81809510 Il Pulque Delle Popolazioni Messicane Dalle Origini Ai Periodi Coloniali

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Il pulque delle popolazioni messicaneDalle origini ai periodi colonialiGiorgio Samorini

Triana Ediciones

Il pulque delle popolazioni messicaneDalle origini ai periodi coloniali

Giorgio Samorini

Triana Ediciones Sevilla 1

Immagine di copertina: rafgurazione della pianta di Agave (maguey) chiamata qumetl (da Francisco Hernndez,1571-6, Historia Natural de Nueva Espaa, Libro VIII, Capitolo LXXXII)

2012 Triana EdicionesPlaza Don Salesiano Ubaldo 9, 2B 41010 Sevilla (Espaa)

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Indicep. Il maguey e il pulque .......................................................................... 4 La preparazione del pulque ..................................................... 6 Il pulque nei periodi pre-ispanici ..................................................... 12 Associazioni simboliche .......................................................... 13 Modalit d'uso .......................................................................... 17 Aspetti mitologici ed etnostorici ............................................ 21 Usi rituali .................................................................................. 24 Il quinto pulque ........................................................................ 32 Il problema degli additivi del pulque ............................................... 35 Il pulque nei periodi coloniali ........................................................... 46 Appendici I - Mito d'origine del maguey ................................................. 53 II - La leggenda di Xchitl ....................................................... 55 III - L'ubriachezza di Quetzalcotl ......................................... 59 IV - La classifcazione dei maguey di Hernndez ................. 65 Note ...................................................................................................... 72 Bibliografa ...................................................................................... 77

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Il maguey e il pulque

Il pulque un prodotto della fermentazione della linfa di alcune specie di piante succulente del genere Agave della famiglia delle Agavaceae,1 estesamente coltivate in diverse regioni del Messico. Il nome generico azteco dell'agave era metl, quello della linfa necutli, mentre quello del pulque era octli. Difusi nomi messicani sono maguey per l'agave e aguamiel per la linfa. Le numerose specie di agave sono state una fonte inesauribile di acqua, miele, bevande alcoliche, aceto, nonch di prodotti manifatturieri e medicinali, al punto che il gesuita Jos de Acosta nel 1590 (Libro IV, Cap. XXIII) descrisse il maguey come el rbol de las maravillas (l'albero delle meraviglie). E' anche vero, come scrisse Alejandro de Humboldt (1822, IV, IX), che la maggior parte dei popoli civilizzati ha ricavato le sue bevande dalle medesime piante che costituiscono la base della sua alimentazione, le cui radici o semi contengono il principio zuccherino unito alla sostanza amilacea, e tale stato anche il caso delle piante di agave nel Messico precolombiano. Le piante di maguey sono state usate sin dalla remota antichit come fonte di acqua, in particolare nelle estese aree aride del Messico, e fn verso la fne del 1800 in alcune regioni sono state l'unica fonte idrica. Durante il specie di Agave secolo XVIII alcuni villaggi messicani, fra cui Tlayacafamiglia delle Agavaceae

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pan, Malinalco, San Pedro Ostotepec, si sottrassero alle tasse del maguey e del pulque imposte dal governo coloniale, dando come concreta motivazione il fatto che le piante del maguey erano ancora utilizzate in quei luoghi come unica fonte di acqua e non per la produzione di pulque (Hernndez Palomo, 1979: 4-5). Un altro utilizzo d'importanza storica del maguey fu come fonte saccarina, in quanto dalla sua linfa, fatta evaporare, si ricavava una sostanza dolciastra, di color scuro, chiamata miele di maguey, ampiamente usata nei tempi pre-cortesiani, accanto ai prodotti zuccherini gi noti a quei tempi ricavati dalle api e dalla canna da zucchero. La concentrazione di zuccheri in alcune specie di maguey raggiunge quella della canna da zucchero, ma nei tempi coloniali e in quelli successivi la loro estrazione non raggiunse mai il valore economico della canna da zucchero, per via dell'esteso utilizzo del maguey per la preparazione della bevanda inebriante del pulque. I Nahua utilizzavano tutte le parti della pianta per diversi scopi manifatturieri: dalle foglie si ricavava carta e un tessuto per vestiti, oltre ad essere impiegate come buon combustibile; dalle sue fbre rigide si otteneva un flo noto in Europa col nome di pita con cui si costruivano funi, corde e stofe; con le spine si facevano aghi, spilli e chiodi; la radice cucinata era un alimento nutriente; dalla linfa si ricavavano, oltre al pulque e al miele, un aceto e certi pani di zucchero (cfr. ad es. Motolina, Historia, III, 19, 439-448; Hernndez, Historia, VIII, LXXI). Per quanto riguarda le propriet medicinali, sia le parti della pianta che la linfa e il pulque sono stati impiegati per il trattamento di un cospicuo numero di infermit, un fatto riportato gi dai primi cronisti europei. Sahagn (XI, VII, 74) segnalava l'esistenza di una specie di maguey chiamata temetl (maguey divino), caratterizzata dall'aver gli orli delle foglie di color giallo, il cui succo delle foglie cotte era usato nella preparazione di una medicina utile per coloro che sofrivano di ricadute da malanni. In un passo successivo (XI, VII, 155) riportava che il succo della foglia arrostita del maguey giovane riposta sulle piaghe le cura, cos come la foglia del maguey seccata e macinata, mescolata con resina di pino e collocata sulle parti del corpo doloranti allieva la soferenza. Anche Hernndez (Libro VIII, Cap. LXXI) aveva riportato che le foglie cucinate e in applicazione topica favoriscono la chiusura delle ferite, curano le convulsioni e calmano i dolori fsici, mentre la linfa favorisce le regole, calma il ventre, provoca l'urina, pulisce i reni e la vescica, rompe i calcoli e lava le vie urinarie. Motolina (III, 19, 444) riportava che la foglia molto salubre per una coltellata o per una piaga fresca, presa una foglia e gettata nelle braci ed estratto il succo cos caldo ottimo per il morso di vipera;

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devono prendere da questi maguey piccoli della dimensione di un palmo e la radice che tenera e bianca ed estrarvi il succo, e mescolato col succo di assenzi di questa terra, e lavare la morsicatura, poi guarisce; questo io l'ho visto sperimentare ed essere vera medicina; ci si intende quando la morsicatura fresca.

L'uso medicinale della linfa di maguey pi difuso fra le varie popolazioni messicane era nel trattamento delle afezioni gastriche e renali (Hernndez Palomo, 1979: 12). Il pulque veniva ampiamente impiegato come liquido madre dove farvi disciogliervi i vari prodotti medicinali. Sahagn (XI, VII, 155) riportava che il maguey di questa terra, specialmente quello chiamato tlacmetl,2 molto medicinale in ragione della linfa che se ne estrae, il cui pulque viene mescolato con molte medicine da assumere per bocca. Motolina (Trat. III, 19, 440) scriveva che tutte le medicine che si devono bere sono date ai malati con questo vino; posto nella sua tazza o coppa vi gettano sopra la medicina che applicano per la cura e salute del malato. Martn de la Cruz (1552, F55r e F60r) riportava che nel pulque venivano versati i vari medicinali utili per il trattamento dei pidocchi e come lattogoghi, mentre per facilitare il parto dava la seguente ricetta: la partoriente pu bere un preparato nel pulque di sterco macinato di falco e di anatra e un poco di coda dell'animale chiamato tlacuatzin [piccolo marsupiale]. Il pulque deve essere dolce (ibid., F57v). Ancora oggigiorno il pulque viene usato tradizionalmente per scopi curativi. Guerrero (1985: 72) ha riportato che in uno dei quartieri di Itzmiquilpan, nello stato messicano di Hidalgo, vidi come a una persona punta da un ragno diedero da bere pulque con disciolto dell'escremento umano, un fatto che provoc un grande vomito, assicurando i familiari che con quello gettava via il veleno del ragno.

La preparazione del pulqueLe specie di maguey (Agave) sono numerose e non tutte sono utili per ricavarne il pulque.1 Francisco Hernndez (1571-6) ne riport 18 specie. L'areale di coltivazione del maguey pulquero si estende su tutti gli altipiani centrali del Messico, dove il terreno per lo pi argilloso, duro e poco umido. Anche nei luoghi umidi il maguey da pulque cresce rigoglioso e vi viene coltivato, ma la bevanda che se ne ricava di qualit inferiore ed chiamata in questo caso tlachique. La pianta del maguey deve avere un'et di almeno 6-10 anni (a seconda della specie coltivata e delle modalit di coltivazione) afnch produca sufcienti quantit di linfa e

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una concentrazione di zuccheri del 10%. Quando raggiunge la maturit fsiologica, la pianta produce la parte sessuale: dal suo centro si erge un lungo fusto che pu raggiungere laltezza di 6-8 metri con in cima il fore; questo fusto forifero chiamato bohordo o quiote.

Pianta di Agave con il lungo fusto forifero (quiote)

Quando la pianta sta per forire le grandi foglie radicali, che sino a quel momento erano inclinate verso il terreno, si alzano e si avvicinano fra loro, mentre la parte centrale della pianta assume un colore verde chiaro e si gonfa. E' questo il momento tanto atteso per castrare (capar) la pianta con lo scopo di estrarre la linfa con la quale produrre il pulque. L'operazione viene eseguita da una persona esperta, la quale taglia le spine laterali delle foglie vicine al cuore (mexollotl), che viene quindi asportato con un cucchiaio aflato (ztetl, unghia). La parte tagliata via chiamata uovo ed usata come cibo, cotto o stufato in diversi modi; ha un sapore gradevole e leggermente amaro. Una volta castrato il maguey, si possono iniziare a raspare le pareti del foro praticato al centro per ottenere laguamiel, che viene succhiato con lacocote, una specie di zucca. Quando la linfa stata estratta, si raspa il fondo del tronco con un raschietto di metallo, ottenendo cos del materiale fbroso (carnaza) che serve da foraggio per i maiali (Guerrero, 1985: 70). I cicli lunari erano e sono tutt'ora importanti per la raccolta dell'aguamiel. La pianta viene castrata quando la luna crescente e il fusso di fuoriuscita del liquido varia a seconda delle fasi lunari.

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E' stato erroneamente ipotizzato che il raccoglitore di aguamiel (chiamato tlachiquero, voce nahua che proviene da tlaxiki , raschiare il maguey), nel succhiarlo con l'acocote, contamini con la sua saliva la linfa appena succhiata, inducendo in tal modo una fermentazione di tipo insalivata; tuttavia, ad una pi attenta osservazione dell'operazione di suggere la linfa, la zucca (acocote) dalla parte del succhiatore ha una forma leggermente rigonfa che impedisce alla linfa di raggiungere le sue labbra. La zucca usata per la suzione viene fatta seccare e vengono praticati due fori alle sue due estremit; la parte estrema pi larga appoggiata alle labbra del tlachiquero, mentre a quella pi esile viene applicato un corno di toro perforato ed in tal modo inserita nel foro praticato nella pianta pieno di linfa. Il naturalista Francisco Hernndez (Libro I, Cap. XXV) descrisse la pianta dell'ococotli, in alcune regioni del Messico chiamata anche xalacotli, ofrendone un disegno e riportando che con i suoi internodi gli indios estraggono il vino di metl dalle cavit praticate nel tronco e nelle quali distilla. Una volta estratto l'aguamiel, il tlachiquero tappa con una pietra o con delle foglie della medesima pianta il foro praticato nel suo centro foro chiamato picazn onde evitare che qualche animale vi si introduca per berne la linfa. La pianta continua a produrre linfa per molto tempo (sino a sei mesi), producendone giornalmente 3-4 litri, una quantit che periodicamente raccolta dal tlachiquero (Guerrero, 1985: 70-1). In pratica, nella cavit praticata si accumula la quantit di La pianta dell'acocotli linfa che la pianta aveva preparato per far crescere (da Hernndez, I, XXV) l'enorme fusto forifero. Il pulque che inizia a fermentare, spumeggiante, chiamato itzli. A fermentazione maturata la bevanda chiamata pulque bianco, in nahua tiauctli. La raccolta dell'aguamiel eseguita mediamente due volte al giorno, una alla mattina e una alla sera; in alcuni casi si efettuano tre raccolte diarie, come riportava Humboldt (IV, IX): comunemente ogni pianta produce tutti i giorni quattro decimetri cubici di linfa, che equivalgono a 8 cuartillos,3 tre all'alba, due a mezzogiorno e tre al tramonto. Doveva apparire davvero un evento straordinario (una maravilla) alle antiche popolazioni messicane questa abbondanza di liquido prodotto da una pianta che cresce in ambienti aridissimi e pi volte rocciosi, dove l'acqua era introvabile.

