A Cura di Armando Mattioni - Unire nell'Amore...2015: a proposito del Profeta Daniele 3 Come dare...

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Oltre l'illusione delle forme, oltre il mondo delle ombre, ...oltre l'eterno divenire dei cosmi, sta il Supremo Perché di tutto questo, sta l'Eterno, l'Infinito, l'Immortale, il Perfetto, l'Assoluto. Oltre... oltre... A Cura di Armando Mattioni

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Oltre l'illusione delle forme, oltre il mondo delle ombre,

...oltre l'eterno divenire dei cosmi, sta il Supremo Perché

di tutto questo, sta l'Eterno, l'Infinito, l'Immortale, il

Perfetto, l'Assoluto. Oltre... oltre...

A Cura di Armando Mattioni

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In merito al Profeta Daniele:

Tutte le profezie trovano riscontro, anche se a volte sono soggette a

modificazioni, lungo la spirale evolutiva, di una

Vita Planetaria, sia di Vita Cosmica!

Introduzione

Tu che tieni nelle mani queste pagine,

sappi che puoi possedere molto di più che carta stampata;

Tu che lo leggi, puoi comprendere molto di più di quanto è scritto;

Tu che lo comprendi e lo accetti,

possiedi molto di più della conoscenza,

perché hai trovato quel filo di Arianna che conduce

fuori dal labirinto dell'apparenza e dell'illusione.

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2015: a proposito del Profeta Daniele

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Come dare significato alla nostra Vita e alla nostra Coscienza?

Che cosa accadrebbe se avessimo una mappa completa di noi stessi e del mondo nuovo in cui

viviamo?

In questi ultimi trent'anni siamo stati testimoni di una novità assoluta: la possibilità di avere

accesso a tutte le culture del mondo. In passato, se fossimo nati ad esempio in Cina, avremmo

trascorso tutta la nostra vita all'interno di un'unica cultura, spesso in un unico luogo e a volte

in un'unica abitazione, vivendo, amando e morendo in quel minuscolo pezzetto di terra. Oggi,

invece, non solo disponiamo di una grande mobilità geografica, ma possiamo studiare, e

abbiamo studiato, praticamente ogni cultura conosciuta del pianeta. Nel villaggio globale ogni

cultura è aperta a tutte le altre.

La conoscenza è globale, e ciò significa che, di nuovo per la prima volta, abbiamo a

disposizione la totalità della conoscenza umana. Le conoscenze, le esperienze, le riflessioni e

la saggezza di tutte le principali civiltà, premoderna, moderna e post-moderna, sono a

disposizione di chiunque voglia studiarle.

Che cosa accadrebbe se prendessimo letteralmente tutto ciò che le diverse culture ci dicono

sul potenziale umano (sulla sua crescita spirituale, psicologica e sociale) e lo stendessimo su

una tavola? Che cosa accadrebbe se cercassimo di individuare le chiavi fondamentali della

crescita umana in base alla somma delle conoscenze umane? Che cosa accadrebbe se,

basandoci su ampi studi transculturali, usassimo tutte le grandi tradizioni del mondo per

stendere una mappa composita, globale e onnicomprensiva, una mappa integrale che includa

le cose migliori di tutte queste tradizioni?

Vi sembra troppo complicato, troppo complesso? Vi sentite intimoriti? Da un lato avete ragione,

ma dall'altro i risultati si rivelerebbero sorprendentemente semplici e precisi. Negli ultimi

decenni abbiamo assistito a un'intensa ricerca di una mappa globale del potenziale umano.

Questa mappa include tutti i modelli e i sistemi conosciuti di crescita, da quelli utilizzati dagli

antichi saggi e sciamani alle più recenti scoperte delle scienze cognitive, e da tutto questo

distilla 5 semplici fattori che sono elementi essenziali, o chiavi, per sbloccare e favorire

l'evoluzione umana. Quindi, benvenuti all'Approccio Integrale.

Una Mappa Integrale o Globale Quali sono questi 5 fattori? Li definiamo quadranti, livelli, linee, stati e tipi. Come vedremo,

tutti questi elementi sono presenti nella coscienza in questo preciso momento. Non sono concetti

meramente teorici, ma aspetti della stessa esperienza, contorni della coscienza. A cosa serve

questa Mappa Integrale? In primo luogo, che il campo di lavoro sia l'economia, la medicina, la

psicoterapia, la giurisprudenza, l'ecologia o il semplice vivere e apprendere quotidiano, la

Mappa Integrale serve a dare la certezza di coprirne ogni aspetto, di "essere in contatto con

tutto". Se si sta volando sulle Montagne Rocciose, quanto più la mappa è precisa, tanto minore

sarà il rischio di sfracellarsi. L'Approccio Integrale dà la certezza che stiamo usando l'intera

gamma delle risorse in qualunque situazione, elevando al massimo le probabilità di successo.

In secondo luogo, imparando a individuare questi 5 elementi, che sono presenti in qualunque

momento nella vostra coscienza, impariamo a conoscerli sempre più a fondo e a usarli sempre

meglio... accelerando enormemente la nostra crescita e il nostro sviluppo verso modi di essere

sempre più ampi, più elevati e più profondi, per non parlare dell'eccellenza e del successo nel

lavoro e nella vita professionale. La familiarità con i cinque elementi del Modello Integrale ci

aiuterà a orientarci con maggiore facilità in questo eccitante viaggio di scoperta e di risveglio.

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In breve, l'Approccio Integrale ci aiuterà a vedere noi stessi e il mondo che ci circonda in modo

globale e efficace. Ma dobbiamo capire sin dall'inizio un punto molto importante: la Mappa

Integrale è soltanto una mappa, non è il territorio. Non vogliamo certo confondere la mappa

con il territorio, ma non vogliamo neppure lavorare con una mappa imprecisa o lacunosa. Chi

vorrebbe volare sulle Montagne Rocciose con una cattiva mappa? La Mappa Integrale è soltanto

una mappa, ma è la mappa più completa e accurata di cui disponiamo in questo momento.

Cos'è un sistema IOS? IOS significa semplicemente, Sistema Operativo Integrale. In informatica, il sistema operativo

è l'infrastruttura che consente il funzionamento dei programmi, ma qui usiamo la definizione

Sistema Operativo Integrale (o IOS) come un altro nome della Mappa Integrale. Qualunque

"programma" stiamo utilizzando nella nostra vita (non importa se nel campo del lavoro, degli

affari, delle relazioni o del divertimento), vorremmo certamente il sistema operativo migliore,

e il sistema IOS è il migliore. Grazie al fatto che "copre ogni aspetto", consente di utilizzare i

programmi più adatti. Tutto questo è semplicemente un altro modo di parlare della natura

globale e inclusiva del modello integrale.

Esploreremo inoltre quello che è forse l'utilizzo principale della Mappa Integrale o Sistema

Operativo Integrale. Poiché un sistema IOS può essere usato per indicizzare qualunque attività,

dalla pittura alla danza, agli affari, alla psicologia, alla politica, all'ecologia e alla spiritualità,

mette in grado tutti questi settori di dialogare fra loro. Il sistema IOS fornisce all'economia il

linguaggio per comunicare con l'ecologia, all'ecologia con le arti, alle arti con la politica, e alla

politica con l'educazione, la medicina e la spiritualità. Nella storia dell'umanità non è mai

accaduto prima d'ora.

Attraverso l'utilizzo dell'Approccio Integrale (o Mappa Integrale o Sistema Operativo Integrale)

possiamo favorire e accelerare enormemente il sapere interdisciplinare, dando vita alla prima

comunità integrale conoscitiva del mondo: una Università Integrale. Per quanto riguarda la

religione e la spiritualità, l'Approccio Integrale ha permesso la creazione del "Centro Integrale

Spirituale" in cui alcuni tra i maggiori leader spirituali del mondo, appartenenti a tutte le

principali religioni, si incontrano non solo per dialogare ma anche per "insegnare agli inse-

gnanti". E uno tra gli eventi conoscitivi più straordinari. Ma tutto inizia da questi cinque

semplici elementi presenti nella nostra coscienza.

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2015: a proposito del Profeta Daniele

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Nell'introduzione è stato detto che tutti e cinque gli elementi della Mappa Integrale sono già

presenti in questo preciso momento nella nostra coscienza. Le pagine che seguono sono come

una visita guidata alla nostra esperienza. Alcuni elementi della Mappa Integrale sono realtà

soggettive, interiori; altri sono realtà oggettive appartenenti al mondo esterno; altri ancora sono

realtà collettive che condividiamo con gli altri. Iniziamo dalle realtà soggettive: gli stati di

coscienza.

