Abruzzo † Anno 20 - Numero 241 - € 2,50 - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB...

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• Anno 20 - Numero 241 - € 2,50 - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB Milano - Lunedì 11 Ottobre 2010 9 771120 606304 01011 * con guida «Il nuovo codice del processo amministrativo» a € 6,00 in più; con cd «I nuovi ricorsi alle sanzioni stradali» a € 9,90 in più; con «Codice della sicurezza sul lavoro» a € 9,90 in più www.italiaoggi.it Sette IL PRIMO GIORNALE PER PROFESSIONISTI E IMPRESE DI MARINO LONGONI I l ritorno del baratto è uno degli effetti prodotti dalla crisi di liquidità che ha colpito le imprese italiane negli ultimi due anni. È un fenomeno che interes- sa tutti i settori, ma in particolare quello edilizio, dove la mancanza di credito e la difficoltà a vende- re gli immobili hanno costretto molti imprenditori a cercare vie di scampo in quella che i giuristi chiamano la datio in solutum. Una formula che presenta un unico grande vantaggio: coprire un buco che potreb- be diventare causa di guai peggiori. Ma anche molti inconvenienti: certamente il problema della valuta- zione del bene accettato in compensazione del credi- to, spesso anche le proble- matiche fiscali relative ai passaggi di proprietà, ma soprattutto il rischio della revocatoria fallimentare. Se infatti il debitore entra in procedura concorsuale en- tro un anno da quando ha ce- duto il bene al suo creditore, il curatore avrà facile gioco a inserirlo nel fallimento lasciando al creditore solo il diritto di insinuarsi nel passivo per il credito insod- disfatto. Nonostante ciò il baratto si sta trasfor- mando sempre più spesso in una stanza di compensazione utilizzata tra azien- de, professionisti, privati, per sop- perire alla scarsità di contante, e in questo la fantasia italica è riusci- ta a trovare strade imprevedibi- li: insieme alla classica cessione dell’area edificabile in cambio di uno o più degli appartamen- ti che saranno realizzati, c’è chi ha pensato di cedere beni azien- dali in cambio di servizi che in alternativa avrebbero dovuto es- sere pagati, chi si è inventato un ruolo di mediatore per far circolare beni fra tre o quattro soggetti non legati tra loro da rapporti commerciali, chi ha messo in piedi delle vere e proprie attivi- tà che fanno circolare servizi invece dei contanti. Dal punto di vista fiscale ci può essere in alcuni casi anche un vantaggio ma non è questo che solitamente viene ricercato. Il vero motore è la mancanza di liquidità innescata dal raffreddamento mondiale dell’economia. La flessibilità e la voglia di lavorare comunque hanno fatto il resto. © Riproduzione riservata Il gran ritorno del baratto La crisi di liquidità che ha colpito imprese e consumatori ha spinto a trovare nuove formule per svuotare i magazzini e pagare i creditori NELL’INSERTO, LA TERRITORIALITÀ IVA DELLE PRESTAZIONI DI SERVIZI TRA IMPRESE Dalla durata dei contratti alle abilitazioni: come cambierà l’attività dei ricercatori italiani da pag. 49 Il private equity dà i primi cenni di ripresa. Ma a parcelle e mandati ridotti da pag. 29 Primo Piano/1 - Tempi stretti per Inail e Inps con le nuove regole sui termini dei procedi- menti amministrativi De Lellis da pag. 6 Primo Piano/2 - Carte di cre- dito e comunicazioni commerciali al test della privacy. Ed è stretta sulla raccolta dei dati on-line Ciccia da pag. 8 Fisco/1 - Via ai ravvedimenti di Unico e Irap 2010, con una novità: slitta al 3/1 il termine per le dichiarazioni tardive Bonazzi a pag. 10 Fisco/2 - Società agricole, la tassazio- ne catastale si sposa con l’esclusività. E chiede la continuità Campanari da pag. 12 Impresa - Iasb e Fasb accele- rano verso un unico modello di bilancio. Sempre più rivolto all’esterno delle aziende Fradeani a pag. 16 Documenti - La sen- tenza della Cassazione sul mantenimento dei nipoti da parte dei nonni www.italiaoggi.it/docio7 s d I N E VIDENZA * * *

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• Anno 20 - Numero 241 - € 2,50 - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB Milano - Lunedì 11 Ottobre 2010 •

9 771120 606304

0 1 0 1 1

* con guida «Il nuovo codice del processo amministrativo» a € 6,00 in più; con cd «I nuovi ricorsi alle sanzioni stradali» a € 9,90 in più; con «Codice della sicurezza sul lavoro» a € 9,90 in più

www.italiaoggi.it

SetteIL PRIMO GIORNALE PER PROFESSIONISTI E IMPRESE

DI MARINO LONGONI

Il ritorno del baratto è uno degli effetti prodotti dalla crisi di liquidità che ha

colpito le imprese italiane negli ultimi due anni. È un fenomeno che interes-

sa tutti i settori, ma in particolare quello edilizio, dove la mancanza

di credito e la diffi coltà a vende-re gli immobili hanno costretto molti imprenditori a cercare vie di scampo in quella che i giuristi chiamano la datio in

solutum.Una formula che presenta un unico grande vantaggio: coprire un buco che potreb-be diventare causa di guai peggiori. Ma anche molti inconvenienti: certamente il problema della valuta-zione del bene accettato in compensazione del credi-to, spesso anche le proble-matiche fi scali relative ai passaggi di proprietà, ma soprattutto il rischio della revocatoria fallimentare. Se infatti il debitore entra

in procedura concorsuale en-tro un anno da quando ha ce-duto il bene al suo creditore, il curatore avrà facile gioco a inserirlo nel fallimento lasciando al creditore solo

il diritto di insinuarsi nel passivo per il credito insod-

disfatto.Nonostante ciò il baratto si sta trasfor-

mando sempre più spesso in una stanza di compensazione utilizzata tra azien-

de, professionisti, privati, per sop-perire alla scarsità di contante, e in questo la fantasia italica è riusci-

ta a trovare strade imprevedibi-li: insieme alla classica cessione dell’area edifi cabile in cambio di uno o più degli appartamen-ti che saranno realizzati, c’è chi

ha pensato di cedere beni azien-dali in cambio di servizi che in

alternativa avrebbero dovuto es-sere pagati, chi si è inventato un

ruolo di mediatore per far circolare beni fra tre o quattro soggetti non legati tra loro da rapporti commerciali, chi ha messo in piedi delle vere e proprie attivi-tà che fanno circolare servizi invece dei contanti.Dal punto di vista fi scale ci può essere in alcuni casi anche un vantaggio ma non è questo che solitamente viene ricercato. Il vero motore è la mancanza di liquidità innescata dal raffreddamento mondiale dell’economia. La fl essibilità e la voglia di lavorare comunque hanno fatto il resto.

© Riproduzione riservata

Il gran ritorno del barattoLa crisi di liquidità che ha colpito imprese e consumatori ha spinto a trovare nuove formule per svuotare i magazzini e pagare i creditori

• NELL’INSERTO, LA TERRITORIALITÀ IVA DELLE PRESTAZIONI DI SERVIZI TRA IMPRESE •

Dalla durata dei contratti alle abilitazioni: come cambierà l’attività dei ricercatori italiani

da pag. 49

Il private equity dà i primi cenni di ripresa. Ma a parcelle

e mandati ridottida pag. 29

Primo Piano/1 - Tempi stretti per Inail e Inps con le nuove regole sui termini dei procedi-menti amministrativi

De Lellis da pag. 6

Primo Piano/2 - Carte di cre-dito e comunicazioni commerciali al test della privacy. Ed è stretta sulla raccolta dei dati on-line

Ciccia da pag. 8

Fisco/1 - Via ai ravvedimenti di Unico e Irap 2010, con una novità: slitta al 3/1 il termine per le dichiarazioni tardive

Bonazzi a pag. 10

Fisco/2 - Società agricole, la tassazio-ne catastale si sposa con l’esclusività. E chiede la continuità

Campanari da pag. 12

Impresa - Iasb e Fasb accele-rano verso un unico modello di bilancio. Sempre più rivolto

all’esterno delle aziende

Fradeani a pag. 16

Documenti - La sen-tenza della Cassazione

sul mantenimento dei nipoti da parte dei nonni

www.italiaoggi.it/docio7

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IN EV IDENZA

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2 Lunedì 11 Ottobre 2010

ITALIAOGGISETTE PREVIEW

AVVOCATIOGGI

* * *

IOLAVORO

* * *

Antonella Salvatore guida la nuovadivisione retail di Cornerstone

Nasce la divisione di re-tail consulting di Corner-stone international Group, il network internazionale che si occupa di executive search, recruiting e consul-ting. A guidare le attività della divisione è la nuova partner del gruppo, Anto-nella Salvatore, che vanta una pluriennale esperienza in qualità di retail director per noti marchi di prestigio-se aziende italiane ed este-re (Miss Sixty, Calvin Klein Jeans, Bialetti, Fila) ed è attualmente docente pres-so la John Cabot american university. Laureata in economia e commercio, un master Mba, Antonella Salvatore è au-trice dal 2004 di numerosi articoli di business administration per l’editore Wolters Kluwer, ha avviato lo start-up retail di numerose imprese, con lo scopo di introdurre retail expertise in azienda, per consentire lo sviluppo e la gestione di negozi mono-marca, diretti e franchising. Ha collaborato per la ri-cerca di nuove opportunità di business in mercati esteri, come l’Est Europa, il Sud America, il Medio Oriente.

Clive Punter direttore del marketing solutions Emea di LinkedIn

LinkedIn, il social network di profes-sionisti più grande del mondo con più di 80 milioni di iscritti, ha annuncia-to la nomina di Clive Punter a nuovo direttore generale dell’area Marketing Solutions per Europa, Medio Oriente e Africa. Punter guiderà la divisione

Marketing solutions di LinkedIn che mette in comunicazione brand, prodotti e servizi con il più vasto pubblico di

professionisti al mondo. Prima di approdare in LinkedIn, Punter ha ri-coperto il ruolo di a.d. di Cbs Outdoor Inter-national dove gestiva il settore della pubblicità esterna, con più di 2 mila dipendenti in 11 mercati tra Gran Bre-tagna, Francia, Paesi Bassi, Italia, Spagna, Irlanda, Cina, Argenti-na, Brasile, Cile e Uru-guay.

Eugenio Sidoli presidente e ad di Philip Morris Italia

Cambio al vertice di Philip Morris Ita-lia. Eugenio Sidoli è il nuovo presidente e amministratore delegato dell’affi liata italiana della multinazionale leader nel settore del tabacco. Sidoli, nato a Reggio Emilia, ha iniziato la sua carriera in Phi-lip Morris International nel 1993 come brand manager, nella sede operativa di Losanna. Negli anni ha acquisito ruoli di sempre maggiore prestigio e responsa-bilità all’interno del gruppo, fi no a dive-nire nel settembre del 2003 responsabile dell’affi liata di Serbia e Montenegro e, successivamente, dal maggio 2007, re-sponsabile di Philip Morris Spagna.

PROFESSIONI IN MOVIMENTO

Per il cfo più business ■ e meno finanza

Cambia pelle la tradizionale i gura del direttore i nanziario, sempre più coinvolto nelle strategie

a pag. 50

L’analista motivazionale ■ per i gusti dei clienti

La maggiore attenzione dei con-sumatori ha fatto emergere nuove i gure altamente specializzate

a pag. 51

Contratti a tempo ■ per i futuri ricercatori

Viaggio di IOLavoro tra l’esercito dei 25 mila soggetti impegnati nelle università italiane

alle pagg. 52 e 53

Investire negli studi ■ paga sempre nel tempo

La retribuzione media di un lavo-ratore laureato supera del 44% quella di chi ha solo il diploma

a pag. 55

Oltre quattromila ■ opportunità di lavoro

Da Cogest previsti 4 mila posti. Centotrenta inserimenti in Mon-cada. In Google Italia 20 posizio-ni aperte

a pag. 56

Private equity, ora ■ con i fondi si tratta

Il private equity resta un settore interessante per le law i rm, ma le condizioni sono cambiate: i mandati si sono ridotti e pure le parcelle

alle pagg. I, II e III

Fashion lawyer, ■ via al Master Usa

La Fordham University law Scho-ol ospita a Manhattan il primo master per creare esperti di diritto della moda, esperti di brevetti e non solo

a pag. IV

L’avvocato ■ sempre di corsa

Eugenio Bettella, managing partner della sede di Padova di Roedl, racconta la sua car-riera professionale di esperto di m&a e litigation

a pag. V

Quando il legale ■ è un mecenate

Sempre più professionisti, amanti del bello e delle arti, ospitano nei loro studi mostre e collezioni di giovani artisti al debutto. Per pro-prio piacere e per immagine

a pag. VI

Gogp con Abi e Consorzio Bancomat contro l’antitrust sulle commissioni

Alberto Pera e Piero Fattori, partner an-titrust dello studio legale Gianni, Origoni, Grippo & part-ner, coadiuvati dalla senior asso-ciate Valeria Fal-ce e da Alfonso Gallo Carrabba, hanno assistito sia l’Associazione bancaria italiana sia il Consorzio Bancomat in due distinti proce-dimenti (I 724 e I 725) avviati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato per presunte intese restrittive della concorrenza, che si sono chiusi lo scorso 30 settembre con l’accettazione degli impegni. I procedimenti riguardavano la fissazione di commissioni in-terbancarie multilaterali (Mif) relativamente ai servizi di pagamento interbancari Riba e Rid, di prelievo Bancomat e all’utilizzo delle carte di pagamento Pagobancomat. Le parti hanno presentato impegni volti al ridisegno delle commissioni. L’Autorità ha chiuso i pro-cedimenti senza accertare infrazioni.

A&O assiste Baa nella cessione di Gesac, gestore dell’aeroporto di Napoli

È stato firmato il 1° ottobre scorso l’accordo per la cessione da parte di Baa (del gruppo spagnolo Ferrovial) a F2i, il fondo per le in-frastrutture italiano, della partecipazione di controllo pari al 65% del capitale di Gesac spa, società che gestisce l’aeroporto di Napoli Capodichino. L’efficacia della compravendita, il cui valore si aggira intorno ai 150 milioni di

euro, è condizionata al rilascio del nullaosta da parte dell’Antitrust e al mancato esercizio del diritto di prelazione spettante al comune e alla provincia di Napoli. Inclusa nell’operazione è la cessione di una quota del 54% di Software Design spa, società partenopea specializzata in software per aeroporti. Nell’operazione i ven-ditori sono stati assistiti dallo studio Allen & Overy, con un team guidato dal socio corporate Paolo Ghiglione, coadiuvato dagli associate Rosanna Arleo e Federico Longobardi, e, per gli aspetti fiscali, dal socio Francesco Bonichi e dall’associate Michele Milanese. Il compratore è stato assistito da Bonelli Ere-de Pappalardo e, per gli aspetti fiscali, dallo studio Vitali.

Ashurst e Carnelutti nell’acquisizione di un impianto fotovoltaico

Ashurst e Carnelutti studio legale asso-ciato sono gli studi coinvolti nell’acquisizione di uno dei più grandi impianti fotovoltaici in costruzione in Europa in provincia di Rovigo. Nell’operazione Ashurst ha assistito l’acquiren-te First Reserve, fondo di private equity, mentre il venditore, il gruppo americano SunEdison attivo nel settore delle energie, è stato assistito da Carnelutti. Con una potenza installata di circa 70 MW l’impianto, sarà in grado di fornire l’energia necessaria ad oltre 16.500 famiglie.

Orrick a i anco di Ri.Agnano nella cessione di un’area immobiliare al Gruppo Airaudo

Orrick ha assistito Ri.Agnano, società immo-biliare interamente posseduta da Meliorbanca, nell’operazione di cessione a Gruppo Airaudo spa di un’area immobiliare di 120 mila mq con destinazione industriale in provincia di Torino per un valore di circa 13,5 milioni di euro. Il

preliminare di vendita del complesso immo-biliare piemontese per conto di Ri.Agnano è stato perfezionato con l’assistenza di Alessan-dro De Nicola, managing partner italiano, e Marco Dell’Antonia, of counsel, che hanno seguito gli aspetti societari, e Ales-sandro Mainardi, responsabile italia-no del dipartimento tax, per gli aspetti fiscali. Gruppo Airaudo è stato assistito da Angelo Perin di Vicenza

Dewey & LeBoeuf apre un ufi cio ad Abu Dhabi

Dewey & LeBoeuf ha aperto il suo nuovo ufficio in medio oriente, ad Abu Dhabi. Lo studio è presente nell’area da oltre 30 anni con uffici a Dubai, Doha, e Riyadh. A guida-re l’ufficio sarà Stephen Jurgenson.

Legance con Warnaco nell’acquisizione di Lucia

Legance ha assistito Euro Retail srl, società del gruppo Warnaco, nell’acquisizione di Lucia srl, società proprietaria di 22 negozi in fran-chising di Calvin Klein. L’operazione è stata seguita da un team costituito da Jay Dubi-ner e Beatrice Grifoni, in-house counsel, e Andrea Fedi, Marco Graziani e Paola Ferroni, soci e senior associate di Legance. Il venditore è stato assistito da un team compo-sto da Ernesto Suardo dello studio Caffi-Maroncelli e dall’avvocato in-house.

Gabriele Ventura

Piero Fattori

Alessandro De Nicola

Il ministro della giustizia, Angelino Alfano, tradisce gli impegni presi con gli ordini per trenta denari, che tradotti in moneta corrente fanno 29,24 euro. In più occasioni, infatti, il Guardasigilli ha con-vocato i presidenti dei consigli nazionali (e non anche quelli delle associazioni non re-golamentate) per defi nire la riforma delle professioni con la espressa volontà di valo-rizzare il modello ordinistico. Questo fi no a prima dell’estate. Poi, sarà stata la crisi di governo estiva, qualcosa è cambiato. E dal dipartimento degli affari di giustizia è partita una lettera per ognuna delle sei associazioni di professionisti senza albo che avevano chiesto il «riconoscimento» (ai sensi dell’articolo 26 del dlgs 206/2007, di recepimento della direttiva qualifi che) con la richiesta di inviare due marche da bollo del valore di 14,62 euro l’una; da ap-porre rispettivamente sulla domanda di inserimento nell’elenco delle associazio-

ni «riconosciute» e sulla copia conforme all’originale del relativo provvedimento fi nale, copia che verrà inviata non appena apposto il bollo indicato. Insomma senza i trenta denari (ovvero euro) niente decreto da appendere alla parete del presidente dell’associazione di turno. Qualcuno ha pensato, inizialmente, a uno scherzo. Poi rileggendo la lettera ha dovuto prendere atto che è invece tutto vero. Così, preso dalla fretta, qualcuno degli interessati si è recato subito in Via Arenula per portare i due francobolli, fi ducioso di ricevere su-bito copia del decreto e portarlo subito dal corniciaio. Qui la doccia fredda: «Bisogna attendere la pubblicazione del decreto sul-la gazzetta uffi ciale». E qui la rifl essione profonda: «Ma sulla G.U. i decreti ci vanno con la marca da bollo?». Un altro euro per svelare l’arcano.

Moustique

Alfano tradisce gli ordini per 29,24 euro

Antonella Salvatore

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3Lunedì 11 Ottobre 2010P R I M O P I A N O

Inchiesta di ItaliaOggi Sette fra gli operatori. E un vademecum per procedere in sicurezza

La crisi di liquidità spinge il barattoCrescono i casi di permuta. Occhio ai rischi contrattuali e fi scali

Pagina a curaDI ANDREA BONGI

La crisi di liquidità e le dif-fi coltà fi nanziarie di molte aziende italiane fanno tor-nare in auge il contratto di

permuta. Secondo quanto risulta da diversi indicatori economici e dagli operatori interpellati da Ita-liaOggi Sette, negli ultimi due anni il barter trading (termine nobile per indicare semplicemente il baratto) sta conoscendo una sempre più am-pia diffusione. Sia nel campo immo-biliare che mobiliare. Ma accettare in pagamento merce al posto del denaro, è comunque un’operazione che può esporre il creditore a diver-se tipologie di rischio. I pericoli sono riconducibili essenzialmente alle condizioni di diffi coltà del debitore. Occorre infatti essere ben consa-pevoli che tale modalità di adem-pimento sopravvenuta successiva-mente comporta una modifi ca alle originarie pattuizioni contrattuali. Quando l’operazione permutativa è parte integrante delle pattuizioni contrattuali iniziali, come nel clas-sico caso degli immobili da costru-ire, i rischi ed i pericoli per le parti contraenti si attenuano.

Il settore dove tale tipologia di adempimento delle obbli-gazioni è ovviamente più fre-quente è quello delle costruzio-ni immobiliari dove, per una serie di ragioni, le operazioni permutative sono sempre state una possibile forma di adempi-mento. Oggi, complice anche la crisi delle vendite immobiliari, in molte imprese di costruzioni si riscontrano contemporanea-mente i due presupposti basi-lari per il ricorso alla permuta ossia: una diffi coltà fi nanziaria o addirittura una vera e propria crisi di liquidità da una parte e il possesso di un patrimonio im-mobiliare invenduto dall’altra. Esaminiamo dunque i principa-li rischi connessi alle operazioni di permuta.

Modifi ca contrattuale. Uno dei primi elementi che dovranno essere necessariamente conside-rati dal creditore che si appresta a ricevere in pagamento merce in luogo del denaro è la modifi ca alle originali pattuizioni contrattuali che tale operazione comporta. Nel momento in cui si è perfezionato l’originario contratto di fornitura o di prestazione di servizi la con-troprestazione era infatti il denaro e non vi era la previsione di altre possibili forme di adempimento da parte del soggetto che riceveva la merce o la prestazione. La necessità di dover ricorrere ad una forma di adempimento diversa dal denaro si pone, per così dire, quale esigenza sopravvenuta che di per sé è indi-cativa di una anomalia nei rappor-ti contrattuali e di un non corretto adempimento da parte di uno dei contraenti.

Il creditore viene infatti a trovar-si nella scomoda posizione di colui che vanta un credito non oggetto di disconoscimento o contestazio-ne dall’altra parte ma che risulta di diffi cile, se non addirittura im-

possibile, trasformazione a breve, in liquidità.

Accettare la proposta del debito-re che offre beni al posto del denaro è dunque l’ammissione, più o meno implicita, della conoscenza di uno stato di diffi coltà economico fi nan-ziaria del debitore che potrebbe avere, come vedremo in seguito,

più di una spiacevole conseguenza. Per adesso quel che è importante sottolineare è che accettare tale mo-dalità di pagamento comporta una modifi ca nelle originali pattuizioni contrattuali che potrebbe avere conseguenze da non sottovalutare in una eventuale e successiva conte-stazione avente ad oggetto proprio

il contratto da cui le prestazioni o le forniture oggetto della datio in solu-tum hanno avuto origine. Si tratta dunque di una operazione che pri-ma di essere accettata da parte del creditore, dovrà essere sottoposta alle opportune valutazioni legali.

Modifi ca delle parti contra-enti. Altra questione che spesso

si pone nelle ipotesi di pagamento tramite cessione di beni è la possibi-le modifi ca degli originari soggetti contraenti. Si tratta di una ulterio-re variabile rispetto a quella testè esaminata che può complicare e rendere ancora più rischiosa l’ope-razione di permuta. Il caso classico che può presentarsi in tal senso è piuttosto semplice. Un soggetto B risulta debitore nei confronti di A per la fornitura di merce. B non dispone di mezzi liquidi per poter provvedere al pagamento ma è pro-prietario, tramite la società C, di un bene immobile. Qualora il credito-re A accettasse in pagamento della sua fornitura a B il bene immobile di proprietà della società C, l’opera-zione di permuta dovrebbe essere compiuta attraverso due distinte operazioni con conseguente com-pensazione fi nale delle partite re-ciproche di debito credito. Anche in questo caso le problematiche legali e contrattuali sono evidentemente molto complesse e necessitano di una attenta valutazione che non possiamo certo affrontare in que-sta sede.

Differenze di valore. Diffi cil-mente il valore del bene o dei beni offerti dal debitore in pagamento al posto del denaro hanno lo stesso identico valore del credito ogget-to di permuta. In genere il valore dei beni offerti supera oppure è inferiore al valore del credito. Ciò comporta naturalmente problemi di conguaglio fra creditore e debi-tore che possono dar luogo a loro volta ad ulteriori problematiche di natura sia legale che fi scale.

Spesso può diventare oggetto di discussione e di problematiche lo stesso valore da attribuire al bene o ai beni offerti in pagamento. Clas-sico il caso in cui offerto in paga-mento sia un bene immobile. In tale ipotesi infatti il debitore tenderà naturalmente, e per ovvie ragioni, ad attribuire un valore elevato al bene mentre, al contrario, il credito-re avrà invece interessi e prospetti-ve diametralmente opposti.

Problematiche giuridico-contrattuali. Spesso a complicare le operazioni di datio in solutum è la stessa natura e qualità dei beni offerti in pagamento dal soggetto debitore. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il debitore offra in pa-gamento un bene immobile da co-struire o in corso di realizzazione. Se il creditore accetta tale mezzo di pagamento dovrà necessariamente costituirsi le appropriate garanzie sul bene oggetto dell’adempimento. Occorrerà cioè stipulare un appo-sito contratto preliminare avente ad oggetto l’immobile in corso di costruzione valutando altre-sì l’opportunità o meno di pro-cedere alla trascrizione dello stesso presso la conservatoria o la costituzione di apposite ed ulteriori garanzie.

Anche in una ipotesi del ge-nere le possibili variabili che si possono presentare nella prati-ca sono innumerevoli e necessi-tano di opportune valutazioni per evitare spiacevoli inconve-nienti in futuro.

© Riproduzione riservata

L’operazione permutativa può dare luogo a molteplici problematiche di carattere fi scale. In generale il comparto impositivo interessato è quello delle imposte indirette relative al bene o ai beni oggetto della dazione in pagamento. In alcu-ne situazioni, come quelle nelle quali il valore del bene oggetto di permuta è inferiore o superiore alla prestazione dovuta, si possono anche presen-tare problematiche sul fronte delle imposte diret-te, riconducibili essenzialmente al trattamento tributario di dette differenze di valore.Ovvio che anche sul fronte fi scale le maggiori com-plicazioni sorgono quando oggetto dell’operazione permutativa è un bene immobile. In queste ipotesi infatti si devono affrontare le problematiche fi -scali inerenti le imposte relative al trasferimento degli immobili (iva, registro, ipotecarie catastali) nonché i possibili risvolti tributari inerenti l’even-tuale plusvalenza o minusvalenza da cessione in capo al debitore cedente. Anche il creditore che riceve in pagamento l’immobile dovrà fare oppor-tune valutazioni di carattere tributario in ordine alla successiva gestione del bene stesso. Si dovrà cioè valutare l’impatto fi scale delle possibili op-zioni costituite dalla successiva cessione del bene

immobile ricevuto in permuta o del mantenimento dello stesso nel patrimonio del creditore. Ovvia-mente in tali valutazioni di convenienza fi scale grande rilievo sarà assunto dalla tipologia del bene immobile in questione, distinguendo fra unità immobiliari ad uso di civile abitazione o di beni immobili qualifi cabili come strumentali per natura o per destinazione.Nella valutazione fi scale di una operazione di datio in solutum non possono non essere consi-derati anche i rischi di un possibile accertamento da parte dell’agenzia delle entrate. Se oggetto di permuta sono beni suscettibili di accertamento di valore come ad esempio un gli immobili, i rami d’azienda, etc., allora il creditore, prima di accetta-re l’offerta di pagamento dal debitore dovrà porsi il problema della congruità fi scale del valore at-tribuito ai beni stessi.La più o meno elevata rischiosità fi scale in tale senso comporterà la necessità di costi-tuirsi apposite garanzie o azioni di rivalsa nei confronti del debitore da far valere al momento dell’effettuazione dell’operazione permutativa.

© Riproduzione riservata

Per gli immobili qualche complicazione in più

Uno per uno i pericoli da considerare

Modifi ca al contratto originario

Il pagamento della prestazione tramite beni anziché denaro si coni gura come alterazione rispetto alle originarie pattu-izioni contrattuali

Possibile modifi ca delle originarie particontraenti

Spesso nella permuta il soggetto che effettua il pagamento tramite cessione di beni è diverso rispetto all’originario de-bitore/acquirente

Possibile differenza di valore fra debito e beni oggetto di permuta

Difi cilmente il bene oggetto della permuta ha un valore iden-tico alla prestazione originaria. Si pongono quindi problemi di trattamento della differenza

Problematiche giuridico-contrattuali

Spesso i beni offerti in permuta sono in corso di realizzazione (immobili). Ciò comporta la necessità di redigere appositi contratti preliminari a garanzia del creditore

Problematiche fi scaliLe principali problematiche della permuta sorgono in ambito Iva e delle imposte indirette sui trasferimenti, specie quando il bene oggetto di permuta è un immobile

Problematiche connesse al bene oggetto di permuta

Non è detto che il bene ricevuto in permuta sia facilmente e velocemente trasformabile in denaro. Classico caso: beni immobili. Si pongono quindi problemi di gestione del bene

Problematiche amministrative e gestionali

Nelle ipotesi in cui il bene oggetto di permuta provenga da un soggetto terzo (comunque vicino al debitore) si pongono problematiche di compensazione fra le reciproche partite di debito/credito create dalla permuta

Rischio azione revocatoria

Accettare in pagamento beni al posto del denaro può espor-re il creditore all’azione revocatoria in caso di fallimento del debitore. Secondo la legge fallimentare si tratta infatti di un «mezzo anomalo di pagamento»

Necessità di costituire garanzie

Quando oggetto di permuta è un bene futuro (immobile in corso di costruzione) il creditore dovrà costituirsi le più ido-nee garanzie quali, ad esempio, la registrazione e trascri-zione del contratto preliminare

Altre problematiche

Spesso il creditore non può ricevere il bene proposto in per-muta perché estraneo alla sua attività. Ciò può costringerlo alla creazione di società ad hoc (per esempio, immobiliare) per ricevere e gestire i beni ricevuti in permuta

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4 Lunedì 11 Ottobre 2010 P R I M O P I A N O

Pagina a curaDI ANDREA BONGI

Nella datio in solutum il maggior pericolo che corre il creditore è legato al successivo fallimento

del debitore. Secondo la legge fallimentare infatti se tale ope-razione è avvenuta all’interno del cosiddetto «periodo sospetto» pari all’anno anteriore alla dichia-razione di fallimento, essa è di per sé stessa revocabile a patto che il creditore non riesca a dimostrare che «...non conosceva lo stato di insolvenza del debitore».

L’avversione della legge fal-limentare per gli adempimenti delle obbligazioni effettuati con mezzi diversi dal denaro discen-de direttamente dalle disposizioni del codice civile che disciplinano l’istituto della «prestazione in luogo dell’adempimento». Secon-do l’articolo 1197 del codice civile infatti perché il debitore possa ritenersi effettivamente liberato dalla propria obbligazione è ne-cessario che il creditore «accetti» espressamente la diversa forma di pagamento. Se il pagamento avviene in denaro tale accettazio-ne non è invece richiesta ed il de-bitore è immediatamente liberato al momento dell’adempimento.

Il fatto che il creditore debba accettare la diversa forma di pa-gamento proposta pone quest’ul-timo nella condizione di effettuare una valutazione all’interno della quale, inevitabilmente, non può che venire in considerazione an-che un giudizio sulla solvibilità o meno del suo debitore.

Naturalmente al di là della rigidità delle disposizioni del co-dice civile che individuano come datio in solutum qualsiasi forma di adempimento effettuata con mezzi diversi dal denaro contante (art. 1227) le Sezioni Unite della Cassazione con la recente sen-tenza n.26617/2007 hanno esteso l’effetto solutorio, per così dire im-mediato, anche agli altri mezzi di pagamento che oggi possono esse-re in tutto e per tutto assimilati al denaro contante quali, in primis, gli assegni circolari.

Al di là di queste considerazio-ni di natura prettamente tecnico-giuridiche, dal punto di vista pra-tico il creditore che si trova nelle condizioni di valutare l’offerta del debitore che propone il pagamen-to con forme diverse dal denaro, in specie beni, non può esimersi dal valutare il rischio di un successivo fallimento del debitore stesso.

Un tale evento potrebbe esporre ai rischi di una azione revocatoria l’intera operazione permutativa costringendo il creditore alla ri-petizione al curatore di quanto ottenuto dal debitore poi fallito in contropartita del diritto all’in-sinuazione al passivo per il cre-dito insoddisfatto. Come si può facilmente comprendere si tratta di un rischio di non poco conto ampliato dal fatto che la legge fallimentare pone il curatore in una posizione di assoluto privile-gio in ordine all’onere probatorio dell’azione stessa. Quest’ultimo infatti dovrà soltanto limitarsi alla dimostrazione che all’interno del periodo sospetto, oggi l’anno anteriore alla dichiarazione del fallimento, il creditore ha accetta-to in pagamento dal debitore poi fallito, mezzi diversi dal denaro. Il curatore fallimentare, in altri

termini, potrà semplicemente li-mitarsi alla dimostrazione ogget-tiva dell’avvenuta datio in solu-tum all’interno del suddetto arco temporale caricando sul creditore oggetto di revocatoria l’onere, ben più gravoso, di dimostrare che al momento dell’accettazione della diversa forma di pagamento «...non conosceva lo stato di insolven-za del debitore».

Senza entrare nel merito delle questioni tecniche e delle posizioni giurisprudenziali in materia pre-me qui sottolineare come il rischio della revocatoria dei pagamenti effettuati con mezzi diversi dal denaro è il pericolo maggiore che corre il creditore.

Rischio che purtroppo, data l’attuale situazione economico fi nanziaria, è naturalmente più elevato che in passato.

Oggi infatti il ricorso alle forme di pagamento diverse dal dena-ro è aumentato proprio a causa della carenza di liquidità di cui dispongono le aziende. In questa situazione diviene ancora più gra-voso per il creditore che si trova costretto ad accettare l’operazione permutativa proposta, il rischio di una successiva azione revoca-toria.

Il rischio revocatoria inoltre può essere ancora più forte in tutte quelle situazioni in cui la prestazione offerta dal debitore sia di importo o valore, superiore al credito originario. In questi casi infatti sarà ancora più diffi cile di-mostrare la non consapevolezza delle difficoltà economiche del debitore avendo accettato dallo stesso un pagamento di valore superiore all’importo dovuto.

Del pari i rischi revocatoria aumenteranno quando la datio in solutum è conseguenza della reiterata insolvenza del proprio debitore, ovvero è il frutto,. Più o meno diretto, di azioni lega-li intentante dal creditore per riscuotere il proprio credito, di diffi coltose ed estenuanti tratta-

tive svolte per arrivare ad una soluzione di compromesso fra le parti e simili.

Tenuto conto che i beni offerti più frequentemente in permuta sono gli immobili occorre inoltre considerare i rischi impliciti di tali operazioni nell’ottica della potenziale azione revocatoria successiva.

Seguendo il ragionamento ef-fettuato dalle sezioni unite della cassazione nella citata sentenza del 2007 non possiamo che con-venire che tra le diverse possibili forme di pagamento alternative al denaro gli immobili costituiscono una fra quelle meno velocemente liquidabili e con i maggior rischi annessi. Data l’attuale situazione di diffi coltà del mercato immobi-liare accettare infatti beni im-mobili in pagamento al posto di denaro o altri mezzi di pagamento equipollenti (assegno circolare, ef-fetti, etc) signifi ca rinunciare, più o meno implicitamente, alla tra-sformazione in liquidità corrente del credito originario.

Il creditore perciò sarà dispo-nibile ad accettare in pagamento un bene immobile solo se ciò costi-tuisce l’unica possibilità di veder soddisfatto il proprio credito.

Anche in questo caso siamo di fronte a considerazioni che pos-sono agevolare, anche di molto, l’esperimento dell’azione revoca-toria da parte del curatore ed al tempo stesso mettere in assoluta diffi coltà il creditore chiamato alla prova, quasi diabolica, della non conoscenza dello stato di dissesto del proprio debitore.

Ciò premesso resta di chiedersi quali sono i possibili mezzi di tu-tela a disposizione del creditore “costretto” ad accettare una dazio-ne in pagamento.

Anche in questo caso non esi-stono soluzioni valevoli in as-soluto ed in ogni situazione. E’ evidente che il creditore dovrà effettuare una serie di verifi che per cercare di comprendere quali

siano le reali condizioni economi-co-finanziarie del suo debitore. Oggi gli strumenti disponibili per una tale verifi ca sono molteplici e variano a seconda della tipologia soggettiva del debitore stesso. Si pensi, ad esempio, alla possibilità

di consultare i bilanci depositati pressi il registro delle imprese o di procedere alla verifi ca della sussistenza o meno di protesti a carico del debitore ecc.. Natural-mente il creditore, prima di pro-cedere all’operazione permutativa dovrà consultarsi con i propri pro-fessionisti di fi ducia per avere un quadro chiaro dei rischi ai quali lo stesso va incontro accettando in pagamento mezzi diversi dal de-naro originariamente pattuito.

Una volta edotto dei rischi e dei pericoli che tale operazioni com-portano il creditore dovrà sceglie-re, perché è poi questo in fondo il mestiere dell’imprenditore, se l’assunzione di tali rischi è giu-stifi cata in relazione all’importo del credito da riscuotere nonché alle possibili azioni esperibili in alternativa (decreti ingiuntivi, in-timazioni di pagamento, etc.).

Un ultima considerazione. Te-nuto conto dell’incremento delle operazioni permutative diret-tamente riconducibili alla con-giunturale carenza di liquidità del sistema c’è da augurarsi che nell’immediato futuro i curatori fallimentari ed i magistrati ten-gano conto di tali circostanze una volta chiamati a giudicare sulla revocabilità o meno di una datio in solutum.

Se così non fosse, visto anche i risultati dell’indagine condotta e riportata nelle pagine del nostro settimanale, c’è da aspettarsi un incremento, anch’esso esponen-ziale, delle azioni revocatorie fallimentari ex articolo 67, primo comma, numero 2) della legge fal-limentare.

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Permute revocabilinel fallimento

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Datio in solutum, le principali fonti

Articolo 1197 codice ci-vile - Prestazione in luogo dell’adempimento

Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta.In questo caso l’obbligazione si estingue quando la diver-sa prestazione è eseguita. Se la prestazione consiste nel trasferimento della proprietà o di un altro diritto, il debitore è tenuto alla garanzia per l’evizione per i vizi della cosa se-condo le norme della vendita salvo che il creditore preferisca esigere la prestazione originaria e il risarcimento del danno.In ogni caso non rivivono le garanzie prestate dai terzi.

Articolo 67 legge falli-mentare - Atti a titolo one-roso, pagamenti, garanzie

Sono revocati, salvo che l’altra parte non provi che non cono-sceva lo stato di insolvenza del debitore:

omissis…1. gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non 2. effettuati con denaro o con altri mezzi normali di paga-mento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;

Corte di cassazione, se-zioni unite, sentenza n. 26617/2007

Riconosciuta la possibilità per il debitore di liberarsi dall’obbli-gazione attraverso un pagamento con mezzi diversi dal denaro ma ad esso assimilabili (per esempio, assegno circolare).Rimane tuttavia una differenza sostanziale ovvero: il pagamento in denaro libera subito il debitore mentre il pagamento con ogni altro mezzo necessita dell’accettazione del creditore

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5Lunedì 11 Ottobre 2010P R I M O P I A N O

Torna in auge il baratto, a partire dal settore delle costruzioni: un antidoto alla crisi

Il pagamento comodo? In mattoniScambi terreni-immobili per far fronte ai problemi di liquidità

Pagina a curaDI VALERIO STROPPA

Permuta di terreni da edifi care con immobili di futura costruzione su quelle stesse aree

per evitare di pagare l’intero importo «cash» e quindi impe-gnarsi maggiormente con le banche. Sembra essere questa la soluzione, peraltro già uti-lizzata anche prima della crisi, che i costruttori edili adottano sempre di più per far fronte alla carenza di liquidità che contraddistingue l’attuale con-giuntura economica.

Uno strumento che si distin-gue dalla compravendita tipica poiché non realizza lo scambio di cosa contro prezzo, bensì lo scambio di cosa contro cosa, con l’eventuale conguaglio in dena-ro. Una fattispecie consolidata nell’ordinamento giuridico na-zionale, ma che può esporre a rischi il venditore del terreno se non gestita correttamente.

Nuovo appeal per la per-muta. «È verosimile che le im-prese ricorrano alla permuta più frequentemente rispetto agli anni d’oro», commenta Ga-briele Noto, consigliere naziona-le del Notariato con delega alla comunicazione, «anche se non ci sono dati. In passato molte im-prese edili riuscivano a vendere una buona parte degli apparta-menti già “su pianta”, prima an-cora di avviare il cantiere. Oggi questo non succede più e i fatti evidenziano che molti costrutto-ri, che si sono impegnati con le banche per fi nanziare le spese iniziali, si ritrovano ora in crisi di liquidità, generando situazio-ni critiche e possibili rischi di insolvenza».

Ma la permuta immobiliare può riguardare anche la cir-colazione degli immobili tra privati, come conferma Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia, l’associazione mi-lanese della proprietà edilizia: «l’aumento delle permute è un effetto collaterale della crisi, che implica necessariamente un minor dinamismo del mer-cato», spiega a ItaliaOggi Sette. «Tuttavia diffi cilmente si regi-strano permute pure, cioè alla pari, perché nel 99% dei casi una delle due controparti ha un interesse a incamerare una differenza in denaro, al pari del concessionario di automo-bili che prende indietro, maga-ri supervalutandolo, il vecchio veicolo del cliente».

Cedendo un immobile ancora sulla carta al posto del denaro, quindi, le aziende del mattone possono evitare di esporsi ec-cessivamente dal punto di vista fi nanziario?

«Sicuramente sì, anche per-ché la crisi di liquidità attuale riguarda non soltanto coloro che, volendo arricchirsi troppo in fretta, hanno fi nanziato un cantiere con un altro, con l’ef-

fetto che all’incaglio di una posizione è venuta meno l’intera gestione dei flussi finanziari», prosegue Noto, «ma an-che le imprese sane che hanno sempre ammini-strato prudentemente gli affari. D’altro canto, bisogna trovare ven-ditori dei terreni che non hanno particolare necessità di contanti, che credono nell’inve-stimento immobiliare e che possono ragionare in termini di lungo pe-riodo».

Infatti, non sempre il proprietario di un’area edifi ca-bile è disposto ad accettare in cambio dei beni offerti una cosa futura, che da un lato presenta tempi lunghi (anche per l’even-

tuale realizzo), oltre ai rischi di possibile fallimento dell’impre-sa debitrice, e dall’altro non consente particolari cambi in corso d’opera.

«È uno schema rigi-do», spiega Noto, «per-ché al modifi carsi del-le esigenze del futuro proprietario non può corrispondere di nor-ma molta flessibilità (come, per esempio, richiedere un appar-tamento più grande invece che i due, più piccoli, pattuiti all’ori-gine). Un po’ come chi prenota in sartoria un vestito su misura taglia 50 da ritirare dopo due anni. Se nel frattempo la persona mette su qualche chilo

il bene promesso non rispon-derà più alle sue esigenze». A fronte di questa rigidità, è tut-tavia possibile spuntare una valutazione dell’immobile più

conveniente rispetto al reale valore di mercato.

Le permute, però, possono anche conseguire a situazioni patologiche, in cui un soggetto debitore non riesce a far fron-te alle proprie obbligazioni in denaro e dà quindi fondo al proprio patrimonio, compreso quello immobiliare.

«Purtroppo capita sempre più spesso», prosegue Colom-bo Clerici, «perché così facendo si elimina un passaggio, che è quello del realizzo. La mone-tizzazione di un immobile, di regola, presenta tempi lunghi e costi. Tuttavia, bisogna che il creditore sia disposto ad ac-cettare un immobile illiquido, magari perché riesce a spun-tare una quotazione migliore. Le valutazioni vanno operate con riguardo alle singole posi-zioni ed è diffi cile generalizza-re». Con un possibile sviluppo, però. «Molti istituti fi nanziari, come le banche, rischiano di ritrovarsi a dover escutere gli immobili ipotecati sui mutui non pagati, venendo ad avere in portafoglio un patrimonio immobiliare spesso estraneo alla propria attività», conclude il presidente di Assoedilizia.

«A quel punto devono at-trezzarsi, tanto per la gestione ordinaria (amministrazione, mantenimento dell’immobile per evitare il deperimento), quanto per la valorizzazione e l’immissione nel mercato del bene. Con ulteriori costi, sia che scelgano di avvalersi di studi di consulenza che fungo-no da alter ego nella gestione, sia laddove decidano di crearsi un’immobiliare in casa».

Una situazione, però, che per il Notariato è ancora piuttosto lontana. «Per due motivi», chiosa Noto. «Primo: le procedure esecutive sono molto lunghe e, poiché la crisi è iniziata da circa due anni, se uno scenario simile dovrà verificarsi sarà almeno tra due-tre anni.

Secondo: dall’analisi dei co-sti, della durata e degli sforzi necessari allo sfruttamento degli immobili, molte banche scelgono di rinunciare alla procedura esecutiva. Per evi-tare tutti i problemi legati all’incertezza dei tempi, alla gestione degli immobili, che spesso peraltro sono di scarso pregio e presentano ulteriori aspetti negativi (occupazioni abusive, necessità di ristruttu-razione ecc.), i creditori optano per una transazione rapida, anche «a perdere», ove possibi-le. Viceversa, procedono con la svalutazione totale del credito, rinunciando a rivalersi sulla garanzia».

