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Trimestrale dei Fratelli delle Scuole Cristiane - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma - Sezione per la Stampa, n. 83/2004 del 5 marzo 2004 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

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DIRETTORE RESPONSABILEMARIO CHIARAPINI

Consiglio di redazione:Maurizio Dossena - Gabriele Rosario MossiGiuseppe Norelli - Guido Orsi Alberto Tornatora

Collaboratori e Corrispondenti:Alberto Castellani, Emanuele Costa, RossellaDe Figlio, Luis De Thomasis, Elena Lava, RodolfoMeoli, Grafica & Interior Designer

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Finito di stampare: Febbraio 2018

Italia

LASALLIANI in Italia

Marzo 2018 - Anno XV • n. 56

SOMMARIO

Storia, maestra di vita? 3di Mario Chiarapini

Don Carlo Gnocchi e i Fratelli delle Scuole Cristiane 4di Gabriele Mossi

Sestante: Eroi e galantuomini 8

Il Sessantotto 9di Maurizio Dossena

La parola per te 12di Gabriele Mossi

La Salle: dalla fede nella Provvidenza alla finanza 13di Luis De Thomasis

Il libro d’oro dei pellegrini 17di Rodolfo Meoli

La Pasqua di Dostoevkij 20di Giuseppe Norelli

dai nostri corrispondenti 23

Un anno scolastico per superare le frontiere, 31 - Bambini missionari lasalliani, 32Assemblea Fedexal, 32 - Sessione del CIL, 33 - Un tifone in Vietnam, 34La scuola La Salle dialoga con l’astronauta Paolo Nespoli, 34

Un Fratello delle Scuole Cristiane tra le baracche dei Rom 36di Mario Chiarapini

Giovannino Guareschi: l’anarchico galantuomo 38di Emanuele Costa

Lasalliani senza frontiere... tra i banchi di scuola 43di Alberto Castellani

Un religioso autentico e discreto: Fratel Edoardo Pizzicaroli 45Una filiale devozione alla Madonna: Fratel Giovanni Castellani 48

Consigli per la lettura 51a cura di Alberto Tornatora

EDITORIALE

NOTIZIE dall’Italia e dal mondo

RIFLESSIONI

L’ULTIMA CAMPANELLA

IN LIBRERIA

ANNIVERSARI

CURIOSITÀ LASALLIANE

LASALLIANITÀ

SENZA FRONTIERE

DIDATTICA

VISITA IN ITALIA DEL SUPERIORE GENERALE FR. ROBERT SCHIELER

APPROFONDIMENTI

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Rivista trimestrale della Provincia Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane Organo di stampa dei Lasalliani: Fratelli, Amici, Docenti, Alunni, Ex-alunnihttp://www.Lasalleitalia.net

San Giovanni Battista de La Salle, Fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane

LASALLIANI in Italia

In copertina: Fr. Robert Schieler

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Tutti conoscono il detto latino “la storia è maestra divita”, ma non tutti lo condividono. Montale, adesempio, ma non è l’unico, affermava che la storianon insegna proprio nulla; se no, perché l’uomodopo la Prima guerra mondiale avrebbe fatto la Se-conda? Perché dopo le persecuzioni degli ebrei inEgitto ci sarebbero state quelle dei cristiani sottogli imperatori romani, e perché l’orrendo e sistema-tico sterminio del popolo armeno, gli eccidi delleFoibe, il genocidio della Shoah e i campi di concen-tramento nazisti? Se la storia fosse “maestra di vita”sarebbe accaduto tutto questo? Non possiamo sa-perlo, dal momento che la storia non si fa con i“se” e con i “ma”. Da parte mia, voglio pensareche sì, la storia è stata ed è tuttora una grandemaestra di vita, ma che probabilmente gli uo-mini non sempre ne sono stati e ne sono deibravi discepoli. Del resto, osservando ciò che cipropina la cronaca quotidiana, sembra proprio didover dare ragione al poeta genovese. Perché, dopoi fallimentari nazionalismi del secolo scorso contutte le catastrofiche conseguenze, ancora si assi-ste a rigurgiti razzisti e a tentativi separatisti, pro-prio all’interno di quell’Unione Europea nata per

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evitare gli errori del passato? Ogni tentativo sepa-ratista e secessionista è assurdo e antistorico e vain direzione opposta al normale cammino dell’uma-nità che aspira all’unità. Ne sono una prova gli at-tuali flussi migratori di portata biblica, i mezzi dicomunicazione di massa che riducono sempre piùle distanze tra i popoli, la tendenza a una globaliz-zazione solidale che si manifesta soprattutto in oc-casione di calamità naturali, la stessa società che simescola e appare sempre più multietnica, multire-ligiosa e multiculturale. E anche se alcuni tentativiseparatisti danno l’impressione di essere solo fol-klore estemporaneo, e forse proprio per questovezzeggiati dai media, certi rigurgiti razziali invece,sull’onda populista e rancorosa nei confronti di unapolitica inconcludente e incapace di comprenderequello che sta accadendo nel mondo, potrebbero,accompagnati da dichiarazioni farneticanti, fomen-tare le masse e causare con la loro delirante esalta-zione danni irreparabili. Civiltà purtroppo non èsinonimo di progresso tecnologico, altrimenti sa-remmo molto civili. Civiltà significa soprattutto es-sere capaci di vivere insieme nel rispetto reciproco,in pace e in armonia.

STORIA, MAESTRA DI VITA?

Mario Chiarapini, FscDirettore

La superficialità provoca conseguenze molto gravi. La Salle

Perché, dopo i fallimentari nazionalismi del secolo scorsoancora si assiste a rigurgiti razzisti e a tentativi separatisti?

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pleta della sua… Nessuno più di luiseppe esaltare la missione di educa-tore che per lui è “un angelo”. Nonvolle che i suoi figli fossero preti, quasiad affermare che l’educazione è benun altissimo e divino sacerdozio”1.

“Quanto di meglio vi è nell’educa-zione moderna, civile e cristiana, lodobbiamo al La Salle!”2.

E da buon lasalliano, don Carloesprime affetto sincero ai Fratelli.

“Bisogna vivere insieme a loro perapprezzare il valore e per capire lagrandezza e l’attualità della loro vo-cazione. Per conto mio ho imparatomolto dal loro spirito organizzativo edal loro metodo”3.

Il Gonzaga diventa la sua famiglia.Come La Salle, cura“l’educazione del cuore”facendo leva sulle ri-sorse dello Spirito e suattività creative come lamusica, il cinema, losport. Tutti lo apprez-zano: in cattedra du-rante le ore di religione,nella direzione spiri-tuale, nei raduni estivi einvernali. Vive tra i gio-vani e continua a se-guirli anche oltre la

scuola. Riesce a interessare, entusia-smare, coinvolgere gruppi di tutte leetà, dai bimbi delle elementari ai li-ceali, agli ex allievi. Lo fa per dono dinatura - sensibile, aperto, incisivo, ot-timista - e per l’esperienza nell’artedidattica appresa dai Fratelli. DonCarlo è “ministro della Parola” pene-trante, semplice, chiaro. Espone ilVangelo con la vivacità di un giorna-lista … Degno di nota il costituirsi delgruppo “Le Dame della Carità”, rivoltoalle mamme degli alunni in collabo-razione con i giovani e le signore dellaConferenza di San Vincenzo.

28 febbraio 1941: il Direttore Pre-side del Gonzaga Fratel GioachinoGallo annuncia la partenza di donDon Carlo Gnocchi è accolto al

Gonzaga nel 1936. Ha 34anni.

Sorprendente la stima profondache da vero “sacerdote lasalliano“nutre per San Giovanni Battista de LaSalle. Ammirazione esternata di fre-quente, come in occasione del tran-sito delle reliquie del Fondatore aMilano.

“Non temiamo smentita affer-mando che, dopo di lui, nessuna rivo-luzione pedagogica fu né piùprofonda, né più vasta, né più com-

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Tra don Carlo e i Fratelli delle Scuole Cristiane c’è stato un vitale rapporto, tantoche il sacerdote, già cappellano del Gonzaga-La Salle, intendeva affidare lorotutte le istituzioni da lui fondate.Il libro “Riscatto del dolore innocente” (1967) scritto da fratel Beniamino Bonetto,grande amico e collaboratore di Don Gnocchi, ne rivela la stretta simbiosi.

Gabriele Mossi, Fsc

Don Gnocchi con Fratel Gioachino,direttore del Gonzaga.

Fratel Beniamino e don Gnocchi a Ginevra al congresso inter-nazionale dell’UNESCO sull’educazione dei motulesi nel 1950.

1 Dal Quotidiano “L’Italia”, Milano 13.1.19372 Da “L’Azione Giovanile” 19373 Dal Bollettino del Gonzaga 1938

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Gnocchi, volontario al fronte comeCappellano Militare del V° Batta-glione Alpini in Albania. È partito perstare con i suoi giovani al fronte, maè sempre presente al Gonzaga con isentimenti migliori, la fervente pre-ghiera e una gamma impressionantedi scritti. Sull’altarino da campo of-ferto dalle Dame della Carità, celebraper la grande famiglia del Gonzaga,che va a gara nel servizio ai soldaticon pacchi-dono per i suoi Alpini. Fa-miglia e focolare di don Carlo è “il suoGonzaga”, come testimonia il copiosoepistolario al Direttore, ai Fratelli, aglialunni e alle loro famiglie.

“Francamente non mi ero mai ac-corto che mi fossero tutti entrati cosìin profondità nella vita e nel cuore. Liho presenti tutti in preghiera ogniora!”4. “Se io dovessi fare un conto deipensieri di una giornata, come di tuttele giornate, dovrei dire che il 70% ri-guardano voi e il Gonzaga. Nono-stante tutto, voi siete rimastiostinatamente la mia cara e numerosafamiglia”5. “Dirò che i ragazzi del Gon-zaga, le famiglie, le mie conoscenze mihanno fatto una compagnia grande,assidua e appassionata … in mediasono 25 o 30 lettere al giorno. Oggi,per esempio, 39”6.

“5 ottobre 1941: nell’inaugurarel’anno scolastico al Gonzaga, FratelGioachino documenta la generosa as-sistenza fornita ai soldati (innumere-voli articoli di comfort, 530 kg. dilana, 5000 indumenti confezionati).Con un pensiero particolare a donCarlo, ne annuncia prossimo il con-gedo e il ritorno al Gonzaga per ilnuovo anno scolastico.

La campagna di Russia riaccendein don Gnocchi il desiderio di ritor-nare, come Cappellano della DivisioneTridentina, tra i suoi Alpini là “dove simuore”. Parte rincuorato dai doni e

dalla corrispondenza di Fratelli ealunni. Nei continui spostamenti, tra-punti da disagi inimmaginabili, donCarlo trova il modo di scrivere fre-quenti e lunghissime lettere, comequella rivolta alle mamme degli alunnidel Gonzaga. “Quando si ha la fortunadi avere affidato i propri figli alle curematerne e infaticabili dei Fratelli delleScuole Cristiane, si può essere ben certiche nulla mancherà alla loro forma-zione spirituale e religiosa”7.

I giovani lo tempestano di corri-spondenza. Il 22 ottobre 1942 indi-rizza al Gonzaga una lettera aperta,commentata nelle classi e pubblicatasul Bollettino. Il Gonzaga rispondeimmediatamente con la spedizione didieci casse con ogni genere di con-forto. A Milano i bombardamentidiurni e notturni seminano il terrore.L’Istituto a novembre è obbligato asfollare e raccoglie gli alunni in tresedi fuori città. Il 18 gennaio 1943inizia per gli Alpini la massacrante,tragica, eroica ritirata, scritta sullaneve col sangue. Don Carlo ne escevivo per miracolo. È decorato di Me-daglia d’Argento al valore sul campo.Toccante la testimonianza del Cap-pellano degli Alpini Mons. Carlo Chia-vazza:

“Gennaio 1943. Nell’isba di donGnocchi c’è una brandina e dapper-tutto casse, cassette, pacchi, involti.

Gli dico “Fai il rigattiere?” Mi risponde:”Sta zitto, sono tutti regali che mimandano dal Gonzaga. È un istitutomeraviglioso. Duemila ragazzi o giù dilì. Sono proprio quei ragazzi, educatidai Fratelli, che mi fanno avere tuttoquesto ben di Dio. Io faccio il gene-roso, ma con la roba degli altri… Hoavuto e ho la fortuna di essere all’Isti-tuto Gonzaga. Continuo a sentirmi là,in via Vitruvio, specie quando mi ritiroqui in silenzio, la notte”.

In attesa il Gonzaga soffre, prega,spera …

5 aprile 1943. Don Gnocchi final-mente è al Gonzaga. Riprende confervore l’impegno apostolico, mentreimperioso matura in lui il proposito didedicare tutte le sue forze e l’interavita alle vittime della guerra: gli inva-lidi grandi e piccoli e gli orfani deisuoi Alpini. Tutto sempre con la soli-darietà dei Fratelli e degli amici delGonzaga. Assume la direzione dell’“Istituto Grandi Invalidi di Guerra” diArosio. Con la caduta del Fascismo,l’armistizio dell’ 8 settembre e la Re-sistenza, Don Carlo incontra i co-mandi partigiani clandestini. E’ spiato,arrestato, rinchiuso nel carcere di SanVittore in attesa di giudizio… I Fratellinon lo abbandonano e riescono a far-gli pervenire in cella il “conforto quo-tidiano”. Liberato per intervento delCardinale Ildefonso Schuster, è vigi-

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Insieme a don Gnocchi, Fratel Edesio Gambino e Fratel Gustavo Furfaro.

4 Lettera a fratel Gioachino Gallo 27.3.19415 Lettera agli alunni del Gonzaga 23.4.19416 Lettera a fratel Gioachino 20.5.1941 7 Lettera aperta alle mamme degli alunni del

Gonzaga dal fronte russo 15.9.1942

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lato speciale e rischia di essere elimi-nato a tradimento. Con alcuni Fratellie Sacerdoti riesce a salvare molti in-nocenti perseguitati, tra i quali alcuniallievi ed ex allievi del Gonzaga.

Il 25 aprile 1945 riprende la suavita apostolica con i duemila alunni,finalmente riuniti nell’unica sede divia Vitruvio. Ma ormai non appartienepiù ad un solo istituto. Raccoglie iprimi orfani di guerra nella Casa diCassano Magnago (Varese). Sistemaun altro gruppo di piccoli orfani nel-l’Istituto Grandi Invalidi di Guerra diArosio. Il Gonzaga resta la base diogni nuova iniziativa. Nel marzo 1946fr. Gioachino Gallo, nominato Visita-tore Provinciale e poi Assistente delSuperiore Generale, continua ad ap-poggiare l’opera di don Gnocchi conaccresciuta autorità e la bontà gene-rosa di sempre.

La guerra è finita, ma per le suevittime la guerra comincia! Don Carloha deciso: sarà tutto per gli orfanidegli Alpini, per i Mutilatini e per l’in-fanzia motulesa. Comunica la suascelta al Card. Schuster che approva,lo incoraggia e all’ inaugurazionedell’anno scolastico 1946-47 lo sosti-tuisce al Gonzaga con Don Ernesto

Castiglioni. Sostituzione non allonta-namento, perché don Gnocchi conti-nua ad essere di casa al Gonzaga e acontare sull’ appoggio fattivo dei Fra-telli e delle famiglie. Per l’inserimentodei motulesi nella vita di ogni giornoDon Carlo vuole in Milano un moder-nissimo “Istituto di avviamento al la-voro, Arti e Mestieri”. I Fratelli delGonzaga avevano acquistato a Cre-scenzago una vasta area per costruireun ”Istituto del Lavoro” per la forma-zione di periti tecnici. Don Gnocchipropone di unire le forze. Il Gonzagaè d’accordo. L’arch. Gio Ponti preparail progetto. Fratel Gioviniano Negricura i rapporti con il Superiore Gene-rale fratel Athanase Emile, lieto di im-pegnare i Fratelli nel servizio dellevittime innocenti della guerra. Ma leofferte scarseggiano e il Ministero silimita a vaghe promesse verbali. Sipensa allora ad un’impresa eccezio-nale: il volo transatlantico de “l’An-gelo dei Bimbi” da Milano a BuenosAires. I Fratelli affrontano i vari pro-blemi organizzativi con sacrifici e fiordi spese. Il 9 gennaio 1949 il mondoesalta il grande evento, incoraggiatodal plauso benedicente del SantoPadre. Don Gnocchi esprime ai Fratelli

profonda riconoscenza per l’ottimosuccesso, ma di Crescenzago non sene parla più. Fratel Gioviniano, rico-verato d’urgenza in clinica per gravimotivi di salute, muore il 6 giugno.Don Carlo ricorda al Comm. Bodini:“Tiraccomando la lapide a Fratel Giovi-niano, altrimenti di lassù ti tirerò leorecchie!”. Nel novembre 1956 la la-pide è collocata nella “Sede Centraledella Fondazione Pro Juventute” alForo Italico in Roma, presente alla ce-rimonia la madre di Fratel Giovinianosignora Pina ved. Negri, alla qualeviene consegnata la Medaglia d’Oroalla memoria. I Fratelli fanno sorgerel’Istituto San Giuseppe a Crescenzago.

È l’ora di importanti decisioni. Perfissare un piano razionale di terapia,istruzione, addestramento e forma-zione dei motulesi, dopo un ritiro diotto giorni don Carlo convoca FratelBeniamino nel suo studio.

“Io non ho le doti di fondatore diCongregazioni. Adotterò la soluzionegià in atto: le suore per le bambine; peri ragazzi chiederò al Superiore Gene-rale di mettermi a disposizione deiFratelli qualificati per la gestione ditutti i Collegi della Fondazione”.

Generosa la risposta di FratelAthanase-Emile, che assegna nume-rosi Fratelli all’opera di don Gnocchi.Quando già sono visibili i segni delmale fatale, don Carlo continua a so-stenere con fermezza Fratel Benia-mino nel valorizzare ogni mezzo perla santa causa. A Natale 1955 gli con-segna “la Medaglia della Fondazione”,in attestato di affettuoso apprezza-mento. Nei fugaci incontri in clinica,con un filo di voce gli mormora paroledi incitamento. Allo spegnersi dellavoce, luminosi di carità parlano gliocchi già destinati a due dei suoi mu-tilatini ciechi.

I Fratelli considerano un privilegioessere assegnati ai Collegi di donGnocchi, fermo nella volontà di affi-dare l’intera Opera alla Congrega-zione dei Fratelli.

La decisione è esplicita nella pri-

Castel Gandolfo 27 agosto 1953, udienza di Pio XII ai mutilatini europei partecipanti al “Campod’agosto dell’infanzia mutilata” organizzato dai collegi di Roma e di Salerno, per la fondazionedi una “Federazione Internazionale dei Mutilatini d’Europa”.

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mavera del 1950, con una lettera afratel Gioachino:

“Conoscendo i Fratelli, sarei felicedi fare di quest’Opera una nuovagemma nella corona delle opere dellaCongregazione lasalliana, operaunica, diretta all’educazione cristianadella gioventù sofferente ed aventeper fine la pedagogia soprannaturaledel dolore innocente: fine quanto mailasalliano. Ella deve lasciare questapreziosa eredità alla sua Congrega-zione: l’apostolato in mezzo alla gio-ventù sofferente. Io sono certo che, seil Fondatore fosse vissuto in questitempi di dolore, non avrebbe fatto di-versamente”8.

La proposta di don Gnocchi éfatta oggetto di ponderata rifles-sione. Si profila il grave problemadei poliomielitici, che nell’aprile1952 impone un nuovo indirizzo. Lasvolta suscita perplessità e disagio,per il timore responsabile di nonpoter subito far fronte alla situa-zione, non ultimi i rapporti con le di-rezioni dei “Collegi Femminili”. Fr.Gioachino, non potendo assumerealla cieca impegni così gravosi,espone cordialmente le ragioni deldiniego a don Carlo, fermo nel sin-cero proposito di affidare la suaopera ai Fratelli. Ma verrà prima lamorte.

Nell’ultimo consiglio della Fon-dazione presieduto da don Gnocchi,fratel Gioachino dichiara: “Dico a

don Carlo che gli sono grato perl’onore fatto a me e ai miei Fratellicon la sua amicizia e gli ripeto che iFratelli sono felici di lavorare nellaPro Juventute”. Don Carlo confida inextremis a Mons. Edoardo Gilardi,suo successore: “Penso al Fr. Assi-stente Gioachino; egli è buono e miperdonerà tante cose”.

L’ultimo sogno di don Gnocchi: larealizzazione di un Collegio modello,il “Centro Pilota” di Milano. Acquistail terreno nella regione residenzialedi San Siro e pone la prima pietranel settembre 1955. La morte (28febbraio 1956) gli impedisce di ve-dere l’opera, terminata dalla muni-fica intraprendenza del “Comitatopro Centro”. Il Card. Giovanni Co-lombo, amico e compagno di studi di

Gli Istituti della Fondazione Pro Iuventute che furono man mano affidati ai Fratelli delle Scuole Cristiane:1. Parma, marzo 1949: S. Maria ai Servi. Quello di Parma, ospitato nel cinquecentesco Convento dei Serviti, fu

il primo Collegio di cui i Fratelli delle Scuole Cristiane ebbero la direzione generale e la gestione. Primo direttorefu Fratel Abele Morello.

2. Pessano, ottobre 1949: S. Maria al Castello. Sede destinata l’anno seguente alle Mutilatine. I bambini furonotrasferiti a Torino. Primo direttore fu Fratel Alessio Gatto.

3. Bologna, febbraio 1950: Villa Altura. Primo direttore Fratel Pietro Soncini. Dopo pochi mesi i piccoli ospitifurono trasferiti all’Istituto di Parma.

4. Torino, aprile 1950: S. Maria ai Colli. Primo direttore fu Fratel Armando Riccardi.

5. Roma, 1950: S. Maria della Pace. Primo direttore fu Fratel Alfredo Alfieri.Lapide collocata nella sede di Roma e scoperta il 10 novembre 1956 da Donna Carla, moglie del Presidentedella Repubblica Giovanni Gronchi:

Alla pia memoria di Fratel Gioviniano delle Scuole Cristiane.Col consiglio, la preghiera ed il sacrificio,

benefattore insigne dell’Opera dei Mutilatini.La Presidenza della Pro Iuventute

riconoscente pose.6. Salerno, 1951: S. Maria al Mare. Primo direttore fu Fratel Reginaldo De Rossi.