Stati di coscienza Tutti conosciamo i principali stati di coscienza: la veglia, il sogno e il sonno profondo. Mentre

leggete siete nello stato di coscienza di veglia (o, se siete molto stanchi, forse in uno stato di

sogno a occhi aperti). Vi sono poi altri stati di coscienza, tra cui gli stati meditativi (indotti dallo

yoga, dalla meditazione, dalla preghiera contemplativa e così via), gli stati alterati (ad esempio

quelli indotti dalle droghe) e varie esperienze di picco (che possono essere prodotte da

esperienze di grande intensità come il sesso, la natura o la musica).

Le grandi tradizioni sapienziali (come la mistica cristiana, il Vedanta induista, il Buddhismo

vajrayana e la Qabbala ebraica) affermano che tutti i tre stati naturali di coscienza (veglia, sogno

e sonno senza sogni) racchiudono un tesoro di saggezza e di risveglio spirituale... a patto di

saperli usare correttamente.

In genere consideriamo lo stato di sogno meno reale di quello di veglia, ma cosa ci rivelerebbe

se potessimo entrarvi da svegli? E se potessimo entrare da svegli nel sonno senza sogni?

Impareremmo cose straordinarie? In un senso molto particolare, che esploreremo nelle pagine

seguenti, i tre grandi stati naturali di veglia, sogno e sonno profondo contengono un intero

spettro di illuminazioni spirituali. Avete già sentito la parola satori?

È un termine dello Zen per indicare una profonda esperienza di risveglio spirituale che si dice

contenga i segreti (o il segreto) dell'intero universo. A livello molto più semplice e ordinario,

tutti sperimentiamo stati diversi di coscienza che ci offrono spesso motivazioni, spinte e

senso riguardo a noi stessi e agli altri. Pensiamo alle improvvise intuizioni creative: "Ah, ho

capito!". Come sarebbe se potessimo attingere a queste intuizioni ogni volta che siamo di

fronte a un problema? In una qualunque situazione il nostro stato di coscienza può essere

determinante oppure ininfluente, ma non può comunque essere ignorato da un approccio

integrale. L'utilizzo del sistema IOS ci permetterà immediatamente di verificare se siamo in

contatto con ogni aspetto delle nostre realtà soggettive. Questo Sistema Operativo Integrale, o

Mappa Integrale, può rivelarci un territorio di cui non sospettavamo neppure l'esistenza, e ci

fornisce gli strumenti per percorrerlo.

Stadi o livelli di sviluppo Un aspetto interessante degli stati di coscienza è la loro transitorietà. Anche esperienze di picco

molto forti o stati alterati molto profondi nascono, durano per un certo periodo di tempo e

finiscono. Per quanto meravigliosi, sono temporanei. Laddove gli stati di coscienza sono

temporanei, gli stadi della coscienza sono permanenti e rappresentano le pietre miliari

della crescita e dello sviluppo. Quando raggiungiamo uno stadio abbiamo raggiunto un'ac-

quisizione durevole. Ad esempio, attraversando tutti gli stadi di sviluppo dell'apprendimento

linguistico, il bambino ha infine accesso al linguaggio. Il linguaggio non è un'esperienza di

picco, presente in un certo momento e terminata nel momento successivo. Lo stesso accade con

le altre direzioni di crescita. Una volta raggiunto stabilmente uno stadio di crescita e di sviluppo,

abbiamo accesso alle capacità contenute in questo stadio (ad esempio una coscienza più espan-

sa, un amore più inclusivo, valori etici più elevati, maggiore intelligenza e consapevolezza)

ogni volta che lo desideriamo. Gli stati temporanei sono diventati tratti permanenti. Quanti sono

gli stadi di sviluppo? Ricordiamoci che, in qualunque mappa, il modo in cui viene diviso e

rappresentato il territorio è in una certa misura arbitrario.

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Ad esempio, quanti gradi ci sono tra il ghiaccio e l'acqua che bolle? Se utilizziamo la scala, o

"mappa", centigrada ci sono 100 gradi. Se invece usiamo la scala Fahrenheit, il ghiaccio corri-

sponde a 32 gradi e l'acqua che bolle a 212, con un divario di 180 gradi. Qual è la scala giusta?

Entrambe. Dipende solo dal modo in cui vogliamo tagliare a fette la torta.

Lo stesso vale per gli stadi. Ci sono moltissimi modi per "tagliare a fette" lo sviluppo e quindi

moltissimi concetti di stadi. Tutti possono essere utili. Ad esempio, nel sistema dei chakra dello

Yoga ci sono 7 principali stadi o livelli di coscienza. Un noto antropologo, Jean Gebser, ne

descrive 5: arcaico, magico, mitico, razionale e integrale. Alcuni modelli psicologici occidentali

presentano 8, 12 o più livelli di sviluppo. Quale sistema è quello giusto? Tutti. Dipende da

quali elementi della crescita e dello sviluppo vogliamo considerare.

Gli "stadi dello sviluppo" sono anche chiamati "livelli dello sviluppo", perché ogni stadio

rappresenta un livello di organizzazione o un livello di complessità. Ad esempio, nella sequenza

che va dagli atomi alle molecole, alle cellule e agli organismi, ognuno di questi stadi evolutivi

include un livello di complessità maggiore del precedente. La parola "livello" non presuppone

un giudizio di valore né un criterio di esclusione, ma indica semplicemente delle importanti

qualità emergenti che tendono a venire in esistenza secondo una modalità non continua o

quantica. Questi salti o livelli evolutivi sono aspetti fondamentali di molti fenomeni naturali.

Per descrivere ancora meglio la loro natura fluida, questi stadi vengono anche chiamati onde.

Gli stadi, o onde, di sviluppo sono ingredienti fondamentali di un sistema IOS. Nel Modello

Integrale si lavora in genere con 8-10 livelli, stadi o onde di sviluppo della coscienza. Anni di

ricerca sul campo hanno evidenziato che un numero maggiore di stadi sarebbe eccessivo e un

numero minore sarebbe impreciso. Alcuni concetti di stadi usati nel Modello Integrale includo-

no gli stadi di sviluppo studiati da Jane Loevinger e da Susan Cook-Greuter, le "dinamiche a

spirale" (spiral dynamics) di Don Beck e Christopher Cowan, e gli "ordini di coscienza"

esplorati da Robert Kegan. Ma molti altri concetti di stadi sono presenti nell'Approccio

Integrale e possiamo adottare ognuno di questi stadi se li consideriamo appropriati alla nostra

situazione. Inoltre, è bene comprendere l'enorme importanza degli stadi di sviluppo, ma per il

momento limitiamoci a un semplice esempio.

Egocentrico, etnocentrico e mondocentrico Per capire i livelli, o stadi, possiamo utilizzare un modello molto semplice che ne descrive

soltanto tre. Se osserviamo lo sviluppo morale, vediamo che il bambino piccolo non partecipa

ancora all'etica e alle convenzioni della cultura in cui è nato: è lo stadio pre-convenzionale,

chiamato anche egocentrico perché la coscienza del bambino è ampiamente incentrata su se

stessa. Poi, apprendendo le regole e le norme della propria cultura, il bambino passa allo stadio

convenzionale della morale. Questo stadio è chiamato anche etnocentrico perché si incentra

sul gruppo, la tribù, il clan o la nazione, tendendo a escludere tutto ciò che non vi fa parte. Nel

principale stadio successivo dello sviluppo morale, lo stadio post-convenzionale, l'identità

dell'individuo si espande ulteriormente, allargandosi fino a prendere a cuore il benessere di tutti

gli esseri umani indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle, dal sesso o dal credo

religioso, motivo per cui questo stadio prende anche il nome di mondocentrico. Lo sviluppo

morale tende quindi a passare dal "me" (egocentrico) al "noi" (etnocentrico) al "tutti noi"

(mondo-centrico), ed è un ottimo esempio dello sviluppo delle onde della coscienza. Un'altra

possibilità è considerare questi tre stadi in termini di corpo, mente e spirito. Questi tre termini

hanno diversi significati, tutti validi, ma riferiti specificamente agli stadi significano:

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2015: a proposito del Profeta Daniele

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Il primo stadio, dominio della realtà fisica grossolana, corrisponde allo stadio del "corpo" (nella

sua normale accezione di corpo fisico). Essendo l'individuo identificato con l'organismo fisico

separato e con il suo istinto di sopravvivenza, questo stadio è anche lo stadio egocentrico o

stadio del "me".