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«La permuta diretta tra privati è un evento abbastanza raro. E presenta problematiche e aspetti giuridici diversi rispetto alla per-muta di cosa futura che si realizza quando impresa edile e proprietario del terreno da edifi care stipulano appunto un contratto con-sistente nella cessione del terreno da parte del venditore in cambio di una o più unità immobiliari (a seconda naturalmente del va-lore del terreno e della permuta sulla carta) che l’acquirente consegnerà al venditore a costruzione terminata». È quanto afferma l’avvocato Vincenzo Nasini, presidente della Confedilizia ligure e responsabile del coordi-namento condominiale di Confedilizia.Ma anche nel caso in cui un’impresa venda un appartamento nuovo a un privato ricevendo in permuta, a titolo di pagamento parziale, un altro immobile l’operazione è piuttosto articolata.«Per il costruttore l’operazione non si presen-ta lineare ed esente da problemi», spie-ga Nasini, «e questo perché o provvede ad intestarsi diret-tamente l’apparta-mento con un rogi-to, perdendo così il denaro delle imposte

di registrazione, oppure si fa rilasciare una procura a vendere, andando però in contro a problemi fi scali di non poco conto».E quanto all’acquirente? «In primo luogo dovrà versare una somma di denaro tramite assegno bancario non trasferibile intestato alla società costruttrice che verrà considera-ta caparra confi rmatoria».Riguardo a tale importo, la società venditri-ce dovrà obbligatoriamente rilasciare una fi deiussione (come previsto dalla legge n. 210/2004 e dal dlgs n. 122/2005): in questo modo la somma offerta verrà garantita da una banca fi no alla stipula del rogito notarile di trasferimento della proprietà. La garanzia deve essere rilasciata prima della sottoscri-zione del contratto preliminare. In questa va-rietà di casi, emerge una sola certezza. «Le buone prassi civilistiche, fi scali e urbanisti-che da seguire differiscono da caso a caso», conclude Nasini, «pertanto è indispensabile,

anche per la com-plessità dell’ope-razione che viene posta in essere, che le parti si facciano assistere da consu-lenti specializzati, sia tecnici, sia giu-ridici».

Per i privati un percorso più articolato

Permute immobiliari: alcuni esempi

Un’impresa costruttrice vuole edii care un immobile su un terreno di proprietà altrui. In luogo dell’acquisto «cash» del terreno, l’impresa può accordarsi con il venditore dell’area per una per-muta con uno o più appartamenti di quelli che saranno costruiti, con un eventuale conguaglio in denaro.

Una società immobiliare che vende appartamenti, soprat-tutto nei periodi meno brillanti del mercato, può accettare in conto vendita la permuta della vecchia casa di chi intende acquistare. Naturalmente in questo caso nel contratto andrà specii cato che l’acquirente lascerà la sua vecchia casa solo quando sarà ultimata e abitabile quella nuova. Per prassi, le società/agenzie venditrici accettano il «ritiro» della vec-chia casa solo se il valore di quest’ultima è sensibilmente inferiore a quella da acquistare, dando luogo quindi alla corresponsione della maggior parte del prezzo in denaro.

Soggetti anziani rimasti a vivere da soli in un’abitazione di grandi dimensioni possono tipicamente rivolgersi a un consulente immobiliare specializzato per permutare l’immobile con un apparta-mento di metratura più ridotta, incassando l’eventuale conguaglio in denaro.

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6 Lunedì 11 Ottobre 2010 P R I M O P I A N O

Le nuove regole degli istituti di previdenza sui termini dei procedimenti amministrativi

Enti, la burocrazia taglia i tempiPer l’Inail scadenze a 30 giorni, ma per le rendite fi no a 180

Pagine a curaDI CARLA DE LELLIS

Tempi certi, per aziende e cittadini, sulle prati-che delle pubbliche am-ministrazioni. Infatti, è

dal 4 luglio in vigore la legge n. 69/2009 che dispone che tutti i procedimenti amministrati-vi, sia quelli avviati a doman-da degli interessati che quelli azionati d’uffi cio, devono con-cludersi entro il termine certo di 30 giorni, con provvedimen-to motivato. Alle p.a. è data la possibilità di regolamentare con proprio atto i termini di conclu-sione dei propri provvedimenti variabili dai 30 ai 180 giorni. In ogni caso, il mancato rispetto dei termini determina l’obbligo del risarcimento del danno ingiusto subito dai privati per il ritardo dell’amministrazione. Inail e Inps hanno già messo in campo le autonome regolamentazioni. Sulle pratiche Inail, il termine è ordinariamente a 30 giorni sal-vo che nelle ipotesi di riconosci-menti di rendite e di indennizzi quando può raggiungere i 180 giorni. Solo 20 giorni, invece, per la rateazione ordinaria dei premi. Il ritardo lo paga il di-rigente. A stabilirlo, la deter-mina n. 17/2010 del presidente dell’Inail.

Sviluppo e competitività. La novità scaturisce dalla legge n. 69/2009 (competitività e svi-luppo economico) che ha fi ssato a carico di tutte le pubbliche am-ministrazioni il dovere di con-cludere qualsiasi procedimento, che consegua obbligatoriamente a un’istanza o che venga avviato d’uffi cio, mediante l’adozione di uno specifi co atto.

In particolare è stata modifi ca-ta la legge n. 241/1990, che con-tiene proprio le norme generali sull’azione amministrativa, con introduzione di due innovazioni: 1) il principio per cui i procedi-menti amministrazioni di com-petenza della amministrazioni statali e degli enti pubblici devo-no concludersi entro il termine di 30 giorni; 2) la possibilità, per p.a. ed enti pubblici, di fi ssare termini diversi, comunque non superiori a 90 giorni. Mentre per le p.a., l’individuazione di diversi termini è compito affi -dato ai ministri competenti, gli enti pubblici possono autonoma-mente procedere all’operazione di aggiornamento dei termini, secondo le norme dei propri or-dinamenti.

Sempre la legge n. 69/2009, inoltre, ha previsto a carico delle medesime pubbliche am-ministrazioni e degli stessi enti pubblici l’obbligo al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza doloso o colposa del termine di conclusione del procedimento.

Il nuovo quadro per l’Inail. Con determina n. 17/2010, il pre-sidente dell’Inail ha aggiornato il quadro su termini e respon-sabilità di tutti i procedimenti

amministrativi, individuando specifi catamente anche gli uffi ci di competenza.

Le principali novità sono indi-cate in tabella. Talvolta si tratta della fi ssazione di termini prima non previsti; in altri casi la con-ferma di scadenze già individua-te dalla legge (come per esempio nel caso dell’emissione del Durc). La maggior parte delle ipotesi recepisce il termine di 30 giorni previsto ordinariamente dalla legge n. 241/1990. Termini più ampi, invece, sono stati previsti

nei casi di erogazione di presta-zioni (fi no a 180 giorni) perché generalmente connessi al ricevi-mento di certifi cati medici o alla verifi ca degli stati invalidanti.

Dal 4 luglio 2010. Le nuove norme sono operative dal 4 lu-glio. Il termine di 30 giorni, ha spiegato l’Inail nella nota proto-collo n. 3968/2010, si applica ai quei procedimenti per i quali en-tro la predetta data non sia sta-to fi ssato alcun termine. Rela-tivamente alle conseguenze per il ritardo dell’amministrazione,

l’istituto assicuratore ha spiega-to che l’obbligo del risarcimento del «danno ingiusto» scatta in conseguenza dell’inosservanza, doloso o colposa, del termine di conclusione del procedimento.

In particolare, secondo l’Inail, è stato introdotto un riferimen-to prevalente alla responsabili-tà dirigenziale, relativamente alla quale è stato previsto un modello sanzionatorio fondato su provvedimenti negativi in-cidenti sul piano retributivo e disciplinare.

Pertanto, nelle ipotesi d’inos-servanza doloso o colposa del termine, l’Inail è tenuto al ri-sarcimento del danno esperen-do, successivamente, l’azione di rivalsa nei confronti del dipen-dente che abbia agito con dolo o colpa grave.

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LA TEMPISTICA INAIL

Procedimento Uffi cio responsabile Termini

Oscillazione del tasso medio nei primi due anni di attività

Unità territoriale 30 giorni dalla ricezione della richiesta

Oscillazione del tasso medio dopo i primi due anni di attività (bonus malus)

Unità territoriale 120 giorni dalla ricezione della domanda

Rimborso eccedenze Unità territoriale 60 giorni dalla ricezione della comunicazione

Rilascio autorizzazioni layout software (libro unico del lavoro)

Direzione centrale rischi 30 giorni dalla ricezione della richiesta

Difi da (ex articolo 16 del T.u. Inail) Unità territoriale30 giorni dalla conoscenza della mancata denuncia

Rateazione ordinaria Unità territoriale 20 giorni dalla ricezione della richiesta

Accentramento posizioni assicurativeDirezione regionale/provinciale

30 giorni dalla ricezione della richiesta

Rilascio certii cato di assicurazione Unità territoriale 30 giorni dalla ricezione della richiesta

Rilascio certii cato di cessazione Unità territoriale30 giorni dalla ricezione della denuncia di cessazione azienda

Rilascio certii cato di variazione Unità territoriale30 giorni dalla ricezione della denuncia di variazione

Riclassii cazioni/re inquadramenti Unità territoriale 90 giorni dalla ricezione della richiesta

Dispensa denunce nuovo lavoro Unità territoriale 90 giorni dalla ricezione della richiesta

Rilascio Durc Unità territoriale 30 giorni dalla richiesta

Costituzione rendita per danno permanente Unità territoriale120-180 giorni dalla ricezione del certii cato medico

Costituzione rendita a superstiti Unità territoriale 120 giorni dalla ricezione della domanda

Liquidazione assegno funerario Unità territoriale 120 giorni dalla data di ricezione della domanda

Corresponsione ratei insoluti a eredi Unità territoriale30 giorni dalla data di esibizione della documentazione di rito

Revisione della rendita per danno permanente Unità territoriale90 giorni dalla data di ricezione della richiesta o dell’invito a visita

Riconoscimento indennizzo in capitale per danno permanente

Unità territoriale120-180 giorni dalla ricezione del certii cato medico

Liquidazione assegno di incollocabilità Unità territoriale 30 giorni dalla data di ricezione della domanda

Liquidazione prestazioni a seguito di sentenza Unità territoriale 30 giorni dalla data di notii ca della sentenza

Fondo sostegno famiglie vittime di infortuni Unità territoriale30 giorni dall’accertamento sommario e previo trasferimento risorse i nanziarie all’Inail

Certii cato di inabilità (per gli usi di legge) Unità territoriale 30 giorni dalla data di ricezione della domanda

Concessione protesi e dispositivi previsti dal Nomenclatore tariffario

Unità territoriale30 giorni dalla data di ricezione della domanda o dalla data di inizio del procedimento d’ufi cio

Concessione dispositivi extratariffari e non previsti dal Nomenclatore tariffario

Unità territoriale60 giorni dalla data di ricezione della domanda o dalla data di inizio del procedimento d’ufi cio

Concessione dispositivi particolari previsti dal titolo III del regolamento protesico Inail

Unità territoriale90 giorni dalla data di ricezione della domanda o dalla data di inizio del procedimento d’ufi cio

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7Lunedì 11 Ottobre 2010P R I M O P I A N O

Sui termini di conclu-sione dei procedimenti amministrativi l’Inps prende tempo. Infatti,

soltanto in pochi casi l’istituto ha conservato il termine breve di legge di 30 giorni. Peral-tro, per una sola volta e per la durata non superiore a 30 giorni, il termine si potrà an-che sospenderlo; mentre per le istanze incomplete la de-correnza è fissata dal momen-to del loro perfezionamento. Lo stabilisce la determina n. 47/2010 con cui l’Inps ha re-cepito le novità della legge n. 69/2009 che ha modificato la legge n. 241/1990.

Procedimenti e tempi (più) certi. Il nuovo regola-mento Inps rivede i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi (si veda ta-bella) raccogliendo, in forma organica, anche la disciplina del computo dei termini (si stabilisce, per esempio, con esattezza il momento inizia-le di decorrenza e le modalità di computo), nonché fissando i contenuti obbligatori delle comunicazioni di avvio dei procedimenti ad istanza di parte e d’ufficio e le conse-guenze di eventuali ritardi nella conclusione dei proce-dimenti stessi.

Ambito di applicazione Inps. Il nuovo regolamen-to riguarda tutti i procedi-menti amministrativi che prendano avvio ad istanza di parte o d’ufficio. Non riguar-da, invece, i procedimenti amministrativi promossi con ricorso avverso un atto o provvedimento amministra-tivo; i procedimenti relativi alla gestione del personale e all’acquisizione di lavori, ser-vizi e forniture.

I criteri di computo. Il termine per la conclusione del procedimento amministrativo si computa secondo il calen-dario comune. La durata del procedimento si calcola senza tener conto del giorno in cui lo stesso ha avuto inizio, nel caso di procedimenti d’ufficio, ovvero di quello in cui l’Inps ha ricevuto l’istanza, nel caso di procedimenti a iniziativa di parte.

Ai fini del calcolo della durata del procedimento, si computa invece il giorno in cui viene adottato il provve-dimento finale.

Il termine si compie con lo spirare dell’ultimo istante del giorno finale. Se cade in gior-no non lavorativo, il termine è prorogato di diritto al giorno successivo lavorativo.

In tutti i procedimenti in cui è d’obbligo comunicare tempestivamente all’istante i motivi ostativi all’accogli-mento della domanda presen-tata, il computo del termine si interrompe a decorrere dalla data di inoltro di detta comu-nicazione, e riprende a decor-rere nuovamente e integral-mente dalla presentazione delle osservazioni dell’istante o col decorso del termine di 10 giorni dal ricevimento della comunicazione, in difetto di osservazioni.

Questa interruzione non si applica ai procedimenti in

materia previdenziale e assi-stenziale insorti a seguito di istanza di parte.

Il termine massimo di con-clusione del procedimento s’intende rispettato qualora l’Inps abbia adottato il prov-vedimento finale, anche se detto provvedimento non sia stato ancora comunicato.

La sospensione del ter-mine. Il regolamento Inps, ancora, stabilisce che i ter-mini possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a 30 giorni, per consentire l’ac-quisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dello stesso Inps o non diret-tamente acquisibili presso altre pubbliche amministra-zioni.

L’espletamento dell’istrut-toria e di ogni altro adempi-mento procedimentale vengo-no considerati atti a rilevanza meramente interna e stru-mentali rispetto all’adozione del provvedimento finale, e non sospendono pertanto il decorso dei termini previsti.

I tempi necessari per l’ac-quisizione di pareri e di va-lutazioni indispensabili ai fini dell’adozione del provve-dimento rientrano in quelli previsti per i singoli proce-dimenti, qualora tali pareri e valutazioni siano resi da professionisti o tecnici dipen-denti dell’Inps.

Ancora l’Inps prevede che laddove, per espressa disposi-zione di legge o di regolamen-to, sia previsto che per l’ado-zione di un provvedimento debbano essere preventiva-mente acquisite le valutazio-ni tecniche di organi o enti appositi e questi non prov-vedano o non rappresentino esigenze istruttorie di com-petenza dell’Inps nei termini prefissati dalla disposizione stessa o, in mancanza, entro 90 giorni dal ricevimento del-la richiesta, il responsabile del procedimento è tenuto a chiedere le suddette valuta-zioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubbli-ca o ad enti pubblici che sia-no dotati di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero a istituti universita-ri.

Il risarcimento del dan-no. L’eventuale scadenza del termine non solleva il respon-sabile Inps del procedimento dall’obbligo di conclusione del procedimento mediante adozione del provvedimento finale o trasmissione degli atti all’organo competente ad adottarlo.

La mancata emanazione del provvedimento, nei termini previsti (si veda tabella), co-stituisce elemento di valuta-zione della responsabilità di-rigenziale. In tal caso, inoltre, l’Inps è tenuto a risarcire il cittadino del danno ingiusto derivante dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedi-mento. Il diritto al risarci-mento del danno si prescrive in cinque anni.

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Istanze incomplete,l’Inps mette un freno

La nuova previsione del «termine certo» si ap-plica a ogni procedimento amministrativo, tanto cioè a quelli che conseguano obbligatoriamente a un’istanza di parte e tanto a quelli che devono essere iniziato d’uffi cio. In tutte queste ipotesi, dunque, l’Inps deve concluderlo mediante l’ado-zione di un provvedimento espresso entro i ter-mini prefi ssati dal nuovo regolamento (indicati in tabella). Il termine decorre dall’inizio del pro-cedimento d’uffi cio o, nel caso di procedimenti ad iniziativa di parte, dal ricevimento dell’istan-za. Quest’ultima deve essere presentata con le forme, nei modi e alle condizioni previste dalle disposizioni legislative e regolamentari. Le istan-ze presentate prive di sottoscrizione autografa o elettronica, oppure carenti degli elementi essen-ziali che consentano l’individuazione dell’istante e dell’oggetto della richiesta, o non corredate del-la documentazione prescritta dalle disposizioni normative e regolamentari vigenti inerenti lo specifi co procedimento, si considerano come non presentante e non danno luogo quindi al decorso dei termini.Se la domanda è incompleta ma, comunque, sa-nabile o soggetta a consolidazione, l’Inps ne dà comunicazione all’istante entro un termine pari alla metà di quello fi ssato per la durata del pro-cedimento (o nel termine eventualmente diverso previsto da specifi ca disposizione legislativa o regolamentare) con specifi cazione delle cause d’irregolarità o incompletezza. In questi casi,

il termine per la conclusione del procedimento decorre dalla data di ricevimento della domanda regolarizzata o completata.Ai fi ni del decorso del termine in caso di proce-dimenti ad iniziativa di parte, l’istanza si intende ricevuta dall’Inps:a) per le istanze inviate a mezzo posta racco-mandata a/r, alla data di consegna all’istituto ri-sultante dall’avviso di ricevimento, e, se la data non risulta o sia comunque incerta, alla data ri-sultante dal bollo apposto sull’avviso medesimo dall’uffi cio postale;b) per le istanze inviate a mezzo posta racco-mandata senza avviso di ricevimento, alla data risultante dal protocollo d’ingresso in istituto;c) per le istanze trasmesse con posta elettronica certifi cata (Pec), alla data risultante dalla rice-vuta informatica di avvenuta consegna;d) per le istanze trasmesse a mano presso una struttura dell’Inps, alla data di consegna risul-tante dalla ricevuta contestualmente rilasciata dall’istituto.Qualora nel corso del procedimento la parte istante fornisca, per qualsiasi motivo, nuovi documenti o notizie tali da modifi care elementi essenziali dell’istanza, la presentazione dei docu-menti o delle notizie equivale alla presentazione di uova istanza. In questo caso, il termine per la conclusione del procedimento decorre nuova-mente e integralmente dalla data di ricevi-mento di tali documenti o notizie.

Come calcolare il rispetto dei termini

I TERMINI (1)

Provvedimenti Termini

Rilascio estratto conto assicurativo A vistaEstratto conto certii cativo 60 giorniPensioni di vecchiaia, anzianità, indirette e reversibilità (esclusi Fondi speciali) 60 giorniPensioni di invalidità e inabilità (con esclusione dei Fondi speciali) 90 giorniLiquidazione pensioni Fondi speciali 90 giorniLiquidazioni ass. stra. Bancari 60 giorniLiquidazione pensioni convenzione internazionale 90 giorniRicostituzioni pensioni convenzionali internazionali 120 giorniRicostituzioni pensioni fondo ferrovie 120 giorniRicostituzioni pensioni contributive, da supplemento e documentali 90 giorniInvalidità civile, riconoscimento 90 giorniInvalidità civile, pagamento 60 giorniInvalidità civile, nelle regioni non convenzionate 120 giorniVar. e detr. d’imposta/rettii ca cert. Fiscale 60 giorniGestione modelli 730 90 giorniRiscatti 90 giorniRatei a titolo di reversibilità e altri ratei 60 giorniNotii ca prestazioni indebite 90 giorniCambio ufi cio pagatore 60 giorniRicongiunzioni (art. 1, art. 2 legge 29 e da casse professionali) 90 giorniRimborso contributi 60 giorniRimborsi contribuzione volontaria 90 giorniDisoccupazione ordinaria e requisiti ridotti 60 giorniDisoccupazione agricola 120 giorniTrattamenti di disoccupazione speciale (legge n. 223/1991) 60 giorniIndennità di mobilità 60 giorniLiquidazione assegni familiari 60 giorniLiquidazione assegni familiari a lavoratori agricoli 120 giorniCassa integrazione guadagni ordinaria 90 giorniCassa integrazione guadagni straordinaria 60 giorniSussidi lavoratori socialmente utili 60 giorniTrattamento di i ne rapporto 90 giorniIndennità di malattia e di maternità 60 giorniAzioni surrogatorie 90 giorniCertii cazione regolarità contributiva 60 giorniAutorizzazione agevolazioni contributive (legge n. 223/1991) 60 giorniDilazioni amministrative e su cartelle esattoriali 60 giorniGestione sospensioni e sgravi 60 giorniRimborso contributi autonomi 60 giorniRiduzione sanzioni civili 90 giorni

Nei casi in cui è presentata una domanda incompleta, l’Inps ne dà comunicazione 1. all’istante entro un termine pari alla metà di quello indicato in tabella fi ssato per la durata del procedimento. In tal caso, il termine per la conclusione del procedimento decorrerà dalla data di ricevimento della domanda regolarizzata o completata

T

i Fondi speciali)

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8 Lunedì 11 Ottobre 2010 P R I M O P I A N O

I risultati delle ispezioni del Garante e gli accertamenti previsti per i prossimi mesi

Pagamenti al test della privacyControlli mirati su carte di credito e comunicazioni commerciali

Pagine a curaDI ANTONIO CICCIA

Carte di credito e mar-keting sotto la lente del garante della pri-vacy. Nel piano delle

ispezioni del secondo semestre del 2010 i settori dei pagamenti e delle comunicazioni commer-ciali sono tra i soggetti mag-giormente interessati. E sono in buona compagnia con comuni ed enti previdenziali. Si tratta di attività che frutta parecchio: il bilancio con i risultati del primo semestre 2010 quantifica in 2 milioni e mezzo di euro le san-zioni riscosse per violazioni del codice della privacy. Altri con-trolli mirati riguardano il cor-retto uso da parte delle imprese private dei dati biometrici (come le impronte digitali). L’ispezione sarà anche lo strumento per la verifica della esatta esecuzione di adempimenti formali come l’informativa e la notifica al ga-rante oltre che l’acquisizione del consenso e i rispetto delle misu-re minime di sicurezza (allegato «b» al codice della privacy). Nel primo semestre, invece, ci sono

state 224 ispezioni, 269 proce-dimenti sanzionatori e 40 sono state le segnalazioni all’Autori-tà giudiziaria (per reati previsti dal codice della privacy). Sono stati riscossi oltre 2.500.000 euro, dei quali 115 mila relativi alla mancata adozione di misu-

re di sicurezza, e circa 1.540.000 relativi a mancata o inidonea informativa. Cominciano a farsi sentire, dunque, le maxisanzio-ni introdotte dal decreto legge 207/2008. Proprio per evitare i controlli è meglio sapere in anti-cipo come agisce il garante

Come funzionano i con-

trolli I controlli sono stabiliti, con cadenza semestrale, dal Ga-rante attraverso delibere di pro-grammazione che indicano gli ambiti del controllo e gli obiet-tivi numerici da conseguire. Gli uffi ci del garante individuano, poi, i titolari dei trattamenti da sottoporre a controllo. Le linee generali della programmazione dell’attività ispettiva vengono rese pubbliche attraverso il sito www.garanteprivacy.it. Il garante, per i suoi controlli, si avvale della guardia di fi nanza per lo svolgimento dell’attività di controllo, in applicazione di un protocollo d’intesa siglato nel 2005. La guardia di fi nanza ha un apposito reparto, il Nu-cleo speciale privacy con sede a Roma, che provvede direttamen-te a effettuare gli accertamenti. Le informazioni e i documenti acquisiti nell’ambito degli ac-certamenti vengono trasmessi al garante per le successive verifi che. Qualora nell’ambito dell’ispezione emergano viola-zioni penali o amministrative, la guardia di fi nanza procede direttamente alla segnalazione

della notizia di reato all’autorità giudiziaria e alla contestazione della sanzione amministrativa.

Che cosa si verifi ca. I con-trolli, in generale, consistono in:

- verifi che sull’adozione delle misure minime di sicurezza;

- verifi che sull’adempimento dell’obbligo di notifi cazione me-diante raffronto con il registro generale dei trattamenti;

- verifi che sulla liceità e cor-rettezza dei trattamenti di dati personali con particolare riferi-mento al rispetto dell’obbligo di informativa, alla pertinenza e non eccedenza nel trattamento, alla libertà e validità del con-senso, e alla durata della con-servazione dei dati.

Effettuati gli accertamenti relativi alle presunte violazio-ni, il garante procede diretta-mente alle contestazioni di san-zioni amministrative e inoltra gli atti alla competente unità organizzativa per il seguito di trattazione, che concerne profi li diversi dall’applicazione di san-zioni (adozione di provvedimen-ti prescrittivi o inibitori).

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Sono previste sanzioni ammini-strative e/o penali per: omessa o inidonea informativa; trattamento illecito dei dati in violazione; omes-

sa informazione o esibizione al garante; omessa o incompleta notifi cazione; inosser-vanza di un provvedimento del Garante; sanzioni in materia di conservazione dei dati di traffi co telefonico.

A oggi il maggior numero di sanzioni se-gue la violazione dell’obbligo di informa-tiva e cioè di fornire all’interessato tutte le informazioni riguardanti il trattamen-to dei dati al fi ne di renderlo pienamente consapevole dell’effettivo utilizzo dei suoi dati personali. Altra violazione frequente è l’ illecito trattamento amministrativo dei dati personali e di omissione nell’adozio-ne delle misure minime di sicurezza. Nel caso di violazione delle disposizioni sulle misure minime di sicurezza scattano san-zioni penali e amministrative. È possibile, però, il ravvedimento operoso. L’articolo 169 del codice della privacy (dlgs 196/2003) pre-vede, infatti, che il Garante impartisca una prescrizione per ripristinare le condizioni di sicurezza alla persona in-dividuata come responsabile e, verifi cato il ripristino delle misure violate, ammetta il destinatario della prescrizio-ne al pagamento del quarto del massimo della sanzione prevista (pari a 30 mila euro). L’adempimento alla prescri-zione ed il pagamento della somma, vengono comunicati all’autorità giudiziaria: il reato si estingue con il pagamento. Il

quadro sanzionatorio è diventato partico-larmente pesante dopo il dl n. 207/2008,che ha innalzato notevolmente le sanzioni edit-tali. Non a caso molti preferiscono defi ni-re spontaneamente le contestazioni me-diante l’oblazione in via breve o mediante ordinanza. Il dl n. 207/2008, infatti, come spiega la relazione sull’attività del garan-te per il 2009, ha comportato: un aumento delle pene pecuniarie previste per ciascuna violazione; la previsione di nuove ipotesi sanzionatorie; la creazione di meccanismi per consentire una maggiore modulabilità della sanzione in rapporto al caso concreto in ragione della minore o maggiore gravi-tà, della circostanza che le violazioni siano state commesse in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o dimensioni, del coinvolgimento di un maggior numero di interessati e delle condizioni economiche del contravventore. Fra le nuove fattispecie sanzionatorie amministrative sono state

previste, all’articolo 162, comma 2-bis, del codice, le ipotesi di trattamento illecito e di omissioni nell’adozione delle misure mi-nime di sicurezza (già sanzionate penal-mente dagli articoli167 e 169 del codice). La sanzione amministrativa (da 10 mila euro a 120 mila euro), può essere contestata in tutti i casi di violazione delle disposizioni richiamate dall’articolo 167 nonché nei casi di violazione delle misure minime di sicurezza previste dal codice e, per quanto riguarda le misure minime di sicurezza, senza la possibilità di avvalersi dell’estin-zione del procedimento sanzionatorio con il pagamento in misura ridotta. È stata inoltre introdotta, all’articolo 162, comma 2-ter, una specifi ca fattispecie sanzionato-ria amministrativa (da 30 mila euro a 180 mila euro) nei casi di inottemperanza ai provvedimenti del garante che prescrivono, anche d’uffi cio, ai titolari del trattamento le misure necessarie o opportune al fi ne

di rendere il trattamento conforme alle di-sposizioni vigenti o che prevedono il bloc-co o il divieto del trattamento. Per quanto riguarda i meccanismi introdotti al fi ne di modulare le sanzioni amministrative, e l’articolo 164-bis, comma 1, prevede la possibilità di contestare le sanzioni accer-tate applicando una riduzione a due quinti dei limiti minimo e massimo previsto per ciascuna violazione, nei casi di minore gra-vità della violazione stessa o in relazione alla natura economica e sociale dell’attività svolta dal contravventore. I commi 2 e 3 dell’articolo 164-bis prevedono delle par-ticolari aggravanti, che determinano un sensibile aumento delle sanzioni: in caso di più violazioni di un’unica o di più disposi-zioni commesse, anche in tempi diversi, in relazione a banche di dati di particolare ri-levanza o dimensioni (sanzione da 50 mila euro a 300 mila euro senza la possibilità di avvalersi dell’estinzione del procedimen-

to sanzionatorio con il paga-mento in misura ridotta); in altri casi di maggiore gravità e, in particolare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più interessati, ovvero quando la violazione coinvol-ge numerosi interessati, con aumento dei limiti minimo e massimo delle sanzioni previ-ste per ciascuna violazione in misura pari al doppio. Tutte le sanzioni possono essere, inoltre, ai sensi dell’art. 164-bis, comma 4, aumentate fino al quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni economiche del contravventore.

LE SANZIONI PREVISTE DAL CODICE

La mancata informativa può costare cara

Dalla data di notifi ca della contestazione della sanzione decorrono i termini per inviare al Ga-rante eventuali memorie difensive o chiedere l’audizione (30 giorni) o per defi nire il procedi-mento in via breve con oblazione del doppio del minimo della sanzione prevista per la violazione (60 giorni). L’organo competente è il garante. Si osservano le disposizioni della legge 689/1981. Modalità e competenze sono stabiliti dall’art. 16 del Regolamento del garante n. 1/2007, mo-difi cato dalla delibera del 15 ottobre 2009. La contestazione è adottata con atto sottoscritto dal dirigente del Dipartimento attività ispettive e sanzioni. Quando non è effettuato il pagamento in misura ridotta, lo stesso dirigente dispone, in conformità alla legge, l’eventuale archiviazione

degli atti a seguito di idonee deduzioni difensi-ve. Nei casi in cui si renda necessario procedere all’applicazione della sanzione, il provvedimento che defi nisce il procedimento sanzionatorio (or-dinanza-ingiunzione) è adottato dal segretario generale in caso di applicazione della sanzione in misura pari al minimo; in tutti gli altri casi, e in caso di applicazione della sanzione ex artt. 162, comma 2-bis, 162, comma 2-ter e 163, ovvero qualora si applichi una delle ipotesi di cui all’art. 164-bis, dal garante in composizione collegiale. Contro le ordinanze-ingiunzione è ammesso il ricorso in opposizione al tribunale ordinario del luogo ove ha sede il titolare del trattamento, en-tro il termine di 30 giorni dalla notifi cazione del provvedimento.

Qualche consiglio su come tutelarsi

Le violazioni contestate nel 2009

Omessa o inidonea informativa 230

Trattamento di dati in violazione dell’art. 33 o delle disposizioni indicate nell’art. 167 75

Omessa informazione o esibizionedi documenti al garante 30

Omessa o incompleta notii cazione 24

Inosservaza di un provvedimento del garante 6

Sanzioni in materia di conservazione di dati di trafi co 1

Più violazioni da parte di soggetti che gestiscono banche dati di particolare rilevanzao dimensioni 1

Codice del consumo 1

Totale 368

Somme versate a titolo

di oblazione in via breve 1.572.432

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9Lunedì 11 Ottobre 2010P R I M O P I A N O

Un recente caso riafferma i requisiti per raccogliere i dati personali di chi naviga sul web

Internauti, occorre il consensoEcco alcune precauzioni per mettere il proprio sito in regola

Per raccogliere i dati su internet bisogna ricor-darsi di chiedere e otte-nere il consenso infor-

mato degli utenti. Altrimenti si rischiano sanzioni amministra-tive pecuniarie e nei casi più gravi il blocco del sito e anche sanzioni penali.

Insomma informativa e con-senso (informato, naturalmente) sono il binomio per rispettare la privacy quando si chiede agli in-ternauti di iscriversi a una com-munity su un sito internet o di partecipare a un concorso.

In molti form è richiesto, in-vece, agli interessati un unico consenso e per diverse finali-tà. Generalmente è richiesto all’utente, mediante la selezio-ne di un unico link, un unico consenso al trattamento dei suoi dati personali per le fi na-lità strettamente necessarie alla fornitura del servizio, per il trasferimento dei propri dati a terzi (ad esempio società facenti parte di uno stesso gruppo) e per il trattamento dei dati per l’invio di comunicazioni commerciali, talvolta anche per «operazioni di profi ling», i cui risultati possono essere spesso comunicati a so-cietà del gruppo o anche a meri partners commerciali. In alcuni casi il consenso unico è addirit-tura obbligatorio, con la conse-guenza che se l’utente non presta tale consenso, non può registrarsi al sito web. In tutti questi casi sono privi di effetto i consensi omnicomprensivi richiesti per il trattamento dei dati personali per finalità di marketing, di profi lazione e per la cessione dei dati personali a terzi quando non sono distinti da quel-lo richiesto per conferire i dati indispensabili per la prestazione del servizio.

In queste ipotesi, infatti, non è lasciata all’interessa-to la possibilità di prestare un consenso specifi co per ciascuna fi nalità perseguita dal titolare del trattamento. Inoltre, l’unico consenso richiesto non è liberamente prestato dall’uten-te, che deve prendere o lasciare tutto il pacchetto.

E il garante più volte ha detto

che non può defi nirsi «libero», e risulta indebitamente necessita-to, il consenso ad ulteriori trat-tamenti dei dati personali che l’interessato «debba» prestare quale condizione per conseguire una prestazione richiesta.

Quanto all’informativa, ormai

in genere nei form di raccolta del consenso, presenti sui siti web, è riportato, contestualmente, anche il testo dell’informativa (articolo 13 del Codice della pri-vacy). Una irregolarità che si ri-scontra di frequente è la manca-

ta informativa avente ad oggetto l’indicazione della categoria di soggetti cui sono trasmessi i dati personali dell’interessato, in particolare partners com-merciali.

In mancanza di tale indicazio-ne, l’informativa resa deve consi-

derarsi inidonea.In sostanza è illecito

il trattamento dei dati personali degli utenti che iscritti ai siti inter-net fi nalizzato all’invio di comunicazioni com-merciali, a operazioni di profi lazione e alla co-municazione a terzi dei dati personali quando non è stato raccolto un consenso specifi co, libe-ro e informato. È ille-cito il trattamento dei dati fi nalizzato all’invio di comunicazioni com-merciali, a operazioni di profilazione e alla

comunicazione a terzi dei dati personali senza aver ottenuto un consenso specifi co, libero e informato.

In conclusione ecco le precau-zioni per mettersi in regola.

Vanno modificati i form di

raccolta dei dati personali sui siti, inserendo la richiesta agli interessati di un preventivo con-senso distinto e facoltativo per ciascuna fi nalità perseguita in relazione al trattamento posto in essere. Va anche modifi cata l’informativa dei siti, indicando specificamente le categorie di soggetti cui possono essere co-municati i dati personali degli interessati.

E se non di regolarizzano i propri siti, si è detto, le san-zioni possono essere pesanti. La violazione delle disposizioni sull’informativa è punita con la sanzione amministrativa del pa-gamento di una somma da sei-mila euro a 36 mila euro . Inoltre in caso di trattamento di dati personali effettuato senza rac-cogliere il consenso è applicata in sede amministrativa, in ogni caso, la sanzione del pagamento di una somma da 10 mila euro a 120 mila euro. Tuttavia le conse-guenze possono essere anche più salate: in caso di più violazioni di un’unica o di più disposizio-ni, commesse anche in tempi diversi in relazione a banche di dati di particolare rilevanza o di-mensioni, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 50 mila euro a 300 mila euro; in altri casi di maggiore gravità e, in partico-lare, di maggiore rilevanza del pregiudizio per uno o più inte-ressati, o quando la violazione coinvolge numerosi interessati, i limiti minimo e massimo delle sanzioni sono applicati in mi-sura pari al doppio e ancora le sanzioni possono essere aumen-tate fi no al quadruplo quando possono risultare inefficaci in ragione delle condizioni econo-miche del contravventore. Ma si rischia anche la sanzione pena-le: ai sensi dell’articolo 167 del codice della privacy, chiunque, al fi ne di trarne per sé o per altri profi tto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione della disposizione sul consenso è punito, se dal fatto deriva no-cumento, con la reclusione da sei a 18 mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusio-ne, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi; infi ne se si

viola la disposizione sul divieto di comunicazione a terzi, se dal fatto deriva nocumento, la san-zione è della reclusione da uno a tre anni.

Il casoIl caso dei modelli su internet

fuorilegge è stato rilanciato da un recente provvedimento del Garante della privacy del 22 lu-glio 2010 (si veda la newsletter n. 341 del 10 settembre 2010) con il quale il Garante ha vieta-to ad una società che gestisce i siti web di quattro emittenti ra-diofoniche (www.105.net, www.radiomontecarlo.net, www.uni-tedmusic.it, www.virginradio-italy.it) il trattamento dei dati personali degli ascoltatori: ciò perchè non sono stati messi in grado di esprimere un consenso specifi co, libero e informato su operazioni di profi lazione e di comunicazione dei dati a terzi. Alla società è stato ordinato di modifi care l’informativa e anche il form utilizzato per l’acquisi-zione dei dati.

Nel caso specifi co gli ascoltato-ri si registrano sui siti delle web radio per pubblicare video, foto, brani musicali e partecipare a concorsi a premi on line, e anche per votare i contenuti preferiti.

Tuttavia è emerso che i dati degli iscritti alle community venivano usati senza consenso e che le informazioni venivano utilizzate dalla società in par-ticolare per profi lare le persone (e cioè studiare gusti e le abitu-dini).

Inoltre i form di registrazione presentavano un’unica casella, barrando la quale si autorizzava l’uso a 360° dei dati, anche per marketing e profi lazione. Da no-tare che senza la prestazione del consenso omnibus l’ascoltatore non poteva nemmeno registrar-si al sito, cosicché la prestazione del consenso non poteva certo dirsi spontanea.

Inoltre i form non indicavano i soggetti destinatari della comu-nicazione dei dati.

Invece il form deve presentare più opzioni, per poter formulare consensi differenziati, e l’infor-mativa deve chiarire le categorie di soggetti cui possono essere co-municati i dati.

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PARTECIPANO

Clara DE BRAUD

Segretario Generale AICIBGianni LETTIERI

PresidenteUnione Industriali Napoli

Giuseppe CASTAGNA

Direttore Generale Banco di Napoli

Vincenzo MATALUNI

Amministratore DelegatoGruppo Mataluni

Claudio DEVECCHI

Prof. Ordinario UniversitàCattolica di Milano

Pietro PENZA

Partner PwC Advisory

Gabriele GORI

Vice Direttore Generale VicarioMPS Capital Services

ChairmanGabriele CAPOLINO

Editore Associato MF - Milano Finanza

I form su internet

Come devono

essere i form

su internet

Ci vogliono consensi se- ✔parati per i nalità di mar-keting, di proi lazione e per la cessione dei dati personali a terzinon ci vuole il consenso ✔per eseguire obbligazio-ni derivanti da contratti di cui è parte l’interes-satonon ci vuole il consenso ✔per il trasferimento di dati personali a società appartenenti allo stes-so gruppo del titolare nominate “responsabili del trattamento”occorre indicare nell’in- ✔formativa indica in modo chiaro e preciso le ca-

tegorie di soggetti cui siano comunicati i dati, almeno come categoriaci vuole consenso per la ✔cessione di dati perso-nali a terzi e a partners commerciali.

Come non devono

essere i form

su internet

consenso unico per i na- ✔lità di marketing, di proi -lazione e per la cessione dei dati personali a terziassenza di consenso ✔specii co per essione di dati personali a terzi e a partners commerciali assenza di informativa ✔sull’ambito di comuni-cazione e diffusione dei dati.

C

e

s

Page 10: Abruzzo † Anno 20 - Numero 241 - € 2,50 - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB Milano - Lunedì 11 Ottobre 2010 † 9771120606304 01011 * con guida «Il nuovo codice

10 Lunedì 11 Ottobre 2010 F I S C O

Il contribuente può procedere a sanare la propria posizione. I chiarimenti nella circolare 11

Unico e Irap, via al ravvedimentoFino al 3 gennaio la presentazione delle dichiarazioni omesse

Pagina a curaDI MAURIZIO BONAZZI

Via libera ai ravvedimen-ti di Unico e Irap 2010, con una novità: è stato tacitamente posticipato

di cinque giorni, dal 29/12/2010 al 3/1/2011, il termine per la presentazione delle dichiarazio-ni tardive. Termine, quest’ultimo, valido anche per effettuare (o per rettifi care) opzioni omesse (o erro-neamente indicate) nelle dichia-razioni appena presentate. E nel mare magnum delle sanzioni e degli «sconti» fi nalmente un faro in grado di guidare i contribuenti desiderosi di sistemarsi sponta-neamente con il fi sco: la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 11 del 12 marzo 2010.

La proroga. L’Agenzia delle entrate, per fronteggiare i disagi causati agli intermediari da un guasto tecnico ai servizi telema-tici, ha posticipato al 5/10/2010 il termine per la presentazione delle dichiarazioni fi scali 2010 (Unico, Irap e Iva autonoma).

Ancorché il comunicato dell’Agenzia del 30 settembre affermi che «tutti gli adempi-menti telematici in scadenza oggi si intendono regolarmente eseguiti anche se effettuati entro il 5 ottobre 2010» non dovrebbe essere revocato in dubbio che si tratta di una vera e propria proroga che dovrebbe essere, con ogni probabilità, ratificata da un provvedimento di legge. Ne consegue che tutti i termini che fanno riferimento alla data di presentazione della dichiara-zione dei redditi, per l’anno 2010, devono essere riferiti al 5 ottobre (e non più al 30 settembre) 2010. Oltre ai ravvedimenti per l’anno 2009, godranno di cinque giorni in più anche coloro che (pur es-sendo obbligati) hanno omesso la presentazione del modello unico, della dichiarazione Iva autonoma o di quella Irap.

Dichiarazioni tardive. Dal 6/10/2010 e fi no al 3/1/2011 sarà pertanto possibile presentare le dichiarazioni (Unico, Irap o Iva) omesse. Infatti, l’art. 13, comma 1, lett. c) del dlgs n. 472/1997 con-sente al contribuente di sanare l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene inviata con ritardo non su-periore a 90 giorni, mediante il contestuale pagamento dell’impo-sta (se dovuta) e degli interessi oltre alla sanzione ridotta ad un dodicesimo. Dal che ne consegue che fino al 3/1/2011 (salvo che nel frattempo non intervenga un controllo da parte dell’Agen-zia o della Guardia di fi nanza) il contribuente potrà rimediare all’omesso invio di una più dichia-razioni relative all’anno d’impo-sta 2009.

Per quanto concerne l’ammon-tare delle sanzioni che il contri-buente è tenuto a pagare per perfezionare il ravvedimento, va ricordato che l’Agenzia delle entrate, dopo le perplessità sol-levate dalla circolare n. 49 del

23/11/2009, ha defi nitivamente chiarito, con la successiva circo-lare n. 11 del 12/3/2010, come ci si deve comportare per sanare l’omissione dichiarativa. Entro il 3/1/2011, oltre alla presentazio-ne della dichiarazione, occorrerà pagare la sanzione nella misura fi ssa di cui all’art. 8, comma 1, del dlgs n. 472/1997, ridotta a un dodicesimo (quindi in misura pari a 21 euro). Inoltre, se dalla dichiarazione tardiva emergono imposte dovute, occorrerà, al-tresì, versare, entro il 30/9/2011, l’ulteriore sanzione di cui all’art. 13 del dlgs n. 471/1997 (30% della maggiore imposta), in misura ri-dotta a un decimo (3%), oltre alle imposte e agli interessi.

Dichiarazioni integrative. Le stesse sanzioni previste per il ravvedimento dell’omissione dichiarativa (21 euro più il 3% delle maggiori imposte dovute) si applicano anche nel caso in cui il contribuente intenda rettifi care una dichiarazione regolarmente presentata entro il 5/10/2010. Al riguardo l’Agenzia delle en-trate, con la citata circolare n. 11/E/2010, ha precisato che «tale interpretazione è in linea con altre pronunce di prassi che più volte hanno assimilato dal punto di vista sanzionatorio la dichia-razione integrativa presentata nei novanta giorni a una dichia-razione tardiva (cfr. circolare n. 6/E del 25 gennaio 2002, riso-luzione n. 325/E del 14 ottobre 2002 e risoluzione n. 82/E del 30 marzo 2009)». Decorsi i 90 giorni, quindi dal 4/1/2011 in poi (e fi no al 30/9/2011), il ravvedimento si perfezionerà, se risultano mag-giori imposte dovute, pagando la sanzione in misura proporzionale di cui all’articolo 1, comma 2, del dlgs n. 471/1997, prevista nel caso di infedele dichiarazione con im-posta dovuta (pari al 100% della maggiore imposta), aumentata di un terzo, ai sensi del successivo comma 3 del medesimo articolo 1, nel caso di violazioni che riguar-dano redditi prodotti all’estero (133%), a sua volta ridotta ad un decimo (13,3%).

La predetta sanzione è invece raddoppiata, ai sensi dell’artico-lo 12 del dl n. 78/2009, qualora l’omissione riguardi investimen-ti e attività di natura fi nanziaria detenute negli stati o nei territori a regime fi scale privilegiato (di cui ai dm 4/5/ 1999 e dm 21/11/ 2001).