7. Milano, 1955: S. Maria Nascente. Don Carlo vagheggiava un Collegio Modello - il Centro Pilota - da erigersia Milano. Acquistò il terreno nella zona residenziale di San Siro, e vi collocò la « prima pietra » il 22 settembre1955, alla presenza del Presidente della Repubblica. Purtroppo, la morte (28 febbraio 1956) gli impedì di vederel’opera terminata. Di questa istituzione, fiore all’occhiello di tutte le Opere, il primo direttore fu proprio FratelBeniamino Bonetto, “la mente” di quel “braccio” poderoso che era Don Carlo.

8. Massa, 1957: S. Maria alla Pineta. Primo direttore fu Fratel Edesio Gambini.

8 Lettera a fratel Gioachino Assistente14.7.1950

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don Carlo, nel discorso commemo-rativo del decennio della sua morte,tenuto nel Duomo di Milano il 28febbraio 1966, dice tra l’altro:

“Nell’ambiente del Gonzaga e

Campo d’Agosto dell’Infanzia Mutilata Europea. Fratel Reginaldo De Rossi, direttore del Collegio di Salerno con un piccolo mutilato danese.

nelle famiglie dei suoi alunni, donCarlo trovò gli amici, gli appoggi ef-ficaci della sua opera nascente cheaveva bisogno di sostegno, di cuoree di borsa; e qui egli trovò gli Educa-

tori ai quali affiderà l’Opera a cui Diolo destinava. Non lo sapeva, maerano gli “strumenti” delle misteriosevie della Provvidenza”.

Don Carlo Gnocchi e i Fratellidelle Scuole Cristiane: una “santaalleanza” di fede e di zelo, di impe-gni e competenze, di generosità esacrificio a servizio della carità,fatta educazione per i giovani feritidalla tragedia e dal dolore.

Nell’atrio dell’Istituto Gonzagapuoi leggere questa lapide:

DON CARLO GNOCCHIDIRETTORE SPIRITUALE

DAL 1936 AL 1946QUI ATTINSE L’ENTUSIASMOI CONSENSI E I PRIMI MEZZIPER L’OPERA DI ASSISTENZA

AGLI ORFANIE DI REDENZIONE DEI PICCOLI

MUTILATI DI GUERRA.

Parole vere da portare nel cuore eda partecipare a chi non le conosce. ◆

Eroi e galantuomini“È molto più facile essere un eroe che un galantuomo, affermava Pirandello nella commedia “Il piaceredell’onestà”. Infatti, eroi si può essere ogni tanto, galantuomini sempre”. Un concetto chiarissimo e quantomai attuale. In pratica, il singolo gesto di un uomo non esprime tutta la sua levatura morale: la veracartina tornasole è la limpidezza  delle idee, delle intenzioni e i gesti concreti di coerenza di vita chesolo un galantuomo può esprimere costantemente. La società non ha bisogno di eroi e tantomeno dipresunti tali, ma di uomini veri capaci di scelte coraggiose, di galantuomini appunto. Galantuominiperò non ci s’improvvisa, lo si diventa giorno per giorno. L’essere galantuomini è  uno stile dell’animache si esprime quotidianamente  nelle piccole e grandi scelte, nel sincero  dono  di sé, senza squilli ditromba e soprattutto senza la pur legittima riconoscenza e richiesta di  ricompensa. Per fortuna, i ga-lantuomini esistono ancora e sono più di quanti si possa immaginare. Ma è drammatico e piuttostosconfortante che gli aspiranti eroi siano sempre in prima fila, con i loro sorrisi patinati, pronti a rice-vere e talvolta a prendersi più di quanto abbiano  dato, offendendo i galantuomini (veri) che con laloro perseveranza possono ancora permettere alla società di  anelare ai valori  di giustizia ed equità edi sperare in un mondo migliore. Per fortuna il detto popolare, che recita: “Il tempo è galantuomo: re-stituisce tutto a tutti”, ci consiglia di pazientare, perché prima o poi giustizia sarà fatta.

The Dreamer

Sestante

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ricorrenze

tipo, ma si tratta invece di una cate-goria storico-culturale ricca di pre-gnanza che - ancora una volta -potremo efficacemente cogliere se,doverosamente, sapremo coniugareinsieme idee-tendenze-cause-fatti-conseguenze-correlazioni: è la lezionedella Storia.

Come dato autobiografico da cuivoglio prender le mosse, posso direche proprio nell’anno 1968 iniziai imiei studi universitari alla Cattolica

di Milano (non so se mi spiego!) e,certamente, ne vidi di tutti i colori:risse, scazzottamenti, arringhe pienedi retorica da parte di qualche perdi-tempo del Movimento Studentesco,plateali contestazioni a docenti acri-ticamente ritenuti più “fascisti” dialtri solo perché facevano il loro do-vere; l’università per un breve tempooccupata (il giorno del mio primoesame, storia romana, facevano en-trare solo chi doveva fare esami, midissi “cominciamo bene…”); MarioCapanna – allora era lì, poi emigrò al-trove, poi fece politica, s’imborghesìsenza mai pentirsi delle sue violenzee scrisse “Formidabili quegli anni” –che guidava spedizioni punitive, argi-nate a fatica dalla Polizia. Poi il caospassò e andò altrove. Era questo ilSessantotto? Anche, ma non solo. Locapii a poco a poco, proprio mentreun po’ osservavo queste cose da di-ciannovenne ancora in formazione (suposizioni ideali e ideologiche certoassai lontane da quelle dei sessantot-tini), un po’ mi ponevo – con l’aiutodi adulti più dotati di argomenti or-dinatori – dalla parte degli esseri pen-santi e non di burattini nelle mani diideologi. Dal Sessantotto vennero poigli anni di piombo e, con essi, la lu-gubre stagione delle BR.

Mi pare opportuno e fruttuoso,nella rilettura possibilmente attentadi questo fatto “culturale” che è statoil Sessantotto, pormi sulla scia di unsuo lucido interprete, Enzo Peserico1,dal quale riceviamo, innanzitutto, la

Come abbiamo in più occasioniosservato, le circostanze anni-versarie sono opportunità irri-

nunciabili per riscoprire valori,puntualizzare insegnamenti, ristabi-lire verità. E cinquant’anni sono certoun bel percorso per ritrovare il sensodelle cose, specie il cinquantennio checi siamo lasciati or ora alle spalle.

Che cosa evoca oggi la parola“sessantotto”? Per molti è ormai pocopiù di un “flatus vocis”, di uno stereo-

Per una lettura a 360° di un fenomeno autenticamente rivoluzionario

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Maurizio Dossena

IL SESSANTOTTO

1 E. PESERICO, in Alleanza Cattolica – Dizio-nario del Pensiero Forte; IDEM, Gli anni deldesiderio e del piombo, Sessantotto, terro-rismo e Rivoluzione, Ed. Sugarco MI 2008.

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precisazione che tale evento, in Italia,è stato il più lungo (dura, con alternevicende, fino al 1977) e il più signifi-cativo, in quanto, a differenza di altriluoghi nei quali ha avuto, magari,esplosioni più cospicue, da noi si èfatto sistema: ed egli lo spiega ci-tando Voegelin, secondo il quale i fe-nomeni messianico-rivoluzionari dimassa sono preparati da situazionisociali di profonda inquietudine, checostituiscono il terreno di colturadell’ideologia, intesa come sistema dimiti che promette il raggiungimentodella felicità “secolarizzata”, cioè to-talmente infraterrena, attraversol’azione politica: proprio ciò che è av-venuto da noi. Si tratta, dunque, diuna Rivoluzione culturale, che haespresso due tendenze di fondo, unache possiamo definire rivoluzione “ininteriore homine”, una rivoluzione cheavviene - cito sempre la lucidissimalettura di Peserico - “rovesciando lostile di vita dell’uomo naturale e cri-stiano, in un processo di progressivadistruzione di ogni legame vitale -con Dio, con gli altri uomini e con sestesso – fino all’esito coerentementedrammatico dell’autodistruzione at-traverso la tossicodipendenza o il sui-cidio”. La seconda tendenza simanifesta nella rivoluzione politica,nella lotta politica, anche violenta,anche lotta politica armata, nel ter-rorismo. È assolutamente indispensa-bile, a questo riguardo, non perdere divista - trattandosi di un macro-evento - le macro-categorie della

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Storia2, per cui allora varrà il raffrontocon l’iter della Rivoluzione Francese edel Bolscevismo, con una certa reto-rica della Resistenza, in quanto, iden-tificando etica e politica, ilrivoluzionario di professione “ha l’ob-bligo morale di far trionfare i postu-lati dell’ideologia con qualsiasimezzo”.

La generazione del Sessantotto hasmarrito anche la memoria di quelpatrimonio di verità individuali e so-ciali contenuto nella tradizione cri-stiana e già sfigurato dai modelliliberali e illuministici della “societàopulenta”; ha mostrato inequivocabil-mente “l’incapacità della Modernità,con il suo arsenale ideologico, di for-nire risposte significative alla sua de-riva nichilista e ha quindi resoevidente, per contrasto, l’esistenza diun’alternativa reale alla dissoluzionepersonale e sociale”.

È anche interessante notare chequalche sessantottino di spicco ha poisaputo fare una dovuta opera di di-sincanto, come, ad esempio, Aldo

Ricci, il quale, sul “Fatto Quotidiano”,in difesa della “sua” università, quellafacoltà di sociologia di Trento che fueffettivamente nell’occhio del ciclone,ha effettuato una tirata contro quei“sessantottini furbi, quelli che peresempio imposero il 30 politico, chepoi finì per devastare la credibilitàdell’università italiana, [a cui] vannoaggiunte frotte di emuli tornacontisti:artisti, intellettuali, imprenditori e viadiscorrendo”.

Prezioso è poi lo studio che Al-fredo Mantovano fa3 circa i guasti chela mentalità sessantottina ha provo-cato nella Pubblica Amministrazione,causando de-responsabilizzazione,inefficienza e disorganizzazione, oltrea evidenti infiltrazioni ideologiche.Mauro Ronco4 ci illumina però anchesulla speranza ritrovata, “testimoniatadall’esistenza di persone e di famiglieche, in particolare in Italia, hanno sa-puto resistere a questo processo di di-sgregazione e anche rilanciare, nelmondo dominato dal relativismo, lasperanza in un futuro capace di rico-

2 Rimando, al riguardo, all’ineludibile saggiodi Plinio CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivolu-zione e contro-rivoluzione, Ed. Sugarco MI2008; prima edizione brasiliana 1959, primaedizione italiana 1963.

3 Il riferimento è al suo intervento nel conve-gno tenutosi, ad anniversario, il 17 maggio2008, a Milano, nel Teatro Sales, col titolo“Gli anni del desiderio e del piombo. Ses-santotto, terrorismo & Rivoluzione” (il titoloera, appunto, lo stesso del libro di Peserico,in quanto questo attento studioso del feno-meno era da poco prematuramente scom-parso), organizzato da “Alleanza Cattolica”in collaborazione con la “Fondazione EnzoPeserico, Fede e Ragione, Persona e Co-munità”.

4 Ibid.

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riflessioniricorrenze

noscere una legge universale, giustae buona, che sia la base della convi-venza umana” (S. Manzin).

Ma la riflessione di gran lunga piùsignificativa è quella sui rapporti fraSessantotto, mondo cattolico, am-biente ecclesiale, ove ritroviamo lanecessità di bilanci spesso vistosa-mente negativi, nella misura in cuicostatiamo che, effettivamente, ilmondo giovanile cattolico si è spessotrovato, passivamente, ingenuamenteo colpevolmente, coinvolto nel feno-meno sessantottesco. Non posso che,al riguardo, dare ancora la parola aEnzo Peserico, secondo il quale - ca-pace di una lettura attenta e disin-cantata di quanto avvenne in ambitocattolico negli anni sessanta/settantaa fronte di uno pseudo dopo-Concilioda “tana libera tutti” a cui dovevanoancora giungere i successivi monitidei Papi – il movimento cattolico(fatte salve le dovute eccezioni) “fra-stornato dall’aggiornamento conci-liare e soffocato politicamentedall’egemonia democristiana, si lasciasedurre dall’utopia marxista: i suoiquadri dirigenti abbandonano in largaparte la Chiesa e la base finisce inbuon numero a ingrossare le file deirivoluzionari di professione. Pertanto,il movimento cattolico perde nel Ses-santotto un’occasione storica: di

fronte alla debolezza della cultura li-beral-illuminista e all’aggressione in-tellettuale e politica della rivoluzionesocialcomunista rinuncia a prenderel’iniziativa, entra anch’esso ‘in crisi’ e,trascurando la dottrina sociale dellaChiesa, accetta l’analisi sociale mar-xista, assumendo così un atteggia-mento di subalternità culturale checontinua a produrre effetti desolanti”.

La conclusione l’affido al mioamico Marco Invernizzi, il quale -sulla base di una lettura capillare, dapar suo, del movimento cattolico inItalia attraverso i punti chiave giàvisti, fino all’Humanae vitae di Paolo

VI e alla “teologia del corpo” di Gio-vanni Paolo II - ammonisce5 che “ilSessantotto si è suicidato”, in quanto,delle due strade percorse dal movi-mento in oggetto, quella politico-mi-litare che sfocia nel terrorismo equella che mira alla costruzione di un“uomo nuovo”, se la prima fallisce, laseconda cambia i connotati culturalidi una generazione, preparando l’Ita-lia all’epoca odierna, post-ideologica,dominata dal relativismo e dalla di-sperazione esistenziale, la quale cul-mina nelle droghe e nel suicidio.

E le conseguenze sono sotto gliocchi di tutti. ◆

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5 Ibid.

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...la Parola per te!

Gabriele Mossi, Fsc“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regnopreparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt. 25,34-40)

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Signore, fammi vivere fede e carità come gemelle.Con gli occhi della fede vedo il tuo volto sorridermi all’incontro con ogni creatura e le spalanco le braccia della carità amandoti con l’umiltà della mia vitafatta “servizio” ai piccoli, ai bisognosi e agli ultimi col cuore delle Beatitudinisenza credermi attore di pseudo miracoli per gli applausi sul palco della vanitàma profondamente convinto che accogliendo loro accolgo Te (Mt. 10,40).e tutto quello che so donare al prossimo è donato a Te (Mt. 25,40).

Allora Signore, aiutami a riconoscerti e ad amarti in chi ha famenon solo alla tavola delle cose buone della vita ma spezzandogli il pane caldo della tenerezza abbracciandolo persona con mani delicate di rispetto e con attenzione premurosa ai suoi problemi esistenziali.

Signore, aiutami a riconoscerti e ad amarti in chi ha setenon solo con la freschezza di un’acqua ristoratricema grazie al conforto tonificante di una presenza affettuosa e fattivache col dono della verità lo renda cosciente della propria dignitàe gli apra il cuore alla speranza di una vita migliore.

Signore, aiutami a riconoscerti e ad amarti nel profugo stranieroperché superando il trauma del “diverso” che può sconcertarmie mettermi in crisi per come veste, parla, agisce, si rapporta io non lo tratti come un importuno, un pericolo o una minacciama come tua creatura bisognosa di ascolto, comprensione e ospitalità.

Signore, aiutami a riconoscerti e ad amarti in chi è nudonon solo donandogli vestiti a riparo dal gelo e dal pubblico ludibrioma col calore della carità per soccorrerlo se privo di pudore,spogliato di ogni diritto, riferimento e sicurezzasenza patria, senza il conforto di una casa e la garanzia di un lavoro.

Signore, aiutami a riconoscerti ed amarti in chi è malatovisitandolo per sollevarlo dalla solitudine di mali fisici, psichici, moraliliberarlo dall’angoscia di sentirsi abbandonato, pessimista, depressoe col sorriso rassicurante che infonde coraggio, fiducia e speranzaprocurargli interventi, cure e medicine capaci di guarirlo.

Signore, aiutami a riconoscerti e ad amarti in chi è carceratoperché si penta accettando di scontare la pena per le sue colpe,senza dimenticare chi è prigioniero di pregiudizi e passioni sregolateschiavo di cattive abitudini, incatenato dall’orgoglio e dall’egoismo vittima impotente dell’ignoranza presuntuosa e della paura vigliacca.

Signore, la vita eterna comincia da un’esistenza che incarna la misericordia,non semplice pena emotiva ma passione ed azione per l’indigentesolidarietà nel quotidiano perché il derelitto riprenda a sperare.Nel giorno della Verità non sarai certo tu a giudicarmi ma io stessosaprò riconoscere se ho vissuto adorandomi o donandomi ai miei fratellie se posso sperare nel tuo consolante “ Vieni, benedetto del Padre mio,ricevi in eredità il Regno che ho preparato per te fin dalla fondazione del mondo”.

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lasallianità

per tanti vescovi e cardinali dellachiesa francese del tempo.

Nel 1669 lo studente Giovanni Bat-tista de La Salle conseguì la laurea coni più alti onori; l’anno successivo entrònel seminario di Saint-Sulpice a Parigi;nel 1675 ottenne la licenza in teologia,mentre nel 1678 fu ordinato sacerdote;continuando gli studi, nel 1680 con-seguì il dottorato in teologia.

A 27 anni con una carriera più cheavviata, avrebbe potuto vivere il restodella sua vita nella comodità, nel pre-stigio e con la libertà di perseguirecon facilità i propri interessi.Aveva ricchezza, istruzione, po-sizione e privilegi propri dellostato clericale. Era un membrodella Chiesa istituzionale.

Ora, questo giovane contutti i vantaggi che possedeva,sarebbe potuto essere un veroseguace di Gesù Cristo e viverei valori evangelici con amore,cura e premura verso tutti, inparticolare verso gli svantag-giati e i poveri?

Si realizza l’opzionepreferenziale per i poveri

La vita di Giovanni Battistade La Salle non era altro chela vita di uno dei tanti pretifrancesi del XVII secolo, un de-stino che condivideva con i fe-deli del suo tempo. Ma appenaun anno dopo l’ordinazione, siavvicinò come cappellano allavoro delle Suore del BambinoGesù, dedite all’istruzione dei

bambini poveri. Nell’aiutarli, La Salleebbe modo di incontrare un laico,Adrien Nyel, che era stato inviato dauna ricca vedova nella città di Reimsaffinché aprisse una scuola per i ra-gazzi poveri. Giovanni Battista si rivelòsubito molto utile a Nyel, introducen-dolo presso persone che avevanomezzi e poteri per aiutarlo ad aprirela scuola. Sin dall’ inizio dunque, LaSalle non ha avuto alcun problema aconvivere con un pragmatismo cri-stiano che conciliava “fede” e “fi-nanza”.

Ricchezza, privilegi e fedeIl 24 maggio 1950, un francese del

‘700 che non ha mai fatto un passofuori dalla Francia, un prete, una per-sona ammirata per la sua gentilezza,fedeltà e raffinatezza intellettuale, èstato proclamato dalla Chiesa “Patronodi tutti gli educatori della gioventù”.Si chiamava Giovanni Battista de LaSalle, nato in una famiglia più che be-nestante. Appartenendo a un casatotanto privilegiato, avrebbe potuto ec-cellere in qualsiasi campo avesse vo-luto intraprendere. Giovanni sapevafin dall’inizio quali poteri e vantaggierano offerti ai ricchi, tuttavia, anchecon tale consapevolezza, la sua edu-cazione fu impregnata di tanta fede.Per la famiglia La Salle la “fede” e la“finanza” non si escludevano affatto.La loro vita famigliare, pur nella sicu-rezza finanziaria alquanto conforte-vole, non sottraeva in alcun modo si-gnificatività alla loro vita di fede,pienamente inserita nella stessa iden-tità di famiglia di credenti cristiani incomunione con la Chiesa cattolica.

Giovanni fin da giovane si orientòverso la vocazione al sacerdozio. Datala ricchezza e la posizione privilegiatadella sua famiglia, poté godere dellapiù bella formazione, istruzione e op-portunità di carriera clericale. Cosìquesto giovane ebbe il vantaggio,prima ancora che fosse ordinato prete,di essere nominato canonico dellaChiesa Cattedrale di Reims, un buontrampolino di lancio per aspirare allacarica di vescovo, dato che il presti-gioso incarico era stato ed era il vivaio

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San Giovanni Battista de La Salle: dalla fede nella Provvidenza alla finanza

1Luis De Thomasis, Fsc

1 Presidente Emerito Saint Mary’s University of Minnesota

La Salle giovane canonico

San Giovanni Battista de La Salle: dalla fede nella Provvidenza alla finanza

Una combinazione improbabile

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Successivamente un’altra riccadonna si avvicinò a Nyel e si offrì di fi-nanziare una scuola per i poveri, a con-dizione che vi fosse il coinvolgimentodel La Salle. Giovanni Battista accon-sentì, così cominciò a interessarsi dellescuole per i poveri, invece di restareun probabile prelato di alto rango.

E così il lavoro che impegnò Gio-vanni Battista nel campo educativo loportò ad avere un rapporto conflittualecon le classi sociali superiori, con leautorità civili ed ecclesiastiche.

Come era possibile che tanti di lorosi irritassero con chi stava solo rispon-dendo alla chiamata di Dio ad aiutarei poveri, dicendo, “Adoro in tutte lecose la volontà di Dio nella mia vita”?Dio lo chiamava a servire i poveri, delresto altro non era che la vocazionedella Chiesa nella sua totalità; nono-stante ciò, Giovanni Battista ha dovutoaffrontare una significativa resistenzaper tutta la vita.

Passando in rassegna le azioni delde La Salle all’inizio della scolarizza-

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zione dei poveri, hocompreso l’animositàdei suoi detrattori neiconfronti delle sue in-novazioni. L’istruzione aquel tempo era accessi-bile solo ai ricchi, men-tre i poveri non avreb-bero potuto maiaccedere a scuole ade-guate in cui poter ac-quisire le conoscenze ele competenze per di-ventare membri produt-tivi della società. E leclassi privilegiate, tra cuila Chiesa istituzionale,non intendevano in quelmomento diminuire illoro potere, educando ipoveri e riducendo laloro influenza. Coloroche possedevano com-petenza e abilità dete-nevano anche il potere,perciò erano coloro checontrollavano la ric-

chezza, l’economia, la società... e laChiesa. In sostanza, lo stesso principioche è ancora un abominevole ritornellooggi, è stato preminente soprattuttotra le classi privilegiate di quella so-cietà: i ricchi diventavano più ricchi ei poveri diventavano più poveri.