Il secondo stadio è quello della "mente". Qui l'identità si allarga rispetto al corpo fisico denso e

inizia a entrare in rapporto con gli altri in base a valori condivisi, interessi comuni, sogni e ideali

collettivi. Dato che posso utilizzare la mente per comprendere il ruolo degli altri (mettendomi

al loro posto e immaginando come mi sentirei se stessi nei loro panni), la mia identità si allarga

dal "me" al "noi" (il passaggio dall'egocentrico all'etnocentrico).

Nel terzo stadio la mia identità si espande ulteriormente, passando dal "noi" al "tutti noi"

(dall'etnocentrico al mondocentrico). Qui inizio a comprendere che, oltre alle meravigliose

differenze tra gli individui e le culture, ci sono anche somiglianze e comunanze. La scoperta

della comunanza di tutti gli esseri è il passaggio dall'etnocentrico al mondocentrico, e

questo stadio è "spirituale" perché considera appunto ciò che è comune a tutti gli esseri

senzienti.

In questo modo di vedere il passaggio dal corpo alla mente allo spirito, ognuno di questi tre

elementi è considerato uno stadio, un'onda o un livello di sviluppo della coscienza (passando

appunto dall'egocentrico all'etnocentrico al mondocentrico).

Ritorneremo sugli stadi di evoluzione e di sviluppo, esplorandoli ogni volta da una nuova

angolazione. Per il momento è sufficiente comprendere che con "stadi" si intendono le

pietre miliari, sequenziali e permanenti, lungo il cammino dello sviluppo evolutivo.

Che parliamo di stadi della coscienza, stadi dell'energia, stadi della cultura, stadi di

realizzazione spirituale o di sviluppo morale e così via, stiamo parlando di questi gradini

fondamentali dello sviluppo di potenziali sempre più ampi, più elevati e più profondi.

L'utilizzo del sistema IOS ci consentirà automaticamente di verificare se in una certa situazione

abbiamo tenuto conto di tutti gli aspetti legati agli stadi principali, aumentando enormemente

le nostre probabilità di successo, che questo successo sia misurato in termini di trasformazione

personale, cambiamento sociale, eccellenza nel lavoro, cura per gli altri o semplice soddisf-

azione nella vita.

Linee di sviluppo: riesco bene in alcune cose e meno bene in altre... Avete fatto caso a come lo sviluppo della maggior parte di noi sia poco uniforme? Alcuni

individui, ad esempio, eccellono nel pensiero logico, ma sono carenti dal punto di vista emotivo.

Alcuni hanno raggiunto un elevato livello cognitivo (sono molto intelligenti), ma uno scarso

livello morale (sono egoisti e crudeli). Altri posseggono un'eccellente intelligenza emotiva, ma

non sanno fare il più semplice dei calcoli.

Howard Gardner ha descritto molto bene questo fenomeno attraverso il concetto di intelligenze

multiple. Gli esseri umani possiedono tutta una gamma di intelligenze: intelligenza cognitiva,

intelligenza emotiva, intelligenza musicale, intelligenza cenestetica e così via. La maggior parte

di noi eccelle in una o due di queste intelligenze, ma ha scarse capacità nelle altre. Non è

necessariamente una cosa negativa: parte della saggezza integrale consiste nello scoprire le

capacità in cui eccelliamo per poter offrire al mondo le nostre doti più preziose. Ma per farlo

dobbiamo essere consapevoli dei nostri punti di forza (o delle intelligenze che ci fanno brillare)

e dei nostri punti deboli (dove abbiamo scarse capacità o persino patologie). Tutto questo ci

porta a un altro dei nostri 5 elementi essenziali: le intelligenze multiple o linee di sviluppo. Ab-

biamo già visto gli stati e gli stadi, ma cosa sono le linee? Le linee, o intelligenze multiple,

includono la cognitività, la morale, le emozioni e l'estetica, ma perché definite linee di sviluppo?

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Perché queste intelligenze hanno una loro crescita e un loro sviluppo. Evolvono per stadi pro-

gressivi. Quali stadi? Quelli che abbiamo appena descritto. In altre parole, ognuna delle

intelligenze multiple si sviluppa, o può svilupparsi, attraverso tre stadi principali (o lungo

qualunque serie di stadi di qualunque modello evolutivo, non importa se comprendente tre,

cinque, sette o più stadi - non dimenticate il paragone con la scala centigrada o Fahrenheit). Ad

esempio, il nostro sviluppo cognitivo può aver raggiunto il primo, secondo o terzo stadio. Lo

stesso vale per tutte le altre intelligenze.

Trovarsi al primo stadio del livello emotivo significa aver sviluppato le emozioni centrate sul

'me', ovvero quelle associate alla fame, alla sopravvivenza e all'autodifesa. Crescendo emoti-

vamente e passando dal primo al secondo stadio, ovvero dall'egocentrismo all'etnocentrismo,

ci si espande dal 'me' al 'noi', sviluppando legami emotivi improntati all'amore e al rispetto con

le persone care, i familiari, gli amici e forse i membri della propria tribù o della propria nazione.

Quando lo sviluppo emotivo raggiunge il terzo stadio, la capacità di essere premurosi e compas-

sionevoli supera i confini della tribù o della nazione per includere tutti gli esseri umani e persino

tutti gli esseri senzienti, diventando così mondocentrica. Ricordiamoci che, una volta raggiunto,

uno stadio è stabile e permanente. Prima che ciò avvenga, le qualità in via di sviluppo sono

transitorie: esperienze di picco, di coscienza espansa, improvvise intuizioni, abilità e lampi di

comprensione a cui si attinge in modo discontinuo ed episodico. Con la pratica questi stati

possono essere trasformati in stadi, cioè in tratti permanenti del proprio essere.

Lo Psicogramma Integrale C'è un modo abbastanza semplice per rappresentare queste linee di sviluppo o intelligenze

multiple. La Figura qui riportata è un grafico che mostra i tre stadi (o livelli di sviluppo)

principali e cinque delle principali intelligenze (o linee di sviluppo).

Ciascuna linea evolve attraverso i principali stadi o livelli di sviluppo. I tre livelli, o stadi, sono

applicabili a qualunque linea di sviluppo: sessuale, cognitiva, spirituale, emotiva, morale e così

via. Il livello di una particolare linea indica semplicemente l'"altezza" di quella linea in termini

di crescita e di consapevolezza. Per questo, di una persona diciamo: "È di specchiata moralità"

o "È spiritualmente molto evoluta". Inoltre, la Figura rispecchia un individuo che ha raggiunto

un eccellente sviluppo cognitivo e un buon sviluppo interpersonale, ma che è rimasto piuttosto

indietro nelle aree della morale e dell'intelligenza emotiva. Ogni individuo ha ovviamente un

suo specifico "psicogramma".

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Lo psicogramma ci permette di individuare quali sono le nostre potenzialità. Molto

probabilmente conosciamo già i campi in cui eccelliamo e quelli in cui abbiamo delle carenze,

ma una parte dell'Approccio Integrale consiste nell'imparare a raffinare la conoscenza che

abbiamo di noi stessi in modo da poter gestire meglio e con maggiore fiducia tanto i nostri punti

forti quanto quelli deboli. Lo psicogramma inoltre ci aiuta a capire che il processo di sviluppo

non avviene in modo uniforme, evitandoci di cadere vittime del malinteso secondo cui se

eccelliamo in un certo settore dovremmo eccellere anche in tutti gli altri. Invece, in genere è

l'opposto. Molti leader politici o guide spirituali sono andati incontro a gravi fallimenti per

mancanza di comprensione di questa semplice realtà.

Essere "integralmente sviluppati" non significa eccellere in tutte le intelligenze, ovvero che tutte

le nostre linee di sviluppo debbano aver raggiunto il terzo livello. Significa invece avere una

buona conoscenza del nostro attuale psicogramma e, in base a questa immagine integrale di noi

stessi, essere in grado di programmare i nostri futuri sviluppi. Per alcuni questo significherà

rafforzare alcune intelligenze che sono così deboli da essere fonte di difficoltà, per altri potrebbe

significare guarire problemi e patologie relative a una determinata linea (ad esempio la linea

psicosessuale). Per altri ancora potrebbe significare la semplice presa di coscienza dei punti

deboli e dei punti forti, e stendere i programmi futuri in base a essi. Una mappa integrale ci

consente di esaminare il nostro psicogramma con maggiore accuratezza. Aver sviluppato una

"cultura integrale" non significa aver padroneggiato tutte le linee di sviluppo, ma essere con-

sapevoli di esse. La decisione di intervenire su eventuali squilibri fa poi parte della ILP (Integral

Life Practice, Pratica Integrale di Vita), il cui fine è accrescere i livelli di coscienza e di sviluppo

attraverso un "approccio spirituale trasversale" di grande efficacia.

