblicano, cioè esattore delle tasse. Seguì Gesù con grande entusiasmo, come ricorda San Luca, liberandosi dei beni terreni. Ed è Matteo che nel suo vangelo riporta le parole Gesù:"Quando tu dai elemosina, non deve sapere la tua sinistra quello che fa la destra, affinché la tua elemosina rimanga nel segreto... ". Dopo la Pentecoste egli scrisse il suo vangelo, rivolto agli Ebrei, per supplire, come dice Eusebio, alla sua assenza quando si recò presso altre

genti. Il suo vangelo vuole prima di tutto dimostrare che Gesù è il Messia che realizza le promesse dell' Antico Testamento, ed è caratterizzato da cinque importanti discorsi di Gesù sul regno di Dio.

Liturgia della Parola Ef 4,1-7.11-13; Sal 18; Mt 9,9-13LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i

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suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».  Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori»....È MEDITATAMatteo presenta se stesso come un pubblicano perdonato e chiamato, e così ci fa capire in che cosa consiste la vocazione di Apostolo. E prima di tutto riconoscimento della misericordia del Signore. Negli scritti dei Padri della Chiesa si parla sovente degli Apostoli come dei "principi"; Matteo non si presenta come un principe, ma come un peccatore perdonato. Ed è qui ripeto il fondamento dell'apostolato: aver ricevuto la misericordia del Signore, aver capito la propria povertà e pochezza, averla accettata come il "luogo" in cui si effonde l'immensa misericordia di Dio: "Misericordia io voglio; non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori".  Una persona che abbia un profondo sentimento della misericordia divina, non in astratto, ma per se stessa, è preparata per un autentico apostolato. Per il suo mestiere malfamato tutti lo ritenevano un impuro e lo scansavano. Gesù, al contrario “lo vede”. Per Lui quest’uomo non è un corrotto da evitare, ma un malato da guarire, uno strumento di grazia e di verità, un messaggero del suo amore e della sua misericordia: «Seguimi!». La risposta di Matteo è immediata: «ed egli si alzò e lo seguì». Matteo non esita, non perché non ne abbia motivi, ma

solo perché si fida di chi lo ha chiamato. Subito Matteo si fa strumento di pace con i suoi fratelli pubblicani, offre un banchetto a Gesù, vengono molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Il Signore ancora una volta affronta il rischio dell’incomprensione e dell’accusa da parte degli scribi e dei farisei, è lo scandalo, perché tra la santità e il peccato non c’è nessuna comunione: «Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». La verità di un santo è nella redenzione del mondo dal peccato, è nella salvezza dei peccatori. La giustizia di Dio si chiama Misericordia ed è la sua pazienza: «Misericordia io voglio, e non sacrifici» (Os 6,6). La presunta giustizia dei farisei li rende ingiusti col prossimo, il loro presunto amore per Dio li autorizza a odiare il prossimo. << Lui mai si stanca di perdonare ma noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono. Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha un cuore di misericordia per tutti noi. Sempre ci comprende, ci attende, non si stanca di perdonarci se sappiamo tornare a lui con il cuore contrito e

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anche noi impariamo ad essere misericordiosi con tutti >>. ---------------------------------------------Quale uomo infatti è in grado di giudicare un altro uomo? Il mondo è pieno di giudizi avventati. Colui del quale

dovremmo disperare, ecco che all’improvviso, si converte e diviene ottimo. Colui dal quale ci saremmo aspettati molto, ad un tratto si allontana dal bene e diventa pessimo. Né il nostro timore né il nostro amore sono stabili e sicuri. Agostino d’Ippona

...È PREGATAGrazie Signore per la mia vita! Dammi la grazia di essere sempre fedele alla mia chiamata e di crescere sempre più nel tuo amore e nella misericordia verso tutti.

...MI IMPEGNAA corrispondere alla vocazione cristiana e di seguirti fedelmente in tutti i giorni della nostra vita. 

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PAPA FRANCESCO ANGELUS  Piazza San PietroDomenica, 1° settembre 2013

Quest’oggi, cari fratelli e sorelle, vorrei farmi interprete del grido che sale da ogni parte della terra, da ogni popolo, dal cuore di ognuno, dall’unica grande famiglia che è l’umanità, con angoscia crescente: è il grido della pace! E’ il grido che dice con forza: vogliamo un mondo di pace, vogliamo essere uomini e donne di pace, vogliamo che in questa nostra società, dilaniata da divisioni e da conflitti, scoppi la pace; mai più la guerra! Mai più la guerra!