Giovanni Battista de La Salle cer-tamente rivoluzionò l’istruzione, ma èfondamentale capire anche, che prag-matista qual era, stava “utilizzando”l’istruzione per trasformare la situa-zione finanziaria dei marginalizzati edei poveri del suo tempo. Era la suaredditività finanziaria che ha reso realeuna direzione efficace e pragmaticaalla “opzione preferenziale per i po-veri” del Vangelo.

L’abilità finanziaria del La SalleL’accesso all’istruzione, a quei

tempi, era riservata principalmente airicchi, come accade anche oggi. A queltempo come “tecnica” dell’insegna-mento vigeva il metodo del precettore,che pochi potevano permettersi. Le

spese sostenute da una famiglia perassumere singoli precettori come in-segnanti dei loro figli erano impensa-bili, tranne per i ricchi. (Basti pensarea quanto succede ancor oggi in moltisistemi scolastici!) un circolo viziosoa confermare che l’istruzione non sa-rebbe mai stata aperta ai poveri.

Tuttavia, Giovanni Battista de LaSalle, il “prete gentleman”, diventa unagente societario creativo e innovativoper la trasformazione di un sistemache costringeva i poveri a una vita dioppressione e di emarginazione nellasocietà. E lo fece sfidando e cambiandola Chiesa con fede evangelica sia conla fondazione e l’abilità finanziaria siacon la determinazione in grado di tra-sformare la vita dei poveri attraversol’istruzione. Fu così che nel 1680 iniziòad agire per rimediare alle condizionidei diseredati. De La Salle prese nellasua casa sicura e confortevole ungruppo di uomini che non erano degliinsegnanti preparati ma si sforzavanodi esserlo per aiutare gli svantaggiati.

È importante sottolineare che que-sti uomini non erano quei tipi raffi-nati, istruiti e professionali che inse-gnavano ai ricchi. Piuttosto erano deilaici pieni di fede, che mancavanoperò di buone maniere e di formazionee, perciò guardati con supponenzadalle classi privilegiate. Questi uomini,Giovanni li accolse a casa sua, nu-trendoli e preparandoli per diventareinsegnanti. Dopotutto, quello era ilmodo economicamente più produttivoper portare a termine la sua missione.

A questo punto, la sua famiglia,gli amici e il clero furono scandalizzatida questo modo inusuale, inelegantee poco ortodosso di essere Chiesa. Do-potutto, per un benestante in quelmomento era inaudito che un pretecon tanti privilegi si fosse abbassatoal punto da rendere i comuni cittadinisuoi eguali e colleghi. Questo non gliha impedito di fondare nel 1680 l’Isti-tuto dei Fratelli delle Scuole Cristiane(Fratres Scholarum Christianarum) o,come ora si dice comunemente, i “Fra-telli del La Salle”.

La Salle maestro (Cesare Mariani, 1883 - Sala Sobieski, Musei Vaticani)

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riflessionilasallianità

La visione del La Sallediventa realtà

Giovanni Battista de La Salle èstato in grado di attrarre e formaredei laici appena alfabetizzati in unacomunità coesa impegnata a fondaree dirigere scuole per i poveri in mododel tutto gratuito.

Ma quei servizi educativi qualcunoli avrebbe dovuti pagare!

Nel 1683 decise che doveva esserecome uno dei suoi “Fratelli”, poverocome loro e completamente dipen-dente dalla provvidenza di Dio, cosìprese una decisione inaspettata. Ri-nunciò a tutte le sue ricchezze, mainvece di darle alla comunità a van-taggio delle scuole, come ci si sarebbeaspettato, distribuì tutto quello cheaveva per aiutare i poveri durante unadelle numerose gravi carestie che fu-nestarono la Francia.

Questa azione non fu vista di buonocchio da tanti suoi colleghi. Moltipensavano che la sua ricchezza dovesseriversarsi nelle proprie scuole e per illoro sostegno. Le tensioni tra i Fratellicontro le sue azioni e le sue decisioniaumentarono, ma Giovanni Battistacontinuò a seguire la volontà di Dio.

Le pressioni crescevano anche daparte dei sostenitori esterni. Usando

saggiamente le risorse finanziarie però,riuscì ad aprire molte nuove scuole intutta la Francia e attraeva molti piùlaici nella comunità. Le sue scuole li-bere erano aperte a tutti e la loro po-polarità aumentava anche tra coloroche non erano poveri. Ma con la cre-scita della popolarità delle sue scuolelibere, incontrò molti seri problemi.

Invece di incoraggiarlo e assisterlo,gli altri aumentavano gli attacchi e ildisprezzo per il de La Salle a motivodel suo rinnovato impegno per l’edu-cazione dei poveri.

In quel tempo, c’era l’attività degliinsegnanti che erano a disposizione dicoloro che potevano permettersi dipagare una retta. Questi insegnanti apagamento (maestri scrivani) furonoostili alle scuole libere del de La Salle,dal momento che stavano perdendo illoro lavoro. Per questo denunciaronoai tribunali queste scuole, affermandoche operavano in violazione delle Leggie dei regolamenti. Queste battaglie le-gali proseguirono per anni e alcunesentenze non furono favorevoli al LaSalle. Sebbene a volte fosse moltoamareggiato, Giovanni continuò confermezza nel suo lavoro di trasforma-zione con una fede e un pragmatismofinanziario molto efficaci. Ma la resi-

stenza più distruttiva e offensiva allavoro educativo del De La Salle con ipoveri venne dai luoghi più impensa-bili: dalle stesse autorità gerarchichedella Chiesa istituzionale. De La Sallenon aveva alcuna approvazione espli-cita della Chiesa per operare in questescuole libere, quindi non erano sottoil controllo diretto dell’autorità eccle-siastica del tempo. Sorsero seri con-trasti, tanto che in molti casi il soste-gno finanziario, che era statoprecedentemente promesso dalle par-rocchie e dalle diocesi, non fu più elar-gito. Giovanni Battista de La Salle riu-scì comunque con la sua fede autilizzare le finanze per rendere pos-sibili le opportunità educative per ipoveri.

Non per spiriti deboli

De La Salle ha sperimentato ten-sioni, ostilità, fastidi e cavilli legali al-l’interno della sua stessa comunità, daparte delle autorità civili, riguardantegli affari, e della Chiesa istituzionale,e tutte allo stesso tempo.

Ciò sarebbe stato sufficiente perimpedire a chiunque di continuare aperseguire il suo scopo, non importaquanto nobile, ma non ha fermato Gio-vanni Battista de La Salle. Egli continuò

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La Salle distribuisce il pane ai poveri nell’inverno 1684-85 (Giovanni Gagliardi, 1901)

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lasallianità

a fare la volontà di Dio quando la com-prese, con una fede nella sua chiamatae con zelo per prendere decisioni prag-matiche e finanziarie al fine di realiz-zare quanto lo Spirito gli indicava.

Oggi nessuno nella Chiesa dubitache San Giovanni Battista de La Sallesia stato un pioniere, un innovatore eun leader trasformatore, non solo comeeducatore religioso, ma anche in tuttoil panorama dell’istruzione in generale.

Pur riconoscendo questi risultati,non spiegherebbero pienamente e conprecisione ciò che quest’uomo hacompiuto. Anche se non è stato co-munemente riconosciuto come tale,De La Salle è stato davvero un inno-vatore della Chiesa istituzionale. Lasua efficacia nell’intraprendere e so-stenere l’innovazione in campo edu-cativo ha portato a una prassi con laquale la Chiesa avrebbe potuto per-mettersi di educare i poveri. Ciò hacambiato la classe povera e operaiada soggetti vincolati da un contrattoa persone con abilità e conoscenze,conferendo loro una dignità che sa-rebbe stata incorporata in un laicato

cattolico libero e istruito.L’uomo di preghiera e il

tenace De La Salle ha sa-puto trasformare il tradizio-nale membro della Chiesacattolica. Non erano piùsemplicemente dei fedelimembri laici della Chiesadocili e dipendenti da unclero “dotto”. Divennero per-sone di Dio con fede e zeloeducate per seguirlo. Quasida solo, Giovanni Battistade La Salle ha cambiato la“vita dei fedeli”. Ha trasfor-mato l’istruzione cristianafocalizzandosi su modalitàspirituali diverse, svilup-pando pienamente il poten-ziale individuale.

Le sue scuole hanno ab-battuto classi sociali e bar-riere economiche. E senzanulla togliere all’ispirazione

spirituale e salvifica della sua missioneeducativa, ha incorporato e promossocon successo un curriculum accade-mico che fosse pratico ed efficace perinserire i propri allievi in una societàche precedentemente aveva dato loropoca speranza di sopravvivere neppurecon un briciolo di dignità.

I suoi metodi rivoluzionari preve-devano che l’insegnamento nelle suescuole avvenisse esclusivamente nellalingua nazionale invece che nelle lin-gue classiche latina e greca, come av-veniva in quel tempo. Ciò ha facilitatoquel processo di democratizzazionedell’istruzione, consentendo alle per-sone di avere accesso a un’istruzioneeccellente. Inoltre, nelle scuole del LaSalle si è sviluppato efficacemente il“metodo simultaneo”, cioè di inse-gnare a gruppi di studenti, anziché lapedagogia tutoriale molto “costosa”.Egli ha reso possibile l’istruzione concosti realmente minimi.

Ha continuato, come ho detto, coni suoi metodi innovativi, abbattendobarriere sociali e di classe. Ma nel mo-mento in cui le sue scuole divenneropiù popolari, anche le classi privilegiate

cominciarono a mandarvi i loro figli per-ché erano migliori, De La Salle ebbe cosìstudenti di tutte le classi sociali chestudiavano, giocavano, pregavano emangiavano insieme. Proseguì il suo im-pegno nel processo di democratizza-zione delle scuole iniziando una scuoladi formazione per tutti gli insegnantiche erano interessati ad apprendere lesue strategie e i suoi metodi innovativi.

San Giovanni Battista De La Sallecon fede e zelo e in modo risoluto si èimpegnato nella trasformazione siadella Chiesa che della società civileattraverso l’istruzione, anche se è statofatto oggetto di vessazioni e di sfidea ogni passo del suo cammino. Ha rea-lizzato ciò che può essere opportuna-mente descritto come una trasforma-zione rivoluzionaria nella Chiesa enella società, perché ha avuto il co-raggio di ri-immaginare come dovreb-bero essere le cose e ha avuto la fedeper ascoltare ciò che Dio lo stava chia-mando a fare e agì di conseguenza.

De La Salle, riflettendo su tutte ledifficoltà che aveva dovuto affrontaredurante tutta la sua vita, ha scritto:“Da parte mia, ora ti dico che se Dio miavesse rivelato tutto il lavoro e le crociche avrebbero accompagnato la fon-dazione dei Fratelli delle Scuole Cri-stiane, il mio coraggio sarebbe venutomeno. Sono stato perseguitato dallaChiesa, da coloro da cui avrei dovutoaspettarmi un aiuto. I miei stessi Fra-telli, quelli che io amo con la massimatenerezza, che ho addestrato con lamassima cura e affetto, ai quali hochiesto aiuto per servire i poveri, in-sorsero contro di me”.

Approfondendo la storia di SanGiovanni Battista de La Salle, non èdifficile capire che quando qualcunoha intenzione di trasformare la Chiesaistituzionale molto probabilmente in-contrerà non pochi problemi (succedeanche a papa Francesco, ndtr). Riuscirea combinare la fede e la finanza, comeha fatto san Giovanni Battista de LaSalle, non è per i deboli di spirito. ◆

(traduz. dall’inglese Mario Chiarapini,Fsc)

Il parroco, M. de la Chétardye, visita la scuola(Giovanni Gagliardi, 1901)

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Può sembrare un registro qualunque, ma non è così.Le firme e le date sono spesso accompagnate da rifles-sioni, invocazioni, ringraziamenti, sup-pliche, richieste anche curiose,preghiere e dediche di visitatori e pel-legrini provenienti da ogni parte delmondo ed espresse nelle lingue piùvarie. Sto parlando del Libro d’oro deipellegrini che si trova nel Santuario disan Giovanni Battista de La Salle, aRoma, in via Aurelia 476.

Spinto da curiosità, ho voluto sa-perne di più e ho scoperto che in ar-chivio sono conservati ben sette librid’oro. Il primo inizia nell’anno 1953 etermina nel 1963. In prima paginacampeggia la dedica, datata 25 feb-braio 1953, dell’allora Vicario Generaledell’Istituto Frère Denis van Jezus (Alphonse-François DeSchepper), di nazionalità belga.

Comincio a sfogliare, soffermandomi su alcune pagineche attirano maggiormente la mia curiosità.

26 gennaio 1954: ci sono le firme di un gruppo di settepersone che si definiscono “fratelli dei carcerati” e nientealtro che aiuti a identificarne i nomi o illuogo di provenienza.

8 febbraio 1954: c’è la firma di Ga-ston Courtois, l’ex ufficiale francese in-signito della Légion d’Honneur, divenutoin seguito religioso tra i Figli della Carità,fondatore di movimenti vivacissimi divita cristiana (Coeurs Vaillants) e infinea Roma, Segretario generale della Pon-tificia Unione Missionaria del Clero.

25 aprile 1954: il musicista spagnoloTomás Aragües all’autografo unisce unrigo della sua Messa Ite ad Joseph.

15 novembre 1954: è S. Em. il cardinale GiovanniBattista Montini, allora arcivescovo di Milano e futuro

Papa Paolo VI che, in occasione della sua affiliazioneall’Istituto, si prostra riconoscente dinanzi all’urna dellereliquie del santo La Salle.

24 aprile 1955: trovo espressioni elogiative dei suoimaestri e ringraziamenti per l’affiliazione all’Istituto daparte del cardinale Domenico Tardini, antico alunno

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Rodolfo Meoli, Fsc

IL LIBRO D’ORODEI PELLEGRINI

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della Scuola lasalliana di Trastevere e poi Segretario diPapa Roncalli.

Nel corso degli anni si susseguono numerose firmee dediche di cardinali, arcivescovi e vescovi di ogniparte del mondo. Tra le tante mi piace citare quelle deivescovi delle diocesi di Zumadian (Cina, 15.5.55), KualaLumpur (Malesia, 22.6.58), Bangalore (India, 22.6.58),Tripoli, Adelaide (Australia), Bujumbura (Ruanda Bu-rundi), Antananarivo (Madagascar); dei cardinali Ben-jamin de Arriba y Castro (Barcellona, 12.3.62),Salvatore Pappalardo (14.3.68, quando era Nunzio inIndonesia). Grande amico dei Fratelli del Collegio SanGiuseppe in particolare, da arcivescovo di Palermo so-leva dimorare presso la Casa Generalizia, dove occu-pava la cosiddetta “stanza del cardinale”, a suo tempomessa a disposizione del cardinale Suenens; Paul Zoun-grana (Ouagadougou, Burkina Faso, 17.10.73); EduardoFrancisco Pironio (arcivescovo argentino e poi cardinalePrefetto di alcuni Dicasteri vaticani, 17.5.76), di cui èin corso il processo di beatificazione; Joseph-Marie

Trinh-nhu-Khuê, arcivescovo di Hanoi (Viet-Nam,21.8.76); Laurean Rugambwa (Tanzania, 11.10.80) eMaurice-Michael Otunga (Nairobi, Kenia, 11.10.80);Léon-Joseph Suenens (Bruxelles, 10.5.81), grandeamico del Superiore Generale Hermano Pablo Baster-rechea, per anni ebbe una stanza a lui riservata, quelladivenuta famosa, denominata “la stanza del cardinale”.Si potrebbe continuare, ma prima di chiudere con l’altagerarchia ecclesiastica desidero ricordarne ancora due:il cardinale Gianfranco Ravasi, che però visitò il san-tuario e lasciò la sua firma il 15.6.2003, quando risie-deva ancora a Milano ed era prefetto della BibliotecaAmbrosiana e l’attuale cardinale Segretario di Stato,Pietro Parolin, che il 17 ottobre del 2016 celebrò laMessa di ringraziamento per l’avvenuta canonizzazionedi Fratel Salomone Le Clercq, insieme agli arcivescoviPiero Marini e Pierluigi Celata.

Per ultimo, è bello ricordare la firma in occasionedella visita “unica ed eccezionale” di Papa San Giovanni

Paolo II il 21 novembre 1981: si trattenne in casa dalleore 16.30 alle 22.30. Iniziando dalla Scuola La Salle,proseguì per la Sala Capitolare, poi nel santuario, di-nanzi all’urna delle reliquie del Fondatore per la cele-brazione della Messa e infine nella Sala da pranzo, cheda quel giorno è a Lui intitolata. In ognuno di questiluoghi ebbe parole indimenticabili, gelosamente con-servate nel cuore di tutti i fortunati presenti.

Ma anche le annotazioni lasciate da tutti gli altrimembri della gerarchia cattolica qui non nominatiesprimono grande ammirazione per la geniale intui-zione avuta da La Salle, fondatore di una Congrega-zione religiosa di non sacerdoti, dediti esclusivamentealla formazione cristiana e umana dei più abbandonatie per la meritoria e difficile opera continuata oggi daisuoi discepoli. Molti di questi personaggi sono statialunni delle scuole dei Fratelli e qualcuno di loro vieneanche ricordato con nome e cognome.

Passando dal mondo ecclesiastico a quello civile, siincontra S. Ecc. Éamonn de Bhailéara, Presidente dellaRepubblica d’Irlanda (3.11.61), accompagnato dal suoMinistro degli Esteri e dall’Ambasciatore presso la S.Sede, visita ripetuta anni dopo dal suo successore Mrs.Mary Patricia Mc Aleese il 19.2.99; un’importante de-legazione del Governo del Congo Central, capeggiatadel Presidente Moanda Vital-Faustin (6.8.1963); Augu-

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S. Giovanni Paolo II venera le reliquie del La Salle

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sto Valdez Oviedo, Ministro del Comercio, Economia yFinanzas (Perù, 15.5.63), padre di un Fratello delleScuole Cristiane; José M. Delgado, ambasciatore (Filip-pine, 14.1.1958); Jérôme Razafimbaminy, ministro degliEsteri (Madagascar, 27.4.69); Jan Sri Wong Pow Nee,ambasciatore della Malaysia in Italia (15.5.75). Non sipossono dimenticare le due visite fatte dal Presidentedella Repubblica del Costa Rica, S. Ecc. Miguel AngelRodríguez Echevarría, fratello del Superiore Generaleemerito Hermano Alvaro, sempre accompagnato dagliambasciatori in Italia e presso la S. Sede e da altrimembri della sua famiglia.

Sono invece in un altro registrole firme degli illustri visitatori delperiodo della seconda guerra mon-diale, quando la Casa Generaliziadivenne ospedale militare. Si trattadi Vittorio Emanuele III, Re d’Italia,della Regina Elena, della figlia prin-cipessa di Piemonte e del Duce Be-nito Mussolini. Di questi personaggise ne è scritto diffusamente nel n°53, giugno 2017 di Lasalliani in Ita-lia, al quale si rimanda.

Passando infine ai più numerosifirmatari “sconosciuti”, la primacosa che colpisce è la varietà dellelingue che si incontrano; si direbbe“una vera e propria babele”! Ne hocontate 27, dal francese al greco,al croato, al giapponese, al paki-stano, al tamil, al polacco, all’urdu,all’etiopico, al vietnamita, al ci-nese, ecc…..

Più interessante ancora è quelloche esprimono. Eccone un piccoloestratto: “Pronuncio tu nombre y lohago con cariño diciéndote Papá…”(Diego, México, 27.4.75); “…suscitaqualche santa vocazione, capito?”(Michele, Gallipoli); “chiedo al miofondatore che i Fratelli siano semprepiù apostoli e meno preoccupati diessere professori” (11.4.87); “Vengoda Nazaret, città dell’educazione di Gesù… ottienicisanti educatori per le scuole della Terra Santa” (GiacintoMarcuzzo, vescovo di Nazaret, 20.6.2006); “San Gio-vanni, intercedi per i magistrati italiani!...” (un certoMax, 21.7.2006); “…con Tigo me he hecho persona. Gra-cias” (Angel, 27.6.87); “I am always guided by the La-sallian principles” (John, Toronto, 8.11.2006); “Pour laBelgique: pour que la loi sur l’avortement ne soit pasvoté” (Corinne, 9.12.89); “Buon compleanno. Tanti au-guri! Tu 350 anni non li dimostri, noi sì. Trasformaci, rin-

giovaniscici!” (30.4.2001); “orgullosa por pertenecer aesta familia lasallista, la cual me ha dado muchas opor-tunidades de crecer…” (Marta Velasco Ramos, Hermo-sillo, México, 30.7.2003).

C’è anche qualche segno di goliardia, diciamo così,come quando tre ragazzi firmano a tutta pagina ri-spettivamente Falcao, Platini, Bruno Giordano… chenon sono mai entrati nel santuario, anche se Falcaoè stato alunno del Colegio La Salle di Porto Alegre(Brasile).

Per completare il quadro, riporto in una delle illu-

strazioni qualche altra annotazione scritta in lingua in-comprensibile ai più. Mi pare che queste e le altrepagine del Libro d’oro accolgano il respiro ampio e pro-fondo dell’educazione lasalliana nel mondo. I fogli diquesti volumi trasudano di autenticità, sono comedev’essere una preghiera: spontanea, autentica, ade-rente alla vita. Perché il compito dei Fratelli nel mondoè proprio quello di trasmettere la fede con amore equeste pagine testimoniano che, nonostante tutto,sanno svolgerlo ancora bene. ◆

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Siamo “liquidi”, per dirla conBauman. Padri e figli di una so-cietà dove è dogma solo l’idolo

del momento, quello che a turno ve-stiamo e veneriamo. Però nel magmadelle scelte - penultime - i riferimentisono apparenti, e la modernità è in-soddisfatta. Lo sviluppo economico-sociale non sempre mantiene le suepromesse; e, comunque, non dà rispo-sta per il finale. La cultura dominanteha messo in crisi la concezione di Dioe dell’uomo: la direzione è quella cheporta al sodo; e al soldo. Oggi al postodi Dio che si fa uomo per l’uomo, siparla dell’uomo che si fa Dio per l’in-teresse. Ma quando gli indici vanno inrosso e il futuro non supera il pre-sente, l’aspettativa lascia il posto alpessimismo; e spesso anche al risen-timento. Abbiamo dimenticato la Pa-squa, sono rimaste le croci. E le colpesono sempre degli altri: politica, isti-tuzioni, sindacati, ecc. ecc.

