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RELIGIONI TRADIZIONALI CARATTERISTICHE In numerose e composite forme, le religioni tradizionali sono presenti in molte parti del mondo. Non si è ancora giunti a un accordo su come chiamarle: sono conosciute come religioni indigene, tribali, primitive, o semplicemente forme sacre che possono essere molto diverse le une dalle altre anche entro i confini di uno stesso paese. In genere questo tipo di religioni e le relative pratiche sono affidate alla trasmissione orale, che non avviene attraverso i libri, ma mediante la tradizione, i racconti, i proverbi, i costumi, i riti e le celebrazioni che vengono tramandati oralmente e in codici gestuali di comportamento, si tratta di religioni etniche basate sulla famiglia e legate ad un luogo particolare, senza un'organizzazione né a livello centrale né a livello nazionale. Tali religioni permeano la vita delle persone a tal punto che è spesso difficile distinguere fra gli elementi strettamente religiosi e i costumi locali. Esse offrono ai loro seguaci un approccio olistico alla religione e alla vita, riservando una grande attenzione alla famiglia e alla parentela in tutte le sue forme. Ma in primo luogo, le religioni tradizionali inculcano la fede in Dio e un forte senso del sacro. SISTEMA DI CREDENZA

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RELIGIONI TRADIZIONALI

CARATTERISTICHE

In numerose e composite forme, le religioni tradizionali sono presenti in molte parti del mondo. Non si è ancora giunti a un accordo su come chiamarle: sono conosciute come religioni indigene, tribali, primitive, o semplicemente forme sacre che possono essere molto diverse le une dalle altre anche entro i confini di uno stesso paese. In genere questo tipo di religioni e le relative pratiche sono affidate alla trasmissione orale, che non avviene attraverso i libri, ma mediante la tradizione, i racconti, i proverbi, i costumi, i riti e le celebrazioni che vengono tramandati oralmente e in codici gestuali di comportamento, si tratta di religioni etniche basate sulla famiglia e legate ad un luogo particolare, senza un'organizzazione né a livello centrale né a livello nazionale. Tali religioni permeano la vita delle persone a tal punto che è spesso difficile distinguere fra gli elementi strettamente religiosi e i costumi locali. Esse offrono ai loro seguaci un approccio olistico alla religione e alla vita, riservando una grande attenzione alla famiglia e alla parentela in tutte le sue forme. Ma in primo luogo, le religioni tradizionali inculcano la fede in Dio e un forte senso del sacro.

SISTEMA DI CREDENZA

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Le religioni tradizionali non sono solo un fenomeno culturale. Le persone che praticano tali religioni credono in un Dio che viene considerato uno Spirito Creatore, Unico e Supremo: l'Onnipotente, il Re, il Non Creato, l'Onnisciente, l'Onnipresente, l'Unico al di sopra di tutte le cose visibili e invisibili, il Cielo, il Sole, l'Incomparabile, la Vita, l'Essere per eccellenza, il Trascendente ecc. Queste religioni testimoniano la ricerca di Dio, o dell'Essere Supremo, da parte dell'anima umana. Coloro che professano le religioni tradizionali nonmettono in discussione l'esistenza di Dio e la necessità della religione. Fra queste persone vi è anche la credenza nell'esistenza di spiriti inferiori a Dio, che si pensa assumano diversi atteggiamenti verso gli esseri umani: possono essere terribili, maligni, vendicativi, capricciosi; oppure possono essere misericordiosi e protettivi.

In questo tipo di religione, gli avi sono oggetto di culto. Nella visione del mondo delle religioni tradizionali e tribali, la vita non ha fine. Non esiste la morte intesa come separazione dai propri cari e dalla tribù: la vita è eterna, è un processo che si muove continuamente dal regno dello spirito a quello della storia e viceversa. Di un uomo anziano con molti figli in buona salute si pensa che abbia vissuto una buona vita e, al momento della morte, si ritiene che vada a raggiungere gli avi, compiendo un passaggio dallo stato di mortalità a quello di immortalità ancestrale. In questo passaggio, tuttavia, persiste una continuità molto stretta con la vita: gli avi mantengono i loro tratti morali, lo status sociale e la consapevolezza di tutta la famiglia.

Il modo in cui i credenti delle religioni tradizionali coniugano l'adorazione di Dio, l'attenzione verso gli spiriti e il culto degli antenati varia secondo i luoghi, ma il tratto comune a tutti è la prevalenza di un forte senso del sacro. Alle persone, ai luoghi e agli oggetti legati al culto religioso viene tributato un particolare rispetto poiché vi è la coscienza che gli esseri invisibili influenzino la vita degli uomini. Fra i credenti delle religioni tradizionali il desiderio di vivere e di governare questo mondo come se non ci fossero esseri superiori all'uomo non ha alcuna presa ed è questo il motivo per cui l'ateismo è generalmente sconosciuto in seno a queste società.

