Cashback, nuova frontiera delle carte fedeltà ora il ... · di spesa, 95 vanno al retailer, 2,50...

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PRIMO PIANO 19 FEBBRAIO 2018 8 L’INCHIESTA GLI SCENARI DELL’ERA DIGITALE Andrea Frollà Roma M icroonde, tostapane e aspirapolveri ordinati a suon di punti e bollini potrebbero presto diventare un ricordo. Nien- te più tessere fedeltà, cataloghi di premi e cartoline da inviare, ma rimborsi in denaro di una quota di spesa: la nuova frontiera della fide- lizzazione sichiama “cashback”, tradotto letteralmente “soldi indie- tro”. L’idea alla base è semplice ma potente: non solo sconti o prez- zi bassi, ma ritorni in denaro. Nato negli Usa e nel Regno Unito prima della crisi, in poco tempo è esplo- so. Nel 2015, stima il Cashback In- dustry Report (unico studio ad hoc realizzato finora), si contavano più di 235 piattaforme attive e un giro d’affari di oltre 84 miliardi di dolla- ri. Da allora questa “economia del rimborso” non ha smesso di cre- scere. Le piattaforme che operano sul mercato hanno sfumature diverse: alcune operano solo online, altre anche offline offrendo una sola car- ta per tutti negozi. Ma la logica che le governa è la stessa. Stringono ac- cordi con i big dell’e-commerce (Ebay, Booking, Yoox, Groupon, Zalando, ecc.), con le grandi azien- de o con le Pmi offrendo visibilità, marketing e clienti in cambio di una commissione sull’acquisto che può essere fissa o in percentua- le (in media si attesta sul 5%, an- che se ci sono offerte istantanee o esclusive che superano il 50%). Questo profitto viene poi condivi- so con l’utente, nella maggior par- te dei casi più o meno a metà. Sem- plificando al massimo: su 100 euro di spesa, 95 vanno al retailer, 2,50 alla piattaforma e 2,50 all’utente. Quest’ultimo accumula piccole porzioni di spesa fino a quando, raggiunta una soglia prestabilita, ri- ceve un rimborso via bonifico, as- segno o Paypal. La grande differen- za rispetto ai programmi fedeltà è proprio questa: non tornano indie- tro punti ma soldi. Ancora poco noto in Italia In Italia il cashback è un feno- meno ancora poco conosciuto ma tutt’altro che giovane. A litigarsi la paternità italiana del cashback so- no infatti due piattaforme online dal 2008: Bestshopping, fondata da due ex dipendenti di Yahoo, e Buyon, lanciata dalla società areti- na Imnoko. Nel corso degli anni si sono poi aggiunte grandi compa- gnie straniere come la multinazio- nale austriaca Lyoness con il brand Cashback World, l’olandese Orange Buddies con Cashback Deals e altri marchi, l’americana Ominto con Dubli e la spagnola Be- ruby. A tutti questi player l’Italia è apparsa come un mercato di pro- spettiva. Sentendo gli operatori, è ancora così e l’opinione diffusa è che il 2017 sia stato un anno decisi- vo. «Abbiamo dovuto spiegare al mercato cosa fosse il cashback. Non è stato facile perché gli utenti non sono semplici da conquistare e all’inizio alcuni negozi avevano paura di perdere mercato con l’a- desione al nostro network – rac- conta Nicolò Soldani, co-fondato- re di Bestshopping – Poi hanno ca- pito che siamo in grado di offrire un’elevata capacità di fidelizzazio- ne. Ormai siamo un nuovo canale di vendita diretto e alcune aziende si affidano a noi anche per campa- gne promozionali mirate. Abbia- mo oltre 1.000 negozi convenzio- nati, più di 200mila utenti iscritti e negli ultimi 4 anni abbiamo eroga- to rimborsi per 2,5 milioni». Ulti- mamente alcune grandi aziende (Sky, Poste e altri) hanno lanciato delle proprie formule di cashback. Una mossa che, spiega Soldani, ha aiutato questa nuova modalità di spesa a farsi conoscere dal grande pubblico: «Lo scorso anno c’è sta- to un assaggio di maturità. Sicura- mente l’offerta di servizi cashback da parte delle aziende ha favorito l’espansione». Sulla stessa lunghezza d’onda si posiziona Francesco Degl’Inno- centi, ceo della Imnoko che