Bene, se c’è uno scrittore che puòdarci delle risposte al periodo chestiamo vivendo, questo non può cheessere Dostoevskij; sia perchè autoredi un’attualità sconcertante, avevagià previsto l’avvento dell’uomo-Dio,sia per la sua straordinaria capacità diaffrontare le complessità esistenziali;anche quelle più oscure e impenetra-bili.. Soprattutto nel suo ultimo ro-manzo, “I fratelli Karamazov“,Dostoevskij ci fa comprendere, in unitinerario pasquale valido ieri comeoggi, che verità e colpa non stanno dauna parte sola. Nei Karamazov questoè evidente in particolare nel clamo-roso errore giudiziario che porta allacondanna di un innocente; ma nonsolo.

provare rispetto né per sé né per glialtri. Non rispettando nessuno, smettedi amare e quindi, non avendo amore,per occuparsi e distrarsi si abbandonaalle passioni e ai piaceri grossolani, enei propri vizi arriva fino alla bestia-lità, e tutto ciò per il suo ininterrottomentire a se stesso e alla gente”. Sem-bra proprio un avvertimento per itempi che stiamo vivendo: lo scrittorerusso mette un punto fermo, solido,sulla nostra realtà. “Allacciati le cin-ture!”, sembra dirti: l’uomo è perico-loso, specialmente se non fa i conticon se stesso. Del resto Ivan Karama-zov, il fratello ateo-razionalista, af-ferma che se Dio non esiste tutto èpermesso. Ovviamente la questionenon è risolta e, al di là dell’afferma-zione, porterà Ivan a un bivio.

Certo se, come ci dicono, nella no-

Cose che purtroppo capitano, sipotrebbe osservare: del resto una ve-rità formale, come può esserlo quellagiudiziaria, potrebbe non corrispon-dere alla verità. E allora? Cosa c’è dinuovo? Il mondo va così: le ingiustizieci sono sempre state; e sempre ci sa-ranno. Il pessimismo, si sa, generaadattamento. E il primo passo versol’adattamento è quello di mentire a sestessi. Ecco, questo Dostoevskij non lopermette. Nell’incontro tra i Karama-zov e lo starec (monaco, guida spiri-tuale, ndr.) Zosima, ce lo dice proprioper bocca del monaco: ”La cosa prin-cipale è non mentire a se stessi. Coluiche mente a se stesso e presta ascoltoalla propria menzogna, giunge alpunto di non essere in grado di distin-guere alcuna verità né in se stesso, néattorno a sé, e dunque si ritrova a non

La società liquida e l’uomo dostoevskiano. I fratelli Karamazov,testamento spirituale del grande scrittore russo, itinerario pa-squale per il mondo di oggi. L’impossibilità delle “distanze” ela possibilità del male. La rivelazione del bene. Resurrezione, ilsignificato di un percorso.

LA PASQUA DI DOSTOEVKIJ

Fëdor Michajlovič Dostoevskij (1821-1881) ritratto del 1872 a opera di Vasilij Perov.

Giuseppe Norelli

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stra società i problemi non sono soloquelli economici, ma la solitudine e lamancanza di senso, allora… Alloracolpe e soluzioni non sono fuori di noie, quindi, ci riguardano tutti. “Non cicredi? Ti chiedo solo di non mentire ate stesso”, pare insistere Dostoevskij;e se accetti ti precipita subito nelcuore dell’uomo, quello che per lui èil campo di battaglia in cui lottanoDio e il diavolo. Ti precipita, non ti dàil tempo di prepararti, di scoprire apoco a poco come stanno le cose.Magari di prendere le distanze… di si-curezza… Eh già, la sicurezza! Quantevolte sentiamo parlare di sicurezza? Enon ci riferiamo solo a criminalità eterrorismo, ma alle povertà, (non solomateriali), al lavoro, ecc. Sembranoriecheggiare come nel capitolo del“grande inquisitore” temi quali la de-bolezza dell’uomo, la libertà, il pane.Cosa preferisce l’uomo? La sazietà o igrandi ideali? Nella tentazione di af-fidare tutto a un altro. O nell’ orgogliodi non affidarsi a un Altro. “Non c’ènulla di più seducente per l’uomo dellalibertà della sua coscienza, ma non c’ènemmeno nulla di più tormentoso”.Dostoevskij ci offre i suoi personaggicome specchi straordinariamente cre-dibili, ma assolutamente incredibilinella loro immane forza propulsiva:quelle immagini non solo non ci sonoindifferenti, ma ci coinvolgono nelloro percorso, pur distinto, verso unaResurrezione personale che, graziealla sconvolgente profondità delloscrittore, sembra anticipare quella fi-nale. E tu chi sei? Dmitrij o Ivan? Maquali? Quelli davanti allo starec, odopo l’evoluzione della storia. QualeKaterina Ivanova? Quale AgrafenaAleksandrovna, in arte Grušen’ka?No? Sei forse Fëdor Pavlovic? Smer-djakov? Ah! Vuoi essere Alëša? Pro-vaci. Ma c’è da pedalare. Zosima?Idem. Il grande inquisitore o Quelloche alla fine lo bacia? Il secondo? Tiavverto: Quello è il percorso e lameta. Eppure hai visto che nella miastoria c’è anche chi non ne vuol sa-pere…

E la storia di Dostoevskij continua.

Chi può dire veramente - special-mente oggi - io non c’entro, la cosanon mi riguarda? Come si dice? TraErode e Pilato? Mettiamoci anche Ba-rabba, non fa molta differenza. Tuttisono colpevoli per tutti. C’è una re-sponsabilità che prescinde dal fattospecifico, ripete Dostoevskij. Siamolegati a una radice comune. Tutto ècome l’oceano, tutto scorre ed entrain contatto. Chi è senza peccato?“Amate l’uomo anche nel suo pec-cato…”; “A volte sarai perplesso, so-prattutto vedendo il peccato degliuomini, e ti chiederai: “Usare la forza,o ricorrere all’umile amore?...L’amoreumile è una forza formidabile, non viè nulla che gli stia a pari”. Nemmenola forza dell’onestà. Chi non ricorda“La vita è meravigliosa”, il bellissimofilm di Frank Capra? In una cittadinaGeorge Bailey (James Stewart), unavita di sacrificio per il prossimo a di-fesa della cooperativa edilizia fondatadal padre per fornire case ai meno ab-bienti, si ritrova alla vigilia di Natalein gravi difficoltà perché è stata

smarrita dallo zio una grossa sommadella società. Il denaro viene trovatodal perfido finanziere Potter che, però,non lo restituisce. Disperato George siavvia verso il fiume per suicidarsi. Losalva la Provvidenza nei panni di unangelo che per convincerlo a non uc-

cidersi gli mostra cosa sarebbe suc-cesso se lui non fosse mai nato: nes-suna casa per i meno abbienti, suamoglie non si sarebbe sposata, nientefigli; suo fratello - morto da bambinoperché Gorge non avrebbe potuto sal-varlo – non avrebbe, a sua volta, po-tuto salvare duemila uomini duranteun’azione bellica. “Fammi vivere! Tiprego, Dio, fammi vivere ancora!”, èl’urlo di Bailey per tornare da quelpresente che non conta perché luinon esiste.

Ogni vita è importante: è questala verità. Verità che se abbracciataporta l’uomo dostoevskiano nella suavera misura; e oltre, perché pren-dendo su di sé i pesi dell’altro ne as-sume anche il suo valore. Alloral’aspetto escatologico comincia aprendere rilievo, anche se l’afferma-zione del bene nei Karamazov è la piùindiretta e tortuosa che si possa im-maginare. Intanto perché il rapportoeziologico tra tutti noi è talmentecomplicato che non sempre è preve-dibile. E poi perché il peso dell’altro

include il dolore, un passaggio obbli-gato per produrre frutto.

Certo, uno si può sempre rifiutaree restituire il biglietto; come Ivan:“Tutto è permesso se Dio non c’è”. Ep-pure l’idea lo fa soffrire perché nono-stante Dio e la sua verità abbiano

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James Stewart ne “La vita è meravigliosa”

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avuto il sopravventonel suo cuore, tutta-via la volontà è an-cora quella di nonsottomettersi. Dosto-evskij ci porta al biviocon tutta la respon-sabilità delle nostredecisioni; ci permettedi scegliere ma non ditornare indietro (senon mentiamo a noistessi...). Ed è parzialeperché lui il percorsol’ha già fatto. Ivan no.“Alëša sorrise dolce-mente: “Dio vincerà!Pensò. O risorgerànella luce della verità,o… si distruggerànell’odio, vendican-dosi di sé e di tutti peressere stato strumento di quello in cuinon credeva”, soggiunse Alëša conamarezza, e di nuovo pregò per Ivan”.

Ed eccoci al protagonista del ro-manzo, Alëša. La sua presenza è strut-turale e lieve allo stesso tempo, macarica di futuro. Nelle sue parole il te-stamento spirituale dello scrittore(morirà subito dopo la pubblicazionedei Karamazov). “Non abbiate pauradella vita! Come è bella la vita quandosi fa qualcosa di buono e di giusto!”.Alëša si fa tutto a tutti, si fa prossimo.È il “metronomo” del bene e rafforzala sua fede in questo movimento pergli altri. Sarà lui a ereditare la lezionedello starec Zosima: “Sforzatevi diamare il vostro prossimo in modo at-tivo e incessante. Più farete progressinell’amore, più vi convincerete tantodell’esistenza di Dio che dell’immorta-lità della vostra anima. Se giungeretea una totale abnegazione nell’amoreper il prossimo, allora crederete senzaombra di dubbio, e nessun dubbiopotrà più sorgere nella vostra anima.Questo è provato, è certo”. Il bene ri-vela Dio. Nel farsi prossimo si trovaDio pure se non lo si ricerca. Perché sivive veramente. All’uomo di oggi -con il suo io e, poi, gli altri - e al suomondo di lotta, Dostoevskij contrap-

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scente più difficile, ma anche il piùperspicace) sulla Resurrezione sembraquasi un’affermazione che il ragazzovuole solo che sia condivisa. E Alëšain quella Pasqua corale, confermando,già condivide quel che sarà. “Risorge-remo senz’altro, senz’altro ci vedremoe con gioia, con allegria ci racconte-remo tutto quello che è stato”. E perricordarci che il non ancora è già,adesso, Alëša invita tutti i ragazzi albanchetto funebre. Anche la morte diIljuša, in quanto occasione di bene, èulteriore detonatore di gioia. “Adessoandremo tenendoci per mano”. EKolja, di rimando: “E che così sia ineterno, tutta la vita per mano!. Urràper Karamazov!”. E Dostoevskij chiudericordando che “...ancora una volta iragazzi ripeterono la sua esclama-zione”. Sembra un di più, ma non loè. Dostoevskij ci vuole ricordare finoall’ultimo che siamo legati perché ilbene è contagioso. Che tradotto perl’uomo di oggi, arroccato nei suoi re-cinti, significa andare oltre, usciredalle proprie gabbie e accogliere laVita fin da ora - con i pesi e con legioie – perché c’è già un’altra pro-spettiva. Questa è la Pasqua di Dosto-evskij.“Urrà per Karamazov!”. ◆

pone il mondo nuovo di Alëša. Con luici dice che bisogna uscire dai recinti(Zosima lo vuole fuori dal convento),andare là dove c’è bisogno, nelle pe-riferie (…) esistenziali dell’uomo. Perriscoprire tutte quelle verità che unarealtà deformata e deformante ci hafatto dimenticare.

L’uomo di oggi corre, ma non spi-ritualmente; e quindi non corre. Do-stoevskij ci fa correre. Anche se sulpercorso della sua storia, della nostrastoria, si aprono abissi improvvisi e cimanca il fiato. In Dostoevskij c’è l’ur-genza della vita vera, ed esige una ri-soluzione che ha per noi la massimaimportanza. Ed è per questo che nonci dà tregua, vuole spegnere i nostriroghi, quelli dell’anima. È la stessa ur-genza e abnegazione che proprio inAlëša trova la sua ragione nel finale:nel discorso ai ragazzi accanto allapietra si comprende l’importanza delsuo ruolo, quello dell’uomo nuovo, chefa prendere coscienza del bene che c’èin ciascuno di noi e lo rende possibile.Trasformandoci e trasformandosi, tuttitrasfigurati in una Pasqua quotidianaverso quella definitiva.

Ed è un crescendo. Tanto che allafine la domanda di Kolja (l’adole-

Celebrazione della Pasqua russa

approfondimenti

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del Superiore G

eneraleVisita in Italia

bambini, acclamando a gran voce ilnome di Fratel Robert, con i loro in-segnanti ed educatori hanno dap-prima formato un grande rettangolonel campetto da gioco tenendosiper mano e lasciando andare al cielocentinaia di palloncini colorati, poihanno rappresentato un puzzle gi-gantesco come presentazione dellaloro scuola. È seguita una mattinatadi canti, di balli e di recitazione «che

Sotto le Apuane(27 novembre 2017)

Arrivato da Roma in auto allascuola San Filippo Neri diMassa, sua prima tappa,emozionato per la calorosaaccoglienza riservatagli, Fra-tel Robert ha subito dichia-rato che «trale scuole visitatein tutto ilmondo siete quellache mi ha riservatoil benve-nuto più caloroso». Ad attenderlo nel cortiledella scuola, insieme al direttore,agli altri Fratelli, al personale do-cente e non docente, c’erano glialunni delle scuole dell’infanzia edella Primaria e tanti ex-alunni. Ac-compagnavano il Superiore Gene-rale: Fratel Aidan Kilty, delegato del-l’area europea e Medio Oriente eFratel Achille Buccella, responsabiledella Provincia Italia, già insegnantee direttore della scuola di Massa. I

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1 Rielaborazione delle relazioni inviate dai corrispondenti locali: Alberto Castellani, Stefano Agostini, Eugenio Grolla, Gabriele Mossi, Raffaele Norti,Fausto Guarda, Federica Cela, Francesco Fumero, Luigi Montini, Gabriele Dalle Nogare (per il Nord); Remo Vergaro, Pio Rocca, Alberto Pettinari,Raffaele Massa, Chiara Lai, Anna Maria Ercolano, Enrico Muller, Giuseppe Barbaglia, Celestino Rapuano, Luana Giunta(per il Centro-Sud).

Visita del Superiore GeneraleFratel Robert Schieler in Italia

difficilmente dimenticherò – ha am-messo il Superiore – e che mi rendeorgoglioso di rappresentare in tuttoil mondo la nostra Congregazione.Essere il 27° successore di San Gio-vanni Battista de La Salle - ha di-chiarato rivolto ai ragazzi - è per meun grande onore».

Nella pianura emiliana(27-28 novembre 2017)

Dopo Massa, attraverso il Passodella Cisa, Fratel Robert raggiungein serata Parma, dove sorge la piùantica delle scuole lasalliane in Italia,rinnovatanella struttura e da alcunianni delocalizzata dal centro cittàalla zona Campus. Si tratta dell’Isti-tuto De La Salle.Il Superiore fa subito conoscenza deigruppi che operano nella scuola eruotano intorno a essa. Tutti desi-derano incontrarlo, stringergli lamano, ascoltarlo. E Fratel Robertnon delude: in ogni incontro sa co-municare con efficacia, direttamentee in modo convincente. Lunedì sera,cena con i Fratelli, con gli Insegnantie gli amici lasalliani. Martedì, incon-tro con il vescovo Enrico Solmi cheraggiunge la scuola per salutarlo.Particolarmente coinvolgente l’in-contro con gli alunni della Primariae della Secondaria. Il dialogo con iragazzi avviene in perfetta lingua in-glese. Segue la visita alla scuoladell’infanzia con l’inaugurazione

Mario Chiarapini, Fsc

Grazie ai nostri corrispondenti locali1, abbiamo potuto seguire passo passola visita del Superiore Fratel ROBERT nelle varie istituzioni lasalliane d’Ita-lia.Dovunque è passato, ha portato entusiasmo e l’orgoglio di appartenerea un Istituto internazionale che conta più di un milione di alunni, sparsi inpiù di ottanta nazioni dei cinque Continenti.

Massa, omaggio floreale

Massa, foto di gruppo foto Nizza - La Nazione

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dello splendido presepe realizzatoda Fratel Piero, al quale per i suoi31 anni di generosadedizione al De LaSalle il Superioreconsegna la classicastatuetta del Fonda-tore. A sua volta, lascuola, come rico-noscente omaggiodella gradita visita,omaggia il Superiore di un cesto diprodotti DOC della terra emiliana.Ultimo atto della visita, l’incontrocon i genitori per una riflessionesull’educazione dei figli.

In terra veneta(28-29 novembre 2017)

Come terza tappa della visita alleopere lasalliane del nord dell’Italia,

l’Istituto Filippin di Paderno delGrappa.”Qual è il segreto per tro-vare la felicità? Perché è difficileoggi credere? Quali difficoltà ci sononel fare scuola in altri Paesi delmondo? Come è nata la sua scelta

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di diventare Fratello? Sono solo al-cune delle domande, per nulla scon-tate né banali, che alcuni ragazzi egiovani hanno rivolto a Fratel Robertnegli incontri con i gruppi dei varisettori scolastici dell’Istituto. Conchiarezza e grande disponibilità eanche con arguzia, Fratel Robert hasaputo rispondere a ogni domanda,con il suo accento “americano”,comprensibile comunque da chiun-que ha masticato anche solo un po’di inglese. Sia Fratel Robert che ilConsigliere Generale Fratel Aidanhanno gradito la franchezza degli in-contri, la spontaneità dei canti e deidoni augurali. Hanno inoltre apprez-zato la preparazione linguistica degli

Vis

ita

in Ita

lia

del Superiore Generale

preparati alla vita e ben disposti amigliorare il mondo in cui operano.Lavorate fiduciosi insieme, testimonicredibili di umanità e di fede in Cri-sto”.

All’ombra della Madonnina(29-30 novembre 2017)

Nella serata del 29 novembre, FratelRobert giunge all’Istituto Gonzagadi Milano accolto dai Fratelli e daiResponsabili dell’istituzione con unaserena e gradevolissima cena. Nellariflessione mattutina alla Comunità,il Superiore invita a superare i con-dizionamenti dell’età avanzata lavo-rando “insieme e in associazione”

alunni, il lavoro educativo dei do-centi e di tutto il personale cheopera nell’Istituto, dagli educatoridi convitto ai responsabili dell’ac-coglienza e del villaggio sportivo.La visita del Superiore ha apertoorizzonti lasalliani globalizzati, of-frendo l’immagine d’una Congre-gazione in cammino, aperta suivari fronti dell’educazione delle

nuove generazioni,potendo contare, ol-tre che sui Fratelli,anche su una vastaschiera di docenti edi educatori laici im-pegnati e motivati.Rivolgendosi alla Co-munità dei Fratelli, alConsiglio di Dire-

zione e ai Docenti, ha concluso l’in-tervento con queste parole: “Co-raggio Fratelli e Docenti! Vi sonograto della vostra esemplare de-dizione nel “fare bene la scuola”,fedeli al messaggio educativo delnostro Fondatore: formare giovani

con i laici lasalliani, vera garanzia diun’efficace presenza educativa inespansione nel mondo.Nel dialogo che più tardi ha avutocon i Liceali gonzaghini, fratel Robertha risposto alle numerose domandedei giovani in modo essenziale econvinto. “Ho abbracciato la vita re-ligiosa perché nella mia scuola misono innamorato di una comunità diFratelli, veri educatori secondo lostile di La Salle, capaci di soccorrerecon zelo ardente le tante povertà deigiovani. Oggi la nostra missione nelmondo è vitale per i 260 milioni dibambini e ragazzi ancora privi dieducazione per motivi economici epolitici. I nostri progetti più impor-tanti tendono a sviluppare forme al-ternative di promozione umana a fa-vore dei profughi. È necessaria unanuova pedagogia, con proposteeducative rispondenti alle esigenzeconcrete dei singoli paesi. Non vedosostanziali differenze tra i Lasallianiitaliani e quelli di altre nazioni. Intutte le parti del mondo ho incon-

Parma, incontro con i bambini

Paderno del Grappa, agape fraterna

Paderno, dialogo con i ragazzi

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trato brave persone, con culture ereligioni diverse ma con lo stessospirito lasalliano. Come Superioreho il dovere di accertare che i nostristudenti ricevano una buona forma-

zione culturale e religiosa, patrimo-nio personale a vantaggio della so-cietà. Il vero sapere nasce dallacondivisione reciproca. Quandoposso constatare che nelle operedell’Istituto stiamo garantendo l’altolivello di qualità educativa che vedoqui, per me è una grande gioia. Viauguro e mi aspetto da voi che siatetestimoni del Vangelo con spirito estile di vita lasalliano”. Alla FamigliaLasalliana fratel Robert esprime pro-fonda riconoscenza per il grande im-pegno apostolico, esorta a vivere incomunione e condivisione con i Fra-telli e gli amici delle varie Associa-zioni, preoccupati della formazionesecondo il tema pastorale dell’anno,ambasciatori di Cristo e respiro di

speranza tra i poveri con la forzadello Spirito, il rispetto, l’acco-glienza e le buone relazioni recipro-che. Non a caso siamo “fratelli”. Inparticolare raccomanda l’uso criticodei socialmedia, la collaborazionecon Organismi e Congregazioni im-pegnate in campo educativo e lapromozione di nuovi progetti in ri-sposta alle sfide contemporanee.Non è imposto un modello unicoalle varie componenti della FamigliaLasalliana, purché rimangano fedelialla “spiritualità” di La Salle - in ter-mini di fede, fraternità, servizio - eal suo stile educativo. Di Fratel Ro-bert hanno tutti apprezzato la con-tagiosa umanità, l’illuminato reali-smo e l’entusiasmo apostolico.