VALORI DIVERSI

Fra i credenti delle religioni tradizionali, un grande valore è dato alla famiglia. Una persona è definita secondo il gruppo cui appartiene e il senso della comunità è radicato nella famiglia, nel lignaggio, nel clan e nella tribù.

In generale, i seguaci delle religioni tribali mostrano un grande rispetto per la sacralità della vita; si potrebbe dire che vi è quasi un imperativo divino che dice: "La vita deve essere data, la vita deve essere vissuta; la vita deve essere goduta, la vita deve essere integra; la vita deve essere onorata; la vita deve essere lunga e pacifica". Per questo motivo, molte società tribali possiedono tabù e rituali che servono a proteggere il dono divino della vita.

Un'altra caratteristica di questo tipo di religioni è la grande considerazione in cui vengono tenuti gli anziani. La comunità considera profetica la loro saggezza, vale a dire in grado di dare consigli di vita validi per il presente. La religione permea tutti gli aspetti della vita. Non esiste dicotomia fra l'impegno sociale, politico o economico e la religione.

PRATICA

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La fede, la moralità e il culto sono le tre colonne delle religioni tradizionali. Grande valore viene attribuito alla parola data. Una promessa verbale, per esempio, è qualcosa di sacro fra gli Asanti del Ghana. Le cerimonie e i rituali religiosi importanti, come l'incoronazione del re, il matrimonio, l'iniziazione di un sacerdote o quella di un giovane a una società segreta, l'investitura militare ecc. , sono sempre accompagnati da gesti e da parole, ma nessuna di queste viene letta da un testo scritto. Le religioni tradizionali, generalmente, non si basano su libri rivelati, né si articolano in affermazioni teoriche di natura teologica o filosofìca.

La ricchezza dei loro contenuti, e i loro numerosi valori, si trovano più spesso nelle celebrazioni, nei racconti, nei proverbi e vengono trasmessi attraverso gesti, costumi e codici comportamentali.

Si ritiene che il codice morale sia stato tramandato di generazione in generazione e sancito da Dio attraverso gli spiriti.

RELIGIONI TRADIZIONALI

(sintesi)

Le religioni tradizionali sono dette anche “indigene”, “ primitive”, ”tribali”, “forme sacre”. Sono diverse le une dalle altre, con trasmissione affidata alla tradizione ( racconti, proverbi, costumi,

celebrazioni), con particolare attenzione alla vita , alla famiglia e alla parentela e a un luogo particolare.

Inculcano la fede in Dio e un forte senso del sacro. I fedeli di tali religioni credono in Dio, considerato Spirito creatore, Unico e supremo, al di sopra di ogni realtà visibile e invisibile, il Cielo, il sole, l’Incomparabile, la Vita, l’Essere per eccellenza. Credono anche nell’esistenza di spiriti inferiori a Dio buoni e cattivi. Gli avi sono oggetto di culto. La religione permea tutti gli aspetti della vita. Esse però contengono alcuni elementi che sembrano contraddire la dignità dell’uomo, come riti talvolta degradanti per la persona umana, discriminazione nei confronti della donna in determinati luoghi, rifiuto dei gemelli.

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SHINTOISMO

ORIGINE ANTICA

Quando il buddhismo fu portato dalla Cina in Giappone, nel sesto secolo dopo Cristo la religione allora esistente in questo paese incominciò a essere chiamata "Shinto" o "la via di Kami", per distinguerla dalla nuova "via di Buddha". Più esattamente, Shinto significa "la via verso Kami" e può essere definito come un complesso di idee, di credenze e di pratiche tradizionali che ruotano intorno a Kami e che nacquero e si svilupparono nel corso della lunga storia del Giappone integrandosi nella vita e nella cultura del paese. L'origine dello Shinto risale ai miti e ai rituali dei vari clan giapponesi che costituivano l'antica popolazione del Giappone. Tali miti e rituali furono gradualmente unificati sotto l'egida del clan dominante degli Yamoto, che si dice fossero gli avi della famiglia imperiale. Lo Shinto è l'enorme "corpus sapientiarum et experìentiarum" (l'insieme di saggezza e di esperienza) del popolo giapponese.

Lo Shinto non ha fondatori, non possiede libri sacri né dogmi definiti, e neppure interpreti veri e propri che spieghino l'enorme numero di miti, rituali, simboli e pratiche che si esprimono attraverso il tipico sistema di valori dello stile di vita giapponese. Dunque, lo Shinto potrebbe essere considerato una chiave interpretativa del Giappone e del suo popolo.

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KAMI

Spesso tradotto come Dio, il significato del termine Kami è piuttosto diverso da quello che i cristiani, per esempio, attribuiscono al concetto di Dio. L'oggetto del culto shintoista viene chiamato "Kami", vale a dire, qualcosa di sacro, straordinario, soprannaturale. Come una sola divinità cosmica si rivela attraverso diverse manifestazioni, così si dice che l'unico "Kami" possieda otto milioni di forme. Si può parlare di tre categorie di Kami:

1. Il Kami delle nazioni e delle famiglie: praticamente tutte le famiglie shintoiste del Giappone possiedono un tempio in miniatura dedicato a questo tipo di Kami (Kamidana), che costituisce il fulcro della vita familiare.

