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CeSPI CentroStudidiPoliticaInternazionale Working Papers 33/2007 Proposte per uno strategy paper della cooperazione italiana su migrazioni e sviluppo a cura di Andrea Stocchiero Febbraio 2007 Via d’Aracoeli, 11 – 00186 Roma (Italia) – Tel. +39066990630 – Fax +3906 6784104 – e-mail: [email protected] - web: www.cespi.it

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CeSPI CentroStudidiPoliticaInternazionale

Working Papers

33/2007

Proposte per uno strategy paper della cooperazione italiana su migrazioni e sviluppo a cura di Andrea Stocchiero

Febbraio 2007

Via d’Aracoeli, 11 – 00186 Roma (Italia) – Tel. +39066990630 – Fax +3906 6784104 – e-mail: [email protected] - web: www.cespi.it

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Il testo si è via via arricchito delle critiche e dei contributi di migranti, operatori e studiosi della cooperazione, raccolti durante i seminari tenutisi da Aprile a Settembre 2006 in diverse località italiane, grazie all’ospitalità di Regioni, Enti locali e organizzazioni del mondo economico e sociale. Un particolare ringraziamento per i numerosi e importanti contributi va a Giovanni Rinaldi, Pietro Pinto, Gianguido Palumbo e al collega Sebastiano Ceschi.

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INDICE 1. Antecedenti e quadro di riferimento ................................................................................................5 2. Aspetti di fondo della relazione migrazioni e sviluppo ...................................................................6

2.1 Un rapporto complesso ..............................................................................................................6 2.2 Per un cambio di paradigma e una politica della mobilità aperta ..............................................7 2.3 Verso un’ottica transnazionale che permei e renda coerente le politiche di co-sviluppo ..........8 2.4 Considerando una equa distribuzione dei costi e dei benefici tra i paesi e i gruppi sociali .......9 2.5 Orientamenti per promuovere il co-sviluppo.............................................................................9

3. Migrazioni e sviluppo in Italia .......................................................................................................11 3.1 Principali elementi dell’immigrazione in Italia dal punto di vista del co-sviluppo.................11 3.2 Il ruolo innovatore ma limitato della cooperazione decentrata e la necessità di una politica di co-sviluppo nazionale inserita nel quadro Europeo .......................................................................13

4. Obiettivo e approcci della componente migrazioni e sviluppo nella politica della Cooperazione italiana................................................................................................................................................14

4.1 La coerenza, la trasversalità e il coordinamento per una politica sull’immigrazione development friendly ......................................................................................................................15 4.2 Offrire un Piano di Azione.......................................................................................................17

Documenti di riferimento...................................................................................................................21

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1. ANTECEDENTI E QUADRO DI RIFERIMENTO

Negli ultimi anni l’attenzione politica internazionale sul tema migrazioni e sviluppo è cresciuta notevolmente portando alla costituzione, in seno alle Nazioni Unite, prima della Commissione Globale sulle Migrazioni Internazionali e poi del Forum Globale su Migrazioni e Sviluppo1. A livello europeo il Consiglio di Tampere del 1999 ha lanciato un nuovo approccio comprensivo e integrato, che a fine 2005 è stato ribadito e rilanciato con l”approccio globale sulla migrazione” e in seguito rafforzato nel quadro del dialogo Euro-Africano2. Sia la Commissione europea che alcuni singoli Stati membri si sono dotati di linee guida e strategie che cercano di definire spazi di coerenza tra le politiche dell’immigrazione e di asilo, dell’integrazione, del lavoro e di cooperazione allo sviluppo. La Cooperazione italiana ha anch’essa cominciato a investigare ed operare su migrazioni e sviluppo. Si ricordano ad esempio progetti come Integrated Migration Information System (IMIS) in Egitto, il sostegno al programma Migration for Development in Africa (Mida) dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM) in Etiopia, Ghana e ora anche Senegal. Ma è soprattutto a livello decentrato che si sono rilevate diverse esperienze di migranti e loro associazioni, in collaborazione con Organizzazioni Non Governative (ONG), e sostenute da Autonomie locali. Si possono contare oramai circa un centinaio di iniziative. Come avviene in diversi casi gli attori del territorio sperimentano pratiche innovative e anticipano il livello centrale nazionale, essendo più vicini, dinamici, flessibili, e vivendo direttamente i bisogni e le opportunità che, reciprocamente, i migranti, le società ed economie locali manifestano. La programmazione della politica esterna dell’UE per il periodo 2007-2013 prevede una linea tematica ad hoc di cooperazione con i paesi terzi nelle aree delle migrazioni e dell’asilo in continuità con il programma Aeneas. Questa linea integrerà e complementerà le attività sulle migrazioni che saranno definite principalmente negli strumenti geografici di cooperazione (nello strumento della politica di vicinato e nello strumento di cooperazione economica ed internazionale). Le priorità di azione riguarderanno: la promozione dei legami tra migrazioni e sviluppo, il miglioramento della gestione della migrazione per motivi di lavoro, il contrasto all’immigrazione illegale a la facilitazione della riammissione degli immigrati illegali, la protezione dei migranti contro lo sfruttamento e l’esclusione, la promozione dell’asilo e della protezione internazionale, comprendendo i programmi di protezione regionali. Nel quadro internazionale ed europeo è tempo quindi che anche la Cooperazione italiana si doti di una strategia su migrazioni e sviluppo in partnership con i paesi di origine e di transito. Una strategia che possa contrastare la deriva securitaria che rischia di minare i rapporti Nord-Sud, con particolare riguardi alle relazioni euro-africane3, e di perpetuare, anziché ridurre, i differenziali di reddito e di sviluppo sociale.

1 Il Segretario generale delle Nazioni Unite nel rapporto su Migrazioni e Sviluppo presentato il 18 Maggio 2006 sottolinea che le migrazioni internazionali, regolate da politiche adeguate, possono portare beneficio sia ai paesi di origine che di destinazione e propone la creazione di un Forum permanente per la condivisione di idee ed esperienze. Il Forum è stato adottato durante l’High-level Dialogue dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si è tenuto il 15 e 16 Settembre 2006. A sua volta la Commissione Globale sulle migrazioni internazionali aveva proposto nell’ottobre del 2005 la creazione di una Inter-agency Global Migration Facility che avrebbe dovuto avere uno scopo più ambizioso del Forum, quello di definire un approccio coerente ed integrato su migrazioni e sviluppo. 2 Comunicazione su “The global approach to migration one year on” http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/en/com/2006/com2006_0735en01pdf e Dichiarazione di Tripoli, http://www.eu2006.fi/news_and_documents/other_documents/vko47/en_GB/1164354155373/ 3 Si veda il policy paper CeSPI/Sid “Migrazioni e sviluppo in Africa. Due agende politiche da riconciliare”, 2006, http://www.sidint.org/migration/html/publications.html.

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E’ necessario chiarire che il documento si concentra in particolare sulle migrazioni per motivi di lavoro e sul ruolo che i migranti possono giocare nella politica di aiuto pubblico allo sviluppo finalizzata alla riduzione della povertà, pur richiamando le indispensabili connessioni con altre categorie di migrazioni e con le diverse sfere politiche interagenti, in primis la politica sull’immigrazione.