Quindi, è dovuta una sanzio-ne pari al 200% della maggiore imposta, ridotta ad un decimo (20%). La sanzione sarà invece del 3% (30% ridotto a un decimo) in presenza di errori ed omissioni rilevabili in sede di liquidazione o di controllo formale delle impo-ste dovute ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del dpr n. 600/73 (oneri deducibili, oneri detrai-bili ecc.). Naturalmente resta fermo l’obbligo di versare l’im-posta nonché gli interessi entro il medesimo termine del 30 set-tembre 2010.

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Non sempre a chi ha presentato la dichiara-zione dei redditi entro il 5 ottobre conviene ravvedere le violazioni commesse entro il 3/1/2011 (ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. c) del dlgs n. 472/1997). Infatti, salvo che nel frattempo non intervengano controlli dal par-te dell’amministrazione fi nanziaria (che pre-cluderebbero al contribuente la possibilità di avvalersi della sanatoria), ai soggetti che non devono formulare opzioni dimenticate oppure rettifi care opzioni dimostratesi poi sconvenienti, potrebbe essere più convenien-te ravvedersi dal 4/1/2011 in poi.Un esempio può aiutare a comprendere la questione. Si prenda il caso di un contribuen-te che, pur avendo presentato il 730/2010 o Unico/2010, si sia accorto di aver omesso un reddito di 1.000 euro al quale corrisponde a una maggiore imposta di 230 euro. Se il contribuente decide di mettersi in re-gola con il fi sco entro 90 giorni, la sanzio-ne da pagare entro il 3/1/2011 sarà di 27,90 euro: 21 euro (sanzione in misura fi ssa di cui all’art. 8, comma 1, del dlgs n. 472/1997 di 258 euro ridotta ad un dodicesimo), più 6,90 euro (sanzione del 30% di cui all’art. 13 del dlgs n. 471/1997 ridotta a un decimo).Qualora invece decida di attendere, sanando la violazione dopo il 3/1/2011 (purché entro il 30/9/2011), la sanzione per perfezionare il ravvedimento ammonterà a 23 euro (sanzio-ne del 100% di cui all’articolo 1, comma 2, del dlgs n. 471/1997 ridotta ad un decimo). Gli converrebbe quindi attendere. E’ chiaro che un preciso calcolo di convenienza impo-

ne di tenere conto dell’entità della sanzione irrogabile in funzione della violazione com-messa (30, 100, 133 o 200%) e degli interessi che devono essere calcolati (applicando il saggio legale) dalla data di scadenza in cui il versamento dell’imposta avrebbe dovuto essere eseguito fi no al giorno dell’effettiva corresponsione. Il ravvedimento effettuato entro i 90 giorni dalla scadenza della presen-tazione della dichiarazione consente però, a differenza della sanatoria effettuata dopo tale data, di formulare opzioni dimenticate nella dichiarazione originaria oppure di mo-difi carle rispetto alle scelte operate origina-riamente. In tale ipotesi, infatti, la seconda dichiarazione (presentata entro 90 giorni dalla scadenza) si sostituisce integralmen-te alla prima. Al riguardo l’amministrazio-ne fi nanziaria (circ. n. 55/E del 14/6/2001, ris. n. 325/E del 14/10/2002 e ris. n. 82/E del 30/3/2009) ha chiarito che per effetto delle disposizioni contenute nel comma 7, dell’art. 2 del dpr n. 322/1998, si considerano valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine legale; con la con-seguenza che anche le dichiarazioni rettifi -cative di precise scelte negoziali (quali sono le opzioni di qualsiasi natura), se presentate entro detto termine, possono effi cacemente sostituire la dichiarazione originaria.Resta salva, in ogni caso, l’applicazione della sanzione amministrativa per la tardiva pre-sentazione del modello unico prevista dall’art. 1, comma 1, del dlgs n. 471 del 1997.

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La valutazione di convenienza

Ravvedimento ENTRO 90 GIORNI

in ASSENZA di dichiarazione per l’anno 2009 oppurein PRESENZA di dichiarazione per l’anno 2009

Adempimenti Termini Sanzioni Termine versamen-to sanzioni

Riduzioni Sanzioni dovute 1

Presentazione della dichia-razione omessa o integrativa relativa al periodo d’imposta 2009

3/1/2011 258 euro 3/1/2011 1/12 21 euro

Versamento della maggiore imposta e degli interessi (se dovuti)

30/9/2011 30% della maggiore imposta

30/9/2011 1/10 3% della maggiore imposta dovuta

1. in caso di omissione del modello RW occorre aggiungere lo 0,833% degli importi non dichiarati.

Ravvedimento OLTRE 90 GIORNI

in PRESENZA di dichiarazione per l’anno 2009

Adempimenti Termini Sanzioni Termine versamento

sanzioni

Riduzioni Sanzioni dovute 1

Presentazione della dichiarazione integrativa relativa al periodo d’im-posta 2009

30/9/2011 30% 2

100% 3

133% 4

200% 5

30/9/2011 1/10 3% 2

10% 3

13,3%4

20%5

Versamento della maggiore impo-sta e degli interessi (se dovuti)

30/9/2011 30% della maggiore imposta

30/9/2011 1/10 3% della maggiore imposta dovuta

in caso di omissione del modello RW occorre aggiungere l’1% degli importi non dichiarati;1. in caso di errori ed omissioni rilevabili in sede di liquidazione o di controllo formale delle imposte dovute 2. ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del dpr. n. 600/73;in caso di errori diversi da quelli dei punti 2, 4 e 5;3. in caso di omissione che riguardano redditi prodotti all’estero;4. in caso di omissione di redditi che riguardano investimenti e attività detenute negli Stati o nei territori 5. a regime fi scale privilegiato.

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11Lunedì 11 Ottobre 2010F I S C O

Con l’ordinanza 18721/2010 la Cassazione ha passato la palla alla Corte di giustizia

I rimborsi Iva al vaglio della UeIl giudizio sulla prescrizione è atteso per gli inizi del 2011

Pagina a curaDI ENRICO PASSANNANTI

La Cassazione non accetta la prescrizione a doppio binario per i rimborsi Iva e rimette la decisio-

ne alla Corte di giustizia euro-pea. La durata decennale per il cliente e quella biennale per il fornitore sarebbe infatti le-siva di alcuni principi genera-li del regime Iva.

C o n l ’ o r d i n a n z a n . 18721/2010 la palla ora pas-sa ai giudici di Lussemburgo, il cui giudizio sull’argomento è atteso per i primi mesi del 2011.

La contesa giudiziaria da cui ha origine il provvedimento, fa riferimento al caso in cui un istituto di credito concessiona-rio dei servizi di riscossione tributaria, quindi fornitore, aveva richiesto e ottenuto il rimborso dell’Iva indebita-mente pagata ad un consorzio cliente che riceveva i servizi di riscossione tributi.

Successivamente l’ammini-strazione finanziaria compe-tente con la circolare 52/1999, si è pronunciata ritenendo che i contributi dei consorzi sono esenti Iva articolo 10, n. 5, dpr 633/1972 in quanto hanno na-tura prettamente tributaria.

Le prestazioni di riscossio-ne sono esenti Iva ma questa quindi era stata indebita-mente pagata dal fornitore e riversata sul cliente e versata infine all’erario.

La disputa risiede nella dif-ficoltà di coordinare i termini di prescrizione delle azioni di rimborso delle due parti in causa. Da un lato, entro il termine biennale di deca-denza, secondo quando pre-vede l’ordinamento italiano, il fornitore potrebbe chiedere il rimborso dell’ Iva indebita-mente versata.

Di contro la causa civile con-tro il fornitore per il rimborso dell’Iva indebitamente versa-ta, di cui il cliente porterebbe usufruire, gode di una prescri-zione decennale.

Questa distonia temporale ha indotto la Corte di cassa-zione a ritenere intaccati alcu-ni principi fondamentali della disciplina generale dell’Iva.

Ossia la neutralità, a van-taggio del cliente in quanto l’imposta indebitamente ver-sata potrebbe rimanere a ca-rico del fornitore proprio per i diversi periodi di prescrizione. Poi il principio della certezza del diritto al rimborso sempre a scapito del fornitore. Infine il principio della equilibratez-za del trattamento tra i sog-getti interessati che in questo caso sarebbe chiaramente a vantaggio del cliente.

La Cassazione si chiede dunque se il diritto comuni-tario possa accordare tali in-congruenze. L’intervento della Corte di giustizia europea do-

vrebbe stabilire se accettare che i termini di prescrizione al rimborso abbiano tempistiche diverse e se prevedere un non chiaro collegamento tra l’adi-re civile del cliente e quello tributario del fornitore

Se si guarda al cosa è suc-cesso in passato per contro-versie analoghe non si riesce a trarre una univoco giudizio interpretativo. Infatti il rim-borso dell’Iva indebitamente versata non è regolato a livel-lo nazionale dal dpr 633/1972, che è il decreto d’istituzione e regolamentazione dell’impo-sta sul valore aggiunto.

La norma a cui nella mag-gior parte dei casi si è fatto riferimento è il dlgs. 546/1992. L’articolo. 21 prevede infatti, che la «La domanda di resti-tuzione può essere presentata entro due anni dal pagamento dell’imposta oppure dal giorno in cui si è verificato il presup-posto per la restituzione».

L’articolo 2033 del codice civile invece dispone che «Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti (820 e seguen-ti) e agli interessi (1284) dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede (1147), dal giorno della domanda (cod. proc. civ. 163)».

Dal momento che è prassi ormai consolidata che tale diritto al rimborso sia pura-mente di natura civile, esso ha prescrizione decennale.

Ecco verificarsi la contrad-dizione del due norme: art. 21 dlgs 546/1992 contro art. 2033 c.c.

Per quanto riguarda, inve-ce, la normativa comunitaria anch’essa prevede il diritto al rimborso dell’Iva indebita-mente versata.

Esso è esplicitamente pre-visto dall’articolo 17 comma 3 della VI direttiva Cee deno-minata genericamente «Base imponibile uniforme». Questa norma prevede, infatti, che gli stati membri accordano ad ogni soggetto passivo la pos-sibilità di deduzione o rim-borso dell’imposta sul valore aggiunto nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati per determinati fini dichiarati meritevoli.

Vi sono state alcune senten-ze comunitarie che hanno suf-fragato l’autonomia giudizia-ria degli stati limitando però tale autonomia al rispetto dei principi di equilibratezza del trattamento e di certezza al diritto di rimborso.

È il caso della contesa giudi-ziaria tra un’azienda tedesca Reemtsma Cigarettenfabriken GmbH e il Ministero delle fi-nanze italiano.

In questa sentenza del marzo del 2007, i giudici co-munitari hanno affermato che i principi di neutralità, effettività e non discrimina-zione non sono contrari ad una legislazione nazionale secondo cui soltanto il forni-tore è legittimato a chiedere il rimborso delle somme indebi-tamente versate alle autorità tributarie a titolo di imposta sul valore aggiunto.

Il cliente dei servizi, invece, può esercitare un’azione civi-le di recupero del pagamento indebito nei confronti del pre-statore. Ed è proprio facendo appello alla giurispruden-za comunitaria, che si è già espressa in passato su argo-menti simili che la corte di

Cassazione cerca di risolvere la controversia, non essendo possibile una soluzione basata

solo ed esclusivamente sull’or-dinamento italiano.

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Le norme della discordia

Dlgs 546/1992 art.21 La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specii che, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verii cato il presupposto per la restituzione

Art. 2033 c.c. Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti (820 e seguenti) e agli interessi (1284) dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede (1147), dal giorno della domanda (c.p.c. 163) (Diritto di natura civile prescrivibile in 10 anni)

Ordinanza interlocutoria Corte di cassazione n. 18721/2010

Poiché dalla giurisprudenza comunitaria non si traggono univoche indicazioni interpretative, questa corte sottopone alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul fun-zionamento dell’unione europea i seguenti quesiti:

1) se i principi di effettività, non discriminazione e neutralità i scale in materia di Imposta sul valore aggiun-to ostino a una disciplina o prassi nazionale che ricostruiscono il diritto del cessionario/committente al rimborso dell’Iva indebitamente pagata a torto come indebito oggettivo di diritto comune, a differenza di quello esercitato dal debitore principale (cedente o prestatore del servizio), con un limite temporale, per il primo, assai più lungo di quello posto al secondo, sì che la domanda del primo, esercitata quando il termine per il secondo è scaduto, determini l’impossibilità per quest’ultimo di poter chiedere il rimborso all’Ammi-nistrazione i nanziaria; tutto ciò senza la previsione di alcuno strumento di collegamento, atto a prevenire conl itti o contrasti, tra i procedimenti instaurati o da instaurarsi dinanzi alle diverse giurisdizioni

2 ) se, a prescindere dall’ipotesi precedente, siano compatibili ai già riferiti principi, una prassi o giuri-sprudenza nazionale che consentano l’emanazione di una sentenza di rimborso a carico del cedente/prestatore del servizio a favore del cessionario/committente, il quale non aveva esercitato l’azione di rimborso dinanzi ad altro giudice nei termini a lui imposti, in afi damento a una interpretazione giurispru-denziale, seguita dalla prassi amministrativa, secondo cui l’operazione era soggetta a Iva

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12 Lunedì 11 Ottobre 2010 F I S C O

I chiarimenti delle Entrate su natura e determinazione del reddito delle società agricole

L’esclusività è pass per il fisco softUno dei due requisiti per usufruire della tassazione catastale

Pagine a cura DI FRANCESCO CAMPANARI

La dicitura «società agri-cola» nella denominazio-ne sociale e l’esclusività dell’attività esercitata:

sono i due requisiti che le so-cietà agricole dovranno rispet-tare qualora vogliano optare per la tassazione agevolata su base catastale. L’esclusività è da intendersi comunque valida quando la società ponga in es-sere attività strumentali a quel-la principale (imprenditoriali o immobiliari ad esempio) ai fi ni del conseguimento dell’oggetto sociale.

Chiariti inoltre natura e cri-teri di determinazione del red-dito su base catastale, gestione delle perdite formatesi in pe-riodi anteriori a quello in cui ha effetto l’opzione e necessità di effettuare anche in agricol-tura il «test di operatività» al fi ne di verifi care la sussistenza dei requisiti per non ricadere nella disciplina delle società di comodo.

Sono questi i principali chia-rimenti presenti nella circolare 50/E emanata lo scorso primo ottobre dall’Agenzia delle en-trate per le società agricole che intendano optare per il regime forfetario della tassazione ca-tastale.

I soggetti coinvolti. La Finanziaria 2007 ha disposto la possibilità di optare per la determinazione del reddito su base catastale anche per le società di persone, a responsa-bilità limitata e per le società cooperative che rivestano la qualifi ca di società agricola.

Due sono i requisiti che de-vono essere rispettati per poter benefi ciare di tale agevolazione: uno formale, l’altro sostanziale. Con riferimento a quello forma-le, trattasi della necessaria in-dicazione nella denominazione (società di capitali) o ragione (società di persone) sociale della dicitura «società agrico-la». Quello sostanziale invece, prevede l’esclusivo esercizio delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile. È dun-que imprenditore agricolo chi esercita, di fatto, una delle se-guenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Fondamentale dunque che il re-quisito formale trovi riscontro nella concreta attività svolta dalla società.

Il principio di esclusività che caratterizza le società agricole inoltre, non viene meno quando la società stessa pone in essere delle attività non specifi cata-mente di natura agricola, ma comunque strumentali o fun-zionali a quella principale.

Esempi di tale particolare si-tuazione potrebbe riguardare l’acquisto o l’affi tto di terreni o fondi rustici per ampliare la propria attività agricola piutto-

sto che l’accensione di un fi nan-ziamento per l’acquisto di un bene strumentale (un trattore per esempio) necessario per la coltivazione del proprio fondo.

Ancora, il requisito di esclu-sività viene meno qualora la società possegga partecipazio-ni in altre società a meno che, contestualmente, la partecipata sia anch’essa una società agri-cola e i dividendi derivanti dal possesso di tali partecipazioni siano inferiori ai ricavi conse-guiti dalla propria attività.

Opzione e determinazione del reddito. La comunicazione dell’opzione per la tassazione catastale introdotta con la Fi-nanziaria 2007 va comunicata al Fisco con la prima dichiara-

zione annuale Iva da presenta-re successivamente alla scelta operata. È fondamentale inol-tre che i requisiti richiesti sia-no posseduti sin dall’inizio del periodo d’imposta. Una società dunque che svolga in via esclu-siva attività agricola a decor-rere dal 1 gennaio 2010, dovrà comunicare la propria opzione nella dichiarazione Iva da pre-sentare nel 2011.

La scelta della tassazione ca-tastale inoltre, vincola il contri-buente al regime forfetario per un triennio trascorso il quale, l’opzione rimarrà valida per cia-scun anno successivo sulla base del comportamento concludente dello stesso.

Ma qual è la natura del reddito determinato su base

catastale? L’amministrazio-ne fi nanziaria chiarisce come l’eventuale opzione non muta la categoria di appartenenza del reddito, considerato co-munque «reddito d’impresa». Inoltre, la circolare precisa che la determinazione catastale del reddito si applica solo alle at-tività svolte nei limiti dell’art. 32 del Tuir: l’eccedenza di tali limiti comporterà, dunque, la sua determinazione analitica. Si pensi alla produzione di ve-getali eccedente il limite del doppio di quella del terreno su cui la produzione insiste, all’al-levamento di animali in misura superiore rispetto a quello sta-bilito dal decreto ministeriale, alla fornitura di servizi di cui al terzo comma del 2135 del codice

civile o, all’attività agrituristica che, per defi nizione, è sempre produttiva di reddito d’impre-sa. In generale dunque, tutte le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione che non derivano direttamente dalla coltivazione del fondo, del bo-sco o dall’allevamento degli ani-mali sono produttive di reddito d’impresa sulla base della sua determinazione analitica man-cando il fondamentale requisito della «prevalenza».

Veniamo ora al comportamen-to da tenere con riferimento alle perdite formatesi nei periodi anteriori a quello in cui ha effet-to l’opzione. L’art. 1 della Finan-ziaria per l’anno 2007 fa salva la disciplina del riporto delle stesse in avanti anche qualora nel frattempo si sia optato per

la determinazione dei redditi in via forfetaria. In altri termini, la società può tranquillamente utilizzare le perdite pregresse per abbattere il reddito deter-minato catastalmente.

Con riferimento invece alle perdite formatesi durante l’op-zione, la circolare chiarisce che pur non essendoci motivo per parlare di tale circostanza data la determinazione forfetaria del reddito tuttavia, il ripor-to in avanti di costi riferibili a precedenti esercizi (la cui deduzione era stata rinviata a periodi successivi) potrebbe generare, verosimilmente, un risultato negativo. In tal speci-fi co caso, è comunque applica-bile il riporto in avanti anche per perdite manifestatesi in vigenza di opzione.

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I chiarimenti

Con la Finanziaria 2007, si è di-sposto della possibilità per le società di persone, per le srl e per le società cooperative che rivestano la qualii ca di società agricola, di poter optare per la determinazione del reddito su base catastale (prevista dall’art. 32 del TUIR). La Circolare 50/E dell’Agenzia emanata lo scorso primo ottobre, chiarisce come ciò sia possibile al rispetto con-giunto di due requisiti: uno for-male e l’altro sostanziale.

Requisito FormaleNecessaria indicazione nella denominazione o nella ragione sociale della dicitura “società agricola”

Requisito SostanzialeEsclusivo esercizio delle attività di cui all’art. 2135 c.c. vale a dire coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse (trattasi del così detto requisito di esclusività). Tale requisito non verrà meno qualora venissero svolte attività, seppur non specii catamente agricole, strumentali o fun-zionali a quella principale.

La circolaresul sito www.italiaog-gi.it/docio7

Altri articolisul sito www.italiaog-gi.it/società+agricole

L’amministrazione fi nanziaria, nella cir-colare 50/E dello scorso 1° ottobre, dà importanti chiarimenti anche con rife-rimento all’applicazione della disciplina delle cosiddette «società di comodo» in agricoltura. Seppur i criteri di determinazione del red-dito siano forfettari, l’articolo 30, comma 1, della legge 724/1994 non sancisce di fatto alcuna causa di esclusione o disap-plicazione automatica della disciplina so-praccitata. Da ciò si può dunque desumere la corrente applicazione del «test di opera-tività» anche per le società agricole. L’Agenzia specifi ca comunque che qualora una società agricola non superi il «test di operatività» ha comunque il diritto di po-ter presentare istanza di interpello disap-plicativo ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, dpr 600/73 dimostrando che il mancato superamento dei ricavi minimi presunti sia di fatto dipeso da situazioni oggettive. Alcuni esempi, nello specifi co, a chiari-mento di quanto appena detto: si pensi ad attività propedeutiche alla coltivazio-ne del fondo che non hanno permesso in quella specifi ca annualità di conseguire i ricavi presunti o, ancora, a calamità na-turali che abbiano distrutto il potenziale raccolto della stagione in corso. Tratta-si dunque di situazioni oggettive che an-dranno debitamente certifi cate con idonea documentazione capace di avvalorare la propria tesi. L’oramai datata circolare 25/E del 2007 in-vece ha chiarito che le società che abbiano optato per l’applicazione della tassazione

catastale e che determinino un reddito ef-fettivo inferiore a quello minimo potranno, in sede di interpello, far valere tale circo-stanza al solo fi ne del mancato adeguamen-to al «reddito minimo» con riferimento alle imposte dirette. L’opzione del reddito su base catastale infatti, non risulta avere ri-levanza ai fi ni del superamento del «test di operatività» i cui ricavi effettivi non sono infl uenzati dalla modalità di determinazio-ne del reddito d’impresa.

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L’operatività vale anche in agricoltura

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13Lunedì 11 Ottobre 2010F I S C O

Continuità dei valori fi-scali, rispetto al passa-to, per le società agricole che hanno optato per il

regime di determinazione del reddito su base catastale, deter-minazione ordinaria del reddito per componenti positivi e nega-tivi sorti in periodi precedenti a quelli dell’opzione ma che, per effetto di una facoltà od obbligo di legge, impattino in valenza di regime forfetario.

Ancora, chiarimenti relativi a plusvalenze e minusvalenze generatesi in occasione di beni strumentali acquisiti prima o dopo l’opzione per il regime age-volativo.

Sono questi, in pillole, gli ap-profondimenti di natura contabi-le, derivanti dalla citata circolare 50/E, con riferimento alle società agricole che intendano determi-nare il proprio reddito su base catastale.

Continuità aziendale. Im-portante chiarimento, ai fini contabili, per le società che in-tendano optare per la disciplina fi scale della tassazione catastale: fondamentale mantenere inalte-rate le modalità di tenuta della contabilità originariamente adot-tate (ordinaria o semplifi cata).

L’articolo 4 del regolamento (213/2007) che ha recepito le di-sposizioni della Finanziaria 2007 ha infatti previsto che, seppur in corso di effi cacia dell’opzione, i va-lori fi scali degli elementi dell’atti-

vo e del passivo debbano risultare da apposito prospetto presente in dichiarazione dei redditi. Le so-cietà optanti per le regole previ-ste dall’art. 32 del Tuir dunque, dovranno per esempio continuare a effettuare gli ammortamenti con relativa riduzione del valore fi scale dei beni strumentali dan-done evidenza nell’apposito pro-spetto dichiarativo. Ciò, ancorché il risultato sia irrilevante ai fi ni fi scali, assicurerebbe infatti una

continuità dei valori in caso di cessazione dell’opzione.

Componenti di reddito de-rivanti da precedenti eserci-zi. L’articolo 4 del sopra citato regolamento, al comma 3, preve-de che i componenti positivi e ne-gativi di reddito sorti in esercizi precedenti a quello dell’opzione, la cui tassazione o deduzione im-patti su esercizi in cui il reddito sia determinato forfetariamente

(per effetto di una facoltà o di un obbligo derivante dal Tuir), con-corrono alla determinazione ordi-naria dello stesso. Un esempio per chiarire quanto affermato: una quota di spese di rappresentanza sostenuta precedentemente l’op-zione, ma deducibile in valenza di regime opzionale in seguito a disposizioni fi scali, andrà portata in deduzione del reddito determi-nato forfetariamente.

In sostanza, la ratio del legisla-

tore è stata quella di assicurare la deduzione di costi o la tassazione di ricavi o proventi il cui presup-posto si sia verifi cato in periodi precedenti a quello opzionale sep-pur la rilevanza fi scale impatti nello stesso.

Plusvalenze e Minusvalen-ze. L’articolo 5 del Regolamento 213/2007 disciplina infi ne il trat-tamento da riservare a plusva-lenze e minusvalenze derivanti dalla vendita di beni mobili strumentali distinguendo quelli acquistati nel corso dell’opzione da quelli acquistati in precedenti esercizi.

Con riferimento agli acquisti precedenti l’opzione, le plusva-lenze e le minusvalenze concor-reranno alla determinazione del reddito in via ordinaria. I beni in-vece acquistati durante i periodi di imposta in cui il reddito viene determinato forfetariamente, non concorreranno alla determinazio-ne dello stesso.

Un ultimo chiarimento con ri-ferimento alle plusvalenze e mi-nusvalenze relative invece ai beni immobili: le stesse concorrono in ogni caso, alla determinazione del reddito secondo i criteri ordinari di cui agli articoli 86 e 101 del Tuir.

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Sulla continuità non si transige

La determinazione del reddito su base catastale

Continuità aziendaleVa mantenuta inalterata la modalità di tenuta della contabi-lità rispetto al passato, seppur il reddito venga determinato forfetariamente.

Componenti di reddito derivanti da precedentiesercizi

Determinazione ordinaria del reddito per componenti positivi e negativi sorti in periodi precedenti a quelli dell’opzione ma che impattino in valenza di regime forfetario.

Plusvalenze e Minusvalenze

Per gli acquisti di beni mobili strumentali effettuati pre- ✔cedentemente l’opzione, le plus/minusvalenze concor-reranno alla determinazione ordinaria del reddito.Per gli acquisti effettuati invece durante l’opzione, le ✔plus/minusvalenze non concorreranno alla determina-zione del reddito di tali periodi d’imposta.

Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/continuità+aziendale

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14 Lunedì 11 Ottobre 2010 I M P R E S A

Dalla cessione plurima ai casi di diniego: luci e ombre derivanti dell’abolizione del libro soci

Un registro imprese multifunzioneDeposito dell’atto di trasferimento quote con effetti dichiarativi

Pagine a curaDI GIUSEPPE RIPA

Il deposito dell’atto di trasfe-rimento delle quote sociali nel registro delle imprese le-gittima lo status di socio nei

confronti della società. E dunque la pubblicità nel registro delle imprese ha effetto dichiarativo: è questa l’innovazione che deriva dall’eliminazione del libro soci.

Tale misura è stata inserita nel decreto c.d. anti-crisi del 2008 per agevolare le srl, ma ciò ha creato a livello applicativo non poche criticità.

Parlando di trasferimento di quota di società a responsabilità limitata non si può, comunque, non richiamare l’essenza della sua natura giuridica.

La confi gurazione della quo-ta di una Srl considerata come un bene immateriale si può far risalire alla sentenza della Cas-sazione civile, sez. 3, n. 7409 del 12/12/1986. In essa, infatti, il giu-dice afferma che «sono considerati beni mobili, oltre ai beni materia-li aventi natura mobiliare, anche i beni immateriali, tra i quali va ricompresa, […], la quota nella società a responsabilità limitata; risultando, così una equipara-zione, disposta dalla norma, dei beni immateriali ai beni mobili materiali». Nel corso degli anni la giurisprudenza si è allineata alla sentenza sopra richiamata, anche se non senza contrasti (Cass. civ. 23 gennaio 1997, n. 697; Cass. civ. 4 giugno 1999, n. 5494; Cass. civ. 26 maggio 2000, n. 6957). Si torna a parlare della natura giuridica della quota in una più recente de-cisione della Cass. civ., sez. I, la n. 19161 del 13 settembre 2007, nella quale si ritrova e dunque si consolida il concetto che «nella so-cietà a responsabilità limitata la quota di partecipazione di un so-cio non può essere rappresentata da azioni» esprimendo essa «una posizione contrattuale obiettiva-ta, che, in quanto suscettibile di formare oggetto di diritti, costitu-isce un bene ai sensi dell’articolo 810, c.c. e in particolare un bene immateriale, equiparato ai beni mobili in base all’articolo 812, c.c., comma ultimo».

Intesa in questo senso, ebbene, la partecipazione rappresenta un insieme unitario di doveri, pote-ri, diritti e obblighi spettanti alla condizione di socio in quanto le-gato all’organizzazione societaria, sicché trasferibile.

Efficacia della trasferibi-

lità. Il codice civile al comma 1 dell’art. 2469 enfatizza il princi-pio generale della trasferibilità delle partecipazioni con l’avver-bio «liberamente» sia per atto tra vivi che per successione mortis causa.

La libera trasmissibilità del-la quota, infatti, muove sia dal-la espressione letterale posta nell’atto costitutivo, ma anche dalla mancanza di previsioni.

Tale libertà viene limitata dal momento in cui, sempre al com-

ma 1 dell’art. 2469, c.c., si dà la possibilità agli organi societari di inserire clausole ostative alla trasferibilità, esaltando così l’es-senza personalistica della Srl.

Diversamente il legislatore, riguardo l’effi cacia della trasfe-ribilità, affermando che «il trasfe-rimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito» (comma 1, art. 2470, c.c.), non lascia spazi di manovra all’autonomia priva-ta dei soci, omettendo, infatti, la possibilità che l’atto costitutivo possa prevedere clausole con-trarie.

Trattasi, quindi, di norma imperativa e ciò è fortemente sostenuto dalla recente pro-nuncia del giudice del registro delle imprese del Tribunale di Verona, n. 1289 del 14 settem-bre 2009 che ha affermato, senza ombra di dubbio, che «non vi è alcuna fondata ragione di diritto positivo che possa indurre a du-bitare della natura imperativa del primo comma dell’art. 2470, c.c.» e questo in osservazione «del secco tenore letterale della norma, signifi cativamente irro-bustito dalla mancata previsio-ne della salvezza della diversa volontà dell’autonomia privata, diversamente da quanto soven-te prevede il sistema giuridico della società».

In altri termini il sistema così defi nito non può essere intaccato, in senso ostativo, dalla discrezio-nalità del socio espressa nell’atto costituivo.

Nulla vieta, comunque, la pos-sibilità di tenere un libro soci fa-coltativo utilizzato per includere informazioni che, per loro natura, non devono essere comunicate nel registro imprese. Giacché il suo fi ne ultimo lo si ritrova esclusi-vamente nel dare conoscenza di notizie e vicende partecipative, senza avere, si sottolinea, alcuna rilevanza giuridica; in tal senso risulta essere ancora un valido strumento nelle mani dell’am-ministratore diligente che onde

evitare di scaricare continue vi-sure camerali può avere a dispo-sizione una situazione aggiornata sulla compagine societaria, solo consultando il libro soci.

A livello applicativo, se prima era l’iscrizione al Libro soci che legittimava l’esercizio dei diritti sociali, oggi, basta solamente de-porre l’atto di trasferimento nel registro delle imprese per essere socio; con questa novità il legi-slatore intendeva semplifi care e, non di meno, ridurre i costi am-ministrativi, ma ciò ha causato qualche criticità che qui vale la pena considerare.

Un primo inghippo lo si trova nella non infrequente cessione plurima delle quote. Il comma

3 dell’art. 2470, c.c. ha stabilito che tra più acquirenti prevale chi per primo, in buona fede, ot-tiene l’iscrizione al registro delle imprese, senza tener conto della data di stipula dell’atto. Tutta-via, posto che il conservatore del registro delle imprese non è ob-bligato a iscrivere gli atti secon-do l’ordine di protocollazione dei depositi, a seguito della nuova normativa, potrebbe verifi carsi il caso in cui l’acquirente che as-sume la qualità di socio in virtù della priorità dell’iscrizione nel registro non sia lo stesso che in-vece ha esercitato i diritti sociali in forza del deposito.

Inoltre, posto che, come detto sopra, l’effi cacia del trasferimen-

to nei confronti della società si realizza al momento del deposito dell’atto e invece nei confronti dei terzi al momento dell’iscrizione al registro, si rilevano due «atti assai diversi sul piano tempora-le, della provenienza soggettiva e delle fi nalità perseguite». Ci si chiede dunque cosa succede in caso di diniego dell’iscrizione se l’acquirente mette in atto azio-ni in qualità di socio durante il gap temporale tra deposito e iscrizione.

Si è dell’idea che la mancata iscrizione comporta, in linea ge-nerale, l’inopponibilità ai terzi dell’atto di trasferimento per il venir meno dell’effetto pubbli-citario di cui all’art. 2193, c.c.; tuttavia, come chiarisce la pro-nuncia del giudice del registro delle imprese del Tribunale di Verona, soprarichiamata, «è pro-prio l’art. 2193, c.c. che, […], fa salva la facoltà di provare che i terzi, tra cui la società, avevano (o avrebbero potuto avere con la diligenza professionale all’uopo richiesta) conoscenza dell’atto per effetto conseguente. Nella fattispecie, pertanto, essendo-vi stata l’annotazione pubblica del deposito dell’atto di cessione ai fi ni di iscrizione ed essendo certifi cabile tale circostanza me-diante semplice visura camera-le, nessun rifl esso negativo alla pubblicità dell’atto potrà deriva-re dal rifi uto d’iscrizione».

In buona sostanza il registro delle imprese rimane il tipico strumento di pubblicità sogget-tiva e diventa l’unico idoneo ad attribuire al cessionario la legitti-mazione all’esercizio dello status di socio.

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PARTECIPAZIONII diritti sociali spettano ai soci in misura pro-porzionale alla partecipazione da ciascuno pos-seduta.

TRASFERIMENTO DELLE PARTECIPA-ZIONI E CLAUSOLA DI GRADIMENTO

Le partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e mortis causa, salvo il diritto di prelazione spettante agli altri soci. È comunque fatto salvo il gradimento da esprimersi da parte dell’assemblea nelle maggioranze solitamente previste.

A) PRELAZIONE NEL CASO DI TRASFE-RIMENTO PER ATTO TRA VIVI

Per «trasferimento per atto tra vivi» ai fi ni dell’ap-plicazione del presente articolo s’intendono compresi tutti i negozi di alienazione, nella più ampia accezione del termine e quindi, oltre alla vendita, a puro titolo esemplifi cativo, i contratti di permuta, conferimento, dazione in pagamento e donazione.Per l’esercizio del diritto di prelazione valgono le seguenti disposizioni e modalità:- il socio che intende trasferire in tutto o in par-te la propria partecipazione, dovrà comunicare la propria offerta a mezzo lettera raccomandata all’organo amministrativo; l’offerta deve conte-nere le generalità del cessionario e le condizioni della cessione, fra le quali, in particolare, il cor-

rispettivo e le modalità di pagamento. L’organo amministrativo, quanto prima e comunque entro cinque giorni dal ricevimento della raccomandata, comunicherà l’offerta agli altri soci, che dovranno esercitare il diritto di prelazione con le seguenti modalità:a) ogni socio interessato all’acquisto deve far per-venire all’organo amministrativo la dichiarazione di esercizio della prelazione con lettera raccoman-data consegnata alle poste non oltre trenta giorni dalla data (risultante dal timbro postale) in cui l’organo amministrativo ha ricevuto la comuni-cazione dell’offerta;b) la partecipazione dovrà essere trasferita entro trenta giorni dalla data in cui l’organo amministra-tivo avrà comunicato al socio offerente, a mezzo raccomandata da inviarsi entro quindici giorni dal-la scadenza del termine di cui sub a), l’accettazio-ne dell’offerta con l’indicazione dei soci accettanti, della ripartizione tra gli stessi della partecipazione offerta, della data fi ssata per il trasferimento.- nell’ipotesi di esercizio del diritto di prelazione da parte di più di un socio, la partecipazione offer-ta spetterà ai soci interessati in proporzione alle partecipazioni da ciascuno di essi possedute, in modo da lasciare immutato il preesistente rappor-to di partecipazione al capitale sociale.- se qualcuno degli aventi diritto alla prelazione non possa o non voglia esercitarla, il diritto a lui spettante si accresce automaticamente e propor-zionalmente a favore di quei soci che, viceversa,

Un facsimile dello statuto

Effi cacia del trasferimento

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15Lunedì 11 Ottobre 2010I M P R E S A

Il carattere spiccatamente personalistico della società a responsabilità limitata pone la libera trasferibilità della

quota alla mercè dei soci.Infatti sebbene la regola di de-

fault dettata dall’art. 2469, c.c. di-spone che «le partecipazioni sono liberamente trasferibili per atto tra vivi e per successione a causa di morte», è legittimo che i soci prevedano nell’atto costitutivo clausole limitative di tale libertà, spingendosi oltre, fi no a escluder-la. Ancora una volta, quindi, l’at-to costitutivo risulta essere uno strumento nelle mani dei soci volto a rispecchiare le proprie volontà al fi ne di salvaguardare in primis la compagine sociale e di conseguenza gli interessi della società. E ben si presta, dunque, l’atto a essere forgiato sulle speci-fi che esigenze della società dando la possibilità di inserire condi-zioni o limiti alla trasferibilità delle quote; e questa, insieme ad altre, quali i diritti particolari ad personam di cui al comma 3, art. 2468, c.c. (si veda ItaliaOggi del 3 settembre 2010), l’ampliamento delle cause di recesso, specifi che cause di esclusione per giusta causa del socio, concorrono ad accrescere i confi ni della srl, en-fatizzando il carattere squisita-mente personale.

È da dire che, nella pratica, questa fl essibilità dell’atto costi-tutivo stenta a essere percepita dalla compagine sociale, la quale, ancora, non si rende conto di ave-re in mano una chiave che per-mette di aprire la gabbia in cui è imprigionata l’idea del vecchio atto costitutivo standard.

Tanto meno si utilizza la pos-sibilità concessa dal legislatore

di apporre limiti al trasferimen-to delle quote attraverso patti parasociali, ossia accordi esterni all’atto costitutivo convenuti tra i soci, quali ad esempio i patti di famiglia e gli accordi – quadro.

Se da un lato la riforma del 2003 ha dato la possibilità di filtrare l’entrata di nuovi soci, d’altro canto, però, ha introdot-to a favore del socio che si vede rifi utare il trasferimento, la pos-sibilità di exit dalla società. Alla luce di queste possibili limitazio-ni, sembrerebbe che il principio generale della libera trasferibilità delle quote sia superato.

Clausole limitative. L’atto costitutivo, al comma 2, dell’art. 2469, c.c., prevede clausole limita-tive al trasferimento delle parte-cipazioni sociali per atto tra vivi o per successione mortis causa.

Emerge, dunque, dal dettato le-gislativo la possibilità di blindare la compagine sociale apponendo quei correttivi che diano una sor-ta di stabilità alla società stessa.

Pertanto i soci potrebbero uti-lizzare questi strumenti al fi ne di evitare l’ingresso di terzi non graditi perché magari privi di determinati requisiti o specifi che qualità soggettive.

Ma se da un lato tali limitazio-ni possono essere le più diverse, dall’altro il legislatore non ha mancato di tutelare il socio in-gabbiato nella società, dandogli la possibilità di esercitare il di-ritto di recesso ovvero, uscire ot-tenendo il rimborso della propria quota in proporzione al patrimo-nio sociale. Un vincolo a codesto diritto non poteva mancare, in specifi co infatti, «l’atto costitu-tivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla

costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazio-ne, prima del quale il recesso non può essere esercitato».

Questo quadro rispecchia la volontà del legislatore che con la riforma ha dato più ampio spazio di considerazione alla persona del socio e alle sue esigenze, rispetto al principio previgente in cui im-perava l’interesse della società. Al centro del sistema della Srl oggi vi è dunque il socio e la sua volontà di creare una società «su misura».

Infatti, il comma 2, dell’articolo in parola, contempla che qualora l’atto costitutivo «preveda l’intra-sferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradi-mento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscano il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono eser-citare il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2473».

Prevedere che il socio possa in qualsivoglia momento esercitare il diritto di recesso fa da deterren-te all’introduzione di una clausola forte come quella della intrasferi-bilità tout court delle quote. Va-lutare di inserire un limite tanto stringente, quale appunto l’intra-sferibilità della quota, può trovare la sua ragione in tutte quelle cir-costanze in cui l’attività sociale è pesantemente condizionata dalla presenza di specifi ci requisiti pro-fessionali della compagine sociale; un esempio lo si può trovare nelle società di consulenza specializza-ta o anche nelle società altamen-te tecnologiche. È legittimo pre-vedere clausole meno restrittive come quelle di gradimento mero

o limitato e quelle di prelazione; di cui di seguito. Con la clausola di mero gradimento «si rimette al potere discrezionale di organi sociali, soci e terzi la facoltà di concedere o meno il gradimento all’alienazione delle partecipa-zioni senza condizioni specifi che oggettive alle quali subordinare il gradimento», così come espres-so nell’orientamento del comitato triveneto di notai in materia so-cietaria. Dunque nell’apporre un siffatto vincolo, la possibilità di trasferimento viene subordinata al discrezionale placet di un orga-no che potrebbe essere addirittura super partes, esterno alla società stessa. A tutela del socio che si vede rifi utato il placet al trasferi-mento viene previsto il diritto di recesso con conseguente liquida-zione della propria quota sociale. Meno morbida è la clausola di gradimento non mero. In questo caso sono previsti dei vincoli pre-cisi che possono esser verifi cati in modo oggettivo. A differenza del gradimento mero questo non per-mette in alcun modo di attribuire il diritto di recesso al soggetto cui è rifi utato il trasferimento. An-che questa ultima clausola come quella dell’intrasferibilità assolu-ta corazza la società, e potrebbe trovare una evidente utilità nel momento in cui con fermezza si voglia mantenere ben salda e ad

alti livelli professionali l’intera compagine sociale. Un vincolo sicuramente mero energico di quelli sopra elencati è rappresen-tato dalla clausola di prelazione, tipicamente presente in quasi tutti gli statuti. Tale condizione è fi nalizzata a consentire ai consoci, nel caso in cui uno di loro voglia alienare la propria quota, di esse-re preferiti come acquirenti delle partecipazioni oggetto di aliena-zione. I consoci hanno quindi la possibilità di acquistare le quote del socio alle stesse condizioni concordate da quest’ultimo con i terzi. La fi nalità principe è quella di scongiurare l’ingresso di nuovi soci non accetti preservando quel-li in essere. Guardando con occhio critico la maggior parte degli atti costitutivi delle tante Srl italiane, ci si accorge che le clausole sopra elencate, a eccezione di quella di prelazione, sono latitanti. Oc-corre dunque chiedersi il perché gli organi sociali non riescono a dare corpo e sostanza ad un do-cumento che rispecchi a pieno le loro volontà, dato che hanno a disposizione tutti gli strumenti necessari per farlo.

Trasferibilità, i soci mettono i paletti

Registro delle Imprese

intendono valersene.- qualora nella comunicazione sia indica-to come acquirente un soggetto già so-cio, anche a esso è riconosciuto il diritto di esercitare la prelazione in concorso con gli altri soci.- il diritto di prelazione dovrà essere

esercitato per la intera partecipazione of-ferta, poiché tale è l’oggetto della proposta formulata dal socio offerente;- qualora nessun socio intenda acquistare la partecipazione offerta nel rispetto dei termini e delle modalità sopra indicati, il socio offerente sarà libero di trasferire l’in-tera partecipazione all’acquirente indicato nella comunicazione entro i sessanta gior-ni successivi dal giorno in cui è scaduto il termine per l’esercizio del diritto di pre-lazione, in mancanza di che la procedura della prelazione deve essere ripetuta.- la prelazione deve essere esercitata per il prezzo indicato dall’offerente. Qualora il prezzo richiesto sia ritenuto eccessivo da uno qualsiasi dei soci che abbia manifesta-to nei termini e nelle forme di cui sopra la volontà di esercitare la prelazione nonché in tutti i casi in cui la natura del negozio non preveda un corrispettivo ovvero il cor-rispettivo sia diverso dal denaro, il prezzo della cessione sarà determinato dalle parti di comune accordo tra loro.Nel caso di mancato accordo sulla deter-minazione del prezzo coi criteri sopra in-

dicati, si farà ricorso al Collegio Arbitrale di cui in seguito; tale Collegio Arbitrale dovrà fi ssare il prezzo in modo che esso rifl etta il valore di mercato della quota al tempo della cessione e, a tal fi ne, dovrà tener conto della situazione patrimoniale della società, della sua redditività, della sua posizione di mercato e di ogni altra circostanza e condizione che viene nor-malmente tenuta in considerazione ai fi ni della determinazione del valore di parte-cipazioni societarie. Il prezzo così fi ssato sarà vincolante per le parti.Il diritto di prelazione spetta ai soci an-che quando si intenda trasferire la nuda proprietà della partecipazione. Il diritto di prelazione non spetta per il caso di co-stituzione di pegno od usufrutto. È fatto comunque salvo, limitatamente a questo ultimo diritto reale, l’ottenimento del pre-ventivo gradimento da parte della società da esercitarsi secondo la procedura det-tata dalla successiva lettera C) e salva-guardando comunque il diritto di recesso da esercitarsi a mente dell’art. 2473 c.c. e secondo le regole ivi previste.Il diritto di prelazione spetta ai soci sia quando s’intenda trasferire la parteci-pazione a terzi estranei alla compagine sociale sia quando s’intenda trasferire la partecipazione a soggetti che siano già soci.- nell’ipotesi di trasferimento di parteci-

pazione per atto tra vivi eseguito senza l’osservanza di quanto sopra prescritto, l’acquirente non avrà diritto di essere iscritto nel libro soci, non sarà legittima-to all’esercizio del voto e degli altri diritti amministrativi e non potrà alienare la par-tecipazione con effetto verso la società.- la cessione delle partecipazioni sarà possibile senza l’osservanza delle sud-dette formalità qualora il socio cedente abbia ottenuto la rinunzia all’esercizio del diritto di prelazione per quella specifi ca cessione da parte di tutti gli altri soci.L’intestazione a società fiduciaria o la reintestazione, da parte della stessa (pre-via esibizione del mandato fi duciario) agli effettivi proprietari non è soggetta a quan-to disposto dal presente articolo.