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Sinistra: Un tlachiquero (raccoglitore di maguey) estrae la linfa (aguamiel) dalla pianta del maguey succhiandola mediante una zucca allungata perforata (acocote) (da Guerrero, 1985). Destra: disegno di estrazione dell'aguamiel dal maguey, di Claudio Linati, 1828, Trajes civiles, militares y religiosos en Mxico, lamina 38, riportato in Hernndez Palomo, 1979, fg. 2.

La linfa viene trasportata nei luoghi di fermentazione del pulque chiamati tinacal, dove depositata in olle di argilla, tini di legno o in caratteristici recipienti di cuoio di bue montati su un supporto di legno, chiamati toros (tori). In questi contenitori viene lasciata una piccola quantit di pulque vecchio, chiamato piede o madre del pulque, in nahua xinaxtli, che facilita l'innesco della fermentazione alcolica. In breve tempo si viene a formare un pulque soave, dolciastro; con laumentare della fermentazione la bevanda acquista una maggiore gradazione alcolica, diventando un pulque forte. La pianta del maguey castrata per la raccolta della linfa destinata a morire e le sue parti seccate vengono usate per lo pi come carburante per il fuoco. Prima di morire, attraverso le sue radici la pianta fa germinare attorno a se numerose plantule (chiamate mecuate o mesontet), che vengono raccolte dai coltivatori e ripiantate in luoghi e a distanze adatte per far crescere nuove piante per le future raccolte di linfa. Ruiz de Alarcn (1629, III, I) riport una maniera superstiziosa (seguendo l'interpretatio cattolica) per il trapianto delle plantule di maguey dalle aree non coltivate ai campi coltivati. I nativi si premunivano di tabacco, che usavano in qualunque occasione rituale e a cui afdavano il compito che stavano per svolgere; quindi raccoglievano un bastone aguzzo con il quale aferravano i piccoli maguey e nel mentre rivolgevano al

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bastone la seguente orazione:Forza, che gi tempo, spiritato, la cui felicit sta nelle acque, andiamo che dobbiamo aferrare ed estrarre la stimabile donna, quella ordinata in otto, che devo andare a piantarla, voglio metterla in un luogo molto adatto e molto fertile che le ho pulito, l devo riporla dove le piacer stare e alla quale ofro la miglioria del nuovo luogo.

La pianta del maguey era chiamata la stimabile donna in riferimento a Mayhuel, la dea del maguey da cui questa pianta origin, come riportato pi avanti negli aspetti mitologici; Alarcn considerava l'ordinamento in otto come una maniera di disporre il campo coltivato in flari di otto piante, ma quest'interpretazione discutibile.4 Con la venuta degli Spagnoli e le loro tecniche di distillazione in Messico, dal pulque si inizi a distillare un liquore chiamato mezcal o aguardiente di maguey. In realt, per la produzione di mezcal si utilizzano specie di agave diferenti da quelle usate per la produzione di pulque. La combinazione di mezcal con aguamiel si chiama chinguirito o chnguere. Si beve molto nella regione del Mezquital, fra Durango e Zacatecas. Nelle piante del maguey vivono diversi animali inferiori, fra cui larve e vermi. In particolare, vivono due vermi, l'uno di color rosso (chiamato attualmente chinicuil) e l'altro di colore bianco o dorato (chiamato Tina di pulque con in evidenza la spuma anticamente meocuili), che sono utilizzati bianca prodotta dalla fermentazione come additivi, pi che altro folkloristici, del (da Herndez Palomo, 1979, fg. 5) mezcal, specie nello stato messicano di Hoaxaca, principale centro produttivo del mezcal. Nei tempi moderni a questi vermi sono attribuite propriet afrodisiache, non confermate tuttavia scientifcamente. Questi animaletti sono noti sin dai tempi pre-ispanici, come confermano le note a loro riguardo riportate da Sahagn (Historia, XI, V, 81-82) e da Motolina (Historia, III, 19, 447). Gi a quei tempi era costume tostarli, aggiungervi sale e mangiarli. Ancora oggigiorno nello

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stato di Hoaxaca sono tostati e macinati con sale, ricavandone una miscela chiamata sal de gusano, usato come condimento. In un rapporto del 1791, il naturalista Antonio Pineda riferiva dell'uso di vermi del maguey chiamati tecolio, di color carneo, che venivano a quei tempi tostati, ridotti in polvere e mescolati nel pulque; tuttavia, nel rapporto non stato specifcato n il motivo n l'area geografca di presenza di tale pratica (Wilson, 1963: 508).

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Il pulque nei periodi pre-ispanici

In lingua nahua le piante di agave erano chiamate col nome generico metl. Il vocabolo maguey sembra essere originario delle Antille; una considerazione gi presente nelle cronache del periodo della Conquista. Ad esempio, Motolina (III, XIX, 440) riportava che Metlh un albero o cardo che nella lingua delle isole si chiama maguey. Hermn Corts, il conquistatore degli Aztechi, riferiva che nel mercato di Temixtitan (Tenochtitlan) aveva visto vendere miele ricavato da certe piante che chiamano nelle altre isole maguey.5 Probabilmente maguey deriva direttamente dai termini taino meguey e magheih che designano le piante di agave.6 Per quanto riguarda l'etimologia della parola pulque, essa stata oggetto di controversie per via di un errore di inversione cronologica da parte di alcuni scrittori del passato, chiarito in seguito da Cecilio Robelo (1948: 451-4) e ridiscusso da Gonalves da Lima (1986: 13-4). Clavijero (1807: 435) aveva notato come il termine pulque fosse presente anche nella lingua araucana del Cile, dove designa una bevanda fermentata ricavata dalle mele, e la ritenne quindi originaria del sud America, pur non riuscendo a spiegare come fosse giunta presso le popolazioni messicane di lingua nahua. In realt furono gli Spagnoli a portare dal Messico questo termine in sud America. La parola pulque molto probabilmente un barbarismo dei medesimi Spagnoli, derivante dal termine azteco poliuhqui, che designava la bevanda nel suo stato avariato. La bevanda del pulque, chiamata dagli Aztechi octli o iztacoctli (vino bianco), si conserva per poco tempo e inizia ad avariarsi dopo 24-36 ore, diventando poliuhqui; i primi Spagnoli, all'udire frequentemente quest'ultimo termine, lo avranno verosimilmente considerato in maniera erronea come la parola azteca per la bevanda, trasformandolo quindi nel barbarismo pulque.

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Associazioni simbolichePer quanto riguarda l'uso rituale e religioso del pulque, la principale fonte di informazioni l'opera di Bernardino de Sahagn, Historia General de las Cosas de Nueva Espaa, compilata nel trentennio 1547-1577, di cui qui utilizzata principalmente la versione curata da ngel Mara K. Garibay. Il pulque era utilizzato in diverse feste religiose, nei riti battesimali, nelle feste del raccolto, cos come nei numerosi sacrifci umani che si svolgevano nel corso di tutto il calendario religioso azteca. Ma non a tutti era concesso bere pulque, cos come appare chiaro, pur dai dati confusi dei primi cronisti, che v'era una rigida diferenziazione d'utilizzo di diversi tipi di pulque e conseguenti diferenti efetti inebrianti: dai pulque riserbati alla casta prelatizia, a quello specifco per le vittime umane destinate ai sacrifci, ai pulque permessi al popolo in determinati momenti collettivi. I primi cronisti spagnoli riportarono scene di ubriachezza collettive che spesso sfociavano in stati di delirio, di furore e di prostrazione, probabilmente dovuti, pi che allefetto alcolico del pulque (che di per se non supera i 4 gradi), allaggiunta alla bevanda di particolari vegetali che ne raforzavano e ne modifcavano gli efetti. Nella preparazione della bevanda erano impiegate diverse specie di maguey, riconosciute dai Nahua come maguey bianco, maguey grande, maguey divino, maguey azzurro, ecc., ciascuna delle quali produceva un tipo distinto di pulque e questa diferenziazione era destinata ad aumentare con laggiunta, come detto, dei diversi additivi e rinforzanti. Una sifatta variabilit nella qualit del pulque e nelle relative propriet psicoattive, si rispecchia nella moltitudine di divinit associate a questa bevanda. Esse corrispondono alla famiglia dei centzontotochtlin, i quattrocento conigli, i numerosi dei del pulque, che possono tutti essere individualmente denominati dueconiglio (ome tochtli); questo era il nome generico degli dei del pulque. Nella cultura nahua il numero quattrocento era impiegato come forma aggettivale indicante molti o moltitudine. Il coniglio era strettamente associato alla luna e all'ebbrezza. Come presso altre popolazioni americane, i nahua ritenevano che le macchie scure che si vedono sulla faccia della luna piena rafgurassero un coniglio. Nei Codici la luna rafgurata simbolicamente come un vaso riempito di un qualche liquido e al suo interno disegnato il pi delle volte un coniglio o, pi raramente, una piccola conchiglia o una pietra focale. Secondo la cosmogonia nahua, il coniglio fu scaraventato sulla faccia della luna da Paptzac, una delle divinit del pulque (Gonzlez Torres, 1972).