2. ASPETTI DI FONDO DELLA RELAZIONE MIGRAZIONI E SVILUPPO

2.1 Un rapporto complesso La relazione tra migrazioni e sviluppo è storicamente situata. Essa deve quindi essere considerata nell’attuale quadro della globalizzazione, dei suoi effetti sui differenziali di sviluppo tra i paesi e sulle opportunità di mobilità delle persone4, delle dinamiche demografiche e politiche. Nell’ambito del sempre più vasto filone di studi sulle relazioni e interdipendenze tra migrazioni e sviluppo si sono più volte sottolineati i diversi modi in cui questi due termini risultano connessi, sia assumendo lo sviluppo dei contesti di emigrazione e quello dei contesti di destinazione come fattore causale nella determinazione dei flussi, sia considerando come le migrazioni a loro volta incidano sul grado e i modi dello sviluppo dei poli di partenza e di arrivo. Quest’ultima declinazione del binomio migrazioni-sviluppo, che è quella su cui ci concentreremo, si focalizza sulla funzione attiva delle migrazioni transnazionali nella costruzione/mobilitazione di risorse materiali e immateriali (il “capitale” sociale, economico e umano) che rendono il migrante una figura dotata di nuove capacità di azione e di collegamento tra diversi territori, attraverso il sostentamento a distanza del nucleo famigliare, l’invio di risorse finanziarie e di beni materiali, la mobilità fisica, sociale e imprenditoriale, l’attivazione di relazioni multiple e plurisituate, l’attività politica e culturale. E però non si può assumere a priori che le migrazioni producano effetti positivi per lo sviluppo dei paesi di origine, e in particolare per la riduzione della povertà. Le migrazioni possono favorire o meno lo sviluppo a seconda dei comportamenti dei migranti, delle istituzioni e delle condizioni dei contesti. Nei paesi di partenza dei flussi è possibile osservare sia casi di impatto positivo per lo sviluppo locale, sia casi di accrescimento delle forme di dipendenza e di aumento delle disuguaglianze economiche e sociali tra la popolazione, con conseguente perpetuazione dei flussi di emigrazione. Anche il rapporto tra sviluppo e flussi migratori non è univoco. Diverse evidenze empiriche sostengono la tesi del migration hump, secondo la quale lo sviluppo (nelle sue fasi iniziali) non riduce ma piuttosto favorisce una crescita dei flussi migratori. E’ solo nel lungo periodo e quando i differenziali di sviluppo si riducono significativamente che i flussi decrescono. La relazione tra migrazioni e sviluppo è, pertanto, piuttosto complessa e dipende da molteplici fattori che occorre investigare caso per caso: la natura delle migrazioni5, i contesti e le modalità di incorporazione (a livello internazionale, nazionale e locale), le politiche vigenti nei contesti di partenza e di destinazione, le pratiche concrete dei diversi attori coinvolti. Di conseguenza le politiche su migrazioni e sviluppo non possono costituire l’aspetto unico e fondamentale delle politiche d’aiuto allo sviluppo, ma una loro componente da definire con

4 La Commissione Globale sulle migrazioni internazionali ricorda che attualmente i migranti sono oltre 200 milioni, un numero equivalente a quello di un grande paese come il Brasile, e circa il doppio del numero stimato nel 1980. 5 Sono diverse le variabili da prendere in considerazione: il genere, le aree di provenienza, il ceto sociale, la religione, il progetto migratorio, e altre. L’impatto delle migrazioni sullo sviluppo è differente a seconda della diversa combinazione di queste variabili.

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attenzione, caso per caso, in interazione con le politiche commerciali e finanziarie internazionali, con le politiche di sviluppo a livello nazionale e locale, con le dinamiche del mercato. Il migrante non è né uno strumento programmato per processi di sviluppo, né un agente che lavora necessariamente in direzione del miglioramento dei contesti di provenienza, ma è un attore che può incidere in diversi modi sulle realtà nelle quali agisce (i contesti locali di destino ed origine, così come di transito) e con diversi gradi efficacia e consapevolezza. 2.2 Per un cambio di paradigma e una politica della mobilità aperta Di conseguenza una efficace governance per lo sviluppo “qui” e “là”, deve ripensare i propri obiettivi e paradigmi di azione e di riflessione, anche grazie e attraverso l’approfondimento della conoscenza e del riconoscimento del ruolo dei migranti per lo sviluppo. Occorre, infatti, passare dall’assunzione di sostenere lo sviluppo nei paesi di origine per ridurre i flussi migratori (più sviluppo per meno migrazioni) alla valorizzazione dei migranti per lo sviluppo dei paesi di origine così come contestualmente dei paesi di destinazione (una migliore gestione delle migrazioni per più sviluppo6). Questo significa che la politica di cooperazione allo sviluppo (e quella sull’immigrazione e integrazione) dovrebbe consentire e promuovere l’accesso dei migranti al dialogo sulla programmazione e sulle azioni da realizzare. Questo accesso dovrebbe peraltro essere garantito nel momento in cui la politica di cooperazione fa proprio il principio dello sviluppo partecipativo. Il riconoscimento del ruolo dei migranti per lo sviluppo implica una politica della mobilità aperta ancorché selettiva e misurata sulle capacità di assorbimento7. Le preoccupazioni sulla sicurezza e sul controllo dei flussi non possono prevalere, anche perché occorre essere consapevoli che le infiltrazioni di forme più o meno organizzate di criminalità sono strettamente correlate al peso delle forme di ingresso irregolari e all’utilizzo della forza lavoro immigrata nell’economia sommersa. E’ necessario un approccio bilanciato. La politica italiana delle quote d’ingresso va commisurata tanto ai bisogni del mercato del lavoro quanto ai rapporti di politica estera con i paesi di origine e ai loro problemi di sviluppo, con particolare riferimento alla questione del brain drain, e non solo agli accordi di rimpatrio. Particolare attenzione dovrebbe essere infatti dedicata alla regolazione del reclutamento o comunque al suo impatto sullo sviluppo dei paesi di origine e alle misure possibili per contrastarne gli effetti negativi. Sostenere i legami potenzialmente positivi tra migrazioni e sviluppo significa prestare un’attenzione prioritaria ai problemi dell’integrazione, così come al possibile circolo virtuoso che si può creare tra integrazione e apporto allo sviluppo dei paesi di origine, consapevoli tuttavia delle diverse variabili in gioco che ne possono indebolire l’impatto (come ad esempio nel caso delle seconde generazioni). Di grande importanza è il riconoscimento dei diritti dei lavoratori migranti (si veda la ratifica della Convenzione n. 143 delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti lavoratori) e più in generale dei diritti di cittadinanza, con particolare riferimento alle questioni di genere. Unito a questo vi è la questione del riconoscimento delle competenze e dei titoli di studio senza il quale non è possibile 6 Si veda a questo proposito la special issue del bollettino CeSPI MigraCtion Europa di Ferruccio Pastore “More development for less migration” or “better migration for more development”? Shifting priorities in the European debate”, http://www.cespi.it/bollMigraction/MigSpecial3.PDF. La tesi del cambio di paradigma è stata quindi ripresa in un seminario organizzato dal International Centre for Migration Policy Development (ICMPD) nel 2005 e citata nella Comunicazione della Commissione europea sul programma tematico per la cooperazione con i paesi terzi nelle aree delle migrazioni e asilo. 7 Si è consapevoli che il concetto di capacità di assorbimento risulta ambiguo e vago nel momento in cui esso può comprendere sia fattori oggettivi, come le necessità quantitative e qualitative di forza lavoro espressa dai settori economici, la disponibilità di alloggi e servizi sociali, sia fattori soggettivi e politici, come la percezione dell’opinione pubblica e dei media del timore dell’invasione e della perdita di identità. D’altra parte uno dei punti di forza dei contesti locali è dovuto proprio alla loro capacità di misurarsi con i bisogni e le disponibilità concrete dei propri territori, elemento che consente una significativa riduzione dei fattori soggettivi e di inserirli in forma meno ideologica nella valutazione del rapporto costi/benefici del fenomeno migratorio.

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evitare i fenomeni di brain e skill waste, come pure flussi immigratori selezionati al ribasso rispetto ad altri Paesi (come gli ex coloniali) maggiormente disposti a riconoscere titoli extraeuropei. Il problema si pone anche per i nostri settori economici che sempre più hanno bisogno di un’immigrazione qualificata (operai specializzati e tecnici, infermieri, etc.).