2. Il Kami della comunità locale: ogni villaggio, paese o città ha il suo Kami patrono che prodiga benedizioni e grazie ai fedeli e mantiene unita la popolazione locale.

3. Il Kami con poteri particolari. Ogni professione, come quella dell'artigiano, del commerciante, dello scienziato ecc. ha un suo Kami. Inoltre, vi è anche il concetto di un Kami che interviene con la sua grazia in situazioni particolari, come la nascita di un bambino, un matrimonio, un viaggio, una sofferenza, una malattia ecc. .

RELIGIOSITA

Esistono tre forme essenziali, nello shintoismo, anche se si potrebbe aggiungere una quarta forma di "Shinto settario". In realtà, più che di uno Shinto unico e ufficiale, si dovrebbe parlare di diverse correnti schintoiste.

1. Lo Shinto della Famiglia Imperiale: consiste nei riti e preghiere ufficiali dell'Imperatore, recitate in occasione di varie festività che vengono celebrate dalla famiglia imperiale e da tutta la Nazione, in onore della dea del Sole e della dea madre (Amaterasu Oomikami) che protegge la famiglia imperiale e di conseguenza tutte le famiglie del Giappone, poiché l'Imperatore è il simbolo

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dell'unità nazionale e, in queste occasioni, prega per il bene di tutti. Forse il Giappone è l'unico caso, nella storia dell'umanità, in cui la stessa dinastia sia durata così a lungo.

2. Lo Shinto del Santuario: rappresenta la corrente principale di questa religione. Si occupa della cura di 80.000 templi, con 22.000 sacerdoti e 75.000 inservienti che in tutto il Giappone si occupano delle credenze, dei riti, delle pratiche e della manutenzione delle strutture.

3. Lo Shinto popolare: fondata sulla religiosità del Giappone, questa forma di Shinto tocca l'anima del popolo giapponese nel più profondo. Tutte le religioni che abbiano intenzione di attecchire in Giappone, se vogliono essere completamente accettate, devono prendere sul serio lo Shinto popolare.

I TEMPLI

II tempio è la dimora di Kami. Laddove non esista un tempio vero e proprio, sarà la natura stessa, e in particolare una montagna, gli alberi verdeggianti, le rocce particolarmente belle, a essere considerata la casa terrena e provvisoria di Kami. Attualmente, in tutto il Giappone ci sono numerosi templi, grandi e piccoli, famosi e meno famosi, dedicati a Kami nelle sue varie manifestazioni. In genere, questi templi, dedicati agli antichi, alla nazione, alla famiglia, alla comunità locale o a potenze particolari, sono situati in luoghi caratterizzati da importanti attrazioni naturali. Per questo motivo lo Shinto è anche definito da alcuni la religione della rivelazione di Dio attraverso la natura. La bellezza dei templi e dei santuari, nella religione shintoista, da’ maggior risalto alla bellezza di Kami, piuttosto che alla sua verità e alla sua bontà.

IL MONDO

L'idea del mondo, nella tradizione schintoista si articola in tre elementi: il paradiso, la terra e l'inferno. Lo Shinto, tuttavia, dàa importanza alla vita terrena: secondo questa tradizione, infatti, tutti gli esseri umani sono figli di Kami e, pertanto, sono fratelli e sorelle tra loro. La natura e gli esseri umani hanno in comune un vincolo di sangue e per questo sono chiamati a vivere in armonia.

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SHINTOISMO

(sintesi)

Shinto significa "la via verso Kami" e può essere definito come un complesso di idee, di credenze e di pratiche tradizionali che ruotano intorno a Kami e che nacquero e si svilupparono nel corso della lunga storia del Giappone integrandosi nella vita e nella cultura del paese. L'origine dello Shinto risale ai miti e ai rituali dei vari clan giapponesi che costituivano l'antica popolazione del Giappone. Tali miti e rituali furono gradualmente unificati sotto l'egida del clan dominante degli Yamoto, che si dice fossero gli avi della famiglia imperiale. Lo Shinto è l'enorme "corpus sapientiarum et experìentiarum" (l'insieme di saggezza e di esperienza) del popolo giapponese.

Kami, spesso tradotto come Dio, il significato del termine Kami è piuttosto diverso da quello che i cristiani, per esempio, attribuiscono al concetto di Dio. L'oggetto del culto shintoista viene chiamato "Kami", vale a dire, qualcosa di sacro, straordinario, soprannaturale. Come una sola divinità cosmica si rivela attraverso diverse manifestazioni, così si dice che l'unico "Kami" possieda

otto milioni di forme. Si può parlare di tre categorie di Kami: 1. Il Kami delle nazioni e delle famiglie; 2. Il Kami della comunità locale, 3. Il Kami delle professioni e delle situazioni.