B) PRELAZIONE IN CASO DI TRA-SFERIMENTO MORTIS CAUSA

Il diritto di prelazione di cui al presente articolo spetta anche in ipotesi di trasferi-mento mortis causa della partecipazione e spetta sia che l’erede e/o legatario sia un socio sia che l’erede e/o legatario sia un terzo estraneo alla compagine socia-le. In tal caso la partecipazione caduta in successione dovrà essere offerta in pre-lazione ai soci superstiti dagli eredi e/o legatari secondo le modalità e i termini di cui ai punti precedenti.I soci che intendano esercitare il diritto

di prelazione dovranno corrispondere un prezzo determinato secondo i criteri pre-visti dall’art 26 del presente statuto per la determinazione del rimborso spettante al socio recedente e quindi, a tal fi ne, dovrà tenersi conto della situazione patrimonia-le della società e, in particolare del suo valore di mercato alla data del decesso. In caso di disaccordo la determinazione sarà compiuta tramite relazione giurata di un esperto conformemente a quanto previsto dal citato art. 26.

C) PRELAZIONE E GRADIMENTONel caso di mancato esercizio del diritto di prelazione da parte dei restanti soci nonché nella ipotesi in cui il potenziale acquirente non faccia parte della com-pagine societaria, il socio intenzionato a vendere dovrà inviare comunicazione scritta, mediante lettera raccomandata alla società ai fi ni della convocazione dell’assemblea dei soci affi nché la stes-sa esprima il proprio mero gradimento. L’eventuale diniego del gradimento do-vrà essere comunicato entro i succes-sivi trenta giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione, Resta comun-que fermo il diritto di recesso in capo al socio siccome previsto dall’art. 2473 c.c. Le medesime regole valgono anche in ipotesi di costituzione del diritto di usufrutto sulle quote stesse.

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16 Lunedì 11 Ottobre 2010 I M P R E S A

Le regole condivise sulla comunicazione economico-i nanziaria stabilite da Iasb e Fasb

Paradigma unico per i bilanciPunti di riferimento: investitori, fi nanziatori e altri creditori

Pagina a curaDI ANDREA FRADEANI

E MASCIA TRAINI

Accelerazione verso un unico modello di bilancio. I due massimi standard setter mondiali, lo Iasb

(responsabile dei principi conta-bili internazionali) e il Fasb (de-putato a formulare quelli statuni-tensi), hanno pubblicato da pochi giorni la prima parte del nuovo Conceptual Framework dedicato alla comunicazione economico-fi nanziaria.

Non si tratta di un nuovo prin-cipio contabile, bensì di un docu-mento condiviso che detta i postu-lati, ossia il «quadro concettuale», su cui dovranno reggersi sia gli Ifrs che gli Us Gaap. I canoni che identifi cano, quindi, un comune modo di intendere, regolamenta-re e redigere il bilancio d’esercizio (individuale e consolidato).

Il Conceptual Framework rap-presenta tanto un insostituibile punto di riferimento per com-prendere la «fi losofi a» che guida (e guiderà in futuro) le scelte dei due standard setter, quanto un insieme di regole indispensabili per la corretta interpretazione e la giusta applicazione di Ifrs e Us Gaap da parte degli operatori.

La rappresentazione della situazione aziendale non è un esercizio teorico fi ne a se stesso: da un lato esistono esigenze co-noscitive interne, per compren-dere e dare il conto (in primis al soggetto economico) dei risultati conseguiti; dall’altro la necessità di offrire agli operatori esterni in-formazioni su cui questi possano fondare, razionalmente e consa-pevolmente, le proprie decisioni di carattere economico.

Il nuovo quadro concettuale immagina un bilancio d’eserci-zio destinato all’esterno del si-stema d’azienda, ossia chiamato

a fornire informazioni sulla sua dinamica economico-fi nanziaria a vantaggio dell’ambiente con cui l’impresa interagisce. Le regole contabili non prenderanno mai a riferimento, di conseguenza, gli interessi del management o, comunque, del capitale di coman-do aziendale.

L’audience di riferimento è ben diversa. Si tratta, infatti, di un gruppo di tre stakeholder ben defi nito: gli investitori (attuali e potenziali), i finanziatori e gli altri creditori. La scelta non è comunque accademica, da essa dipende la stessa confi gurazione di performance che il rendiconto

periodico è chiamato a misurare e, di conseguenza, il pattern di criteri di valutazione adottabili.

Modello latino vs. anglosas-sone. È proprio su questo aspetto che si fonda il confronto (scontro) fra la visione europea continen-tale e quella anglosassone. Nel modello latino di fare bilancio, dove la neutralità di facciata si risolve nella peculiare attenzio-ne posta a favore degli interessi dei creditori, la confi gurazione di reddito è quella distribuibile. Ne è un esempio il nostro codice civi-le: il Libro V «piega» il rendiconto, ancorando i valori al costo storico, a ruolo di baluardo dell’integrità patrimoniale della società. Non interessa tanto una valida misu-ra della performance aziendale, bensì il risultato distribuibile senza pregiudicare la garanzia, appunto per i terzi (creditori),

costituita dallo stock del capitale sociale.

Tutto ciò risulta incompren-sibile per la parte di mondo che fonda il proprio capitalismo sulla «borsa» piuttosto che sulla «ban-ca». Per gli anglosassoni sono i fornitori di capitale di rischio a essere al centro dell’attenzione: non solo quelli attuali ma anche, e soprattutto, quelli potenziali. Il reddito è, allora, quello prodotto: la prudenza abdica il suo ruolo di guida a favore del pieno operare del principio della competenza economica. Spazio, quindi, ai ri-cavi probabili: il costo storico è quindi sostituito dal fair value.

Il Conceptual Framework adotta, evidentemente, il modello anglosassone. Non si poteva spe-rare in qualcosa di diverso par-lando di un documento redatto da standard setter che hanno sede a

Londra (lo Iasb) e nel Connecti-cut (il Fasb). C’è però qualcosa di nuovo, purtroppo segno della cri-si fi nanziaria da cui il mondo sta cercando faticosamente di uscire: nella vecchia versione del docu-mento, che risale al 1989, l’unico punto di riferimento erano gli investitori (attuali e potenziali). A questi sono ora affi ancati, con pari dignità, anche i fi nanziatori e gli altri creditori. Una scelta che dovrebbe condurre a una ri-modulazione del ruolo fair value, passo auspicato dall’Europa con-tinentale.

L’obiettivo del fi nancial re-porting. Il nuovo documento si spinge però oltre i confi ni del bi-lancio: i postulati che detta vanno infatti riferiti a qualsiasi forma di comunicazione economico-fi nan-ziaria di uso generale («general purpose financial reporting»). Ma con quale obiettivo? Lo scopo non è certo quello di garantire l’integrità patrimoniale dell’im-presa. Gli standard e, quindi, le informazioni divulgate all’ester-no debbono supportare il proces-so di decisione economica degli operatori.

Fornire quindi dati che con-sentano agli investitori (attuali e potenziali), ai fi nanziatori e agli altri creditori di meglio speculare sui futuri fl ussi di cassa generati dall’attività d’impresa. Da que-sti dipendono, come noto, sia la capacità di pagare dividendi che di rimborsare, rispettando le sca-denza, capitale e interessi.

Gli standard contabili dovran-no spingere i redattori verso tale risultato mediante un approccio fondato su principi («principles-based accounting»). Un’importa-te novità per la professione statu-nitense, abituata da sempre a un sistema tanto complesso quanto fragile di regole dettagliate per singola fattispecie.

Il mantenimento della stabi-lità nei mercati del capitale non rappresenta, infi ne, un obbiettivo del fi nancial reporting. Questa af-fermazione, quasi di «cattivo gu-sto» in un periodo segnato dalla crisi globale, deve essere intesa come una forte rivendicazione d’indipendenza degli standard setter rispetto ai policy maker e ai regulator. L’unico aiuto che i rendiconti periodici possono dare alla stabilità del sistema econo-mico è quello di una informazione completa, periodica e attendibile: questa non dovrebbe essere mai sacrifi cata, magari permettendo di congelare svalutazioni o di cambiare criteri di valutazione, ad esigenze contingenti. Una dura critica alle ingerenze politi-che e alle modifi che imposte alle regole contabili verifi catesi all’in-domani del fallimento di Lehman brothers.

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Le caratteristiche qualitative sono quei prin-cipi che, qualora scrupolosamente seguiti, dovrebbero garantire l’utilità delle informa-zioni veicolate. Il Conceptual Framework ne prevede due fondamentali e quattro di mi-glioramento.Per essere utile, un bilancio deve rappresen-tare i fatti aziendali nel rispetto dei principi di signifi catività e fedeltà. Il primo vuol dire che l’informazione offerta deve risultare ri-levante ai fi ni del processo decisionale degli stakeholder: ciò accade quando la sua omis-sione o errata presentazione può mutare le scelte degli operatori. La fedeltà signifi ca, invece, che i fatti aziendali devono essere resi in modo completo (ossia comunicando tutte le informazioni necessarie alla loro comprensione), neutrale (quindi senza cerca-re di orientare i comportamenti degli utenti) e, infi ne, senza errori (o meglio, vista la loro inevitabilità, confi nandoli nell’area dell’irri-levanza).Ai due principi appena commentati si affi an-cano poi quattro caratteristiche qualitati-

ve deputate a migliorare l’utilità delle informazioni offerte. In pri-

mo luogo la comparabilità, cioè la confronta-bilità sia fra esercizi consecutivi della stessa azienda (temporale) che fra rendiconti di aziende differenti (spaziale). Quindi la verifi cabilità, intendendo per tale la possibilità di controllo diretto o indiretto, tramite la verifi ca dei dati utilizzati nel mo-dello valutativo impiegato, delle informazioni offerte. In terzo luogo la tempestività, poi-ché la comunicazione economico-fi nanziaria deve essere disponibile il prima possibile, in modo da permettere decisioni rapide ed effi caci. Infi ne la comprensibilità, valutata con riferimento a lettori con una ragione-vole conoscenza dei fatti economici e degli aspetti contabili nonché dotati della volon-tà di esaminare l’informazione con la dovuta diligenza.Lo spessore della comunicazione economi-co-fi nanziaria, inoltre, non può prescindere dall’ottimizzazione del rapporto fra costi e benefi ci: gli standard setter dovranno quindi attentamente ponderare, valutando le indi-cazioni degli operatori (tanto dei redattori quanto degli utenti), il rapporto fra i costi necessari per offrire le informazioni richieste da ogni principio contabile ed i vantaggi della loro disponibilità.

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Informazioni utili, sei i principi da seguire

I punti chiave del Conceptual Framework

Conceptual Framework

Oggetto comunicazione economico-i nanziaria esterna

Fruitori d’elezioneinvestitori (attuali e potenziali),i nanziatori ed altri creditori

Obiettivo primario utilità per il processo di decisione economica

Tipo di standard per principi (principle-based)

Le caratteristiche qualitative

CARATTERISTICHE QUALITATIVE FONDAMENTALI

signii catività fedeltà

CARATTERISTICHE QUALITATIVE DI MIGLIORAMENTO

comparabilità verii cabilità tempestività comprensibilità

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17Lunedì 11 Ottobre 2010S I C U R E Z Z A

Chiarimenti ministeriali sulla disciplina di costruzione delle impalcature dopo il T.u. sicurezza

Ponteggi, prorogate le licenzeLa validità delle autorizzazioni estesa al 14 maggio 2018

Pagina a curaDI DANIELE CIRIOLI

È scattato il 15 maggio 2008 il countdown de-cennale sulla validità delle autorizzazioni

ministeriali alla costruzione dei ponteggi. Per tutte le au-torizzazioni, anche per quelle rilasciate prima di tale data (che è la data d’entrata in vigo-re del T.u. sicurezza, il dlgs n. 81/2008), la cui validità infatti è da intendersi estesa fi no al 14 maggio 2018. Lo precisa, tra l’al-tro, il ministero del lavoro nella circolare n. 29/2010 contenente le risposte a diversi quesiti d’in-terpretazione tecnica alle norme di prevenzione infortuni nelle costruzioni e lavori in quota. Di fatto, dunque, il T.u. sicurezza ha esteso automaticamente per dieci anni la validità delle auto-rizzazioni ministeriali.

Proroga decennale. Nove le questioni sottoposte al vaglio del ministero del lavoro e risol-te con adeguate risposte. Una prima precisazione riguarda la validità delle autorizzazioni ministeriali alla costruzione e all’utilizzo dei ponteggi (articolo 131 del T.u.). Questa validità, che è decennale, spiega il ministero, decorre dal 15 maggio 2008 (data di entrata in vigore del T.u.) per tutte le autorizzazioni rilascia-te prima di tale data (quindi fi no al 14 maggio 2018). Per le autorizzazioni rilasciate dopo il 14 maggio (cioè in regime del nuovo testo unico), invece, la va-lidità (decennale) decorre dalla data di rilascio (si veda tabella). Inoltre, il ministero precisa che l’obbligo di richiedere il rinnovo dell’autorizzazione ricade sul ti-tolare dell’autorizzazione stessa, e non invece l’impresa utilizza-trice. Quest’ultima, pertanto, può continuare a impiegare ponteggi anche dopo la fi ne della validità decennale dell’autorizzazione (che riguarda «la costruzione», dunque, di quegli strumenti). Infi ne, il ministero spiega che, se non c’è il rinnovo decennale, l’autorizzazione ministeriale s’in-tende automaticamente sospesa (sempre per il costruttore, non per l’impresa).

Il libretto di autorizzazio-ne. Un secondo quesito ha chie-sto di sapere se ogni volta che vengono acquistati elementi di ponteggio deve essere allegato all’acquisto il libretto di auto-rizzazione ministeriale. A tal ri-guardo, il ministero ricorda che il comma 6 dell’articolo 131 del T.u. sicurezza dispone testualmente che «chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia dell’autorizza-zione ministeriale…», ovvero il cosiddetto libretto di autoriz-zazione ministeriale. Inoltre, al comma 1 dell’articolo 134 del T.u. è stabilito che «nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve es-sere tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della documentazione… e copia

del piano di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.)».

La protezione collettiva. Un terzo quesito ha chiesto al mi-nistero se è possibile impiegare ponteggi, previo specifi co proget-to eseguito ai sensi dall’articolo 133 del T.u. sicurezza, come pro-tezione collettiva per i lavoratori che svolgono la loro attività sulle coperture e, quindi, in una posi-zione diversa dall’ultimo impal-cato del ponteggio. Il ministero, dopo aver richiamato le norme applicabili al caso, ha spiegato di essere dell’avviso che è possibile impiegare ponteggi come prote-zione collettiva per i lavorato-ri che svolgono la loro attività sulle coperture e quindi anche in posizione diversa dall’ultimo impalcato del ponteggio, a condi-zione che per ogni singola realiz-zazione e a seguito di adeguata valutazione dei rischi venga eseguito uno specifi co progetto. Da tale progetto, eseguito nel ri-spetto dell’articolo 133 del T.u., e quindi fi rmato da ingegnere o architetto abilitato a norma di legge all’esercizio della profes-sione, deve tra l’altro risultare quanto occorre per defi nire lo specifico schema di ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell’esecuzione, naturalmente tenendo conto della presenza di lavoratori che operano, oltre che sul ponteggio, anche in copertura.

I fermapiedi. Altro quesito ha chiesto se è possibile sostituire, su un ponteggio autorizzato, i fermapiedi prefabbricati con altri fermapiedi prefabbricati, rego-larmente autorizzati, ma appar-tenenti ad altra autorizzazione ministeriale. Il ministero rispon-de affermativamente, ricordando quanto già spiegato nella lettera circolare del 9 febbraio 1995. Os-sia le condizioni che permettono tale sostituzione, vale a dire pre-ventiva verifi ca della compatibi-lità dell’elemento prefabbricato con lo schema strutturale.

Le basette del ponteggio.Al-tro quesito formulato al ministero riguarda l’obbligatorietà o meno

all’utilizzo di tavole in legno per l’allestimento degli elementi di ripartizione dei carichi dei mon-tanti dei ponteggi. Il ministero ha spiegato che questi elementi devono avere «dimensioni e ca-ratteristiche adeguate ai carichi

da trasmettere e alla consisten-za dei piani di posa, in modo da non superarne la resistenza uni-taria». Pertanto, conclude, non è prevista l’obbligatorietà di un materiale specifi co per realizza-re la ripartizione, a condizione

però che risultino soddisfatte le predette condizioni.

Il raddoppio dei montanti. Un ultimo quesito ha chiesto al ministero se è necessario il rad-doppio dei montanti, in presen-za di apparecchi di sollevamento materiali montati su ponteggi. Il ministero ha ricordato che, nel ri-spetto del punto 3.3 dell’Allegato XVIII del T.u. sicurezza, qualora apparecchi di sollevamento ven-gano fissati direttamente sui montanti delle impalcature, detti montanti devono essere raffor-zati e controventati in modo da ottenere una solidità adeguata alle maggiori sollecitazioni a cui sono sottoposti. In particolare nei ponteggi i montanti, su cui sono applicati direttamente gli elevatori, devono essere di nu-mero ampiamente suffi ciente ed in ogni caso non minore di due e gli ancoraggi devono es-sere adeguati.

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PROFESSIONALE E D’IMPRESA, A NORMA DEGLI ARTICOLI 54 E 56 DEL TUIR.

/Cell.

K3222523

LA DISCIPLINA DELLE AUTORIZZAZIONI

L’autorizzazione

Con riferimento all’articolo 131, comma 5, del T.u. sicurezza, che cosa s’intende per «l’autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verii care l’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tec-nico»?

La validità decennale

La validità decennale delle autorizzazioni ministeriali, rilasciate prima del 15 maggio 2008, data di entrata in vigore del T.u. sicurezza, decorre dalla stessa data, quindi detta validità s’intende estesa i no al 14 maggio 2018. Per quelle autorizzazioni ministeriali rilasciate successivamente al 14 maggio 2008 la validità decorrerà dalla data di rilascio

Il rinnovo

L’obbligo di richiedere il rinnovo dell’autorizzazione ministeriale riguar-da il titolare dell’autorizzazione ministeriale e non l’impresa utilizzatrice. Pertanto, l’impresa utilizzatrice può impiegare i ponteggi anche dopo la cessazione della validità decennale dell’autorizzazione

La sospensioneL’autorizzazione ministeriale s’intende automaticamente sospesa nei confronti soltanto del titolare dell’autorizzazione stessa (e non anche dell’impresa), in assenza dell’avvenuto rinnovo decennale

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18 Lunedì 11 Ottobre 2010 S P E N D E R E M E G L I O

Il mercato diversii ca le proposte di posta certii cata cucendole su misura per pmi e professionisti

Pec, il servizio fa la differenzaL’offerta varia dall’archivio di sicurezza alla notifi ca via Sms

Pagina a curaDI ANTONINO D’ANNA

Da 5 a 50 euro più Iva. È boom di offerte priva-te per attivare la Pec, la Posta elettronica

certifi cata. Con un occhio di ri-guardo ai servizi aggiuntivi. Il nuovo strumento, che permette ai professionisti di evitare fi le, code e ritardi, inviando e-mail che hanno lo stesso valore le-gale della raccomandata A/R, ha conquistato finora quasi due milioni di indirizzi in tutta Italia ed è in costante crescita, soprattutto grazie a professio-nisti e aziende.

In particolare, la Pec funziona così: il mittente (possessore di una casella di Pec) invia un mes-saggio a un altro utente certifi ca-to; il messaggio, raccolto dal ge-store, viene chiuso in una «busta» elettronica con una fi rma elettro-nica che ne garantisce l’inaltera-bilità, e spedito al gestore Pec del destinatario, che la recapita. La certifi cazione avviene quando il gestore Pec del destinatario ri-lascia una ricevuta di consegna al mittente. In questo modo si è certi dell’invio e dell’arrivo a destinazione del messaggio. Un po’ come la vecchia cartolina A/R della raccomandata cartacea. Bi-sogna ricordare che la Pec non certifi ca il contenuto della «bu-sta elettronica» trasmessa, ma se il contenuto è fi rmato digital-mente dal mittente, allora viene considerato come «documento informatico sottoscritto con fi r-ma digitale» acquisendo tutti i privilegi propri del documento cartaceo sottoscritto con fi rma autografa, con la stessa validità probatoria.

Le offerte. Punti di forza del-la Pec sono la capacità offerta da questo strumento di demateria-lizzare una serie di documenti cartacei (fatture, fi rma elettroni-ca e così via), unita alla diffusio-ne dei concetti basilari associati a questo mezzo (minori costi di spedizione, rapidità, trasmissio-ne certifi cata). Due fattori, uniti all’incremento degli utenti (tra aziende, enti e professionisti), che stanno spingendo le azien-de verso l’uso della Pec anche come mezzo automatizzato per trasmettere e ricevere posta e comunicazione.

Sono molti i soggetti a offrire varie formule di fruizione della casella postale Pec, che può es-sere fornita in alcuni casi anche con domini personalizzati (come per esempio [email protected]). Dando un’occhiata alle ti-pologie considerate da ItaliaOggi Sette (e cioè le offerte «base» che possono soddisfare un professio-nista o una piccola impresa) i prezzi rispondono a tutte le esi-genze economiche e sono abba-stanza contenuti. Ma è sul piano dei servizi che si può fare la dif-ferenza. È il caso, per esempio, di Tnt Post, primo operatore postale privato in Italia e partner del ge-store accreditato In.te.sa. spa, del

Gruppo Ibm, che ha scelto di pre-sentare FormulaPec: tre soluzio-ni tagliate su misura per il target business/professionale. Ci sono, infatti, FormulaPec1, per aziende e p.a. (costo: 45 € più Iva per tre anni, casella fi no a 5Gb); Formu-laPec2, per le nuove aziende (36 € più Iva per tre anni, casella fi no a 5Gb); FormulaPec3 (30 € più Iva per tre anni, casella fi no a 1 Gb), per professionisti e privati. Nel mirino di Tnt Post, oltre ai clienti «tradizionali», ci sono an-che privati, partite Iva, grandi aziende, piccoli professionisti, studi, newco, soluzioni Small of-fi ce home offi ce. Accanto a queste soluzioni la possibilità di scelta si basa non solo sul prezzo, ma an-che sui servizi offerti: ecco allora Aruba Pec che con una tariffa di 5 euro più Iva offre una casella da 1 Gb per un anno, ma senza archivio di sicurezza e report Sms. Stesso prezzo per Gigapec. Sotto il costo dei 10 euro ci sono Interfree Pec Base (8€+Iva), Po-sta Elettronica Certifi cata Pec

Business (8,90 più Iva, ma esiste un’offerta privati a 6,90), Spazio-Pec (9,90 Iva inclusa). Seguono poi Certifi c@ di Telecom Italia (12 euro Iva inclusa in promo-zione Promopec), Winpec (18 più Iva) e infi ne a 25 più Iva, 48 (Iva inclusa) e 50 € più Iva troviamo Legalmail, Poste Italiane/Poste-com e Casellasicura.it.

Le opzioni. Con che cosa corredare la casella di posta elettronica certifi cata? C’è ov-viamente l’imbarazzo della scelta, ma alcuni servizi pos-sono essere molto utili. Basti pensare all’archivio di sicu-rezza, che viene incontro alla necessità di conservare anche il contenuto delle comunicazio-ni inviate (per legge dev’essere conservato per 30 mesi soltanto il log, ossia la registrazione dei messaggi entrati e usciti dal-la casella Pec). A seconda del gestore, sarà possibile confi gu-rare varie opzioni e registrare tutta la posta o solo in parte (per esempio quella per un de-

stinatario, in modo tale da con-servare tutto il carteggio). Può essere molto comodo utilizzare la notifi ca Sms, cioè un mes-saggino inviato sul cellulare dell’utente che lo informa del-la ricezione di un messaggio di posta certifi cata: naturalmente occorre informarsi prima sugli eventuali costi del servizio. Altro strumento che può rive-larsi utile è l’inoltro automa-tico della posta, per «girare» il messaggio dalla casella Pec a quella domestica o personale indicata dall’utente, anche se molti servizi di posta certifi ca-ta sono offerti con i parametri utili per confi gurare il proprio programma di posta elettronica e quindi impostare il pc per il prelievo diretto della posta. Il tutto a scelta del cliente.

Sempre più digitalizzati. La circolare del 7 dicembre 2006 emessa dall’allora Cnipa (oggi DigitPA) impone ai gestori (il loro elenco è consultabile on-line sul sito www.digitpa.gov.it/

pec_elenco_gestori) di inviare, con frequenza bimestrale, in-formazioni relative al numero di caselle in esercizio per cia-scun dominio e il numero totale giornaliero di messaggi Pec in entrata e uscita dalle caselle gestite. I dati relativi al 4° bi-mestre 2010 (luglio-agosto), pur non comprendendo tutti i ge-stori accreditati (questo perché non hanno ancora avviato l’ope-ratività), sono positivi: rispetto al 3° (maggio-giugno) i domini sono passati da 95.912 a 99.722 (+3,97%), mentre le caselle han-no avuto un +12,84% passando da 1.850.958 a 2.088.673. In calo, ovviamente a causa del periodo vacanziero, i messag-gi: sono scesi da 71.274.138 a 52.164.067 (-26,81%).

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Cosa offre il mercato

Azienda Indirizzo Offerta* Costo (€)

Aruba PEC www.pec.it Standard 5,00+IVA

Casellasicura.it www.casellasicura.it Base 50,00+IVA

Gigapec www.gigapec.it Standard 5,00+IVA

Interfree PEC http://pec.interfree.it PECBase 8,00+IVA

Legalmail www.legalmail.it Legalmail Standard 25,00+IVA

Posta Elettronica Certii cata PEC www.postacertii catapec.it PEC Business 8,90+IVA

Poste Italiane/Postecom www.poste.it PEC Business Base 48,00

SpazioPEC www.spaziopec.it Standard 9,90

Telecom Italia Impresa Semplice www.impresasemplice.it Certii c@ 12,00**

TNT www.tntpost.it Formula 3 30,00+IVA***

Winpec www.winpec.it Base 18,00+IVA

* Viene presa in considerazione l’offerta minima per un anno (salvo diversamente specifi cato) pensata per i professionisti senza ulteriori servizi aggiuntivi. Per maggiori informazioni verifi care sui siti o call center delle aziende prese in esame. Il prezzo, salvo indicazione espressa, è da considerarsi IVA inclusa.

** Promozione Promopec.*** La tariffa garantisce un servizio della durata di tre anni.

I principali siti certifi cati

Aci Informatica S.p.A. http://www.informatica.aci.it/

Actalis S.p.A. http://www.actalis.it/

Ancitel http://portale.ancitel.it/ancitel.cfm

Aruba PEC http://www.aruba.it/index.asp

Cedacri S.p.A. http://www.cedacri.it/

Consiglio Nazionale del Notariato http://www.notariato.it/it/

Fastweb S.p.A. http://www.fastweb.it

Hp Es Italia S.r.L. https://h10134.www1.hp.com/ssl/about/locations/italy/index.aspx

In.Te.Sa. S.p.A. http://trustedmail.intesa.it/

Infocert S.p.A. http://www.infocert.it/

Innova Puglia S.p.A. http://www.rupar.puglia.it/

It Telecom S.r.l. http://www.ittelecom.it/

Itnet S.r.L. http://www.it.net

IWBank S.p.A. http://www.iwbank.it/

Lombardia Integrata S.p.A. http://www.lisit.it/

Namirial S.p.A. http://www.namirial.com/

Numera Sistemi e Informatica S.p.A. http://www.numera.it/

Poste Italiane S.p.A. http://www.poste.it/

Postecom S.p.A. http://www.postecom.it/

Regione Marche http://www.postaraffaello.it - http://www.cartaraffaello.it

Sogei Società Generale d’Informatica S.p.A. http://www.sogei.it/

TWT S.p.A. http://www.twt.it/

Università degli studi di Napoli Federico II http://www.unina.it/

rtaraffaello.it

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19Lunedì 11 Ottobre 2010A F FA R I I N P I A Z Z A

Sui mercati cresce la voglia di alternative ad azioni e obbligazioni: pro e contro per evitare rischi

Il fascino di titoli senza scadenzeI rendimenti dei bond perpetui arrivano a superare l’8%

Pagina a curaDI DUILIO LUI

Con i titoli di stato che faticano a tenere il passo dell’inflazione, e nelle scadenze brevi

hanno rendimenti reali nega-tivi, cresce la voglia di alterna-tive sui mercati fi nanziari. Se l’azionario continua a spaven-tare gli investitori poco avvezzi a vivere sulle montagne russe della volatilità, un’opportuni-tà da considerare è costituita dai perpetual bond. Strumen-ti obbligazionari che, come il nome stesso lascia intuire, non hanno scadenze predefinite. Un fattore di maggiore incer-tezza, in cambio di un tasso di interesse fi sso più elevato, che in alcuni casi possono arrivare fi no all’8% annuo e oltre.

Come funzionano. In re-altà, il pagamento degli inte-ressi non è perpetuo, perché la società emittente può de-cidere di rimborsare in anti-cipo il prestito, esercitando la cosiddetta clausola call. L’emittente inoltre può rin-viare il pagamento di una o più cedole al verifi carsi di de-terminati accadimenti come la mancanza di distribuzione di dividendi da parte della so-cietà oppure utili di esercizio negativi. Se, però, fi no a pochi anni fa era consuetudine ri-chiamare le obbligazioni alla prima data di call prevista dal prospetto e tutti gli investitori consideravano la data di call come fosse una vera e propria scadenza, la crisi fi nanziaria internazionale ha cambiato questo stato di cose. Qualche emittente ha deciso di non rimborsare anticipatamente i bond pur essendo in grado di farlo. In generale, è cresciuto il cosiddetto «extension risk», cioè l’incertezza sull’effettiva scadenza dell’investimento, specialmente per gli strumenti emessi senza una vera e pro-pria scadenza come i perpe-tual bond. In poche parole, è diventato assai diffi cile stima-re il rendimento dell’investi-mento, dal momento che non si conosce con certezza la sua scadenza.

Pro e contro del prodotto. Il principale vantaggio connes-so a questi strumenti è quello legato a una superiore remu-nerazione dell’investimento effettuato rispetto a quello dei titoli obbligazionari tradizio-nali. Ovviamente, come tutti i titoli che promettono alti ren-dimenti, comportano anche rischi notevoli e da prendere in considerazione. In primis, non hanno scadenza, ossia nella normativa bancaria i perpetual bond costituiscono un prestito, subordinato, nel-le cui condizioni di erogazione non viene indicata la data di scadenza. Attenzione inoltre

alla parola subordinato: vuol dire che in caso di fallimento dell’ente emittente, il debito sarà rimborsato solo dopo che siano stati soddisfatti tutti gli altri creditori non ugualmente subordinati, per cui la perdita che può subire l’investitore è sempre elevata e molto spesso tendente al 100% del capitale investito.

Inoltre, i bond perpetui pre-sentano un rischio di volatilità sul prezzo poiché la liquidità su questi titoli è contenuta e quindi le oscillazioni dei prez-zi sono più consistenti. Oltre al rischio di mancato incasso della cedola, che si verifica quando la società emittente stabilisce di non distribuire il dividendo per quell’esercizio o se nel prospetto è indicata solo la facoltà e non l’obbligo dell’emittente di pagare la ce-dola annua. Da considerare anche lo svantaggio del lot-

to minimo che nella maggior parte dei casi ammonta a 50 mila euro. Una somma che solo i clienti più facoltosi normal-mente possono permettersi.

Come investire. Per indi-viduare un bond perpetuo che offre alte cedole a fronte di un rischio limitato bisogna rivol-gersi verso Istituti di credito dotati di una buona storia dal punto di vista dei dividendi e quindi prediligere le banche in cui rivestono un peso im-portante le fondazioni poiché queste ultime esercitano un peso nei confronti della so-cietà per la distribuzione dei dividendi. Il miglior periodo dell’anno per acquistare bond perpetui è il momento della distribuzione dei dividendi. In questo modo si ha la certez-za di incassare la cedola. Ma per continuare a far sì che i bond perpetui siano fruttuosi occorre seguire sempre con attenzione tutte le notizie che riguardano l’emittente e di-mostrarsi investitori evoluti e costantemente aggiornati per essere pronti a intervenire in caso di un cambio improvviso delle regole del gioco.

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Nell’ultimo report mensile sull’azionario gli analisti di Equita Sim mantengono la loro vi-sione positiva, «pur consapevoli che la pres-sione sugli spread di Irlanda e Portogallo rap-presenti un rischio latente». Gli analisti si dicono confortati da una serie di indicatori che sembrano scongiurare un ritorno all’in-certezza di aprile: in particolare, la forza relativa dell’euro e la performance positiva dei mercati azionari segnalano che i mercati liquidi non credono al worst case e l’Ue e la Bce hanno predisposto le armi per interve-nire in caso di necessità. «Poiché crediamo che Dublino e Lisbona riescano a gestire il defi cit pubblico», proseguono gli analisti, «crediamo che le azioni rappresentino un investimento decisamente interessante». In queste condizioni, «non ci sono le premesse per una ricaduta in recessione» poiché «il fl usso di credito all’economia sta miglio-rando, scorte e investimenti sono su livelli bassissimi, le aziende non hanno mai avuto così poco debito, la pendenza della curva 10 anni-30 anni negli Usa è sui massimi».

Sulla stessa linea Intermonte, secondo cui, «pur con le incertezze esistenti in termini di sviluppo dello scenario macro, l’equity continua a particolar-mente risultare a buon mercato, soprattutto in relazione ad altre asset class». Secondo gli esperti, «i rischi che vediamo oggi sono di due tipi, uno nuovamente di natura fi nanziaria, il ravvivar-si delle tensioni relati-ve ai debiti sovrani, che però le autorità hanno dimostrato, almeno fi no a oggi, di poter ge-stire, e uno relativo ai possibili impatti che la guerra valutaria in corso potrebbe generare in termini di perdita di ulteriore competitività dell’area euro».

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Azioni, tra gli analisti prevale l’ottimismo

Crescono i timori per un generale rallenta-mento delle esportazioni dei paesi avanza-ti, ma la crescita delle economie emergenti consente di limitare i danni. L’ultima inda-gine sulle pmi condotta da Société Généra-le evidenzia infatti un significativo rallen-tamento nel settore dell’esportazione da parte delle economie avanzate, nel mese di settembre.Il commercio globale è in genere princi-palmente guidato dall’andamento del ciclo delle scorte: così la debolezza di questa componente fa crescere le preoccupazio-ni degli analisti sulle prospettive per le economie occidentali. Il rallentamento della fiducia da parte delle imprese negli ultimi mesi sembra però essersi stabiliz-zato nella maggior parte dei paesi. Dato il solido rapporto tra il ciclo delle scorte e la dinamica del commercio mondiale nel corso del tempo, questa capacità di recu-pero della fiducia delle imprese sui loro stock, è un segnale positivo per il com-mercio globale.La recessione globale, spiegano gli anali-sti, ha mostrato il nuovo volto dell’eco-nomia mondiale, caratterizzato da una performance molto diversa tra i mercati avanzati e le economie emergenti. Le eco-nomie emergenti, principalmente quelle asiatiche, si collocano al centro di questo

cambiamento. Il passaggio di testimone dal G8 al G20 ne è un esempio: basti pensare che ben sei dei paesi del secondo sono asia-tici. Anche per le esportazioni la situazio-ne è molto meno preoccupante se conside-rata dal punto di vista di paesi emergenti come Cina, Brasile e Corea del Sud, dove le prospettive di esportazioni sembrano essere state molto più resistenti alla re-cente riduzione della crescita economica e tutti questi paesi hanno conosciuto un miglioramento nel mese di settembre.Tra questi paesi, la Cina gioca un ruolo particolare: la principale economia asiati-ca ha risentito del crollo del commercio in-ternazionale, registrando una contrazione della crescita che, però, è stata molto più contenuta rispetto alla media mondiale. Allo stesso tempo, la Cina diventa sempre più rilevante nel commercio internaziona-le oltre che un partner fondamentale nel processo di internazionalizzazione delle imprese italiane. Un tempo fortemente cor-relate con le tendenze dei paesi sviluppa-ti, oggi gli indicatori delle esportazioni da parte dei paesi emergenti appaiono sempre più indipendenti aprendo le porte per nuo-vi e altrettanto conflittuali scenari negli assetti del commercio globale.

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Le economie emergenti fanno da cuscinetto

Le principali caratteristiche dello strumento

NaturaIbrida tra azioni e obbligazioni, perché nominalmente appartengono alla seconda categoria, ma come le prime non hanno scadenza

RendimentiSolitamente tra il 6 e l’8% annuo, a tasso i sso, con possibilità di andare anche oltre

Cosa succede in caso di fallimento dell’emittente

Sono soggetti a delle clausole di subordinazione che ne condizionano non solo l’esigibilità in caso di liquidazione, ma addirittura, in taluni casi, la possibilità di ricevere degli interessi

LiquiditàRidotta, per cui sono soggetti a frequenti, brusche oscillazioni di valore

Lotto minimo Solitamente intorno ai 50 mila euro

A chi sono adattiA un risparmiatore con una buona disponibilità i nanziaria, che si muove con un’ottica di lungo periodo e considera di dedicare una piccola parte del proprio portafoglio a questo asset alternativo

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20 Lunedì 11 Ottobre 2010 I N F O . E U R O PA

Prosegue l’iter della direttiva contro i ritardi: entro febbraio è prevista la pubblicazione in Guue

Pagamenti inderogabili. Anzi noFatture saldate entro 30 giorni. Salvo accordi tra le parti

DI GIANLUCA CAZZANIGA

Gli enti pubblici in Euro-pa non potranno rinvia-re i pagamenti ai forni-tori oltre i 60 giorni in

nessun caso a partire dal 2013. Lo stabilisce il testo della nor-mativa comunitaria sui ritardi nei pagamenti che l’Unione eu-ropea si appresta ad ap-provare definitivamente entro fi ne anno.

Il Parlamento europeo ha già dato il primo via libera al provvedimento la settimana scorsa, con l’approvazione unanime da parte della commissio-ne mercato interno e pro-tezione dei consumatori. Il testo votato martedì dagli eurodeputati è il risultato di compromesso raggiunto tra i rappresentanti delle princi-pali istituzioni europee il 13 set-tembre. Se tutto andrà secondo le previsioni, l’aula darà il via libera defi nitivo alla nuova di-rettiva nella sessione plenaria che si svolgerà a Strasburgo dal 18 al 21 ottobre. Dopodiché il consiglio dell’Ue, l’organo che rappresenta i ventisette stati membri dell’unione, approverà il provvedimento senza bisogno di ulteriori discussioni entro fi ne dicembre, prima della fi ne della presidenza di turno belga. Infi -

ne il testo della normativa che andrà a sostituire la direttiva numero 35 del 2000 sarà pub-blicato sulla Gazzetta Uffi ciale dell’Ue a gennaio o febbraio. Trascorsi 20 giorni dalla pub-blicazione sulla Guue, l’Italia e gli altri paesi europei avranno due anni di tempo per recepire la nuova norma comunitaria.

Il problema principale della normativa vigente è la possi-bilità di derogare i pagamenti sulla base di accordi stipulati tra debitore e creditore, per esempio tra un ente pubblico e una piccola e media impresa. La nuova norma, invece, fi ssa come regola generale a 30 giorni il tempo che dovrà intercorrere tra l’emissione di una fattura e il suo pagamento da parte del-le amministrazioni pubbliche (a eccezione degli ospedali, che potranno benefi ciare di altri 30

giorni di tempo). A ogni modo tutti gli enti pubblici dovranno rispettare il limite inderogabile dei 60 giorni. Scaduto il termine massimo di pagamento, i debito-ri dovranno pagare ai creditori gli interessi di mora, che vanno calcolati prendendo come rife-rimento il tasso previsto dalla Banca centrale europea (attual-

mente pari all’1%) e maggio-rato di 8 punti percentuali. Il costo minimo della penale è 40 euro.

A questo proposito, ini-zialmente il Parlamento aveva sostenuto la proposta dell’esecutivo di Bruxelles: istituire una multa del 5% sul valore totale del contratto allo scadere del periodo previ-sto per il pagamento. Ma gli stati membri si sono schiera-ti contro questa ipotesi.

Per raggiungere un’intesa sulla nuova direttiva con il consiglio, inoltre, il parlamen-to ha dovuto rinunciare all’idea di applicare alle transazioni fra imprese le stesse regole relative alla transazioni tra enti pubblici e privati. Secondo una fonte diplomatica italiana, le organizzazioni che rappre-sentano le imprese europee si sono fermamente opposte alla proposta degli eurodeputati. «Nel complesso siamo soddi-sfatti di questo compromesso»,

ha dichiarato Daniel Cloquep di Business Europe, una sorta di Confi ndustria europea. In teo-ria la regola dei 30 giorni vale anche per i pagamenti tra im-prese private, ma è soggetta a due deroghe. La prima prevede che, in presenza di un accordo tra le parti, la scadenza possa essere estesa a 60 giorni. La se-conda prevede che il pagamento di una fattura può addirittura sforare i 60 giorni, a patto che ci sia un «espresso accordo» tra le parti e che i ritardi non siano «pesantemente ingiuste per il creditore».

Secondo i dati pubblicati dalla commissione europea, in Italia il termine di pagamento previsto tra imprese è in media 68 giorni e il pagamento viene effettuato con 20 giorni di ritar-do. Sempre in Italia, il termine previsto per il pagamento delle fatture da parte degli enti pub-blici si aggira in media intorno ai 95 giorni e il pagamento viene effettuato con 40 giorni di ritar-do. Gli enti pubblici italiani sono battuti solo da quelli greci, spa-gnoli e portoghesi.

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col defi cit

Entrate tributarie in ca-duta libera a San Marino. Lo scudo fi scale fi rmato da Tremonti, insieme ai primi effetti dell’inseri-mento del Titano nella lista nera del decreto incentivi, hanno visto il governo della Rupe alle prese con una riduzione delle entrate del 30% nel 2010 rispetto ai valori di un anno prima. «La for-mulazione del bilancio 2011 non potrà conte-nere il deficit nei circa 43 milioni preventivati», ha spiegato il segretario alle fi nanze, Pasquale Va-lentini, ammettendo che il governo ha iniziato a lavorare perché non sia messa a rischio la liquidi-tà del sistema fi nanziario. Sia attraverso la ratifi ca dei decreti sulla manovra economica straordinaria, sia attraverso la predisposi-zione di riforme strutturali indispensabili come quella pensionistica e quella tri-butaria.«Di certo aumenterà il de-fi cit», ha aggiunto Valenti-ni. «La cifra esatta la co-municherò nella prossima seduta del parlamento che dovrebbe svolgersi entro questo mese. Tenteremo di contenere il più possibile le spese e il defi cit stesso, anche per fare in modo che il debito reale non com-prometta la liquidità del-lo stato e il bilancio 2011, che presenteremo entro il 20 novembre. Dobbiamo te-ner conto in maniera strut-turale che la realtà di San Marino è cambiata e per la prima volta dobbiamo fare i conti col debito pubblico, come tutti gli altri paesi del mondo». Per gettare acqua sul fuo-co delle polemiche alimen-tate dalle dichiarazioni di Valentini è intervenuta la Banca centrale del Titano, rassicurando i mercati sul-la situazione dei conti del paese. «A fi ne settembre il livello di liquidità dispo-nibile nel paese era pari a oltre 990 milioni di euro», hanno assicurato i vertici della Bcsm. «Oltre a que-sto, il rapporto tra impie-ghi e raccolta diretta si attestava a giugno all’81% che, per quanto aumentato rispetto al 61% del 2009, risulta ancora in linea con quello di altri sistemi ban-cari europei».

Gabriele Frontoni

San Marino alle prese

I Balcani si alleano nel contrasto all’illegalità. I ministri dell’interno di nove paesi dell’area (Serbia, Montenegro, Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Romania, Bulgaria, Slovenia e Albania), hanno siglano un accordo che prevede maggiori misure di prevenzione, un più effi ciente scambio di dati e informazioni oltre a sforzi congiunti per armonizzare le legislazioni fra i paesi, garantendo una stretta coope-razione fra le forze di polizia e di magistratura. L’intesa, raggiunta al termine di una conferenza di due giorni a cui hanno partecipato anche i rappresentanti di Italia, Ger-mania, Austria, Ungheria, Svezia, Spagna e Svizzera, rap-presenta un passo importante da parte dei paesi balcanici nella direzione della lotta a criminalità e al contrasto della corruzione che costituiscono una delle condizioni poste dal-la Ue alle giurisdizioni interessate a integrarsi nell’Unione. I ministri riuniti a Belgrado sono an-dati oltre, annun-ciando un’iniziativa diretta a introdurre un mandato di arre-sto balcanico strut-turato sul modello di quello europeo varato dalla Ue nel 2004, pensato per snellire e velociz-zare le procedure di estradizione fra i paesi della regione. In concomitanza con la chiusura della conferenza, è stata inoltre annunciata l’apertura, sempre a Belgrado, di un uffi cio internazionale anticrimine, frutto di un progetto regionale varato dalla Ue. E proprio la Serbia si accinge a entrare, prima degli altri paesi dei Balcani, nell’Unione europea. Nei giorni scorsi il presidente, Boris Tadic, ha annunciato che nel migliore dei casi Belgrado ver-rà annesso all’Ue già a partire dalla fi ne del 2015. Anche se da Bruxelles parlano invece di un più realistico 2018-2020.