opera con il marchio Buyon: «L’Italia è un mercato incredibilmente diffici- le e in ritardo su diversi fronti, dall’e-commerce all’utilizzo delle carte di credito sul web. La difficol- tà sta comunque diminuendo: l’al- fabetizzazione digitale in generale e quella sul cashback in particola- re stanno aiutando. Gli utenti non ci chiedono più se il cashback sia una truffa. Nel 2017 c’è stata un’im- pennata, ancora non si può parla- re di maturità ma ci siamo quasi», L’ avvento del cashback in Italia è stato accompagnato fin da subito da alcuni dubbi di natura giuridica, fiscale, regolatoria e non è cer- to una novità per un fenomeno digitale. Nessuno è sfociato in contenziosi o battaglie, anche grazie all’attento seguito dei tecnici di authority, ministe- ri e altre agenzie. Ma ci sono alcuni aspetti che, seppur non critici oggi, an- dranno tenuti sotto osservazione. Si pensi soprattutto all’attività di networ- king, cioè alla possibilità di estendere la rete degli utenti tramite gli utenti stessi garanten- do loro una quota di cashback per ogni nuo- va iscrizione. Si tratta di una pratica assoluta- mente lecita se resta nei suoi binari, se non configura il preludio a schemi di reclutamen- to multilivello infinito (le famose catene di Sant’Antonio). È un rischio da non sottovalu- tare, se non altro per la forte attrazione che possono avere sugli internauti le promesse di facili guadagni. Altri ambiti di sviluppo che meritano attenzione riguardano la tra- sparenza degli accordi tra piattaforme e aziende, il confine con le operazioni a pre- mio e l’inquadramento fiscale. Nell’archivio dell’Antitrust non risulta comunque nessun provvedi- mento sotto il cappello del cashback. Sono arrivate alcune segnalazioni ma, riferiscono fonti della Direzione generale della tutela del consumato- re, “non in numero significativo” e in ogni caso “niente di abbastanza rile- vante da giustificare l’apertura di un procedimento”. Finora non sono sor- te criticità particolari rispetto agli accordi tra piattaforme e aziende, che non sono sottoposti a obbligo di pubblicità come avviene invece nel caso dei comparatori online. Nei servizi di cashback, sottolineano dall’Antitru- st, “la commissione è parte del gioco” e, a differenza della comparazione, “non c’è un eventuale problema di conflitto di interessi sottostante”. Infine la possibile sovrapposizione con le manifestazioni a premio, rapidamente chia- rita da Agenzia delle Entrate, Banca d’Italia e ministero dello Sviluppo economico. Il cash- back, spiega il Mise, è diverso perché si confi- gura come “uno sconto assimilabile a quello praticato contestualmente all’acquisto”. Ipo- tesi differente è quella in cui l’acquisto di pro- dotti in promozione generi un buono per ac- quisti successivi. In questo caso spetta all’im- presa verificare la presenza dei presupposti di esclusione dalla normativa per le manife- stazioni a premio e quindi dai vari obblighi previsti per operazioni e concorsi. (a.fr.) Nei grafici in pagina, la fotografia degli acquisti degli italiani online. Siamo ancora indietro rispetto al resto d’Europa ma i tassi di crescita a doppia cifra dicono che stiamo recuperando Cashback, nuova frontiera delle carte fedeltà ora il premio sono i soldi 2 3 NIENTE P IÙ ACCUMULO DI PUNTI E CATALOGHI ENTRO CUI TROVARE QUALCOSA DI UTILE: ADESSO DOPO UN CERTO NUMERO DI ACQUISTI SI RICEVE INDIETRO DEL CONTANTE. IN QUESTO MODO LE PIATTAFORME METTONO ASSIEME PIÙ IMPRESE E MOLTIPLICANO GLI UTENTI IL RISCHIO MAGGIORE DA TENERE SOTTO OSSERVAZIONE È CHE L’OFFERTA NON DEGENERI VERSO SOLUZIONI TIPICHE DEL COSIDDETTO MARKETING MULTILIVELLO © RIPRODUZIONE RISERVATA Formula innovativa e l’Antitrust fa chiarezza Il ceo di Ynap Federico Marchetti (1); il ceo di Zalando Robert Gentz (2); l’ad di Poste Italiane Matteo Del Fante (3) [ LA NORMATIVA/1 ] Il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella 1