C'è un altro punto molto importante che va sottolineato. Alcuni approcci psicologici e spirituali cercano di evocare sin dall'inizio a un intero spettro di stati di coscienza e di esperienze corporee, quali esperienze di picco, stati meditativi, visioni sciamaniche, stati alterati e così via. Il motivo per cui è possibile avere queste esperienze di picco è che in genere i principali stati di coscienza (come lo stato grossolano di veglia, lo stato sottile di sogno e lo stato causale aformale) sono sempre disponibili, rendendo accessibili i vari stati

superiori di coscienza. Ciò che non è possibile, invece, è attingere a tutte le qualità degli stadi superiori senza una reale crescita e una pratica continuativa.

Possiamo avere delle esperienze di picco di uno stato superiore (la visione di una luce sottile interiore o un senso di unità con la natura), perché molti di questi stati sono sempre presenti e possono diventare immediate esperienze di picco. Ma è impossibile fare un'esperienza di picco di uno stadio superiore (ad esempio suonare il pianoforte a livello concertistico), perché gli stadi si sviluppano in sequenza e il loro sviluppo richiede tempi considerevoli. Gli stadi si costruiscono in modo molto reale uno dopo l'altro e quindi non si possono saltare. E come nello sviluppo dagli atomi alle molecole alle cellule: è impossibile passare direttamente dagli atomi alle cellule saltando lo stadio delle molecole. Questa è una delle differenze più significative tra gli stati e gli stadi. Ma facendo ripetutamente esperienza degli stati superiori, gli stadi di sviluppo possono

dispiegarsi con maggiore facilità e rapidità, fatto dimostrato da un numero significativo di prove

sperimentali. Quanto più attingiamo ad autentici stati superiori di coscienza, ad esempio gli stati

meditativi, tanto più rapidi sono la crescita e lo sviluppo degli stadi della coscienza. È come se

esercitarsi a entrare negli stati superiori facesse da lubrificante alla spirale evolutiva,

consentendoci di disidentificarci dallo stadio in cui ci troviamo e di lasciar emergere quello

superiore, sino a raggiungere la capacità di rimanere stabilmente a un livello superiore di

coscienza, il che avviene quando uno stato transitorio diventa un tratto permanente.

Queste pratiche per raggiungere gli stati superiori, come la meditazione, (o meglio

l’introspezione) sono parte integrante di qualunque approccio integrale alla

trasformazione.

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Riassumendo: non è possibile saltare uno stadio, ma è possibile accelerare la crescita lungo la

sequenza degli stadi utilizzando pratiche specifiche, come appunto l’introspezione, e queste

pratiche sono parte integrante dell'Approccio Integrale.

Tipi e voci La componente successiva della "mappa del nostro territorio personale" è molto semplice:

ognuno degli elementi che la costituiscono può essere di vari tipi, per esempio, può essere

maschile o femminile. Con il termine tipi indichiamo delle caratteristiche che possono essere

presenti virtualmente in ogni stadio e in ogni stato. Una classica tipologia, per esempio, è l'indi-

catore di personalità di Myers-Briggs, in cui i tipi principali sono sentimento, ragionamento,

sensazione e intuizione. Possiamo esprimere qualunque tipo virtualmente in ogni stadio di

sviluppo. Queste "tipologie orizzontali" possono essere molto utili, soprattutto se usate in

combinazione con i livelli, le linee e gli stati. Per capire meglio, possiamo usare "maschile" e

"femminile" come un esempio di tipi.

Carol Gilligan, nel suo fondamentale studio In a Different Voice dimostra come maschi e

femmine tendano entrambi a svilupparsi attraverso tre o quattro livelli o stadi di sviluppo

morale. Richiamandosi a un considerevole numero di ricerche, Gilligan definisce questi stadi

preconvenzionale, convenzionale, postconvenzionale e integrato. Questi stadi sono molto simili

ai nostri tre semplici stadi di sviluppo, applicati in questo caso all'intelligenza morale.

Gilligan descrive il primo stadio dello sviluppo morale come incentrato esclusivamente sul

"me" (per questo motivo lo stadio o livello preconvenzionale è anche definito egocentrico).

Il secondo stadio è incentrato sul "noi". In esso l'identità si allarga dal "me" ai membri del

gruppo di appartenenza (per questo motivo lo stadio convenzionale è anche definito etno-

centrico, tradizionale o conformista). Nel terzo stadio l'identità si espande ulteriormente e passa

dal "noi" al "tutti noi", a tutti gli esseri umani o a tutti gli esseri senzienti (e per questo motivo

è anche definito mondocentrico). Ora ho a cuore non solo il mio benessere (egocentrico), non

solo quello della mia famiglia, della mia tribù o della mia nazione (etnocentrico), ma anche

quello di tutta l'umanità, di tutti gli uomini e tutte le donne, indipendentemente dall'etnia, dal

colore della pelle, dal sesso o dal credo (mondocentrico). Se poi lo sviluppo continua nel quarto

stadio, che Gilligan definisce integrato, allora...

Ma prima di arrivarci diamo uno sguardo al principale contributo della Gilligan: uomini e donne

allo stesso modo si sviluppano lungo questi tre, o quattro, stadi gerarchici di crescita. Gilligan

parla correttamente di gerarchia perché ogni stadio ha una capacità di compassionevole premura

superiore a quella dello stadio precedente. Va notato però che le donne evolvono attraverso

questi stadi utilizzando un diverso tipo di logica, si sviluppano cioè "con una voce diversa".

La logica maschile, cioè la voce maschile, tende a basarsi sull'autonomia, la giustizia e i diritti,

mentre la logica - la voce - femminile tende a basarsi sul rapporto, la cura e la responsabilità.

Gli uomini tendono all'azione, le donne alla collaborazione. Gli uomini seguono le regole, le

donne i sentimenti. Gli uomini guardano, le donne toccano. Questo è uno dei suoi esempi

preferiti: un bambino e una bambina stanno giocando. Il bambino dice: "Giochiamo ai pirati".

La bambina dice: "Giochiamo a fare i vicini di casa". Il bambino: "No, voglio giocare ai pirati".

La bambina: "D'accordo, facciamo che il pirata è mio vicino di casa".

I maschi non amano avere delle femmine attorno quando giocano ad esempio a baseball, perché

le due voci si scontrerebbero con troppa violenza e a volte in modo comico. Immaginiamo

dei ragazzini che giocano a baseball. Il ragazzino alla battuta manca la palla per tre volte di

seguito, viene eliminato e scoppia a piangere. Gli altri maschi non fanno una piega e aspet -

tano che smetta di piangere. Le regole sono regole, e la regola dice: tre strike e sei fuori. Ma

se c'è una ragazzina, probabilmente urlerà: "Dategli un'altra possibilità!".

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2015: a proposito del Profeta Daniele

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Lo vede piangere e si mette nei suoi panni, vuole aiutarlo, vuole guarirlo. Questo comporta-

mento manda fuori di testa i maschietti, che considerano il gioco come un'iniziazione al

mondo delle regole e della logica maschili. Gilligan lo riassume dicendo che i maschi

ignorano i sentimenti per salvaguardare le regole, e le femmine infrangono le regole per

salvaguardare i sentimenti. Sono voci diverse.

Sia i maschi che le femmine si sviluppano attraversando i tre, o quattro, stadi della crescita

morale (egocentrico, etnocentrico, mondocentrico e integrato), ma con voci, cioè logiche,

diverse. Gilligan definisce specificamente questi stadi gerarchici nelle donne: stadi dell'-

egoismo (egocentrico), della premura (etnocentrico), della premura universale (mondocentrico)

e integrato. Ma, ripetiamo, perché Gilligan (che è stata spesso fraintesa) definisce questi stadi

gerarchici? Perché in ogni stadio la premura e la sollecitudine sono più ampie che nel

precedente. (Non tutte le gerarchie sono cattive, e questo ne è un ottimo esempio).

Infine, che cos'è il quarto stadio, quello integrato? È lo stadio più elevato in cui la voce maschile

e la voce femminile dentro di noi tendono a integrarsi. Ciò non significa che a questo stadio si

annullino le differenze tra maschile e femminile, con il risultato di un essere asessuato, andro-

gino e indistinto. Anzi, gli aspetti maschili e femminili ne risultano intensificati e

l'individuo riconosce e accoglie in se stesso entrambe le modalità, che si esprimeranno

secondo le sue caratteristiche individuali.