Gabriele Frontoni

Balcani, fronte comune contro l’illegalità

Paesi europei più disciplinati nell’applicazione dei diritto comunitario. Nel 2009, la commissione Ue si è trovata a trattare quasi 2.900 casi tra denunce e infrazioni, con un

calo del 16% rispet-to al 2008 e una di-minuzione del 26% per quanto riguarda le procedure di in-frazione per man-cata comunicazione di misure di recepi-mento delle diretti-ve. Il numero di pro-cedure di infrazione avviate in seguito a denunce è sceso del 15% rispetto all’an-

no precedente. «I settori che contano il maggior numero di procedure restano l’ambiente, la fi scalità, l’energia, i trasporti e il mercato interno», hanno spiegato da Bruxel-les ricordando, tuttavia, che ogni anno l’Unione europea gestisce 8 mila atti giuridici in vigore in 27 stati membri. È quindi inevitabile che si debbano fronteggiare numero-se diffi coltà. «La procedura di infrazione è essenziale per garantire la corretta applicazione del diritto europeo», hanno continuato gli esperti della commissione secondo cui, la relazione annuale sul controllo dell’applicazione del diritto dell’Ue conferma l’elevata percentuale di casi risolti senza l’intervento della Corte di giustizia (95% delle denunce archiviato prima della pronuncia della Cor-te). In base ai dati elaborati da Bruxelles, lo scorso anno sono state 47 le lettere di richiamo formale inviate dalla commissione all’Italia. È andata peggio soltanto all’Un-gheria (49 richiami) e alla Grecia (48). Mentre i principali paesi della zona euro si sono mostrati piuttosto corretti nell’applicazione del diritto comunitario. Le lettere di ri-chiamo inviate a Berlino sono state 16, quelle recapitate a Parigi 27.

Gabriele Frontoni

Diritto, gli stati europei si applicano di più

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21Lunedì 11 Ottobre 2010

Il sistema si conferma riferimento internazionale. Tra i punti di forza, i controlli ex ante

Il notariato italiano è in cattedraDalla Cina ai paesi emergenti: il modello latino si diffonde

DI GABRIELE FRONTONI

L’Italia non fa scuola sol-tanto nella moda o nel design. A copiare l’ec-cellenza della penisola

sono stati, questa volta, i notai di alcuni paesi emergenti, che han-no deciso di far rotta su Roma per studiare le caratteristiche del sistema di garanzia super partes, proprio della professione no-tarile basata sul mo-dello latino. «Abbiamo organizzato di recente un corso di formazione rivolto a 20 notai cinesi per consentire loro di approfondire il sistema italiano dei pubblici registri (immobiliare, registro delle impre-se, catasto), l’illustrazione della rete unitaria del notariato (l’in-frastruttura tecnologica che col-lega il notariato con la pubblica amministrazione), l’analisi delle tecniche giuridiche per la reda-zione dei contratti in materia im-mobiliare e societaria, oltre allo studio della normativa fi scale, di antiriciclaggio e l’esame del siste-ma di censimento e mappatura della proprietà immobiliare», ha spiegato Giancarlo Laurini, presi-dente del Consiglio nazionale del notariato e presidente onorario dell’Uinl (Unione internazionale del notariato). Ma quella dei ci-nesi potrebbe rappresentare sol-tanto una prova generale. Stando almeno all’entusiasmo mostrato dai paesi emergenti nei confronti del modello italiano. A tal punto che in occasione del congresso internazionale dei notai tenutosi la scorsa settimana a Marrakech, cinque nuovi paesi (Corea del Sud, Tunisia, Bosnia Erzegovina, Mauritius e Mauritania) hanno deciso di seguire il modello ita-liano, basato sui controlli ex ante volti a evitare i contenziosi, in con-trapposizione a quello anglosas-sone, imperniato sulla risoluzione delle controversie a giochi fatti. Ma quali sono le ragioni di tanto interesse per il modello latino, da portare addirittura 81 paesi (pari al 65% della popolazione mondia-le) a scegliere la strada praticata dall’Italia? «Il perché è sotto gli occhi di tutti», ha continuato Lau-rini. «È suffi ciente guardare alla crisi internazionale originata in America per rendersene conto. I problemi fi nanziari che hanno trascinato sul lastrico migliaia di banche, imprese e famiglie negli ultimi due anni sono stati deter-minati dall’assenza di controlli ex ante». Nei sistemi di common law, infatti, i controlli preventivi della documentazione relativa a un affare vengono effettuati at-traverso una due diligence. Que-sto vuol dire che, da un punto di vista pratico, una parte mette a disposizione dell’altra tutta la documentazione necessaria. E li fi nisce. «Nei sistemi latini come quello italiano il controllo di le-galità effettuato dal notaio non è

indirizzato a garantire soltanto una delle parti contraenti quanto piuttosto a garantire l’intera vi-cenda contrattuale», ha aggiunto Laurini. «Le verifi che effettuate dal notaio riguardano l’identità delle parti, lo stato civile, la rego-larità delle procedure e dei poteri

del rappresentante legale di una società, l’esatta individuazione dei beni. Ma anche la situazione ipo-tecaria, urbanistica, ambientale, senza dimenticare la tracciabili-tà dei pagamenti». Tutti elemen-ti estranei al sistema americano. Ecco allora spiegato il perché di tanto interesse verso il sistema

del notariato di stampo latino. Ma non solo. «Negli ultimi anni abbiamo investito ingenti risorse nello sviluppo di nuovi strumenti telematici, ampiamente utilizzati dai nostri notai nelle principali transazioni economiche», ha con-cluso Laurini, soddisfatto della

condizione di apripista dell’Italia a livello mon-diale. Basti pensare che lo scorso anno il siste-ma informatico messo a punto dal notariato è stato acquisito dalla Svizzera Mentre Francia e Austria hanno iniziato a muoversi lungo i binari indicati dall’Italia. E nei prossimi giorni, anche i giapponesi, veri outsid-er nel mondo dell’hi-tech, faranno rotta su Roma per esplorare i segreti

degli strumenti telematici pre-disposti dal notariato.

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Agevolazioni PRIMA CASA N

Applicazione dell’aliquota ridot-ta del 4% limitatamente a una sola pertinenza per categoria catastale, Iva del 10% per l’ac-quisto della seconda pertinenza (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 94/E del 5 ottobre 2010)

SOCIETÀ AGRICOLE N

Tassazione del reddito de-terminato su base catastale per società agricola in nome collettivo, in accomandita sem-plice, a responsabilità limitata e cooperative. Requisiti per la qualifica di società agricola (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 50/E del 1° ottobre 2010)

TEST DI OPERATIVITÀ N

Tassazione del reddito determi-nato su base catastale. Durata dell’opzione. Base imponibile. Test di operatività (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 50/E del 1 ottobre 2010)

Accertamento BLACK LIST N

Requisiti per la disapplicazione della disciplina Cfc secondo il principio del radicamento: effettività sostanziale della struttura estera e dell’attività dalla stessa svolta nel mercato dello stato o territorio di inse-diamento (circolare dell’Agen-zia delle entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010)

SOCIETÀ SENZA N

IMPRESA

La disapplicazione della disci-plina Cfc secondo il principio del radicamento non si applica per le società «senza impresa». Possibilità di fornire prova contraria (circolare dell’Agen-zia delle entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010)

PRINCIPIO TAX RATE N

Disapplicazione della disciplina cfc secondo il principio del «tax rate» ossia della congruità del carico fiscale che grava sul gruppo societario in alternativa al principio del radicamento (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010)

DIVIDENDI DA PARADISI N

Dividendi provenienti dai paradisi fiscali tramite so-cietà figlia. Disapplicazione della disciplina cfc se non

sussiste una «costruzione di puro artificio» (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010)

STUDI DI SETTORE N

Modifica alle istruzioni per la compilazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore uk19u (provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 4 ottobre 2010)

Contenzioso RIMBORSI N

Priorità ai rimborsi spettanti ai contribuenti sulla base di sentenze a loro favorevoli (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 49/E del 1° ottobre 2010)

Riscossione CONTRIBUTO EST1 N

Istituzione causale contributo «est1» per il versamento tramite modello F24 dei contributi per il finanziamento a favore del fondo est (risoluzione dell’Agen-zia delle entrate n. 95/E del 7 ottobre 2010)

CAUSALE CIFE N

Istituzione causale contributo «Cife» per il versamento tramite modello F24 dei contributi per il finanziamento a favore di e.Bi.Na.S.Pri. (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 99/E del 7 ottobre 2010)

ISTITUZIONE EBUC N

Istituzione causale contributo «Ebuc» per il versamento tramite modello F24 dei con-tributi per il finanziamento a favore dell’Ebuc (risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 100/E del 7 ottobre 2010)

F24 ENTI PUBBLICI N

Istruzioni per l’utilizzo del modello F24-ep per il versa-mento dei contributi e premi a favore dell’Inps, Inpdap e Inail (risoluzioni dell’Agenzia delle entrate nn. 96/E, 97/e, 98/e del 7 ottobre 2010)

FISCO FLASH

I N F O . M O N D O

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Il i scol ash in versio-

ne integrale è disponi-

bile sul sito

www.italiaoggi.it

A cura dello StudioF. Ghiglione e A. Ghio

DI ANTONINO D’ANNA

La Russia diventa terreno proibito per i pirati infor-matici di tutto il mondo, ma con qualche polemi-

ca. Questo è lo scopo di un decreto presidenziale emanato recente-mente dal presidente russo Dimi-tri Medvedev che ha dato un giro di vite alle leggi vigenti contro la violazione di copyright. Mosca ha infatti dovuto rivedere le leggi in materia di proprietà intellettua-le, avvicinandosi per severità al livello previsto dalle normative europee, allo scopo di rimuovere uno dei maggiori ostacoli sulla strada per l’ingresso nell’organiz-zazione mondiale del commercio, il Wto. Con le nuove norme, si può essere colpevoli di pirateria infor-matica (con relativa multa) anche nel caso in cui si venisse sorpresi a utilizzare un programma co-piato. Un passo avanti rispetto alla normativa precedente, per la quale sarebbe stato necessa-rio pagare il copyright ai titolari della proprietà intellettuale solo se il materiale copiato fosse stato distribuito pubblicamente. Tutta-via, è ancora possibile cavarsela ed evitare la multa: basta dimo-strare che l’uso della copia pirata sia «assolutamente necessario». Una fattispecie che il decreto non spiega e che dunque potrebbe es-sere l’escamotage attraverso cui

aggirare le nuove norme.Secondo un recente studio di

Kaspersky Lab, la società russa che si occupa di sicurezza in-formatica, i paesi più colpiti da tentativi di attacchi malware (come virus o cavalli di Troia) nei computer di tutto il mondo sono Cina (17,09% degli attacchi), Russia (11,36%), India (9,30%), Usa (5,96%) e Vietnam (5,44%). Ma c’è chi vede in questo prov-vedimento una mossa statale per zittire eventuali voci di dissenso contro il governo russo. Stando a un recente rapporto del New York Times, infatti, Mosca si sarebbe più volte servita della ricerca di software piratato Microsoft come scusa per fare irruzione nelle sedi di movimenti e gruppi di oppo-sizione nei confronti del governo guidato da Vladimir Putin e con-fi scare i computer. Un bel gratta-capo per la società di Redmond, che è corsa ai ripari annunciando l’avvio di un’indagine parallela da parte di un proprio team di avvo-cati per capire se il governo rus-so stia davvero attuando questo comportamento servendosi di Mi-crosoft (a sua insaputa) come pa-ravento, e che creerà una nuova licenza software per proteggere le organizzazioni non governative qualifi cate da eventuali azioni re-pressive mascherate da lotta alla pirateria informatica.

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Regole più severe per tutelare il copyright

Russia, al bandoi pirati informatici

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Un momento del congresso di Marrakech

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22 Lunedì 11 Ottobre 2010 IMMOBILI & CONDOMINIO

Il decreto pubblicato a settembre contiene regole su abilitazione, forma giuridica, esclusiva

Il mutuo vuole la consulenza docIl mediatore creditizio ora risponde a precisi requisiti

Pagina a curaDI ALESSANDRO CASSANO

E GIANFRANCO DI RAGO

Più garanzie per la scelta del mutuo ide-ale. Parallelamente al l ’acquisto del la

casa è spesso necessario ri-correre al finanziamento di un istituto di credito e, per orientarsi fra le varie offer-te presenti sul mercato, può essere sicuramente utile af-fidarsi a un mediatore cre-ditizio.

Fino allo scorso 19 settem-bre non erano richiesti parti-colari requisiti per esercitare l’attività di intermediazione del credito. D’ora in avanti, però, qualora ci si avvalga di questo particolare servizio di mediazione, occorrerà verifi-care che l’operatore sia effet-tivamente abilitato all’eser-cizio di questa attività e che garantisca quindi al meglio le aspettative e i diritti del consumatore. Il 4 settembre scorso infatti è stato pubbli-cato sulla Gazzetta Ufficiale n. 206, il dlgs n. 141/2010 che,

in attuazione della direttiva n. 2008/48/Ce, ha modificato

tra l’altro il titolo sesto del Testo unico bancario (dlgs n.

385/93) in merito alla disci-plina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi.

Chi è il mediatore cre-ditizio. Il mediatore credi-tizio, ai sensi del nuovo art. 128-sexies del dlgs n. 385/93, svolge attività di consulenza e mette in contatto il privato con gli istituti di credito al fine di ottenere la conces-sione di finanziamenti sotto qualsiasi forma alle migliori condizioni possibili e secon-do le specifiche esigenze del cliente. Affidarsi a un buon mediatore può risultare par-ticolarmente utile quando la banca alla quale ci si è rivolti sia restia a concedere il mu-tuo o sia disposta ad accor-dare una somma troppo bas-sa, ad esempio per le scarse garanzie che il privato può offrire.

In questi casi, infatti, chi lavora abitualmente nel settore del credito ha certa-mente una più approfondita conoscenza degli istituti ban-cari ed è in grado di indivi-duare più facilmente altri eventuali istituti di credito che possano essere interessa-ti all’affare. Nel rivolgersi a un mediatore vi è poi la pos-sibilità di ottenere condizio-ni migliori rispetto a quelle proposte dalla banca allo sportello. Infatti il più delle volte i mediatori aderiscono ad associazioni di categoria o ad altre forme organizzati-ve che stipulano accordi con specifici istituti di credito, ottenendo trattamenti par-ticolarmente favorevoli per la clientela introdotta dalla rete convenzionata. Tutto ciò in un contratto di mutuo si traduce in un risparmio sugli interessi applicati al capitale

da restituire. Cosa cambia con il dlgs

n. 141/2010. Come anticipa-to, la riforma appena varata degli operatori del credito in-clude anche i mediatori cre-ditizi, per i quali cambiano molte cose.

Se infatti prima il media-tore non aveva alcun obbli-go relativamente alla forma giuridica nella quale organiz-zarsi, potendo quindi eserci-tare la relativa attività anche come persona fisica, il dlgs n. 141/10 impone invece la co-stituzione di una società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limi-tata o di una cooperativa.

In ogni caso la sede legale dell’ente deve essere localiz-zata sul territorio nazionale e il capitale sociale non deve essere inferiore ai 120 mila euro.

Le nuove norme inoltre pre-vedono che gli organi sociali adibiti a funzioni ammini-strative e direttive, nonché di controllo societario, siano in possesso dei requisiti di ono-rabilità e professionalità.

Ciò in particolare compor-ta per il mediatore l’obbligo di svolgimento della propria attività in condizione di in-dipendenza e quindi senza essere legato a nessuna delle parti da interessi particola-ri nonché il superamento di uno specifico esame obbliga-torio ai fini dell’iscrizione al ruolo.

Un’ulteriore tutela per i consumatori consiste poi nella previsione della sti-pula obbligatoria di una po-lizza di assicurazione della responsabilità civile per i danni eventualmente arreca-ti nell’esercizio dell’attività derivanti da condotte dello stesso mediatore o anche di terzi del cui operato gli stessi siano tenuti a rispondere a norma di legge.

Il nuovo mediatore crediti-zio infine può svolgere esclu-sivamente l’attività indicata al citato art. 128-sexies, uni-tamente a quelle alla stessa connesse o strumentali. È stato inoltre istituito un nuo-vo organismo, avente perso-nalità giuridica e con autono-mia organizzativa, statutaria e finanziaria cui compete la gestione degli elenchi degli operatori finanziari. L’orga-nismo in questione è dotato di specifici poteri sanzio-natori. Sono infatti severe le sanzioni previste in caso di infrazioni, che vanno dal semplice richiamo alla can-cellazione d’ufficio dal ruolo della società.

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LA DISCIPLINA TRANSITORIA

Mediatori già iscritti

I mediatori già iscritti al ruolo alla data di entrata in vigore del dlgs n. 141/10, ovvero al 19 settembre 2010, potranno chiedere l’iscrizione nei nuovi elenchi entro sei mesi dalla costituzione dell’organismo per la gestione degli elenchi degli operatori i nanziari presentando la docu-mentazione necessaria attestante il possesso dei requisiti richiesti dal nuovo art. 128 septies del Testo unico bancario.Chi segue questa procedura, a condizione che abbia svolto la propria attività per un periodo pari ad almeno tre anni nel quinquennio prece-dente, è esonerato dal superamento del nuovo esame professionale a condizione che sia giudicato idoneo sulla base di speciale procedura di valutazione.

La sospensione delle iscrizioni all’albo

Dal prossimo 20 novembre saranno sospese le nuove iscrizioni al ruolo dei mediatori creditizi i no alla effettiva costituzione dell’organismo per la gestione degli elenchi degli operatori i nanziari. Ai mediatori già iscritti sarà applicabile il dpr n. 287/00 e le relative disposizioni di attuazione, i no all’effettiva costituzione del predetto organismo

La fase successiva alla costituzionedell’organismo

Una volta costituito l’organismo in questione, secondo quanto previsto dalla riforma appena varata, la Banca d’Italia cesserà dei nitivamente la tenuta dell’elenco del ruolo dei mediatori creditizi che sarà sostituito dal nuovo elenco

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23Lunedì 11 Ottobre 2010A M B I E N T E

Il dlgs che recepisce la direttiva 98/08, all’esame del parlamento, riscrive la normativa di base

Rifiuti, parola d’ordine riciclaggioGli stati potranno estendere la responsabilità del produttore

Pagina a curaDI GIORGIO AMBROSOLI

Una società europea del riciclaggio con un alto livello di effi cienza del-le risorse: questo uno

degli obiettivi della nuova diret-tiva Ue sui rifiuti, la 98/2008, in corso di recepimento in Italia uno schema di decreto legisla-tivo in questi giorni all’esame del parlamento (considerando n. 28 e comma 2 dell’art. 11). L’iter di recepimento è iniziato venerdì 16 aprile con la prima approvazione dello schema di dlgs che ora deve ottenere il ri-lascio dei previsti pareri dalle commissioni ambiente camera e senato entro il 24 ottobre.

Gli obiettivi della nuova normativa sui rifi uti. La di-rettiva (art. 11) e lo schema di recepimento in discussione (art. 7), indicano dei precisi obiettivi per fi liera di materiale:

- entro il 2020, la preparazio-ne per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifi uti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti da nuclei domestici, sarà aumentata complessiva-mente almeno del 50% in termi-ni di peso: detta preparazione e riciclaggio potrà comprendere fl ussi di altra origine se simili a quelli domestici;

- sempre entro il 2020, la pre-parazione per il riutilizzo, il ri-ciclaggio e altri tipi di recupero di rifi uti di costruzione e demo-lizione non pericolosi, escluso le terre e rocce non contenenti sostanze pericolose (voce 17 05 04), sarà aumentata almeno al 70% in termini di peso.

E saranno obiettivi vincolan-ti che verranno verifi cati dalla commissione e rispetto ai quali gli stati membri dovranno in-viare una relazione alla stessa. I sistemi dovranno essere tali da «…soddisfare i necessari cri-

teri qualitativi per i settori di riciclaggio pertinenti» (art. 11, comma 1 della direttiva, art. 7 dello schema).

Sempre secondo l’art. 7 dello schema di recepimento, entro il 2015, gli stati membri dovranno realizzare la raccolta differen-ziata almeno di carta, plastica, metalli e vetro.

Non si tratta di una novità per l’Italia in quanto il dlgs n. 152/2006 (cosiddetto «Codice ambientale») già contiene degli

obiettivi di raccolta differenzia-ta e che lo schema di decreto non cambia.

Cambia nuovamente anche l’estensione della la privativa pubblica che, almeno secondo lo schema (ma che non trova riscontro nel testo della diret-tiva 98) viene estesa dalla rac-colta e smaltimento dei rifi uti urbani alla gestione, potendo ricomprendere in questo modo anche il trattamento e recupe-ro successivi dei rifi uti (art. 17,

comma 1 lett e).Per rafforzare il riutilizzo, la

prevenzione, il riciclaggio e l’al-tro recupero dei rifi uti, gli stati membri possono adottare misu-re legislative o non legislative volte ad assicurare che qual-siasi persona fi sica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, ma anche il semplice venditore o importatore, sia soggetto ad una responsabilità estesa del produttore e cioè che si faccia carico del riciclaggio dello stes-so (art. 8, comma 1 della diret-tiva e art. 3 dello schema).

Lo schema di decreto precisa che ciò avverrà «previa consul-tazione delle categorie interes-sate» e senza «compromettere la libera circolazione delle merci nel mercato».

Entro la fi ne del 2010 tutti i paesi europei dovranno recepire la direttiva rifi uti e, quindi sono molti sono gli stati a lavoro. In Francia, in particolare, si va af-fermando a questo proposito il modello del «recyclage de pros-simité» (riciclaggio di prossimi-tà, cioè vicino al territorio che produce i rifi uti) per assicurare il raggiungimento degli obiettivi ambientali, senza prescindere da aspetti industriali e sociali.

Il decreto di recepimento della diret-tiva rifiuti all’esame del parlamento introdurrà anche le sanzioni sul Sistri e non saranno poca cosa.Il testo all’esame del parlamento (art. 32) prevede che chi non si iscrive al Sistri sarà soggetto alla sanzione dell’arresto (da tre mesi a un anno, raddoppiati se trattasi di rifiuti pe-ricolosi) o dell’ammenda (da 2.600 a 26 mila euro). E se si tratta di rifiuti pericolosi la sanzione sarà l’arresto e l’ammenda.Norma di chiusura è quella che pre-vede che, al di fuori di queste ipotesi, l’inosservanza degli «ulteriori incom-benti» saranno punti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.600 euro a 15.500 euro.Ma il rischio sanzioni per gli utenti si è ulteriormente ampliato con la pub-blicazione del dm 26 settembre e la

pubblicazione sul sito Sistri della nota esplicativa. Vediamo perché.Con il decreto 28 settembre 2010 è stato precisato quanto segue:1) che la fase di avvio (ottobre-dicembre 2010) è la fase di «verifica della piena funzionalità del Sistri» anche per ac-quisirne la dovuta padronanza nell’im-piego degli strumenti informatici;2) che per «assicurare che ... non vi sia alcuna soluzione di continuità nel-la tracciabilità dei rifiuti» si devono mantenere i registri cartacei. In altri termini, gli operatori dovranno usare il Sistri per verificare la piena funzionalità del sistema e per impara-re a usare gli strumen-ti informatici, mentre devono usare registri e formulari per assicu-rare la tracciabilità. Invece la pubblicazio-

ne sul sito Sistri della nota esplicativa descrive un percorso di obbligatorietà che mal si concilia con il decreto 28 settembre.Infatti, alla lettera a) della nota esplica-tiva si legge: «Gli iscritti al Sistri che... sono in possesso dei dispositivi elettro-nici, utilizzano i medesimi dispositivi» a decorrere dal primo ottobre. Non si potranno, quindi, cancellare le registrazioni fino al 31 dicembre 2010 e recuperarli nel primo trime-stre 2011. E applicando quanto indicato nella nota esplicativa, l’operatore che sba-gliasse una registrazione o non la

effettuasse del tutto nel sistema Sistri, non sarebbe san-zionabile secondo il decreto ministeriale, lo diventerebbe ine-

vitabilmente il primo gennaio perché sarebbe tecnicamente impossibilitato dal sistema software del Sistri a gesti-re secondo norma i rifiuti prodotti nel periodo precedente.Sanzioni che, nel frattempo, dovrebbero essere introdotte a seguito dell’approva-zione e della pubblicazione del decreto di recepimento della direttiva rifiuti.Il testo in discussione non pone parti-colare attenzione all’applicazione nel tempo delle sanzioni alle fattispecie e non tiene conto né dell’ultimo decreto né della nota.Tuttavia, nelle sanzioni penali come, ormai, in quelle amministrative viene applicato il principio di legalità (per effetto dl principio fissato dall’art. 1, legge 689/1981 in materia di sanzioni amministrative) e, quindi, l’irretroat-tività delle stesse.

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IL NUOVO SISTEMA DI TRACCIABILITÀ

Sistri: sanzioni verso il traguardo, ma restano le criticità

LE NOVITÀ

Responsabilità estesa del produttore (art. 3)

I criteri verranno precisati con successivo decreto

Più rigido criterio di gerarchia(art. 4)

La gestione dei rii uti deve avvenire nel rispetto dei criteri della prevenzione, riutilizzo, riciclaggio, recupero ener-getico e smaltimento.

Riciclaggio di alta qualità (art. 7)

Le Regioni stabiliranno i criteri per la raccolta differen-ziata dei Comuni

Smaltimento dei rifi uti raccolti in maniera indifferenziata (art. 9)

Dovrà essere assicurata l’autosufi cienza

Deposito temporaneo (art. 10)Confermata l’alternatività. L’opzione del quantitativo mi-nimo viene innalzata da 20 a 30 metri cubi (di cui 10 di rii uti pericolosi)

Sottoprodotto (art. 12)Viene confermata la nozione già introdotta con il «Codice Ambientale»

Cessazione della qualifi ca di rifi uto (art. 12)

Restano salve il sistema delle Materie Prime Secondarie i no all’adozione dei criteri previsti. Verranno introdotti criteri per stabilire quando il recupero é concluso. An-che il «controllo» del rispetto dei criteri verrà considerata un’operazione di recupero.

Tracciabilità dei rifi uti (art. 14)l SISTRI diviene strumento fondamentale per il controllo della movimentazione dei rii uti Tracciabilità dei rii uti

Privativa comunale (art. 17)Viene estesa dalla raccolta e smaltimento degli RSU alla gestione, incluso trattamento

Sanzioni (art. 32)

Mancata iscrizione

Mancato versamento contributo annuale

Sanzione dell’arresto (da tre mesi a un anno, raddoppiati se trattasi di rii uti pericolosi) o dell’ammenda (da 2.600 a 26 mila euro

Sanzione amministrativa

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24 Lunedì 11 Ottobre 2010 C O N TA B I L I TÀ

Le indicazioni dell’Agenzia dell’entrate nella circolare 8/2010 a confronto con i principi contabili

Avviamento e azienda, vie separatePosta contabile imputata al conto economico anche se ceduta

Pagine a cura DI FRANCO CORNAGGIA

E NORBERTO VILLA

L’avviamento già iscritto non può essere confe-rito con l’azienda a cui lo stesso si riferisce.

Questa la tesi sostenuta dalla circolare 8/E del 4 marzo 2010 dell’Agenzia delle entrate. La tesi avanzata non considera la natura intrinseca della po-sta denominata avviamento e presumibilmente al solo fine di raggiungere un determina-to risultato fiscale contrasta le norme contabili.

La questione affrontata dalla circolare citata partiva da una disamina della disciplina per il riallineamento dei valori conta-bili e fi scali contenuto nell’art. 15 del decreto legge 29 novem-bre 2008 n. 185 riguardante i soggetti che adottano i princi-pi contabili internazionali per la redazione del bilancio. Ma nell’esposizione e illustrazio-ne delle diverse problematiche contiene un’affermazione che pare voler essere di valenza generale e quindi applicabile anche ai soggetti ancora tenu-ti alla redazione dei conti in base al codice civile. Infatti, la stessa sostiene che il regime di affrancamento dei maggiori va-lori di cui all’articolo 15 trova il suo inquadramento nell’ambito dell’attuale articolo 176, com-ma 2-ter del Tuir che come in-dicato dalla circolare 28/E del 2009 è applicabile sia dai sog-getti Ias che dagli altri.

La circolare si sofferma ad

esaminare il trattamento fi-scale dell’«asset» avviamento nell’ipotesi in cui: un sogget-to lo abbia già in precedenza iscritto in bilancio (per effetto di un’operazione di fusione, scissione o conferimento ex art. 176 del Tuir) riallineando il suo valore; successivamen-te, procede a conferire il ramo d’azienda cui è riferibile anche l’avviamento già iscritto e af-francato.

Secondo l’Agenzia il concet-to di azienda conferita deve ricondursi al complesso delle attività e delle passività che il soggetto conferente trasferisce al soggetto conferitario per ef-fetto e a causa dell’operazione straordinaria in esame. Da ciò si fa discendere che l’avvia-mento non è oggetto di trasferi-mento (ma viene stornato dalla contabilità del soggetto confe-

rente in conseguenza della per-dita di valore scaturente dalla «dismissione» del compendio aziendale di riferimento), e per-tanto tale posta contabile deve essere esclusa dal concetto di azienda conferita. E questo, ribadisce l’Agenzia, anche nel caso in cui, sotto il profi lo con-tabile, il valore dell’avviamen-to sia incluso nel valore delle attività dismesse ai fi ni della quantifi cazione dell’utile o del-la perdita da conferimento.

Quindi il soggetto conferen-te assume, quale valore delle partecipazioni ricevute, il valo-re fi scale dell’azienda conferita (da cui si è escluso l’avviamen-to ad essa riferibile), mentre il soggetto conferitario, in virtù del principio di neutralità che caratterizza fi scalmente tale operazione, subentra in tutti i valori fi scali che l’azienda con-

ferita aveva presso il soggetto conferente, escluso il valore dell’avviamento.

Pertanto se il conferente ave-va affrancato il valore dell’av-viamento deve continuare a dedurre valore fi scale dell’av-viamento azzerato in sede di conferimento dell’azienda. Medesimo risultato si indica anche nel caso in cui il valore dell’avviamento azzerato fos-se fi scalmente riconosciuto in quanto acquisito a titolo one-roso, per esempio per effetto di una precedente operazione di acquisto di azienda. Tale ri-costruzione secondo l’Agenzia trova ragione da diverse osser-vazioni:

- la quantifi cazione dell’av-viamento da cancellare deri-va da un processo di natura necessariamente valutativa del tutto simile al processo di

stima seguito per il test di im-pairment;

- l’operazione di conferimen-to che determina lo storno contabile dell’avviamento è di natura fi scalmente neutrale e, come tale, non può costituire un’ipotesi di realizzo di plusva-lenze e minusvalenze in capo al soggetto conferente. Pertanto, in virtù del principio di neu-tralità, il soggetto conferente deve conservare, in relazione all’asset avviamento, il medesi-mo regime fi scale di deduzione applicabile ante conferimento. Alla fi ne la stessa Agenzia am-mette che «qualora si verifi chi-no i presupposti per l’iscrizione ex novo di una posta a titolo di avviamento, il soggetto confe-ritario potrà optare per il re-gime dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 15, comma 10, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 ovvero ai sensi dell’art. 176, comma 2-ter, del Tuir». L’affermazione tranciante contenuta nella circolare 50/E è pertanto quella per cui la posta avviamento già iscritta non può essere traslata nell’ambito di un’operazione straordinaria a un terzo soggetto (esempio al conferitario del medesimo ramo aziendale a cui l’avviamento si riferisce). Tale affermazione considera l’ambito fiscale del problema ma pare fatta discen-dere da un comportamento con-tabile ritenuto obbligatorio che comporta, in queste situazioni, la necessità di azzerare conta-bilmente tale valore da parte del conferente.

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La circolare 50/E quando nega la pos-sibilità che la titolarità dell’avviamen-to possa essere trasferita, rinnega una serie di posizioni assunte nel recente passato.

L’Agenzia nella presa di posizione com-mentata ha concluso che l’avviamento non può essere oggetto di trasferimento ma deve essere stornato nella contabilità del soggetto (nel caso di specie conferen-te) quale conseguenza della perdita di valore scaturente dalla «dismissione» del compendio aziendale di riferimento.

Fondamentale pilastro di tale tesi è quello per cui l’obbligo di azzeramento discenderebbe dalla presunta perdita di valore che a sua volta sarebbe da ricolle-gare al trasferimento del ramo d’azienda cui l’avviamento stesso è correlato.

In realtà nel recente passato le affer-mazioni della prassi sono state differenti. Nella circolare 50/E dell’ 11 luglio 2008, in tema di imposta sostituiva, trattando dell’ipotesi di cessione di azienda in cui si prevedeva l’esclusione dalla base im-ponibile dell’eventuale disallineamento esistente sull’avviamento indicato nel

quadro EC, si è esplicitamente sostenuto «si tratta, a ben vedere, dell’avviamento acquisito a titolo oneroso in anni pregres-si, in relazione al quale il contribuente abbia dedotto in via extracontabile quo-te di ammortamento, e il cui costo viene stralciato in sede di cessione di azienda, non potendo, come noto, tale particola-re bene immateriale formare oggetto di autonoma negoziazione separatamente dal complesso aziendale cui inerisce». Proprio l’affermazione secondo cui l’av-viamento è un bene immateriale che non può formare oggetto di un autonoma ne-goziazione separatamente dell’azienda, pare confermare che è invece possibile ipotizzare la «cessione dell’avviamento congiuntamente al complesso aziendale a cui lo stesso si riferisce».

Oltretutto nella prassi citata si defi -nisce espressamente l’avviamento come beni immateriale fatto che permette di individuare anche in un testo normative una tesi contraria a quella della prassi. L’art. 176 in tema di conferimento pre-vede che il soggetto conferitario suben-tra nella posizione di quello conferente

in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda conferita: quindi se l’avviamento è un bene immateriale anch’esso comporta, in presenza di un conferimento, un subentro nella posizio-ne soggettiva già propria del conferente (sempre a livello normative si ricorda anche che il Tuir disciplina l’avviamento nell’art. 103 titolato ammortamento dei beni immateriali).

Ma è soprattutto nella cir-colare n. 28/E del 3 giugno 2009 che commentando la decorrenza degli effetti fi scali del regime di affrancamento si trova un’affermazione op-posta a quella contenuta nel-la circolare 8/E 2010. Nella stessa infatti si sostiene che «potrebbe verificarsi che la società avente causa presen-ti, con riferimento al mede-simo elemento patrimoniale (avviamento o marchio d’impresa), un valore fi scalmente riconosciuto “misto”, ossia, in parte assoggettato al regime d’imposta sostitutiva in esame (nei limiti

del maggiore valore iscritto per effetto dell’operazione straordinaria) ed in parte assoggettato alla disciplina ordinaria di cui all’art. 103 del Tuir (nei limiti del va-lore “ereditato” dal dante causa, per effet-to dell’operazione straordinaria). In tale ultima circostanza, quindi, si dovranno idealmente separare i due “diversi” va-lori fi scali ed assoggettare, il primo, al

processo di ammortamento fi scale “per noni” (ai sensi del regime dell’imposta so-stitutiva di cui al comma 10) e il secondo, al processo di ammortamento ordina-rio di cui all’articolo 103 del Tuir». Da tale affermazione pare chiaro che l’Agenzia abbia in tale sede parifi cato il caso del’avviamento e del marchio; fatto semplicemen-te intendere la possibilità che tali due «beni» (marchio

o avviamento) possono essere trasferiti seppur (nel caso dell’avviamento non in modo autonomo.

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UN PERCORSO A ZIG-ZAG

Il Fisco rinnega le posizioni assunte in passato

LA NORMA DI RIFERIMENTO

Si schematizza l’esempio contenuto nella circolare 28/E 2009. La stessa fa riferimento al trasferimento di un marchio ma essendo le due ipotesi indifferenti come sostenuto dalla stessa circolare lo riproponiamo avente per oggetto un avviamento.

Alfa conferita ria ha acquisito in forza di un conferimento l’elemento patrimoniale avviamento, iscrivendo in contabilità il (maggior) valore di € 15.000.000. Tale elemento patrimoniale aveva in capo a Beta (conferente) un valore fi scale e contabile pari a 9.000.000.In bilancio Alfa effettua l’ammortamento civilistico del marchio per un importo pari a € 1.100.000. Ai fi ni fi scali l’ammortamento deducibile è pari a € 500.000 (1/18 di 9.000.000). Ciò in quanto, non è fi scalmente riconosciuto quella parte di ammortamento effettuato, sui maggiori valori iscritti in bilancio dalla società avente causa, nel periodo d’imposta in cui è stata posta in essere l’operazione straordinaria.

Da tale esempio si evidenzia senza dubbio come l’agenzia abbia in tal caso riconosciuto la possibilità di un trasferimento dell’avviamento.

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25Lunedì 11 Ottobre 2010C O N TA B I L I TÀ

Nessun aggancio in aiu-to della tesi dell’agen-zia dalla disciplina civilistica. Il divieto di

trasferimento dell’avviamento non è rintracciabile nelle rego-le giuridiche sul tema salvo che per il caso in cui si volesse giun-gere a ciò in modo autonomo e quindi senza il contemporaneo trasferimento degli elementi dell’azienda a cui lo stesso si riferisce.

Il codice civile prevede che l’avviamento può essere iscrit-to nella contabilità dell’impre-sa acquirente e detta poi le regole applicative. L’iscrizione deve ottenere il consenso del collegio sindacale, se esistente, se acquisito a titolo oneroso e nei limiti del costo per esso so-stenuto ed inoltre deve essere ammortizzato in cinque anni. Il codice consente, in deroga alle regole citate, di «... ammortiz-zare sistematicamente avvia-mento in un periodo limitato di durata superiore, purché esso non superi la durata per l’uti-lizzazione di questo attivo e ne sia data adeguata motivazione nella nota integrativa».

Nulla o poco altro si aggiun-ge mentre notizie utili anche ai nostri fi ni le si ritraggono dal principio contabile Oic 24.

Qui l’avviamento è defi nito come l’attitudine di un’azienda a produrre utili in misura su-periore a quella ordinaria, che derivi o da fattori specifi ci che, pur concorrendo positivamen-te alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tem-po in modo oneroso, non han-no un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali ac-quisisce rispetto alla somma dei

valori dei singoli beni, in virtù dell’organizzazione dei beni in un sistema effi ciente ed idoneo a produrre utili. Sono poi consi-derati i due tipi di avviamento («avviamento internamente ge-nerato» e «avviamento acquisito a titolo oneroso» che è poi l’uni-co che può risultare iscritto in contabilità.

Ma poi il principio contabile detta le tre caratteristiche della posta avviamento e così le de-fi nisce:

1. l’avviamento deve essere all’origine costituito da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscano quindi benefi ci economici futuri;

2. l’avviamento ha un valore

quantifi cabile, in quanto inclu-so nel corrispettivo pagato per l’acquisizione di un’azienda o di un ramo d’azienda o di una partecipazione;

3. l’avviamento non è suscet-tibile di vita propria indipen-dente e separata dal complesso aziendale e non può essere con-siderato come un bene imma-teriale a se stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi.

La terza tra le caratteristiche sopra riportate è decisiva anche ai nostri fi ni.

La stessa infatti afferma l’im-possibile autonomia dell’ avvia-mento negando in forza di ciò che lo stesso:

- possa avere una vita indi-

pendente dal complesso azien-dale a cui si riferisce;

- possa considerarsi un bene immateriale autonomo e indi-pendente;

- possa essere oggetto di dirit-ti e rapporti autonomi.

Ma allora ciò significa che l’avviamento per converso:

- può avere una vita correlata a quella del complesso azienda-le a cui si riferisce;

- può essere un bene immate-riale se considerato congiunta-mente al complesso aziendale cui si riferisce; possa essere oggetto di diritti e rapporti se posti in essere congiuntamente al complesso aziendale a cui si riferisce.

In sostanza anche in sintonia con quanto affermato dalla giu-risprudenza (vedi Corte di cas-sazione n. 3083 del 3/10/1968) l’avviamento è «una qualità dell’azienda che consiste nella attitudine di questa, una volta entrata nella sua fase dina-mica, di produrre a beneficio dell’imprenditore un profitto maggiore di quello che avreb-be potuto ricavarsi dai singoli beni che la compongono, e non può presumersi in base al mero fatto dell’esistenza dell’azienda, ma va provato di volta in volta ad opera di colui che ne affer-ma l’esistenza». Quindi proprio perché è una qualità dell’azien-da negare la sua trasferibilità congiuntamente all’azienda porterebbe a negare l’essenza economica di molte operazioni di compravendita e simili di complessi aziendali. Nella re-altà spesso è proprio l’attitudi-ne a creare utili del complesso aziendale che funge da richiamo per l’acquirente il quale maga-ri è poco interessato agli asset materiali presenti nel comples-so aziendale ma lo è invece di quella qualità reddituale in-trinseca che diviene l’obiettivo primario della transazione. Se pertanto si collegano le indica-zioni contenute nel codice civile, nei principi contabili e anche le osservazioni di ciò che accade operativamente nelle transa-zioni di mercato non si può che giungere ad affermare che il valore di avviamento è da rico-noscere come asset trasferibile seppur sempre e solo congiun-tamente al complesso a cui lo stesso si riferisce.

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Il parere dell’amministrazione i nanziaria in contrasto con la disciplina contenuta nel codice

Regole civilistichein controtendenza

Se si ritiene corretto che possa mantenersi iscritto in bilancio un avviamento già esistente presso un altro soggetto (vedi altri articoli in pagina), ciò non toglie che tale posta debba essere oggetto di un continuo monitoraggio.Anche all’avviamento si applicano infatti le regole ordinarie previste per le immobilizzazioni immateria-li che basano la loro possibilità di iscrizione nello stato patrimoniale dalla previsione di poter reintegrare gli oneri sostenuti con futuri ricavi. Dopo aver stabilito che le immobi-lizzazioni devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione, l’art. 2426 del codice civile prevede che:a) il costo delle immobilizzazioni, materiali ed immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente am-mortizzato in ogni esercizio in rela-zione con la loro residua possibilità di utilizzazione;b) l’immobilizzazione che, alla data di chiusura dell’esercizio, risulti du-revolmente di valore inferiore alla residua possibilità di utilizzazione, deve essere iscritta a tale minor valore. Tale minor valore non può però essere mantenuto nei bilanci

successivi qualora vengono meno i motivi della rettifica effettuata.Da quanto sopra esposto discende che le immobilizzazioni devono es-sere iscritte sulla base della residua possibilità di utilizzazione: a fronte di diminuzione di tale valore occorre rettificare in pari misura il loro co-sto di iscrizione in bilancio. Il valore delle immobilizzazioni diminuisce nel tempo e ciò viene rilevato:a) mediante sistematiche quote di ammortamento quando la riduzione è imputabile a una graduale usura del bene;b) mediante svalutazioni quando la riduzione è frutto di una discontinu-ità rispetto ai piani di ammortamen-to originariamente predisposti. In sostanza l’integrazione dei due metodi comporta che se il valore net-to delle immobilizzazioni, ridotto nei vari esercizi per effetto delle quote di ammortamento è superiore al re-siduo valore di utilizzo, occorre pro-cedere ad una svalutazione dei beni medesimi. Parimenti, pur se l’ipote-si non si presenta frequentemente nella pratica, bisogna ripristinare il valore del cespite qualora siano venute meno le cause che hanno condotto a una riduzione del valore dello stesso.

È importante sottolineare come le svalutazioni non rappresentino una mera facoltà, da attuare o meno alla luce del risultato economico atteso, ma costituiscano un preciso obbligo di legge. Infatti il bilancio deve fornire una rappresentazione veritiera e corret-ta della situazione aziendale, in ap-plicazione delle regole imposte dal codice civile. Gli amministratori sono pertanto tenuti a effettuare in ogni esercizio la revisione dei valori iscritti all’attivo ed al passivo dello stato patrimoniale, con particolare attenzione al principio della pru-denza.Relativamente alle immobilizzazio-ni, il criterio guida è rappresentato dalla residua possibilità di utilizza-zione delle stesse. Vi è sicuramente un certo margine di discrezionalità nella determinazione di tale valore, ma trattasi di una discrezionalità di carattere tecnico, che non può tut-tavia sconfinare nell’attuazione di politiche di bilan-cio tendenti a far emergere comunque risultati positivi. In altri termini, le sva-lutazioni non sono rimesse alla volon-

tà del redattore del bilancio, ma di-scendono da precisi obblighi di leg-ge, che affidano alla discrezionalità tecnica degli amministratori esclu-sivamente la valutazione del «quan-tum», ma non lasciano dubbi circa l’obbligatorietà del comportamento da adottare. Quindi, in presenza di una consistente e duratura riduzio-ne del valore delle immobilizzazioni, occorre procedere senza indugio ad una loro svalutazione. Nel contempo bisogna ricordare che non è corret-to l’iscrizione di fondi rischi in vista di latenti svalutazioni future. I casi possibili sono infatti due:a) vi sono i presupposti per una sva-lutazione e pertanto occorre iscri-verla direttamente, senza ricorrere a fondi rischi che possono avere un effetto fuorviante per il lettore del bilancio;b) non vi sono i presupposti che giu-stifichino una svalutazione e quindi l’iscrizione di un fondo rischi rap-presenta una modalità di formazione

di una riserva occulta, contraria ai principi di rappresentazione cor-retta e veritiera della situazione aziendale.

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L’AVVIAMENTO RICEVUTO DAL TERZO

Obbligo di svalutazione in presenza di perdita di valore

Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/avviamento

Avviamento: codice civile e Oic 24

L’avviamento:

deve essere all’origine costituito da oneri ✔e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscano quindi benei ci economici futuri;ha un valore quantii cabile, in quanto inclu- ✔so nel corrispettivo pagato per l’acquisizio-ne di un’azienda o di un ramo d’azienda o di una partecipazione;non è suscettibile di vita propria indipen- ✔dente e separata dal complesso azienda-le e non può essere considerato come un bene immateriale a sé stante, oggetto di diritti e rapporti autonomi.