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PRIMOPIANO 19 FEBBRAIO 20188

L’INCHIESTAGLI SCENARIDELL’ERA DIGITALE

Andrea Frollà

Roma

Microonde, tostapane e aspirapolveri ordinati a

suon di punti e bollini potrebbero presto diventare un ricordo. Nien-te più tessere fedeltà, cataloghi di premi e cartoline da inviare, ma rimborsi in denaro di una quota di spesa: la nuova frontiera della fide-lizzazione sichiama “cashback”, tradotto letteralmente “soldi indie-tro”. L’idea alla base è semplice ma potente: non solo sconti o prez-zi bassi, ma ritorni in denaro. Nato negli Usa e nel Regno Unito prima della crisi, in poco tempo è esplo-so. Nel 2015, stima il Cashback In-dustry Report (unico studio ad hoc realizzato finora), si contavano più di 235 piattaforme attive e un giro d’affari di oltre 84 miliardi di dolla-ri. Da allora questa “economia del rimborso” non ha smesso di cre-scere.

Le piattaforme che operano sul mercato hanno sfumature diverse: alcune operano solo online, altre anche offline offrendo una sola car-ta per tutti negozi. Ma la logica che le governa è la stessa. Stringono ac-cordi con i big dell’e-commerce (Ebay, Booking, Yoox, Groupon, Zalando, ecc.), con le grandi azien-de o con le Pmi offrendo visibilità, marketing e clienti in cambio di una commissione sull’acquisto che può essere fissa o in percentua-le (in media si attesta sul 5%, an-che se ci sono offerte istantanee o esclusive che superano il 50%). Questo profitto viene poi condivi-so con l’utente, nella maggior par-te dei casi più o meno a metà. Sem-plificando al massimo: su 100 euro di spesa, 95 vanno al retailer, 2,50 alla piattaforma e 2,50 all’utente. Quest’ultimo accumula piccole porzioni di spesa fino a quando, raggiunta una soglia prestabilita, ri-ceve un rimborso via bonifico, as-segno o Paypal. La grande differen-za rispetto ai programmi fedeltà è proprio questa: non tornano indie-tro punti ma soldi.

Ancora poco noto in ItaliaIn Italia il cashback è un feno-

meno ancora poco conosciuto ma tutt’altro che giovane. A litigarsi la paternità italiana del cashback so-no infatti due piattaforme online dal 2008: Bestshopping, fondata da due ex dipendenti di Yahoo, e Buyon, lanciata dalla società areti-na Imnoko. Nel corso degli anni si sono poi aggiunte grandi compa-gnie straniere come la multinazio-nale austriaca Lyoness con il brand Cashback World, l’olandese Orange Buddies con Cashback Deals e altri marchi, l’americana Ominto con Dubli e la spagnola Be-ruby. A tutti questi player l’Italia è apparsa come un mercato di pro-spettiva. Sentendo gli operatori, è ancora così e l’opinione diffusa è che il 2017 sia stato un anno decisi-vo.

«Abbiamo dovuto spiegare al mercato cosa fosse il cashback. Non è stato facile perché gli utenti non sono semplici da conquistare e all’inizio alcuni negozi avevano paura di perdere mercato con l’a-

desione al nostro network – rac-conta Nicolò Soldani, co-fondato-re di Bestshopping – Poi hanno ca-pito che siamo in grado di offrire un’elevata capacità di fidelizzazio-ne. Ormai siamo un nuovo canale di vendita diretto e alcune aziende si affidano a noi anche per campa-gne promozionali mirate. Abbia-mo oltre 1.000 negozi convenzio-

nati, più di 200mila utenti iscritti e negli ultimi 4 anni abbiamo eroga-to rimborsi per 2,5 milioni». Ulti-mamente alcune grandi aziende (Sky, Poste e altri) hanno lanciato delle proprie formule di cashback. Una mossa che, spiega Soldani, ha aiutato questa nuova modalità di spesa a farsi conoscere dal grande pubblico: «Lo scorso anno c’è sta-

to un assaggio di maturità. Sicura-mente l’offerta di servizi cashback da parte delle aziende ha favorito l’espansione».