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L'associazione fra il maguey e la luna fu osservata dai tlachiqueros, i raccoglitori di aguamiel, che avevano notato una sua maggiore afuenza nei periodi di luna crescente, e quest'associazione ben evidenziata nei Codici in alcune rafgurazioni della pianta del maguey. Nel Codice Vaticano B (originario di una regione di Puebla o Tlaxcala), all'interno di un maguey disegnato un recipiente rovesciato rafgurante la luna ornato di gioielli e pieno di un liquido dove si vede un pesce che beve sul fondo del recipiente. Il liquido rappresentato Rafgurazione della luna nel quasi certamente l'aguamiel. Anche in una famosa ed Codice Vaticano B, p. 29 enigmatica rafgurazione nel Codice Borgia della dea del maguey, Mayhuel, rafgurato un pesce che succhia dal suo seno. Gonalves da Lima (1986: 134) ha interpretato la presenza di questi pesci in associazione col maguey considerando che nella peregrinazione nahua il maguey fu una fonte di sopravvivenza fondamentale come portatrice di linfa, assunta sia come bevanda che come alimento. Ma quest'interpretazione sembra essere inadeguata e la relazione fra pesce e maguey probabilmente pi profonda, sebbene resti inspiegata. Guerrero (1985: 79) ofre una considerazione che pu risultare utile per la comprensione di questa associazione simbolica. Ancora oggigiorno i conoscitori del pulque, quando la bevanda di ottima qualit, dicono che ' latte della vergine' o che ' come il latte della vergine', senza che queste espressioni siano considerate blasfeme. Si tratta di unespressione folclorica, popolare, vernacolare e anonima, appresa per trasmissione orale e trasmessa di generazione in generazione dallepoca preispanica e relativa, con tutta sicurezza, alla rappresentazione della dea Mayhuel in forma di maguey divinizzata e umanizzata, e la cui secrezione, laguamiel, fu chiamata 'latte di Mayahuel' Rafgurazione di Mayhuel che allatta un pesce, Codice Borgia, 16 per allattare un pesce, come possibile vedere nel Codice Borgia. Le piante di maguey erano viste come rappresentazioni della fgura femminile di Mayhuel. Come osservato da Ruiz de Alarcn (1629, III, I), i contadini dediti alla coltivazione del

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maguey e alla raccolta del pulque seguivano diverse superstizioni durante le varie operazioni agricole. Dopo aver praticato la castrazione per la raccolta dell'aguamiel, rivolgevano la seguente orazione al cucchiaio di rame che serviva per raschiare la cavit appena ricavata al centro della pianta:Forza, che gi tempo, fai il tuo lavoro, chichimeco vermiglio. Forza, ora raschia e pulisci la tua opera, devi entrare nel luogo del cuore della donna una di otto in flare, fai in modo che abbia la carnagione molto pulita e lascia che pianga, che diventi melanconica e faccia molte lacrime e suda in maniera che esca un ruscello dalla femmina una di otto in flare.

L'aguamiel che fuoriesce dalla cavit considerato il pianto della donna-pianta, di Mayhuel, per via della sua uccisione causata dall'asportazione del suo cuore. Secondo Alarcn una di otto in flare si riferisce alla maniera di disporre il campo di coltivazione in flari di otto piante. Tuttavia Johansson (1996: 82) analizza un canto nahua dedicato al dio del pulque Tezcatzonctl in cui questa divinit viene aggettivata come flare di venti; una di otto in flare e flare di venti hanno entrambi la radice nahua tecpantli, che un aggettivo neutro per contare le persone (o le divinit) di venti in venti sino ad arrivare a quattrocento, un numero che riporta direttamente alle 400 divinit del pulque. Quindi, queste forme aggettivali numeriche, lungi dal rappresentare disposizioni delle piante del pulque nei campi, sarebbero associate a modalit di enumerazione delle divinit del pulque che ci risultano comunque criptiche. Come gi anticipato, il coniglio era strettamente associato anche con l'ebbrezza indotta dalle piante e dalle bevande psicoattive e, di conseguenza, con il pulque. Nello stato messicano di Hidalgo odiernamente si tramanda la credenza popolare che il primo ubriaco fu un coniglio che si avvicin a una pianta di maguey, sazi la sua sete, si sedette sul suo corpo raccolto, si dondol e rimase disteso, scena che da quel giorno anche molti uomini rappresentarono, rappresentano e continueranno a rappresentare nel bere il pulque (Guerrero, 1985: 33). Fra i Totonachi vi sono riferimenti a un uso rituale di pulque miscelato con sangue di coniglio (ibid., :58). Presso gli Aztechi v'era la maniera di dire quel tale si inconigli, per riferire di una persona che aveva subito un grave incidente, come cadere da un dirupo o addirittura uccidersi a causa della sua ubriachezza. V'era anche il modo di dire che quell'ubriacatura il suo coniglio, per intendere che a quel tale la bevanda inebriante fa in quello specifco modo (Sahagn, IV, IV, 8). Sahagn (in buona parte in I, XXII, 3) riporta diversi nomi di dei del pulque: Tezcatzncatl, Izquitcatl, Yiauhtcatl, Acolhoa, Tlilhoa, Pantcatl, Yzquitcatl, Toltcatl, Papz-

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tac, Tlaltecaiooa, Ometochtli, Tepoztcatl, Chilmalpancatl, Colhoatzncatl. Nell'iconografa queste divinit si riconoscono per l'insieme congiunto dei seguenti caratteri: tengono in mano un'ascia di ossidiana, sul naso portano un monile a forma di mezza luna crescente e sul capo un pennacchio di piume di airone e di quetzal, hanno orecchie rettangolari, portano un ventaglio sulla schiena, delle campanelle nei piedi e indossano sandali di gomma. Ognuno di questi caratteri rappresentato isolatamente non indicativo degli dei del pulque (Maher, 1997).

Sinistra: Tepoztecatl, divinit del pulque. Codice Magliabecchiano, foglio 49r (in Bankmann, 1984, fg. 11, p. 318). Sopra: Tezcatzoncatl, una delle divinit del pulque. Codice Fiorentino, libro I, appendice, cap. 16, fol. 40 recto

Il monile indossato al naso di queste divinit rappresenta un grafema chiamato yacametztli (Naso-Luna); un glifo dalle origini arcaiche e comuni per le culture azteca e maya ed indicativo della luna crescente. Nelle sue varie evoluzioni grafche lo si ritrova anche nell'iconografa maya per indicare la bevanda del balch. Lo yacametztli era originalmente associato all'idromele, sia presso i Maya che presso gli Aztechi, un fatto che dimostra una connessione concettuale fra la primissima bevanda alcolica ricavata dal miele d'api e le bevande alcoliche maggiormente elaborate del balch e del pulque, dove venivano aggiunti ingredienti rinforzanti l'efetto psicoattivo: per il balch la corteccia di un Lonchocarpus e per il pulque le radici di ocpatli e altri ingredienti tutt'ora indeterminati dal punto di vista botanico. Gonalves da Lima (1986: 39) ha inferito che prima della scoperta dell'ocpatli il pulque era una bevanda che quasi non si distingueva molto

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dal vecchio idromele, ottenuto dalla diluizione del miele di api, e ci fu una fase in cui le due bevande si confusero molto probabilmente in una medesima designazione, quella molto antica di quauhnecutli, miele d'albero, il miele fuido delle api.

Yacametzli, geroglifco del pulque. Dal Codice Magliabecchi, XII, 3, 4 verso

Modalit d'usoLa preparazione del pulque da parte di personale specializzato, che Sahagn per lo pi riunisce sotto il generico nome di osti, doveva rispettare un insieme di precetti e tab. Ad esempio:gli osti si cimentavano nel fare un buon vino, e per questo si astenevano dalle donne per quattro giorni, poich ritenevano che se si fossero avvicinati a una donna in quei giorni il vino si sarebbe acetato e danneggiato; si astenevano anche durante quei quattro giorni dal bere pulcre, incluso il miele da cui si fa, nemmeno bagnando il dito in esso portandolo alla bocca, sino a che non si fosse dato inizio il quarto giorno alla cerimonia detta sopra. Avevano come auspicio che, se qualcuno beveva il vino, anche solo poco, prima che si eseguisse la cerimonia di apertura degli orci come sopra detto, che gli si sarebbe storta la bocca da un lato, per colpa del suo peccato. (Sahagn, I, XXI, 2122).

Il pulque era bevuto in un bicchiere caratteristico, chiamato ometochtecomatl (VasoDue-Coniglio) o pi semplicemente octecmatl, fabbricato per lo pi in pietra o, pi raramente, in argilla. Il recipiente, che aveva una forma grezzamente rotondeggiante, si innestava sopra tre piedi ed era dotato di due manici opposti con una caratteristica forma di ali di farfalla. L'immagine di questo recipiente presente in numerosi contesti iconografci; sugli scudi dei guerrieri cos come nello stemma degli dei del pulque l' ometochtlauiztli al cui centro ben riconoscibile anche il simbolo della mezza luna crescente, lo yacametztli.

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Sinistra: Octecmatl, bicchiere per il pulque. Conservato presso il Museum fr Vlkerkunde di Basilea (catalogo IV b 707) (in Bankmann, 1984, fg. 1, p. 314). Destra: Octecmatl, bicchiere per il pulque. Conservato presso il Museum fr Vlkerkunde di Berlino (catalogo IV Ca 3364) (in Bankmann, 1984, fg. 3, p. 315)

Il medesimo vaso octecmatl pure presente in un tipo di mantello indossato dai principi e dai gerarchi guerrieri, come disegnato nei Codici e descritto con minuzia di particolari nel presente passo di Sahagn (VIII, VIII, 5):Usavano anche alcuni mantelli che si chiamavano ome tochtecomayo tilmatli; erano decorati con alcune chicchere molto elaborate e molto belle, che avevano tre piedi e due ali come di farfalla; il bicchiere era rotondo, colorato e nero, le ali verdi, bordate di giallo, con tre sferule gialle in ciascuna; il collo di questa chicchera era fatto come una marquesota di camicia [collo alto di tela bianca che usavano gli uomini come indumento Lo stemma (divisa) degli dei del ornamentale], con quattro canne che uscivano Pulque. Da Sahagn, Manoscritto da sopra, lavorate di penna azzurra e rossa; e della Biblioteca de la Academia de la queste chicchere erano disseminate in un Historia, Madrid, Folio 74r. campo bianco. Avevano nei due orli anteriori due strisce rosse, con alcune strisce trasversali bianche, di due in due.

In un diferente passo (II, XXXVIII, 8) il medesimo autore riporta l'utilizzo di un

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Mantelli con disegno di bicchiere per il pulque. Dettaglio del Foglio 46r del Codice Mendoza (in Backmann, 1984, fg. 9, p. 318)

bicchiere per il pulque simile al precedente, chiamato tzicuiltecmatl, anch'esso di pietra, che aveva quattro lati e tre piedi. Ogni volta che veniva preparato il pulque, la prima produzione, chiamata uitztli, era oferta come primizia a Huitzilpopochtli ed era versato negli octecmatl, da dove i vecchi a cui era permesso bevevano con delle canne (Sahagn, IV, XXI, 5). Gonalves da Lima (1986: 39-40) ha fatto notare come in una fase arcaica dell'uso del pulque non esisteva ancora l'octecmatl, bens erano usati contenitori per il miele d'api, un fatto che conferma l'associazione precedentemente indicata fra il pulque primitivo e il pi antico idromele. Sempre Sahagn (I, XXI, 13), nel descrivere le immagini fabbricate per le divinit, riporta lo strano uso di contenitori per il pulque fatti con certe zucche e che erano poi ritualmente considerati di pietra:Ofrivano anche a queste immagini del vino, o octli o pulcre, che il vino della terra; e i vasi in cui lo ofrivano erano fatti in questa maniera: ci sono alcune zucche lisce, rotonde, lentigginose, fra il verde e il bianco o maculate, che si chiamano tzilacayotli, che sono della grandezza

Tiocyahuacatl, capo guerriero, Codice Mendoza, dettaglio foglio 65r (in Bankmann, 1984, fg. 12, p. 318)

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di un grande melone; ciascuna di queste veniva tagliata a met e vi estraevano ci che v'era dentro e ne risultava una specie di tazza, e vi versavano il suddetto vino e la mettevano davanti a quella immagine o a quelle immagini, e dicevano che quelle erano vasi di pietre preziose che chiamano chalchhuitl.