Istituto San Giuseppe (MI)(30 novembre 2017)

Dopo il Gonzaga,Fratel Robert si èrecato all’IstitutoSan Giuseppe,nella zona mila-nese di Crescen-zago. Si è trattatadi una festosa,“trionfale” acco-glienza. Come unFratello più

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grande ha saputo manifestare la suaumanità nei contatti con tutte le com-ponenti dell’Istituto, dai più piccolidella Scuola dell’Infanzia (simpaticis-simi i suoi Ohhh! di meraviglia che ri-flettevano, come in uno specchio,quella dei piccini), ai rapidi incontrinelle classi e a quello più ufficiale coni rappresentanti delle varie compo-nenti dell’Istituto: Fratelli, Docenti,Genitori, Associazione Genitori… eanche rappresentanti degli alunnidella Secondaria, a dire il vero un po’emozionati, ma sicuri e disinvolti, nelrivolgere a braccio in inglese do-mande accuratamente preparate. Tanti i temi toccati: i Fratelli nelmondo, le vocazioni, lo spirito lasal-liano che tutti e tutto deve permeare,la Famiglia Lasalliana su cui Fratel Ro-bert ha messo fortemente l’accentoper essere l’unica strada per il futurodell’Istituto. Temi e risposte forse an-che scontate, ma che in bocca al suc-cessore del La Salle oggi hanno pro-dotto un effetto particolare lasciandoil segno per un ulteriore, più pro-fondo rinnovamento della comunitàeducativa del San Giuseppe.

Sotto la Mole Antonelliana(1 dicembre 2017)

Da Milano a Torino per trascorrereuna mattinata intensa con tutti i ra-

gazzi e gli amici lasalliani del SanGiuseppe di via San Francesco daPaola che, in vari momenti, hannopotuto incontrare e dialogare conFratel Robert.La difficoltà della lingua è stata su-perata grazie alla preparazione e di-

Milano, con i giovani del Gonzaga

Milano, all’Istituto San Giuseppe

Milano, con i bambini del San Giuseppe

Torino, incontro con i giovani del S. Giuseppe

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sponibilità dei ragazzi del Liceo, chesi sono succeduti nei vari appunta-menti e che hanno fatto da interpretie traduttori.Il Superiore Generale ha visitato tuttii plessi scolastici, rimanendo colpito

dal clima accogliente ed entusiastache si respira nell’Istituto. Ha dettoai ragazzi che è una fortuna per loropoter frequentare una scuola lasal-liana dove gli educatori svolgonouna missione e non un “mestiere”.Le scuole dei Fratelli continuano laloro missione educativa grazie aitanti laici che hanno abbracciato lacausa lasalliana e si sono formati perpoter portare avanti il messaggio diSan Giovanni Battista de La Salle.Anche nell’incontro con i Signum Fi-dei, il Superiore ha sottolineato l’im-portanza di portare avanti il servizioeducativo dei poveri coinvolgendoanche i ragazzi più grandi. La matti-nata si è conclusa con un’agape fra-terna durante la quale è continuatolo scambio di esperienze e riflessionicon tutti i membri della Famiglia La-salliana del San Giuseppe.

Grugliasco(1 dicembre 2017)

“Come si fa a diventare SuperioreGenerale?”. È la domanda che abruciapelo Fratel Robert si è sentitarivolgere da un ragazzo della scuolaLa Salle di Grugliasco, pochi minutidopo il suo arrivo nella cittadina.Sarà forse una nuova vocazione la-

salliana, avrà pensato il Superiore,con idee tanto chiare da miraresenza esitazione subito al vertice?Comunque, visita breve a Gruglia-sco, ma intensa. Il Superiore ha po-tuto incontrare i Fratelli, la comunità

educativa, genitori, associazioni. Lavisita era stata preparata da un’ori-ginale ricerca, attuata nelle setti-mane precedenti da tutti gli alunnidella scuola, sul filo storico-icono-grafico offerto da un quadro assai

zione di canti, dando briglia scioltaalla spontaneità dei ragazzi… e nonsolo. Si è subito stabilito un dialogocordiale, aperto e assai divertentetra il Superiore e gli alunni, con sva-riate e spontanee richieste sul lavoroe gli impegni che un “Generale”svolge a livello mondiale. Visitandola scuola, il Superiore si è poi com-piaciuto delle recenti realizzazionididattico-sportive e ha incoraggiatola collaborazione dei laici al pro-getto educativo lasalliano. In sintesiha detto: ”Guardiamo con fiducia ilfuturo, convinti che l’opera educa-tiva voluta da San Giovanni Battistade La Salle è up-to-date (attuale) eaperta alle nuove sfide dell’odiernasocietà”.

Centro La Salle - Torino(2 dicembre 2017)

Al Centro La Salle di Torino, oltreche con i Fratelli anziani e ammalati,il Superiore Fratel Robert si è incon-trato con i Fratelli del Collegio SanGiuseppe, del Pensionato Universi-tario, dell’Istituto “La Marmora” di

Biella, della Scuola“La Salle” di Gru-gliasco e della Co-munità dell’Imma-colata. L’impattoiniziale è gioioso eforiero di tanta spe-

ranza. Intanto fuori nevica e la cittàdi Torino si imbianca. Il SuperioreGenerale, con spirito giovanile edentusiasmo, sottolinea l’opera edu-cativa dei Fratelli e dei CollaboratoriLasalliani, Docenti e Amici diffusa in

Grugliasco, incontro con la comunità educativa

Torino, Centro La Salle, incontro con i Fratelli

noto in cui sono raffigurati i 27 Su-periori Generali dei Fratelli delleScuole Cristiane, dal Santo Fonda-tore sino all’attuale Fratel Robert. Siè così potuto percorrere e illustrareun cammino di tre secoli della storiatra vicende, crisi, sviluppi e difficoltàdell’Istituto dei Fratelli. L’incontro inpalestra è stato particolarmente gio-ioso e coinvolgente, con l’esecu-

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tutto il mondo, integrata nellevarie culture religiose e politi-che. Le sue parole trasmettonofiducia e aprono a un mondolasalliano in provvidenzialeevoluzione. I Fratelli si sonosentiti rincuorati. L’incontro ela vicinanza del Superiore haavuto l’effetto di un balsamolenitivo e rigenerante.

Roma - Casilino(22 gennaio 2018)

Il 22 gennaio il Superiore ha ri-preso la visita dell’Italia lasal-liana raggiungendo le Istituzioni delCentro-sud. Alle 10.00, la sua primatappa è l’Istituto Pio XII sulla Casi-lina. L’accoglienza dell’intera Comu-

nità educativa, guidata dal direttoreFratel Remo, avviene in teatro conuno show di musiche e danze ditutto il mondo: valzer, samba, taran-tella, reggae, tango, cha chacha,rock ‘nroll eseguiti dal coro della Pri-maria con le coreografie del corpo

di ballo della Secondaria. Una per-formance da veri professionisti,tanto che, al termine, Fratel Robertha entusiasticamente esclamato:”Very, very good”. Ma anche i “cuccioli” dell’Infanziahanno voluto festeggiare l’illustreospite nella nuova sede, dapoco inaugurata, con can-zoncine, disegni e tanti gi-rotondi coinvolgendo lostesso Fratel Robert. Dopouna presentazione in in-glese della storia dellascuola di Via Casilina e unmomento di preghiera perle vocazioni lasalliane,l’agape fraterna ha con-cluso la storica visita. Equando si dice che “cisono giorni…” dei quali siconserverà a lungo il ri-cordo, il 22 gennaio 2018,per l’Istituto Pio XII “è unodi quei giorni” a motivodella visita del SuperioreGenerale Fratel Robert

Fratel Robert Schieler

È nato a Filadelfia, USA, nel 1950.Ha studiato Storia Europea Moderna e ha conseguito il dottorato in Amministrazione Educativa.Ha insegnato negli Stati Uniti e per 13 anni è stato missionario nelle Filippine.È stato Direttore di Educazione per la Regione Stati Uniti-Toronto dal 1998 al 2001 e Visitatoredel suo Distretto dal 2001 al 2007. Per sette anni è stato Consigliere Generale dell’Istituto perla Regione RELAN (Stati Uniti e Canada). Ora è il Superiore Generale dei Fratelli delle ScuoleCristiane, il 27° successore di san Giovanni Battista de La Salle.

Schieler, 27° successore di San Gio-vanni Battista de La Salle.

Colle La Salle(22 gennaio 2018)

L’arrivo del Superiore al Colle LaSalle, intorno alle ore 15.00, è statoaccompagnato dal suono di un’or-chestrina e da alcuni canti eseguitidagli alunni della scuola. L’acco-glienza è stata caratterizzata da unclima caldo e festoso. Nel suo salutoil Direttore Fratel Salvatore ha sot-tolineato una curiosa coincidenza:la scuola di via dell’Imbrecciatoèsorta nel 1950, anno di nascita diFratel Robert. Il Superiore ha rivoltoil saluto ai docenti, agli alunni e airappresentanti dell’Istituto. E alleore 18,nell’incontro con i Fratelli diRoma, dopo aver accennato alla ri-

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Roma, Pio XII, omaggio floreale

Roma, Pio XII, girotondo con i bambini

Roma, Colle La Salle, con i bambini della Primaria

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correnza del 50° anniversario del 39°Capitolo Generale, ha ricordato lesfide cui è stato chiamato l’Istitutonegli ultimi 50 anni, quali il secolari-smo e il rinnovamento del servizioeducativo con un’attenzione parti-colare ai poveri, l’impellente neces-sità di formare i formatori laici, chesubentreranno ai Fratelli, ecc. Neldiscorso, ha anche toccato altre te-matiche particolarmente importanti,quali la pastorale giovanile e voca-zionale, l’associazione e l’andare ol-tre i confini, focalizzando le frontieredell’età, degli interessi personali, delconsumismo e dello scoraggia-mento. E alla domanda se c’è un fu-turo per l’Istituto, ha risposto “nellamisura in cui ognuno (insieme aglialtri) è capace di dare senso al pre-sente”. Con un sentito ringrazia-mento ai Fratelli della Provincia Italiaper la loro fedeltà agli impegni e aifondamenti dell’Istituto, si è con-cluso il fraterno incontro.

Collegio San Giuseppe -Istituto De Merode(23 gennaio 2018)

Arrivato alle ore 8.00, il Superioreha dapprima salutato i liceali dal-l’alto dell’austera scalinata del DeMerode, quindi è passato nel so-lenne quadriportico per incontrare iragazzi della Primaria e della Secon-daria di 1° grado, mentre i giovanidel Triennio li ha salutati nel teatro.In un secondo momento, nella salaaudiovisivi, Fratel Robert ha avutomodo di conoscere le varie realtà(Movimento Giovani Lasalliani, Ex-alunni, Signum Fidei, Associati, Ca-ritas, Volontariato, rappresentantigenitori...) operanti nel Collegio.

Villa Flaminia(23 gennaio 2018)

A mezzogiorno, anche il sole, quasiprimaverile, ha preso parte al-l’evento, illuminando il cortile e lascalinata dell’Istituto Villa Flaminiadove il direttore Fratel Pio, i Fratelli,le coordinatrici dei vari corsi, i do-

centi e gli alunni attendevano il Su-periore Generale Fratel RobertSchieler in visita ufficiale. I canti, idiscorsi (rigorosamente in inglese),la consegna della pergamena-ri-cordo e gli applausi entusiasti e ca-lorosi sono stati la suggestiva sce-nografia per dare il “Benvenuto”all’illustre ospite. L’incontro con i piùpiccoli dell’Infanzia è stato partico-larmente tenero, ma un’autentica fe-sta lasalliana è stata la full immersionnei vari settori della vita dell’Istituto:la standing ovation della Primaria inAula Magna, gremita all’inverosi-mile, si è trasformata per Fratel Ro-bert in un’accoglienza trionfale.Canti, flauti, acclamazioni e strettedi mano, discorsi ufficiali e battutefamiliari, il donodi una rappre-sentazione inmaiolica del Fon-datore (frutto dellaboratorio diarte) e foto uffi-ciali hanno reso ilmomento dav-vero commo-vente e perciòmemorabile. Più“serioso” ma al-trettanto calo-roso ed emozio-nante è statol’incontro del Su-periore con i ra-

gazzi dei Licei. Con loroFratel Robert si è intratte-nuto su temi e interessispecifici riguardanti le pro-blematiche della loro età.Alle domande dei giovaniil Superiore ha rispostocon la competenza e lapassione educativa che glisono congeniali. Assaibello è stato vedere l’illu-stre Ospite “fare la fila” alself-service per condivi-dere il pranzo con i ra-gazzi. Altri momenti im-portanti sono statil’incontro con i Fratelli

della Comunità, la visita al Com-plesso sportivo e al Centro lingue,la “Mensa della carità”, in cui ven-gono offerti quotidianamente oltreun centinaio di pasti a persone bi-sognose e indigenti.Nello stesso Istituto, alle ore 17.30,è avvenuto l’incontro con i docentilaici delle scuole di Roma, per iquali Fratel Robert ha espresso ap-prezzamento esortandoli a con-durre“un’educazione umana e cri-stiana ”fino a “toccare il cuore diogni alunno”, sentire come un do-vere la costruzione di un ambienteaccogliente che favorisca il benes-sere psico-fisico e la crescita armo-nica e integrale degli alunni. Lescuole lasalliane devono risultare

Roma, Villa Flaminia, incontro con i bambini

Roma, Villa Flaminia, saluto di benvenuto

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luoghi di aggregazione e di integra-zione nel rispetto di tutti, senza con-siderare il colore della pelle, il credoreligioso e politico, ma devonoavere soprattutto un’attenzione mi-rata ai più poveri e alle categoriepiù deboli. I ragazzi vengano inoltreabituati all’uso dei social-media concompetenza e con spirito critico.

Scampia(24 gennaio 2018)

“L’educazione lasalliana è a doppiosenso: voi educate noi, noi edu-chiamo voi”. È con questa afferma-zione che fratel Robert ha esorditonel suo breve discorso ai giovani diCasArcobaleno, perché crede che“andiamo dai poveri per esser daloro salvati!”.Ai soci della cooperativa LasallianaOcchi aperti, alle religiose, ai religiosie ai laici vicini alla Comunità Lasallianadi Scampia ha ricordato che “dob-biamo formare nuove comunità... la

vita religiosa è sempre andata oltrela Chiesa… è arrivata prima!”, conl’invito a cercare strade nuove, forseinedite, e nuovi modelli comunitarinecessari per vivere e annunciare ilRegno di Dio, senza preoccuparcidella “Legge canonica”, “perché loSpirito soffia e spinge oltre. Ci sononel mondo esperienze lasalliane dicomunità differenti con Fratelli, Laici,Laiche e altri reli-giosi/e”. Ha ancheinvitato a tentarenuove vie per unapastorale vocazio-nale che si rivolgafuori del “recinto”lasalliano. Poi comemessaggio finale,fratel Robert hascritto sul murodelle dediche“Hope lives here”(la Speranza vivequi).

Pompei(24 gennaio 2018)

All’arrivo, alle ore 15, nel grandecortile del Bartolo Longo il Supe-riore è stato accolto con un forte“hallo”, a cui Fratel Robert ha rispo-sto con un “ciao” e uno smagliantesorriso. Il saluto ufficiale è avvenutoin cappella, dove il direttore FratelFilippo ha illustrato l’opera e il la-

voro che viene svolto in favore deiragazzi che vivono in situazioni fa-migliari problematici. La visita è pro-seguita negli ambienti dove si svol-gono le attività pomeridiane:ceramica, informatica, musica, stu-dio assistito, sport.Nella sala di musica, la Banda musi-cale ha accolto l’illustre ospite conun accattivante“O sole mio”, conl’esecuzione dell’Inno americano,

Napoli - Scampia, foto di gruppo a CasArcobaleno

Pompei, Istituto Bartolo Longo, incontro con la banda musicale

Pompei, Istituto Bartolo Longo, foto di gruppo

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ascoltato dal Superiore con la manosul cuore, e con uno scoppiettante“Funiculì funiculà” e altri brani. “Be-autiful, very beautiful” ha commen-tato Fratel Robert, complimentan-dosi con i giovani musicisti. Dopoun doveroso e grato saluto all’arci-vescovo mons. Tommaso Caputo euna preghiera nel santuario dedi-cato alla Madonna del Rosario, il Su-periore e i suoi accompagnatorihanno ripreso la via del ritorno.

Acireale(26 gennaio 2018)

Una splendida giornata primaverileha accompagnato la visita del Supe-riore all’Istituto San Luigi di Acireale.Giunto puntuale nell’ampio cortilealle ore 11.00, è stato accolto dagliapplausi e dalle grida gioiose dei ra-gazzi, mentre sulla facciata del teatro

campeggiava un lungo striscione (30metri) con la scritta “Welcome Fr. Ro-bert“ e al centro una sua foto. Mo-mento solenne è stato l’alzabandieracon gli inni nazionali (ita-liano - americano) e lesuggestive coreografie dicirca 200 ragazzi accom-pagnati da canzoni regio-nali. In teatro è avvenutol’incontro con le autoritàcivili e religiose. Un dia-logo fraterno e a seguireil pranzo. Con una visitaall’istituto e una capatinasul terrazzo per contem-

plare il mare e l’Etna, seguita da unaveloce passeggiata al centro storicodella città, si è conclusa la visita adAcireale.

Centro giovaniledi Regalbuto(26 gennaio 2018)

È stata l’ultima tappa della visitadel Superiore Generale in Italia,accolto dai volontari e da tantiamici regalbutesi. Nel salone,sono state illustrate, medianteun video e gli interventi del di-rettore Fratel Armando e deivolontari, la realtà del Centro ele varie attività che ogni annovengono attivate e messe alservizio dei giovani della citta-dina siciliana. Fratel Robert haquindi visitato il Centro, la bi-

blioteca, le stanze degli incontri e icampetti affollati ogni giorno datanti ragazzi. Si è avuto anche unmomento di preghiera in cappella.

Acireale, Istituto San Luigi, balletto folkloristicoAcireale, Ist. S. Luigi, omaggio del direttore

Regalbuto, Centro giovanile, foto di gruppo

Regalbuto, Centro giovanile, accoglienza

Una giornata importante quella del26 gennaio per la comunità lasal-liana di Regalbuto per la visita delSuperiore Generale, tra l’altro, nellostesso giorno si ricordava la trasla-zione delle reliquie del La Salle, nel1937, dal Belgio a Roma. Dopo ot-tantuno anni la visita del 27° succes-sore del Fondatore resterà negli an-nali del Centro giovanile.Nel suo discorso, Fratel Robert hasolennemente dichiarato: ”QuandoLa Salle fondò i Fratelli era l’iniziodella storia e per tutti questi anni iFratelli l’hanno portata avanti. Negliultimi cinquant’anni, incluso oggi,voi siete coloro che raccontano lastoria. La storia viene ancora scrittadai Fratelli, gli insegnanti, gli anima-tori, i volontari. Stiamo tutti scri-vendo la storia!”. ◆

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notizie

Nella scuola “La Marmora” di Biella una giornata di ag-gregazione per superare le frontiere.

I primi giorni di scuola sono un condensato di emozioni del-l’intera estate. In un clima effervescente, che ha il sapore difesta, si ritrovano ragazzi e adulti con volti che sprizzano gioia.Solo i nuovi, ma per breve spazio di tempo, sono inizialmenteintimiditi. Ha così inizio l’anno scolastico al La Marmora diBiella. Quest’anno poi la giornata di aggregazione, organizzata nelleprime settimane di scuola e che ha visto riuniti tutti insieme inostri alunni, dai più piccoli ai più grandi, ha avuto come leitmotiv il “superare ogni frontiera”, costruendo “la scuola delle REL-AZIONI”.La mattinata si è aperta con una riflessione che ha coinvoltograndi e piccini. Partendo dal racconto dei mattoni, inventato

da Fratel Gianluigi, abbiamo riflettuto sulla necessità di creare una comunità che abbatta le frontiereche oggigiorno rischiano di isolarci dentro le nostre diversità. Siamo mattoni di diversa fattura, ma non importa se di terra o argilla pregiata e nemmeno contanole dimensioni né la collocazione: se alcuni sono testata d’angolo o interrati nel buio. Importante èsvolgere con impegno il proprio compito. Che ognuno, piccolo o grande, porti il proprio contributoallo stesso progetto. Ma per collaborare serve un collante che tenga insieme, ben saldi, tutti i mat-toni perché risultino uniti, compatti e resistenti alle scosse. Il collante è il Buon Dio!La giornata si è sviluppata per intero all’insegna dello stare insieme, dell’amicizia e della collabo-razione: supervisione dei Docenti, i ragazzi più grandi a servizio dei bambini della Primaria. Esono stati proprio i più grandi a organizzare le attività di gioco e ad accompagnare i più piccolinei percorsi tematici creati appositamente per loro. Giornate come questa costruiscono “la scuoladelle REL-AZIONI” e abbattono le frontiere a partire dal mondo che più ci è prossimo.

Elena Lava

BIELLA

Un anno scolastico per superare le frontiere costruendo

“la scuola delle REL-AZIONI”

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Nel mese di ottobre si è svolto il 2° Incontro Na-zionale dei bambini missionari lasalliani, nel Colle-gio La Salle La Reina, a Santiago del Cile. Glialunni dal 1º al 4º anno della Scuola Primariadelle sette opere educative del Cile hanno riflet-tuto sul tema “Siamo La Salle, figli di La Salle, fra-

telli di Gesù”.  Hanno partecipato all’incontrocirca trecento bambini, sessantacinque giovanianimatori e quaranta adulti. Obiettivo del-l’evento riunire gli alunni che hanno partecipatoalla Pastorale del Cile, chiamata MovimentoApostolico di Spiritualità Lasalliana (MOAEL),per vivere la fede, la fraternità e il servizio. Ibambini sono stati invitati a vivere e a condivi-dere lo spirito lasalliano che anima la propriavita con attività, momenti di preghiera, canti, ri-flessioni e lavori di gruppo.Tanti i Fratelli, i coordinatori della pastorale, iprofessori e i giovani che hanno collaborato peril buon esito dell’evento.