2.3 Verso un’ottica transnazionale che permei e renda coerente le politiche di co-sviluppo Il legame tra integrazione dei migranti e sviluppo così come il riconoscimento dei diritti va oltre la prospettiva nazionale fondandosi in un’ottica transnazionale e in una declinazione della cittadinanza in senso cosmopolita. Il riconoscimento dei diritti dei migranti si lega a quello dei diritti dell’uomo a livello globale. Il contributo che i migranti possono apportare per lo sviluppo, la libertà e la democrazia, la riduzione della povertà è strettamente legato al loro transnazionalismo positivo: alla loro capacità di creare legami, di fare circolare idee, beni e servizi, denaro, di creare contaminazioni culturali, sociali ed economiche, di promuovere società aperte. E a sua volta il transnazionalismo si nutre del riconoscimento dei diritti e di politiche attive di cittadinanza nei diversi contesti locali e nazionali, nei quali vivono contemporaneamente i migranti, le loro famiglie e le loro comunità. Il transnazionalismo ha radici nell’integrazione (o meglio convivenza8) locale e trans-locale e viceversa. Un’ottica fondata sulla mobilità e il transnazionalismo impone che le politiche su migrazioni e sviluppo non possano essere appiattite solo sulle opportunità del ritorno, quanto piuttosto sulla libertà di scegliere tra stabilità nei nuovi paesi di lavoro e residenza, circolarità9, ritorno, e su una convivenza aperta allo sviluppo trans-locale. I migranti possono dare un maggiore contributo allo sviluppo del paese di origine stabilendosi positivamente nel paese di destino piuttosto che attraverso programmi di migrazione temporanea o programmi di ritorno. D’altra parte la recente diffusione dei programmi di reclutamento temporaneo richiede un’analisi delle opportunità di costruirli prestando maggiore attenzione alle possibilità di accrescere il loro impatto per lo sviluppo dei paesi di origine. Essi possono presentare elementi di interesse rispetto alla capacità di connettere i territori e aumentare il capitale umano. Il riconoscimento della mobilità richiede una politica dei visti adeguata e, eventualmente, la possibilità di accedere alla doppia nazionalità. La transnazionalità e multidimensionalità della relazione tra migrazioni e sviluppo esige una forte trasversalità e coerenza tra le politiche e quindi tra le amministrazioni10 e i loro settori. L’importanza dei dialoghi interministeriali per garantire la coerenza delle politiche è da promuovere su scala nazionale ed europea.

- a causa dei fallimenti e della miopia delle politiche di restrizione alla circolazione;

- per ragionare sulla gestione delle domande di asilo e sulle politiche dei visti (visti a entrate multiple, per categorie di migranti, …);

- per promuovere politiche d’integrazione, di accompagnamento e formazione dei migranti mirate a sostenere il loro ruolo per lo sviluppo dei paesi di origine e di quello di arrivo.

8 Il concetto di integrazione implica un mondo costituito da Stati e Nazioni, supposti omogenei, ai quali gli stranieri accedono. La visione cosmopolita e transnazionale supera l’impostazione nazionalistica disegnando un mondo dove nessuno è straniero ma cittadino di un unico “paese”, dove si stabiliscono diritti e doveri condivisi, e politiche di convivenza. Al concetto di transnazionalismo corrisponde quello di transculturalismo che non concepisce le culture come delle “scatole chiuse” ma aperte e in continua interazione e modificazione. 9 Lo stimolo al “pendolarismo” e alla circolarità tra paese d’origine e di destinazione deve considerare che i migranti hanno bisogno di stabilità, a tutti i livelli legali e reali , nella maggior parte dei casi si tratta di gente giovane che si sposa, inizia carriere, dà l’impronta alla propria vita. 10 Il governo olandese ha definito una politica estera integrata che incorpora la cooperazione allo sviluppo, la politica sui diritti umani e la politica sull’immigrazione.

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2.4 Considerando una equa distribuzione dei costi e dei benefici tra i paesi e i gruppi sociali Al di là dell’ottica transnazionalista e dell’ipotesi cosmopolita, la visione nazionale continua ad essere predominante. Si pone quindi il problema della valutazione della distribuzione dei costi e dei benefici delle migrazioni tra i paesi di origine, di transito e di destino. In questa distribuzione, occorre riconoscere che i costi più rilevanti sono pagati dai paesi più poveri e piccoli a causa del brain e skill drain. Per fare crescere una maggiore consapevolezza della distribuzione ineguali dei benefici e dei costi delle migrazioni è necessaria una più forte partnership tra governi e società civili del nord e del sud. La condivisione di una visione per quanto più possibile comune può condurre alla formulazione di politiche più eque fondate sulla salvaguardia dei diritti umani e dei migranti, e sul co-sviluppo. Il problema della distribuzione dei costi e dei benefici si pone anche a livello locale e non solo nazionale, così come tra i diversi gruppi sociali. A tale proposito vi è la necessità di rompere con una visione eccessivamente dicotomica tra élite e persone non altamente qualificate, per favorire una maggiore mobilità sociale dei migranti, qui e là, la formazione di capacità di auto-organizzazione e di auto-rappresentazione dei migranti, la strutturazione delle reti. Una attenzione specifica dovrebbe essere dedicata al ruolo della donna, sia migrante che legata al marito migrante, con particolare riferimento alla sua crescente responsabilità per il benessere della famiglia, all’impatto sui sistemi di welfare. Infatti l’emigrazione femminile instaura un diverso legame tra migrazione e sviluppo. Le donne, oltre ad essere oggetto di fenomeni di sfruttamento, hanno maggiori problemi di accesso al mercato del lavoro regolare (soprattutto coloro che lavorano nel vasto settore della cura a domicilio) e a una mobilità sociale nel paese di arrivo. A ciò corrisponde una minore capacità di guadagno, ridotto accumulo di capitale sociale e umano, e minore tendenza all’avvio di percorsi imprenditoriali. Dal punto di vista sociale, il tradizionale ruolo di care giver – e in alcuni casi di collante familiare – svolto dalle donne nei paesi di origine può portare al drenaggio di una risorsa generalmente non sufficientemente considerata: la risorsa costituita dalla cura (a tal proposito parliamo di care drain). D’altra parte le donne migranti e quelle che rimangono nel paese di origine esercitano un ruolo fondamentale per il benessere della famiglia, in alcuni casi per l’economia locale (si pensi al ruolo delle donne nello sviluppo rurale), e generalmente indirizzano le rimesse più chiaramente verso i bisogni dei figli e l’innalzamento del capitale umano. Un altro gruppo sociale a cui prestare una attenzione dedicata è l’infanzia. I bambini migranti, in particolare quelli vittime della tratta, o i figli di migranti che restano nei paesi di origine presentano problematiche che abbisognano di iniziative specifiche affinché siano garantiti loro i diritti fondamentali, tra i quali il diritto al ricongiungimento familiare. Attenzione va pure dedicata alle seconde generazioni per una integrazione aperta alla trans-culturalità e al mantenimento delle relazioni con il paese di origine. I rifugiati e richiedenti asilo meritano anch’essi un approccio ad hoc legato al fondamentale rispetto dei diritti umani e di quelli esplicitati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati, ma anche a programmi di riabilitazione e sostegno nella nuova patria adottiva o di aiuto nel reinserimento, quando possibile, nel paesi di origine.

2.5 Orientamenti per promuovere il co-sviluppo Se diversificati sono gli ambiti su cui sperimentare pratiche e politiche innovative, altrettanto variegati sono i terreni sui quali operare per promuovere le opportunità di legami tra migrazioni e sviluppo con particolare riferimento ai flussi per motivi di lavoro:

- occorre evitare il traffico illegale di migranti attraverso una informazione adeguata e la formazione di canali sicuri. Ciò implica comunque una politica migratoria più proattiva e relativamente aperta:

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- il brain/skill e care drain può costituire una perdita rilevante per le opportunità di sviluppo soprattutto dei paesi più poveri. Ne consegue la necessità di regolare il reclutamento e comunque di una politica dei paesi di attrazione delle competenze più responsabile;

- il reclutamento di manodopera che non rappresenta un brain/skill e care drain sia attraverso programmi di migrazione temporanea che no, dovrebbe prevedere opportunità di formazione e valorizzazione delle competenze dei migranti ai fini dello sviluppo, cercando di evitare fenomeni di brain waste;

- la valorizzazione del capitale umano, sociale ed economico dei migranti per lo sviluppo dei paesi di origine può essere ottimizzato via programmi di circolazione. La circolazione dei migranti è strettamente legata ai flussi commerciali e di investimento, così come alla prestazione di servizi come il turismo, le comunicazioni, lo scambio culturale, l’off shoring (ad esempio servizi di back office). Particolare attenzione è dedicata recentemente ai programmi di migrazione temporanea, e però è da studiare quali funzionano e quali siano le condizioni affinché essi siano più development friendly;

- il ruolo della diaspora e delle iniziative di sviluppo comunitario, che richiedono una certa professionalizzazione delle organizzazioni migranti, è riconosciuto e sostenuto da diverse cooperazioni;

- il tema delle rimesse è di grande rilevanza quale nuova potenziale finanza per lo sviluppo. Le misure della cooperazione sono solitamente volte a favorire l’accesso dei migranti al sistema bancario, a garantire e promuovere un trasferimento monetario poco costoso e sicuro (attraverso una maggiore concorrenza del mercato), a facilitare un investimento produttivo attraverso programmi del tipo matching fund e la creazione di partnership, a creare un ambiente favorevole per gli investimenti imprenditoriali, …).