Sulla stessa lunghezza d’onda si posiziona Francesco Degl’Inno-centi, ceo della Imnoko che opera con il marchio Buyon: «L’Italia è un mercato incredibilmente diffici-le e in ritardo su diversi fronti,

dall’e-commerce all’utilizzo delle carte di credito sul web. La difficol-tà sta comunque diminuendo: l’al-fabetizzazione digitale in generale e quella sul cashback in particola-re stanno aiutando. Gli utenti non ci chiedono più se il cashback sia una truffa. Nel 2017 c’è stata un’im-pennata, ancora non si può parla-re di maturità ma ci siamo quasi»,

L’avvento del cashback in Italia è stato accompagnato fin da subito da alcuni dubbi di natura giuridica, fiscale, regolatoria e non è cer-

to una novità per un fenomeno digitale. Nessuno è sfociato in contenziosi o battaglie, anche grazie all’attento seguito dei tecnici di authority, ministe-ri e altre agenzie. Ma ci sono alcuni aspetti che, seppur non critici oggi, an-dranno tenuti sotto osservazione.

Si pensi soprattutto all’attività di networ-king, cioè alla possibilità di estendere la rete degli utenti tramite gli utenti stessi garanten-do loro una quota di cashback per ogni nuo-va iscrizione. Si tratta di una pratica assoluta-mente lecita se resta nei suoi binari, se non configura il preludio a schemi di reclutamen-to multilivello infinito (le famose catene di Sant’Antonio). È un rischio da non sottovalu-tare, se non altro per la forte attrazione che possono avere sugli internauti le promesse di facili guadagni. Altri ambiti di sviluppo che meritano attenzione riguardano la tra-sparenza degli accordi tra piattaforme e aziende, il confine con le operazioni a pre-mio e l’inquadramento fiscale.

Nell’archivio dell’Antitrust non risulta comunque nessun provvedi-mento sotto il cappello del cashback. Sono arrivate alcune segnalazioni ma, riferiscono fonti della Direzione generale della tutela del consumato-re, “non in numero significativo” e in ogni caso “niente di abbastanza rile-vante da giustificare l’apertura di un procedimento”. Finora non sono sor-te criticità particolari rispetto agli accordi tra piattaforme e aziende, che non sono sottoposti a obbligo di pubblicità come avviene invece nel caso dei comparatori online. Nei servizi di cashback, sottolineano dall’Antitru-st, “la commissione è parte del gioco” e, a differenza della comparazione,

“non c’è un eventuale problema di conflitto di interessi sottostante”.

Infine la possibile sovrapposizione con le manifestazioni a premio, rapidamente chia-rita da Agenzia delle Entrate, Banca d’Italia e ministero dello Sviluppo economico. Il cash-back, spiega il Mise, è diverso perché si confi-gura come “uno sconto assimilabile a quello praticato contestualmente all’acquisto”. Ipo-tesi differente è quella in cui l’acquisto di pro-dotti in promozione generi un buono per ac-quisti successivi. In questo caso spetta all’im-presa verificare la presenza dei presupposti di esclusione dalla normativa per le manife-stazioni a premio e quindi dai vari obblighi previsti per operazioni e concorsi. (a.fr.)