Le forme essenziali nello scintoismo sono, anche se si potrebbe aggiungere una quarta forma di "Shinto settario". In realtà, più che di uno Shinto unico e ufficiale, si dovrebbe parlare di diverse correnti scintoiste: 1. Lo Shinto della Famiglia

Imperiale: consiste nei riti e preghiere ufficiali dell'Imperatore, recitate in onore della dea del Sole e della dea madre (Amaterasu Oomikami). 2. Lo Shinto del Santuario: rappresenta la corrente principale di questa religione. 3. Lo Shinto popolare: fondata sulla religiosità del Giappone

L'idea del mondo, nella tradizione schintoista si articola in tre elementi: il paradiso, la terra e l'inferno. Lo Shinto, tuttavia, dàa importanza alla vita terrena: secondo questa tradizione, infatti, tutti gli esseri umani sono figli di Kami e, pertanto, sono fratelli e sorelle tra loro. La natura e gli esseri umani hanno in comune un vincolo di sangue e per questo sono chiamati a vivere in armonia.

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ZOROASTRISMO

ORIGINE

Fondata da un personaggio storico, Zaratustra, detto anche Zoroastro, intorno al 630 dopo Cristo nell'Iran orientale, questa religione è conosciuta oggi come Mazdayasni Zarathushti e i suoi seguaci come parsi. Essi si trovano in Iran e, pur essendosi insediati anche in altre parti del mondo, raggiungono la loro massima densità in India. I libri sacri dei parsi, gli Avesta, nella sezione Gathn, parlano della personalità carismatica, dell'attività e del pensiero etico-religioso di Zoroastro. Tuttavia, le numerose traduzioni e interpretazioni dei testi, in particolare del Gatha, che è redatto in forma poetica, nel corso della storia hanno reso diffìcile l'esatta comprensione della personalità di Zoroastro e del tempo in cui visse.

DIO UNICO, CREATORE

Seguendo gli insegnamenti di Zoroastro, i parsi adorano un solo Dio, Ahura Mazda, il Saggio Creatore e Signore, al quale vengono attribuite qualità sia umane che divine. Egli è circondato da una schiera di santi immortali. Gli insegnamenti dello zoroastrismo si basano su semplici virtù, come la fede

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nel Dio Creatore, l'amore per la vita, la fiducia nella bontà, il desiderio di conoscenza e il rispetto degli anziani.

ESSERI UMANI

La concezione del mondo è basata su un antico mito: lo spirito del male, che è il signore dei demoni e il nemico di Dio; questi, in opposizione allo spirito del bene, propizia le parole, le azioni e i pensieri malvagi. Dio trionfa definitivamente sullo spirito del male e pertanto è la meta finale di ogni individuo. Nella lotta contro lo spirito del male, Zoroastro è aiutato dai santi immortali, o salvatori, che agiscono in favore di Dio.

Gli esseri umani sono al centro della creazione divina, poiché in essi si scontrano le forze di Dio e quelle del suo nemico, lo spirito della menzogna e del male. Gli esseri umani sono liberi di scegliere di lottare nel nome di Dio, vale a dire, di combattere per la vittoria del bene sul male. Tuttavia, essi possono anche scegliere lo spirito del male ed è per questo motivo che si dice che il mondo sia diviso in due. Comunque, gli uomini non possono eludere la responsabilità personale. Il destino finale della creazione, in ultima analisi, dipende dalle decisioni individuali che gli esseri umani mettono in atto attraverso i loro pensieri e le loro azioni.

Il destino finale di ciascuno dipende, al momento della morte, dalle scelte e dalle decisioni compiute liberamente nel corso della vita terrena. Dunque, o si trapassa in un regno di luce, verità e bontà, per restarvi in eterno, o si precipita nel regno della menzogna, del male e dell'orrore perpetuo.

PREGHIERA

Nel culto di Zoroastro, il centro dell'adorazione è costituito dal simbolo del fuoco; esso rappresenta la presenza di Dio, che si riconosce nella luce e nella saggezza. Per sua natura, il fuoco è purificatore e simboleggia Dio, che è il dispensatore dell'intelligenza, del nutrimento, della protezione e dello spirito di verità. Pertanto, i parsi pregano Dio di fronte al fuoco.

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ZOROASTRISMO

(sintesi)

Fondata da un personaggio storico, Zaratustra, detto anche Zoroastro, intorno al 630 dopo Cristo nell'Iran orientale, questa religione è conosciuta oggi come Mazdayasni Zarathushti e i suoi seguaci come parsi.

Seguendo gli insegnamenti di Zoroastro, i parsi adorano un solo Dio, Ahura Mazda, il Saggio Creatore e Signore, al quale vengono attribuite qualità sia umane che divine. Egli è circondato da una schiera di santi immortali. Gli insegnamenti dello zoroastrismo si basano su semplici virtù, come la fede nel Dio Creatore, l'amore per la vita, la fiducia nella bontà, il desiderio di conoscenza e il rispetto degli anziani. Gli esseri umani sono al centro della creazione divina, poiché in essi si scontrano le forze di Dio e quelle del suo nemico, lo spirito della menzogna e del male. Gli esseri umani sono liberi di scegliere di lottare nel nome di Dio, vale a dire, di combattere per la vittoriadel bene sul male. Tuttavia, essi possono anche scegliere lo spirito del male. Il destino finale di ciascuno dipende, al momento della morte, dalle scelte e dalle decisioni compiute liberamente nel corso della vita terrena. Dunque, o si trapassa in un regno di luce, verità e bontà, per restarvi in eterno, o si precipita nel regno della menzogna, del male e dell'orrore perpetuo.