Concepire le migrazioni come una leva per il co-sviluppo implica dunque tutta una serie di politiche innovative che integrano non solo la politica sull’immigrazione con la politica di cooperazione, ma anche e soprattutto la politica sull’internazionalizzazione economica e per l’innovazione. E’ infatti su questi due ultimi versanti che si gioca in modo strategico la valorizzazione delle migrazioni. Infine occorre riequilibrare l’analisi sul tema migrazioni e sviluppo dalla prospettiva Nord-Sud alle relazioni Sud-Sud. La visione Nord-Sud rischia di essere percepita come il problema e l’interesse del Nord a gestire i flussi per motivi di sicurezza, e quindi può manifestare l’ipocrisia dei paesi ricchi visto l’utilizzo strumentale dell’obiettivo dello sviluppo per fini interni. La questione migrazione e sviluppo è molto importante e più rilevante nei rapporti Sud-Sud11. E’ di conseguenza da rimarcare la responsabilità e da sostenere la capacità dei governi del Sud nel creare un ambiente favorevole o meno al dispiegarsi delle relazione virtuose tra migrazioni e sviluppo. Così come è da indagare la possibilità che le comunità immigrati possano costituire degli attori per la promozione del dialogo e delle relazioni tra aree regionali Sud-Sud

Tutte queste considerazioni devono essere situate nel caso italiano.

11 E’ soprattutto il Department for International Development (DFID) britannico che sottolinea il ruolo della cooperazione allo sviluppo nel sostenere i paesi partner a far fronte in modo positivo ai movimenti migratori interni (vengono citati i casi dell’India e della Cina) e regionali Sud-Sud.

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3. MIGRAZIONI E SVILUPPO IN ITALIA 3.1 Principali elementi dell’immigrazione in Italia dal punto di vista del co-sviluppo L’Italia è un nuovo paese di immigrazione: è a partire dagli anni ’80 del secolo scorso che sono cresciuti sensibilmente i flussi in entrata. L’immigrazione è ancora oggi composta nella maggior parte da giovani, e però cominciano a strutturarsi le seconde generazioni. La componente femminile è cresciuta, e soprattutto quella proveniente dai paesi dell’Europa orientale. Le catene migratorie hanno determinato importanti fenomeni di concentrazione relativa delle diverse nazionalità nelle città metropolitane, nei distretti industriali, in aree agricole, disegnando in diversi casi precisi legami trans-locali tra territori “qui e là”. Si ricorda che tra i primi paesi di emigrazione verso l’Italia si trovano paesi membri dell’Ue, Polonia, e paesi che entreranno e che aspirano a entrare nell’UE, Romania, Albania, Serbia e Montenegro; paesi vicini come l’Ucraina, Egitto, Marocco e Tunisia; paesi asiatici, Cina, Filippine e India; paesi dell’Africa sub-sahariana, Senegal e Nigeria; paesi latinoamericani, Perù ed Ecuador. Tabella 1. Le 15 nazionalità più numerose dei soggiornanti stranieri (2005) Paese soggiornanti % sul totale Romania 270.845 11,9 Albania 255.704 11,3 Marocco 235.000 10,3 Ucraina 118.000 5,2 Cina Popolare 112.358 4,9 Filippine 77.015 3,4 Polonia 72.229 3,2 Tunisia 60.337 2,7 India 51.399 2,3 Serbia-Montenegro 51.093 2,2 Perù 50.592 2,2 Ecuador 47.742 2,1 Egitto 47.185 2,1 Senegal 46.327 2,0 Moldavia 44.886 2,0 Fonte: Caritas (2006), Immigrazione. Dossier statistico 2006. Elaborazione su dati del Ministero dell’Interno 2006

Alcuni di questi sono compresi nell’elenco DAC/OCSE dei paesi con cui si intrattengono rapporti di cooperazione allo sviluppo. Si tratta innanzitutto dei paesi dell’Africa sub-sahariana (least and low income countries) e quindi dei paesi vicini, asiatici e latinoamericani (lower middle income countries). Tra questi paesi quelli a maggiore pressione migratoria nel futuro sono quelli dell’Africa-subsahariana12. E’ quindi con questi paesi che l’Italia si dovrà misurare con una nuova politica integrata su migrazione e sviluppo. Un dato poco conosciuto ma interessante è quello relativo agli studenti stranieri iscritti in università italiane. Un capitale umano finora scarsamente considerato ma che potrebbe invece rappresentare un nuovo soggetto da valorizzare nella cooperazione. La tabella mostra come negli ultimi anni sia cresciuta di circa il 40% la presenza di studenti africani e americani (soprattutto latinoamericani) e del 24% quella da paesi asiatici. Si consideri inoltre che la crescita degli immatricolati dall’Africa è cresciuta del 66% raggiungendo il 12% del totale nel 2004/2005.

12 Si veda a questo proposito il background paper “Il surplus demografico dell’Africa Occidentale e saheliana, dal Golfo di Guinea al Corno d’Africa: un fattore di spinta per le emigrazioni internazionali?” di Letizia Mencarini, CeSPI/Sid 2006, http://www.sidint.org/migration/html/publications.html.

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Tabella 2. Studenti stranieri iscritti ai corsi di laurea e di diploma per area geografica Area geografica di origine Valori assoluti

2004/2005 Variazione %

rispetto 2002/2003 Totale 38.298 22,2 Paesi UE 11.141 9,7 Paesi non UE 16.403 25,2 Africa 3.694 38,1 America 3.062 39,3 Asia 3.863 23,9 Fonte. Dossier statistico studenti stranieri nelle università italiane. Anno accademico 2004-2005, di Giampiero Forcesi e Lorenc Bushati, in Amicizia. Studenti esteri n. 3/4 Marzo-Aprile 2006.

L’Italia ha già sperimentato la complementarietà tra misure di cooperazione allo sviluppo e misure sull’immigrazione (in particolare per il controllo e la riduzione dei flussi illegali, la repressione del traffico di migranti e il rimpatrio di clandestini a seguito di accordi di riammissione). Queste misure sono state concordate con alcuni paesi di emigrazione e transito. In alcuni casi, come nel rapporto con l’Albania, la cooperazione ha prodotto risultati importanti nella riduzione del traffico, ma molti meno nella valorizzazione dei migranti per lo sviluppo del paese. In altri invece, come nel caso della relazione con la Libia, sono sorti contrasti e denunce per la violazione dei diritti umani. Finora l’Italia non ha ancora avanzato una politica integrata di cooperazione su migrazioni e sviluppo e una politica sull’immigrazione development friendly. L’Italia presenta rilevanti problemi nelle politiche di accoglienza ed integrazione dei migranti. Sono numerose le proteste per il mancato rispetto dei diritti dei migranti nei centri di permanenza temporanea e per l’assenza di una politica di asilo. L’accesso ai diritti è inoltre molto differenziato a seconda dei contesti locali di lavoro e residenza. A gran parte dei migranti non sono riconosciute le proprie capacità, essendo impiegati soprattutto in lavori a basso valore aggiunto. Esiste un problema di brain waste (che peraltro riguarda gli stessi cittadini italiani) che limita le opportunità di valorizzazione del capitale umano dei migranti sia nei paesi di destinazione che per lo sviluppo dei paesi di origine. L’auto-occupazione e la piccola imprenditoria dei migranti è in forte crescita ma è soggetta alla precarietà, flessibilità e alla forte segmentazione del mercato del lavoro italiano. La precarietà si intreccia all’irregolarità, in parte indotta dalla normativa sui flussi attualmente vigente, come pure in parte funzionale al permanere ed espandersi di quote importanti di economia sommersa. Comunque vi sono spazi di apertura: i migranti stanno conquistando poco a poco un nuovo protagonismo economico, sociale e culturale, accompagnato da politiche locali di promozione. Anche il mercato sta scoprendo la clientela migrante: le banche italiane in questi ultimi anni hanno moltiplicato l’offerta di nuovi servizi e prodotti, e il trasferimento del le rimesse si è moltiplicato. Si stima che oltre il 57% degli immigrati sia possessore di un conto corrente13. A questo proposito la Banca d’Italia ha stimato un incremento del volume di rimesse canalizzate dal sistema bancario da 749,3 milioni di euro nel 2001 a 1.167,1 milioni nel 2003, mentre si ricorda che l’aiuto bilaterale italiano (esclusa la riduzione del debito) nel 2003 è stato pari a circa 500 milioni di euro. Le rimesse quindi presentano un trend crescente al contrario dell’aiuto e nel 2003 risultano essere state più del doppio dell’aiuto pubblico allo sviluppo (senza considerare i trasferimenti monetari e non monetari e i flussi informali). Allo stesso modo si sono moltiplicate le comunicazioni, le relazioni sociali e culturali, e in parte anche economiche (dal commercio “della valigia” alle imprese di import/export) con i paesi di origine.