L’avviamento:

può avere una vita correlata a quella del ✔complesso aziendale a cui si riferisce;può essere un bene immateriale se con- ✔siderato congiuntamente al complesso aziendale cui si riferisce;può essere og- ✔getto di diritti e rappor ti se posti in essere congiuntamen-te al complesso aziendale a cui si riferisce.

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27Lunedì 11 Ottobre 2010CONTENZIOSO & CONTRIBUENTI

Un’ordinanza della Suprema corte relativa alle sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006

Cassazione, no ai ricorsi genericiOccorre illustrare dettagliatamente il vizio di motivazione

Pagina a curaDI MASSIMILIANO TASINI

È inammissibile il ricorso per Cassazione che de-nunzi in modo generico il vizio di motivazione

della sentenza impugnata. Così l’ordinanza 30 settembre 2010 n. 20496 resa dalla quinta se-zione tributaria della Corte di cassazione. Se oggetto di impu-gnazione per Cassazione sono sentenze depositate dopo il 2 marzo 2006, l’art. 27, secondo comma, del dlgs n. 40 del 2006 ha introdotto l’art. 366 bis del Codice di procedura civile. Tale disposizione, così come interpre-tata dal diritto vivente (senten-za 1 ottobre 2007 n. 20603 resa dalle sezioni unite della stessa Corte) impone al ricorrente che denunzi il difetto di motivazione della decisione impugnata di:

- dedurre in modo specifi co la relativa censura;

- di formulare, al termine di essa, un momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, fi -nalizzato a circoscrivere i limiti del motivo addotto, in modo da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua inam-missibilità.

Essendo nella concreta fatti-specie mancato tale requisito, il

motivo di ricorso è stato dichia-rato inammissibile dalla Corte.

La norma. L’art. 366-bis - Formulazione dei motivi – è stato abrogato dall’art. 47, pri-mo comma, lett d), della legge n. 69/2009 di riforma del Cpc.

Nella sua versione anteriore all’abrogazione, applicabile alla fattispecie oggetto della senten-za n. 20439/2010, stabiliva che «nei casi previsti dall’articolo

360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di cia-scun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’ar-ticolo 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inam-missibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assu-me omessa o contraddittoria,

ovvero le ragioni per le quali la dedotta insuffi cienza della mo-tivazione la rende inidonea a giustifi care la decisione».

La lettura che la Cassazione ha fatto di tale norma è assai stringente, e ciò ha determi-nato numerose declaratorie di inammissibilità, come nel caso in esame.

Novità nel ricorso per Cassazione. Ma non è questa l’unica, pur rilevante, novità del rito per Cassazione. Il legislato-re infatti ha introdotto il nuovo art. 360 bis relativo alle cause di inammissibilità del ricorso per Cassazione, che prevede due nuove fattispecie: quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurispru-denza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orienta-mento della stessa; quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo.

La prima clausola nella so-stanza ci dice che, nel momento in cui la questione posta è già stata affrontata e risolta dalla suprema Corte, non vi è alcun motivo di sottoporla nuovamen-te al supremo consesso, salvo

che le prospettazioni della difesa non siano talmente «innovative» da lasciar presagire un possibile «revirement» della Corte. Abbia-mo assistito centinaia di volte a revirement della Corte, ossia a cambiamenti di orientamenti. Le inversioni di rotta nascono non solo perché la prospettazio-ne del ricorrente si modifi ca, ma anche perché il pensiero evolve e la Corte, che è fatta di uomini, si orienta diversamente, ora a fa-vore, ora contro il contribuente.

La seconda clausola di inam-missibilità è poi di diffi cile let-tura, come confermato dalla dottrina, che tende a eviden-ziare l’estrema latitudine delle possibili letture della stessa, con conseguenze dirompenti sul piano pratico, ciò che lascia evidentemente insoddisfatto l’interprete.

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Il principio

La prescrizione dell’art. 366-bis c.p.c., comma 2, appli-cabile nella fatti-specie essendo stata la sentenza impugnata depo-sitata dopo il 2 marzo 2006 (dlgs n. 40 del 2006, art. 27, comma 2), secondo l’orienta-mento espresso dalla cassazione (Sezioni Unite, sentenza n. 20603 dell’1/10/2007), impone al ricorrente che de-nunzi il difetto di motivazione della decisione impugnata

l’onere non solo di dedurre in modo specii co la relativa

censura, ma an-che di formulare, al termine di essa, un momento di sintesi, omologo al quesito di dirit-to, costituente un quid pluris rispet-to all’illustrazione del motivo, che ne circoscriva pun-tualmente i limiti, in modo da non ingenerare incer-

tezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua inammissibilità

L’ordinanza sul sito www.italiaoggi.it/docio7

Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/vincolo

Le modifi che al Cpc non si esauriscono qui. Di seguito presentiamo una schema-tizzazione di quelle di maggior rilievo.

Procura alle liti – art. 83 Cpc. La norma disciplina il contenuto della pro-cura alle liti. Le modifi che sono due: in primo luogo, la nuova previsione stabili-sce che la nomina può essere effettuata anche in calce o a margine della memoria difensiva, cosa che in passato non era prevista; in secondo luogo, la norma det-ta regole in caso di processo telematico, allo stato inoperante.

Condanna alle spese – art. 92 Cpc. La norma oggi preve-de che la condanna alle spese è la regola. La compensazione alle spese è ammessa solo se vi è soccombenza reciproca o se «concorrono altre gravi ed ecce-zionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione».

Responsabilità aggravata – art. 96 Cpc. La norma po-tenzia l’istituto. Nella versione già vigente, se risultava che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni, che li-quida, anche d’uffi cio, nella sentenza. La nuova previsione consente al giudice di procedere anche d’uffi cio, ma solo in casi limitati.

Principio del contraddittorio – art. 101. La disposizione oggi prevede che il giudice, se ritiene di porre a fon-damento della decisione una questione rilevata d’uffi cio, riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità,

un termine non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comu-nicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione (sentenza «sul rito», abuso del diritto),

Principio del contraddittorio – art. 101. L’eventuale sentenza emessa in violazione di tale principio sarebbe «nulla». La nullità va però fatta valere nel successivo grado di giudizio con ap-pello (o ricorso per Cassazione, la quale deve «rinviare» al grado precedente se

la questione invocata involge anche «il fatto»).

Disponibilità delle prove – art. 115 Cpc. Il giudice, nel decidere la causa, deve porre a fondamento della decisione anche i fatti non specifi cata-mente contestati dalla parte costituita. Si chiama tecnicamente «principio di non contestazione», e la Corte di cassazione lo riteneva già applicabile al rito del la-voro, prima, e a quello civile e tributario,

dopo.Disponibilità delle prove – art. 115

Cpc. Sul giudice incombe il dovere di ri-tenere non abbisognevole di prova i fatti non espressamente contestati. Se la Ct viola tale principio incorre nel vizio di ultrapetizione ex art. 112 Cpc. Il giudice dovrà astenersi da qualunque controllo probatorio del fatto non contestato e do-vrà ritenerlo sussistente (cass. Ss.Uu. 7631/2002)

Rimessione in termini – art. 153 Cpc. In deroga alla regola della impro-

rogabilità dei termini proces-suali perentori, il nuovo comma due stabilisce che «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa a essa non imputabile può chiedere al giudi-ce di essere rimessa in termini». Per esempio: ricorso tardivamen-te presentato. Il giudice provvede con ordinanza.

Difetto di rappresentazio-ne o di autorizzazione – art. 182 Cpc. Quando rileva un vizio di rappresentanza, di assisten-za o di autorizzazione, ovvero un vizio che determina la nul-lità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un

termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rap-presentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa.

Difetto di rappresentazione o di autorizzazione – art. 182 Cpc. L’os-servanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fi n dal momento

della prima notifi cazione. È una norma che «salva» eventuali errori nel ricorso. Il precedente art. 182 Cpc prevedeva la mera facoltà del giudice, mentre ora la norma, che è più ampia anche in termini di contenuti, impone al giudice un ben preciso onere.

Nomina Ctu - art. 195 Cpc. Il giu-dice deve anticipare la formulazione dei quesiti già nel momento in cui dispone con ordinanza la nomina del Ctu. La re-lazione del Ctu deve essere trasmessa alle parti costituite nel termine fi ssato dal giudice con ordinanza subito dopo l’accettazione dell’incarico. Nella stessa ordinanza vengono anche fi ssati i termi-ni entro il quale le parti trasmettono al Ctu le loro osservazioni.

Decadenza dall’impugnazione – art. 327 Cpc. Se la sentenza non è no-tifi cata a mezzo giudiziario, il termine per: l’appello, il ricorso per Cassazione, il ricorso per revocazione è ridotto da un anno a sei mesi dal deposito della sen-tenza.

Produzione di documenti – art. 345 Cpc. Sono introdotte limitazioni ulteriori alla possibilità di produrre do-cumenti in appello, che sono però inap-plicabili al processo tributario, stante la formulazione dell’art. 58/546 secondo il quale è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti

Difetto di giurisdizione – art. 59 Legge 69. Il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale munito di giurisdizione

La pronuncia resa a Ss.Uu. dalla Cassazione è vincolante sul successivo giudice

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Dalla procura alle liti al difetto di giurisdizione, le altre modifi che al Cpc

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Tra Italia-Cina

un anno di storia

e di diritto

Quanta Cina c’è in Italia, e quanta ce ne sarà nei prossimi mesi e nei prossimi anni? Tanta, sicuramente. Non è un caso che pro-prio a Roma, giovedì scorso, sia stato inau-gurato l’Anno culturale della Cina in Ita-lia, alla presenza dei due premier Wen Jiabao e Silvio Berlusconi. Un segnale chiaro del fatto che i rapporti tra i due pa-esi sono sempre più stretti e che il canale culturale serve per conoscersi un po’ meglio, anche per rafforzare le relazioni commer-ciali. L’Italia non è solo terra di «conquista» per i cinesi; anche per il Belpaese la Cina rappresenta un volano di sviluppo. Pechino da sempre guarda con attenzione al made in Italy e alla qualità italiana, e non solo nell’industria ma anche nel diritto. L’Italia sta esportando a Oriente la sua storica cultura giuridica. Le università romane de La Sapienza, Tor Vergata, il dipartimento di Identità culturale del Cnr e l’Università della Cina di scienze politiche e giurispru-denza hanno infatti dato vita all’Osserva-torio sulla codifi cazione e sulla formazione del giurista in Cina nel quadro del sistema giuridico romanistico, e stanno promuo-vendo una serie di iniziative fi nalizzate all’introduzione del diritto romano in Cina. Non solo: quest’anno un dottorando romano, Stefano Porcelli, in squadra con il collega cinese Zhai Yuanjian, ha vinto a Shanghai il premio The most innovative team nella gara internazionale della Youth Innovation Competition on Global Gover-nance (YICGG). Il diritto romano, che i cinesi hanno qualifi cato «patrimonio co-mune dell’umanità», risulta ispiratore di innovazione, e capace di continuare ad offrire all’Italia la base di una cooperazio-ne fruttuosa. Che fa crescere tutti, aziende e professionisti.

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Private equity, con i fondiora si tratta

DI DUILIO LUI

Non è più una gallina dalle uova d’oro e, probabilmente, non tornerà a esserlo ancora per diversi anni.

Il private equity rimane uno dei settori più interessanti per gli studi legali d’affari, ma su piani diversi rispetto al passato.

I mandati si sono ridotti e lo stesso vale anche per le parcelle, sempre più spesso legate ai risultati: lo stu-dio ottiene l’incarico se accetta di lavorare nella fase di due diligence a prezzo di costo, con l’impegno ad affiancare la società di investimento nell’operazione vera e propria in caso di successo della prima fase.

Una forma di collaborazione tra in-vestitore e professionista finora poco diffusa nel mercato italiano, ma che promette di fare proseliti anche in altri ambiti dell’economia.

Offrendo un’immagine rinnovata degli avvocati d’affari, sempre meno arroccati sulle proprie posizioni e sempre più aperti al confronto sul

libero mercato, che premia chi è ca-pace di mettersi in gioco e rischiare per restare competitivo.

Intanto il mercato offre qualche segno di risveglio: dopo due anni di letargo, l’estate ha registrato il ritorno alle operazioni di un certo peso, con il passaggio di mano di due grandi nomi come Findus e Teamsy-stem.

Segno che i timori del recente passato sono stati superati: com-plice una maggiore disponibilità da parte delle banche nel finanziare le operazioni, i fondi hanno ripreso a investire, mettendo a frutto parte della liquidità raccolta prima della crisi.

Ora la sfida si sposta sulla capaci-tà di allargare i confini del private equity in modo da coinvolgere anche le piccole e medie imprese, che costi-tuiscono la spina dorsale del sistema produttivo italiano e che finora sono state solo lambite dagli investimenti del capitale di rischio.

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Il mercato del venture capital ha iniziato a dare qualche debole segnale di ripresa, ma ormai il vento è girato: i mandati si sono ridotti e pure le parcelle

Tempi più rapidi per le spese di giusti-zia. Con la fi rma della convenzione tra Ministero della giustizia ed Equitalia giustizia per la riscossione delle spese relative ai procedimenti giudiziari, è facile prevedere che i tempi per il recu-pero dei crediti relativi alle sanzioni pecuniarie e alle spese processuali e di custodia maturati dall’erario si accorceranno sensibilmente. Sta per fi nire, insomma, il tempo dell’evasione nel settore giustizia. O almeno così si spera. Equitalia giustizia provvederà infatti ad acquisire i dati anagrafi ci del debitore, a quantifi care il credito e iscrivere a ruolo le somme. Spetterà poi agli agenti della riscossione del gruppo Equitalia attivare le procedure operati-ve per il recupero delle somme contestate dagli uffi ci giudiziari. Queste attività vanno ad aggiungersi all’altra mission affi data a Equitalia giustizia, cioè la gestione del Fug (Fondo unico giustizia) in cui, da oltre un anno, confl uiscono le somme di denaro e dei proventi sottratti alla criminalità organizzata. Insomma, se davvero si riuscissero a trovare le risorse per la giustizia, siamo certi che poi si saprebbero spendere bene?

CODICI & PANDETTE

Alberta Figari, socio Clifford Chance

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II Lunedì 11 Ottobre 2010 S T U D I & C A R R I E R E

Pagine a curaDI DUILIO LUI

Richiesta di forti scon-ti sulle parcelle se l’operazione prospet-tata non va in porto.

Internalizzazione di alcune funzioni un tempo demanda-te agli studi legali. Maggiore selezione nell’individuazione delle aziende target e mag-giore diffidenza nei finanzia-menti. Visto dall’ottica dei consulenti, il mercato italiano del private equity è profonda-mente cambiato fino a soli due anni fa: nonostante i segnali di miglioramento che arrivano dal mercato, infatti, banche e fondi di investimento conti-nuano a muoversi con estre-ma cautela, con l’obiettivo di minimizzare i rischi e, quindi, i costi delle operazioni.

Segnali di risveglio dal mercato

L’estate ha portato con sé le

prime due grandi operazioni di LBO dal 2008:

Come l’acquisto di Findus (gruppo Unilever) da parte di Birds Eye Iglo (controllata da Permira) per 805 milioni di euro, che ha visto al lavoro Clifford Chance per gli acquirenti Permira-Birsds E y e e S l a u -ghter and May e Bonelli Erede Pappalardo per il venditore Uni-lever; la cessione di Teamsystem da parte di Bain Capital al fondo inglese HgCapi-tal per 565 milio-ni di euro, che ha visto impregnati Clifford Chan-ce, Linklaters, Latham & Watkins e Dewey LeBoeuf.

«Si tratta di un segnale importante, anche perché entrambe le operazioni sono

state condotte in porto con ri-levante contributo della leva fi nanziaria, a indicare un ri-torno di fi ducia da parte di chi fi nanzia le operazioni», osser-va Paolo Sersale, che guida il dipartimento corporate m&a

di Clifford Chance in Italia. «Sia fondi che banche hanno liquidità da investire e i recen-ti segnali indicano un gradua-le ritorno della propensione

al rischio; mi aspetto tuttavia una maggiore selettività negli investimenti rispetto al pas-sato e pertanto non credo sia prevedibile a breve un ritorno ai livelli ante crisi”.

Per una vera ripresa del private equity occorrerà co-munque atten-dere ancora : «I segnali di disponibilità a valutare even-tuali operazioni ci sono», osserva Stefano Buc-

ci, partner di Gianni, Ori-goni, Grippo & partners, ma il mercato è an-cora infl uenzato negativamente dai prezzi trop-

po alti richiesti dai potenziali venditori e dalla diffi coltà di reperire leve fi nanziarie dagli istituti di credito di una certa entità a costi accettabili per

l’investitore».

Sconti sulle parcelle e compiti ridotti per gli studi legali

Un concorso di situazioni che hanno ricadute dirette sul rapporto con i consulen-ti: «Se in passato capitava di rado, oggi è frequente che un fondo chieda uno sconto sul-la parcella se la prospettata acquisizione non va in porto», annota l’avvocato di Clifford Chance, Bucci. Un approccio già da tempo in voga nel mer-cato anglosassone, che si pro-spetta come un cambio strut-turale, più che legato alla congiuntura del momento.

Un altro fenomeno che si va affermando è l’internaliz-zazione di alcune funzioni in passato demandate agli studi. «L’attenzione ai costi spinge un numero crescente di fondi a svolgere internamente una parte della due diligence», an-nota Massimiliano Perletti, partner dello studio legale

Molti fondi hanno internalizzato alcune funzioni un

Private equity, di ripresa, ma a

Le piccole e medie imprese italiane cominciano a sco-prire i pregi del capitale di rischio. Mentre gli effetti della crisi finanzia-ria internazionale si sono manifestati anche sul venture capital e sul pri-vate equity, con un rallentamento dell’attività che nel 2009 ha visto inve-stiti 2,6 miliardi di

euro, con un calo del 52% rispetto al 2008 (quando l’investimento aveva superato i 5 miliardi), c’è stato un segnale inusitato sul fronte delle piccole e medie imprese. Sono dati che emergono da uno studio condotto dal ministero dello Sviluppo economico- Direzione Generale per la politica in-dustriale e dalla Direzione Generale per le pmi. Uno scenario che lascia ben sperare in un sistema economico come il nostro dominato da aziende di piccole dimensioni. Lo scorso anno, il 77% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 250 dipendenti contro il 71% del 2008. E risultati simili si riscontrano analizzando il fatturato delle so-cietà target: il 75% delle operazioni si è concentrato su aziende aventi un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro, contro il 67% del 2008. Metà del totale di operazioni registrate nel 2009 ha riguardato piccole imprese con meno di 50 dipendenti: il dato corrisponde al 65% degli investimenti in piccole e medie imprese effettuati nel corso dell’anno. Per quanto concerne la distribuzione geografica degli investi-menti, nonostante l’incremento dei capitali destinati ad imprese situate del Sud Italia (108 milioni di Euro, +55% rispetto al 2008), il loro coinvolgimento rimane marginale e pari ad appena il 4% del totale. Se il private equity mostra segnali di vitalità in attesa della ri-presa vera e propria, il venture capital italiano attende ancora il decollo, più volte pronosticato, ma fin qui mai avvenuto.

Occasioni per le pmi, ma il

Paolo Sersale Stefano Bucci

ALCUNE DELLE MAGGIORI OPERAZIONI DI VENTURE CAPITAL DEGLI ULTIMI MESI

OPERAZIONE VALORE STUDI PROFESSIONISTI

Acquisto di Findus (gruppo Unilever) da parte di Birds Eye Iglo (controllata da Permira)

805 mln di euroClifford Chance; Slaughter

and May;Bonelli Erede Pappalardo

Charles Adams, Alberta Figari, Simonetta Candela;Gary Eaborn;Umberto Nicodano;

Cessione di Teamsystem da parte di Bain Capital al fondo inglese HgCapital

565 mln di euro

Clifford Chance;Linklaters;

Latham & Watkins;Dewey LeBoeuf

Paolo Sersale e Sabrina Borocci;Davide Mencacci, John Bona e Jennifer Bowers;Riccardo Agostinelli, Luca Lippolis e Lorenzo Vernetti;Bruno Gattai e Cataldo Piccarreta

Acquisto di una quota di minoranza di Sun System, da parte di Sopaf, mediante aumento di capitale sociale

Rodl & partners;D’Urso Munari Gatti Paolo Peroni e Antonella Bisestile;

Stefano Valerio

Acquisizione di una partecipazione in Omnisolar da parte di Atmos

Rodl & partnersPaolo Peroni e Massimiliano Perletti

Acquisizione di Air Four da parte di Equinox Investment

Latham & WatkinsFabio Coppola, Matteo Bay e Gaia Guizzetti

Acquisizione da par te del fondo di private equity di Sator di una partecipazione in Banca Proi lo

110 mln di euroGianni, Origoni, Grippo &

Partners;Dewey LeBoeuf

Giuseppe Cannizzaro e Paolo Iemma;Francesco Cartolano e Adriano Pala

Accordo di investimento tra Kkr e Investindustrial per l’acquisto del 49,9% di Inaer

Circa 700 mln di euro

Gianni, Origoni, Grippo & Partners; Thacher & Bartlett; Cuatrecasas,

Goncalves Pereira, Castelo Branco & Associados

Stefano Bucci. Luca Spagna e Giuseppe Pagano:Javier Villasante

Investimento nel fonto Ambienta I da parte di Ambienta sgr

Dewey LeBoeufTiziana Del Prete e Guido Masini

Acquisto di una quota di minoranza in Dondup da parte di L Capital (fondo di investimento del gruppo Lvmh)

160 mln di euro NctmPaolo Montironi e Pietro Zanoni

Vendi ta d i d i ve r s i r ami Gran Equipment da parte di Catelli Holding a Procuritas

NctmGiuliano Lanzavecchia

Acquisizione di Ener3 da parte di First Reserve Corporation

261 mln di euro Cleary GottliebGiuseppe Scassellati Sforini, Vania Petrella e Michael MdDonald

Vendita del 40% di Technogym da Wellness Holding al fondo Candover

Cleary GottliebRoberto Casati e Matteo Montanari

Vendita di Spotless Group SAS a BC Partners Limited

585 mln di euro Bonelli Erede PappalardoGiorgio Fantacchiotti

Acquisizione da par te di Charme II (fondo gestito dalla famiglia Montezemolo) della maggioranza in Octo Telematics

Bonelli Erede Pappalardo Giorgio Fantacchiotti e Giuseppe Sacchi Lodispoto

Ministero dello sviluppo economico

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IIILunedì 11 Ottobre 2010S T U D I & C A R R I E R E

tempo demandate agli studi, e chiedono forti sconti

primi segnaliparcelle ridotteRoedl & Part-ner, che tra gli altri ha affian-ca to Sopa f nell’acquisto di una quota di minoranza di Sun Sy-s t e m

(operazione seguita da Paolo

Peroni e Antonella Bise-

stile) e Atmos nell’ingresso in Omnisolar (Massimilia-

no Perletti e Paolo Pero-

ni). «In alternativa, spesso si chiede al legale esterno di

svolgere la due diligence a prezzo di costo, con l’impegno ad affidargli l’operazione in caso di esito positivo di questa prima fase».

Si va quindi configuran-do un nuovo ruolo del consulente legale che condivide – almeno in parte – il rischio di im-presa. Il tutto calato in

uno scenario che vede un rapporto molto

elevato tra le ope-razioni prese in considerazione e quelle condotte in porto. Con il

rischio per l’av-vocato di lavorare

gratis o quasi, pur di non perdere una clientela quali-

ficata, che promette di conferire nuovi

mandati in futuro.

Focus sulle rinnovabili

Il giro d’orizzonte sui settori più interessanti per il private equity in questo periodo non riserva particolari sorprese, considerato che tutti gli stu-di mettono al primo posto le energie rinnovabili, in linea con quelli che sono le tenden-ze dominanti nell’economia in generale. «Al fotovoltaico e all’eolico si affiancano settori anticiclici come il pharma e il biotech», conclude Perletti, «mentre è più diversificato lo scenario riguardante le ope-razioni di secondary buy-out. Trattandosi di rinnovare gli accordi presi in occasione del primo investimento, troviamo casi frequenti anche nel cam-po dell’industria».

Le operazioni di private equity sono fortemente infl uenzate dal sentiment di mercato e questo spiega l’attenzione con cui vengono seguite le previsioni per i mesi a venire. In pochi, du-rante questa fase, si avventurano in operazioni a rischio, ma al tempo stesso nessuno vuole restare indietro. Secondo l’ultimo “Italy Private Equity Confi dence Survey” realizzato da Deloitte i principali player del settore vedono una seconda metà del 2010 in linea con il primo semestre (si è espresso così il 72,3% degli intervistati), in aumento rispetto al precedente semestre quando il 50,8% prevedeva una fase di stallo. Gli effetti del-la crisi, ritengono i fondi, saranno percepibili, fi no alla metà del 2011. Conseguenza di questa incertezza è l’impiego più

misurato della leva e l’allungamento della pendenza delle operazioni. As-sumono rilevanza anche il rallenta-mento dell’attività di raccolta fondi, il ruolo più attivo assunto dai fondi nella gestione delle società parteci-pate e la diminuzione generalizzata dei multipli medi di acquisizione. Per Elio Milantoni, partner di Deloitte Financial Advisory Services che ha seguito l’indagine, nei prossimi mesi «gli investimenti saranno concentra-ti su aziende di medie dimensioni (50 milioni di fatturato) ,operanti specialmente nei settori dei prodot-ti industriali, manifatturiero e Life Sciences & Healthcare».

I fondi, prosegue la ricerca, conti-nueranno a ricercare buone opportunità di investimento, men-tre solo una quota marginale dei rispondenti prevede di disin-vestire o di effettuare nuovi fundraising. Insomma, cautela in attesa che la tempesta passi, ma senza più farsi contagiare dal pessimismo tanto in voga fi no a pochi mesi fa. Un’indicazione positiva circa la fi ne della crisi è fornita dal livello di compe-tizione rispetto a nuove opportunità di investimento: il 27,7% dei professionisti interpellati, contro il 16% dello scorso anno, la ritiene in potenziale crescita mentre la maggioranza (63,8%) la prevede stabile. Infi ne Mantoni sottolinea il dato sul credito «che viene indicato come più accessibile con un lieve calo dello spread sul debito».

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Migliora l’accesso al credito, il business della salute non è in crisi

Supplemento a cura di ROBERTO MILIACCA

[email protected]

Sud latitaUn mercato che aprirebbe un nuovo fronte anche per gli stu-di d’affari, che tradizionalmente faticano a intercettare mandati da aziende di ridotte dimensioni e, a maggior ragione, da nuove imprese. «Nel venture capital non cam-bia solo la dimensione dell’ope-razione, tendenzialmente molto più piccola rispetto al private equity», commenta Paolo Ser-

sale, «ma anche la filosofia e l’approccio, in quanto si tratta normalmente di investimenti in uno stadio molto più inizia-le dell’impresa, spesso riferiti a progetti di ricerca ad alto rischio e, di converso, ad alto potenziale di ritorno. Si tratta perciò di pro-getti in cui la struttura finanzia-ria è solitamente più semplice, mentre molto importanti sono le verifiche di due diligence sulla validità del progetto e gli accordi relativi alla gestione della pro-prietà intellettuale».«Recentemente è stato istituito il “Fondo Italiano di Investimen-to per le Piccole e Medie Im-prese», spiega Stefano Bucci

di Gogp, «che vede coinvolti il Ministero dell’economia e delle finanze, Cassa depositi e presti-ti, Intesa-Sanpaolo, UniCredit, Monte dei Paschi di Siena, As-sociazione Bancaria Italiana e Confindustria: si tratta di un un segnale di interesse verso le pmi a tutti i livelli, che potrà dare uno slancio al settore».

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Elio Milantoni

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Mergermarketvede rosa

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IV Lunedì 11 Ottobre 2010 A T T UA L I TÀ

Il corso, che parte in questi giorni, è ospitato presso la Fordham University School of Law

Una scuola per i fashion lawyersNasce a Manhattan la prima facoltà di diritto della moda

DI MARIA BUONSANTO

Nasce nel cuore di Man-hattan la prima facoltà di Diritto della Moda. È la Fordham University

School of Law ad aprire in que-sti giorni il Fashion Law Insti-tute, in cui si formerà una nuova figura professionale: il fashion lawyer. Un legale specializzato nell’interazione di vari ambiti giuridici – dalla proprietà intel-lettuale alle normative del com-mercio, dalla tutela del marchio ai diritti dei consumatori – con l’industria della moda.

Supportato dal Council of Fashion Designers of America (CFDA), presieduto da Diane von Furstenberg, l’Istituto sarà diretto da Susan Scafi -di, una pioniera (dalle origini italiane) nel diritto della moda. Dopo aver frequentato l’Univer-sità di legge di Yale ed essersi specializzata alla Berkeley, la Scafi di ha iniziato a lavorare presso l’Ottava Corte d’Appello. Senza dimenticare mai la sua grande passione: la moda. «Per oltre dieci anni», racconta, «nel mio uffi cio non è mai mancato l’ultimo numero di Vogue. Una lettura non esattamente negli standard. La moda è troppo all’avanguardia per entrare nella torre d’avorio legale». Lei, però, non ha demorso ed ha creato Counterfeit Chic, rico-nosciuto oggi come uno dei top 100 blog legali dall’American Bar Association.

Creatrice anche del primo corso statunitense in materia, la Scafi di richiama alla mente il personaggio cinematografi co Elle Woods, protagonista de La rivincita delle bionde, i cui abi-ti rosa e la sfrenata passione per la moda irrompono bril-lantemente prima nell’austera facoltà di legge di Harvard e successivamente nelle corti di giustizia americane. Anche per la Scafi di la moda è «una mate-ria tutta in rosa».

«Il rosa è un colore molto lu-singhiero!», dichiara ad Avvo-catiOggi con orgoglio e con una punta di ironia. «Parlando più seriamente, trovo che la moda tocchi quasi tutte le persone nel mondo, ogni giorno. Usando le parole dello scrittore america-no Mark Twain: «L’abito fa l’uo-mo. Le persone nude esercitano poca o nessuna infl uenza nella società». La moda, invece, è associata tradizionalmente so-prattutto alle donne e c’è una percezione abbastanza diffusa che la vede come un soggetto leggero. «In effetti lo può esse-re», commenta la Scafi di, «ma la disciplina giuridica da appli-care al settore è complicata ed insidiosa come in tutti gli altri ambiti di diritto. L’industria della moda è proporzionalmen-te grande ed economicamente importante. In Italia come negli Stati Uniti (Milano e New York sono le due capitali della moda), quest’industria è al contempo

arte e cultura. La legge deve fi nalmente ammettere questa realtà. Bisogna rendersi conto che si tratta di una disciplina accademica estremamente se-ria. La comunità legale rispet-ta la logica economica e stiamo parlando di un’industria che globalmente fattura oltre 3 trilioni di dollari all’anno. Già questa dovrebbe essere una risposta sufficiente ad ogni obiezione».

E le obiezioni non mancano di certo. Molti, infatti, sono i dubbi suscitati dalla scelta della Fordham. Se da un lato tanti hanno plaudito una scel-ta di rottura, che invita la fi gu-ra legale a scendere dalla sua «torre d’avorio» per rispondere ai bisogni di un’industria trai-nante (il Fashion è tra i settori che offrono più alto contributo all’economia globale e rappre-senta la seconda industria di New York), molti altri hanno espresso non poco scetticismo sull’opportunità per un legale di specializzarsi in un unico ambito, che ricopre materie già affrontate in ogni comune corso di studi giuridici. La risposta della Scafi di è: «Se è vero che seguire, per esempio, una m&a che coinvolge industrie della moda è dal punto di vista giuri-dico uguale a seguire una m&a tra due compagnie aeree, è an-che vero che cambiano i detta-gli ed il contesto. Cosa che, ai fi ni del successo di una transa-zione, è importante al pari delle norme. È ovvio, quindi, che, an-che se la legge non cambia nei due casi, è altresì importante capire come lavora quest’indu-stria. D’altronde questi dubbi non sono sorti quando si è trat-tato di creare corsi di studi in diritto delle nuove tecnologie o diritto dell’ambiente».

Il corso di studi della Ford-ham offrirà servizi legali per gli studenti di design e gli stilisti emergenti, operando all’occorrenza anche pro bono, darà consulenza e informazioni sulle materie giuridiche corre-late all’industria della moda e naturalmente formerà i futuri fashion lawyers. Le principali tematiche affrontate saranno: proprietà intellettuale, regola-mentazione all’import/export, sicurezza e sostenibilità, i di-ritti dei consumatori e i diritti civili legati all’abbigliamento

(dalle normative in materia di abbigliamento scolastico, a quelle legate all’utilizzo di uniformi sul luogo di lavoro per finire su argomenti più

spinosi come l’abbigliamento religioso).

Sempre da New York arriva-no anche altre novità per que-sta giurisprudenza in rosa. È

recente, infatti, la notizia che il senatore newyorkese Charles Shumer ha presentato un in-novativo disegno di legge sulla Protezione del design e sulla prevenzione della pirateria. Atto su cui la stessa Scafi di ha lavorato con gli altri legislatori. Quali possono essere, quindi, i futuri sviluppi di questa disci-plina? Susan Scafi di è certa che «nel prossimo decennio la giu-risprudenza della moda diven-terà una specialità accademica e legale riconosciuta in tutto il mondo.

È questo che stiamo facendo con il Fashion Law Institute: anticipare una futura tenden-za». D’altronde, non è forse que-sta la moda?

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La pagina web della Fordham University School of Law (a sinistra) e, sotto, Susan Scai di

Guardare oltre i confini nazionali e implementare una strategia di internazionalizzazione. Una scelta sempre più importante per gli studi legali anche attivi in provincia. Per questo motivo, MITO, socie-tà specializzata nell’assistenza durante i processi di internazionalizzazione, tra le attività dedicate a chi investe all’estero ha scelto di organizzare una giornata di confronto sul tema con in mente la ca-tegoria legale, avvocati e giuristi d’impresa. «Av-vocati e giuristi d’impresa sono chiamati in causa al fi anco degli imprenditori e dei loro responsabili di strategie di sviluppo», spiega Davide Diurisi di MITO, «e la tematica del marketing degli studi professionali in particolare è oggetto di studio e approfondimento anche in ambito universitario». MITO Business Consulting segue le aziende nello sviluppo del posizionamento sui mercati esteri, con un particolare focus sul mercato Uk. L’appunta-mento per l’evento, patrocinato dalla British Ita-lian Law Association (BILA) è per il prossimo 15 ottobre presso la sede dell’Università LUM Jean Monnet (Bari). Un convegno a cui parteciperanno avvocati locali, barrister inglesi, ma anche esperti che da tempo si occupano dello spinoso rapporto tra studi legali e modelli aziendali. Isabella Fusillo,

marketing manager dello studio Hogan Lovells, parlerà delle pratiche e degli strumenti per il mar-keting delle law fi rm. «I destinatari dell’iniziativa sono tanto gli avvocati che gli studenti di giurispru-denza alla fi ne del percorso di studi. Considerare il contesto geografi co ed il mercato di riferimento è fondamentale per le strategie di marketing da applicare», spiega. «Anche in provincia la comuni-cazione e il marketing contano tantissimo perché gli studi ed i professionisti sono esposti e sottoposti ad una forte concorrenza», commenta Fusillo, che aggiunge: «Credo che sia fondamentale inserire questo tipo di materie durante il percorso univer-sitario. I ragazzi che voglio intraprendere questa professione hanno bisogno di questi strumenti. Per il loro futuro, per il futuro della professione legale e di tutte le professioni intellettuali, è necessario che si dotino almeno degli strumenti e conoscenze di base, per affi darsi poi, in casi specifi ci ad esperti del marketing e della comunicazione». Proprio per questo motivo, la LUM di Bari ha attivato una cattedra sul marketing degli studi legali. Il tito-lare è Roberto De Donno e Davide Diurisi sarà referente per le relazioni internazionali.

Andrea Altavista

CONVEGNO IL 15/10 ALL’UNIVERSITÀ LUM JEAN MONNET DI BARI

Marketing legale, Italia-Uk a confronto

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VLunedì 11 Ottobre 2010L’INTERVISTA

Pagina a curaDI ANDREA ALTAVISTA

Il computer da corsa spunta sot-to la manica della camicia bian-chissima abbinata a un tradizio-nale completo blu. «Domenica

18 chilometri. Martedì un’ora e 8 minuti». Eugenio Bettella, mana-ging partner della sede di Padova dello studio tedesco Roedl, mostra orgo-glioso i tempi de-gli allenamenti. È giovedì. Il prossimo allenamento? «Devo chiedere ai miei soci. Dopo aver corso in-sieme due marato-ne, quella di New York e di Amburgo, con i colleghi Stefan Brandes e Massimi-liano Perletti ci stia-mo preparando alla prossima maratona di New York».

Quando non lavora e quando non è in viaggio per lavoro, Bettella cor-re. Si allena seguito dai due figli in bicicletta lungo gli argini dei canali di Padova, città dove è nato e dove ha iniziato a praticare la professio-ne dell’avvocato d’affari, iniziando a collaborare con Clifford Chance il giorno stesso in cui lo studio in-glese ha inaugurato gli uffici vene-ti. Studio in cui è rimasto per otto anni, durante i quali si è occupato di Litigation e M&A seguendo nume-rose privatizzazioni tra cui quella di Centostazioni e Grandi Stazioni che nell’acquisizione di alcuni scali ferroviari italiani dove gli spazi tec-nici sono stati trasformati in centri commerciali. In quel caso il team dell’avvocato aveva seguito la cor-data che aveva vinto il tender della privatizzazione.

«Ho avuto la fortuna di essere stato pronto e disponibile il giorno in cui Clifford ha aperto a Padova», spiega l’avvocato, che ha studiato a Ferrara e svolto la pratica in un piccolo studio più tradizionale.

«In Clifford Chance ho imparato a curare l’approccio con i clienti im-portanti, ho ricevuto una formazione tecnica e personale che mi ha per-

messo di affrontare operazioni impor-tanti senza timore reverenziale e sen-za perdere di vista gli obiettivi finali», racconta Bettella, che deve in parte questa formazione al socio Gianandrea Rizzieri. «Nello stu-dio ho anche ricevu-to un’impostazione più internazionale», aggiunge.

Dopo questo pe-riodo nello studio

inglese Bettella è passato in Roe-dl. «Non è stato uno spin off, mi ha seguito solo la segretaria», precisa l’avvocato, che cercava una maggio-re autonomia nella gestione della sede.

Tra i clienti seguiti negli anni figurano il gruppo Save, Grup-po Maltauro, Gruppo Industriale Tosoni, Gruppo Colombo, Gruppo Grundfos.

L’ambiente di lavoro in Roedl è informale e spesso la pausa pranzo è l’occasione per un pranzo di team building con i collaboratori.

«Se non ho pranzi di lavoro man-gio un panino al volo in ufficio», continua il socio. «Mi piace molto il cibo orientale, in particolare giappo-nese, cinese e libanese, ma da buon runner non disdegno pastasciutta e bistecche».

Oltre alla corsa, l’avvocato ha un’altra passione: quella per il mondo. Su una settima-na di sei giorni, «almeno uno dei due giorni del weekend serve per fare il punto della situazione», Bettella ne passa tre a Padova e tre in viaggi. Spesso le destinazioni sono poco battute.

«C’è l’esigenza di ampliare il business e guardare oltre il mercato di Padova. Per questo sono in partenza per l’Africa dove farò due tappe, una in Ghana e una in Zimbabwe per conto di clienti interessa-ti alle opportunità offerte da questi mercati». Che mandano in avanscoperta l’avvocato.

Nella sede dello studio lavo-rano collaboratori stranieri e in particolare tedeschi e in-glesi, e nel 2007 un avvocato è partito per Abu Dhabi per svi-luppare un italian desk. Un altro è al momento in Qatar, hub interessante per svilup-pare il lavoro in Iraq e Iran.

«Siamo dove gli altri non sono e seguiamo anche pro-getti agroalimentari, progetti di commodities e infrastrut-turali», continua il professio-nista.

Nella valigia di questo av-vocato sempre in viaggio c’è solo l ’essenziale. «Viaggio esclusivamente con bagaglio a mano per ridurre i tempi ne-gli aeroporti e per paura che vada perso».

Nel bagaglio trovano spazio il computer, il blackberry sem-pre acceso e, ovviamente, la tenuta da corsa. Che Bettella ha portato anche questa esta-te in vacanza, in Thailandia.

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EugenioBettellanato a Padova l’8 giugno 1970

IL PROFESSIONISTA

Avvocato, è laureato nel 1994 presso l’università degli studi di Ferrara ed è partner di Roedl & Partner dal gennaio 2005. In precedenza è stato collaboratore di Clifford Chance dal febbraio 1997. È rappresentante per il Veneto orientale e per il Friuli-Venezia Giulia della Camera di commercio Italo-Germanica.

LO STUDIO

Lo Studio Roedl & Partner è un network tedesco presente in Italia dal 1998 a Milano, Padova, Roma e Bolzano, dove la sede è stata inaugurata nel 2010. I professionisti sono oltre 100 e oltre agli avvocati lavorano negli uffici commercialisti e revisori dei conti di nazionalità italiana e tedesca. L’obiettivo è l’assistenza alle imprese nel processo di internazionalizzazione e le questioni legali, fiscali o di revisione contabile sono trattate in modalità integrata.

Fatturato 2009: 11,5 milioni di euro

L’amoreper PadovaTra i luoghi più amati di Padova il Centro sportivo Memo Geremia, complesso di una decina di campi da rugby in Padova (un piccolo pezzo di Scozia nella Pianura padana), e la Basilica di Sant’Antonio

L’evoluzionedelle stazioniHa seguito la privatizzazione di Centostazioni e Grandi Stazioni e l’acquisizione di alcuni scali ferroviari dove gli spazi tecnici sono stati trasformati in centri commerciali

L’aeroportoper lavoroTra i suoi clienti storici c’è Save, il gruppo che gestisce, tra l’altro, l’aeroporto di Venezia, da cui parte per i suoi viaggi. Tra gli altri, il gruppo Maltauro, l’Industriale Tosoni, i gruppi Colombo e Grundfos

Eugenio Bettella, managing partner della sede di Padova di Roedl, racconta la sua carriera

L’avvocato sempre di corsaIn giro per il mondo per lo studio, ma anche per le amate maratone

È in partenza per l’Africa

dove farà due tappe, una in Ghana

e una in Zimbabwe, per conto di clienti

interessati alle opportunità

offerte da questi mercati

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VI Lunedì 11 Ottobre 2010 SCENARI & TENDENZE

Molti professionisti coltivano la loro passione tra un deal e l’altro. Anche per una questione d’immagine

Quando l’avvocato è un mecenateGli studi ospitano sempre più spesso delle mostre d’arte

DI GIULIA DIECI

Non solo giurisprudenza e contratti. Sono molti gli avvocati che oltre alla passione per il diritto

coltivano quella per l’arte.Cresce il numero

degli studi legali ita-liani e internazionali che scelgono lo spazio dei loro uffi ci per or-ganizzare mostre di artisti a cui sono in-vitati clienti, business partner e membri del-la comunità artistica e politica locale.

È il caso di Hogan Lovells, lo studio in-glese che per il terzo anno consecutivo si prepara a trasformare la sede di Piazza Venezia a Roma in uno spazio espositivo nell’ambito del ciclo «Arte allo studio». A otto-bre è prevista l’inaugurazione dell’esposizione di Angelo Aligia, che a febbraio lascerà lo spazio a Giancarla Frare e a giugno a Con-suelo Mura.

«Si tratta di una importante forma di comunicazione», spiega la responsabile del business de-velopment Isabella Fusillo, «e i quadri degli artisti sono in ven-dita». L’iniziativa è nata del 2007 dopo il trasferimento dell’uffi cio nella sede del palazzo delle as-sicurazioni Generali, «una sede importante e di rappresentanza con fi nestre che si affacciano sulla

storia dell’arte», racconta Fusillo, «perché non aprirlo a qualcosa che andasse oltre al diritto?».

Nasce nel 2009 invece il proget-to dell’avvocato Stefano Crisci, socio fondatore dell’omonimo stu-dio a Roma e collezionista di arte

contemporanea. In collaborazione con Alessia Mon-tani, responsabile di una galleria d’arte, l’avvocato ha creato Diritto Arte e Scienza, un progetto che prevede un per-corso espositivo di artisti emer-genti. «Vogliamo promuovere l’arte contemporanea

in quelli che da sempre si carat-terizzano come luoghi di studio e di ricerca», dichiara Crisci, «e l’ambiente offre agli artisti una concreta opportunità di visibili-tà e coinvolgimento». Il prossimo appuntamento è in calendario il 9 dicembre ed è stato battezzato «Vibrazioni Sostenibili. L’energia dell’arte contemporanea». Il patron dell’evento è lo scultore Arnaldo Pomodoro e sarà dedicato infatti in particolare alla scultura con l’esposizione di Natino Chirico, Fyodor Kiriloff, Consuelo Poggi e Oliviero Rainaldi. Parteciperà an-che Corrado Calabrò, che reciterà i versi tratti dal suo libro T’amo di due amori, edito da Vallardi editore.

Questa scelta è stata fatta an-che da Tonucci & partners che ha lanciato una serie di iniziative nel campo dell’arte, tra cui l’orga-nizzazione di visite sponsorizza-te in gallerie e musei, tra cui la mostra «Picasso e la sua Epoca» a Palazzo Ruspoli e «Ferdinand Voet ritrattista di Corte nell’Europa del 600» a Castel Sant’Angelo.