Nel culto di Zoroastro, il centro dell'adorazione è costituito dal simbolo del fuoco; esso rappresenta la presenza di Dio, che si riconosce nella luce e nella saggezza. Per sua natura, il fuoco è purificatore e simboleggia Dio, che è il dispensatore dell'intelligenza, del nutrimento, della protezione e dello spirito di verità. Pertanto, i parsi pregano Dio di fronte al fuoco.

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SIKHISMO

ORIGINE DEL SIKHISMO

Collegato alle tradizioni religiose Nath (in ambito Kashmiri Shaivism) e Sani (nel contesto del Movimento Bhakti) di matrice della religiosità indiana, nonché con il sufismo indigeno e popolare, il dharma sikh ha origini piuttosto recenti rispetto alle altre religioni del mondo, perché nacque nel quindicesimo secolo dopo Cristo. Sebbene si dica spesso, generalizzando, che il culto sikh è nato dalla fusione dell'induismo e dell'islam, non si può dire che questo sia del tutto vero. Infatti, il carismatico fondatore del dharma sikh, nato nel 1469 e morto nel 1539, pur ispirandosi ad alcune dottrine fondamentali dell'induismo, le adattò, le modificò e le trasformò, coniando una religione originale e inequivocabilmente sikh. Integrò anche positivamente l'influenza islamica nel sikhismo. Naturalmente, gli elementi induisti e islamici determinarono che il sikhismo fosse orientato al monoteismo e implicasse la devozione a un solo Dio supremo, assoluto, presente in tutte le cose, eterno e creatore, incontrastato, senza odio, immanente alla creazione e al di là di essa. Guru Nanak fece proseliti in tutte le caste e trovò seguaci anche fra i mestieri più disprezzati. Secondo lui, tutti gli uomini buoni, a prescindere dalla casta e dal credo religioso, erano degni di onore e rispetto, e potevano diventare sikh, cioè discepoli (Shishya). Attualmente i sikh sono circa undici milioni e vivono prevalentemente nella parte nordoccidentale dello stato del Punjab, in India, ma sono presenti anche in altre parti del mondo.

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LIBRO SACRO

L'Adi Granth (Libro Sacro) occupa una posizione fondamentale nel sikhismo. In teoria, è l'autorità suprema. In esso viene elaborata l'espressione più chiara e più profondamente articolata del mistero ineffabile di Dio. Tuttavia, non fu Guru Nanak a redigere l'Adi Granth. Egli predicò il Mistero trascendente, enfatizzando l'aspetto personale e convincendo le persone che Dio fosse accessibile attraverso le suppliche dei seguaci, poiché queste lo commuovevano e lo inducevano a rispondere con la grazia. In realtà, chi operò la stesura dell'Adi Granth fu Guru Atjan Singh (1581-

1606), che mise per iscritto gli insegnamenti più importanti di Guru Nanak da una raccolta di discorsi tramandati oralmente.

L'Adi Granth comprende anche le opere di numerosi poeti religiosi che furono contemporanei dei gurù sikh. Alcuni di loro erano indù appartenenti a varie caste e corporazioni, altri erano musulmani. L'Adi Granth costituisce, inoltre, una valida risorsa per comprendere l'evoluzione linguistica nell'India settentrionale, poiché include vocabolari di sanscrito, arabo, persiano, marathi, sindi, lehndi, nonché di hindi antico e della lingua che in passato si parlava nel Punjab.

Per i sikh il concetto di guru è radicato nel ruolo che l'Adi Granth svolge nella vita quotidiana. Il libro sacro, cui si attribuisce personalità e autorità divine, è venerato come il Guru per eccellenza. Il Guru pertanto, incarna il concetto del perfetto messaggero di Dio. I misteri di Dio sono noti a Lui e al Guru, che è lo strumento perfetto della volontà divina. Dio si rivela al Guru perfetto che, a sua volta, trasmette la rivelazione all'umanità. Talvolta, il vero Guru e Dio vengono identificati in una sola entità. Il Guru è la scala, la barca, la zattera con la quale raggiungere Dio. Il Guru è il lago, l'oceano, la nave, il luogo sacro del pellegrinaggio, il fiume. Esso non viene identificato con sembianze umane, ma piuttosto viene compreso come la luce della Parola che risplende nella persona umana.