13 La stima è frutto di un’analisi realizzata dal CeSPI per l’Associazione bancaria italiana. Cfr. J.L. Rhi-Sausi e G. Zappi (a cura di) (2006), La bancarizzazione dei “nuovi italiani”, Bancaria Editrice, Roma.

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3.2 Il ruolo innovatore ma limitato della cooperazione decentrata e la necessità di una politica di co-sviluppo nazionale inserita nel quadro Europeo I migranti sono soggetti transnazionali sempre più importanti: mantengono stretti legami con il proprio clan famigliare, con la comunità e i paesi di provenienza, originano flussi di denaro, beni, idee e comportamenti che influiscono sempre di più sullo sviluppo o sulla perpetuazione ed approfondimento delle relazioni di dipendenza a seconda dei casi analizzati. Sulle relazioni transnazionali e il loro impatto sullo sviluppo occorre conoscere di più, e però un fattore emerge con forza e cioè la grande importanza del contesto territoriale e della qualità delle istituzioni locali “qui” nell’integrazione dei migranti e quindi nelle prospettive di intrecciare la migrazioni con lo sviluppo. Allo stesso modo il contributo dei migranti allo sviluppo dei territori di origine è condizionato dal ruolo attivo e regolativo delle istituzioni locali “là”. In un’ottica quindi che vede assieme integrazione e sviluppo trans-locale. Questo fattore è alla base delle diverse esperienze che sono nate in questi anni a livello territoriale. Le pratiche possono essere raggruppate nelle seguenti tipologie:

1. Mobilizzazione di circuiti economici e di ritorni produttivi che consentono la creazione di reti lunghe produttive-distributive tra territori italiani e dei paesi di origine

2. Progetti di reclutamento

3. Assistenza al ritorno obbligatorio di migranti e di categorie deboli

4. Progetti di sviluppo comunitario

5. canalizzazione e promozione dell’investimento delle rimesse.

Gli attori promotori di queste pratiche sono soprattutto Autonomie locali con associazioni di migranti, ONG, agenzie e associazioni delle parti sociali e di volontariato. E cioè gli attori della cosiddetta cooperazione decentrata fondata sull’approccio partecipativo. Queste esperienze hanno mostrato però rilevanti limiti di carattere strutturale: le azioni sono isolate, soffrono di un’eccessiva settorializzazione, mancano di continuità e di sostenibilità; il coordinamento non esiste o è inadeguato sia a livello locale, che soprattutto con i livelli superiori e con i paesi di origine; le capacità delle istituzioni e del personale sono carenti; il dialogo con i migranti e le loro associazioni non è strutturato e manca di metodologie, il raccordo tra progetti e piani di sviluppo locale “qui e là” è carente14. Inoltre, le risorse allocate sono assai scarse, sia sul versante della politica di cooperazione che su quello della politica sull’immigrazione (dove le priorità risultano ancora legate all’emergenza e ai bisogni fondamentali dell’integrazione). Di conseguenza i progetti di co-sviluppo possono contare sulle poche risorse finanziare ed umane delle Autonomie locali dedicate alla cooperazione decentrata. Le dimensioni delle iniziative e il numero dei beneficiari sono piccoli. Il superamento della frammentarietà e sconnessione di queste esperienze, la loro sostenibilità e il loro potenziamento, così come la diffusione delle opportunità di integrazione e valorizzazione dei migranti per lo sviluppo dipende molto dalla politica nazionale sull’immigrazione e sulla cooperazione allo sviluppo, così come sui versanti del lavoro e del welfare, della ricerca (si pensi al possibile ruolo degli studenti e ricercatori esteri) e della finanza. La valorizzazione dei migranti e delle pratiche ha bisogno di un orientamento e di una politica coerente a livello nazionale. Il governo centrale, data la sua sovranità in particolare sulla politica estera e sull’immigrazione, ha un ruolo fondamentale da giocare, altrimenti tutte le iniziative locali, pur sperimentali ed interessanti, sono votate all’insuccesso o alla marginalità.

14 Per un’analisi delle esperienze e dei relativi limiti si veda il CeSPI position paper di Andrea Stocchiero “Policies and Practices on Migration and Development in Italy: Lessons to be learnt and Suggestions for the EU’s Aeneas Programme”, http://www.cespi.it/migraction2/Migr&Dev%20positionpaper%20CeSPI.pdf.

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La definizione di una strategia nazionale su migrazioni e sviluppo ha l’opportunità e la necessità di inserirsi e coordinarsi nel quadro stabilito dall’Unione Europea a seguito del Consiglio di Tampere, nei piani di azione e negli strumenti di cooperazione proposti dalla Commissione europea, così come con quelli degli altri Stati Membri, in stretta partnership con i Paesi di cooperazione, di origine e transito dei migranti.

4. OBIETTIVO E APPROCCI DELLA COMPONENTE MIGRAZIONI E SVILUPPO NELLA POLITICA DELLA COOPERAZIONE ITALIANA La componente migrazioni e sviluppo nella politica di Cooperazione italiana si deve integrare nel perseguimento degli obiettivi del millennio per lo sviluppo con particolare riferimento alla riduzione della povertà. L’obiettivo della componente migrazioni e sviluppo è quindi la valorizzazione delle risorse e delle capacità dei migranti ai fini della riduzione della povertà nei paesi di origine. Questo in un’ottica consapevole della complessità delle relazioni esistenti tra migrazioni e sviluppo, della loro transnazionalità e quindi di una visione comprensiva che leghi il possibile contributo dei migranti allo sviluppo dei paesi di origine al riconoscimento della cittadinanza sociale, economica e politica nel paese di destinazione, al rispetto dei diritti umani, in collegamento coerente quindi con la politica sull’immigrazione e non solo. La gestione di questa complessità e il superamento dei conflitti (ad esempio tra mobilità e sicurezza) abbisogna della formazione di spazi di governance multi-livello. In questi spazi il ruolo dello Stato centrale è ancora predominante dato il potere di sovranità territoriale e:

• si deve impegnare in partnership multilaterali e bilaterali con le regioni e i paesi di origine, dove il ruolo dell’Unione Europea è da sostenere con forza (ad esempio nel dialogo con l’Unione Africana)15;

• si deve accompagnare al ruolo essenziale delle istituzioni locali “qui e là” nel rapporto con i migranti e i cittadini, nella integrazione dei processi in piani di sviluppo locali e nazionali (si veda l’importanza della sinergia dei diversi livelli di governance, e in particolare del livello locale e dei processi di decentramento16);

• si deve esplicitare in una partnership formale e sostanziale con i migranti e le loro associazioni, con le organizzazione della società civile e gli attori del mercato.

La Cooperazione italiana dovrebbe adottare i seguenti approcci. Un approccio dedicato e partecipativo su scala transnazionale e trans-locale (qui e là). La cooperazione si deve aprire ad un attore nuovo, al protagonismo dei migranti e delle loro associazioni nei contesti specifici di relazione. Un approccio territoriale e di partnership pubblico-privato. La rilevanza del fattore territoriale richiede una forte partnership con le istituzioni locali pubbliche e private per la valorizzazione delle risorse e delle capacità dei migranti, dei loro flussi di conoscenza, tecnologie, commercio e rimesse. D’altra parte se si considera la flessibilità e mobilità dei migranti occorre agire anche sulle reti dei flussi che “prescindono” da territori (ad esempio sulle reti di migranti imprenditori, reti studenti e cervelli, …) ma sempre in stretta partnership con i diversi “attori flusso”. Un approccio per processo e scala. La costruzione della componente migrazioni e sviluppo richiede tempo. Il rafforzamento dei migranti e delle loro associazioni ha bisogno di programmi pluriennali

15 A proposito delle dimensioni di governance euro-africana si veda il policy paper CeSPI/Sid “La politica migratoria dell’Europa verso l’Africa. Tendenze, effetti e prospettive”, http://www.sidint.org/migration/html/publications.html 16 Si veda il background paper di Cecilia Tavoli “Migration and sustainable development: transforming livelihoods and policy responses”, CeSPI/Sid, 2006, http://www.sidint.org/migration/html/publications.html.