Dopo l’apertura di nuove sedi Tonucci ha iniziato anche a or-ganizzare eventi negli spazi degli uffi ci. «Ormai ogni circa sei mesi le pareti delle varie sedi ospitano mostre personali di pittori emer-genti tra cui l’albanese Genti Korini, prima a Roma e poi a Bu-carest, e il romano Sergio Raffo», racconta Mario Tonucci, socio fondatore. La prossima vernice è in calendario a Roma a fi ne otto-bre. «Per una felice coincidenza il pittore emergente che esporrà è mio nipote, Francesco Tonucci che vanta anche una mostra allestita negli spazi di Calvin Klein a New York», aggiunge l’avvocato.

In ogni occasione vengono stampate locandine e brochure di presentazione e partecipano avvo-cati, clienti e istituzioni delle città. Tonucci precisa però che «non c’è alcuna attività imprenditoriale dello studio in concorrenza con i mercanti d’arte in quanto non viene offerta alcuna assistenza e consulenza a coloro che si dichia-rano interessati all’acquisto delle opere». Il pittore può infatti lascia-re indicazioni e cataloghi che faci-litino gli interessati all’acquisto a prendere diretti contatti con lui.

«In Italia abbiamo un patri-monio artistico storico così im-portante che sarebbe ipotizzabile una grande valorizzazione dello stesso anche al di fuori dei canali oggi sfruttati», spiega Tonucci che aggiunge, «certamente anche nei

nostri uffi ci abbiamo qualche pez-zo importante tra cui un quadro di Guttuso, una pianta originale di Roma di Gian Battista Nolli del 1740, un busto romano del secon-do secolo, un disegno di Matisse e opere di altri autori come Greco, Monachesi, Enotrio, Fanfani, Se-bastian Matta».

È giunta al sesto anno invece l’iniziativa per l’arte contempora-nea di Silvia Venturini e Fabio Bassan, fondatori dello studio legale Vbl . «Ogni anno gli spazi dello stu-dio legale ven-gono offerti a un artista, che li interpreta li-beramente, mo-difi cando così lo studio in modo signifi cativo per un intero anno», racconta il socio Fabio Bassan, che aggiunge: «Quest’anno, grazie alla collabo-razione della galleria Federica Schiavo, gli spazi sono dedicati all’artista coreana Haegue Yang. È un lavoro intimo e personale come emerge già dal titolo «Maun-teffelstrasse 112» che è l’indirizzo berlinese dell’artista». I profes-sionisti dello studio sono inoltre collezionisti, soci di Macroamici e sostenitori dei musei di Roma.

Sono molti inoltre gli avvocati che amano collezionale arte in modo individuale. «Amo l’arte con-temporanea, specialmente infor-male perché mi lascia largo spazio per creare immagini, fantasie e far emergere ricordi dell’inconscio e della mia fanciullezza», racconta Gianfranco Negri-Clementi, presidente onorario di NCTM. «Le opere che sono riuscito a rac-

cogliere nella mia vita sono dove io vivo. Studio o abitazione non im-porta, importa che mi piace averle vicino e rigenerarmi con loro dalle fatiche del gretto quotidiano». Il professionista segue inoltre dal punto di vista professionale alcu-ne gallerie, case d’asta e mercanti, «e qui aggiungo a un minimo di competenza tecnica un massimo di concreto interesse», precisa.

La passione per l’arte di An-drea Accornero di Simmons

& Simmons ha invece radici nell’infanzia. «Da piccolo andavo in giro per gallerie con i miei ge-nitori», ricorda. L’avvocato ha scritto critiche e cataloghi su rivi-ste e si è occupa-to di materia di diritto dell’arte. Il socio è inoltre

fondatore di «arte giovane», un’iniziativa per aiu-tare i giovani che intraprendono questa complessa carriera. «Non mi interessa un genere partico-lare, spazio dalla fotografi a alla pittura, anche se non mi interes-sa particolarmente il video e la scultura», precisa il socio, che ha una sola passione: Carol Rama. «Un’artista nata nel 1918 e an-cora viva, che ha rivoluzionato la pittura femminile lavorando col corpo in modo provocatorio e sensuale». In merito all’orga-nizzazione di mostre negli spazi degli studi legali Accornero tut-tavia conclude: «L’arte ha i suoi luoghi deputati e nessun luogo di servizio lo è. Ma queste iniziative possono aiutare i giovani da un punto di vista economico».

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Gianfranco Negri-Clementi

Mario Tonucci

Occhi, di Carol Rama

Un’opera di Angelo Aligi

Una delle opere esposte nello studio

Vbl

Due opere di Consuelo Poggi e Oliviero Rainaldi Il cartoncino d’invito alla mostra

dello Studio Tonucci su Picasso del 2004

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VIILunedì 11 Ottobre 2010SCENARI & TENDENZE

Uno specialista spiega ad AvvocatiOggi come funziona e quali sono i limiti legali dello strumento

It, con il cloud diventa più facileTutte le applicazioni dello studio in una sola piattaforma virtuale

DI CHIARA ALBANESE

La metafora scelta è quella di una nuvola, lo spazio senza forma e senza con-sistenza di internet, una

piattaforma ideale per offrire un servizio a un numero sempre maggiore di clienti che possono accedere agli stessi dati da luo-ghi geograficamente differenti.

Il cloud computing è un insie-me di tecnologie informatiche che permette l’utilizzo di risor-se sia hardware che software localizzate direttamente su in-ternet. L’esempio più comune è quello della casella email, a cui è possibile accedere attraverso qualsiasi computer dotato di connessione internet e dove, in uno spazio virtuale, sono con-servate le conversazioni prece-denti.

I benefi ci di ricorrere a ser-vizi offerti attraverso la rete sono numerosi e riguardano la possibilità di avere prezzi più competitivi in quanto commi-surati all’effettivo uso del ser-vizio, l’eliminazione o la ridu-zione degli investimenti iniziali e fl essibilità sui volumi e sulle risorse necessarie, oltre che, na-turalmente, alla possibilità di accedere agli stessi servizi da qualsiasi luogo nel mondo.

Il «cloud computing» pre-senta però alcune criticità e i professionisti specializzati in Information technology (It) si trovano sempre più spesso a seguire le aziende clienti nella stesura dei contratti che riguar-dano servizi offerti attraverso la rete.

«Offrendo lo stesso servizio a una pluralità di clienti grazie all’infrastruttura di internet, il fornitore può applicare prezzi più e il cliente non deve affron-tare i costi iniziali previsti in caso di acquisto di strutture e risorse dedicate e può delega-re integralmente al fornitore manutenzione, gestione ed ag-giornamento tecnologico», spie-ga Italo De Feo, socio di Dla Piper.

Un altro vantaggio riguar-da lo sviluppo dell’impresa, in quanto è facile variare le risorse utilizzate e reperibili «nella nu-vola» in base all’attività svolta e anche alle condizioni altalenan-ti del mercato. «Tuttavia, come tutti i nuovi modelli di business, comporta anche una serie di cri-ticità di natura commerciale e legale che devono essere tenute in debita considerazione e af-frontate in maniera adeguata dai clienti e dai fornitori di tali servizi», aggiunge il socio.

Tra le criticità legal, emer-gono la selezione del fornito-re, la sicurezza informatica e la privacy e il controllo della performance e le conseguenze contrattuali in caso di inadem-pimento contrattuale.

Il primo passo è la selezione del fornitore più appropriato. «I dati del cliente vengono conser-vati presso i server del fornito-

re e il cliente stesso vi ac-cede preva-lentemente da remoto», continua De Feo. Impor-tante è quin-di affrontare un controllo delle misu-re adottate per proteg-gere i dati. Per quanto riguarda gli aspetti con-trattuali, è importante controllare che il con-tratto con il fornitore dei servizi contenga precisi parametri per valuta-re la performance.

«È opportuno assicurarsi che il contratto dettagli at-traverso le clausole risolutive espresse le situazioni in pre-senza delle quali il cliente può subito sciogliere il contrat-to, mediante semplice invio di una comunicazione alla controparte. Tali situazioni devono includere l’ipotesi di prolungata interruzione del servizio o gravi carenze nei livelli qualitativi che si ri-petono nel tempo», precisa il socio, che commenta che «in presenza di situazioni di

inadempimento meno

gravi, la risoluzione dovrà es-sere preceduta da una diffida ad adempiere, con la quale si assegna alla controparte un termine per rimediare l’ina-dempimento (grace period), trascorso il quale la parte non inadempiente avrà il diritto di risolvere il contratto».

Importante inoltre inserire nel contratto una clausola con la quale il fornitore è obbligato a garantire la continuità del servizio e a fornire tutta l’assi-stenza necessaria all’eventuale transizione a altro fornitore in caso di scioglimento del rappor-to contrattuale.

Quando i dati e i servizi sono accessibili solo via Internet l’in-

terruzione del collegamento può tradursi in un danno economico per l’azienda. Per minimizzare questo rischio, il fornitore può adottare un piano di «disaster recovery» o di «business conti-nuity», un documento che spes-so viene allegato al contratto. «Il piano deve descrivere detta-gliatamente tutte le misure e le procedure necessarie a garanti-

re continuità nella fornitura dei servizi in presenza di eventi im-prevedibili, indicando eventual-mente le penali che il fornitore sarà tenuto a corrispondere».Se i «livelli di servizio», quin-di i livelli minimi qualitativi e quantitativi ai quali il fornito-re si deve attenere non vengono rispettati è possibile prevedere penali oppure ridurre il corri-spettivo dovuto dal cliente.

Infi ne, di fondamentale im-portanza sono i profili legali connessi alla privacy e alla pro-tezione dei dati personali, un aspetto delicato in quanto que-sti dati sono accessibili virtual-mente da ovunque. «Se il forni-tore è situato in un paese al di fuori dell’Unione europea dove la legislazione non garantisce un adeguato livello di protezio-ne della privacy, sarà necessario sottoscrivere determinati mo-delli contrattuali approvati dal-la Commissione europea e dal garante per la protezione dei dati personali o ottenere il con-senso al trasferimento da parte di tutti gli interessati», precisa De Feo, che conclude spiegando che «il cloud computing presen-ta enormi benefi ci, soprattutto per la piccola e media impresa, ma prima di avvalersene è op-portuno effettuare un’attenta analisi in merito all’affi dabili-tà del fornitore, alle condizioni del contratto e agli altri profi li legali connessi».

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LNRIPLEYUSB ALERT 2010

CD Usb LNRLNRipley è una forma in costante mu-

tazione, che evita per istinto ogni punto fermo, ogni defi nizione, classifi cazione e schema. Loro sono torinesi, extrater-restri della musica drum’n’bass e dub step: Mc Victor, Ale Bavo (tra le altre cose ha prodotto con Max Casacci uno dei brani dell’ultimo album di Mina), Succo, Verror e Ninja dei Subsonica. Innanzitutto un’avvertenza. Per ave-re questo album bisogna seguire i loro concerti e portare una chiavetta usb per «risucchiare» direttamente dalla band i brani e l’art work. Gli LNRipley hanno infatti deciso di distribuire la loro musi-ca solo ai concerti, in maniera del tutto

gratuita. Usb Alert 2010 è diviso in tre package di tre brani ognuno: nel secondo package c’è anche un particolare video insieme ad uno degli MC più importanti al mondo, MC Spyda, con cui la band ha registrato il brano Get Real. È Trap, invece, il singolo che rappre-senta l’intero progetto, brano in cui emerge l’energia dei suoni e la forza dell’MC Victor. Si tratta di drum’n’bass internazionale, suonato da una band italiana, unica nel genere. Ogni tipo di progettualità convenzionale non appartiene alla genetica mutante di LNRipley: quindi l’unica certezza è che in ogni show ci sarà sempre qualcosa di inedito e sorprendente, e tutto accadrà prima, durante e dopo gli intensi live set che da sempre caratterizzano il nucleo pulsante at-torno al quale si sviluppa l’essenza stessa del progetto. Non è quindi escluso che alla fi ne di tutto, il percorso live si trasformi in un Cd in edizione limitata.

Si consiglia agli avvocati che non vogliono evadere per non essere dipendenti dal lavoro.

ATPCSOLIDO

CD La Suite Records / SelfRitorno in grande stile per lo storico

duo hip hop torinese ATPC (acronimo di Alta Tensione Produzioni Clande-stine). Rula e Sly, assenti dalla scena discografi ca da circa quattro anni, tor-nano con il nuovo album Solido alle origini dei temi cari alla street life. Di-glielo!, singolo scelto per il lancio, ben rappresenta l’idea del gruppo. Ttesti rivolti ovviamente al sociale, raggiun-gono momenti di poesia in puro stile hip hop di alto livello e l’ironia viene

sottolineata da ritmi ballabili e raffi nati. Come in ogni disco rap che si rispetti non potevano mancare anche in questo alcuni ospiti della grande famiglia hip hop italiana come per esempio Patrick dei Casino Royale nel brano Fino in fondo, Primo dei Cor Veleno in Next Generation (pezzo dedicato ai ragazzi di oggi e ai loro pro-blemi), Maxi B dei Metrostars, ma anche Livio degli Huga Flame e Bassi Maestro, che hanno prestato il loro prezioso contributo producendo la titletrack Solido e Mi Piace. Un disco al passo coi tempi dal punto di vista dei suoni e degli arrangiamenti, classico e allo stesso tempo di pancia, che mette insieme pezzi conscious e storytelling degli argomenti più svariati. Le rime degli ATPC, dopo tanti anni di carriera, scorrono ormai fl uide e il brano Non si sa mai dimostra questa semplicità nel creare melodie davvero accattivanti. Solo è un album che seppur poco diverso dai pre-cedenti lavori, rivela comunque un approccio più maturo nello scrivere brani, che rimangono acuti e gradevoli all’ascolto. Un disco essenziale e senza futilità..

Si consiglia agli avvocati che cercano energia prima di entrare in tribunale.

Antonio Ranalli

Note legali

in

Lo schema del cloud computing secondo Wikipedia (a i anco). Sotto, l’avvocato Italo De Feo

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VIIILunedì 11 Ottobre 2010 DIRITTO & FAMIGLIA

Secondo la Cassazione in caso di inadempienze si può fare causa all’ex e non al suocero

Mantenere i figli spetta ai genitori I nonni non devono farsi carico degli obblighi dei coniugi

Pagina a cura DI DEBORA ALBERICI

I nonni non devono mantene-re il nipote al posto del fi glio separato inadempiente, se la madre è in condizioni eco-

nomiche tali da riuscire a prov-vedere da sola al bambino.

A questa conclusione è giunta la suprema Corte di cassazione che, con la sentenza n. 20509 del 30 settembre 2010, ha re-spinto il ricorso di una mamma che aveva chiesto al suocero di partecipare al mantenimento del nipote al posto del figlio, che non aveva mai versato l’as-segno.

Il caso. È successo a una cop-pia di Lecce. Lui proveniente da una famiglia benestante e lei laureata. Dopo il matrimonio era nato un fi glio, ma presto i due si erano separati. Lei non aveva avuto nulla dall’ex ma-rito e per questo aveva fatto causa ai suoceri, chiedendo loro di contribuire economicamen-te alla crescita del bambino. Il Tribunale pugliese, a gennaio del 2004, le aveva dato ragione fi ssando un assegno a carico del nonno di 700 euro mensili (nel frattempo la nonna era morta). Poi la Corte d’appello aveva ribaltato il verdetto, sostenen-do che i nonni non avrebbero dovuto sostituirsi al fi glio ina-dempiente. Non solo. La signora era laureata e aveva un lavoro, dunque, avevano concluso i giu-dici, era perfettamente in grado di provvedere al bambino. Con-tro questa decisione la giovane mamma ha presentato ricorso in Cassazione, ma ha perso. Infatti, la prima sezione civile, rendendo defi nitiva la pronun-cia della Corte territoriale, lo ha respinto.

Le motivazioni. I giudi-ci della prima sezione civile hanno respinto il ricorso della mamma chiarendo perentoria-mente che gli obblighi di man-tenimento gravano sui genitori. E che dunque la donna avrebbe dovuto far causa all’ex marito prima che al suocero. Per arri-vare a questa conclusione, com-pletamente difforme da quella del Tribunale, la Cassazione ha interpretato l’articolo 147 del codice civile, una delle norme chiave del diritto di famiglia. In particolare, si legge in sentenza che la disposizione «impone ai genitori l’obbligo di mantenere i propri fi gli. Tale obbligo grava su di essi in senso primario e integrale, il che comporta che se l’uno dei due non voglia o non possa adempiere, l’altro deve farvi fronte con tutte le risorse patrimoniali di cui dispone e deve sfruttare la sua capacità di lavoro, salva comunque la possibilità di agire contro l’ina-dempiente per ottenere un con-tributo proporzionale alle sue condizioni economiche. Solo in via sussidiaria, dunque succe-

danea, si concretizza l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere il loro dovere nei confronti dei figli previsto dall’articolo 148 del codice civile, che comunque trova ingresso non già perché uno dei due genitori sia rimasto inadempiente al proprio obbli-go, ma se e in quanto l’altro genitore non abbia mezzi per provvedervi».

© Riproduzione riservata

La sospensione dei rapporti fra nonni e nipoti non può essere impugnata in Cassazione. Con la sentenza n. 14091, depositata l’anno scorso, la Corte di cassazione ha fi ssato un importante paletto di natura procedurale sancendo che il decreto con il quale si sospendo le visite fra nonni e nipoti non può essere impugnato in Cassazione perché soggetto al rito camerale. I provvedimenti modifi cativi, ablativi o restitutivi della potestà dei genitori, ha motivato la prima sezione civile, resi dal giu-dice minorile ai sensi degli artt. 330, 332, 333 e 336 cod. civ, confi gurano espressione di giurisdizione volontaria non con-tenziosa, perché non risolvono confl itti fra diritti posti su un piano paritario, ma sono preordinati alla esigenza prioritaria della tutela degli interessi dei fi gli e sono, altresì, soggetti alle regole generali del rito camerale, sia pure con le integrazioni e specifi cazioni previste dalle citate norme, sicché detti prov-vedimenti, sebbene adottati dalla Corte d’appello in esito a reclamo, non sono idonei ad acquistare autorità di giudicato, nemmeno rebus sic stantibus, in quanto sono modifi cabili e revocabili non solo ex nunc, per nuovi elementi sopravvenuti, ma anche ex tunc, per un riesame (di merito o di legittimità) delle originarie risultanze, con la conseguenza che esulano dalla previsione dell’art. 111 Cost. e non sono impugnabili con ricorso straordinario per cassazione.

Sulle visite nonno-nipote, non decidono gli ermellini

La posizione dei nonni verso i nipoti, soprat-tutto con riguardo al diritto di visita, è ancora molto incerta. Sebbene la legge sull’affi do con-diviso abbia codifi cato, sulla carta, la necessaria partecipazione di questi alla vita dei bambini, mancano delle leggi che li legittimino ad agire processualmente per far valere il loro diritto di visita. A denunciare questo vuoto normativo è stata la Cassazione che, con la sentenza 22081, ha affermato che «sebbene l’art. 155 della legge

64 dell’8 febbraio 2006 valorizzi il ruolo degli ascendenti e dei parenti di ciascun ramo geni-toriale dei fi gli di genitori separati, sancendo il diritto del minore di garantire un rapporto con gli stessi, non esiste una legittimazione dei nonni ad agire in giudizio per richiedere una revisione delle visite. Sono infatti solo i genitori ad avere potestà sui fi gli e a poter richiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affi damento».

Affi damento, legittimati solo mamma e papà

La casa costruita sul terreno dell’ex non va divi-sa. Non ha diritto alla metà della casa costruita sul terreno dell’ex marito la casalinga che, pur avendo contribuito al menage familiare, non dimostri di aver partecipato economicamente alla costruzione dell’immobile. È quanto sanci-to dalla Corte di cassazione che, con la sentenza n. 20508 del 30 settembre 2010, ha respinto il ricorso di una donna, casalinga, che chiedeva la metà dell’immobile costruito dal marito su un suo terreno. La signora sosteneva di aver contribuito al menage familiare con il suo la-voro in casa, ma non aveva dimostrato un vero e proprio sostegno economico alla costruzione della casa. Non basta. La donna si era sempre difesa sostenendo di essere in comunione legale dei beni. Due motivi, questi, che non hanno con-vinto il Tribunale di Terni e poi la Corte d’ap-pello di Perugia. Infatti in entrambi i gradi era stata respinta l’istanza con la quale si chiedeva

la metà del valore dell’immobile usando come grimaldello anche quello che essa stessa aveva defi nito come «lavoro manageriale diretto alla cura dei fi gli». In Cassazione le cose non sono andate diversamente. Infatti, la prima sezione civile ha respinto defi nitivamente il gravame della moglie affermando il principio di diritto secondo cui «la costruzione realizzata in co-stanza di matrimonio e in regime di comunione legale sul terreno di proprietà personale esclu-siva di uno dei coniugi è di proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione. L’altro coniu-ge, che pretenda di ripetere le somme spese, è onerato della prova d’aver conferito il proprio apporto economico per la realizzazione della costruzione attingendo a risorse patrimoniali personali o comuni; di contro il coniuge proprie-tario non è tenuto a dimostrare d’aver impiega-to denaro personale né personalissimo».

Il sostegno economico va dimostrato

Non commettono reato i genitori che fanno sal-tare numerosi giorni di scuola ai fi gli se, nono-stante le numerose assenze, vengono comunque promossi. È il principio affermato dalla suprema Corte di cassazione che, con la sentenza 35705 del 5 ottobre 2010, ha respinto il ricorso del procuratore generale della Corte d’appello di Roma presentato contro l’assoluzione di una coppia di stranieri, accusati di inosservanza dell’obbligo scolastico nei confronti dei due fi gli minori. I bimbi però, nonostante le assenze, era-

no stati promossi in quarta elementare. I geni-tori, dunque, non erano stati condannati perché «non sussisteva la prova di un danno effettivo cagionato ai minori, quale conseguenza della mancata osservanza dell’obbligo scolastico». Secondo la Procura invece l’ammissione alla classe successiva era irrilevante. Tesi disattesa dalla Cassazione, essendo «indubitabile che, se-condo quanto ritenuto dall’autorità scolastica, i minori, nonostante le assenze, avevano ricevuto l’istruzione necessaria per essere promossi».

Scuola, la promozione giustifi ca le assenze

Il principio

I nonni non devono mantenere il nipote minore, al posto del i glio separato inadempiente, se la madre del bambino è in condizioni economiche tali da riuscire a provvedere da sola al piccolo. Infatti l’articolo 147 del codice civile impo-ne ai genitori l’obbligo di m a n te n e r e i propri figli. Tale obbligo grava su di essi in senso primario ed integrale, il che comporta che se l’uno dei due non voglia o non possa adempiere, l’altro deve far-vi fronte con tutte le risorse patrimoniali di cui dispone e deve sfruttare la sua capaci-tà di lavoro, salva comunque

la possibilità di agire contro l’inadempiente per ottenere un contributo proporzionale alle sue condizioni econo-miche. Solo in via sussidia-ria, dunque succedanea, si concretizza l’obbligo degli

ascenden-ti di fornire a i genitor i i mezzi ne-cessari per adempiere il loro dovere nei confron-ti dei f igl i

previsto dall’articolo 148 del codice civile, che comunque trova ingresso non già perché uno dei due genitori sia rima-sto inadempiente al proprio obbligo, ma se ed in quan-to l’altro genitore non abbia mezzi per provvedervi.

La sentenza sul sito www.italiaoggi.it/docio7

Altri articoli sul sito www.italiaoggi.it/nonni

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49Lunedì 11 Ottobre 2010

A CURA DI WALTER PASSERINI

LavoroIl settimanale dei professionisti delle

Risorse Umane

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EDICOLA

CON ITALIAOGGI

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CON ITALIAOGGI

Bosch insegna tedesco ai futuri ingegneriBosch, in collaborazione con il Politecnico di Milano e di Torino, offre l’opportunità a giovani studenti di ingegneria di impara-re il tedesco grazie al Progetto Prisma, giunto quest’anno alla VII edizione. L’inglese è ormai diffuso nel mondo del lavoro, quindi, imparare una seconda lingua straniera già durante gli studi universitari può rivelarsi una chiave di successo per costruire il proprio avvenire. I futuri ingegneri possono inviare la propria candidatura attraverso il sito www.bosch-career.it fi no al 30 ottobre. I requisiti per partecipare al progetto sono: iscrizione al biennio della laurea speciali-stica, media di voto di almeno 26/30, buona conoscenza della lingua inglese, e non ultimo, forte motivazione.

Adapt cerca giovani talenti per l’alta formazioneAdapt - Centro studi internazionali e comparati Marco Biagi - prosegue le selezioni per un gruppo ristretto di giovani motivati da inserire in percorsi di alta formazione universitaria e/o in contesti aziendali nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro. In particolare Adapt cerca giovani neolaure-ati in materie giuridiche ed economiche che vogliano approfondire i temi delle relazioni sindacali e della gestione del personale. Chi fosse interessato può inviare il proprio curriculum vitae all’indirizzo di posta elettronica: [email protected].

All’università di Trento il progetto Watson di IbmSarà l’università di Trento a occuparsi dello sviluppo del progetto Watson, il nuovo sistema di interrogazione dei dati di Ibm. Questo grazie all’accordo di collaborazione tra Ibm research e ateneo trentino in base al quale i professori e ricercatori italiani stanno collaborando con gli scienziati di IBM Research per perfezionare gli algoritmi utilizzati nella classifi cazione delle domande proposte nel quiz televisivo americano - Jeopardy! - al fi ne di migliorare la ricerca delle possibili risposte e per raffi nare gli algoritmi di selezione della risposta più promettente tra le varie alternative trovate dal sistema. .

Generali, Peroni ed Elsagpremiati per il coaching Assicurazioni Generali, Birra Peroni-gruppo SabMiller e Elsag-gruppo Finmeccanica sono le aziende vincitrici della prima edizione del Coaching prism award, il riconoscimento di Icf Italia ai casi di coaching più sfi danti nell’ambito corporate a livello nazionale. Con il patrocinio di HRCommunity Academy, Icf Italia, l’associazione di settore che riunisce i coach professionisti italiani, ha selezio-nato tra le candidature i progetti di corporate coaching che hanno maggior-mente testimoniato effi cacia per la crescita professionale delle risorse coinvolte, impatto sul miglioramento del clima aziendale, rilevanza strategica e roi.

SCELTI & PRESCELTI

SU

GIÙ

Michela Vittoria Brambilla.

Il governo vara il Codice del tu-rismo per riordinare e valorizzare il settore. Peccato che tutti, dalle regioni agli operatori, lo boccino senza appello

Roberto Falcone. La Lapet su-pera, prima tra tutte le associa-zioni di tributaristi, il vaglio del ministero della giustizia per il ri-conoscimento a partecipare alle piattaforme Ue sulle professioni

Ricercaa tempo

Com’è e come cambierà l’attività dei 25 mila ricercatori italiani

Supplemento a cura di FRANCA FLORIS

[email protected]

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50 Lunedì 11 Ottobre 2010 T E N D E N Z E

Cambia pelle la tradizionale i gura del direttore i nanziario. E riprende quota sul mercato

Cfo, meno finanza e più businessIl chief fi nancial offi cer diventa parte delle strategie aziendali

Pagina a curaDI DUILIO LUI

Una professione tradizionale, ma con una faccia del tutto nuova

rispetto solo a qualche anno fa. È il quadro che caratterizza oggi il cfo (chief financial officer), fi gura apicale in tutte le aziende strutturate, i cui compiti spaziano dal coor-dinamento e la supervisio-ne degli aspetti contabili e fi scali alla predisposizio-ne dei processi di budge-ting, fi no all’elaborazione del bilancio civilistico e all’adempimento delle dichiarazioni fi scali. Una figura che è stata tra-volta dalla recente crisi finanziaria e che oggi si sco-pre meno improntata ai tec-nicismi e più orientata al sup-porto del business aziendale.

A cavallo tra business e strategie. Maurizia Villa, am-ministratore delegato della so-cietà di head hunting Korn Fer-ry, deve «profondi cambiamenti nella professione rispetto a po-chi anni fa» e defi nisce l’attuale Cfo «un integratore di valori, un business partner interno, capace di operare da ponte tra il management e gli azionisti». Un ruolo di altissimo livello, che non coinvolge più solo l’am-bito fi nanziario, ma comporta

la conoscenza del business aziendale più in generale e un approccio manageriale in sede

di defi nizione delle strategie. «Spesso i clienti che si rivolgo-no a noi cercano candidati con referenze in ambito bancario», aggiunge Villa, «fondamentali per assicurare la buona riuscita dei piani aziendali».

Domanda in ripresa. An-che Michael Page International vede un cambio in corso nella fi gura professionale e un ritor-no della domanda per questi professionisti: «Dopo un 2009 chiuso con diffi coltà, le aziende son tornate a inserire all’inter-no del proprio organico nuovi profi li fi nance, e il cfo è in testa alle ricerche, per la necessità di

garantire trasparenza nella co-municazione societaria e inte-grità informativa al mercato»,

osserva Luca de’ Finis, re-sponsabile della divisione Finance della società di ricerca e selezione. «Il fo-cus attuale è più centrato sull’attività di analisi e di supporto alla crescita del business o nuovi investi-menti, con l’obiettivo di intercettare la ripresa, e meno alle attività di cost saving», aggiunge. «Così il ruolo sempre più si svincola da attività prettamente ammini-strativo/contabili per andare a ricoprire una funzione di maggiore responsabilità su più aree aziendali al fi ne di garantire una visio-

ne a tutto campo». Le retri-buzioni, secondo un’analisi della stessa Michael Page, si muovono in un range molto ampio - dai 70 mila ai 150 mila euro lordi an-nui, a seconda degli anni di esperienza e dalle dimen-sioni dell’azienda. Quanto ai requisiti richiesti, de’ Finis nota una particolare attenzione verso le soft skill: «In questo periodo le aziende tendono a privilegiare candi-dature che, aldilà delle com-petenze tecniche sui numeri, abbiano anche la capacità di interpretare i risultati e i dati, prevedendo trend futuri e dan-

do indicazioni utili per il busi-ness. Uno spirito molto sensi-bile all’andamento del mercato, entusiasta e partecipativo alla politica strategica dell’azien-da», conclude de’ Finis, «può essere decisivo per conquistare il posto di lavoro ambito».

Mansioni più complesse. Accenture conferma come il peso del direttore fi nanza stia crescendo nel contesto economi-co attuale. «Oggi il cfo deve sa-per fronteggiare i cambiamenti

che avvengono su diversi fronti: dalla crescente attenzione dei mercati fi nanziari e degli orga-ni di regolamentazione, alla ne-cessità di ridurre i costi opera-tivi per mantenere il passo con la concorrenza, all’esigenza di far evolvere il proprio business

model coerentemente con le sfi -de della competizione globale», rifl ette Carlo Saporiti, partner di Accenture Management Consulting. «All’insieme di queste pressioni si somma poi un quadro regolatorio naziona-le e internazionale complesso e una crescente spinta verso la compliance, che si veste di obiettivi più ampi rispetto alla semplice necessità di rispettare le norme, per diventare un’op-portunità per la creazione di valore». Dello stesso avviso è

Stefano Giorgetti, diret-tore generale di Kelly Service in Italia: «Oggi al cfo si richiede un ruolo di consulenza in stretta collaborazione con le di-rezioni operative e il ceo, con l’obiettivo di garanti-re l’equilibrio tra analisi, punti di vista e strategie aziendali. Il tutto nel ri-spetto delle norme e delle regolamentazioni (gover-nance, come rischi sulla sicurezza e attenzione al rischio di insolvenza dei clienti)». Le competenze strettamente più finan-ziarie restano comunque prioritarie, «come la qua-

lità dei numeri, il controllo e la compliance. Di fatto, nel dopo la crisi», conclude, «questo profes-sionista è passato da un ruolo più indipendente e oggettivo a un ruolo più coinvolto che li vede parte integrante nel formulare le strategie in azienda».

È un fenomeno che gli stessi esperti di lavoro defi nisco-no sorprendente: la crisi ha spinto molti cfo a considera-re l’opportunità di un periodo di lavoro come temporary manager: «Si tratta di un fatto del tutto nuovo perché tradizionalmente questi professionisti non sono mai stati interessati a contratti di lavoro limitati nel tempo», spiega Giorgio Veronelli, direttore della business unit Finance & Legal di Adecco. Se si trat-ti di una scelta dettata anche dalle diffi coltà attua-li del mercato del lavoro o se, piuttosto, si tratta di un fenomeno strutturale è ancora presto per dirlo: «Di certo la crisi ha infl uito nelle considera-zioni di molti professionisti», aggiunge Veronelli, «sono molti quelli rimasti a spasso, soprattutto tra i cfo di una certa età. Ma notiamo un crescente interesse verso il temporary management anche da parte di 45-50enni, segno evidentemente di un nuovo modo di considerare la professione». Non tutti i manager temporanei svolgono le stesse mansioni passati: «In alcuni casi i progetti sono focalizzati su singoli obiettivi, in primis la ge-stione dei rischi, che si adattano maggiormente a una mansione a termine», aggiunge il manager. «Inoltre registriamo una crescente richiesta da parte delle aziende di profi li fi nanziari capaci di gestire i costi indiretti del business, da quelli legati all’energia e al gas, alla telefonia». Quanto alle retribuzioni non è possibile individuare un range: «Occorrerà ancora qualche mese per avere un’idea più precisa», sostiene Veronelli, «quello che possiamo dire oggi è che certamente un cfo a termine guadagna più di uno assunto, ma a patto che riesca a contenere al minimo il tempo di latenza tra un incarico e l’altro».

Tra le opzioni professionali si affaccia il temporary

Ernst&Young ha realizzato uno studio dal tito-lo emblematico, «The dna of the ceo», rilevando come la maggior parte dei professionisti consideri

questo ruolo come una vocazione più che come il trampolino di lancio verso la carica di ammi-

nistratore delegato (ceo per dirla all’ingle-se).

Tra i 669 professionisti intervistati tra Europa, Medio oriente, India e Africa è emerso che il 73% considera il proprio ruolo come un traguardo, percentuale che addirittura cresce all’81% in Italia. Un qua-dro, dunque, diverso rispetto solo a poco tempo fa: «L’immagine che emerge dalla ricerca», osserva Donato Iacovone, count-ry managing Partner di Ernst & Young in Italia, «è diversa dall’opinione diffusa che vuole il cfo desideroso di puntare alla ca-rica di ceo». Dallo studio emerge un profilo rinnovato

della figura professionale, che non viene più valutata dalle aziende per le sole competenze

finanziarie, ma anche per le doti manageriali che consentono di influenzare la strategia corpora-te e guidare il cambiamento aziendale, come dichiarato dai due terzi dei partecipanti all’in-dagine. «I direttori finanziari stanno scopren-do come il loro ruolo vada oltre la raccolta di

informazioni o la presentazione di dati aggrega-ti di sintesi», aggiunge Iacovone. «La conoscenza commerciale e le capacità analitiche implicano che questa responsabilità sia essenziale per compren-dere come scelte differenti portino a determinati

risultati».

Una scelta per vocazione,non per la carriera

Se il cfo è la fi gura di vertice dell’area fi nance, una buona richiesta si registra in que-sto periodo anche per altri due profi li professionali: il fi nance manager e il control-ler commerciale. Il primo riporta direttamente al cfo, occupandosi della gestione ordinaria e straordinaria di tutte le attività del diparti-mento fi nanza, dal controllo di tutte le attività in materia di gestione amministrativa (contabilità generale, con-tabilità clienti e contabilità fornitori) all’elaborazione e chiusura del bilancio ci-vilistico, in autonomia o in collaborazione con lo studio esterno, fi no alla supervi-sione degli adempimenti civilistico–fi scali. Mentre il controller, che riporta alla direzione amministrazione e controllo (o in alternativa alla direzione commercia-le), si occupa di analizzare gli scostamenti tra budget aziendale e risultati, moni-tora periodicamente l’an-damento dei conti, effettua previsioni di breve e di me-dio-lungo periodo.

In pistail controller

Carlo Saporiti

Stefano Giorgietti

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51Lunedì 11 Ottobre 2010P E R C O R S I

La maggiore attenzione a benessere e qualità ha fatto emergere nuove i gure altamente specializzate

Al primo posto i gusti del clientePer persuadere il consumatore c’è l’analista motivazionale

Pagina a curaDI ROBERT HASSAN

Con l’evoluzione dei gu-sti del consumatore l’attività di recluta-mento del personale

in alcuni settori ha implicato negli ultimi anni una forte specializzazione. Un esempio viene dall’analista motivazio-nale, una fi gura professionale che studia le motivazioni che ispirano il comportamento del consumatore, cosa lo porta ad apprezzare uno spot, a notare una confezione o ad associa-re a essa un’idea, come per esempio la qualità. Questo professionista in genere la-vora inizialmente come libero professionista junior, seguen-do principalmente l’aspetto organizzativo delle indagini. Un senior invece ha almeno tre o cinque anni di esperien-za, può gestire un parco clien-ti, ha un compenso di circa 40mila euro e può diventare successivamente direttore di ricerca o mettersi in proprio. Riguardo il percorso di studi, l’analista motivazionale deve essere preferibilmente laure-ato in facoltà di tipo umani-stico o economico.

Le indagini motivazionali consentono alle aziende com-

mittenti di ridurre notevol-mente il rischio imprendito-riale, di correggere o evitare determinati investimenti e di capire in anticipo le tenden-ze di consumo. Occorre agire quindi sul comportamento d’acquisto del consumatore con l’obiettivo di persuaderlo. Sono sempre più importanti le iniziative di comunicazio-ne che non utilizzano i mezzi classici e puntano all’intera-zione diretta e continua con l’interlocutore. In questo pa-norama, in cui la convergenza digitale implica lo sviluppo di nuove opportunità di scambio, nuovi prodotti, nuovi modelli di consumo per le aziende, è importante avere una strate-gia chiara che si focalizzi sul marchio, specifi candone le ca-

ratteristiche fondamentali al consumatore. Spesso, prima di effettuare un acquisto si chie-de aiuto a chi quel prodotto o servizio lo ha già provato per sapere come si è trovato: i blog presenti in rete non di rado affrontano temi legati ad aziende o a prodotti specifi ci influenzando pesantemente numeri considerevoli di navi-gatori.

Sono due le variabili su cui agire per attrarre il consu-matore: brand e visual. Un packaging efficace richiede una presenza forte e ben po-sizionata del marchio. È un elemento che deve imprimersi nella memoria dell’utente. Allo stesso tempo, è fondamentale che l’occhio sia letteralmente catturato. Su questo esistono

studi, effettuati dagli analisti motivazionali, sull’impatto generato dai colori: il rosso spesso veicola un senso di im-mediato impatto emotivo, così come le tonalità più attraenti risultano essere quelle lumi-nose e ben combinate perché evocano energia e vita.

I ricercatori e gli analisti che indagano sulle motivazioni del consumatore devono avere una profonda sensibilità e una grande capacità di empatia: non si tratta tanto di metter-si nei panni del consumatore trasferendo a questo simula-cro immaginario le proprie propensioni ma, al contrario, occorre far sì che il consumato-re possa esprimere valori, atti-tudini, orientamenti culturali che lo animano, soprattutto in

relazione agli altri e al mondo che lo circonda.

Oggi il cliente è sempre più alla ricerca di un’esperienza di acquisto di impatto, sia da un punto di vista emozionale che visivo. Il consumatore, quando effettua un acquisto vuole ricollegarsi emotiva-mente al luogo da cui provie-ne quel determinato prodotto. Ci sono diverse variabili che infl uenzano il comportamento del consumatore e, riferendo-si al consumatore moderno, è ormai evidente che si tratta di un soggetto meno legato alla visione utilitaristica e più orientato alla ricerca di beni o servizi in grado di generare sensazioni ed emozioni, simbo-lo di determinati valori quali la salute, il benessere, l’atten-zione e la cura della propria persona.

Il marketing deve dunque concentrarsi non solo sulla co-municazione del prodotto, ma anche su attività che abbia-no l’obiettivo di accrescere la cultura del consumatore, atti-rando l’attenzione dell’utente sui benefi ci che potrà ottenere dall’utilizzo di un determina-to prodotto, e mettendo in luce la cura nello sviluppo di stan-dard qualitativi estremamen-te elevati.

È soprattutto nella grande distribuzione che l’attività di ricerca del personale ha implicato negli ultimi anni una forte specializzazione. Infatti, in questo settore le prospettive occu-

pazionali dell’analista motivazionale sono in ascesa. «I comportamenti d’acquisto dei con-sumatori premiano in particolare gli interventi di valorizzazione delle peculiarità locali, nella riscoperta delle tradizioni, nella garanzia di una qualità che si può toccare con mano in ogni punto vendita», osserva Gianluca Di Venanzo, procuratore e direttore generale di Despar servizi. «E la valorizzazione delle tipicità del territori passa anche dal controllo della pro-duzione della materia prima, della raccolta e trasformazione, attraverso l’individuazione dei lotti agricoli. La grande distribuzione sta lavo-rando per rispondere alla domanda di sicurezza e rispetto delle origini del consumatore, per esempio la fi liera produttiva garantita e docu-mentata dal campo alla bottiglia senza passaggi intermedi», aggiunge Gianluca Di Venanzo.

«In pubblicità sono sempre stati i contenuti

e i messaggi ad adeguarsi ai nuovi comporta-menti dei consumatori, non viceversa», sotto-linea Paolo Gorini, direttore creativo di Brand Portal, società attiva nel settore della comu-nicazione. «Oggi la vera rivoluzione non è nei contenuti che restano sempre più o meno gli stessi: il vero cambiamento sta nel sistema di fruizione del messaggio pubblicitario. Fino a pochi anni fa i mezzi erano chiaramente defi -niti: tv, stampa, radio, affi ssione e direct. Con l’avvento dei nuovi media il consumatore è raggiungibile in ogni momento della sua vita, è continuamente esposto a sollecitazioni più o meno esplicite. Si è quindi abituato a interagire maggiormente con la pubblicità, vivendola non più come i classici “consigli per gli acquisti”, ma come parte integrante della propria vita. Per questo si vede un grande sforzo da parte

delle aziende nello studiare con molta più at-tenzione le abitudini del target per offrirgli in realtà quello che il target stesso gli chiede», conclude Paolo Gorini.

Ampio spazio nella grande distribuzione

Da una ricerca sui comportamenti dei consumatori nel set-tore del turismo online emerge che l’utente ora è l’agente di viaggio di se stesso: acquista online non solo per risparmiare sul prezzo, ma cerca diverse informazioni per costruirsi da solo la sua vacanza, organizzandola in tutte le sue parti ancora prima di partire e non esaurisce la sua esperienza una volta terminato il viaggio, ma usa il web per condividere la sua vacanza pubblicando foto e recensioni. La ricerca, condotta da Netcomm, consorzio italiano del commercio elettronico, e ContactLab, società di direct marketing digitale, è stata realizzata sulla base di oltre 24 mila questionari compilati via web dagli utenti ed è disponibile al seguente link: http://www.contactlab.com/reportvacanze. «L’indagine Consumer Behaviour Report 2010: web, viaggi e vacanze», spiega Roberto Liscia, presidente di Netcomm, «evidenzia una tendenza ge-neralmente sempre più marcata alla condivisione delle pro-prie esperienze. La vacanza in primis viene decisa, costruita, organizzata online e, sempre sulla rete, viene poi raccontata ad amici e conoscenti con commenti e immagini. Tutti i siti in cui le persone entrano per informarsi e recensire i loro viag-gi consentono una dimestichezza tale da superare il divario tecnologico e quindi anche la sfi ducia nel mezzo. Il caso del turismo è emblematico perché dimostra come la ricerca di informazioni legate al viaggio costituisca un vero e proprio grimaldello nella consuetudine al web e quindi agli acquisti on-line», conclude Liscia. «Fra gli elementi più signifi cativi emersi dalla ricerca sui comportamenti dei consumatori», commen-ta Massimo Fubini, amministratore delegato di ContactLab, «osserviamo un ormai generalizzato e intensivo utilizzo del web in chiave di info-commerce, anche fra chi non acquista online, per soddisfare una forte esigenza di informazione di qualità. Colpisce proprio l’intenzione di utilizzare internet per organizzare future vacanze anche da parte di chi non le ha fatte quest’anno o da chi non è un attualmente un acquirente online. Gli utenti intervistati mostrano una decisa propensio-ne alla multicanalità, ovvero per l’utilizzo complementare di web e agenzia di viaggio, per esempio per prenotare online con un piccolo acconto e poi saldare il conto in agenzia», conclude Massimo Fubini.

Cambia anche il mododi fare vacanza

Gianluca Di Venanzo

Paolo Gorini

L’identikit

Mansioni principali Studi e prospettive Retribuzione

Studia le motivazioni che ispi-rano il comportamento del consumatore

Deve essere preferibilmente laureato in facoltà di tipo uma-nistico o economico

Un junior segue l’aspetto orga-nizzativo delle indagini e gua-dagna circa 20/30 mila euro lordi annui

Studia cosa lo porta ad ap-prezzare uno spot, a notare una confezione o ad associare a essa un’idea

Può diventare, dopo anni di esperienza, direttore di ricerca o mettersi in proprio

Un senior può gestire un par-co clienti e ha un compenso di circa 40 mila euro lordi annui

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52 Lunedì 11 Ottobre 2010 L’ I N C H I E S TA

Prin, Firb, Programmi europei: le sigle sono tante ma i finanziamenti al lumicino e quando ci sono arrivano anche con ritardi tali da rendere difficile la programmazione del progetto di ricerca. In Italia i finanziamenti pubblici per la ricerca sono in gran parte distribuiti dai ministeri competenti, con differenze tra finanziamenti istituzionali e quelle legate a progetti di ricerca che riguardano i desti-natari ed il mec- canismo di ripartizione dei fondi: i primi sono assegnati alle istituzio- n i nel loro com-plesso, e quin-di gestiti dai vertici delle stesse, in larga parte as-sorbiti dalle spese per tutto il persona-le, e suddivisi tra tutti i ricercatori in quote che non incidono efficacemente sull’attività di ricerca. I finanzia-menti ai progetti sono invece assegnati direttamente ai ricercatori e permettono l’effettiva autonomia di sviluppo e gestione di un progetto di ricerca.