Avete mai osservato un caduceo (il simbolo della

professione medica)? È un bastone attorno a cui sono

attorcigliati due serpenti che terminano in due ali all'-

estremità superiore.

Il bastone rappresenta la colonna vertebrale e i serpen-

ti rappresentano i chakra collocati in ordine ascen-

dente lungo la spina dorsale. Inoltre, i due serpenti

simbolizzano l'energia solare e quella lunare (cioè

maschile e femminile) di ogni chakra.

Quello del caduceo è un simbolo pieno di significato.

I sette chakra sono semplicemente una versione più

complessa dei tre livelli o stadi, e rappresentano i sette

livelli di coscienza e di energia presenti in ogni essere umano. I primi tre chakra (cibo, sesso e

potere) corrispondono grosso modo al primo stadio; il quarto e il quinto (cuore e comuni-

cazione) al secondo stadio; il sesto e il settimo (psichico e spirituale) al terzo stadio. Il punto

rilevante è che, secondo queste tradizioni, ognuno dei 7 livelli ha una modalità maschile e una

femminile (tipi o "voci"). Né il maschile né il femminile è migliore o superiore all'altro;

sono semplicemente tipi equivalenti di ogni livello di coscienza.

Ad esempio, il terzo chakra (il chakra del potere egocentrico) ha un aspetto maschile e uno

femminile: a questo livello l'uomo tende verso un potere basato sull'autonomia ("O fai così o te

ne vai") mentre la donna tende verso un potere esercitato socialmente ("O fai così o non ti parlo

più"). Lo stesso vale per tutti gli altri chakra, ognuno dei quali ha un aspetto solare e un aspetto

lunare, cioè maschile e femminile. Nessuno dei due è più importante dell'altro e nessuno dei

due può venire ignorato.

Si noti comunque che al livello del settimo chakra i due serpenti (maschile e femminile)

convergono in quella che è la loro sorgente, la loro fonte. Maschile e femminile si incontrano,

si uniscono e diventano uno. È esattamente ciò che Gilligan riscontra al quarto stadio dello

sviluppo morale: le due voci all'interno di uno stesso individuo si integrano e avviene la para-

dossale fusione fra autonomia e dipendenza, diritti e responsabilità, azione e collaborazione,

saggezza e compassione, giustizia e pietà, maschile e femminile.

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Il punto principale è che ogni volta che si utilizza il sistema IOS automaticamente si verifica se

si stanno utilizzando entrambi i tipi (maschile e femminile), assicurandosi di essere quanto più

inclusivi possibile. Se riteniamo che non ci siano differenze sostanziali tra maschile e fem-

minile, o se abbiamo dubbi riguardo a queste differenze, non c'è alcun problema, perché, se

vogliamo, possiamo considerarli come una cosa sola. Comunque consideriamo questi due tipi,

la cosa importante è che teniamo conto di entrambi. Oltre a queste, esistono molte altre

"tipologie orizzontali" che possono rivelarsi molto utili in un sistema IOS completo (l'indicatore

di personalità di Myers-Briggs, l'enneagramma e così via) e l'Approccio Integrale le considera

tutte utili. I "tipi" sono altrettanto importanti dei quadranti, dei livelli, delle linee e degli stati.

Sano e Patologico C'è anche un altro aspetto interessante dei tipi: di ognuno esiste una versione sana e una versione

patologica. Dire che in una persona è presente la versione patologica di un certo tipo non è un

giudizio, ma un modo per comprenderla e per comunicare con lei con maggiore chiarezza ed

efficacia. Se ogni stadio di sviluppo ha un aspetto maschile e uno femminile, entrambi questi

aspetti possono essere sani o malati. È un'altra forma di tipologia orizzontale che può risultare

molto utile.

Il principio maschile sano tende alla forza, all'autonomia, all'indipendenza e alla libertà, ma

quando è presente in forma patologica tutte queste qualità positive sono in eccesso o in difetto.

L'autonomia diventa alienazione; la forza, dominio; l'indipendenza, paura morbosa dei rapporti;

la spinta alla libertà, pulsione distruttiva. Il principio maschile malato non si eleva

attraverso la libertà, ma domina attraverso la paura.

Il principio femminile sano tende ad essere fluido, ad interagire con gli altri, a prendersi

amorevolmente cura di loro ma, se si ammala, assume una forma distorta. Invece di realizzarsi

nei rapporti, si perde in essi; invece di aiutare gli altri, se ne fa dominare. Non connessione, ma

fusione; non fluidità, ma panico; non comunione, ma collasso. Il principio femminile malato

non trova la pienezza nel rapporto, ma il caos nella fusione.

Il sistema IOS ci consente di stabilire quali principi si manifestano in forma sana e quali in

forma patologica, sia dentro di noi che negli altri. I punto principale di questa sezione è molto

semplice: le varie tipologie sono tutte utili per aiutarci a comprendere gli altri e a

comunicare con loro. Ogni tipo ha una versione sana e una patologica. Individuare una

versione patologica non è uno strumento per giudicare gli altri, ma un modo per comunicare

con loro in maniera chiara ed efficace.

C'è anche spazio per molti corpi Ritorniamo agli stati di coscienza per sottolineare un ultimo punto, prima di tirare le somme e

raggiungere una conclusione integrale. Gli stati di coscienza non volteggiano a mezz'aria,

sospesi nel vuoto e disincarnati. Al contrario, ogni tipo di mente ha il suo corpo. Ogni stato di

coscienza ha una componente energetica, una sensazione incarnata, un veicolo materiale

che gli fa da supporto concreto.

Vediamo un semplice esempio preso dalla saggezza tradizionale. Poiché ogni individuo pos-

siede tre stati principali di coscienza (veglia, sogno e sonno profondo) la saggezza tradizionale

afferma che abbiamo anche altri corpi, tre sono chiamati corpo fisico denso, corpo sottile o

eterico e corpo causale o astrale. Tre corpi? Ci state prendendo in giro? Uno non è abbastanza?

Ricordiamoci che, nella saggezza tradizionale, per "corpo" si intende una modalità esperi-

enziale, un campo energetico.

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Abbiamo una modalità di esperienza più rozza e grossolana, una più sottile o raffinata, e una

molto sottile o causale. La filosofia le chiama "realtà fenomeniche", ovvero le realtà che si

presentano alla nostra consapevolezza immediata. In questo preciso momento abbiamo accesso

al corpo fisico denso e alla sua energia densa, al corpo sottile e alla sua energia sottile, e al

corpo causale e alla sua energia causale astrale. Che cosa significa?

Che nello stato di coscienza di veglia in cui ci troviamo adesso siamo consapevoli del corpo

fisico denso: il corpo fisico, materiale, senso-motorio. Ma di notte, quando sogniamo, il corpo

fisico non c'è, è come se fosse scomparso. Quando siamo coscienti nello stato di sogno non

abbiamo un corpo fisico fatto di materia densa, ma un corpo sottile fatto di energia, di emozioni,

di visioni e di immagini fluide. Nello stato di sogno, la mente e l'anima sono libere di creare ciò

che vogliono, di immaginare mondi non legati alle realtà sensoriali grossolane, espandendosi

fino a raggiungere quasi magicamente altre anime, altre persone e luoghi lontanissimi, in un

flusso di libere immagini luminose che seguono il ritmo dei desideri del nostro cuore.

Quale tipo di corpo abbiamo quando sogniamo? Un corpo sottile fatto di emozioni, di immagini,

di luce. Questa è la modalità percettiva dei sogni, che non sono solo "illusioni". La frase di

Martin Luther King: "Ho un sogno", è un bellissimo esempio delle potenzialità di un sogno

visionario, in cui il corpo sottile e la mente sono liberi di elevarsi ai loro massimi livelli.

Poi, passando dallo stato di sogno, con il suo relativo corpo sottile, allo stato di sonno profondo

o stato privo di forma, anche le immagini cessano e rimane un unico, immenso vuoto, una

vastità priva di forma al di là di ogni "io" individuale. Le grandi tradizioni sapienziali dicono

che in questo stato, che potrebbe sembrare una semplice assenza, un nulla, siamo invece immer-

si in un'infinita dimensione priva di forma, la vacuità o base dell'essere. Associato a questa

infinita vastità della coscienza c'è un corpo, o un'energia, altrettanto infinito. Questo corpo è il

veicolo di una modalità sottilissima di esperienza, l'immensità aformale da cui sorgono tutte le

possibilità creative.