FEDE IN DIO

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Dio è uno: Egli è il Creatore, l'Eterno, l'Immanente e colui che sostiene tutte le cose. È al di là

della nascita e della morte. È l'Amante e il Beneamato dei suoi devoti, è il Maestro di coloro che non hanno maestro (anath Natha). Dimorando nel nome di Dio, si può vivere, ma dimenticandolo si muore. Nessuno è paragonabile a Dio, nessuno è mai stato come lui né lo sarà mai. La Sua volontà non può essere manipolata perché il procedere della volontà divina è inconoscibile. Dio non ha forma ed è trascendente (nirakar), e ogni forma di idolatria è peccato. Ogni saggezza e ogni conoscenza del mondo che non derivano da Dio sono false.

I SIKH

Nel sikhismo, la visibilità sociale della comunità e la peculiarità inconfondibile dell'identità sono elementi importanti. Nel 1699, sotto il decimo Guru, Govind Singh (1675-1708), la maggior parte dei sikh si riunì in una comunità (khalsa) nel tentativo di consolidare ulteriormente la particolarità della già forte identità sikh, allo scopo di difendersi dalle minacce esterne. Fu così che vennero introdotti cinque elementi come segni visibili dell'iniziazione (panj piaras), e cioè i capelli lunghi (kesh), il pettine (kangha), la spada (kirpan), il braccialetto d'acciaio (kara) e i pantaloni corti (kachh). L'identità sociale dei sikh è visibile anche nei guru-dvara (i templi sikh), di cui uno dei più importanti è l'Hari Mandir, comunemente conosciuto come il Tempio d'Oro di Amritsar. E' lì che venne inizialmente collocato l'Adi Granth compilato dal Guru Arjan Singh.

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SIKHISMO

(sintesi)

Collegato alle tradizioni religiose Nath (in ambito Kashmiri Shaivism) e Sani (nel contesto del Movimento Bhakti) di matrice della religiosità indiana, nonché con il sufismo indigeno e popolare, il dharma sikh ha origini piuttosto recenti rispetto alle altre religioni del mondo, perché nacque nel quindicesimo secolo dopo Cristo.

Il Guru Nanak, il carismatico fondatore del dharma sikh, nato nel 1469 e morto nel 1539, pur ispirandosi ad alcune dottrine fondamentali dell'induismo, le adattò, le modificò e le trasformò, coniando una religione originale e inequivocabilmente sikh. Integrò anche positivamente l'influenza islamica nel sikhismo. Naturalmente, gli elementi induisti e islamici determinarono che il sikhismo fosse orientato al monoteismo e implicasse la devozione a un solo Dio supremo, assoluto, presente in tutte le cose, eterno e creatore, incontrastato, senza odio, immanente alla creazione e al di là di essa. Guru Nanak fece proseliti in tutte le caste e trovò seguaci anche fra i mestieri più disprezzati. Secondo lui, tutti gli uomini buoni, a prescindere dalla casta e dal credo religioso, erano degni di onore e rispetto, e potevano diventare sikh, cioè discepoli (Shishya). Attualmente i sikh sono circa undici milioni e vivono prevalentemente nella parte nordoccidentale dello stato del Punjab, in India, ma sono presenti anche in altre parti del mondo.

Dio è uno: Egli è il Creatore, l'Eterno, l'Immanente e colui che sostiene tutte le cose. È al di là della nascita e della morte. È l'Amante e il Beneamato dei suoi devoti, è il Maestro di coloro che non hanno maestro (anath Natha). Dimorando nel nome di Dio, si può vivere, ma dimenticandolo si muore. Nessuno è paragonabile a Dio, nessuno è mai stato come lui né lo sarà mai. La Sua volontà non può essere manipolata perché il procedere della volontà divina è inconoscibile. Dio non ha forma ed è trascendente (nirakar), e ogni forma di idolatria è peccato. Ogni saggezza e ogni conoscenza del mondo che non derivano da Dio sono false.

Al libro sacro del Skhismo, all'Adi Granth vengono attribuite personalità e autorità divine, ed è venerato come il Guru per eccellenza. Il Guru pertanto, incarna il concetto del perfetto messaggero di Dio. I misteri di Dio sono noti a Lui e al Guru, che è lo strumento perfetto della volontà divina. Dio si rivela al Guru perfetto che, a sua volta, trasmette la rivelazione all'umanità. Talvolta, il vero Guru e Dio vengono identificati in una sola entità.

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GIAINISMO

ORIGINE

Fondato da Vardharmana Mahavira nel sesto secolo prima di Cristo, nell'India settentrionale, il giainismo è oggi praticato da circa due milioni e mezzo di persone, la maggior parte delle quali vive in India. Jaina, o Jina, significa letteralmente "il vittorioso dello spirito", "il vivente", "l'indistruttibile", "l'eterno". I profeti di Jaina sono conosciuti come i tirthankars, cioè i costruttori del guado. Vardharmana Mahavira fu un contemporaneo di Siddharta Gautama il Buddha e visse nel Regno di Vaishali nella regione di Magadha dell'antica India. Come Buddha anche Mahavira (letteralmente, il Grande Eroe) apparteneva alla casta Kshatriya. Ancora giovane, divenne un asceta e scelse di rinunciare al mondo. I giaini lo venerano come l'ultimo maestro dell'attuale ciclo temporale, il ventiquattresimo tirthankara.