In diversi casi il pulque non veniva bevuto direttamente dai bicchieri, bens mediante una cannuccia (piaztli). Ad esempio, durante la festa dedicata agli dei del pulque, in particolare a Izquitcatl, che avveniva nel segno ce mzatl nella seconda casa ome tochtli (Due Coniglio), nel patio del templo veniva collocato un grosso orcio che era mantenuto sempre pieno di pulque e chiunque, durante questa festa, poteva berne mediante delle cannucce (Sahagn, II, XIX, 4). E' anche il caso dei prigionieri che erano costretti a bere un particolare tipo di pulque, il teoctli, con delle cannucce poco prima di essere sacrifcati. La motivazione dell'uso delle cannucce non compresa, ma possibile avanzare un'ipotesi in base ai numerosi dati aneddotici moderni per i quali l'assunzione di bevande alcoliche mediante cannucce induce un'ebbrezza pi veloce e pi potente di quella indotta bevendo direttamente dal bicchiere. 7 E' quindi possibile che nel mondo azteco ai prigionieri in procinto di essere sacrifcati venisse dato da bere con le cannucce per velocizzare il sopraggiungere dell'efetto inebriante, che come dire il sopraggiungere della possessione divina, e ci vale anche nel caso degli altri bevitori di pulque appartenenti al prelato o al popolo. Sahagn ha descritto una cerimonia dei cantori dei templi, durante la quale venivano distribuite 203 cannucce, che erano tutte piene, ad eccezione di una sola che era internamente cava, quindi utilizzabile per succhiare un tipo di pulque specifco per questa occasione; il fortunato che aveva in mano la cannuccia cava era il solo a godere quel giorno degli efetti della bevanda:Questo Ome tochtzin era come maestro di tutti i cantanti che avevano il compito di cantare nei cu [il tempio del dio]; badava che tutti venissero a fare il loro compito nei cu. Facevano una certa cerimonia con il vino che chiamano teooctli, nel tempo che dovevano fare il loro compito; questa cerimonia era guidata dal pachtcatl; questi faceva attenzione ai bicchieri in cui bevevano i cantanti, di portarli, darli e raccoglierli, e di riempirli di quel vino che chiamavano teooctli o macuiloctli, e metteva duecentotre cannucce delle quali solo una era perforata, e quando lo bevevano quello che azzeccava la canna perforata solo lui beveva e nessun altro; questo veniva fatto dopo aver cantato (Sahagn, II, Apendice IV, 3).

Esistono alcuni riferimenti alla pratica di introduzione del pulque nel corpo per via

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rettale mediante clistere. Tale pratica, apparentemente insolita, era difusa fra le popolazioni americane precolombiane ed era impiegata per l'assunzione di diversi inebrianti, non solo le pozioni alcoliche quali il pulque nahua e il balch maya bens vegetali quali il tabacco, il peyote, le dature, l'ayahuasca, ecc. (si veda De Smet, 1985). Daz del Castillo (1575, Cap. CCVIII), il principale storiografo e testimone della Conquista, riport: Riguardo agli ubriachi, non so che dire, tante sono le immondezze che fra loro [i nativi] accadevano; ne dico solamente una qui, che incontrammo nella provincia di Pnuco, che si riempivano il retto mediante alcune cannucce e si riempivano i ventri di vino di quello che si faceva presso di loro, nel medesimo modo in cui da noi si versa una medicina.8 La cittadina di Pnuco si trova nella regione degli Huastechi (nell'attuale stato messicano di Veracruz), una popolazione che era considerata particolarmente dedita all'ubriachezza come scrisse Sahagn (X, XXIX, 125) e alle pratiche di introduzione rettale delle droghe psicoattive (De Smet, 1985: 20). Anche un autore anonimo che scrisse attorno al 1530 (AA.VV., 1963: 326-7) riport per la regione di Pnuco che hanno le loro bevande per ubriacarsi: hanno una grande quantit di pulque ricavato dai maguey usano il peccato nefando gli indios: quando sono nelle loro ubriachezze e feste, quello che non possono bere per bocca, se lo fanno versare dal basso con un imbuto.9 In questo passo viene quindi aggiunta l'informazione che l'assunzione rettale del pulque veniva eseguita quando i nativi non riuscivano pi a berne oralmente.10

Aspetti mitologici ed etnostoriciVolgiamo ora lo sguardo sugli aspetti mitologici ed etnostorici inerenti il maguey e il pulque. Nella maggior parte dei casi gli dei del pulque sono considerati degli esseri umani divinizzati, degli eroi, sebbene nel mito siano tutti considerati fgli di ununica divinit femminile, Mayhuel, la dea della pianta del maguey. Nell'aspetto etimologico questo nome sarebbe costituito da me e yaualli, maguey perforato (Lehman, 1938: 108, cit. in Gonalves da Lima, 1986: 14), indicativo dell'attribuzione della scoperta della perforazione del maguey per la fuoriuscita dell'aguamiel a questa fgura femminile, anch'essa in seguito divinizzata. La sua storia si intreccia con quella della peregrinazione storica che il popolo dei Mxica intraprese, guidata da un sacerdote chiamato Mcitli, dalle terre settentrionali verso sud, sino a raggiungere la Valle del Messico. Qui i Mxica si stanziarono fondando Tenochtitlan, sulle cui rovine sorta la moderna Citt del Messico.

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Sinistra: Codice Frjvri-Mayer, 28 Mayhuel, in Gonalves 1986: 133. Destra: Codice Laud, 9 Mayhuel, in Gonalves 1986: 149

Nel racconto della peregrinazione (ad es. Sahagn, X, XXIX, 12, 106) riportato che, quando nacque colui che sarebbe divenuto il sacerdote-guida del popolo Mxica, fu chiamato citli (coniglio) e lo si depose sopra una foglia di maguey. In tal modo egli si irrobust e gli fu attribuito il nome di Mcitli (da me, forma abbreviativa di metl, maguey e citli, coniglio). Quando divenne il condottiero del suo popolo, i suoi vassalli lo chiamarono Mxica (con sostituzione della c con la x), cio Maguey-Lepre. La complessa relazione simbolico-mitologica che i Mxica intrecciarono fra maguey, pulque e coniglio dunque presente gi agli albori delletnostoria della civilt azteca. Seguendo il racconto, ad un certo punto della Codice Borbonico, 8, Mayhuel, in peregrinazione, quando i Mxica raggiunsero il terGonalves 1986: 220 ritorio dei Mixtechi, la donna di nome Mayhuel scopr il procedimento della perforazione del maguey con lo scopo di farne fuoriuscire la linfa; successivamente, un uomo di nome Patcatl scopr i germogli e le radici delle piante che raforzano gli efetti del pulque, mentre lelaborazione e il perfezionamento della

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bevanda furono attribuiti ad altri quattro uomini: Teputzcatl, Quatlapanqui, Tliloa e Papaztactzocaca (Quatlapanqui anche il nome di uno dei quattrocento dei del pulque). Questi elaborarono il primo pulque sul monte chiamato Chichinauhia, che da quel momento fu ridenominato Popozonaltpetl, che signifca monte spumoso, in riferimento all'abbondante spuma prodotta dal pulque (Sahagn, X, XXIX, 12, 120-1). Tutti questi personaggi furono in seguito divinizzati e Patcatl fu identifcato con lo sposo divino di Mayhuel. Austin (1973: 73) ha evidenziato la contrapposizione simbolico-religiosa fra Mayhuel, dea del pulque giovane pre-fermentato, in pratica dea dell'aguamiel, e Pathcatl, divinit del pantheon azteca responsabile del processo di fermentazione: sarebbe quindi quest'ultimo il vero dio dell'ebbrezza associata alla bevanda. Tornando al racconto nahua della peregrinazione del popolo Mexica, la scoperta del pulque sarebbe stata invenzione alquanto recente. Ma la leggenda di Xchitl (cfr. Appendice II), d'origini tolteche, farebbe retrocedere questa scoperta ai tempi del regno di Tecpancaltzin, cio fra il 990 e il 1042 d.C. In realt il pulque sembra essere stato conosciuto dagli Otomi sin dalla pi remota antichit e v' da sospettare che siano stati questi i veri scopritori della bevanda. Fra gli Otomi della Valle del Mezquital la divinit del pulque era chiamata Yud (Guerrero, 1985: 25). Presso gli attuali discendenti di questa antica popolazione dell'altopiano centrale del Messico si tramanda un racconto sulle origini del pulque in cui descritto come fu un piccolo roditore, una tuza, a raspare il tronco di un maguey mediante la sua proboscide fungente da cucchiaio e a farne di conseguenza fuoriuscire l'aguamiel. La tuza tornava periodicamente alla pianta per berne la linfa cos raccoltasi nella cavit raspata. Osservando il comportamento di questo animale gli Otomi scoprirono come produrre il pulque (Martn del Campo, 1938: 13). Un sifatto mito d'origine di un inebriante, in cui nella sua scoperta umana coinvolto un animale, credibilmente pi antico dei racconti etnostorici nahua e toltechi, in cui nella scoperta sono coinvolti dei personaggi umani (cf. Samorini, 1995). Del resto, i ritrovamenti archeologici farebbero retrodatare la scoperta del pulque ad almeno il I secolo a.C. In diversi giacimenti nella valle di Tulancingo sono stati ritrovati pezzi di ossidiana e di altri minerali che gli archeologi hanno riconosciuto come raschiatori utilizzati per scavare le piante di agave, insieme a cenere bianca di queste specie vegetali, frammiste a spine di queste medesime piante (Guerrero, 1985: 24-5). Ancora, in giacimenti antropici delle grotte di Tehuacn, nello stato messicano di Puebla, sono stati rinvenuti frammenti di foglie di agave arrostite datate al 6000 a.C. (Wolters, 1996:28), che dimostrano, se non una sifatta antichit per la bevanda del pulque, un rapporto molto antico con la pianta pulquera. Nei territori pi settentrionali gli Indiani Apache sapevano ricavare una

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bevanda fermentata da piante di agave, chiamata tizwin (Barrows, 1967: 75); questa scoperta poteva essere originata da interscambi culturali con popolazioni meridionali oppure essere frutto di inventiva autonoma. Il pulque non fu quindi prerogativa degli Aztechi e nemmeno fu scoperto da questa popolazione del Messico centrale. Era noto ad esempio anche ai Taraschi (Purepechi), come riportato nella Relacin de Michoacn, opera anonima del XVI11 secolo che tratta della storia di questo popolo e del loro regno coevo a quello azteco. Una delle divinit del panteon purepecha era Taras Upeme (Tars peme), dio dell'ebbrezza indotta dal pulque; egli era zoppo, poich in un tempo mitologico gli altri dei, mentre erano ubriachi, lo gettarono gi sulla terra ed egli cadendo si azzopp. Guerrero (1985: 53-4) lo relaziona con la divinit azteca Tezcatlipoca, per via del piede sacrifcato. Nella Relacin de Michoacn (Anonimo, 1541, Libro II, Cap. XIX) sono riferiti due tipi di vino di maguey, uno rosso e l'altro bianco, evidenziando in tal modo una diferenziazione nella preparazione della bevanda anche presso i Purepechi. Sempre per quanto riguarda gli aspetti mitologici, ci pervenuto un mito d'origine del maguey, di stampo tezcocoano, dove la pianta viene fatta originare dalle ossa interrate della dea vergine Mayhuel, che era stata divorata dalle tzitzimine, spiriti tenebrosi dell'aria che scendevano sulla terra per terrorizzare gli uomini e per mangiarli. Le tzitzimine la divorarono poich la vergine si era accoppiata con il dio dell'aria Ehcatl, dopo che entrambi si erano trasformati in due rami di un medesimo albero. Tutto ci accadde ai tempi cosmogonici subito dopo la creazione dell'uomo da parte degli dei, ed Ehcatl programm tutto ci con lo specifco scopo di rallegrare l'uomo donandogli una bevanda inebriante, il pulque (si veda Appendice I).