Ovviamente, non tutti sperimentano la profondità di questo stato con questa pienezza. Ma le

tradizioni sono unanimi nell'affermare che è possibile entrare in contatto con questo stato

aformale, e con il corrispettivo corpo, in modo pienamente consapevole, per attingere al loro

straordinario potenziale di crescita e di consapevolezza.

Anche qui il punto importante è che qualunque sistema IOS ci consente di operare con le realtà

dello stato di veglia, con le realtà sottili dei sogni, delle visioni e delle idee innovative, e con

l'immenso campo di potenzialità che è la sorgente della creatività.

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Questo aspetto dell'Approccio Integrale è importante perché ci consente di sfruttare tutte le

nostre potenzialità e di non sprecare alcuna opportunità di crescita.

Coscienza e complessità L'esistenza dei tre corpi sembra un'idea troppo "fantasiosa"? Ricordiamoci che parliamo di

realtà fenomeniche, realtà esperienziali, ma c'è anche un modo più semplice e meno fantasioso

di considerarli, un modo più scientifico: ogni livello interiore di coscienza è accompagnato da

un livello esterno di complessità materiale. Più espansa è la coscienza e più complesso è il

sistema che la ospita.

Ad esempio, negli organismi viventi il cervello rettiliano è accompagnato da una coscienza

rudimentale fatta di pulsioni basilari come lo stimolo della fame e la ricerca di cibo, di sensa-

zioni fisiologiche e di attività senso-motorie (tutto ciò che abbiamo chiamato "grossolano" e

che è incentrato sull'"io"). Nel sistema limbico dei mammiferi, più complesso, le pulsioni

basilari si espandono e evolvono includendo sensazioni e desideri più sofisticati, impulsi

emotivo-sessuali e bisogni (è l'inizio di quella che abbiamo chiamato esperienza sottile o corpo

sottile, che si allarga dal "me" al "noi"). Procedendo l'evoluzione verso strutture fisiche sempre

più complesse, come il cervello trino e la neocorteccia, la coscienza si espande alla

consapevolezza mondo-centrica ("tutti noi") iniziando a entrare in contatto con quello che

abbiamo chiamato corpo causale.

L'accrescimento della complessità corrisponde a un accrescimento della coscienza

È un esempio molto semplice del fatto che l'espansione della coscienza interiore è accompa-

gnata da un aumento della complessità del sistema esterno che la ospita. Il sistema IOS ci

consente di osservare i livelli interiori di coscienza assieme ai corrispondenti livelli esterni di

complessità materiale, e l'inclusione di entrambe queste dimensioni consente un approccio più

inclusivo e più equilibrato.

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E in merito alle Coscienze,

ecco quanto afferma la Luce.

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Gli argomenti dei quali ci stiamo interessando fanno un curioso effetto, fanno assumere alle

parole un significato e talvolta tutto l'opposto; perciò voi non dovete adontarvi se io metto alla

prova ciò che avete inteso, invitandovi a riflettere su questo: l'uomo possiede una visione limi-

tata della Realtà, ma esatta nei suoi elementi posseduti, oppure no? E, se aumentassero le

possibilità di percezione dell'uomo, si aggiungerebbero altri elementi precisi, in modo da

formare un tutto omogeneo e più vasto, oppure la nuova visione sarebbe del tutto diversa? A

queste domande risponderete con comodo, perché c'è del tempo.

Dicemmo una volta che l'uomo è «oggetto» e «soggetto» della creazione. Per capire che cosa

intendiamo con questa affermazione, pensiamo un istante a Dio in termini panteistici. La natura,

nel suo complesso, compreso l'uomo, sarebbe l'oggetto della creazione, mentre l'uomo - con la

sua possibilità di conoscenza - costituirebbe il mezzo attraverso al quale la natura prende

coscienza di se stessa. Se Friedrich Schelling avesse pensato a questo, evidentemente non

avrebbe definito la natura come «un pensiero privo di coscienza». Povero Schelling aveva

cominciato così bene, con il suo Assoluto, per naufragare poi miseramente quando si trattò di

spiegare la molteplicità dei mondi rispetto all'unità dell'Assoluto! Allora non seppe trovare

niente di meglio che pensare ad un distacco di questi mondi dall'Assoluto, cioè una specie di

storiella degli angeli caduti in chiave variata.

Dicevo che l'uomo - oggetto della creazione - crea a sua volta; e non già nel senso materiale,

perché allora più proprio sarebbe dire distrugge, demolisce; ma nel senso che ha, del mondo

che percepisce, una personale concezione, una particolare esperienza, e vi assicuro che se

anche le esperienze possono sembrare simili sono tuttavia diverse, uniche ed irripetibili

per ogni individuo.

Questa affermazione potrebbe farci pensare a Dio in termini diversi da quelli che comunemente

abbiamo conosciuti. Certo che fra l'idea teistica - cioè di Dio inteso come un'entità antro-

pomorfa, distinto dalla Sua creazione - e l'idea panteistica, non esiterei a definire più aderente

alla Realtà quest'ultima che non la prima.

Da sempre abbiamo detto che Dio è in tutto e che tutto è in Dio; perciò il concetto panteistico

sembrerebbe avvicinarsi molto al Dio vero; tuttavia, nel momento stesso che affermiamo che

Dio è oltre il mondo, oltre il manifestato ed oltre la totalità del Tutto, riconosciamo al panteismo

solo una piccola parte di verità: Dio è al tempo stesso immanente e trascendente la

manifestazione. Quali rapporti vi sono, in realtà, fra Dio e l'esistenza?

Ancora una volta siamo di fronte ad un concetto che deve essere approfondito. Dalle nostre

affermazioni appare, lapalissianamente, che noi respingiamo il concetto di «creazione», inteso

come l'atto con cui Dio trae dal nulla tutte le cose rimanendo separato dalla sua opera; e perciò

respingiamo anche l'ampiamento di questo concetto operato da Tommaso d'Aquino secondo

cui la vita stessa del creato è un continuo atto creativo.

Dalle nostre affermazioni appare più logico pensare all'emanatismo, cioè credere che la

molteplicità degli esseri derivi, per emanazione, dall'Uno Assoluto, e che per successiva

condensazione si giunga alla materia; tuttavia anche questo concetto non è aderente alla Realtà

se con esso crediamo che Dio rimanga distinto dalla emanazione, se pensiamo alla emanazione

come ad un evento oggettivo. Infatti, ne deriverebbe un Dio non certo atemporale ed in continua

mutazione. È vero che i neoplatonici affermano che la «quiete perfetta di Dio» non viene

minimamente turbata dalla continua emanazione, ma è altresì vero - e voi dovrete convenirne

con me - che questo concetto, così com'è enunciato, può essere accettato dalla logica solo se

pensiamo all'emanato come a qualcosa di distinto da Dio: cosa assurda perché, vedete, noi

non respingiamo tanto il concetto di creazione perché, secondo questo, Dio trarrebbe dal

nulla tutte le cose, quanto perché esso ammette l'assoluta separazione fra Dio ed il creato.

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2015: a proposito del Profeta Daniele

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Di pari respingiamo il concetto di emanazione, se pensiamo che l'emanato abbia una sua

esistenza oggettiva; se ci figuriamo che Dio crei i principi e gli elementi - che potrebbero essere

gli esseri ed i mondi - e che poi questi abbiano un'esistenza indipendente ed indeterminata

rispetto a Dio, spettando agli esseri creare nei mondi una sorta di Repubblica ideale come quella

vagheggiata di Platone.

Ora, è chiaro che, affermando che Dio trascende la totalità del Tutto, ne consegue logicamente

che il mondo umano non ha incidenza nel divino; ma questa affermazione non deve farci

pensare ad una trascendenza di Dio rispetto al manifestato eguale a quella concepita, per

esempio, dall'idea teistica: la non relazione fra la mutabilità dei mondi e l'immutabilità di Dio,

ha un'altra spiegazione, e voi lo sapete.

Infatti abbiamo cercato di farvi capire come il Tutto Uno Assoluto, cioè Dio, ancorché

assurdamente considerato come l'insieme di parti, i mondi, in continua mutazione, in effetti non

muta affatto. Questo perché ciò che noi vediamo mutare, in realtà è immutabile, è un insieme

di situazioni - chiamiamole così - fisse nell'eternità del non tempo; e la mutazione nasce dalla

percezione in successione di queste mutazioni, così come la storia narrata in un libro acquista

vita e svolgimento solo nella mente del lettore ed in funzione di essa. Da ciò si comprende come

creazione o emanazione o non è mai avvenuta o è sempre stata; cioè è un evento che si coglie

nel gioco illusorio della percezione soggettiva e perciò non incide sulla oggettività di Dio.