Nelle università statali spesso la necessità di pagare stipendi e tenere in piedi la struttura incide non poco sulla cronica carenza di fondi per la ricerca. Parte dei fondi, comunque, arrivano dal ministero dell’istruzione e dell’università che annualmente (ma non sempre la sca-denza viene rispettata) firma il bando per i Prin, i proget-ti di ricerca di interesse nazionale di durata biennale.

Si tratta di un bando che prevede proposte di ricerca li-bere e autonome, senza obbligo di riferimento a tematiche predefinite a livello centrale. I Prin, rivolti solo ai ricer-catori universi- tari, privilegiano i progetti che

integrano varie competenze e gli apporti provenienti dalle diver-se università e negli ultimi anni hanno aperto anche, all’interno di ciascun progetto, alla par-tecipazione di un ricercatore di un ente di ricerca (finora esclusi).

I finanziamenti disponibili e poi erogati riescono, però, a coprire solo una piccola par-te delle richieste, senza con-siderare il cronico ritardo nell’emanazione dei bandi: il Prin del 2008 ha asse-gnato (nel 2010) 95 milio-ni di euro, mentre il Prin 2009, emanato a marzo 2010 con un budget di 105 milioni di euro, ha reso noti i vincitori solo

prima dell’estate. Un passo, poi, a favore dei finanziamenti competi-

tivi è stato fatto con la creazione di bandi riservati ai progetti di giovani ricercatori. Un primo provvedimento, inserito nella finanziaria 2007, ha permesso di assegnare finanziamenti di circa mezzo milione di euro ciascuno a 26 progetti su 1.500 presentati nel 2007 e a 57 su 1.000 presentati nel 2008, valutati da un comitato di ricercatori italiani e stranieri anch’essi under 40.

Per favorire, poi, il ricambio generazionale all’interno degli atenei e degli enti di ricerca, il Miur ha deciso di emanare, da pochi anni, il Bando Firb «Programma-Futuro in Ricerca». Anche in questo caso i numeri con-fermano la sproporzione tra fondi disponibili e progetti presentati: quasi 4 mila proposte di cui 105 selezionate per un totale di 50 milioni di finanziamento nel 2009, 40 nel 2010. A poter partecipare sono giovani ricercatori che non abbiano compiuto il 40esimo anno di età.

C’è poi il Programma rientro dei cervelli, che l’ulti-mo anno ha ottenuto un finanziamento pari a 6 milioni di euro. Il provvedimento è destinato ai giovani studiosi ed esperti italiani e stranieri, in possesso di titolo di dottore di ricerca o equivalente da non più di sei anni che sono impegnati in modo stabile all’estero in attività di ricerca o didattica da almeno tre anni.

Questi giovani cervelli dovranno realizzare, appunto, programmi di ricerca autonomamente proposti presso università italiane che stipuleranno con loro contratti a tempo determinato.

Infine, ci sono i bandi europei aperti a tutti i ricercatori in particolare quelli degli enti di ricerca, come il 7° Pro-gramma quadro di ricerca, uno strumento finanziario europeo per la ricerca e lo sviluppo tecnologico che ha l’obiettivo principale di rafforzare la competitività indu-striale e incrementare il livello della ricerca in Europa. Il programma ha un budget complessivo di 50 miliardi di euro.

I FINANZIAMENTI

Pochi fondi. E in ritardo

Pagine a curaDI BENEDETTA PACELLI

Hanno spento da poco 30 candeline, ma c’è chi pensa saranno le ultime. Perché se nel

1980 una legge (dpr 382 Rior-dinamento della docenza uni-versitaria) li ha uffi cialmente istituzionalizzati, pur non rico-noscendogli alcun ruolo giuri-dico, quella del 2005 (legge 230 Nuove disposizioni concernenti i professori e i ricercatori uni-versitari e delega al governo per il riordino del reclutamento dei professori universitari) li ha messi in scadenza (fi no al 2013) e la legge attualmente in discus-sione in parlamento (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accade-mico e reclutamento, nonché de-lega al governo per incentivare la qualità e l’effi cienza del si-stema universitario) ne sancirà il defi nitivo esaurimento. Sono i ricercatori delle università italiane, un esercito di oltre 25 mila soggetti, non più giova-nissimi perché hanno in media un’età compresa tra i 40 e i 45 anni (nel 1980 l’età media era di 30) il cui ruolo a tempo inde-terminato negli atenei italiani non appena sarà approvato il ddl sull’università non esisterà più. I nuovi ricercatori saranno solo a tempo. Poi dipenderà dal-la copertura fi nanziaria. Eppure sono indispensabili, non solo ai fi ni della ricerca, perché il loro lavoro nelle università statali e negli enti di ricerca pubblici amplia gli orizzonti della cono-scenza e lo mostrano i risultati ottenuti anche nelle classifi che internazionali, ma anche per la

didattica perché negli anni, con l’esplosione dell’offerta formati-va del 3-2, sono arrivati a copri-re il 40% degli insegnamenti. Il problema è che quell’attività di ricerca che contraddistingue la loro attività spesso non posso-no praticarla come dovrebbero e vorrebbero: nella maggior parte dei casi, infatti, sono costretti a spartirsi fi nanziamenti che quando arrivano sono ridotti al lumicino.

Chi sono i ricercatori. Nell’ordinamento legislativo italiano il ruolo di ricercatore universitario è stato istituito col dpr 382/80 che stabilisce come i ricercatori universitari contribuiscano allo sviluppo della ricerca scientifi ca univer-sitaria e che, formalmente non facciano parte del personale docente, proprio perché, a loro non è «consentito il conferi-mento di incarichi di insegna-mento». Questa norma è stata, però, successivamente modifi -cata, consentendo l’attribuzio-ne ai ricercatori di affi damenti o supplenze, con il consenso degli interessati. I ricercatori hanno il compito principale di contribuire «allo sviluppo della ricerca scientifi ca universita-ria» e lo fanno in tutte le aree del sapere. Ma come si diventa ricercatori? Dopo aver effettua-to un dottorato di ricerca e su-perato un concorso per titoli ed esami (due prove scritte e una orale valutate in giudizi). Se, poi, il ricercatore vuole accedere al ruolo di professore associato deve conseguire un’abilitazio-ne nazionale e poi vincere un concorso a valutazione compa-rativa. Questo era valido fi no a ora, perché i prossimi concorsi

per diventare ricercatori segui-ranno una strada diversa come prevede la legge 1 del 2009 (di-sposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca).

Come cambia il reclu-tamento. Ora quindi per di-ventare ricercatore bisognerà aver conseguito un’abilitazio-ne scientifica nazionale. Per sgombrare il campo da sospetti di accordi e favoritismi, la legge 1/09 ha introdotto il principio di casualità nella composizione delle commissioni. In pratica le commissioni che giudicheranno i candidati al concorso saranno composte da un professore as-sociato nominato dalla facoltà che richiede il bando e da due ordinari sorteggiati da una lista di commissari eletti tra i pro-fessori appartenenti al settore disciplinare oggetto del bando. L’obiettivo è evitare il rischio di predeterminare l’esito dei con-corsi e incoraggiare i candida-ti a partecipare. Ma la novità principale contenuta, invece, nel ddl in discussione alla camera è l’introduzione di una nuova fi gura di ricercatore a tempo, vale a dire contratti a tempo determinato per i ricercatori seguiti da contratti triennali al termine dei quali se il soggetto sarà ritenuto valido dall’ate-neo sarà confermato a tempo indeterminato come associato, dopo avere ottenuto l’abilitazio-ne nazionale. In caso contrario chiuderà il rapporto con l’ate-neo maturando però titoli utili per i concorsi pubblici.

Cosa succederà agli attuali ricercatori. Il dibattito in que-sto senso è tuttora aperto, non

Chi sono, cosa fanno e cosa faranno i 25 mila

Contratti a tempo per i ricercatori

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I nuovi requisiti per i futuri concorsi

Sarà necessario possedere uno dei seguenti titoli:

possesso del titolo di dottore di ricerca svolgimento ✔di attività didattica universitaria in Italia o all’estero; di attività di ricerca, formalizzata da rapporti istituzionali, presso soggetti pubblici e privati italiani e stranieri;svolgimento di attività in campo clinico nei settori ✔scientii co-disciplinari in cui sono richieste tali com-petenze;realizzazione di attività progettuale relativamente a quei ✔settori scientii co-disciplinari nei quali è prevista;organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali; ✔titolarità di brevetti relativamente a quei settori scientii co-disciplinari nei quali è previ- ✔sta.

Le pubblicazioni scientifi che saranno valutate in base a:originalità, innovatività e importanza di ciascuna pubblicazione scientii ca; congruenza ✔con il settore scientii co-disciplinare;rilevanza scientii ca della collocazione editoriale; ✔nei settori scientii co-disciplinari le valutazioni saranno effettuate secondo cinque indici: ✔numero totale delle citazioni, numero medio di citazioni per pubblicazione, impact factor totale, impact factor medio, combinazione dei precedenti parametri per valorizzare l’im-patto della produzione scientii ca.

L’ I N C H I E S TA

Sarà la carta dei titoli e delle pubbli-cazioni scientifi che a fare la differenza per i nuovi concorsi da ricercatore. Se prima chiunque poteva vincere un posto senza dovere necessariamente vantare nel proprio curriculum una lista più o meno nutrita di pubblicazioni, la cui qualità era giudicata dal commissario-docente di turno, d’ora in poi la strada per entrare nel mondo accademico sarà tracciata in diverso modo. E, senza nul-

la togliere all’autonomia di valutazione dei singoli atenei, per il futuro saranno

parametri oggettivi riconosciuti a livello internazionale a giudicare se si hanno le carte in regola per diventare ricercatori. A metterli nero su bianco un provvedimento del ministero dell’istruzione e dell’universi-tà, che ha recepito in un decreto ministeria-le del 18 luglio scorso (così come prevedeva la legge 1/09), tutte le indicazioni proposte in materia dal Consiglio universitario na-zionale. D’ora in poi, quindi, per candidarsi a ricercatore si dovrà, innanzitutto, avere in tasca il titolo di dottore di ricerca (aboli-to negli ultimi anni) ma anche dimostrare di aver svolto attività didattica a livello uni-versitario in Italia o all’estero e aver fatto ricerca presso soggetti pubblici e privati e stranieri.

A essere valutato come titolo, poi, sarà lo svolgimento di attività di ricerca in campo clinico in quei settori in cui sono richieste tali competenze, ma anche essere titolare di brevetti relativamente a quei settori scien-tifi co-disciplinari nei quali è prevista. Ma la vera novità è sulla valutazione comparativa delle pubblicazioni. Che dovranno dimostra-re di essere innovative, originali, congrue rispetto al settore scientifi co-disciplinare per il quale è bandita la procedura. Un altro dei criteri sarà la rilevanza scien-tifica della collocazione editoriale di cia-scuna pubblicazione e la sua diffusione all’interno della comunità scientifica. Ma soprattutto, nell’ambito dei settori scien-tifico-disciplinari in cui ne è riconosciuto l’uso a livello internazionale, il Cun ha ritenuto di evidenziare che, d’ora in poi, le pubblicazioni saranno giudicate dalle commissioni rispetto a cinque indici: il nu-mero totale delle citazioni, il numero me-dio di citazioni per pubblicazione, l’impact factor totale (la misura della frequenza con cui un articolo viene citato dalle altre riviste in un particolare anno o periodo), l’impact factor medio e le combinazioni dei precedenti parametri che valorizzino l’impatto della produzione scientifica del candidato.

La carta vincente è nelle pubblicazioni

Altro che fannulloni, come molti li ac-cusano. I ricercatori italiani, secondo Nature una delle riviste di maggior prestigio nel panorama internaziona-le lavorano in media più dei colleghi stranieri e sono anche tra i più produt-tivi nonostante l’Italia sia tra i paesi che investe meno in ricerca (11° posto delle classifiche internazionali pari allo 0,3% del prodotto interno lordo. E non solo, perché nella graduatoria dei paesi che hanno prodotto di più in termini di articoli scientifici l’Italia nel 2008 si è collocata all’8° posto con oltre 500 mila pubblicazioni prodotte, con un livello di produttività per singolo ricercatore che la colloca al 2° posto, seconda solo alla Svizzera. Ma non solo numeri, perché nelle classifiche inter-nazionali, poi, sono altri i parametri significativi: gli articoli italiani, infat-ti, ottengono un numero di citazioni (uno degli indicatori di qualità di una ricerca) che tiene il passo anche con i

colleghi stranieri. Nella classifica del numero di citazioni ottenute per sin-golo articolo da ricercatori di 20 paesi che investono più in ricerca, gli italiani si sono classificati all’11° posto. Numeri elevati per quanto riguarda i brevetti, basti pensare che quelli depo-sitati presso l’European patent office e l’Us patent office è passato da 2.879 nel 2000 a 4.235 nel 2003, con un in-cremento di circa il 47% in soli quat-tro anni. In alcuni settori, poi, c’è una vera e propria eccellenza. Altri dati, pubblicati da Sciencewatch una rivi-sta internazionale di scienza, dicono che negli anni compresi tra il 2003 e il 2007 la percentuale di articoli firmati da italiani sul totale mondiale è au-mentata: passando al 4,46%. E che la qualità di alcuni settori della ricerca è eccellente. I fisici italiani, per esempio, pubblicano il 5,09% del totale mondia-le degli articoli in fisica, e hanno un numero di citazioni (indice di qualità)

che è del 20% superiore alla media mondiale. Nella scienza a g r a r i a la qualità è addirittura maggiore (gli articoli de-gli italiani ottengono un numero di citazioni del 21% superiore alla me-dia mondiale). Molto citati rispetto alla media mondiale sono anche i nostri articoli in medicina clinica (+ 17%), in psi-cologia e psichiatria (+16%), in scienze spaziali (+12%), in matematica (+9%). I ricercatori italia-ni sono bravi nei settori dell’econo-mia (24% di citazioni in meno rispetto alla media mondiale), in biologia molecolare e genetica (-16%), in microbiologia (-14%), in botanica e

zoologia (-12%). Peccato che le retribuzioni al contra-rio non tengano il passo con gli altri

paesi europei: un ricerca-tore appena assunto a tempo indeterminato in un ateneo italiano porta a casa 1.171 euro netti mensili (contro i circa 2.500 del colle-ga francese e i 1.700 di quello tedesco), che diventano 1.445 dopo il secondo anno e 1.650 euro al quarto anno di anzianità, dopo la con-ferma. Dopo dieci anni di servizio, un ricercatore ita-liano guadagna 2.020 euro e dopo vent’anni 2.368 euro. Successivamente aumenta progressivamente con scat-

ti di anzianità biennali di circa 70-80 euro netti.

NUMERI ED ECCELLENZE

Stipendi al minimo. Ma citazioni al massimo

soggetti impegnati negli atenei

e più titoli del futuroessendo stato ancora approvato il ddl, ma l’ipotesi più accredi-tata è quella di prevedere per una parte di loro, circa 9 mila, il passaggio al ruolo di associati entro il 2016. Ovviamente dopo aver ottenuto l’idoneità nazio-nale. Un salasso per le già di-sastrate casse degli atenei che dovrebbero avere fondi per oltre 1 miliardo e mezzo di euro per garantire un passaggio in catte-dra bloccato ormai da anni. La riforma porterà inevitabilmente a due bacini di ricercatori che si troveranno a competere per lo stesso tipo di posizione, con la differenza che per i ricercatori a tempo questa rappresenterà la possibilità di entrare a tempo indeterminato nell’università, mentre per quelli a tempo in-determinato si tratterà di una progressione di carriera. La polemica sostiene si assisterà ad una pressione per favorire la stabilizzazione dei ricercatori a tempo che di fatto hanno una posizione precaria, rispetto a far fare una progressione agli indeterminati che comunque precari non sono.

La ricerca negli enti. Insie-me al percorso di ricerca uni-versitario esistono altri canali paralleli. Tra questi c’è la stra-da degli enti di ricerca che fan-no capo al ministero dell’istru-zione, dell’università e della ricerca, dall’Agenzia spaziale italiana al Consiglio nazionale delle ricerche, dall’Istituto na-zionale di astrofi sica a quello di geofi sica e vulcanologia, solo per citarne alcuni. I ricercatori degli enti presentano livelli si-mili a quelli universitari sia in termini di reclutamento che di retribuzione. Anche negli enti

di ricerca esi-stono i ricer-catori e tempo determinato, nessuno dei quali ha impe-gni di didattica obbligatori.

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Maria Stella

Gelmini

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54 Lunedì 11 Ottobre 2010 C I D A

Il programma su cui l’esecutivo ha posto la i ducia ripropone questioni già note e irrisolte

I cinque punti scordano il lavoroNel piano del governo nessun accenno alla disoccupazione

Nei giorni scorsi il go-verno ha posto la que-stione di fi ducia su un documento program-

matico in cinque punti (fede-ralismo fi scale, riforma tribu-taria, riforma della giustizia, sicurezza e piano per il Sud) che solitamente viene presen-tato all’inizio di una legislatu-ra e non nel bel mezzo del suo corso. La circostanza la dice lunga sulla tenuta della mag-gioranza e sulla gravità della si-tuazione politica tant’è che, nel momento in cui scriviamo, non risulta certamente scongiurato il rischio di elezioni anticipate (vedi nel box le nostre note pre-cedenti e posteriori al dibattito parlamentare svoltosi alla fi ne di settembre). In attesa che il governo renda conto in detta-glio anche alle parti sociali delle sue intenzioni future è comun-que possibile avanzare, punto per punto, un primo commento sul programma che ha riscosso la fi ducia di camera e senato.

La scelta del federalismo fi -scale appare, sul piano di prin-cipio, condivisibile. Secondo le intenzioni del governo, l’Italia della autonomie, dovrebbe esse-re più vicina alle reali esigenze dei cittadini e la diminuzione degli sprechi dovrebbe consen-tire un graduale abbassamento della pressione fi scale. Su que-sta materia, tuttavia, ancora molto resta da fare né le misure fi n qui adottate sono sembrate andare nella giusta direzione. Il federalismo fi scale, infatti, si è manifestato per ora, solo at-traverso pesanti tagli di risorse agli enti locali che hanno col-pito indistintamente i comuni virtuosi e quelli ineffi cienti. In compenso, i comuni si potranno rifare con nuove tasse, ma evi-dentemente non è questo il tipo di federalismo che si attendono i cittadini… In questo caso (ma non solo in questo, purtroppo) sembra esservi poca coerenza tra gli obiettivi e i mezzi fi nora messi in campo per conseguirli. Il federalismo fi scale è dunque, per ora, un solo un contenitore e ci aspettiamo che sollecitamen-te vengano messe in atto deci-sioni perché sia effettivamente effi cace.

Per quanto riguarda la ri-forma tributaria, l’obiettivo del governo è quello di ridurre la pressione fi scale disboscan-do la giungla di un sistema che è rimasto sostanzialmente invariato nelle sue parti fon-damentali da circa 40 anni. Tenendo conto delle esigenze e delle compatibilità di bilancio pubblico e sulla base dei risul-tati della lotta all’evasione, il

governo intende, senza creare ulteriore deficit, pervenire a una graduale riduzione della tassazione su famiglie, impre-se, lavoro e ricerca. Tutto questo nelle intenzioni. Ma i fatti ci di-cono che i lavoratori dipenden-ti, in Italia, sono tra i pochi che pagano le tasse fi no all’ultimo centesimo. Per loro la pressio-ne fi scale ha raggiunto livelli inaccettabili, mentre il potere d’acquisto delle retribuzioni è stato eroso in modo sensibile. Il peso dei tributi per i lavoratori dipendenti, anziché diminuire è di fatto addirittura aumentato, così come è cresciuta l’evasione fi scale a causa del continuo ri-corso ai condoni e ai cosiddetti scudi fi scali. È davvero giunto il momento di cambiare rotta e di restituire fi ducia ai citta-dini onesti con una riforma del fi sco che risarcisca i lavoratori dipendenti fi nora principali vit-time di un sistema fortemente ingiusto.

Veniamo ora alla giustizia. Il governo ha rivendicato i risul-tati ottenuti come la normativa ed il codice antimafi a, l’intro-duzione del reato di stalking, la riforma del processo civile e la digitalizzazione del sistema di giustizia. Tra i suoi prossimi obiettivi pone quello di attuare una riforma della giustizia per assicurare maggiori garanzie

agli indagati. Vi è poi il tema della ragionevole durata dei processi che, per la loro len-tezza, rappresentano una delle piaghe della giustizia italiana. I 9 milioni di processi pendenti sono un macigno da rimuovere assolutamente, ma di adeguate risorse e di progetti credibili per ora non se ne vedono (si è parla-to di introdurre la responsabi-lità disciplinare dei magistrati, ma questo non aiuterebbe ad accelerare i tempi processuali). Nel frattempo, la riforma del processo civile non ha prodotto miglioramenti apprezzabili e la digitalizzazione del sistema giudiziario è rimasta a livello sperimentale.

In materia di sicurezza, il governo intende continuare nella lotta alla criminalità che ha dato buoni risultati e intro-durre nuove misure per limita-re l’immigrazione clandestina. Per migliorare i livelli di sicu-rezza, occorrerebbero però, più risorse alle forze dell’ordine e ampliamenti organici.

Per quanto riguarda il Mez-zogiorno il governo ha fatto fi nora poco per favorire lo svi-luppo del Sud e il superamento del divario che lo separa dal resto del paese. La sua politica è stata caratterizzata anzi, da una costante riduzione delle risorse stanziate per la realiz-

zazione delle opere pubbliche e dalla continua decurtazione delle aree sottosviluppate. Le risorse comunitarie da addi-zionali sono diventate sosti-tutive di quelle nazionali. Al Mezzogiorno, prima delle opere faraoniche, come il ponte sullo Stretto, servono politiche stabi-li e coordinate con la program-mazione europea: il piano per il Sud è dunque necessario, ma deve puntare su legalità, regole, trasparenza, mercato e investi-menti per università, istruzione e ricerca.

Al termine del commento sui cinque punti del programma non ci si può esimere dal rile-vare che manca un capitolo sul cruciale problema della disoccu-pazione. A luglio il tasso di di-soccupazione è stato dell’8,9%, in aumento dello 0,5% rispet-to al luglio 2009. In un anno sono andati perduti 172.000 posti di lavoro e tale falcidia ha colpito soprattutto i giova-ni: uno su quattro, infatti, cioè il 26,8% è disoccupato. I veri ammortizzatori sociali sono le famiglie, ossia gli anziani che hanno risparmiato qualcosa durante la loro vita lavorativa e sostengono oggi fi gli e nipoti. Vi è infi ne da dire che l’attesa per il rinnovo dei vertici della Consob e per l’individuazione del nuovo ministro per l’eco-

nomia ha raggiunto livelli re-cord, mentre occorrerebbe una politica industriale coraggiosa. Infatti, l’Italia ha bisogno di riforme profonde che la met-tano in grado di competere in un mondo che si è fatto globale e nel quale i nuovi rapporti di forza stanno dando vita a nuovi equilibri.

Senza riforme che aggredi-scano i modi di fondo del pa-ese, un fi sco iniquo, un debito troppo alto, sintomo di una spesa pubblica ineffi ciente, una crescita troppo lenta, effetto di una troppo bassa produttività del lavoro e del sistema, l’Italia sta perdendo ed è destinata a perdere ancora di più posizio-ni nella graduatoria mondiale dei paesi più industrializzati. Come detto, è ancora troppo presto per sapere se la tenuta della maggioranza consentirà di realizzare, in questa legisla-tura, almeno una parte delle necessarie riforme.

Quel che è certo è che il go-verno se vuole essere credibile e vicino al paese dovrebbe af-frettarsi a convocare le parti so-ciali che attendono il momento di poter riportare l’attenzione dell’esecutivo sui reali proble-mi del paese mentre i 5 punti programmatici hanno risposto soltanto a questioni già note e tuttavia irrisolte.

La dirigenza pubblica e privata rap-presentata dalla Cida conferma il suo impegno così come ha fatto e farà quo-tidianamente nelle amministrazioni e nelle imprese per risollevare il paese dalla grave situazione di crisi in cui si trova. Questo sforzo, tuttavia, viene totalmente vanifi cato se il ceto politi-co nel suo complesso abdica, come sta facendo, alla sua funzione di indirizzo strategico, di pianifi cazione e program-mazione.

È dunque il momento di assumere decisioni e interventi risolutivi per la soluzione di questioni indifferibili relative alla modernizzazione e all’in-novazione.

In particolare, è imprescindibile:• una modifi ca seria e condivisa del

sistema fi scale, che punti all’equità, per costituire la base di un patto etico tra stato e cittadini in grado di resti-tuire fi ducia nelle istituzioni;

• una politica industriale che dia fi -nalmente certezze alle imprese e doti il paese di un sistema infrastrutturale all’altezza di una nazione che dovreb-be risultare tra le più progredite del mondo;

• offrire una speranza ai giovani dan-do loro sbocchi lavorativi arricchenti, premiando il merito;

Appare comunque assurdo che, con problemi quali quelli della disoccupa-zione, soprattutto quella giovanile, dell’evasione fiscale e dell’erosione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti, giunta ormai a livelli in-tollerabili, non vi sia nel dibattito po-litico altro spazio che non sia quello delle sterili polemiche interne ai vari

schieramenti.La Cida rivendica con forza, come

parte fondamentale della classe diri-gente, una presa di responsabilità da parte del ceto politico e l’individuazio-ne di linee strategiche autorevoli per uscire dalla crisi.

IL GOVERNO CHIEDA LA FIDUCIA ANCHE AL PAESE E ALLE PARTI SOCIALI

«Mentre a Roma si discute, Sagunto cade». Questa frase di Livio riassume

bene la situazione del paese, da troppo tempo alle prese con un sistema fi scale iniquo che colpisce in modo intollera-bile il lavoro dipendente, con una di-soccupazione giovanile a livelli record, con una politica industriale fortemen-te carente.

Giorgio Corradini, presidente Cida è perentorio: «Si potrà osservare che nei cinque punti programmatici del go-verno ci sono molte buone intenzioni. Sconcerta, tuttavia, scoprire che gli stessi rappresentanti dell’esecutivo, incassata la fi ducia, già parlino delle elezioni a marzo come di un appunta-mento ineludibile. Il paese», continua Corradini, «deve quindi rassegnarsi ad altri cinque o sei mesi di purgatorio nei quali, con tutta probabilità sarà impossibile varare riforme serie. Il tutto mentre l’Europa ci ammonisce a tener sotto controllo il debito pubblico e la nostra credibilità nel panorama internazionale sta crollando». Per il presidente della confederazione dei manager, il governo dovrebbe chiamare subito le parti sociali per dare garanzie sulla sua reale volontà di procedere almeno ad una riforma del fi sco che punti all’equità e prendere immediate misure per favorire, come ha promes-so, nuovi investimenti e lavoro. «Se il governo non dovesse fornire risposte convincenti alle parti sociali nei prossi-mi giorni, vorrebbe dire che il teatrino della politica ha deciso di abbandonare il paese al suo destino preparandosi al-legramente alle elezioni di primavera», conclude Corradini.

La dirigenza italiana, pubblica e privata, rappresentata dalla Cida, ri-chiama ancora il ceto politico alle sue responsabilità chiedendo a tutti gli schieramenti di far cessare le sterili risse, pensando fi nalmente a decidere e ad intervenire per risolvere i proble-mi del paese, restituendo un minimo di fi ducia e di speranza ai cittadini.

La Cida chiede la convocazione delle parti sociali

Giorgio Corradini

Pagina a cura diCIDA

Confederazione italiana

Dirigenti e Alte professionalità

Via Padova 41, 00161 Roma

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55Lunedì 11 Ottobre 2010R I S O R S E U M A N E

I dati del rapporto su domanda di lavoro e retribuzioni di Unioncamere, OD&M e Gi Group

Investire negli studi paga sempreLo stipendio dei laureati supera del 44% quello dei diplomati

DI ANNA LINDA GIGLIO

L’i n v e s t i m e n t o i n istruzione paga nel tempo: la differenza retributiva media

tra un lavoratore laureato e un lavoratore con il solo ti-tolo della scuola dell’obbligo ha raggiunto infatti nel 2009 il 68% a vantaggio del primo. E il «salto» retributivo vero si incontra tra il salario me-dio di un diplomato (26.760 euro) e quello di un laurea-to (38.440): la «forbice» tra i due profili è infatti pari al 44% in più per quanti hanno un titolo universitario. La specializzazione continuerà inoltre a essere premiante. Perché nel 2010 le imprese, per agganciare la ripresa, in-vestiranno sempre di più sul-le risorse umane qualificate sia in termini di assunzioni, sia in termini di crescita e motivazione delle risorse umane già presenti in azien-da. Sono solo alcuni dei risul-tati del Rapporto «Domanda di lavoro e retribuzioni nelle imprese italiane», realizza-to da Unioncamere insieme a OD&M Consulting, socie-tà specializzata in indagini nell’ambito dei sistemi incen-tivanti e delle politiche retri-butive, e con il contributo di Gi Group, primo gruppo ita-liano nei servizi per il merca-

to del lavoro.Come già nel 2009, emer-

ge dalla ricerca, le imprese si sono dimostrate caute nel procedere a nuove assunzio-ni ma molto attente al profilo professionale da inserire in azienda.

La quota di assunzioni pre-vista per il 2010, infatti, de-

stinata ai laureati dovrebbe raggiungere il 12,5% del to-tale (contro l’11,9% del 2009 e il 10,6% del 2008), mentre la domanda di diplomati rap-presenterà addirittura il 44% delle assunzioni (nel 2009 era il 42,4%).

Ma non solo il titolo di studio decide l’assunzione.

Anche la retribuzione si di-mostra strettamente legata al percorso formativo prescel-to. Nel 2010 gli aumenti degli stipendi sono stati maggiori rispetto alla media per i pro-fili professionali più elevati: +2,5% e +2,7% per dirigenti e quadri; +2% per professio-ni intellettuali, scientifiche e

di elevata specializzazione, +2,2% per i laureati specia-listici e +2,5% per i laureati triennali fino a 29 anni.

Dati confermati anche dal divario tra le figure di basso profilo (la retribuzione 2009 per gli operai specializzati è stata di 21.590 euro) e i diri-genti, la cui retribuzione si attesta su quasi 96 mila euro, seguiti dalle professioni in-tellettuali, scientifiche e di alta specializzazione con una retribuzione di 41.180 euro.

Non tutti i salari sono co-munque aumentati nel 2009. Alcuni lavoratori, infatti, o per una diversa valutazione «di mercato» del loro profilo oppure per una contrazione della parte variabile dello stipendio hanno registrato nel 2009 una riduzione della retribuzione annua.

Le figure professionali con la retribuzione in calo sono state complessivamente 2.444 (alle quali corrispondono 2,8 milioni di lavoratori). Tra queste figurano alcune pro-fessioni tecnico-scientifiche (come ingegneri, architetti e specialisti in scienze umane e sociali) e alcuni profili low skill (professioni non quali-ficate dell’agricoltura, delle attività commerciali e dei servizi).

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Università di Parma e Confimpre-se hanno dato il via alla V edizione del master in store management

della ristorazione di mar-ca. Obiettivo del pro-

getto è quello di formare figure p r o f e s s i o n a l i che possano in futuro occu-pare ruoli di responsabilità nei punti ven-

dita della risto-razione commer-

ciale e collettiva. Sponsor dell’iniziativa

sono Autogrill, McDonald’s, Chef Express, Flunch, My Chef, Ikea; le primi tre aziende hanno, inoltre, dato la loro disponibilità a farsi carico di qualche stagista in più rispetto ai quattro normalmente presi in ca-rico da ciascuna azienda. In totale il numero dei ragazzi selezionati non supererà le 25 unità. Il corso si svolgerà da gennaio a settembre 2011 per un totale di quattro mesi d’aula + quattro mesi di stage. La frequenza è obbligatoria e a tempo pieno con alternanza tra la formazione teori-ca e quella pratica. Destinatari del corso sono laureati triennali e qua-driennali con preferenza per disci-pline economiche o gastronomiche e diplomati con esperienza lavorativa biennale nel settore della ristora-zione. Il candidato ideale conosce l’inglese e ha un’età compresa tra 22 e

33 anni. Requisito fondamentale che le imprese chiedono è la mobilità su tutto il territorio. Per informazioni organizzative consultare il sito www.masterinristorazione.com oppure contattare la segreteria del corso tel. 0521.902303

La Fondazione Achille Grandi per il bene comune, in collaborazione con l’Università europea di Roma e l’Ate-neo Pontificio Regina Apostolorum,

organizza e promuove la prima edi-zione del master di I livello in ammi-nistrazione del bene comune. Scopo del master è quello di contribuire a formare una nuova classe dirigente per il Paese: professionisti impegna-ti nella pubblica amministrazione, nelle organizzazioni partitiche e non governative, nelle istituzioni internazionali e in tutti quei contesti pubblici e privati ove si sviluppi una progettualità sociale. Attraverso un corso di studi interdisciplinare, che unisce alle competenze economiche e giuridiche una particolare attenzio-ne all’insegnamento etico-culturale, gli studenti potranno acquisire un metodo critico e approfondire i mec-canismi che sottendono ai processi decisionali e alla costruzione del

consenso, al fine di sviluppare le com-petenze necessarie a gestire strategie e progetti d’intervento per lo sviluppo culturale, sociale ed economico del Paese. I due allievi più meritevoli avranno inoltre la possibilità di fre-quentare a titolo gratuito un corso di approfondimento presso la London school of economics and Political science di Londra. Le iscrizioni terminano l’1 novembre 2010. Per informazioni sul percorso didattico è possibile contattare la Fondazione Achille Grandi per il bene comune allo 06/69923457, email [email protected].

Allea, società di consulenza spe-cializzata nella comunicazione, nelle relazioni istituzionali e nel public affairs e attiva nel settore ambientale ed energetico, partecipa al percorso di formazione del master in gestione

delle risorse energetiche, organizzato da Safe, istituto di formazione spe-cializzato nell’energia e nell’ambien-te. Il master, giunto alla sua dodice-sima edizione, offre un programma di formazione multidisciplinare nel campo della ricerca, produzione e gestione delle risorse energetiche, avvalendosi della collaborazione con le principali società operanti

nel settore dell’energia, con presti-giose università italiane e straniere e con le istituzioni. Per iscriversi è necessario presentare la domanda di ammissione entro l’8 novembre. Per maggiori informazioni http://master.safeonline.it/home/.

Si terrà a Roma la nuova edizio-ne 2010 della business school di Openjob, scuola di formazione ma-nageriale interna all’azienda. La partecipazione al corso è gratuita, previo superamento delle selezioni, e ha uno scopo preciso: individuare e formare i nuovi commerciali da

assumere e inserire immediatamen-te in organico a Roma e provincia. Ciascun candidato parteciperà a un assessment center con prove di gruppo e colloqui individuali. I corsi sono finanziati da Openjob e pertanto totalmente gratuiti per i partecipanti. Gli inserimenti iniziali – che avranno una durata di 3 mesi, eventualmente prorogabili in altri 3 - avverranno al 4° livello del ccnl del commercio. È prevista inoltre la dotazione di automobile e cellulare aziendale. Per candidarsi è neces-sario inviare il proprio curriculum vitae entro il 6 ottobre all’indirizzo [email protected] (citare rif. Bu-siness School).

CORSI & MASTER

Le retribuzioni medie annue

Fonte: elaborazione dati OD&M Consulting

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Page 42: Abruzzo † Anno 20 - Numero 241 - € 2,50 - Spedizione in a.p. art. 1, c. 1, legge 46/04 - DCB Milano - Lunedì 11 Ottobre 2010 † 9771120606304 01011 * con guida «Il nuovo codice

56 Lunedì 11 Ottobre 2010A Z I E N D E

La campagna di recruitment della società prevede l’inserimento di diverse i gure professionali

Il commercio è l’anima del lavoroDa Cogest nuovi mall e gallerie che svilupperanno 4 mila posti

Pagina a curaDI LAURA ROTA

Cogest Italia, specializ-zata da oltre 15 anni nella gestione di centri commerciali e comples-

si polivalenti, ha attualmente in gestione circa 40 centri com-merciali, con più di 2.700 punti vendita, che impiegano com-plessivamente 20 mila persone in tutta Italia. Entro la fi ne di quest’anno e la prima parte del 2011, per Cogest Italia e la sua partecipata Mall system, che si occupa di commercializzazione dei centri commerciali, sono previste nuove aperture: una galleria commerciale all’interno dell’ospedale di Niguarda, l’am-pliamento del centro commer-ciale Globo di Busnago (Mi), le aperture di centri a Monteforte Irpino (Av), de Il Continente di Mapello e del Parco di Ambive-re in provincia di Bergamo, che creeranno nel complesso un in-dotto di 4 mila posti di lavoro. Inoltre, Cogest Italia e Mall sy-stem, tramite i soci Promocen-tro Italia e Gruppo Policentro, hanno in cantiere nuovi progetti

già in fase di avanzata rea-lizzazione. Per ciò che con-cerne Promocentro Italia, il retail Park Settimo Cielo a Settimo Torinese (To), l’am-pliamento del centro Val di Chienti a Piediripa di Mace-rata (Mc) e del centro com-merciale Porto Bolaro (Rc) e l’apertura del centro Pe-schiera Borromeo nei pres-si di Milano. Per il Gruppo Policentro sono previste, per il 2013, le aperture di centri commerciali a Parti-nico nei pressi di Palermo, Bellinzona (Svizzera), Afra-gola (Na), Parma, Castelli Calepio (Bg). Queste strut-ture rappresenteranno una grande opportunità di impiego da nord a sud anche in aree che soffrono particolarmente la crisi economica e, quindi, occupazio-nale. Le fi gure da inserire sono molteplici, e vanno dal direttore del centro al personale di dire-zione, quali assistenti, impiega-ti amministrativi e segretarie. Queste risorse sono selezionate, all’apertura di una nuova strut-tura, dall’uffi cio HR di Cogest Italia, e per candidarsi è suffi -

ciente cliccare nell’area Lavora con noi del sito www.cogestitalia.com. Per tutto il personale dei punti vendita presenti nei centri di nuova apertura, quali addetti alla vendita e responsabili dei negozi, normalmente la selezio-ne è invece curata direttamente dai retailers. Di conseguenza, la strada più breve per ottenere un posto in un nuovo centro com-merciale è inviare alla direzione il proprio curriculum, precisando

la posizione di interesse. I curricula vengono ar-chiviati dalla direzione e trasmessi ai capi area dei retailers che ne fanno richiesta. Da poco Cogest Italia offre ai clienti an-che l’intero processo di recruiting e selezione del personale per ogni man-sione collegata al punto vendita e all’azienda nel suo complesso, corsi di formazione per operato-ri, master di specializza-zione per nuovi direttori. «Questo è possibile», sot-tolinea Carmen Chiere-gato, AD di Cogest Italia, «perché abbiamo ottenu-

to l’autorizzazione ministeriale per svolgere attività di ricerca e selezione di personale quali-fi cato nei centri commerciali. Siamo molto orgogliosi di poter dare anche questo servizio», prosegue Chieregato, «perché al momento Cogest Italia è l’unica società di gestione a offrirlo. In questo modo, è possibile coprire tutta la fi liera, partendo proprio dal momento della scelta delle risorse con i requisiti più adat-

ti alle esigenze del servizio di vendita all’interno del centro commerciale». Cogest Italia nasce dalla collaborazione di Policentro Italia spa (ora La Policentro spa) e Promocentro Italia spa, da tempo operanti nella promozione, realizza-zione e commercializzazione di queste strutture. Dal 1993 collabora con primarie socie-tà della Gdo (Carrefour, Iper, Esselunga, Gruppo Auchan, Il Gigante, Conad, Interspar, Rossetto, MediaWorld, Euroni-cs, Unieuro, Decathlon, Cisalfa) e importanti fondi immobiliari quali: Altarea, Axa, Bnl, Corio, Est Capital, Ing Real Estate, Igd Siiq, LaSalle Investment Mana-gement, Mediolanum, Pradera. La società opera nelle consulen-ze pre-apertura, gestione loca-tiva e rivalutazione del patri-monio immobiliare, gestione dei servizi tecnici, amministrativa e contabile, commercializzazioni, marketing, pubblicità ed eventi con un’offerta che include ricer-che di mercato, realizzazione siti web, progettazione e gestione del punto informazioni e dei servizi collegati e del circuito fedeltà.

Il gruppo Moncada sviluppa sinergie nel processo di utilizzo e realizzazione di impianti per la produzione di ener-gia da fonte rinnovabile nei comparti dell’eolico, del fotovoltaico e della biomassa, al fi ne di favorire la produ-zione di energia da fonte rinnovabile e attivare fi liere produttive di tecnolo-gie energetiche ricadenti nel territorio regionale, nazionale e internazionale. «Il gruppo», afferma Alessandra Mon-tana, responsabile comunicazione, «co-stituisce una realtà fortemente inte-grata con il territorio, con oltre 230 persone impiegate». Per quan-to concerne lo stabili-mento di produzione di pannelli fotovoltaici a tecnologia Thin fi lm at-traverso la controllata Moncada Solar Equip-ment, rappresenta la prima realtà produtti-va a livello nazionale a utilizzare la tecnologia sviluppata da Applied materials, società ame-ricana leader nel setto-re della produzione di nanotecnologie. L’impianto, ubicato nell’area industria-le di Campofranco (CL) su una super-fi cie di oltre 25 mila metri quadri, con-sentirà la produzione di oltre 40 MWp di tali tipologie innovative di pannelli. L’investimento complessivo ammonta ad oltre 90 milioni di euro, interamente realizzato con capitali privati e consen-tirà di attivare nuova occupazione per 130 fi gure professionali. «Nel 2009», continua Montana, «abbiamo assunto il 14% della forza lavoro, a oggi siamo al 50% e andremo a integrare entro la fi ne dell’anno il 100% dello staff». Le professionalità richieste sono operato-ri di linea e tecnici di linea, entrambi

i profi li con competenze ad indirizzo elettronico e meccanico e laureati ad indirizzo tecnico, in ingegneria, fi sica e chimica, impiegati in produzione. Il progetto mira a coinvolgere giovani agrigentini nella costituzione di co-operative aiutandoli a realizzare im-pianti fotovoltaici con potenza fi no a 200 kWp. I proprietari dei terreni con estensione pari a 10 mila mq potranno conferirli a una cooperativa, che sarà composta da 50 soci. L’obiettivo è quel-lo di poter fornire in 4 anni un’occupa-

zione stabile a mille persone della zona. Nel corso della pri-ma fase l’azienda ha ricevuto più di mille adesioni tramite Fa-cebook e il sito inter-net. Attualmente è in corso la seconda fase del progetto, ossia l’inserimento della documentazione tec-nica relativa al titolo di proprietà del bene. Dopo avere avviato la propria attività

operando esclusivamente nel settore dell’ingegneria civile, Moncada energy group è diventato uno dei principali produttori privati italiani di energia rinnovabile. Gli obiettivi del gruppo, nel medio termine, sono il consolida-mento del proprio know how nella pro-duzione di energia eolica e lo sviluppo di nuove business units sia nel settore della generazione elettrica da fonte rinnovabile (biomasse, geotermia, so-lare) sia nell’ambito delle infrastrut-ture (Merchant line). Per candidarsi è suffi ciente collegarsi al sito www.moncadaenergy.com, Sezione Lavora con noi o inviando una mail a: [email protected].

Centotrenta opportunità da Moncada

Fondata nel 1998 da due stu-denti della Stanford, Larry Page e Sergey Brin, Google è oggi uno dei più importanti domini web in tutti i principali mercati del mon-do. La società è in fase di recruiting di collaboratori esper-ti e dinamici, per ampliare i gruppi di lavoro: sono oltre 20 le posizioni aperte per la sede italiana del gruppo. «Anche in Italia la realtà di Google», dichiara Stefano Ma-ruzzi, count-ry director di Google Italy, «è molto di-namica . Per que-sto cerchia-mo talenti, moti-vati e aperti ai continui stimoli offerti dalla tecnologia. L’ingrediente magico è la passione, a cui si aggiunge un’organizzazione orizzontale e democratica che pre-mia lo scambio di opinioni. L’idea è che il lavoro sia una sfi da diver-tente in cui la parola chiave è per-sonalità. In Google la gestione del tempo ruota attorno alle scadenze dei progetti, garantendo ai singoli autonomia e, conseguentemente, responsabilizzazione. Diamo gran-de risalto ai risultati conseguiti dai vari team e dai singoli. L’ambien-te estremamente comunicativo», continua Maruzzi, «favorisce la produttività e la collaborazione. I

valori di Google, infatti, si rifl etto-no nella struttura e nell’ambiente di lavoro: uffi ci open space, laptop e smartphone nelle mani di ogni dipendente per lavorare anche in

movimento; cal-cio balilla, tavoli da biliardo, vide-ogame, palestra, sale ristoro e mensa comune, iniziative di tut-ti i tipi per fa-vorire non solo la formazione professionale, ma anche la so-cializzazione e l’appagamento delle nostre ri-

sorse». La campagna è rivolta a: un senior

c h e g u i d i

l ’ a r e a m a r k e -

ting e che riporti al

C o u n t r y marketing ma- nager; col-laboratori per potenziare il team ®Doubleclick¯ nelle fi gure di: me-dia platform account manager, technical account manager, Dart search, customer solutions consul-tant; display account manager per YouTube; enterprise account ma-nager; 3 Account manager; agen-cy Relationship manager - Milan; account strategist - Milan. Il det-taglio dei profi li si trova all’indi-rizzo: google.it/jobs.

Google potenziail team italiano

Alessandra Montana

Carmen Chieregato

Stefano Maruzzi