Usi ritualiIl pulque non poteva essere bevuto all'infuori del ristretto ambito rituale o cerimoniale in cui era concesso, pena il castigo severo, che di frequente risultava nell'uccisione istantanea e pubblica di chi si era permesso di infrangere la regola. Sahagn (II, XXVII, 56) riport che a coloro che venivano colti in fragrante nel bere pulque quando non era loro concesso, i giudici (petlacalco) sentenziavano la pena di morte, procedevano alla loro uccisione pubblica e ne tagliavano le mani, che portavano poi al mercato per esibirle in segno di monito. In un altro passo (III, VI, 1) viene specifcato che, nel corso dell'educazione dei giovani che avveniva nel telpochcalli (casa degli dei), questi:

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avevano il compito di spazzare e pulire la casa; e nessuno beveva vino [pulque], a parte solamente coloro che erano gi vecchi bevevano il vino molto segretamente e bevevano poco, non si ubriacavano; e se appariva un ragazzo ubriaco pubblicamente o se lo incontravano con il vino, o lo vedevano caduto nella strada o che andava cantando, o era accompagnato con altri ubriachi, questo, se era macegual [di origine povera] lo castigavano bastonandolo fno ad ucciderlo, o gli davano di garrotta davanti a tutti i ragazzi riuniti, perch prendessero esempio e paura di ubriacarsi; e se era nobile colui che si ubriacava gli davano di garrotta segretamente.

Il pulque poteva essere liberamente bevuto in ogni momento solo dalle persone anziane e nei contesti rituali dai sacerdoti e dai guerrieri. Il Codice Mendoza riporta l'et di 70 anni per iniziare a bere senza restrizioni, mentre il francescano Juan de Torquemada riportava l'et di 50 anni (Corcuera de Mancera, 1991: 30). In alcune cerimonie il pulque poteva essere bevuto anche da adulti gi sposati e in alcune altre da tutta la comunit, compreso il caso dove veniva fatto assumere ai bambini. Nei contesti rituali l'ebbrezza indotta dal dosaggio socialmente accettabile di pulque (non pi di quattro tazze; cfr. il paragrafo Il quinto pulque) era nota col termine specifco di tlauana (ibid.: 17). Oltre alle cerimonie pubbliche che si svolgevano nei templi, alcune cerimonie erano private e di natura pi profana, dove una famiglia invitava nella sua casa un gruppo di amici per celebrare determinati eventi quali ad esempio un matrimonio. Durn (Libro II, Cap. XXII), che scriveva tuttavia circa 80 anni dopo la Conquista, riport che durante i tempi precolombiani il pulque poteva essere bevuto dagli individui sposati e con fgli gi grandi con lo scopo che i fgli, che non potevano assolutamente bere, avrebbero cos potuto accompagnare a casa i genitori ubriachi. Il medesimo autore aggiunse un'ulteriore considerazione, di dubbio valore - come del resto la precedente - anche perch non si trova menzione di ci in Sahagn e in altri attenti cronisti:V'era anche un'altra legge, non di gente barbara bens di gente politica, lungimirante e consapevole, che colui che non avesse avuto vino [pulque] del proprio raccolto non poteva ubriacarsi sino a cadere a terra, e a ci davano due motivazioni: una era afnch tutti si dessero a coltivare e seminare maguey e l'altra era perch in caso non avessero avuto fgli che li potevano accudire quando bevevano in casa altrui, lo avrebbero dovuto berlo nella loro casa e questo avrebbe evitato gli inconvenienti del non trovare la via di ritorno a casa o di cadere nel cammino o di uccidersi o di litigare con qualcuno o di commettere un qualche delitto che bevendo nella propria casa non avrebbero commesso (Durn, Libro II, Cap. XXII, p. 209).

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Sebbene l'ubriachezza da pulque fosse deplorata e il suo utilizzo all'infuori dei contesti istituzionalmente stabiliti venisse duramente perseguito, la fgura dell'ubriaco doveva in un qualche modo essere rispettata dagli altri, poich considerata impossessata dalla divinit: inoltre ritenevano che colui che parlava male di questo vino o mormorava contro di questo, gli sarebbe capitato qualche disgrazia; lo stesso di qualunque ubriaco, che se qualcuno mormorava contro di lui o gli faceva degli afronti, qualunque cosa folle questo dicesse o facesse, dicevano che doveva per questo essere castigato, poich dicevano che quello non lo faceva lui, bens il dio, o meglio il diavolo che era in lui, che era questo Tezcatzncatl, o qualcuno degli altri (dei del vino) (Sahagn, I, XXII, 2); e in un passo successivo (4): Si deduce chiaramente che non avevano peccato coloro che erano ubriachi, quantunque fossero gravissimi peccati; e si congettura ancora con pieno fondamento che si ubriacavano per fare ci che avevano nella loro volont e che non gli venisse imputato a colpa e che ne venissero fuori senza castigo. La societ azteca non poteva del resto essere totalmente priva di ubriaconi, poich si riteneva che le persone nate in determinati giorni considerati funesti, della casa ome tochtli del segno ce mazatl, fossero inevitabilmente dediti nella loro vita al bere; Sahagn (IV, IV, 1-8) ofre una particolareggiata descrizione della fgura dell'ubriacone per natura, condannata dalla sorte astrologica a fungere da mentore di quanto sia insana una vita dedita all'alcol. Si diceva che gli ubriaconi nascevano in questi giorni del 2-Coniglio ed probabile che il condizionamento culturale di questa credenza guidasse il destino degli individui nati in queste date. Un'altra categoria che poteva, anzi era obbligata a bere il pulque, era rappresentata dalle vittime destinate ad essere immolate durante i riti religiosi. Il motivo di questo apparente riguardo nei confronti delle persone sacrifcate spesso in maniera terribilmente dolorosa, con lo squarciamento del petto per estrarne il cuore ancora palpitante, o cotti sulle braci, o scorticati vivi, ecc. era associato direttamente al concetto che l'ebbrezza indotta dal pulque, cos come da qualsiasi altro inebriante, era interpretata come una possessione divina, cio la divinit scendeva e si stabiliva nel corpo della persona ebbra. Verifcato che i sacrifci umani erano intesi come oferte alle divinit, era ritenuto opportuno che l'immolato fosse gi posseduto dalla divinit nel momento della sua morte. E' stato evidenziato che uno dei motivi per cui si drogava la vittima umana destinata al sacrifcio era perch in tal modo avrebbe evitato di proferire lamenti nel momento del sacrifcio (Heyder, 1995), ma tale motivazione appare superfciale. Del resto, la relazione fra sacrifcio umano ed ebbrezza del sacrifcato, presente non solo fra gli Aztechi bens difusa presso numerose culture di tutti i continenti, non sembra sia stata sinora oggetto di studi specifci.

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Nei riti che prevedevano il sacrifcio dei guerrieri catturati in battaglia, poco prima di essere immolati veniva loro dato da bere uno speciale tipo di pulque, il teoctli (pulque degli dei, come riportato da Sahagn, IX, XIV, 1). Nelle feste in onore di Xipe Totec e di Uitzilopochtli celebrate nel secondo mese del calendario azteca:arrivava uno di quelli che aveva prigionieri da uccidere e trascinava il suo prigioniero per i capelli sino alla pietra dove lo dovevano accoltellare; l gli davano da bere il vino della terra o pulcre, e quando il prigioniero riceveva la chicchera di pulcre, la alzava in direzione dell'oriente e in direzione del settentrione, e in direzione dell'occidente e in direzione del mezzogiorno, come per ofrirla verso le quattro parti del mondo; dopodich beveva, non con la chicchera, bens con una canna cava, succhiando (Sahagn, II, XXI, 20-21).

In diverse occasioni i prigionieri, prima di essere sacrifcati, dovevano cimentarsi in una lotta con i guerrieri aztechi, sebbene si trattasse di lotte impari, pi cerimoniali che reali, poich i prigionieri venivano armati di scudo e di una mazza ornata di piume in luogo delle punte di ossidiana come nelle reali armi da guerra. Anche in queste occasioni ai prigionieri, prima della lotta, veniva dato da bere il teoctli. Nel caso in cui venivano sacrifcati gli schiavi, poco prima che il sole tramontasse questi venivano portati al tempio di Huitzilopochtli, dove era dato loro da bere il teoctli e dopo averlo bevuto tornavano indietro: erano gi molto ubriachi, come se avessero bevuto molto pulcre, e non li riportavano a casa bens li portavano in una delle parrocchie che si chiamavano Pochtlan o Acxotlan; l li facevano vegliare per tutta la notte cantando e ballando prima di essere sacrifcati (Sahagn, IX, XIV, 1-2). Anche presso i Taraschi (Purepechi), che similmente praticavano il sacrifcio umano, parrebbe essere stato presente il costume di inebriare con il pulque le persone destinate al sacrifco. Lo si pu dedurre da un passo della Relacin de Michoacn (Anonimo, 1541). Nel capitolo XXXIII, Parte II, viene riportata la cattura di uno dei fgli del re ( cazonci) da parte dei suoi nemici. Quando i nemici si rendono conto di aver catturato il fglio del re, di nome Tamapu-checa, si impauriscono e decidono di liberarlo. Ma questi si oppone, preferendo il destino di tutti i prigionieri, cio quello di essere sacrifcato, poich era credenza presso i Purepechi che una persona veniva fatta prigioniera perch era stata scelta dagli dei per il sacrifcio ed era quindi cosa inutile cercare di sfuggire al proprio destino. Nel cercare di convincere coloro che lo avevano catturato di non liberarlo, Tamapu-checa disse: Gli dei del cielo sanno gi come sono catturato e mi hanno gi mangiato. Datemi del vino [pulque], che voglio ubriacarmi; tale intenzione di bere vino, rientrando nell'esortazione a non liberarlo e a sacrifcarlo, troverebbe spiegazione

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nel costume di ubriacare col pulque i destinati al sacrifcio. Ogni quattro anni si svolgeva una festa particolare in onore del dio del fuoco, Xiuhtecutli o Ixcozauhqui; la festa era chiamata pillaoano o pillauano, che signifca ubriachezza dei bambini, dove veniva dato da bere pulque ai giovani ragazzi e anche ai puerperi; in questa occasione veniva praticato il rito della perforazione delle orecchie dei bambini e delle bambine:In questo atto di ubriachezza tutti bevevano il pulcre, uomini e donne, bimbi e bimbe, vecchi e ragazzi, tutti si ubriacavano pubblicamente e tutti portavano pulcre con s e gli uni davano da bere agli altri, e gli altri agli altri; scorreva il pulcre come acqua in abbondanza, e tutti portavano alcuni bicchieri che avevano tre piedi e quattro angoli, che chiamavano tzicuiltecmatl, con questi bevevano e davano da bere; tutti andavano molto con gli altri, e si prendevano a pugni e cadevano a terra ubriachi uno sull'altro e altri andavano abbracciati gli uni con gli altri verso casa; e questo lo consideravano buono perch la festa richiedeva ci. (Sahagn, II, XXXVIII, 8; riferimenti anche in I, XIII, 11).

In un altro passo (II, XXXVII, 33-36) Sahagn ofre maggiori dettagli di questa festa: la bevuta del pulque avveniva dopo la perforazione delle orecchie, che veniva praticata ai bambini che erano nati durante gli anni precedente la festa che, come detto, si svolgeva ogni quattro anni. In occasione della perforazione delle orecchie i genitori sceglievano i padrini dei loro bambini (detti zii, tetla). Terminata l'operazione:tornavano a casa e l i padrini e le madrine mangiavano, tutti insieme, e cantavano e ballavano, e a mezzogiorno i padrini e le madrine tornavano nuovamente al cu [il tempio del dio] e si portavano i loro fgliocci e fgliocce e portavano anche il pulcre nelle loro brocche. Poi cominciavano un areito [canto con danza] e ballando si portavano sulle spalle i loro fgliocci e fgliocce e davano loro da bere del pulcre che portavano con alcune piccole tazze e per questo chiamavano questa festa l'ubriachezza dei bimbi e delle bimbe; questo ballo durava sino alla sera. (37) Quindi tornavano alle loro case e nel patio delle loro case facevano nuovamente il medesimo areito e tutti quelli della casa e i vicini bevevano pulcre.