La pace è un dono troppo prezioso, che deve essere promosso e tutelato.

Vivo con particolare sofferenza e preoccupazione le tante situazioni di conflitto che ci sono in questa nostra terra, ma, in questi giorni, il mio cuore è profondamente ferito da quello che sta accadendo in Siria e angosciato per i drammatici sviluppi che si prospettano.

Rivolgo un forte Appello per la pace, un Appello che nasce dall’intimo di me stesso! Quanta sofferenza, quanta devastazione, quanto dolore ha portato e porta l’uso delle armi in quel martoriato Paese, specialmente tra la popolazione civile e inerme! Pensiamo: quanti bambini non potranno vedere la luce del futuro! Con particolare

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fermezza condanno l’uso delle armi chimiche! Vi dico che ho ancora fisse nella mente e nel cuore le terribili immagini dei giorni scorsi! C’è un giudizio di Dio e anche un giudizio della storia sulle nostre azioni a cui non si può sfuggire! Non è mai l’uso della violenza che porta alla pace. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza!

Con tutta la mia forza, chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione. Con altrettanta forza esorto anche la Comunità Internazionale a fare ogni sforzo per promuovere, senza ulteriore indugio, iniziative chiare per la pace in quella Nazione, basate sul dialogo e sul negoziato, per il bene dell’intera popolazione siriana.

Non sia risparmiato alcuno sforzo per garantire assistenza umanitaria a chi è colpito da questo terribile conflitto, in particolare agli sfollati nel Paese e ai numerosi profughi nei Paesi vicini. Agli operatori umanitari, impegnati ad alleviare le sofferenze della popolazione, sia assicurata la possibilità di prestare il necessario aiuto.

Che cosa possiamo fare noi per la pace nel mondo? Come diceva Papa Giovanni: a tutti spetta il compito di ricomporre i rapporti di convivenza nella giustizia e nell’amore. Una catena di impegno per la pace unisca tutti gli uomini e le donne di buona volontà! E’ un forte e pressante invito che rivolgo all’intera Chiesa Cattolica, ma che estendo a tutti i cristiani di altre Confessioni, agli uomini e

donne di ogni Religione e anche a quei fratelli e sorelle che non credono: la pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità. Ripeto a voce alta: non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa: la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo; questa è l’unica strada per la pace. Il grido della pace si levi alto perché giunga al cuore di tutti e tutti depongano le armi e si lascino guidare dall’anelito di pace. L’umanità ha bisogno di vedere gesti di pace e di sentire parole di speranza e di pace! Chiedo a tutte le Chiese particolari che, oltre a vivere questo giorno di digiuno, organizzino qualche atto liturgico secondo questa intenzione.

A Maria chiediamo di aiutarci a rispondere alla violenza, al conflitto e alla guerra, con la forza del dialogo, della riconciliazione e dell’amore. Lei è madre: che Lei ci aiuti a trovare la pace; tutti noi siamo i suoi figli! Aiutaci, Maria, a superare questo difficile momento e ad impegnarci a costruire ogni giorno e in ogni ambiente un’autentica cultura dell’incontro e della pace.

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Signore, Dio di pace, che hai creato gli uomini,

oggetto della tua benevolenza, per essere i familiari della tua gloria,

noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie;perchè ci hai inviato Gesù,

tuo figlio amatissimo,hai fatto di lui, nel mistero della sua Pasqua

'artefice di ogni salvezza,la sorgente di ogni pace, il legame di ogni fraternità.

Noi ti rendiamo grazie per i desideri, gli sforzi, le realizzazioni

che il tuo spirito di pace ha suscitato nel nostro tempo,per sostituire l'odio con l'amore,

la diffidenza con la comprensione,l'indifferenza con la solidarietà.

Apri ancor più i nostri spiriti ed i nostri cuori alle esigenze concrete dell'amore

di tutti i nostri fratelli, affinché possiamo essere sempre più dei costruttori di pace.Ricordati, Padre di misericordia, di tutti quelli che sono in pena,

soffrono e muoiono nel parto di un mondo più fraterno.Che per gli uomini di ogni razza e di ogni lingua

venga il tuo regno di giustizia,di pace e d'amore.

E che la terra sia piena della tua gloria!(Paolo VI)

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