Nei grafici in pagina, la fotografia degli acquisti degli italiani online. Siamo ancora indietro rispetto al resto d’Europa ma i tassi di crescita a doppia cifra dicono che stiamo recuperando

Cashback, nuova frontieradelle carte fedeltàora il premio sono i soldi

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NIENTE P IÙ ACCUMULO DI PUNTI E CATALOGHI ENTRO CUI TROVARE QUALCOSA DI UTILE: ADESSO DOPO UN CERTO NUMERO DI ACQUISTI SI RICEVE INDIETRO DEL CONTANTE. IN QUESTO MODO LE PIATTAFORME METTONO ASSIEME PIÙ IMPRESE E MOLTIPLICANO GLI UTENTI

IL RISCHIO MAGGIORE DA TENERE SOTTO OSSERVAZIONE È CHE L’OFFERTA NON DEGENERI VERSO SOLUZIONI TIPICHE DEL COSIDDETTO MARKETING MULTILIVELLO

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Formula innovativa e l’Antitrust fa chiarezza

Il ceo di Ynap Federico Marchetti (1);il ceo di Zalando Robert Gentz (2);l’ad di Poste Italiane Matteo Del Fante (3) [LA NORMATIVA/1]

Il presidente dell’Antitrust

Giovanni Pitruzzella

1

Page 2: Cashback, nuova frontiera delle carte fedeltà ora il ... · di spesa, 95 vanno al retailer, 2,50 alla piattaforma e 2,50 all’utente. Quest’ultimo accumula piccole porzioni di

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sottolinea l’ad dell’azienda che ha una sua forza specifica nel settore viaggi (non solo consumer ma an-che business) e che lo scorso anno ha superato i 15 milioni di euro di transato e i 250mila utenti registra-ti.

Un’altra realtà importante del panorama italiano è il Cashback World del gruppo Lyoness, che ha portato in Italia un modello con-centrato sugli acquisti offline. Il 90% del fatturato della compagnia in Italia (circa 45 milioni sugli oltre 50 secondo le stime 2017) è infatti generato dal servizio di cashback offline offerto tramite una sola car-ta per tutte le aziende del circuito. O in alcuni casi tramite singole tes-sere brandizzate. «La nostra forza risiede nella community: 13mila Pmi, centinaia di grandi aziende, online e non, oltre 1 milione di utenti e 50mila incaricati alla ven-dita (coloro che lavorano per am-pliare il network delle imprese, ndr) – spiega Edoardo Moretti, mana-ging director di Lyoness Italia - Il cashback è cresciuto negli anni del-la crisi perché si è rivelato più con-creto dei sistemi di raccolta punti tradizionali, anch’essi ormai in vi-

rata verso il cashback visto che gli utenti si premiano sempre più con i buoni spesa. Sta avvenendo quel-lo che è avvenuto nei mercati an-glosassoni 10 anni fa».

Più vicino al duo italiano è inve-ce il business del gruppo Orange Buddies che conta accordi con ol-tre 2mila store online: «Anche in Italia sta aumentando la consape-volezza del risparmio effettivo tra-mite il cashback. È un mercato complicato perché il livello di digi-talizzazione è basso e il cashback ancora poco conosciuto, però c’è una competizione positiva che sta favorendo l’espansione di tutto il settore – commenta Vincenzo De-caro, responsabile dell’Italia e di al-tri mercati europei di Orange Bud-dies - Stiamo parlando di un feno-meno che rientra nella più ampia evoluzione dell’e-commerce, quin-di destinato a crescere. Abbiamo registrato aumenti vertiginosi di tutti i numeri, dagli utenti al transa-to, e crediamo che i margini di svi-luppo siano ancora ampi».

La “back economy”Nel panorama italiano della

“back economy” è spuntata alla fi-ne del 2017 anche Sixth Continent, che punta su un modello diverso ri-spetto a quello degli operatori di cashback. La compagnia statuni-tense, fondata da un italiano, ven-de shopping card digitali da spen-dere in oltre 1.500 negozi online e offline tra cui Amazon, Ikea, Ap-ple, Adidas, Eataly, Q8. E condivi-de le commissioni con tutta la co-munità online. Non lo fa però sotto forma di denaro ma di credito da poter spendere in altre carte. «Il 50% del profitto va alla persona che compra la card, il 30% va a noi e il 20% viene diviso in parti uguali fra tutti gli utenti nel mondo – spie-ga il fondatore Fabrizio Politi – L’u-tente guadagna dagli acquisti suoi e degli altri. Noi non siamo in com-petizione con gli operatori di cash-back, anzi li ospitiamo come avvie-ne con Bestshopping. In questo ca-so il guadagno è doppio».