E' probabile che il pulque dato da bere ai bambini avesse qualit inebrianti blande; resta il fatto che presso le popolazioni tradizionali un luogo comune di una certa frequenza fare assumere gli inebrianti ai bambini in certe occasioni ben controllate. Per quanto riguarda il pulque, Guerrero (1985: 71) ha osservato ancora oggigiorno il costume di dare da bere questa bevanda ai neonati per motivi di carenza di risorse idriche: in alcuni

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villaggi della Valle del Mezquital, dove le piogge sono scarse, lunica bevanda il pulque. Cos, molte donne dissetano i loro bambini con il pulque, mettendo in ammollo il dito mignolo nel pulque e dandolo poi da succhiare al bimbo. In diverse occasioni, prima della bevuta del pulque da parte di chi in quelle occasioni era autorizzato a bere, veniva sparso un poco della bevanda come oferta alle divinit. Era il caso, ad esempio, della festa che si svolgeva ogni anno alla fne del mese diciottesimo, chiamato izcalli, dedicata al dio del fuoco Xiuhtecutli: gli anziani, prima di bere, versavano un poco di pulque nei quattro angoli della casa dove si svolgeva la festa, afnch il dio lo potesse bere e gustare (Sahagn, I, XIII, 10). Era rigore che nessuno bevesse pulque prima di fare l'oferta alla divinit. Questa oferta era chiamata tlatoyaualiztli, che signifca libatio o gustamiento e consisteva, sia nelle case private che nei templi, nel versare nei quattro angoli del focolare un bicchiere di pulque. Anche Durn (Libro II, Cap. XXII) riporta il costume di ofrire il pulque agli dei, in particolare al dio del fuoco: a volte lo Anche al bambino la madre fa assag- ofrivano in vasi posti davanti [al fuoco], altre volte giare un poco di pulque bagnando il spruzzandolo sul fuoco con una specie di isopo mignolo e mettendolo fra le sue labbra [utensile liturgico usato nelle chiese per spargere (da Guerrero, 1985, p. 117) l'acqua benedetta] e altre volte spargendolo attorno al fuoco. Una festa importante era quella che cadeva il giorno 2 tochtli (2-Coniglio), dedicata al dio Itzquitcatl ma in realt a tutti gli dei del pulque. Seguiamo la traduzione letteraria, seppur confusa, di Zeler del testo di Sahagn (VII, Libro V, cap. 5 dell'edizione facsimile di Paso y Troncoso, rip. in Gonalves da Lima, 1986: 199-200):Ed essi dicono che quando giungeva nella serie il segno giornaliero di 2 tochtli, iniziava una festa al signore dei conigli, che si chiama Itzquitcatl. E sebbene si nomini solo questo, sono tuttavia inclusi tutti gli dei conigli del vino. Itzquitcatl era cos molto venerato. Essi collocavano la sua immagine nel suo

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tempio, gli portavano le oferte, cantavano in suo onore e suonavano musica di fauto, cos iniziavano. E di fronte alla sua immagine gli ponevano una olla di pietra chiamata ometochtecmatl [la-Olla-due-Coniglio]; piena sino a che non si sparge, e risplende il pulque. In questa c un piaztli [canna per succhiare], una zucca perforata, un mamazo [canna di piuma vuota] con il quale bevono sempre coloro che entrano l, per fare frequentemente una visita. Ma, i veri bevitori erano gli anziani, le anziane, gli avventurieri, gli audaci, quelli che mai cedono per timore, quelli che mettono in gioco le loro teste e i loro petti, cio, che loro, arrivando alla guerra, potessero qualche volta essere condotti come prigionieri; o allora che, se fossero tornati in patria, potessero portare con loro prigionieri, che comprendessero che erano in errore, che dovevano morire. E il pulque chessi bevevano non fniva mai, non spariva mai: sempre lo versavano i sacerdoti del pulque, i Signori del Pulque, tutti i preparatori del pulque di tutte le parti apparivano l dove si preparava il pulque, nel suo tempio. Dove allora si formava il pulque nuovo, uitztli, quando qualcuno aveva aperto nuovo [maguey], poi riempiva quello in primo luogo con il tlachique. Spargere liquido (tlatoyaua) si chiamava questo, si ofriva il tlatoyahua a Itzquitcatl, gli si spargeva il tlachique in suo onore. Ma non solo nel tempo di questa festa si sparpagliava il pulque, bens continuamente, come unoferta per lui nel tempio.

Tornando alle feste dedicate al dio del fuoco Xiuhtecutli nel mese di izcalli, al decimo giorno di questo mese si svolgeva una prima festa, dove veniva costruita una statua del dio alla quale venivano presentate diverse oferte, fra cui la cacciagione che i giovani avevano appena catturato, che veniva gettata nel fuoco presente davanti alla statua. In questa occasione gli anziani bevevano un tipo di pulque chiamato texcalceuia (Sahagn, II, XXXVII, 10). Al ventesimo giorno del medesimo mese si svolgeva una seconda festa dedicata al medesimo dio, dove veniva costruita un'altra statua, chiamata Milntoc. Anche in questa occasione gli anziani bevevano il medesimo tipo di pulque:Terminato di mangiare questi piccoli pani e l'altro cibo, i vecchi bevevano poi il pulcre; questa bevanda la chiamavano texcalceuilo e la bevevano l, nel medesimo oratorio, dov'era la statua del Milntoc, che chiamano calpulco [una specie di tempio di quartiere], e coloro che facevano vino di maguey che chiamavano tlachique o tecutlachique, avevano il compito di portare il pulcre da bere a loro volont; lo portavano nelle giare o chicchere e lo versavano in un lebrillo [un contenitore per liquidi] che era l, davanti alla statua. Coloro che bevevano questo pulcre non si ubriacavano (ibid., II, XXXVII, 18).

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Il pulque tlachique era un pulque di bassa qualit ed forse per ci che gli anziani in questa occasione non si ubriacavano. Il nome texcalceuia o texcalceuilo era attribuito al pulque tlachique bevuto in occasione di queste feste del dio del fuoco. Da ci si deduce una certa complessit non solo nei tipi di pulque bens anche nella terminologia ad essi associata, che sembra si diferenziasse pure in base ai diversi momenti rituali in cui venivano bevuti. E' forse questo il caso anche della festa che si svolgeva durante le calende del settimo mese, chiamato tecuilhuitontli, e dedicata alla dea del sale Uixtochuatl. Terminati i sacrifci umani, alla mattina tutti tornavano a casa, mangiavano e si divertivano e la gente che lavorava col sale beveva copiosamente il pulcre, sebbene non si ubriacasse (ibid., II, XXVI, 19). Il fatto che non si ubriacassero poteva essere dovuto al tipo di pulque bevuto o forse badavano a berne in maniera da non ubriacarsi. Ma nel passo successivo Sahagn riferisce di alcuni che in realt in quell'occasione si ubriacavano e diventavano litigiosi e infne si gettavano a terra a dormire dove capitava. Dopodich:Il giorno dopo bevevano il pulcre che era rimasto; lo chiamavano cochioctli. E coloro che la notte precedente, essendo ubriachi, avevano litigato o si erano presi a pugni con gli altri, che lo riconoscevano stando gi con la mente lucida e dopo aver dormito, invitavano a bere coloro che avevano maltrattato coi fatti o con le parole, afnch gli perdonassero ci che avevano fatto e detto di male, e agli ofesi nel bere gli si svaniva la rabbia e perdonavano volentieri le loro ofese (ibid., II, XXVI, 20).

Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un diferente termine con cui veniva chiamato il pulque, quello non bevuto e rimasto il giorno dopo, il cochioctli. Altri tipi di pulque venivano usati in occasione dei riti battesimali, dove potevano bere la bevanda solamente le persone anziane. Sempre Sahagn ci fornisce dati eloquenti:E di notte i vecchi e le vecchie si riunivano e bevevano pulcre e si ubriacavano. Per realizzare questa ubriacatura mettevano davanti a loro un cantaro di pulcre, e colui che serviva versava in un orcio e dava a ciascuno da bere, a suo ordine, sino a conclusione. Alle volte davano pulcre che si chiamava ztac octli, che signifca pulque bianco, che quello che zampilla dai maguey e altre volte davano pulcre stregato con acqua e miele e cucinato con la radice che chiamano ayoctli, che signifca pulcre di acqua, che era custodito e preparato dal signore del convitto gi da alcuni giorni. (13) E il servitore, quando vedeva che non si ubriacavano, tornava a dare da bere in senso contrario alla mano sinistra, iniziando dagli ultimi. (ibid., IV, XXXVI, 11-13).

Ancora, nel corso delle feste e dei sacrifci che si svolgevano durante le calende del mese

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quindicesimo, che si chiamava panquetzaliztli, dopo il sacrifcio dei prigionieri e degli schiavi, oltre che agli anziani era concesso bere il pulque anche alle persone sposate e ai principi; ma in questa occasione si trattava di matlaloctli, che signifca pulcre azzurro, perch aveva un colore azzurro (ibid., II, XXXIV, 45).

Il quinto pulqueNel racconto in parte etnostorico e in parte mitologico della peregrinazione del popolo dei Mexica (gli Aztechi), dalle regioni nordiche del Messico al luogo dove fondarono Tenochtitlan, la futura capitale del loro impero sulle cui rovine si estende ora Citt del Messico, riportata l'invenzione della bevanda inebriante del pulque. Come sopra riportato, una donna di nome Mayhuel scopr il procedimento della perforazione della pianta del maguey (Agave sp.) per farne fuoriuscire la linfa (chiamata aguamiel), mentre un uomo di nome Patcatl scopr il metodo di raforzare la bevanda mediante l'aggiunta di additivi vegetali. Queste fgure furono in seguito divinizzate ed entrarono a far parte del complesso pantheon degli dei aztechi. Bernardino de Sahagn (X, XXIX, 12, 121), uno dei cronisti spagnoli che descrissero la storia della peregrinazione dei Mexica, prosegue la narrazione riportando che, subito dopo l'elaborazione del primo pulque sul monte Popozonaltpetl, i suoi inventori vi organizzarono un banchetto a cui fu invitata tutta la popolazione. Ad ognuno dei convitati furono versate quattro tazze di pulque, evitando di mescere la quinta, onde evitare l'ubriachezza generale. In questo passo presente un importante concetto della cultura nahua sui limiti dell'ebbrezza socialmente accettata; il numero quattro direttamente associato alle quattro direzioni spaziali della cosmografa nahua e il superamento delle quattro tazze di pulque, rappresentato dal quinto pulque, il macuiloctli, era indice di un'ubriachezza insana. Pi in generale, presso diverse popolazioni autoctone americane il numero cinque simbolo dell'esagerazione e dell'eccesso. Sahagn (X, XXIX, 12, 122) riporta che, nel corso del medesimo banchetto, il principe dei Cuextechi volle bere il quinto pulque e per questo si ubriac giungendo a denudarsi di fronte a tutti. Appena si rese conto di ci, il principe fu soprafatto dalla vergogna e fugg con il suo popolo. Il motivo della denudazione a seguito dell'ubriachezza alcolica difuso presso diverse culture umane; basti qui ricordare il passo biblico in cui No, dopo essere sceso dall'arca che lo salv insieme a tutti gli animali dal diluvio universale, si ubriac col vino ottenuto