LA DOTTRINA

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I giaini non negano l'esistenza di Dio, ma non la considerano indispensabile per la salvezza. "Forse Dio esiste" (la dottrina giainista, conosciuta come sayyavadà) è il massimo principio vitale. Taluni sostengono che il giainismo potrebbe essere classificato come una tradizione religiosa "transteistica". Gli dèi (concepiti soprattutto in base al pantheon induista) sono immaginati come nobili esempi che hanno raggiunto la condizione di Jaina, cioè la condizione spirituale più elevata.

Il giainismo dà grande importanza al fatto che i suoi seguaci devono far conto su se stessi; in altre parole, l'uomo è padrone di se stesso e non esistono esseri superiori, neppure gli dèi o il destino (niyati), che possano aiutarlo a raggiungere la sua "vittoria spirituale". I Tirthankars, inoltre, sono solo modelli e, pertanto, non possono aiutare nessuno a raggiungere la propria liberazione.

Secondo il giainismo, l'anima, che originariamente è pura, si contamina attraverso il coinvolgimento con la materia e diventa impura. Per raggiungere la purifìcazione totale dell'anima, questa religione insegna un metodo concreto che tutti possono seguire. Il Karma, l'azione vincolante che causa il ciclo infinito delle nascite, delle morti e delle rinascite (sansara), è associato con la materia. Ogni anima è per suo diritto suprema. In essenza, essa è pura consapevolezza; è capace di conoscenza concettuale e di percezione. In condizioni perfette (quando non è contaminata dal corpo materiale), ogni anima è "conoscenza pura". Quando viene contaminata dal corpo materiale, diviene imperfetta; in altre parole, diventa preda delle passioni.

La creazione non è il risultato di un atto del Divino Creatore, ma è un luogo colmo di esseri e di categorie, innumerevoli e indipendenti, le jiva (le anime) e gli ajiva (gli esseri inanimati). Queste categorie indipendenti sono regolate da una legge universale.

PRATICA

II fine ultimo delle vita, per i giaini, consiste nella ricerca della liberazione o della vittoria (moksha), vale a dire la purificazione dell'anima dagli elementi del karma. Solo chi pratica l'ascetismo più rigido, pertanto, può raggiungere lo stato di purificazione totale mediante la pratica rigorosa della non-violenza (ahimsa) verso tutti gli esseri (dieta strettamente vegetariana), sottomettendosi volontariamente al potere della morte. Queste anime, dopo aver raggiunto la purificazione totale da ogni contaminazione materiale, alla fine si eleveranno fino alle vette più alte per restarvi in eterno in uno stato di beatitudine passiva (nirvana).

Il metodo per raggiungere il nirvana consiste nel manogupti (l'autocontrollo mediante la giusta fede), vacagupti (la giusta conoscenza) e kayagupti (la giusta condotta). I mezzi per raggiungere questi tre scopi sono "l'austerità, la mortificazione e l'ascetismo". La mortificazione, per esempio, può essere praticata attraverso il perdono, l'umiltà o soppressione dell'arroganza, la semplicità o trasparenza, l'assenza di cupidigia, il digiuno, il controllo della mente, del corpo e delle parole, l'onestà, la purezza e la pulizia esteriori e interiori, il distacco assoluto dai parenti, dagli amici e da ciò che si possiede, la castità.

Sia i monaci che i laici sono tenuti a osservare la ahimsa (la pratica della non-violenza verso tutti gli esseri), la satya (la sincerità), l'asteya (l'assenza di cupidigia), la brahmacharya (l'astinenza sessuale per i monaci e l'astinenza dall'adulterio per i laici) e l’aparigraha (il distacco assoluto dal mondo per i monaci e dalle cose che non siano strettamente necessarie per i laici).

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COMUNITA GIAINA

La comunità giaina è composta di munì (monaci), sadvi (monache), sravaka (laici) e sravika (laiche). I monaci di sesso maschile o femminile fanno i voti maggiori (mahavratas), mentre i laici sono vincolati dai voti minori (anuvratas). Tuttavia, l'ascetismo non svolge un ruolo centrale solo per i sacerdoti di Jaina, ma si potrebbe dire senza esagerare che perfino il giaina laico è un osservante molto più rigido rispetto ai laici delle altre comunità religiose. Sin dal quinto secolo dell'era cristiana, tuttavia, esistono due tradizioni monastiche distinte e praticamente inconciliabili. Esse sono note come digambar (i monaci vestiti di cielo) e svetambar (i monaci vestiti di bianco). I motivi della divergenza sono palesemente tre:

1. La natura dell'anima liberata. Secondo la tradizione digambar, l'anima che abbia raggiunto la liberazione non deve più impegnarsi nelle attività umane, né espletare alcuna funzione corporale, come, per esempio, mangiare. Secondo la tradizione svetambar, invece, l'anima liberata continua a svolgere le sue funzioni fìsiche finché non abbandona questo mondo per sempre.