C’è un punto interessante in tut-ta questa proliferazione di piatta-forme, motori di ricerca e compa-ratori: l’allargamento continuo del-la distanza tra il cliente e il prodot-to. L’e-commerce, aveva profetiz-zato qualcuno, avrebbe ridotto all’osso le intermediazioni. E inve-ce sembra averci consegnato una strana matrioska.

G li Stati Uniti sono preoccupati che la nascente Difesa europea possa svilupparsi come una alternativa all’Alleanza atlantica. All’ultima riunione dei ministri

della Difesa, il segretario americano James Mattis, ha chiesto esplicitamente alla Ue di riconoscere la Nato come l’unico strumento di difesa collettiva dell’Europa. L’Alto rappresentante della Ue, Federica Mogherini, gli ha garbatamente risposto di no, spiegando che la questione è già contemplata nei Trattati europei (che in realtà riconoscono la Nato come strumento difensivo dei Paesi che vi aderiscono, ma senza attribuirle un ruolo esclusivo). Secondo Mogherini, tra l’Alleanza e l’iniziativa europea non c’è contraddizione. Ma alla Conferenza di Monaco sulla Difesa, le ministre francese e tedesca hanno rilanciato la necessità di una «autonomia strategica» dell’Europa. Il che significa, in altre parole, che gli europei devono essere in condizioni di compiere operazioni militari anche di ampia portata senza alcun sostegno da parte degli Stati Uniti. Ambizioni francamente eccessive, secondo il segretario generale della Nato, Stoltenberg, che ha ricordato come, dopo la Brexit, il contributo degli europei alla difesa comune coprirà solo il venti per cento del bilancio collettivo. La discussione, come si vede, infuria. Ma non solo tra le due sponde dell’Atlantico. Gli

europei sembrano determinati a creare una propria capacità militare autonoma. Tutti gli Stati membri della Ue, con l’eccezione di Gran Bretagna, Danimarca e Malta, hanno dato vita alla Pesco, la Cooperazione permanente strutturata, mirata soprattutto alla collaborazione nella progettazione e produzione congiunta di armamenti. Tuttavia da qui a creare una vera difesa comune, il passo è ancora lungo, e le opzioni su come compierlo divergono.Da una parte c’è chi vorrebbe che la capacità militare europea venisse costruita, come la Pesco, nel quadro delle istituzioni comunitarie, sia pure solo dai Paesi che ci stanno. Dall’altro il presidente francese Macron, nel suo discorso della Sorbona, ha lanciato il progetto di una «Iniziativa di intervento europea» che prevede la creazione di «una forza comune di intervento, un bilancio comune della Difesa e una dottrina comune». Ma tutto su base strettamente intergovernativa, senza un legame istituzionale con la Ue, e senza chiudere la porta ai britannici dopo la Brexit. Anche se meno pubblico, il confronto tra le due opzioni è in pieno svolgimento. Il suo esito, e il volto futuro della Difesa europea, dipenderà, come sempre, dalla scelta che farà il nuovo governo tedesco.

Iva no, Ires sìreddito forseuno slalom fiscale

PALAZZOEUROPA

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Andrea Bonanni

DIFESA,TENTAZIONEAUTONOMIADALLA NATO

[LA NORMATIVA/2]

Il cashback corrisposto agli utenti non assume rilevanza ai fini Iva perché non si è in presenza di attività commerciale o prestazione di servizi. Ma la assume ai fini Ires e Irap in quanto costituisce un componente negativo di reddito. È questo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate in risposta a un interpello promosso dalla Imnoko, proprietaria della piattaforma Buyon. Si tratta della prima pronuncia dell’Agenzia sul fenomeno. «Il cashback si colloca in una delicata posizione riguardo la normativa fiscale ed è importante che ci sia un’interpretazione accurata», sottolinea Giuliano Foglia, dell’omonimo Studio legale e tributario. Anche in sotto un altro aspetto: che diventi cioè una fonte di guadagno, seppur esiguo. (a.fr.)

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