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dalla vigna che aveva piantato; in seguito alla sua ubriachezza si denud e i suoi fgli lo coprirono con un mantello (Genesi, 9, 20-23). Tornando al macuiloctli, il quinto pulque, Sahagn (X, XXIX, 12, 125) riporta che la popolazione dei Cuextechi era nota per essere particolarmente dedita all'ubriachezza, per via di quell'atto originale del loro principe che sul monte Popozonaltpetl bevve il quinto pulque; ci diede origine ai modi di dire quel tale ha bevuto il quinto pulque o hai bevuto il quinto pulque?, in riferimento a comportamenti umani bizzarri o deliranti. Il tema del quinto pulque pure presente in un passo degli Annali di Cuauhtitlan, che fanno parte del cosiddetto Codice Chimalpopoca (Anonimo, 1558-1570), un documento post-cortesiano datato attorno al 1558-1570, noto anche come Historia de los Reynos de Colhuacan y de Mxico. Questo documento tratta eventi etnostorici databili fra il 635 e il 1519 d.C. Il passo in questione fa parte della storia di Quetzalcatl, qui inteso come un uomo, un principe-sacerdote che governava sui Toltechi. Essendosi rifutato di fare sacrifci umani, come richiestogli da avversari religiosi, questi, rappresentati dalle fgure di stregoni di Tezcatlipoca (nelle vesti di Huitzilopochtli), Ihuimcatl e Toltcatl (questultimo uno degli dei del pulque), decisero di insidiargli il trono, con lo scopo di promuovere la caduta di Tula. Si accordarono quindi per ubriacarlo con il pulque. Dopo essere riusciti ad entrare nel palazzo ove risiedeva Quetzalcatl, lo convinsero a bere la spumosa bevanda in quantit sufciente per ubriacarsi, cio raggiungendo la quantit di cinque tazze. I tre stregoni fecero quindi ubriacare anche tutti i cortigiani, compresa Quetzalptatl, la sorella di Quetzalcatl. In seguito a ci, Quetzalcatl fu preso dallo sgomento e dalla vergogna per ci che aveva fatto e fugg via, intraprendendo un viaggio che termin raggiungendo il mare e bruciandosi in un rogo; dopo la sua morte si trasform nella stella del mattino. 12 Questa storia raccontata anche da Sahagn (III, IV), dove tuttavia non si precisa la quantit di pulque bevuta da Quetzalcatl e non viene fatto riferimento al quinto pulque (si veda l'Appendice III). Come considerazione a latere del tema qui esposto, ritroviamo Tezcatlipoca coinvolto con il pulque in un altro racconto mitologico riportato nella Relacin de Meztitln del 1579 di Gabriel de Chvez: il dio del pulque Ome Tochtli era preoccupato poich la sua bevanda provocava la morte a coloro che la bevevano. Richiese quindi l'aiuto di Tezcatlipoca, il quale sacrifc Ome Tochtli. Poco dopo il dio del pulque resuscit e da allora gli uomini si possono ubriacare senza pericolo. Vediamo quindi Tezcatlipoca rendere il dio del pulque immortale, allo stesso modo in cui contribu alla futura rinascita di Quetzalcatl come stella del mattino ubriacandolo col medesimo pulque (Graulich & Olivier, 2004: 137-8). Il concetto delle quattro tazze di pulque come limite massimo per una bevuta sana

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della bevanda non sembra essere stata una prerogativa della cultura nahua. Vi sarebbero riferimenti a tal riguardo, sebbene non espliciti, nel testo basilare della cultura tarasca (purepecha), la Relacin de Michoacn. Nel capitolo XVI, Parte II, che tratta della prima moglie di Taracuri, cazonci (re-sacerdote) dei Purepechi, due uomini le diedero da bere sino ad ubriacarla, per poi approfttarne sessualmente. Nel testo letteralmente riportato che le diedero da bere ogni quattro volte. In un altro passo (Capitolo XXVI, Parte II), descritta la decisione di Taracuri Texcatlipoca ofre pulque a Quetzcalcotl di far uccidere suo f glio Curtame Codice Fiorentino, lib. 3, f. 12r poich era diventato un ubriacone. Inviati a tale scopo dei sicari, questi avvicinarono Curtame con lo scopo di ubriacarlo e quindi di ucciderlo: gli diedero da bere quattro tazze, e poi altre quattro, ed egli si ubriac. Pur non essendo esplicitato in forma aperta, in questi casi di bere ogni quattro volte o di mescere quattro pi quattro tazze di pulque sembra rifettere il concetto di superamento del limite delle quattro tazze come prova dello stato di ubriachezza. Dalla documentazione riportata dagli autori del periodo della Conquista, pur in maniera confusa, si evincerebbe un secondo signifcato da ascrivere al macuiloctli, il quinto pulque: non come la quinta tazza della medesima bevanda, bevuta successivamente alla quarta e alle precedenti, bens come un particolare tipo di pulque, dalla formula probabilmente mantenuta segreta, utilizzato dalla casta prelatizia in determinati cicli rituali. Il concetto di limite di quattro tazze di pulque oltre il quale v' il bere smodato e socialmente inaccettabile ricorda quello simile presente presso la cultura greca del limite di tre crateri di vino miscelato. Il cratere era il recipiente dove il vino puro veniva miscelato con acqua secondo determinate proporzioni, 2:3, 3:2, 2:1 fra acqua e vino (Catoni, 2010: 28). Nella catalogazione proposta da Eubulo e riportata da Ateneo (Deipnosofsti, II, 36b, rip. in Lissargue, 1989: 56) si evince la profonda conoscenza che i Greci avevano nei confronti dei diversi gradi dell'ebbrezza alcolica:

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Per gli uomini assennati io mescolo tre crateri: il primo che essi bevono per la salute, il secondo per il piacere e il desiderio, il terzo per il sonno. Bevuto questo, i saggi convitati si accingono a tornare a casa. Il quarto cratere non appartiene pi alla nostra infuenza, ma alla violenza, il quinto al frastuono, il sesto alla processione bacchica, il settimo agli occhi pesti, l'ottavo per il testimone d'accusa, il nono per la collera, il decimo fa uscire di senno.

Presso i Greci il luogo del bere collettivo per eccellenza era il simposio, dove partecipavano solo uomini ed eventuali efebi o prostitute e suonatrici, ma non le altre donne della societ. Bere vino puro, bere come uno Scita, era considerato immorale e in un qualche modo selvaggio (Lissargue, 1989).

Il problema degli additivi del pulqueDurante la preparazione del pulque venivano aggiunti degli additivi, di natura per lo pi vegetale, che avevano diferenti scopi e che possono essere ricondotti alle seguenti quattro categorie: 1) additivi per prolungare i tempi di conservazione della bevanda; 2) additivi per raforzare l'efetto inebriante della bevanda mediante incremento della sua concentrazione alcolica; 3) additivi per modifcare l'efetto inebriante della bevanda mediante aggiunta di principi attivi diferenti dall'alcol; 4) additivi aromatizzanti. Oggigiorno persiste una notevole confusione ed enigmaticit nei confronti di questi additivi, per ragioni ravvisabili principalmente, nella opinione di chi scrive, nei seguenti fattori: a) durante i tempi precolombiani alcuni di questi additivi, in particolare quelli appartenenti alla terza classe sopra defnita, erano mantenuti rigorosamente segreti dalla classe prelatizia ed erano utilizzati solamente dal prelato e/o dalla classe dominante della societ azteca; b) i cronisti successivi alla Conquista confusero frequentemente gli scopi

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per i quali venivano aggiunti gli additivi, in particolare senza distinguere lo scopo di prolungare il periodo di conservazione della bevanda da quello di potenziarne gli efetti psicoattivi. Si deve tener conto che la maggior parte di questi primi cronisti apparteneva al prelato cattolico, gi predisposto preconcettualmente e acculturato sull'esistenza di piante che procurano visioni diaboliche associate al fenomeno della stregoneria dell'Europa medievale, accanitamente perseguito dalle istituzioni inquisitoriali (si veda ad es. Warren, 1979). Questa confusione dei primi cronisti fu tramandata e reiterata nei secoli successivi e i saggi pur seri e approfonditi degli studiosi moderni della cultura nahua non fanno altro che riproporre lo stato confusionale precedente. Da notare che gli additivi di questa bevanda furono oggetto di ampie discussioni negli ambiti politici e amministrativi coloniali e infuenzarono signifcativamente la storia del proibizionismo e la produzione del pulque, in particolare durante il XVIII secolo (si veda oltre, Il pulque nei periodi coloniali). Nel presente studio chi scrive non aspira a una soluzione di tale problematica, mediante identifcazione di questi additivi, bens si limita a focalizzare le cause e i percorsi di quel problema di carattere etnobotanico a tutt'oggi insoluto qui defnito come il problema degli additivi del pulque. Dalle fonti antiche ricavabile una complessa terminologia associata alla bevanda del pulque, che viene elencata di seguito; v' da tener conto che esiste una notevole confusione e contraddizione dell'interpretazione da dare a questi termini presso gli studiosi moderni, oltre che fra gli autori antichi. La principale fonte di informazione l'opera di Sahagn: uitztli, indicava la linfa o aguamiel appena fuoriuscita dalla pianta; octli, il nome generico del pulque; iztacoctli, pulque bianco, privo di qualunque additivo; tiaoctli, apparentemente una specie di pulque bianco o un suo sinonimo; tlachique, il pulque di bassa qualit, ma sempre privo di additivi, ricavato da piante di maguey che producevano una linfa scadente, o perch prodotta da specie botaniche di Agave diferenti dalle buone specie pulqueras, oppure perch prodotta da piante di maguey da pulque coltivate in terreni e ambienti sfavorevoli; tecutlachique, probabile sinonimo di tlachique, riportato in Sahagn (II, XXXVII, 18); poliuhqui, indica la bevanda nel suo stato avariato e da cui probabilmente i primi Spagnoli ricavarono per fraintendimento la parola pulque; teoctli, pulque divino o pulque degli dei, riservato, forse non unicamente, alle vittime umane destinate ai sacrifci;

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texcalceuia o texcalceuilo, citato in Sahagn, II, XXXVII, 10, usato nel corso delle feste dedicate al dio del fuoco Xiuhtecutli nel mese di izcalli; forse questi vocaboli erano attribuiti al pulque tlachique bevuto in occasione di queste feste del dio del fuoco; cochioctli, citato da Sahagn (II, XXVI, 20), probabilmente era l'octli non bevuto e rimasto il giorno dopo la festa che si svolgeva durante le calende del settimo mese, chiamata tecuilhuitontli, e dedicata alla dea del sale Uixtochuatl; ayoctli, pulque di acqua, riportato sempre da Sahagn (IV, XXXVI, 11-13), sarebbe un pulcre stregato con acqua e miele e cucinato con la radice; matlaloctli, pulcre azzurro per via del suo colore (Sahagn, II, XXXIV, 45); macuilloctli, quinto pulque, la quinta tazza di pulque intesa come superamento delle quattro tazze socialmente accettate; ma pu indicare anche un tipo specifco di pulque, dalla formula mantenuta segreta e riservata al prelato; tlachiualoctli, pulque artifciale. La diferenziazione dei tipi di pulque si evidenzia in numerosi passi degli autori antichi; valga come esempio un passo, gi riportato, della descrizione di Sahagn (IV, XXXVI, 1113) dei riti battesimali nahua:Alle volte davano pulcre che si chiamava ztac octli, che signifca pulque bianco, che quello che zampilla dai maguey e altre volte davano pulcre stregato con acqua e miele e cucinato con la radice che chiamano ayoctli, che signifca pulcre di acqua, che era custodito e preparato dal signore del convitto gi da alcuni giorni. (13) E il servitore, quando vedeva che non si ubriacavano, tornava a dare da bere in senso contrario alla mano sinistra, iniziando dagli ultimi.