Incontro dei bambinimissionari lasalliani

Data importante per la Fedexal i giorni 18 e 19novembre. Il Consiglio ha festeggiato il decimoanno di fondazione! Era il 29 novembre quando24 ex alunni rappresentanti 13 associazioni da-vano vita alla Federazione della AssociazioniEx Alunni d’Italia, fortemente voluta da FratelBruno Bordone. A conti fatti, abbiamo riscontrato che questa op-portunità di aggregare e coinvolgere associa-zioni ed ex-alunni era stata ben sentita all’inizio,ma col tempo, ha perso di vivacità e forse anched’interesse. Solo nove associazioni hanno richie-sto formalmente l’adesione alla Fedexal, altre silimitano a condividerne i programmi e lo spirito,qualcuna è ancora distante dall’affrontare unpercorso in comune. Anche le quote annuali ar-rivano con molta difficoltà, pur sapendo chequanto raccolto viene devoluto quasi per interoall’opera di Scampia. In questo fine settimanasi è pure rinnovato il Consiglio Direttivo, es-sendo arrivato alla scadenza dei tre anni comeda statuto. Ora è composto dal Presidente Fa-brizio PANESI di Massa, dal VicepresidenteMaurizio SORMANI di Biella, dai Consiglieri

Mario COSTANZO e Claudio GRECO di Aci-reale, Federico LAMPIANO di Torino, GaetanoSALGARO come tesoriere e Giuseppe MES-SINA come segretario. Il Fratello Assessore verrànominato direttamente dal Visitatore. Probabil-mente Fratel Stefano AGOSTINI succederà aFratel Virginio MATTOCCIA, al quale vanno inostri sentiti ringraziamenti per il lavoro svoltoin questi anni. Nella prima riunione del nuovoConsiglio è stata abbozzata qualche idea per ilfuturo. Tra l’altro, si tenterà la strada per rin-tracciare e avvicinare quegli ex alunni che, unavolta usciti da scuola, non sono mai più entratiin contatto con il mondo lasalliano..

Maurizio Sormani

Assemblea FedexalROMA

CILE

Consiglio direttivo Fedexal

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Dal 6 novembre all’8 dicembre si è svolta a Roma, presso la Casa Generalizia, una sessione del CILche aveva per tema “Leadership e accompagnamento fraterno per una vita comunitaria rinnovata e rivi-talizzata”. Un gruppo di quarantuno Fratelli e cinque Sorelle hanno riflettuto sul tipo di guida dicui le comunità religiose hanno biso-gno oggi e nel futuro. I partecipanti,che avevano una direzione o si pre-paravano ad averla, provenivano daventuno distinti paesi delle cinque re-gioni dell’Istituto. Dopo una primasettimana di condivisione della pro-pria esperienza di vita comunitaria,nella seconda, si sono affrontati temiinerenti la propria dimensioneumana, cristiana e lasalliana; nellaterza settimana, i temi dell’accompa-gnamento e della direzione. Il corsosi è concluso con un pellegrinaggio inFrancia, al fine di meditare e pregare nei luoghi lasalliani. L’auspicio è che ogni comunità possa vivere lo spirito della proposta n. 2 del 45º Capitolo Generaleche invita a rivitalizzare la propria vita e la propria comunità.

ROMA - SESSIO

NE CIL

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Direzione e accompagnamento fraterno per una vita

comunitaria rinnovata e rivitalizzata

Gruppo del CIL 2017

Un momento dei lavori

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Sabato 4 novembre 2017, il tifone Damrey hacolpito il Vietnam centro-meridionale provo-cando danni terribili. La città più colpita è stataNha Trang, dove la gente ha perso quasi tutti isuoi averi. Le comunità lasalliane di Nha Tranghanno condiviso lo stesso de-stino. In questa città, i Fratellihanno due comunità: ThanhTam Community al servizio dipersone disabili e la comunità diBinh Cang una pensione per stu-denti delle scuole medie e supe-riori. Gli studenti e i Fratelli dientrambe le comunità sono ri-masti illesi, ma le proprietà sonostate gravemente danneggiate.La cappella e la casa dei Fratellia Thanh Tam sono state pratica-mente spazzate via, mentre aBinh Cang, il vento ha portatovia il tetto della residenza deiFratelli e l’intera cupola dell’edi-ficio polifunzionale è crollata.

In mezzo a questo disastro, la statua di San Gio-vanni Battista de La Salle nelcampus dell’Università diNha Trang, a La Salle Hill, èrimasta stabile, anche se il ti-fone ha abbattuto un alberoa poca distanza. Il posto sichiama “La Salle Hill” (unColle La Salle vietnamita, ndr)di proprietà dei Fratelli daprima del 1975. In quel luogovi è stato il noviziato permolti anni, prima che il go-verno del Vietnam naziona-lizzasse la proprietà. Il fattoche la statua sia rimasta illesaè stato considerato dalla po-polazione locale un vero “mi-racolo”.

“Ciao Paolo, da sportivo volevo chiederti a quali allena-menti dovete sottoporvi, voi astronauti, per andare nellospazio. Grazie, over!”Questa la prima domanda che loscorso 30 novembre gli studenti del-l’istituto La Salle di Roma hanno po-sto a Paolo Nespoli, astronauta del-l’E.S.A. (Agenzia Spaziale Europea) nelcorso del collegamento effettuato conla I.S.S., la Stazione spaziale internazio-nale in orbita intorno al nostro pianeta.In questa sua terza missione nello spa-zio, iniziata il 28 luglio e conclusasi il14 dicembre 2017 Nespoli, che ha cosìportato a 313 i suoi giorni di comples-

siva permanenza a bordo della stazione orbitante,ha avuto come principale compito quello di con-

La Salle chiama... lo spazio risponde30 novembre, gli alunni della scuola La Salle di Roma dialogano con Paolo Nespoli

ROMA

VIETNAM

A Nha Trang dopo il tifone Damrey,la statua del La Salle illesa

Collegamento con Paolo Nespoli nello spazio

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notizie

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durre gli esperimentidell’Agenzia Spa-ziale Italiana deno-minati VITA (oltre200 differenti tipi diesami, gran parte diessi di tipo biome-dico).I collegamenti con laI.S.S. sono una parti-colare iniziativa di-dattica curata dallaAMSAT, Associazioneinternazionale di ra-dioamatori satellitari

con sezioni nazionali locali sparse in tutto il globola cui sezione italiana, presieduta dall’Ing. Ema-nuele D’andria, è accreditata presso l’ESA per l’or-ganizzazione e la conduzione di collegamenti ama-toriali fra le scuole italiane e la stazione spaziale.In questa occasione è stato scelto, fra i tanti, il pro-getto didattico presentato dai ragazzi della classeV A della scuola La Salle, progetto il cui sviluppo siè protratto per lungo tempo, a cavallo fra gli ultimimesi dell’anno scolastico 2016/17 e i primi di quellodel 2017/18.Parallelamente a una serie di plastici dedicati al si-stema solare e alla base orbitante, e ricerche sui ciclivitali di stelle e galassie, è stata realizzata una ricercainteramente dedicata agli esperimenti VITA eseguitida Nespoli per conto dell’A.S.I. e dell’E.S.A. Dal punto di vista tecnico, il lavoro portato avantidalla AMSAT è stato emozionante! L’unico modoper portare a termine con successo il collegamentoera infatti sfruttare la breve finestra temporale,meno di 10’, in cui la stazione spaziale avrebbe or-bitato sopra la California, da dove poi grazie a unponte radio con la AMSAT statunitense, il segnalesarebbe stato inoltrato alla AMSAT italiana, perl’occasione ospitata nei locali della scuola La Salle.Tutto ha funzionato perfettamente, e questo ha datomodo ai ragazzi della V A, cui si sono uniti i ragazzidella V B e delle due prime medie, di poter porrepersonalmente una serie di domande a Paolo Ne-spoli, e di avere immediata risposta. Fra un “passo e chiudo” e un altro (il cosiddettoover), sono state poste all’astronauta italiano ottodomande, sei da parte delle due quinte primarie edue dalle due prime medie, alle quali Nespoli harisposto prontamente. I ragazzi hanno così appresodalla sua viva voce che, ad esempio, nella stazione

spaziale non ci sono batteri o virus, per cui diventamolto, molto difficile ammalarsi a bordo, o che tuttii gli astronauti, siano essi ingegneri, medici o altro,sono addestrati per risolvere tutti gli eventuali gua-sti che potrebbero verificarsi a bordo.Alla presenza anche dei genitori, molti infatti hannovoluto partecipare insieme ai loro figli a un eventocosì particolare che ha anche richiamato le teleca-mere di Sky e Mediaset, la mattinata è trascorsa inun’atmosfera di elettrizzante tranquillità sia nellapreparazione e nell’attesa del collegamento, mo-mento durante il quale i rappresentanti dell’AMSATe dell’E.S.A. hanno spiegato nei dettagli ai ragazzicome si sarebbe svolto il collegamento, che a colle-gamento terminato, quando dalle stesse AMSAT edE.S.A. sono state proiettate delle diapositive nellequali si illustrava, in termini facilmente comprensi-bili, la storia e lo scopo delle missioni nello spazio.

Nel complesso, in qualità di coordinatrice del pro-getto, mi sento di poter affermare che un’esperienzadi questo tipo è risultata estremamente stimolante,non solo per quei ragazzi che potevano in qualchemodo aver già dimostrato un interesse mirato perle scienze, ma più in generale anche per coloro chenon hanno mai mostrato particolari inclinazioniper questo tipo di materie. Tutti hanno partecipatoattivamente e con entusiasmo ai progetti prepara-tori, comprendendo in pieno le finalità e la portatadell’iniziativa, la quale ha offerto la possibilità diun contatto diretto, raro in età scolare, e per questoancora più prezioso con la speranza, come espressodallo stesso Nespoli nel corso dei saluti finali, chein futuro ci si possa ritrovare a fare lo stesso colle-gamento a parti invertite, con lui ospite della nostrascuola, e i nostri alunni lassù, magari su Marte.Grazie, over! E la linea passa ora allo spazio!

Rossella De Figlio

Progetto della classe V elementaresez. A

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senza frontiere

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Entrare in un Campo Rom, spe-cialmente in pieno inverno, nonè un grande spettacolo. Poz-

zanghere e fango ovunque, topi epantegane, persone sottoposte agrandi tribolazioni, bambini sporchi etrasandati. La situazione igienica è ol-tre ogni limite di decenza. Chi va inquesti luoghi non si preoccupa certodi entrarvi con scarpe lucide o griffate,ha altro cui pensare. Uno che li fre-quenta ordinariamente e ha appuntoaltro a cui pensare è un Fratello delleScuole Cristiane, discepolo di san Gio-vanni Battista de La Salle. Si chiamaFratel Raffaele Lievore e da una de-cina d’anni lavora nei campi Rom delleperiferie napoletane. Tra i suoi pensieric’è il futuro dei bambini e dei ragazzidei Campi di Giugliano e di Scampiae non solo loro. Tutti lo conoscono,tutti lo salutano e lui ricambia conun bel sorriso, come per dire “non di-speriamo, domani le cose andrannomeglio. Arrevutammoce, insieme cam-

bieremo questa situazione” e intantoprogramma e organizza i vari corsi dialfabetizzazione. Convince tutti a par-teciparvi, adulti e ragazzi, donne ebambini, “perché l’istruzione è impor-tante, ripete, è indispensabile per in-serirsi nella società, per cambiare lecose, per trovare un lavoro”. L’iniziativanasce nel 2007 con l’intento di sradi-

Un Fratello delle Scuole Cristiane tra le baracche dei Rom

care l’analfabetismo tra gli adultiRom, le cui percentuali sono moltoelevate. In ogni campo, la densità de-gli abitanti è più alta di quanto sipossa immaginare. Solo al campo Romdi Scampia (NA) si contano circa 700persone, un piccolo paese. Quando glichiedo se si sente in sintonia con ilcarisma del suo Istituto, mi dice chepiù di trecento anni fa il suo Fonda-tore Giovanni Battista de La Salle hafatto più o meno la stessa cosa. Perdare speranza e un futuro ai ragazzidi strada ha dato loro la possibilità difrequentare una scuola. “Essere lasal-liani senza frontiere vuol dire prospet-tare nuovi orizzonti a ragazzi comequesti, che sembrano senza futuro”,dice ancora Fratel Raffaele, che dopoil corso di alfabetizzazione tenuto aGiugliano, di fronte alla stazione fer-roviaria, chiamata scherzosamenteStation school, a favore di oltre 40giovani e uomini, ha intenzione diproseguire nel 2018 e di chiedere a

Fango e situazioni precarie di ogni genere,

ma le cose stanno cambiando, grazie

all’associazione Arrevutammoce di Fratel Raffaele.

Fratel Raffaele Lievore

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Trenitalia l’utilizzo del magazzino di-smesso della stazione. Nell’impresa, ilFratello conta su 4 o 5 volontari, tra-scinati dal suo entusiasmo.

All’inizio di questa avventura, uncamper-scuola è stato donato dallaFondazione “Specchio dei Tempi-LaStampa” di Torino. Per ora è sul camper,trasformato in un’aula, che si svolgonoa ritmo incalzante la maggior partedelle lezioni, dalle 15.30 alle 19.00, peruna quindicina di alunni per volta. Viarrivano donne con bambini piccoli inbraccio, che a volte durante la lezionehanno bisogno di una poppata, poi èla volta di uomini dalla pelle arruggi-nita dal sole, quindi dei giovani, mentrei bambini più piccoli vengono indiriz-zati nelle scuole regolari. Il primo in-tento dei corsi è quello di insegnare aleggere, a scrivere e a far di conto, e

con i più giovani, dove è possibile, an-che quello di far conseguire il diplomadi Terza Media. Per esperienza, FratelRaffaele sa che gli adulti Rom (ledonne in particolare) non escono fa-cilmente dal loro territorio, men chemeno per recarsi a scuola. I Rom ven-gono facilmente emarginati per diversimotivi e da sempre vivono tante diffi-coltà nell’integrarsi. È dunque la scuolache si reca da loro (scuola a domicilio)ogni giorno, per cinque giorni alla set-timana. Anzi, in linea con il metododidattico del La Salle, ultimamente,anche una giovane, ex-alunna delCamper-scuola, dopo aver conseguitoil diploma di Terza Media, collaboracome insegnante con il gruppo dei vo-lontari.

Ci racconta Fratel Raffaele che “il27 agosto scorso sono bruciate alcune

baracche, lasciando senza dimora diecifamiglie. Esse sono ancora sistemateprovvisoriamente nei locali della Mu-nicipalità, in attesa di migliore siste-mazione. Anche la nostra Associazioneprovvede a fornire loro i pasti una voltala settimana. Per le restanti famiglie(oltre 90) si è in attesa di un trasferi-mento temporaneo che consenta lacostruzione di un previsto eco-villag-gio. La nostra Associazione è sempreimpegnata a fornire al campo la cor-rente elettrica e grazie a medici vo-lontari, si sta procedendo a effettuarele vaccinazioni ai ragazzi”.

A proposito, l’Associazione di Fra-tel Raffaele si chiama “Arrevutam-moce” che, in dialetto napoletano,vuol dire “cambiamo la situazione”.L’obiettivo non è semplice, ma la de-terminazione e l’entusiasmo di Raf-faele e dei suoi volontari sono a provadi ogni sacrificio e difficoltà. ◆

Mario Chiarapini, Fsc

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L’ora delle lezioni

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anniversari

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GIOVANNINO GUARESCHIl’anarchico galantuomo

Sono entratonel Mondo piccolodi Giovannino Gua-reschi più di cin-quanta anni fa.Frequentavo lascuola media a Ri-valta Torinese emio insegnante dilettere e capo-

classe era Carlo Quartero dei Fratellidelle Scuole Cristiane, un eccellenteanimatore che trascorreva le giornatecon noi ragazzi, giocando a pallone eguidandoci in magnifiche passeggiatesulle montagne di Giaveno. Tentavaanche di ficcarci in testa i primi rudi-menti della lingua italiana e ogniquindici giorni ci assegnava una poe-sia. Quando tutti, dico tutti, l’avevamoimparata a memoria e recitata, comepremio ci leggeva un racconto di DonCamillo. E così è stato per tre anni. Ebisognava vedere come si immedesi-mava nei vari personaggi e dava vocea Don Camillo, a Peppone, al Cristo,allo Smilzo, alla Gisella e a tutto ilresto della compagnia. Queste pocherighe vogliono essere un omaggio nonsolo al baffuto scrittore, ma anche algrande educatore che me l’ha fattoamare per sempre e con Guareschi miha insegnato che “per essere seri bi-sogna imparare a ridere”.

Una vita in prima lineaGiovannino Guareschi nasce il 1°

maggio 1908 a Fontanelle di Rocca-

bianca (PR), in una famiglia della me-dia borghesia. La mamma è maestrae il papà un commerciante di bici-clette e macchine da cucire. Nel 1925la famiglia è travolta dalla crisi e l’at-tività del padre dichiarata fallita. Fre-quenta con profitto il Liceo Classicodove impara “come non deve scrivereun giornalista”, si iscrive alla facoltàdi legge, ma non completerà mai glistudi accademici perché si dedica su-bito al giornalismo. Nel 1936, dopo ilmilitare e alcuni anni di gavetta, comecorrettore di bozze alla Gazzetta diParma, entra nella redazione del Ber-toldo, settimanale umoristico a dif-fusione nazionale, edito da Rizzoli.Dopo un anno Giovannino, grazie allasua fama di gran lavoratoredal carattere burbero, di-venta capo di una redazioneagguerrita e si rivela capacedi mettere tutti in riga. Èapprezzato perché è un sin-golare personaggio multi-mediale: scrive, disegna, po-lemizza, ma soprattutto hauno stile semplice, imme-diato e colorito tanto chealcuni prestigiosi quotidiani,come La Stampa e Il Corrieredella Sera, richiedono la suacollaborazione.

Incontra Ennia Pallini una ragazza“dalla splendida chioma rossa, occhifiammeggianti ed un carattere moltovolitivo”. Ne rimane affascinato e de-cide che “sarà lei la mia compagna,nel bene e nel male, nei miei libri e

nella vita”. Nel 1940 la sposa e daquesto felice matrimonio nascerannodue figli: Alberto e Carlotta, protago-nisti di tanti racconti familiari (la mo-glie verrà chiamata Margherita, il ma-schio Albertino e la bambina “laPasionaria”).

La dura provadel carcere

Dopo l’armistizio dell’8 settembre1943, lui tenente del regio esercito,si rifiuta di giurare fedeltà all’ex al-leato tedesco e di aderire alla Repub-blica Sociale e, da prigioniero, si ri-trova in Polonia e in Germania. In

A 110 anni dalla nascita e a 50 anni dalla morte, ricordiamo lo scrittore italiano piùletto nel mondo, colui che inventò le maschere eterne di Don Camillo e Peppone. Ungrande uomo che, pur avendo provato per due volte il carcere, era convinto che talvolta“per rimanere liberi bisogna prendere senza esitare la via della prigione”. Da un uomod’altri tempi un messaggio attuale per questa Italia eternamente “provvisoria”.

Giovannino Guareschi

Famiglia Guareschi: Alberto, Giovannino, Ennia e Carlotta

campo di concentramento ci staràfino al settembre 1945. Questa espe-rienza lo segna profondamente eviene raccontata nel vibrante “Diarioclandestino”, riflessione dolorosa,temperata da un’intelligente autoiro-

Emanuele Costa, Fsc

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nia. “Come tanti altri mi trovai invi-schiato in questa guerra all’inizio inqualità di italiano alleato dei tedeschie, alla fine, in qualità di italiano pri-gioniero dei tedeschi”.

Durante la prigionia scrive appuntiche svilupperà in seguito, ma anchestorie umoristiche che andava a leg-gere nelle varie baracche per animaree confortare gli altri prigionieri. “Labaracca si presentava come una pic-cola arca di Noè navigante in mezzo aun Diluvio di malinconia”. Con orgo-glio, alla fine della guerra osserva,“non abbiamo vissuto come bruti. Nonci siamo rinchiusi nel nostro egoismo.La fame, la sporcizia, il freddo, le ma-lattie, la disperata nostalgia delle no-stre mamme e dei nostri figli non cihanno sconfitti”.

L’avventura editoriale del Candido e diMondo piccolo

Dopo la guerra fonda e dirige ilbattagliero settimanale Candido, di-chiaratamente monarchico e antico-munista, ma che trova subito ungrande successo di pubblico graziealle sue irriverenti invenzioni e ai ge-

niali tormentoni, tipo i “Contrordinecompagni!” con cui prende benevol-mente in giro il fanatismo e l’igno-ranza dei comunisti e il loro cultodell’obbedienza “cieca, pronta ed as-soluta”.

Maturato dalle delusioni e dal-l’esperienza diretta del dolore, inventala saga dell’eterna sfida di Don Ca-millo e Peppone, del loro Mondo pic-

colo, epopea comica ed accorata diuna stagione perduta. Nel dicembredel 1946 pubblica il primo dei 346racconti che vedono come protago-nisti il Parroco ed il Sindaco, perso-naggi apparentemente avversari, main realtà molto simili e destinati allafine ad intendersi. Secondo Montanelliessi rappresentano “le maschereeterne, anche se grezze, di una vitaprovinciale a prova di qualsiasi cam-biamento”. Dal loro contrapporsi na-scono racconti briosi che ci presen-tano non solo una elementare e duraguerra politica, ma anche una piccolacommedia umana dove i valori umanisono condivisi e rispettati.

Il racconto suscita vivo interesseper cui ogni settimana esce un rac-conto su una rubrica fissa. Periodica-mente vengono pubblicati in volumeche ottengono uno strepitoso suc-cesso internazionale, grazie anche aicinque film che hanno come prota-gonisti le indimenticabili facce di Fer-nandel (Don Camillo) e Gino Cervi(Peppone).

Alle elezioni del 18 aprile 1948contribuisce alla grande vittoria dellaDemocrazia Cristiana coniando il fa-moso slogan: “Nel segreto della cabinaelettorale Dio ti vede, Stalin no”.