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che diano certezza e credibilità all’impegno della Cooperazione italiana. La promozione e la definizione delle partnership si nutre di rapporti fiduciari che si creano attraverso processi. La continuità favorisce l’aggregazione degli attori, consentendo la formazione di scale e di reti per superare la frammentarietà e organizzare risorse e capacità con maggiori masse critiche. In questo modo si può arrivare anche ad una maggiore sostenibilità.

• Un approccio strutturale. L’applicazione della componente migrazioni e sviluppo per essere efficacie dovrà comprendere che l’impatto dipende dalla trasformazione delle condizioni politiche e istituzionali, dal buon governo, dallo sviluppo della società civile e di un mercato libero e trasparente. Per questo i programmi dovranno prevedere azioni di rafforzamento istituzionale e di governance per gestire in modo positivo la dialettica dei migranti con le élite e le organizzazioni sociali e politiche locali.

• Un approccio differenziato a seconda delle caratteristiche dei flussi migratori, dei contesti e delle politiche esistenti. A seconda di questi elementi andranno calibrate le diverse tipologie di programmi. Se ad esempio una nazionalità di migranti risulta particolarmente frammentata sarà scarsamente applicabile un programma focalizzato sul ruolo della diaspora. Se nel paese partner la infrastruttura bancaria e di microfinanza è poco sviluppata sarà improponibile un programma di canalizzazione delle rimesse a scopi produttivi.Vi

sono peraltro alcune condizioni preliminari a cui far fronte, e in particolare vi è la necessità: • di approfondire e migliorare la conoscenza sulle diverse potenzialità e valori aggiunti dei

migranti ai fini della riduzione della povertà, così come sulle esperienze progettuali

• di rafforzare le capacità dei migranti e delle loro associazioni, così come dei partner locali

• di rafforzare le capacità delle istituzioni dei territori nel dialogare con i migranti e nel mediare i conflitti

• di premiare le partnership, le aggregazioni, le alleanze, i coordinamenti per superare la frammentarietà

4.1 La coerenza, la trasversalità e il coordinamento per una politica sull’immigrazione development friendly Data la complessità e multi-dimensionalità del binomio migrazioni e sviluppo, l’impegno politico deve essere coerente e a livello trasversale tra le diverse competenze politiche e amministrative: dall’immigrazione alla cooperazione, dal lavoro al welfare, dalla ricerca all’istruzione, dal commercio con l’estero alle attività produttive, alla finanza e all’economia. Il tema delle rimesse, ad esempio, richiede un coordinamento tra cooperazione, finanza ed economia, riguardo la regolazione dei trasferimenti monetari e la creazione di matching fund, la possibilità da parte dei migranti di poter disporre dei contributi pensionistici. La promozione dei migranti quali imprenditori transnazionali coinvolge il commercio con l’estero e le attività produttive; la valorizzazione degli studenti esteri comprende la ricerca e l’università, e così via a seconda delle diverse dimensioni toccate. Particolarmente importante è accrescere la coerenza tra politica di cooperazione e politica sull’immigrazione. A questo proposito è importante che l’Italia assuma l’impostazione dell’Ue che prevede una politica migratoria comune equilibrata, integrata, proattiva e consensuale17 e che individui le connessioni con la politica di cooperazione allo sviluppo come indicato nella Comunicazione della Commissione su “Migration and Development: some concrete orientations“ nel quadro dei diversi strumenti di assistenza esterna. Sarà importante che la Cooperazione italiana assuma un ruolo attivo e propositivo nella applicazione delle politiche di pre-adesione, di vicinato e 17 Si veda il policy paper CeSPI/Sid “La politica migratoria dell’Europa verso l’Africa. Tendenze, effetti e prospettive”, op. cit.

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di cooperazione internazionale dell’UE con riferimento specifico alla componente migrazioni e sviluppo. Su queste basi è possibile indicare già i seguenti orientamenti per una politica sull’immigrazione development friendly:

• i programmi di cooperazione sulla mobilità e circolarità delle competenze dei migranti richiedono una maggiore apertura nella concessione dei visti18;

• i programmi di reclutamento di particolari competenze come quelle infermieristiche e mediche dovrebbero prevedere regole e misure atte ad evitare la disgregazione dei sistemi di welfare dei paesi di origine più poveri19, sostenendoli e compensandoli, nel quadro di accordi di cooperazione quanto più possibile multi-laterali;

• i programmi di reclutamento temporanei dovrebbero comprendere forme di cooperazione per accrescere l’impatto del rientro sullo sviluppo20, così come la possibilità di poter riscattare i contributi pensionistici versati o di poterli impegnare come forma di garanzia per accedere a crediti per l’investimento dei migranti nel paese di origine;

• i programmi di integrazione dovrebbero rafforzare le misure per valorizzare le capacità e le competenze dei migranti in modo da ridurre il brain waste e sostenere l’accumulazione di capitale umano e imprenditoriale spendibile anche per lo sviluppo dei paesi di origine;

• la riduzione del brain waste è a sua volta legata alla protezione dei diritti dei migranti lavoratori, e a questo proposito sarebbe importante poter approfondire la discussione e la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite n.143 sui diritti dei migranti lavoratori e delle loro famiglie;

• la riduzione dell’immigrazione illegale, che rappresenta in sé un costo per lo sviluppo, dovrebbe prevedere la formazione di canali trasparenti ed efficienti di movimento delle persone21.

• l’obiettivo del rispetto dei diritti umani, che rappresenta il fondamento della politica di cooperazione allo sviluppo, richiede la definizione di una politica sull’asilo coerente che ancora manca in Italia.

Occorre infine ri-orientare le politiche sociali rivolte all’immigrazione che negli ultimi anni hanno ridotto risorse e mezzi per l’integrazione. L’assunzione dell’impegno politico sul tema migrazioni e sviluppo è multi-livello. Oltre all’importanza del livello locale, di cui si è già detto, è evidente il ruolo fondamentale del livello centrale, considerato il potere di sovranità territoriale, di regia e coordinamento, di capacità finanziaria. La sinergia dei due livelli, “qui e là” così come in senso trans-locale e trans-nazionale, risulta indispensabile per una efficace ed efficiente realizzazione delle azioni su migrazioni e sviluppo. Tutto ciò, per quanto riguarda l’Italia, in stretto coordinamento con la politica europea. A proposito della questione del coordinamento tra i diversi livelli, si sottolinea l’opportunità che si individui una responsabilità precisa sul modello della scelta francese, dove è stato nominato un ambasciatore per il co-sviluppo che ha una funzione di raccordo nei confronti delle diverse

18 Si veda la proposta di un programma Euro-African Circuits avanzata nel policy paper CeSPI/Sid “La politica migratoria dell’Europa verso l’Africa. Tendenze, effetti e prospettive”, op. cit. 19 Il governo britannico ha definito un codice di condotta per regolare il reclutamento di personale sanitario da parte delle strutture pubbliche e ha siglato un protocollo d’intesa con il Sud Africa per gestire reclutamenti temporanei, prestando formazione ai fini del reinserimento nel paese di origine. La legge olandese sull’occupazione estera prevede di non reclutare personale infermieristico da paesi in via di sviluppo a rischio di brain drain e il Ministero della sanità si è impegnato a reclutare personale sanitario solo con contratti temporanei. 20 E’ conosciuto ad esempio il caso spagnolo del progetto Pageos, sostenuto dalle associazioni di agricoltori catalane, che prevede la formazione di migranti marocchini per lo sviluppo agricolo del paese di origine. 21 Si veda la proposta di un programma Euro-African Gates avanzata nel policy paper CeSPI/Sid “La politica migratoria dell’Europa verso l’Africa. Tendenze, effetti e prospettive”, op. cit..