Questa è la vera ragione per cui creazione o emanazione non tocca la Realtà di Dio.

Ora la verità di questa affermazione, per chi non abbia possibilità di verifica, può essere confor-

tata dalla convergenza di conclusioni derivanti da altre considerazioni: per esempio, possiamo

pensare che Dio tragga dalla manifestazione un utile, nel senso che essa sia necessaria a Dio?

Invero, non essendo un evento oggettivo, nulla porta a Dio né Dio muta in conseguenza dell'-

apparente svolgersi dei mondi. Perciò, siccome creazione o emanazione non tocca la Realtà di

Dio, ne consegue logicamente che non può esservi un perché della manifestazione a livello di

Dio. D'altra parte, se è vero che il divenire dei mondi, non essendo un evento oggettivo, non

tocca la Realtà di Dio - nell'ambito di ciò che appare ma non è realmente - questo non vuoi dire

che il divenire non abbia un fine, cioè che sia privo di significato per gli esseri che vivono

questo divenire.

V'è dunque una duplice valutazione della manifestazione: l'una sul piano soggettivo, ed è che

la vita dei mondi da cui traggono esistenza gli esseri conduce gli esseri a Dio; l'altra sul piano

oggettivo, ed è che su questo piano la manifestazione non rileva nulla né porta né trae a Dio.

Solo in questo senso, perciò, possiamo accettare l'affermazione dei neoplatonici circa la «quiete

perfetta di Dio».

Sul piano assoluto, oggettivo, non esiste né creazione, né emanazione, né manifestazione,

né esseri, né mondi. Esiste solo Dio, ed è quindi assurdo cercare il perché della manife-

stazione sul piano assoluto.

Guardate, gli stessi orientali, che però hanno intuito molto della Realtà oggettiva, hanno com-

messo l'errore di voler cercare un perché della manifestazione. Non si deve credere, infatti, che

l'irrazionalità sia patrimonio delle teologie occidentali. A parte il fatto che queste nulla dicono

in proposito, voi dovrete convenire con me che l'opinione degli orientali al riguardo è alquanto

amena, o sono alquanto amene perché ve ne sono più di una, tanto che forse meglio sarebbe

stato il silenzio.

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C'è infatti chi dice che la manifestazione null'altro sarebbe se non «un sogno di Dio», e qua mi

rendo conto perfettamente che essendo voi consapevoli del fatto che i sogni non sono volontari,

solo per questo siete trattenuti dal bestemmiare. Altri dicono, non per spiegare un concetto ma

per dire che realmente è così, che la manifestazione è «un pensiero di Dio», e forse più proprio

sarebbe dire «è un pensiero per l'uomo», è vero?

Ma c'è di peggio: c'è chi afferma che tutto avviene per divertire Dio, e che noi altro non sarem-

mo che dei burattini nelle mani di questo bambino che sarebbe Dio. C'è chi dice che Dio è

ammalato di solitudine e che allora emana un cosmo dopo l'altro. Poi c'è chi dice che Dio è

«amore» e che quindi ha bisogno di crearsi degli oggetti da amare. Insomma, anche tralasciando

questo comportamento così infantile di Dio, voi dovete convenire con me che la manifestazione

non può essere conseguenza di un atto di volontà di Dio, anzi non può essere conseguenza di

alcunché. Ed è chiara la ragione: la vita di Dio è eterna, cioè senza tempo: non è uno

scorrere, così non può esservi un momento in cui Dio crei o emani qualcosa, o in cui in Lui

si sia determinata la ragione che ha dato origine al Tutto.

Se così fosse, vi sarebbe un preciso punto di riferimento in Dio, che sarebbe giusto l'inizio della

manifestazione. Allora vi sarebbe un Dio privo di manifestazione ed un Dio completo di

manifestazione, cioè la manifestazione sarebbe in Realtà oggettiva, cosa che non è. Ma se anche

lo fosse dovrebbe avere la stessa natura di Dio, per esempio essere atemporale, ossia non avere

inizio, né svolgimento, né fine, cioè non avere variazione nei confronti di Dio, proprio come

sempre vi abbiamo detto.

L'unica cosa che c'è da dire - sottolineo: non che possiamo dire, ma che c'è da dire - è che tutto

è per la natura di Dio, cioè che Dio stesso, in Sé, è la causa del Tutto, e come non c'è una ragione

all'esistenza di Dio, così se ammettiamo che la manifestazione non incida su Dio - e non può

essere diversamente altrimenti si tratterebbe di un Dio mutabile - ne consegue che non può

esservi un perché della manifestazione a livello di Dio. Così come, quando durante la notte

sparisce la luce del sole, ciò non dipende dal sole.

Sul piano relativo, tutto quanto esiste - possiamo chiamarlo creato, emanato, manifestato o

come volete - non esiste per un atto di volontà di Dio, che Dio non ha atti di volontà: esiste

unicamente in dipendenza della natura di Dio.

Sul piano assoluto - ripeto - non possiamo parlare né di creazione, né di emanazione, né di

manifestazione, né di esseri, né di mondi. Esiste solo Dio. E non dobbiamo confondere ciò che

gli uomini hanno intuito di Lui e che hanno cercato di appellare in qualche modo con Lui.

Superamento della condizione umana Da sempre vi diciamo che il mondo che percepite è l'apparenza di una parte della Realtà unica-

totale. Poiché solo questa ultima è oggettiva, in quanto solo quest'ultima è assoluta, possiamo

definire la vostra percezione soggettiva, illusoria.

La percezione è un processo che implica l'attività della mente e dei sensi, perciò a questi si fa

risalire l'illusione. I sensi, cioè, traggono in inganno, e non da meno è la mente con il suo indurre

a considerare costanti i rapporti fra gli eventi osservati. La mente, pur secondando il giuoco dei

sensi, ha tuttavia la capacità di svincolarsi da esso; se questo è possibile, può l'uomo conoscere

realtà che i suoi sensi non riuscirebbero mai a comunicargli? Siamo, ancora, di fronte al pro-

blema della conoscenza intesa come attività della mente che fa apprendere e ritenere immagini

di fatti; qualcuno direbbe: di realtà. Problema del quale ci siamo già interessati. Certo non

possiamo passare in rassegna le varie opinioni circa la possibilità dell'uomo di conoscere la

Realtà, tutte consideranti l'uomo quale è, cioè senza vederlo come il risultato di qualcosa, senza

pensarlo come suscettibile di trasformazione.

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Possiamo essere d'accordo che la conoscenza è

a priori, e cioè per conoscenza innata, e qua potremmo aprire un capitolo su questo tema;

a posteriori, per esperienze consumate, intuitiva, cioè immediata, razionale, o logica, o

conseguenza di altre conoscenze.

Siccome è sempre un soggetto che conosce, e siccome ciò che si apprende o si ritiene è sempre

una immagine della Realtà, la conoscenza è sempre soggettiva.

Giova qui ricordare che la Realtà ipotizzata dall'uomo sulla scorta delle sue percezioni, al di là

dei suoi personali soggettivismi, non ha alcun punto di contatto con la Realtà Unica Totale.

Infatti, non si deve credere che la visione-concezione che l'uomo ha della Realtà sia incompleta

ma esatta nei suoi elementi posseduti, e che crescendo le possibilità di percezione si accrescano

nuovi elementi validi a quelli esatti già in possesso. Sarebbe così se la Realtà relativa fosse

oggettiva, ma dicemmo che è oggettiva solo la Realtà assoluta; perciò, aumentando le possi-

bilità di percezione dell'uomo, la nuova visione-concezione che egli avrebbe della Realtà

sarebbe radicalmente diversa.

Il concetto di spazio che l'uomo ha, è quello che è in funzione delle umane possibilità di

percezione; aumentando queste, cambierebbe il concetto che l'umano ha dello spazio, forse

addirittura sparirebbe del tutto. Allora, le risposte alle domande-trappola avevano bisogno di

certe precisazioni: innanzi tutto che cosa si intendeva con visione: o «visione-concezione», ed

allora ho già risposto: ad ogni nuova possibilità di percezione muta radicalmente il concetto di

Realtà; oppure «visione-percezione», ed allora era necessaria ancora una precisazione e cioè:

le nuove possibilità di percezione erano dovute ad un aumento del numero dei sensi, ed allora

in quel caso si aggiungevano nuovi elementi che andavano ad arricchire la visione che l'uomo

ha delle Realtà, da una visione bidimensionale, per esempio, ad una tridimensionale, da una

visione incolore ad una visione colorata; oppure, queste nuove possibilità di percezione aumen-

tavano perché, fermo restando il numero dei sensi, variava la portata, la gamma dei sensi? Ed

allora, in questo senso, la visione-percezione muterebbe radicalmente: per esempio la vista che

arriva a vedere a livello molecolare o atomico la materia.