Successo mondiale di Guareschi (venti milioni di copie vendute)

Fernandel e Gino Cervi, interpreti dei film su Don Camillo e Peppone

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Processo e condanna per diffamazione

Nonostante il successo, subiscedelle condanne per diffamazione amezzo stampa. Nel 1950 pubblica unavignetta di Carlo Manzoni che fa ri-ferimento al Presidente della Repub-blica Luigi Einaudi (di bassa statura eclaudicante) che avanza tra dueschiere di alte bottiglie di vino. Gior-nalista e direttore vengono querelatiper vilipendio a mezzo stampa e con-dannati in appello a otto mesi con lacondizionale.

Nel 1954 Guareschi pubblica sulCandido due lettere (che lui credevaautentiche) in cui si sosteneva chenel 1944 De Gasperi aveva chiestoagli anglo-americani di bombardarela periferia di Roma per accelerare lafine della guerra. De Gasperi, ancheper tutelare il suo buon nome, querelaGuareschi che viene condannato a 12mesi per diffamazione, cui sono daaggiungere gli 8 mesi della precedentecondanna. Guareschi crede di aver su-bito un’ingiustizia, non presenta ap-pello e non chiede la grazia e si pre-senta spontaneamente al carcere diParma per scontare la sua pena, chedurerà 409 giorni. Anche in prigioneconserva la sua testardaggine di emi-liano della Bassa e ripete continua-mente a se stesso: “Non muoio nean-che se mi ammazzano”.

Di questo periodo trascorso nelcarcere di Parma dirà: “È un’esperienzache mi appartiene dal primo all’ultimogiorno e che non spartirò mai con nes-suno. Un libro così potrei scriverlo inquindici giorni, ma me ne vergognereiper la vita”.

Nel 1956 si trasferisce in Svizzera.Cura la malferma salute e continua ascrivere altri libri su Don Camillo checompletano la saga.

In manus tuas Domine commendo spiritum meum

Guareschi muore a Cervia il 22 lu-glio 1968, per un infarto. Ai suoi fu-

nerali c’era poca gente e nessuno deicosiddetti intellettuali. Sotto la ban-diera con lo stemma sabaudo si rico-noscevano solo i volti di Enzo Biagied Enzo Ferrari. Il grande costruttoreebbe a dire quel giorno: “GiovanninoGuareschi oramai riposa al cimiterodei galantuomini. È un luogo poco af-follato”.

Il Prete, Don Adolfo Rossi, dice lamessa in latino (cosa che sarebbe pia-ciuta all’interessato) e al momentodella predica riprende alcune famoserighe che Guareschi aveva scritto sudi sé: «Adesso viracconto tutto dime: ho l’età di chiè nato nel 1908,conduco una vitamolto semplice,non mi piaceviaggiare, nonpratico nessunosport, non credonelle vitamine.Ma in compensocredo in Dio»; ec o n c l u d e v al’omelia invitandoi fedeli a risco-prire “la croce diCristo, del tuo Cri-sto che hai saputofar vibrare neicuori e nelle co-scienze degli italiani e di tanti altri mi-lioni di uomini, soprattutto nell’oradella lotta”.

Montanelli qualche giorno dopo lamorte scrisse: “Nella sua tomba siporta un pezzo di tutti noi. In lui c’erauna schiettezza, una immediatezza,una limpidità di coscienza e un caloreumano che conquistavano il lettore”.

Guareschi grandescrittore?

Parlando di sé e del suo lavoro,Guareschi diceva: “Sono solo uno chesi guadagna da vivere appiccicandoparole sulle carta. Scrivo e disegno,ma non sono in grado di dire se sono

da disistimare più come scrittore checome disegnatore”. Consapevole deisuoi limiti e nonostante il grande suc-cesso, non si è mai dato arie da grandeintellettuale e con molta autoironiadiceva che nel suo vocabolario, “sì eno ci saranno duecento parole, quindiniente letteratura e altra mercanziadel genere”.

Quando Guareschi muore, il fa-moso corsivista dell’Unità Fortebrac-cio scrive un necrologio pungente esprezzante: “Melanconico tramontodello scrittore che non era mai sorto“.

Dello stesso pa-rere sono alcunicritici che non as-segnano nessunparticolare valoreletterario al-l’opera di Guare-schi. Tra questipossiamo ricor-dare G. Ferroni eF. Cordelli (“I suoipersonaggi sonomacchiette, gliambienti sonobozzetti, le situa-zioni sempre lestesse”).

Altri invecehanno tentato, inquesti ultimianni, di rivedere

questi negativi giudizi. Per esempioG. Casoli non solo lo definisce “unodei maggiori scrittori del ‘900 italiano”,ma arriva a definirlo un “classico”. R.Carnero scorge nelle sue pagine “unavena poetica che sa trasfigurare glispunti della quotidianità in un’atmo-sfera di favola”. V. Messori, infine, lotrova “scrittore vero perché è riuscitoa creare nell’immaginario della genteun universo indimenticabile”.

Per descrivere il suo Mondo piccolousa un registro umile e una gramma-tica elementare, che gli è sufficienteper parlare dell’uomo e toccare lecorde giuste per parlare delle soffe-renze, gioie, ansie e speranze comunia tutti. I racconti rispecchiano i fattiimportanti che accadono nel Paese,

La tomba di un galantuomo

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si spogliano della loro drammaticitàe rinverdiscono la speranza di unmondo migliore1.

I grandi eroi delMondo piccolo

Il mondo che Guareschi rappre-senta è quello di un’Italia contadina,solidale, radicata sul solido ceppo delcattolicesimo e un’Italia proletaria,con tante bandiere rosse, con militantigenerosi, che sognano una nuova pri-mavera. “Questo è il Mondo piccolo:strade lunghe e dritte, case piccole pit-turate di rosso, di giallo e blu oltre-mare. È la Bassa. La piatta striscia diterra grassa, distesa lungo la riva de-stra del Po, fra Piacenza e Guastalla. Èla Bassa che ha creato il mio pretoneed il mio grosso sindaco. Io li ho in-contrati, li ho presi sottobraccio e liho fatti camminare su e giù per l’alfa-

beto”. La guerra appena finita è ap-pena evocata. Al suo posto viene pre-sentata una quotidianità scanditadalla tradizione. Un mondo non per-fetto, non diverso dagli altri: ricetta-colo di vizi e virtù, ricco di sapori eodori, ma da guardare con nostalgiae con un velo di pianto perché vi siincontrano persone con sentimentisinceri, passioni forti, testarde, maoneste e capaci di andare oltre leideologie per salvaguardare il valoredella persona.

Talvolta Peppone e Don Camilloarrivano alla violenza fisica e il pre-tone, che come si sa, aveva ricevutoda Dio “due mani larghe come badili”ed una forza taurina che impressionaanche il suo vescovo, quando c’è dafare a botte non si tira indietro, anchese non manca mai un sincero penti-mento. Ricorre ai modi sbrigativi per-ché è sua convinzione che “in moltezucche le idee non sono cattive, masolo mal sistemate e spesso basta sba-tacchiarle un po’ e vanno al loro giustoposto”. Quando Don Camillo viene tra-sferito in un altro paese, Peppone in-tercede per lui e si reca dal vescovo egli dice: “Ho il dovere di avvertirla chefino a quando non ritornerà il titolareeffettivo della parrocchia nessuno an-drà più in chiesa”.

Don Camillo (“il prete non cleri-cale”) è l’eroe, e tutti tifano per luiperché dotato di una coinvolgenteumanità. È un uomo combattivo che“quando era sicuro di lavorare per unacausa giusta procedeva come un carroarmato”. Conosce i suoi parrocchianiuno per uno, soffre con loro e sa riderecon loro. Ha la tonaca sgualcita edimpolverata, è sanguigno, passionale,talvolta iracondo.

Difende la gente e insegna che fin-ché si sta sulla terra conviene viverecon dignità e giustizia. È un pretecome si deve, fedele alla sua voca-zione, di poche idee essenziali, corag-gioso e caritatevole, saldo nei principie nelle convinzioni. Pratica l’obbe-dienza e gli tocca inghiottire bocconiamari; quando si accorge d’aver com-messo qualche sciocchezza ha il buongusto di chiedere scusa; conduce unavita austera e sulla sua condotta mo-rale nemmeno i suoi avversari storicinon hanno mai avuto niente da ridire.Don Primo Mazzolari, grande estima-tore di Guareschi, nota che nella fi-gura di Don Camillo si possono ravvi-sare tutti coloro che “hannorinunciato alla violenza perché hannorinunciato al successo senza rinun-ciare alla vittoria”.

Peppone (Giuseppe Bottazzi) diprofessione meccanico, è il sindacocomunista. Più che al Partito ed aisuoi capi (di cui in pubblico tesse glielogi più sperticati) ubbidisce alla suacoscienza, critica Don Camillo ma infondo lo stima, lo cerca, lo ascolta. Epoi, tra i personaggi, ha un ruolo fon-damentale il Crocifisso, in dialogo co-stante con Don Camillo. Questi collo-qui, secondo lo psichiatra VittorinoAndreoli “sono dei capolavori che ri-velano sensibilità ed equilibrio tra lepulsioni e la retta legge morale”. EGuareschi stesso ci dà una chiave dilettura per comprendere in pieno ilsenso di questo Invisibile presente:“Chi parla nelle mie storie non è il Cri-sto, ma il mio Cristo, cioè la voce dellamia coscienza. Roba mia personale,affari interni miei. Ed io “obbediscosolo alla mia coscienza, che non co-

Don Camillo e il Crocifisso, l’esame di coscienza quotidiano

1 Per saperne di più su Guareschi:G. F. Venè, Don Camillo, Peppone e il com-promesso storico, SugarcoB. Gualazzini, Guareschi, Editoriale NuovaG. Torelli, I baffi di Guareschi, ÀncoraM. Palmaro - A. Gnocchi, Giovannino Guare-schi. C’era una volta il padre di don Camilloe Peppone, PiemmeE. Bandini, Don Camillo, un pastore conl’odore delle pecore, Àncora

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nosce compromessi e per questo avròsempre una vita grama”.

Il Cristo giudica, approva, con-danna, denuncia i compromessi, ri-chiama l’uomo alla sua dignità e alsuo impegno. E in uno dei tanti esamidi coscienza il Cristo dalla Croce dicea Don Camillo: ”Se invece di parlare epoi pensare a quello che hai detto, tuprima pensassi a quello che devi diree poi parlassi, eviteresti di pentirti diaver dette delle sciocchezze”. Grazie aLui nei racconti aleggia lo spirito delVangelo, abitato da quei valori chedanno alla vita senso e coraggio.“Amore, bontà, pietà, onestà, pudore,speranza e fede: cose senza le qualinon si può vivere”.

I rapporti di un uomocon Dio

Guareschi non si sentiva uno “sta-kanovista dell’acquasantiera”, maaveva un’incomparabile ricchezza in-teriore che lo faceva sentire semprepiù spaesato, disorientato e disincan-tato nel mondo moderno. Che fare?In una mirabile pagina dà questo con-siglio per i periodi di difficoltà: “Fareciò che fa il contadino quando il fiumetravolge gli argini ed invade i campi.Bisogna salvare il seme: la fede. Biso-gna aiutare chi possiede ancora la fedea mantenerla intatta”.

Con spirito di fede, da autenticocristiano confessa: “I giorni della sof-ferenza non sono giorni persi: nessunistante è perso del tempo che Dio ciconcede. Altrimenti non ce lo conce-derebbe. Sono grato alla Provvidenzae ai miei malanni. La sofferenza è unacido che avvelena i muscoli e le ossa,ma ripulisce l’anima e si vede tuttocon altri occhi”.

Un anarchicosentimentale

Nei suoi rapporti con il potereGuareschi ha anticipato, con la suacoerenza e stile di vita, la felice for-mula di Leonardo Sciascia: “L’intel-lettuale deve pungere, non ungere”. Einfatti con qualsiasi governo in caricaebbe un rapporto di invettiva e di de-nuncia. Come ricorda Lino Rizzi, chegli fu amico, “ce l’aveva con gli istrioni,gli orecchianti, gli imbroglioni, i bu-giardi, gli scalzacani, i modaioli, i ma-scalzoni che brulicano al vertice dellanostra società. Ma non era un qualun-quista o uno sfasciacarrozze. No. Luiun’idea di Italia ce l’aveva in testa,fatta di gente onesta e pulita.”

Non era un moralista e non si ri-teneva né migliore né peggiore diquello che era: “Se Dio m’avesse fattodiverso di così mi andrei largo o stretto.

Sono solo un disgraziato sentimentaleche quando deve dire certe cose sicommuove”.

Vedeva che il mondo con occhi di-sincantati e notava con preoccupa-zione la perdita di valori essenzialiper la vita della società. Col suo lin-guaggio colorito e per nulla diploma-tico (e quindi negato per la politica)diceva di sé: “Sono monarchico in unarepubblica, di destra in un Paese checammina verso sinistra, liberista in unpaese statalista, cattolico intransi-gente in tempi di democristianismo.Non sono un indipendente, ma unanarchico, non sono un uomo libero,ma un sovversivo”.

Odiato da tutti i partiti, ha il co-raggio di indicare agli uomini politiciil loro compito specifico: dimenticarei propri interessi e quelli della propriabottega di appartenenza e mettersi alservizio dei cittadini. Detesta la loroipocrisia, la loro inclinazione pedago-gica verso l’indottrinamento. Soprat-tutto è allergico al “fascismo dell’an-tifascismo, esercitato dal regime deipartiti di massa”.

E la storia umana, più la si guardaattentamente e con occhio disincan-tato, più ci si accorge che è un guaz-zabuglio inestricabile e lo storico one-sto dovrebbe limitarsi a scrivere: “Inun mondo di pazzi, i più pazzi furonovinti dai più pazzi”. ◆

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anniversari

Tanta gratitudine ai sostenitori di LASALLIANI IN ITALIAUn sentito ringraziamento agli amici, qui sotto elencati, che ci hanno inviato una generosa offerta.

Comunità Fratelli La Salle Grugliasco - Barbaglia Fr. Giuseppe - Aluffi Fr. Ottavio

Montini Fr. Luigi - Zaralli Fr. Augusto - Riccomagno Tullio - Tottoli Gina/Crocedo Mini

Laudani Alfio - Puri Valerio - Berghenti Maria Teresa - Angelucci Amilcare - Norti Bruno

Carosia Vincenzo - Montiglio Massara Lucia - Congregazione Oratorio Acireale

Guj Giovanna/Ilaria/Melania - Don Mario Ferrari - Di Crosta Vincenzo

Barzaghi Liliana - Bentivegna Lucia - Emilia Duca

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didattica

Èun dossier che arriva da via Aurelia 476, cuore del-l’istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, Lasallianisenza frontiere: il mondo sta cambiando rapida-

mente, milioni di persone vanno alla deriva come i con-tinenti, le religioni si fondono e si confondono, le unionitra persone si ristrutturano, il ruolo della donna cresce, ilpianeta Terra è abusato, i bisogni educativi delle nuovegenerazioni si fanno più pressanti… Di fronte a tutto ciònon ci sono frontiere che tengano. Cosa farebbe oggiSan Giovanni Battista de La Salle?

L’emergenza preoccupante riemerge prepotentementenei messaggi natalizi di papa Francesco: “Nei passi diGiuseppe e Maria si nascondono tanti passi. Vediamo leorme di intere famiglie che oggi si vedono obbligate apartire. Vediamo le orme di milioni di persone che nonscelgono di andarsene ma che sono obbligate a separarsidai loro cari, sono espulsi dalla loro terra. In molti casiquesta partenza è carica di speranza, carica di futuro; inmolti altri, questa partenza ha un nome solo: sopravvi-venza. Sopravvivere agli Erode di turno che per imporre illoro potere e accrescere le loro ricchezze non hanno alcunproblema a versare sangueinnocente”.

E ancora: “Vediamo Gesùnei bambini del MedioOriente, che continuano asoffrire per l’acuirsi delletensioni tra Israeliani e Pa-lestinesi… nei volti dei bam-bini siriani, ancora segnatidalla guerra che ha insan-guinato il Paese in questianni… nei bambini del-l’Africa, soprattutto in quelliche soffrono in Sud Sudan,in Somalia, in Burundi, nellaRepubblica Democratica delCongo, nella RepubblicaCentroafricana e in Nige-

Alberto Castellani, Fsc

ria… nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicu-rezza sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi con-flitti…”.

Il documento Lasalliani senza frontiere è un regalodell’estate. Da scartare sotto l’ombrellone perché a set-tembre possa essere inserito nella programmazione sco-lastica. Presso la scuola dell’Infanzia e Primaria San FilippoNeri sono stati programmati cinque incontri tra docentiper coniugarlo con il quotidiano scolastico e insaporirlodella realtà locale.

È stata individuata la finalità: Andare oltre le frontierepresenti in se stessi, nella classe, nella scuola, in città, nelmondo seguendo il metodo proprio del discernimento la-salliano. Uno: apri gli occhi e dilata il cuore. Due: condividi.Tre: entra in azione. Quindi gli obiettivi formativi nellaprogressione educativa del sapere, saper fare, saper essere.

In se stessi: superare l’egocentrismo e l’egoismo.Nel gruppo classe: attenzionare tutti, soprattutto

alunne e alunni in difficoltà. Approfondire la conoscenzasu San Giovanni Battista de La Salle come uomo e santo“oltre le frontiere”. Conoscere personaggi biblici emigranti.

Nella comunità scola-stica: ottimizzare il rap-porto docenti-genitori. Co-noscere l’istituto dell’affido.Costituire un’associazionedi volontari. Organizzareraccolte per chi ha bisogno.

In città: Conoscere efrequentare luoghi di sof-ferenza (Ospedale Pedia-trico Apuano, Case per an-ziani). Esplorare il “pianetaemigranti” a Massa.

Nel mondo: approfon-dire il fenomeno dell’emi-grazione. Ampliare la cono-scenza delle operelasalliane, particolarmente

LASALLIANISENZA FRONTIERE...tra i banchi di scuola

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Lasalliani senza frontiere è un progetto di pastorale che la scuola diMassa ha declinato con lo slogan“Le barriere sono muri. La scuola - la cultura - aiuta a superarli”.

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didattica

phen Chbosky, la storia di Farhad Nouri, Il piccoloPicasso, il film Fuocoammare di Gianfranco Rosi.

È stata inoltre proposta una ricerca sui cantidell’emigrazione.

Sono stati individuati lavori di ricerca socio-storica (Dal muro di Berlino a quello di Trump; Re-ligioni in conflitto; Immigrazione e rifugiati; Italiani,migranti di ieri e di oggi, Cartina dell’Africa colo-nizzata dagli Europei); inchieste e sondaggi (Pro econtro gli immigrati. Immigrati a Massa: chi sono?Dove sono? Che cosa fanno?); prove di verifica(Mettiti per un momento nei panni di un profugo,scendi dal barcone, cosa ti aspetti? Che cosa desi-dereresti? Che cosa vorresti? Sei stato da poco in-viato come giornalista nel centro di accoglienza diMilo (CT) per intervistare bambini che sono sbarcatida poco in Sicilia. Quali domande faresti a questi

bambini che sono tuoi coetanei? In classe tua è arrivatoun profugo dalla Nigeria, la maestra ti ha chiesto di orga-nizzare per lui una giornata speciale. Immagina di essereun giornalista e di intervistare un bambino che ha fatto ilviaggio dalla terra natia verso l’Italia).

Il tutto in linea con le Indicazioni nazionali: ”In quantocomunità educante, la scuola genera una diffusa convi-vialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emo-tivi, e è anche in grado di promuovere la condivisione diquei valori che fanno sentire i membri della società comeparte di una comunità vera e propria… La centralità dellapersona trova il suo pieno significato nella scuola intesacome comunità educativa, aperta anche alla più larga co-munità umana e civile, capace di includere le prospettivelocale, nazionale, europea e mondiale…”.

Se alla fine dell’anno scolastico i nostri alunni fosseroconvinti di quanto l’antropologo ed esploratore, scrittoree regista norvegese Thor Heyerdahl ha cercato di dimo-strare: “Frontiere? Non le ho mai viste. Ma ho sentito cheesistono nella mente di alcune persone”, potremmo essereabbastanza soddisfatti del nostro lavoro educativo. ◆

di quelle in favore degli ultimi. Aderire al progetto “Lamia scuola gira il mondo”.

Il tutto è stato inserito nella celebrazione dell’annoliturgico. Il presepe è stato visto come un luogo popolatoda immigrati: Maria e Giuseppe da Nazareth-Betlemmeandata e ritorno, i pastori dalle campagne circostantialla Città del pane, i Re Magi dall’Oriente alla Palestina…Tutti alla ricerca di qualcosa e di Qualcuno che dia sensoalla vita per la serie Siamo tutti emigranti.

In Quaresima saranno lumeggiate le figure biblicheemigrate dalla loro terra e l’andare di Gesù in Palestinaanche oltre… i confini della sua missione (donna siro-fe-nicia); nel giardino di Pasqua troveranno sistemazioneMaria che va ad annunciare, i due discepoli di Emmausche tornano sui loro passi…; a maggio sarà di scena SanGiovanni Battista de La Salle, uomo e santo che ha saputoandare “oltre”; per la fine dell’anno scolastico sarà rivoltoun invito a tutte le scuole primarie della città per l’orga-nizzazione di un mega concerto vocale sulla pace.

Per tradurre in immagine lo slogan “Le barriere sonomuri. La scuola - la cultura - aiuta a superarli” è stata adot-tata un’icona, l’ultima del Salone Internazionale del librodi Torino che illustra la funzione della scuola: questa conl’istruzione, l’educazione e la formazione permette di su-perare ostacoli e guardare oltre gli steccati.

É stata proclamata canzone dell’anno scolastico 2017-2018 Se la gente usasse il cuore dello Zecchino d’oro.

Sono stati recuperati materiali in linea con la tematicadell’emigrazione, la diversità, l’accettazione dell’altro cosìcom’è e non come lo vorremmo: i testi (ma anche i film)Dall’altra parte del mare di Erminia dell’Oro, Storia di unagabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Se-púlveda, Il viaggio di Amal di Marco Rizzo, Yusuf è miofratello di Pina Varriale e Ilaria Urbinati, Wonder di Ste-

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Le frontiere sono muri. Esistono: in noi stessi, in classe, ascuola, in città, nel mondo intero. La cultura ci aiuta a superarli.