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amministrazioni coinvolte e di rappresentanza esterna. Oppure un altro strumento di servizio al coordinamento tra le amministrazioni come ad esempio un ufficio tecnico presso la Presidenza del Consiglio o il Ministero Affari Esteri22, considerando anche il rapporto con le competenze regionali (esiste già un tavolo della Presidenza con le Regioni sulla mobilità dei migranti). Vi è inoltre la necessità di creare un forum di dialogo a livello politico nazionale per la concertazione delle politiche e dei principi dei programmi su migrazioni e sviluppo23. Mentre a livello territoriale decentrato, il confronto sulla gestione dei programmi può essere organizzato attraverso le consulte (uno strumento della politica dell’integrazione da connettere alla politica di cooperazione) o attraverso i tavoli lavoro della cooperazione decentrata (per paese e su programmi specifici).

4.2 Offrire un Piano di Azione La Cooperazione italiana è chiamata ad offrire un piano di azione pluriennale che si può strutturare secondo gli approcci indicati, le diverse dimensioni della componente migrazioni e sviluppo (reclutamento e questione del brain drain, circolazione e ritorno di competenze, commercio e investimento – in rapporto quindi anche con la politica di internazionalizzazione delle imprese e filiere produttive/distributive -, iniziative di sviluppo comunitario, rimesse …), il rapporto con migranti a livello collettivo (associazioni dei migranti) o individuale (singoli migranti imprenditori, studenti, …), le appartenenze nazionali e territoriali, le appartenenze a categorie sociali/economiche, su scala nazionale-bilaterale o universalistica. Innanzitutto occorre aprire l’accesso della cooperazione ai migranti, studiare la possibilità di integrare i migranti nei programmi di cooperazione già esistenti, e quindi riformare la legge di cooperazione per prevedere la possibilità che i migranti possano ricoprire il ruolo di cooperanti e volontari. Una banca dati e un bilancio delle competenze dei migranti (così come dei cittadini italiani) nella cooperazione potrebbe rappresentare uno strumento tradizionale ma essenziale. Si potrebbero quindi definire nel Piano di Azione 10 misure dedicate in base ai differenti ruoli ricoperti dai migranti nei loro rapporti con il paese di origine, centrati sui loro valori aggiunti ai fini dello sviluppo e della riduzione della povertà, e su dimensioni specifiche considerando il percorso e i diversi aspetti della circolazione migratoria: 1) Misura migranti per lo sviluppo locale; 2) Misura migranti imprenditori; 3) Misura migranti con competenze; 4) Misura per la valorizzazione degli studenti e dei ricercatori esteri; 5) Piano sulle rimesse; 6) Piano sulla accessibilità; 7) Misura sui diritti umani dei migranti; 8) Misura di promozione della cultura; 9) Misura di institution building; 10) Misura di analisi, monitoraggio e valutazione strategica. 1) Misura migranti per lo sviluppo locale. Il soggetto di riferimento è la diaspora ovvero le associazioni dei migranti per appartenenza nazionale, di villaggio e di città. Questa misura si fonda su una serie di esperienze già in atto24. Si tratta di sostenere la creazione e il rafforzamento di partenariati tra territori italiani e dei Paesi di origine, attraverso la valorizzazione del ruolo, delle risorse e delle capacità dei migranti, per la realizzazione di attività di sviluppo locale sia di carattere sociale che economico (generazione di reddito e imprenditoria). I migranti sono gli attori di cooperazione in partenariato con le comunità di origine e con i diversi soggetti dei territori di destinazione, partecipano alla definizione dei partenariati, al rapporto trans-locale, all’identi-

22 In Spagna le amministrazioni hanno concordato un “Consensus Document” che prevede uno stretto coordinamento tra Ministero Affari Esteri, Ministero del Lavoro e Ministero delle Finanze, e con le Autonomie locali impegnate in pratiche sperimentali. 23 Si veda a questo proposito i casi del Forim francese http://www.forim.net, del Comitato Nazionale Consultivo delle Minoranze Etniche in Olanda, della rete delle minoranze etniche in Gran Bretagna. 24 Si possono citare, ad esempio, il programma della ONG francese Migrations et Développement; il programma di Fons Català di sostegno alle iniziative di sviluppo comunitario delle associazioni senegalesi, il programma sul capitale sociale dei migranti senegalesi di Coopi/CeSPI, finanziato dalla Commissione europea; il programma MIDA Italia Ghana/Senegal dell’OIM sostenuto dalla Cooperazione italiana.

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ficazione, esecuzione e alla valutazione delle iniziative, al loro sostegno finanziario (può essere prevista la creazione e partecipazione a fondi per lo sviluppo locale con la valorizzazione di rimesse collettive).

La misura dovrebbe prevedere una linea di attività per accrescere le capacità delle associazioni dei migranti e accompagnarle nel rapporto con i diversi soggetti. Le iniziative da sostenere dovrebbero infatti essere inserite nei piani per lo sviluppo locale delle due realtà locali implicate in un processo di co-sviluppo e connesse a quelle di altri attori di territori operanti nelle stesse località partner, in modo da premiare il coordinamento e la creazione di masse critiche importanti25. I piani di sviluppo locale dovrebbero avere una scala adeguata e coerente con i piani nazionali di sviluppo, secondo anche i processi di decentramento in atto nei paesi di origine. I migranti partecipano in questo modo ad un processo e a un partenariato. E’ evidente in questo impianto il ruolo della cooperazione decentrata che si troverebbe però ad agire nel quadro di un programma bilaterale e su relazioni transnazionali dei migranti, che dovrebbero garantire una sinergia tale da superare la frammentarietà delle azioni finora condotte. 2) Misura migranti imprenditori. Il soggetto di riferimento sono i migranti individuali o in società che presentano idee d’affari per la creazione o il rafforzamento di iniziative imprenditoriali. In questo caso risulta essenziale che le iniziative imprenditoriali siano significative in termini di innovazione e valore aggiunto dei migranti (aumento delle esportazioni verso l’Italia e l’Unione Europea, trasferimento di tecnologie, valorizzazione delle competenze acquisite dai migranti, investimento dei risparmi dei migranti in attività produttive, …) rispetto a quelle che comunque si potrebbero direttamente sostenere da parte della cooperazione nei Paesi partner. Il programma potrebbe comprende attività di assistenza tecnica e accompagnamento all’elaborazione dei business plan, di supporto all’accesso al credito bancario attraverso anche la costituzione di fondi garanzia e/o l’accesso a crediti di aiuto26, così come prevedere la concessione di contributi alla realizzazione di fiere ed incontri d’affari a cui partecipano o che sono sostenute da associazioni di imprenditori migranti e da camere di commercio e associazioni partecipate significativamente da migranti. Il programma si realizzerebbe a livello bilaterale e dovrebbe essere dimensionato secondo un’analisi del transnazionalismo economico delle diverse nazionalità dei migranti. 3) Misura migranti con competenze. La presenza di migranti con competenze può essere valorizzata attraverso sostegni alla circolazione e al ritorno per la creazione e il rafforzamento di centri di eccellenza e centri di formazione e assistenza tecnica nei paesi di origine, laddove le condizioni lo consentono. Questo potrebbe avvenire attraverso un sistema di partnership tra università, centri di ricerca, istituti di formazione. Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata al reclutamento, alla circolazione e al ritorno di personale medico e infermieristico proveniente in particolare dai paesi poveri27. La regolazione del flusso e la valorizzazione di questa categoria di migranti per lo sviluppo sanitario dei paesi di origine dovrebbe essere integrata nei programmi di cooperazione sanitaria esistenti in diverse regioni italiane così come nella Cooperazione italiana. 4) Misura per la valorizzazione degli studenti e dei ricercatori esteri. La diffusa presenza di studenti e ricercatori immigrati da paesi partner può essere valorizzata nel quadro di partenariati tra università, con misure di sostegno al pendolarismo, ad esempio appoggiando il ritorno temporaneo degli studenti in istituzioni pubbliche o private del paese di origine, in modo da favorire un

25 Questo schema può comportare per una realtà locale l’avvio di forme cooperative con più territori di provenienza o destinazione. 26 Si veda ad esempio il programma olandese IntEnt sostenuto dal Ministero Affari esteri, e il “Programme migrations et initiatives économiques” gestito dalla ONG PsEau (www.pseauorg/pmie) e sostenuto dal Ministero Affari esteri francese, il Ministero del Lavoro, la Commissione europea, il Comitato Cattolico contro la Fame e per lo Sviluppo. 27 Questa misura peraltro dovrebbe essere pensata nel quadro di una nuova politica del welfare transnazionale dove rendere coerente la produzione e distribuzione dei servizi sanitari tra paesi poveri e ricchi, considerando le tendenze demografiche, le diverse forme di off-shoring, body-rental, di servizi a distanza, di mobilità del personale infermieristico e medico così come delle persone in cerca di cura (turismo sanitario).