Vedete, i sensi sono delle finestre aperte. Ma dobbiamo anche vedere il lato opposto, cioè che

sono limitativi. Qualcuno li ha definiti giustamente come una rete da pesca con delle maglie

larghissime, che trattiene solo i pesci grossi e lascia sfuggire i piccoli e tutto il resto. In effetti

è così. Dunque, quello che c'è da capire sostanzialmente è che per limitazione - possiamo dirlo

- percettiva, l'ente percipiente coglie l'apparenza di una parte infinitesimale della Realtà Unica

Totale - parte in se stessa inesistente — e la trasforma in se medesimo nel mondo della sua

percezione, in realtà parziali, ossia relative, ossia soggettive.

I punti di contatto delle varie realtà soggettive, che gli enti percipienti hanno, non derivano

dall'esistenza oggettiva di quegli elementi comuni, ma se mai costituiscono il «soggettivo

universale», per dirla con Kant. Il mondo che l'uomo conosce è una costruzione della sua

percezione, una creatura della sua soggettività.

Allora, può l'uomo conoscere realtà che stanno al di là delle sue possibilità di percezione? Dei

quattro tipi di conoscenza che abbiamo indicati, è chiaro che solo due possono farci sperare che

lo sforzo dell'uomo di conoscere realtà a lui ignote, e come vertice massimo conoscere Dio, non

siano inutili. Potrebbe essere obiettato che la Realtà assoluta - cioè Dio - può esulare dalla logica

umana e quindi può essere da questa irraggiungibile.

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La logica, definita «scienza del ragionare», è in effetti un tipo di programmazione della mente.

Noi ragioniamo in un certo modo perché siamo programmati - più giusto sarebbe dire

condizionati - dalla nostra abitudine ad usare certi postulati, a servirci di certe convenzioni, a

considerare costanti certi rapporti; ma ciò non esclude che noi possiamo ragionare diver-

samente, semplicemente cambiando tipo di logica.

La mente ha questa possibilità, la possibilità di superare la sua contingente impostazione e fun-

zionare negli schemi di una logica diversa. Tuttavia, anche il tipo di conoscenza che noi abbia-

mo chiamato logica, o deduttiva o razionale, può dare solo una immagine della realtà e,

chiaramente, l'immagine non è la realtà. Per cui solo la conoscenza intuitiva - che invece mette

in contatto non mediato il soggetto con l'oggetto - sembrerebbe l'unica a darci la suprema

sapienza o la suprema conoscenza.

C'è però da vedere un fatto importantissimo, e cioè che Dio è sentire assoluto, e conoscere Dio

nel vero senso significa comprendere Dio; significa sentire nei termini in cui sente Dio, significa

essere Dio; per cui l'uomo, come tale, non può conoscere Dio. Questa affermazione, che sembra

lasciare così poche speranze, non tiene tuttavia conto di tutta la questione. Non tiene conto che

l'uomo non è immutabile. Quando affermiamo, come spesso abbiamo fatto, che si giunge a

quella comprensione che è «sentire» ed «essere» attraverso al porre attenzione e poi a rendersi

consapevoli, noi implicitamente ammettiamo che l'uomo superi se stesso e raggiunga un nuovo

«sentire», un nuovo «essere».

La possibilità che l'uomo superi in prospettiva la sua condizione umana non rende vani i suoi

sforzi di conoscere la realtà ignota che è al di là delle sue attuali possibilità di percezione; anzi,

gli stimoli che provengono dalla vita nei piani grossolani non sono che il mezzo per mettere in

moto quel processo che, catturando l'attenzione dell'uomo, attraverso alla sua consapevolezza,

lo conduce ad una nuova coscienza, a quel nuovo sentire. Vi ricordo che con «coscienza» noi

intendiamo qualcosa di diverso da «consapevolezza»: infatti diciamo che l'uomo è consapevole

quando è conscio delle sue azioni, dei suoi pensieri, delle sue emozioni, delle sue sensazioni;

mentre per coscienza intendiamo quel sentire che spinge l'uomo a vivere al di là di se stesso.

Le sensazioni, le emozioni, i pensieri quindi non sono «sentire», sono percezioni, sono

attività dei veicoli grossolani dell'uomo. Il sentire trascende tutto questo. Nella vita

dell'uomo, allora, il sentire è appena accennato. Tutta l'attività che l'uomo svolge è

improntata dall'io personale ed egoistico; e nei rari momenti in cui l'io tace, il sentire si

manifesta.

Tuttavia proprio dall'attività che l'uomo svolge, spinto dal suo io, l'uomo supererà il suo

egoismo, sempre attraverso al processo: attenzione, consapevolezza, coscienza.

Se volessi indicare con una formula il processo di acquisizione di un nuovo sentire nella fase

di evoluzione umana, dovrei dire: Sn = Sc x P dove Sn è il nuovo «sentire», Sc il «sentire»

conseguito, e P la percezione. Allora il nuovo «sentire» nasce dal «sentire conseguito» e dalla

percezione dei piani grossolani. Che cos'è, allora, la percezione, secondo questa formula?

Facilissimo: P = Sn/Sc. Cioè la percezione nasce dal rapporto fra il nuovo «sentire» ed il «sentire

conseguito».

Una obiezione come questa: come può esistere un rapporto fra una cosa conseguita ed una non

ancora esistente?, è facilmente superabile tenendo presente che tutto esiste già: il nuovo

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2015: a proposito del Profeta Daniele

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sentire, non ancora conseguito nel tempo, è tuttavia esistente, perciò può esservi un

rapporto, al di là della sequenza temporale, fra questi due sentire.

Voi sapete che si perviene alla realtà cosmica, alla coscienza cosmica - che è pur sempre una

realtà relativa e perciò soggettiva - in due fasi: nella prima fase il centro di coscienza e di

espressione, cioè l'uomo, apprende attraverso alla percezione e, convenzionalmente, possiamo

dire si muove dal basso verso l'alto; nella seconda fase l'individuo, non più uomo, attraverso

alla comunione con gli altri individui, cioè dall'alto verso il basso, raggiunge la totale realtà

cosmica. In questa seconda fase l'individuo non ha più percezione, cioè non coglie più

l'apparenza di una parte della Realtà unica-totale, ma è cosciente di essere egli stesso una

parte di questa Realtà.

Aggiungo e sottolineo - invitandovi a meditare - parte in se stessa oggettivamente inesistente.

Questa seconda fase corrisponde a quella posizione che consente di cogliere la realtà cosmica

che sta al di là dell'apparenza colta dall'uomo. Ebbene, in questa posizione l'individuo constata

come dal rapporto di due sentire semplici che appartengono a quella serie di sentire chiamata

individualità, nasce la percezione dell'uomo, e con la percezione tutti i mondi che la percezione

costruisce.

Concludo: solo un sentire cioè un essere assoluto può comprendere Dio nel vero senso, perché

Dio è la Realtà assoluta. L'uomo, creatura della soggettività, non può comprendere l'og-

gettivo per eccellenza. L'uomo che esiste solo nell'illusione della separatività non può

comprendere la Realtà del Tutto-Uno.

Allora, è egli forse destinato a perdersi perpetuamente negli amari labirinti dell'illusione?

Sarebbe beffardo quel Dio che, originando un essere, gli consentisse di conoscere tutta

l'illusione ma non la Realtà, gli precludesse, in qualche modo, la più alta di tutte le conoscenze,

gli negasse la conoscenza di Sé. E la ragione che impedirebbe ad un simile Dio di fare agli

esseri che da Lui traggono esistenza quel dono che, invece, le Sue creature talvolta riescono a

fare - il dono di se stessi - sarebbe la Sua volontà di supremazia, o la Sua incapacità creativa?

Fratelli, se Dio fosse irraggiungibile sarebbe, di fatto, avulso, staccato, diviso dalla manife-

stazione, e ciò non può essere, come abbiamo creduto di spiegare anche ultimamente. Allora?

Siamo di fronte a due affermazioni contrastanti e pur vere entrambe: che l'uomo, come tale, non

può conoscere Dio; che Dio deve essere raggiungibile.

Una sola soluzione le concilia: che ogni essere limitato, ogni creatura della separatività e

dell'illusione, superando i propri limiti e quindi il proprio momentaneo essere, sia destinata

a riconoscersi nell'Unico Essere, nell'Unica Realtà.