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l’ultima campanella

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Era un tardo pomeriggio di fine novembre, unanno prima che morisse. Fuori faceva già buioe l’aria presagiva l’inverno. Bussai alla suaporta (da quattro mesi era ospite al Colle LaSalle) e sentii una voce flebile: “Avanti”. Rile-vai subito quanta differenza vi fosse con lavoce ferma e decisa di quando gli facevo visitain Curia. Entrai, convinto di trovarlo dolo-rante, accasciato sul letto, invece, malgradola lotta che stava ingaggiando contro il male,notai uno sguardo fermo, voglioso di combat-tere il subdolo nemico che lo stava consu-mando come la cera di una candela. Si mostròinteressato a tante cose: chiedeva informa-zioni, dava suggerimenti, indicava come faree dove trovare un documento, dei nomi... Mifece i complimenti per un lavoro che da pocoavevo portato a termine, mentre da parte suaera orgoglioso di aver concluso (temeva di nonfarcela) la ripulitura della scansione del-l’Opera omnia del Fondatore, ora accessibileper la consultazione sul sito web. Si ramma-ricava di non poter partecipare al ritiro spiri-tuale di gennaio ad Ariccia, del qualericordava con nostalgia il canto delle varie an-tifone della Madonna che ogni sera esegui-

vamo alternandole aconclusione di Com-pieta. E cominciò adaccennare al motivodi Alma RedemptorisMater, smettendoquasi subito scusan-dosi: “Vedi come è ri-dotta la mia voce!”. Ha sempre avuto unagrande sensibilità musicale e gli si illumina-vano gli occhi quando ascoltava un canto gre-goriano; ma sapeva gustare con una certacompetenza anche brani polifonici e pagine dimusica sinfonica. Quella sera ci salutammocon la sensazione che non ci saremmo più ri-visti, ma fortunatamente c’è stata qualchealtra occasione, anche se più breve e in com-pagnia di altri confratelli. Nella Provincia, Fratel Edoardo ha lasciato si-curamente un grande vuoto, ma come si dicein questi casi e non è retorica, ringraziamoDio di avercelo donato.Scrivere di lui non è cosa facile, perché è statauna persona schietta e cordiale, ricca e com-plessa, difficilmente riconducibile a qualcheschema. E poi c’è il fatto che è scom parso da

poco e l’emozione della per-dita non consente la neces-saria lucidità pertratteggiare un ritratto cheesprima tutta la ricchezzapolicroma della sua perso-nalità. Incontrandolo, l’im-pressione che fosse unapersona piacevole, auten-tica e al tempo stesso di-screta era immediata. Nelsuo caso, penso che sidebba dar credito a queitenui e invisibili fili che cilegano a lui e lasciar per-dere le analisi troppo ri-gide. Edoardo infatti,autentico religioso e rigo-roso educatore, quei sotti-

Un religioso autentico e discreto: Fratel EDOARDO PIZZICAROLICerreto Laziale 14/01/1937 - Roma 07/11/2017

Edoardo adolescente

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l’ultima campanella

lissimi fili che attraggono li tesseva inconsape-vole con ogni sguardo e ogni sorriso con i suoialunni ed ex-alunni avuti nella scuola elemen-tare a Roma (scuola La Salle e Colle La Salle) eall’istituto tecnico commerciale al Pio XII diRoma e a Napoli. Dopo molti anni, quei ragazzi,benché cresciuti, lo cercavano ancora, “ricor-dandolo con affetto egratitudine, come hadetto il Direttore FratelBartolo nella sua com-memorazione, perchéFratel Edoardo ha sa-puto trovare in loro ilati migliori su cui farleva, senza però faresconti all’impegno ealla professionalità”.Da parte loro, i ragazzilo hanno sempre ap-prezzato per la sua de-licatezza, per il rispettoche ha sempre avutoper tutti e per la totalededizione. Ma FratelEdoardo non è statosolo un insegnante, haricoperto anche incari-chi di grande respon-

sabilità. È stato direttore di comunità, eco-nomo provinciale, membro del Consiglio eco-nomico internazionale e segretario provinciale.Ha sempre svolto ogni lavoro con fedeltà, conil massimo impegno e con il rigore che lo hasempre contraddistinto. Fratel FranciscoLópez, già economo generale dell’Istituto, che

per diverso tempo èstato a stretto contattocon lui, avuta la noti-zia della sua morte, loha ricordato con moltacommozione: “Ho am-mirato la sua riccapersonalità, il suo ca-rattere distinto, la suadedizione alle variefunzioni con ungrande senso di dipen-denza dall’autorità e diservizio ai Fratelli contanta umiltà. Per-diamo un amico vero eautentico. Il distrettonon ha più la testimo-nianza viva di ciò che èun religioso serio, con-sapevole dei suoi ob-blighi, fedele alla sua

Con una classe del La Salle alla Casa Generalizia

Fratel Edoardo sciatore

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l’ultima campanella

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vita spirituale, deferente verso l’autorità, gen-tile, attento, disponibile e sempre molto fra-terno e senza discriminazione per alcuno. Diolo ha ricevuto nella sua gloria e sono sicuro cheEdoardo intercede per noi che siamo ancora inpellegrinaggio su questa terra”. Tutti i Fratelliche lo hanno conosciuto ricordano di lui la coe-renza, la grande umanità e signorilità e, diquando in quando, anche una lieve vena umo-ristica un po’ anglosassone, riservata però solo

agli amici. Il 14 gen-naio del 2017, giornodel suo ottantesimocompleanno, a unconfratello che era an-dato nella sua cameraper fargli gli auguri,Edoardo, tra il serio eil faceto, ricordando ilsalmo 89 che recita“gli anni della vitasono settanta, ottantaper i più robusti”, rin-graziando il confra-tello del pensieroaugurale, precisa difar parte ormai delclub dei più robusti,pur consapevole che ilsuo fisico si andavadebilitando di giornoin giorno, anche se lo

spirito restava vigile,pronto all’incontro ormai vicino con il Padre deicieli.Aver conosciuto una persona come FratelEdoardo è un conforto e un grande privilegio,per questo è proprio il caso di dire che “è ne-cessario aver cura dei propri ricordi dal mo-mento che non si possono vivere di nuovo”(Bob Dylan).

Mario Chiarapini, Fsc

Edoardo carissimo

Caro Edoardo, carissimo Fratel Edoardo, che bella intuizione ha avuto il Fondatore San Giovanni Battista de LaSalle nel chiamare “Fratelli” i nostri educatori. Perché tu lo sei stato veramente un Fratello per tutti noi del Pio XII,“maturati” nel 1967, un fratello maggiore. Sei stato quel fratello più grande che ci ha accompagnato, non solo neicinque anni della scuola - così pieni di gioia e di allegria nei comuni ricordi che ci univano a te - ma soprattuttonei successivi cinquant’anni delle nostre vite. Anni durante i quali tanti di noi si sono rivolti a te per un consiglio,un conforto, un sostegno e hanno ricevuto in cambio, all’occorrenza, un discreto aiuto concreto, accompagnatosempre da semplici ma gratificanti parole di incoraggiamento o di lode. Personalmente, mai dimenticherò i tuoi“forza ragazzo mio”, accompagnati da un abbraccio, reiterati nei momenti più bui dei miei anni difficili, che mihanno fatto capire che non ero solo ad affrontarli e mi hanno spinto a rialzarmi.Si avvicina il Natale e sarà il primo senza di te. Senza quella tua presenza costante agli incontri annuali del nostrogruppo per scambiarci gli auguri o senza quella immancabile telefonata, se proprio non potevi intervenire. E nelgiorno della Festa Santa, penso a quelli di noi che, circondati da consorti, figli, nipoti, si dovranno appartare discre-tamente con una scusa per nascondere una lacrima, spuntata all’improvviso pensiero di te che non ci sei più.Ma il Natale è una festa di vita, di rinascita, e l’educazione cristiana che tu e i Confratelli ci avete regalato, ci fannoconfidare (o soltanto sperare, per alcuni), che non è finita. Che tu, da lassù, seguiterai a starci accanto, a osservarci,a guardarci le spalle, magari a mandarci in sogno uno dei tuoi preziosi consigli, costantemente e con amore, comehai fatto in vita.Ciao Edoardo, ciao fratello più grande, ormai fra gli angeli. Grazie per esserci stato. Arrivederci.

I tuoi alunni del Pio XII, diplomati nel 1967

Con i ragazzi della ragioneria (Napoli)

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- Ha fatto la morte deigiusti - così Pieran-gela, cuoca dellascuola san FilippoNeri di Massa, almio rientro dopo ifunerali di mio fra-tello Giovanni morto

per arresto cardiaco il 29 gennaio 2018. Spi-rare in pochi attimi, senza soffrire. Mi è venutoin mente san Giuseppe l’uomo “giusto” di sanMatteo, capace di fare un passo indietro perlasciare spazio al mistero di Dio che irrompenelle vicende umane. Sant’Agostino dice: «Nonpuò morire male chi visse bene, perché il Signorenon abbandona chi sempre ha cercato Dio».Fede e obbedienza alla volontà di Dio. Bino-mio esigente e perseguibile solo dalle animebelle, come ha rilevato il visitatore FratelAchille nella toccante commemorazione nellacappella della casa di riposo di via dell’Im-brecciato in Roma, dove Giovanni ha tra-scorso gli ultimi sette anni della sua esi-

stenza, dopo essersi fatto dono presso il Cen-tro giovanile di Regalbuto, il san Luigi di Aci-reale, il collegio san Giuseppe di Roma, an-cora prima nel ginnasio-liceo del Colle LaSalle della capitale, provenendo dal collegioSant’Arcangelo di Fano dove era stato inviatodopo i sei anni trascorsi a Pompei presso ilBartolo Longo, un tempo istituzione per i figlidei carcerati.Dal fondatore Giovanni Battista De la Salleha preso il meglio: l’amore verso Dio e quelloverso i piccoli, poveri, bisognosi di crescerein un ambiente sano, culturalmente stimo-lante e cristianamente impegnato per assicu-

rare loro la felicità nel mondo presente e inquello futuro. Ha vissuto molti anni della sua vita manonella mano con la sofferenza.Ha perso il papà Giuseppe a quindici anni, lamamma Anna a ventitré, come fratello mag-giore ha vissuto tra i Fratelli delle Scuole Cri-stiane col pensiero ai fratelli più piccoli Emi-

Una filiale devozione alla Madonna: Fratel GIOVANNI CASTELLANIArsoli (RM) 19/09/1940 - Roma 29/01/2018

Con alcuni bambini del Bartolo Longo

Durante una gita di classe

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l’ultima campanella

lio, Mario e il sottoscritto, supportato in que-sto da Fratel Pasquale Sorge, suo direttoreprima e suo visitatore-provinciale poi. Nelpieno della sua carriera di docente è statocolpito da una depressione che lo ha messofuori gioco dalla scuola scelta da lui comevita e passione di vita: pilota di Formula Unorichiamato definitivamente ai box per un gua-sto meccanico non causato dalla sua o altruivolontà.È sceso dalla cattedra dei corsi ele-mentare, medio e superiore al bancone dellaportineria, dal ruolo di ispettore-preside delcorso medio a quello di animatore di gruppidi preghiera; accompagnatore di gruppi-stu-dio in Inghilterra è diventato compagno dibanco dei bambini Saharawi ai quali ha in-segnato l’abc dell’italiano; da uomo robusto esano si è ridotto a malato cronico – più nel-l’animo che nel corpo - bisognoso di pillole,flebo, trasferimenti, ricoveri in cliniche.Gli hanno voluto bene tutti, piccoli e grandi,credenti, non praticanti e devoti della Gospadi Medjugorje che è andato a trovare diversevolte e della quale si faceva l’onore di distri-buire i messaggi. Non l’ho mai sentito inveirecontro qualcuno o qualcosa. Anche se talvoltasi chiudeva in un mutismo impenetrabile. Ingenere, gli piaceva ascoltare, dare e riceverespiegazioni, smussare gli angoli, consigliare. Era un tipo dolce, convincente. Alla botte diaceto preferiva le gocce di miele. Di questone sono più che convinto anche se i miei ni-poti Emanuele e Christian, ricordando i lorotrascorsi nella colonia estiva La Romanina mi

hanno riferito che lo zio era circondato da unafama di severità verso le giovani generazioni. Altritempi, quando le vitamine per la crescitaerano arricchite di castighi, punizioni, versidel padre Dante, versioni dal latino e greco equalche scapaccione senza correre il rischiodi vedersi comparire l’avvocato di famiglia oessere sfregiato al volto per una nota sul re-gistro o per alcuni giorni di sospensione.Io nascevo e lui entrava al piccolo noviziato.Le nostre infanzie sono trascorse separate.L’ho avuto confratello in comunità: io stu-dente lui prof, io maestro lui docente e pre-side, io direttore lui confratello. È stato miopadrino di vestizione, testimone alla mia pro-fessione religiosa, forza trainante nella miavocazione. In lui apprezzavo il carattere esu-

berante, la giovialità, il tem-peramento tenace; era facileall’ironia e al sarcasmo, tal-volta burbero ma non scor-butico, fedele nell’amiciziacontratta con chi stimava.Colto, bravo, anzi bravissimoa scuola, dove era molto ap-prezzato dagli alunni, dailoro genitori e dai colleghiper la sua passione educa-tiva che andava ben aldilàdel semplice e scontato rap-porto alunno-docente.L’ho ripescato diverse voltenel mare della depressionenel quale rischiava di affo-gare. Ma non ho fatto tuttoda solo. Devo ringraziare il

Con il Superiore Generale Charles-Henri

Barbecue durante una scampagnata comunitaria

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dott. Pellegrini, il compianto dott. Michele, ilneurologo Russo, le tante “pie donne” Ema-nuela, Giovanna, Giuditta, Grazia, Mariagra-zia, Patrizia, Sara… i confratelli Antonio, Au-gusto, Domenico, Giorgio, Giuseppe, Lucio…le Comunità del San Luigi di Acireale e delCentro Giovanile di Regalbuto e tutte quellepersone che gli hanno voluto bene i cui nomi

riempirebbero pagine e pagine di questa rivi-sta. Ne fanno fede le tante persone accorse alfunerale nonostante molte altre fossero im-pegnate negli scrutini del primo quadrimestree le centinaia e centinaia di sms, messaggisu fb, le telefonate e gli abbracci da me rice-vuti da persone che l’hanno conosciuto di-rettamente o tramite altri.

Non sono stato sempre un do-cile esecutore dei suoi consigli,lo riconosco, gli ripetevo cheaveva il complesso del… fratellomaggiore; e poi era juventinosfegatato… confesso anche diavergli rubato qualche coniglioda condividere con i miei com-pagni liceali, coniglio prove-niente dal suo allevamento e dalui lasciato incautamente infrigo bello e pronto per esserecucinato.Giovanni, ora che tanto puoi…ripagaci del bene che ti ab-biamo voluto e ti vogliamo.

Alberto Castellani, Fsc

l’ultima campanella

Con i bambini Saharawi

Alcune testimonianze

Se ne va un pezzo di storia. Della tua, della mia, di tutti quelli che hanno avuto il privilegio divivere la gioventù nei banchi di Giovanni. Rimane in quello che siamo. Grazie. Ti abbraccio forte,Alberto (Francesco Maria Bandini).

Caro Fratello Alberto, sono veramente tanto, tanto rattristato. Mille ricordi di Giovanni sono tornatialla mia mente, tutti belli. Insegnante d’italiano, latino, ma soprattutto di vita, a noi ragazzi di 13-14 anni nel pieno della complessa età adolescenziale. Proprio l’altro giorno, con mio fratello parla-vamo di lui e del proposito di riabbracciarlo. Questo abbraccio glielo rivolgo ora, che è in cielo,perché qualche suo buon consiglio mi serve ancora. Ti saluto con grande affetto, frère, sentite con-doglianze e buon viaggio nella serenità a Giovanni (Alessandro Rinversi).

Fratel Giovanni era un uomo buono, pio e devoto, capace di stare con tutti e di essere un esempioper tutti, con umiltà e discrezione. Mi mancheranno gli invii quotidiani dei messaggi mariani checon tanta cura diffondeva, indirizzandoli ad amici vicini e lontani. Ogni messaggio era sempre ac-compagnato da un’intenzione di preghiera che non faceva mai mancare a nessuno. La sua, al SanLuigi, è stata sempre una presenza rassicurante e confortante, di cui abbiamo spesso sentito lamancanza tutti, grandi e piccini (Rosaria Il Grande).

Un ricordo dolcissimo, il suo sorriso e la sua voce sono sempre stati un abbraccio per il mio cuoreprima di bimba e poi di donna, la sua voce inconfondibile mi accompagnerà per sempre. Grazie dicuore Fratel Giovanni, sarai sempre nelle mie preghiere(Alessandra Barbagallo).

Alberto, ti sono vicino. Sai che tu e Giovanni siete la mia famiglia, il tuo dolore è anche il mio(Dante Cinque).

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Infinitamente futuri

Piero Boitani

Dieci lezionisui classici

Il Mulino 2017, pp. 265Euro 16,00

Consigli per la letturaa cura di Alberto Tornatora

in libreria

Tolle, lege

Alessandro Zaccuri

Come non letto10 Classici più 1 che possonoancora cambiare il mondoPonte alle Grazie 2017, pp. 198Euro 14,00

Non è un testo di teologia, ma una provocazione, ironica e contro-versa. Un’analisi critica del mondo cattolico, attraverso la qualel’autore accompagna il lettore dinanzi alle contraddizioni della so-cietà globale, sempre più corrotta e sgretolata dalla modernità. Illibro ci racconta la scomparsa di una civiltà, la crisi di un modelloculturale, quello cattolico, sempre meno credibile non solo a causadi un crescente indebolimento della fede, ma anche di un cedi-mento caustico della ragione. Secondo l’autore, il cattolico non èpiù in grado di apprezzare, difendere e valorizzare la cultura cri-stiana, poiché incapace di comprenderne le ragioni. Questo libropropone diverse interpretazioni e attente riflessioni sulle ragionidel collasso di un intero sistema, e suggerisce alcuni rimedi validi,ma solo se si ha fede.

Contro la gnosi

Ettore Gotti Tedeschi

Dio è meritocraticoManuale per la salvaguardiadella fede cattolica

Giubilei Regnani 2017, pp. 380Euro 18,00

Dalla quarta di copertina: Smettiamo di chiederci «Chi sono io?» echiediamoci invece «Per chi sono io?». Solo così possiamo ragionaresu una nuova forma di prossimità. Se vogliamo ritessere il ‘noi’ delconvivere contemporaneo, sfidato e indebolito dalla globalizzazione,dobbiamo porci con forza e intelligenza questa domanda che aprela nuova frontiera della libertà. Una libertà che non è sinonimo diautonomia ma di pienezza di legami, la sola che può riportare al cen-tro un contenuto essenziale del testo biblico: «non è bene che l’uomosia solo».Connessi gli uni agli altri, non per questo siamo davvero in-teressati ai destini di chi ci è prossimo. Al contrario, l’umanità sta at-traversando una gravissima crisi di solidarietà. Ciascuno pensa a sestesso. Si è passati dal giusto riconoscimento dei diritti dell’uomo auna sorta di ‘egocrazia’. Il risultato è un vuoto insostenibile. Tantisono i sintomi di un malessere esteso, che testimoniano la richiestadi ascolto e di aiuto. Attraverso una lettura del presente che traespunto dalla ricca esperienza pastorale e intellettuale di, questo libroci parla di una nuova cultura, di un nuovo sogno, di una nuova vi-sione fondata sul riconoscimento dell’importanza del bene comune.

Per chi sono io?

Vincenzo Paglia

Il crollo del noi

Laterza 2017, pp. 185Euro 15,00

Con la letteratura, forse, non si mangia. Ma si può dare da man-giare. I libri, se non altro quelle opere che si meritano il nome diclassici, da sempre sono un nutrimento per l’anima, e in certi casipossono anche rivelarsi utili per nutrire i corpi o comunque per aiu-tare a vivere una vita più dignitosa. È quanto ha sperimentato loscrittore e critico Alessandro Zaccuri nei suoi incontri pubblici, inti-tolati Come non letto, che sanciscono una positiva alleanza tra let-teratura e solidarietà. Basta avere un concreto progetto diassistenza per i bisognosi, beni (non soldi) da raccogliere e un librodi cui parlare: Zaccuri racconta e interpreta, il pubblico porta incambio la sua offerta materiale. Come non letto è nato così, maadesso è cresciuto a sua volta in un libro, i cui diritti saranno devo-luti all’Associazione Nocetum di Milano. Suddiviso in dieci capitolipiù uno, affronta altrettanti capolavori della narrativa, soprattuttograndi romanzi dell’Ottocento, individuandone le rispettive tema-tiche fondamentali: il sogno per Don Chisciotte, la vendetta per Ilconte di Montecristo, il mistero per Moby Dick, il male per Draculae così via. Offre in questo modo un’originale chiave di lettura e sug-gerisce nuove, impreviste prospettive per accostarsi alle opere, e in-tanto incoraggia il lettore a darne una propria interpretazione (eovviamente a leggerle o rileggerle).

Piero Boitani, docente di letterature comparate all’Università La Sa-pienza, ci conduce in un viaggio emozionante fatto di versi, endecasillabi,parole, figure retoriche tratti dal mondo antico. “Dieci lezioni sui classici”è l’analisi dell’affascinante pensiero greco e romano in una veste nuova,capace di farci riscoprire elementi preziosi. L’Iliade, spiega Boitani, è lanarrazione di un conflitto cosmico, una vera prima guerra mondiale, acui si aggiunge il ruolo unico della “pietà”, sentimento capace di renderel’uomo civile. L’altro poema omerico, l’Odissea, è, invece, il primo ro-manzo del mondo. Poesia raffinata ed eterna è il mezzo con cui Lucrezioconsacra il sapere scientifico e meraviglioso e lo stile letterario cui Virgiliosi dedica per celebrare l’emergere della capitale dell’impero. Pagine didenuncia del potere imperialistico romano, quali quelle di Tacito, e righeda romanziere classico post-moderno, come Ovidio nelle “Metamorfosi”,rendono l’idea dell’ecclettismo nel mondo letterario classico. Boitani conle sue “Dieci lezioni sui classici” ci rammenta come le grandi opere nonsmettano mai di raccontarci qualcosa di nuovo e di come la letteratura,più di qualsiasi altra arte, sia in grado di unire passato e presente.

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