2. Il ruolo della nudità nella vita religiosa: i digambar praticano la nudità completa come requisito indispensabile del percorso ascetico (essa è considerata un simbolo di libertà dalla vergogna e dalla sessualità). Gli svetambar, al contrario, non praticano la nudità.

3. La condizione femminile: i digambar credono che la donna manchi della purezza fìsica necessaria a raggiungere la liberazione ed è per questo che insistono sul fatto che la donna deve rinascere come uomo prima di poter raggiungere la liberazione. Al contrario, gli svetambar rifiutano questa concezione e sostengono che la donna può raggiungere gli stessi traguardi spirituali dell'uomo. Tuttavia, in nessuna delle due tradizioni è concesso alle donne di vestirsi di azzurro; esse vestono sempre di bianco.

I monaci e le monache sono sempre in pellegrinaggio itinerante e non hanno fissa dimora. Si fermano solo durante i quattro mesi della stagione delle piogge, che trascorrono appartati affinché non venga arrecato danno a nessun insetto e a nessuna pianta, né volontariamente né involontariamente. Questi quattro mesi costituiscono un periodo di ritiro, di studio e di preghiera.

GIAINISMO

(sintesi)

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Fondato nel sesto secolo prima di Cristo da Vardharmana Mahavira un contemporaneo di Siddharta Gautama il Buddha e visse nel Regno di Vaishali nella regione di Magadha dell'antica India.

I giaini non negano l'esistenza di Dio, ma non la considerano indispensabile per la salvezza. "Forse Dio esiste" (la dottrina giainista, conosciuta come sayyavadà) è il massimo principio vitale. La creazione non è il risultato di un atto del Divino Creatore, ma è un luogo colmo di esseri e di categorie, innumerevoli e indipendenti, le jiva (le anime) e gli ajiva (gli esseri inanimati). Queste categorie indipendenti sono regolate da una legge universale.

Il giainismo dà grande importanza al fatto che i suoi seguaci devono far conto su se stessi; in altre parole, l'uomo è padrone di se stesso e non esistono esseri superiori, neppure gli dèi o il destino (niyati), che possano aiutarlo a raggiungere la sua "vittoria spirituale".

Secondo il giainismo, l'anima, che originariamente è pura, si contamina attraverso il coinvolgimento con la materia e diventa impura. Per raggiungere la purifìcazione totale dell'anima, questa religione insegna un metodo concreto che tutti possono seguire. Il Karma, l'azione vincolante che causa il ciclo infinito delle nascite, delle morti e delle rinascite (sansara), è associato con la materia.

II fine ultimo delle vita, per i giaini, consiste nella ricerca della liberazione o della vittoria (moksha), vale a dire la purificazione dell'anima dagli elementi del karma. Solo chi pratica l'ascetismo più rigido, pertanto, può raggiungere lo stato di purificazione totale mediante la pratica rigorosa della non-violenza (ahimsa) verso tutti gli esseri (dieta strettamente vegetariana), sottomettendosi volontariamente al potere della morte. Queste anime, dopo aver raggiunto la purificazione totale da ogni contaminazione materiale, alla fine si eleveranno fino alle vette più alte per restarvi in eterno in uno stato di beatitudine passiva (nirvana).

Il metodo per raggiungere il nirvana consiste nel manogupti (l'autocontrollo mediante la giusta fede), vacagupti (la giusta conoscenza) e kayagupti (la giusta condotta). I mezzi per raggiungere questi tre scopi sono "l'austerità, la mortificazione e l'ascetismo". La mortificazione, per esempio, può essere praticata attraverso il perdono, l'umiltà o soppressione dell'arroganza, la semplicità o trasparenza, l'assenza di cupidigia, il digiuno, il controllo della mente, del corpo e delle parole, l'onestà, la purezza e la pulizia esteriori e interiori, il distacco assoluto dai parenti, dagli amici e da ciò che si possiede, la castità. Sia i monaci che i laici sono tenuti a osservare la ahimsa (la pratica della non-violenza verso tutti gli esseri), la satya (la sincerità), l'asteya (l'assenza di cupidigia), la brahmacharya (l'astinenza sessuale per i monaci e l'astinenza dall'adulterio per i laici) e l’aparigraha (il distacco assoluto dal mondo per i monaci e dalle cose che non siano strettamente necessarie per i laici).

Bibliografia Il Cristianesimo e le religioni

P Comm.Teologica Intern. L.E.Vaticana 1997 Camminare insieme P.

C. Dialogo interreligioso. L.E. V. 1999 I Cristiani e le grandi religioni

J. Joncheray- D. Gira Elledici 200 Le grandi religioni

J. Joncheray- D. Gira Rizzoli 2004 Guida alle religioni

a cura di F. Pierini Ed. Paoline 1983 Le grandi religioni del mondo

M. Borrmans.....D. Spada Ed. Paoline 1980