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trasferimento di competenze, mantenere i legami ed esplorare possibili ritorni definitivi28. Ciò ovviamente dipenderà da un’analisi della disponibilità e capacità delle istituzioni locali (così come delle università italiane) ad impegnarsi in un programma di questo genere a cui deve corrispondere un pari impegno nell’offerta di adeguate strutture di accoglienza. 5) Piano sulle rimesse. In questo caso vi sono numerosi riferimenti per l’azione che possono comprendere: misure per stimolare la concorrenza tra le banche per ridurre i costi di trasferimento e migliorare l’accesso dei migranti al credito, ad esempio attraverso la circolazione di informazioni trasparenti sulle diverse condizioni applicate29; la promozione dell’alfabetizzazione finanziaria, del risparmio e della canalizzazione in sistemi monetari che consentono la moltiplicazione del credito; la creazione di nuovi servizi e prodotti bancari per l’accumulazione di risparmio e l’accesso a forme assicurative e al credito30; la creazione di fondi di garanzia e matching fund per favorire l’investimento produttivo delle rimesse31; la canalizzazione delle rimesse in istituzioni di microfinanza; la partecipazione italiana alla definizione di regole internazionali per favorire la canalizzazione formale e sicura delle rimesse. 6) Piano sulla accessibilità. Il superamento dei vincoli posti dalle distanze, oltre che per le rimesse, potrebbe essere di grande utilità anche per le persone. Per diversi dei Paesi verso cui si intende sviluppare forme di cooperazione un’azione volta ad abbattere i costi di viaggio può rappresentare un elemento importante su cui concentrare l’attenzione. Di una possibilità del genere potrebbero avvantaggiarsi gli immigrati “tradizionali”, ma in realtà essa avrebbe sicuramente l’effetto di rendere interessanti i pendolarismi (sia di lavoratori, che di studenti, che di operatori economici, che, non ultimo, di cooperatori) oltre ad essere uno degli ingredienti per sviluppare un’offerta turistica significativa (come dimostrano alcune strategie nazionali – per esempio, la Spagna – di promozione del turismo). Le misure andrebbero dalla organizzazione della domanda alla stimolazione della concorrenza tra agenzie viaggi e tra compagnie aeree. 7) Misura sui diritti umani dei migranti. Man mano che cresce l’integrazione, i migranti si impegnano sempre di più assieme a cittadini del paese di accoglienza e in partnership con organizzazioni internazionali e dei paesi di origine e di transito, in iniziative di difesa e rispetto dei diritti, di lotta al traffico di esseri umani, di sostegno ai gruppi svantaggiati, all’infanzia e alle donne, secondo un approccio universalistico. Si tratta di campagne di sensibilizzazione e di pressione politica, di sostegno umanitario, di formazione, di accompagnamento al rientro (progetti di sostegno al rientro di ex detenuti, donne vittime del traffico, minori non accompagnati). 8) Misura di promozione della cultura dei Paesi di origine nei Paesi di destinazione (sia delle forme tradizionali che contemporanee) e dell’educazione transculturale. La finalità è sia sociale che politica ed ha lo scopo di creare le condizioni di pari dignità necessaria per permettere una reale conoscenza e contaminazione delle diverse culture, ma ha risvolti anche economici importanti32. L’educazione allo sviluppo e alla pace, che sempre più spesso viene chiamata in Europa educazione alla globalizzazione, attinge nuova linfa con l’educazione transculturale a partire dalla presenza di oltre 500.000 studenti figli di stranieri nelle scuole. Le autorità pubbliche a livello centrale e locale dovrebbero moltiplicare le azioni, e la creazione di luoghi e reti per facilitare la conoscenza e la convivenza.

28 A tale riguardo si possono ricordare il programma sostenuto dall’Ambasciata tedesca per il ritorno temporaneo di studenti albanesi in istituzioni locali e l’impegno della Fondazione Soros. Si veda inoltre la proposta di un programma Euro-African Learning nel policy paper CeSPI/Sid “La politica migratoria dell’Europa verso l’Africa. Tendenze, effetti e prospettive”, op. cit. 29 Si veda il programma del DFID http://www.sendmoneyhome.org 30 Come la Funding Facility on Remittances di IFAD e Commissione europea. 31 Come il programma 3x1 Zacatecas http://www.zacatecas-capital.gob.mx/index.htm 32 Ricercatori e studenti dovrebbero poter contare su programmi, agevolazioni e visti adeguati per consentire questo lavoro di costruzione di legami culturali. Legami necessari per rafforzare un clima di mutua comprensione e fiducia per superare quelle tensioni e sentimenti di insicurezza che originano l’ideologia dello scontro di civiltà.

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9) Misura di institution building nei confronti dei governi dei paesi di origine e di transito per una gestione development friendly delle migrazioni. Numerosi governi dei paesi di origine e di transito stanno cercando di accrescere le proprie capacità per promuovere e facilitare un impatto positivo delle migrazioni sullo sviluppo. A questo proposito la Cooperazione italiana presenta già un’esperienza positiva di assistenza al governo egiziano con il progetto Integrated Migration Information System, gestito dall’OIM. 10) Misura di analisi, monitoraggio e valutazione strategica. La novità, la complessità e il carattere sperimentale della componente migrazioni e sviluppo nella Cooperazione italiana richiede una attenta e approfondita attività di ricerca sulle diverse caratteristiche dei migranti, sui contesti, di monitoraggio e valutazione dei programmi.

La definizione di queste misure dovrà realizzarsi nel quadro del dialogo politico con i paesi partner e con particolare riferimento ai Poverty Reduction Strategy Papers, in coordinamento con le diverse agenzia multilaterali. Sarà importante integrare le misure nella politica dell’Unione Europea e quindi concepire le misure in coordinamento con gli strumenti di assistenza esterna europea, la componente tematica relativa alle migrazioni, i country strategy paper e i migration profiles della Commissione europea. Le misure potranno quindi complementare i finanziamenti della Cooperazione italiana a quelli della Commissione europea così come di altri Stati membri. In questo modo sarà possibile accrescere la sinergia e l’integrazione tra il livello bilaterale, europeo e multilaterale, superando l’approccio fin qui prevalente per compartimenti stagni. La gestione delle misure andrà calibrata secondo le loro diverse caratteristiche. La gestione potrà quindi essere centralizzata o decentrata, a “geometria variabile” secondo i diversi attori e contesti coinvolti, e dovrà fondarsi sul protagonismo dei migranti e delle loro associazioni. Comunque, l’importanza del fattore prossimità segnala l’opportunità di formare piattaforme di ONG, agenzie e associazioni di migranti per l’offerta di assistenza tecnica, formazione e accompagnamento alla presentazione di progetti33. Considerati i principali flussi migratori in Italia e il loro incrocio con le priorità geografiche della Cooperazione italiana è possibile indicare i paesi con cui avviare le misure delineate: Albania, Marocco, Paesi andini (Perù ed Ecuador) e area saheliana con particolare riferimento al Senegal. La realizzazione delle misure, considerato l’approccio processuale, necessita di risorse sul medio periodo per creare rapporti fiduciari, dare continuità e credibilità al rapporto con i migranti, sostenibilità ed efficacia alla riduzione della povertà. L’ammontare delle risorse andrà calibrato sulla base dell’analisi dei valori aggiunti dei migranti, delle partnership mobilitabili, dell’accordo con i paesi di origine, delle possibilità di cofinanziamento con gli Stati Membri e la Commissione europea, così come nel quadro di programmi multilaterali34.

33 Come ad esempio le piattaforme Linkis e Front Office in Olanda, e la piattaforma Forim in Francia. 34 Come riferimento per l’ammontare dei programmi su migrazioni e sviluppo, si può ricordare la cooperazione francese che sostiene programmi triennali bilaterali – Mali e Senegal - sullo sviluppo locale, la mobilitazione di competenze e il ritorno per 7,5 milioni di euro, e il governo olandese che ha stimato un impegno di 5 milioni di euro all’anno per sostenere i programmi di ritorno.

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