Un semplice metodo per rinforzare l'efetto inebriante della bevanda era quello di gettare nel pulque bianco puro una pietra ardente che era chiamata tezontle; tale metodo, che aveva la chiara funzione di attivare la fermentazione, veniva usato nei pulque di qualit inferiori ad esempio quello ricavato da piante di maguey cresciute in luoghi umidi, caratterizzati da una povert di zuccheri e che erano chiamati pulque tlachique. Il pulque si mantiene per un periodo che non supera le 24-36 ore, dopodich si decompone e non pi bevibile. Il problema della conservazione della bevanda fu quindi molto sentito sia nei tempi arcaici che in quelli coloniali. Per ritardare la sua cagliatura e decomposizione vi si gettavano delle erbe specifche, di cui una era il popotle, rimasta botanicamente indeterminata. In base a rapporti scritti di frati e medici della fne del 1600 quest'erba era considerata la peggiore e la pi velenosa di tutte quelle che si mettono nel pulque. Si teneva nei tini per 10 o 12 ore ed era usata esclusivamente in

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inverno con lo scopo di non viziare e di non far prendere corpo al pulque. La sua funzione era molto pratica per il trasporto in quanto bloccava la decomposizione. A questo scopo si usava anche la calce (Hernndez Palomo, 1979: 27-8). Francisco Hernndez (1571-6), nella sua monumentale opera sulle piante e animali della Nueva Espaa, cita alcune altre piante che venivano mescolate nel pulque. Una di queste era l'itlanexillo (piede di lepre), una pianticella simile al capelvenere, le cui foglie erano impiegate per trattare la dissenteria e di cui si mescolavano col pulque le radici col preciso scopo di dargli forza e maggiore efcacia per stravolgere la mente (Libro III, Cap. XL); ci troveremmo quindi nel caso 3 della nostra classifcazione iniziale. 13 Un'altra pianta era l'arbusto del quauhchlzotl (legno di peperone vecchio), la cui radice mescolata con metl produce vino (Libro III, Cap. CL).14 In questo caso probabile che l'aggiunta nella linfa della pianta del maguey (metl) avesse lo scopo di facilitare la sua fermentazione (caso 2). Sahagn stranamente parco di dati circa gli additivi del pulque e sembra riferire di non meglio precisate radici aggiunte nella bevanda in un solo passo fra i numerosissimi che dedica al pulque, e precisamente dove descrive il lavoro di colui che prepara e vende il pulque: il miele [aguamiel] cuocendolo o bollendolo prima di tutto, e riempe cantari o cuoi per custodirlo, e questo dopo che ha radici (X, XX, 4). Ma la pianta maggiormente citata dagli autori antichi e la pi enigmatica dal punto di vista della sua determinazione botanica e delle sue funzioni in relazione alla preparazione del pulque l'ocpatli o quapatli. Motolina (I, II, 55) riportava che prima che il loro vino lo cuociano con alcune radici che vi gettano, chiaro e dolce come idromele. Dopo cotto si fa spesso ed ha un cattivo odore, e coloro che con quello si ubriacano, molto peggio. In un altro passo (III, XIX, 440) aggiunge che dall'aguamiel cotto e bollito al fuoco, si ricava un vino dolciastro limpido, che bevono gli spagnoli e dicono che molto buono, sostanzioso e salubre. Cotto questo liquore in orci come si cuoce il vino e gettandovi delle radici che gli indios chiamano ocpatl, che signifca medicina o condimento del vino, si ricava un vino cos forte che a coloro che ne bevono in quantit ubriaca fortemente. Se ne dedurrebbe quindi che la funzione dell'ocaptl era di rinforzante gli efetti inebrianti del pulque. Nel Codice Telleriano Remense (fol. 15) viene riportato che questo Patcatl signore di questi tre giorni e di alcune radici chessi gettavano nel vino, poich senza queste radici non si potevano ubriacare pur quanto ne bevessero. Va ricordato che il nome Patcatl deriva dalla radice nahuatl ptli, che signifca medicina. Secondo Gonalves da Lima (1986: 136) il signifcato etimologico di oc.patli medicina del pulque e sarebbe questa la ragione per cui al nome di Patcatl fu attribuito il signifcato etimologico di quello

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della terra della medicina. Ci apparirebbe come un'ulteriore conferma del fatto che Patcatl fu lo scopritore dell'efetto inebriante completo del pulque, dove le radici dell'ocpatli svolgevano un ruolo signifcativo se non addirittura imprenscindibile. Juan Bautista Pomar, nella sua Relacin de Tezcoco del 1581 (cap. XXV, si veda Vzquez, 1991: 95-6), riferisce sia di una radice chiamata cuauhpatli, sia della radice dell'ocpatli, che vengono messe nel succo di maguey prima di farlo bollire e ricavarne il vino. Pedro Sanchez de Aguilar (1639), in una Cedula contra el Pulque, riferiva: Io sono informato che gli Indios nativi di questa Nueva Espaa fanno un certo vino che si chiama Pulque, nel quale dicono che nei periodi che fanno le loro feste e per tutto il resto dell'anno vi gettano una radice, ch'essi seminano con lo scopo di gettarla nel suddetto vino, per fortifcarlo e fargli prendere maggior sapore, con il quale si ubriacano (Vzquez, 1991: 37). In un'altra Cedula dell'anno 1545 in cui si vieta il vino agli Indios, il medesimo autore riferiva del vino della terra con radici (ibid., p. 38). Da notare che questo autore riferiva che la pianta che dava queste radici veniva coltivata dai nativi. Durn (Libro II, Cap. XXII) ofre ulteriori dati interessanti: in un primo passo riferisce dei tavernieri che nel momento in cui:gettavano la radice nel pulque e questo iniziava a bollire mettevano incenso nei bracieri e ofrivano cibo alla divinit. In un passo successivo fa notare come quello che chiamano pulque che fanno gli Spagnoli di miele nero e acqua con la radice, quelli [gli Aztechi] mai l'ebbero n seppero fare sino a che i negri e gli Spagnoli lo inventarono e cos questo vocabolo pulque non vocabolo messicano bens delle isole, come mais e nagua e altri vocaboli che portarono da Espaola. Il vero vino di questi [gli Aztechi] era di aguamiel del maguey dove vi gettano dentro la radice e che usavano non solo per le loro feste e ubriachezze ma anche per le loro medicine, come usano oggigiorno poich realmente medicinale.

Nonostante Durn non sia sempre attendibile, in quanto contamina frequentemente i dati ricevuti dai suoi informatori con sue deduzioni personali, la possibilit espressa in questo suo passo, cio che si siano presentate variazioni di tecniche di preparazione e di nuovi additivi dopo la Conquista, magari importate dalle Antille, non da scartare a priori. Durn fa notare la diferenza fra pulque bianco con radice, di schietta origine azteca o comunque tradizionale, e pulque di miele nero con radice, che sarebbe stato inventato altrove e importato in seguito ai fussi migratori inter-mesoamericani conseguenti all'arrivo degli Europei. Egli prosegue afermando che Il suo [del pulque azteco] nome era iztac-octli, che signifca vino bianco e comprendo che gli hanno aggiunto il bianco per diferenziarlo da quello che si fa da miele nero perch indemoniato e puzzo-

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lente e nero forte e aspro, senza gusto n sapore, come essi medesimi confessano, e con tutto questo come lo bevono pi frequentemente e li rende pi irragionevoli e furiosi per via della forza che ha rispetto al loro proprio essendo il loro pi leggero e medicinale. E' evidente l'apporto dell'interpretatio cattolica nell'associare il colore nero del miele non tradizionale (cio non azteco) al demonio, quel medesimo demonio che lo steso Durn non esita in altri numerosi passi del suo trattato ad associare a divinit e pratiche religiose azteche. Un riferimento a delle radici aggiunte al pulque lo troviamo in un mito d'origine del maguey, di stampo tezcocoano, che ci pervenuto attraverso la Histoire du Mechique, opera di un anonimo autore del XVI secolo (si veda l'Appendice I). Nella parte fnale del racconto riportato: Da questo [il maguey] gli indios fanno il vino che bevono e con il quale si ubriacano, sebbene non a causa del vino, bens per via di alcune radici che chiamano ucpatli ch'essi mescolano con quello. Un'attenzione particolare deve essere data al lavoro di Francisco Hernndez, il botanico e proto-medico che negli anni '70 del 1500 per volont del re di Spagna Filippo II diresse una spedizione scientifca nei nuovi territori americani conquistati dagli Spagnoli e che fu autore di un'importante opera di classifcazione delle piante e degli animali della Nueva Espaa. Questo autore (Libro XVI, Cap. LII) identifca l'ocpatli (condimento del vino) con il quapatli (medicina del monte) o tlapatli (medicina piccola) e riporta che questa pianta mescolata con il vino di metl ne aumenta la forza inebriante. Tuttavia, a diferenza degli altri autori, riferisce che la parte utilizzata era la sua corteccia e non la radice. Inoltre, riporta che anche quando viene aggiunta ad altre bevande liquorose ne aumenta gli efetti inebrianti. Da notare che nella descrizione Hernndez riferisce che questa pianta ha dei baccelli, un fatto che fa sospettare che appartenga alla famiglia delle Leguminosae.15 Un'ulteriore notizia utile per l'identifcazione dell'ocpatli/quapatli Hernndez la ofre nel trattare un suo sinonimo, lo tzotzocolxchitl e una pianta afne, anch'essa appartenente alle specie di acacia (Libro XXIV, Cap. X):Lo tzotzocolxchitl un arbusto che i messicani chiamano quapatli, nome sotto cui lo abbiamo descritto in altro luogo. Dicono i panucenses che utile in maniera ammirevole contro la tosse. Nasce nella sua terra un'altra specie chiamata tziquhuitl, quasi del medesimo aspetto, di temperamento freddo, astringente e secco, anch'esso appartenente alle specie di acacia e il cui decotto dice la medesima gente che cura le ulcere della bocca, pulisce e consolida i denti, e sana le ulcere putride dovuta alla consumazione di carne corrotta.

Questi dati fanno quindi ipotizzare che il quapatli od ocpatli fosse una leguminosa,

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nella cui famiglia rientrano numerose piante dalle accertate propriet psicoattive, presenti anche nelle Americhe. In efetti, in diverse Relazioni Geografche nel centro del Messico e in Oaxaca l'ocpatl o quapatle identifcato con la corteccia di Acacia angustissima (Mill.) Kuntze (Corcuera de Mancera, 1991: 122). In un altro passo della sua opera (Libro XVI, Cap. LIII), Hernndez cita un'altra pianta dal medesimo nome quapatli, caratterizzata dall'essere un'erba piccola con foglie simili a quelle del susino ma pi grandi e il cui decotto applicato sulla testa calma i dolori alle orecchie. Ma si tratta evidentemente di una pianta diferente da quella precedente, nonostante sia chiamata con lo stesso nome di medicina del monte. Ricapitolando, Hernndez considerava quapatli, ocpatli, tlapatli e tzotzocolxchitl sinonimi di una medesima pianta utilizzata come additivo del pulque; altri autori invece consideravano come due distinte piante il quapatli e l'ocpatli. Il quapatli (o cuapatle) fu oggetto di diverse controverse nel corso del XVIII secolo, considerato demo