75. Jean-Baptiste Frédéric Desmarais tecnica/materiali ... · che invece sono rimasti ignoti nel...

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75. Scheda storico-artistica Il Ritratto di famiglia di Jean-Bap- tiste Frédéric Desmarais, datato 1790 circa, fu acquistato da Mario Praz a un’asta fiorentina nel 1930. Dapprima collocato nel gran- de studio di palazzo Ricci, in via Giulia a Roma, dove Mario Praz risiedette fino al 1969, fu successi- vamente trasferito nel più piccolo studio dell’appartamento di palaz- zo Primoli, in via Zanardelli, attua- le sede del museo. Nella nuova abitazione Mario Praz ricollocò tutti i pezzi della pro- pria collezione, incredibilmente cresciuta, costituita oggi da circa 1500 fra sculture, dipinti, stampe e oggetti. Mario Praz aveva precisa- mente indicato la posizione di ogni singolo pezzo nel suo saggio La ca- sa della vita (1958), sorta di guida colta e raffinata in cui l’autore ri- percorre la creazione della propria collezione mettendone in evidenza il gusto e i motivi ispiratori. Il dipinto di Jean-Baptiste Desma- rais, posto nella parte superiore del- la parete sopra il gruppo di piccole cere, testimonia l’interesse di Praz per la ritrattistica e per l’interieur. Il soggetto del dipinto, un gruppo di famiglia in un interno, rientra in un filone particolarmente ama- to dall’anglista che all’argomento dedicò un saggio intitolato Scene di conversazione pubblicato nel 1970. La tela di Desmarais fu sistemata non a caso vicino a un dipinto – ap- punto dello stesso soggetto – datato 1825-1830 che rappresenta la fa- miglia di un ecclesiastico e all’olio su tela di Raffaele Mattioli, Ritratto di famiglia napoletana del 1818. Il quadro di medio formato fu esegui- to intorno al 1790 quando il pittore risiedeva a Roma, in palazzo Man- cini, dove si era stabilito dal 1776 dopo aver vinto il concorso indetto dall’Académie Royale con il dipinto Orazio che uccide la sorella Camil- la, conservato all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi. L’attribuzione del quadro a De- smarais è confermata dalle affinità con un altro dipinto, eseguito pro- babilmente fra il 1793 e il 1797, Il ritratto della famiglia Roncioni (tut- tora presso la loro villa di Pugna- no, Molino di Quosa), incentrato anch’esso sul tema del gruppo fa- miliare: un conversation piece di cui si conosce l’identità dei personaggi che invece sono rimasti ignoti nel caso del dipinto del Museo Praz. In un angolo del salotto, davanti a co- lonne in stile neoclassico, otto per- sonaggi, di cui due bambini, riuniti in semicerchio, alcuni seduti e altri in piedi, sobriamente ed elegan- temente abbigliati stanno trascor- Jean-Baptiste Frédéric Desmarais (Parigi, 1756 ca - Carrara, 1813) Ritratto di famiglia 1790 ca tecnica/materiali olio su tela dimensioni 76 × 98,2 cm (senza cornice); 97 × 114 × 8 cm (con cornice) provenienza asta, Firenze 1930 collocazione Roma, Museo Mario Praz scheda storico-artistica Maria Giuseppina Di Monte relazione di restauro Tiziana Sòrgoni restauro Tiziana Sòrgoni, con la collaborazione di Emanuele Marconi con la direzione di Maria Giuseppina Di Monte (direttore Museo Mario Praz) indagini Domenico Poggi, Andrea Lombardi (Artelab s.r.l.) Prima del restauro, a luce diffusa Prima del restauro, a luce radente, dove si osservano le deformazioni del supporto

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75.

Scheda storico-artistica

Il Ritratto di famiglia di Jean-Bap-tiste Frédéric Desmarais, datato 1790 circa, fu acquistato da Mario Praz a un’asta fiorentina nel 1930. Dapprima collocato nel gran-de studio di palazzo Ricci, in via Giulia a Roma, dove Mario Praz risiedette fino al 1969, fu successi-vamente trasferito nel più piccolo studio dell’appartamento di palaz-zo Primoli, in via Zanardelli, attua-le sede del museo.Nella nuova abitazione Mario Praz ricollocò tutti i pezzi della pro-pria collezione, incredibilmente cresciuta, costituita oggi da circa

1500 fra sculture, dipinti, stampe e oggetti. Mario Praz aveva precisa-mente indicato la posizione di ogni singolo pezzo nel suo saggio La ca-sa della vita (1958), sorta di guida colta e raffinata in cui l’autore ri-percorre la creazione della propria collezione mettendone in evidenza il gusto e i motivi ispiratori.Il dipinto di Jean-Baptiste Desma-rais, posto nella parte superiore del-la parete sopra il gruppo di piccole cere, testimonia l’interesse di Praz per la ritrattistica e per l’interieur. Il soggetto del dipinto, un gruppo di famiglia in un interno, rientra in un filone particolarmente ama-to dall’anglista che all’argomento

dedicò un saggio intitolato Scene di conversazione pubblicato nel 1970. La tela di Desmarais fu sistemata non a caso vicino a un dipinto – ap-punto dello stesso soggetto – datato 1825-1830 che rappresenta la fa-miglia di un ecclesiastico e all’olio su tela di Raffaele Mattioli, Ritratto di famiglia napoletana del 1818. Il quadro di medio formato fu esegui-to intorno al 1790 quando il pittore risiedeva a Roma, in palazzo Man-cini, dove si era stabilito dal 1776 dopo aver vinto il concorso indetto dall’Académie Royale con il dipinto Orazio che uccide la sorella Camil-la, conservato all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi.

L’attribuzione del quadro a De-smarais è confermata dalle affinità con un altro dipinto, eseguito pro-babilmente fra il 1793 e il 1797, Il ritratto della famiglia Roncioni (tut-tora presso la loro villa di Pugna-no, Molino di Quosa), incentrato anch’esso sul tema del gruppo fa-miliare: un conversation piece di cui si conosce l’identità dei personaggi che invece sono rimasti ignoti nel caso del dipinto del Museo Praz. In un angolo del salotto, davanti a co-lonne in stile neoclassico, otto per-sonaggi, di cui due bambini, riuniti in semicerchio, alcuni seduti e altri in piedi, sobriamente ed elegan-temente abbigliati stanno trascor-

Jean-Baptiste Frédéric Desmarais(Parigi, 1756 ca - Carrara, 1813)Ritratto di famiglia 1790 ca

tecnica/materiali olio su tela

dimensioni 76 × 98,2 cm (senza cornice); 97 × 114 × 8 cm (con cornice)

provenienza asta, Firenze 1930

collocazione Roma, Museo Mario Praz

scheda storico-artistica Maria Giuseppina Di Monte

relazione di restauro Tiziana Sòrgoni

restauro Tiziana Sòrgoni, con la collaborazione di Emanuele Marconi

con la direzione di Maria Giuseppina Di Monte (direttore Museo Mario Praz)

indagini Domenico Poggi, Andrea Lombardi (Artelab s.r.l.)

Prima del restauro, a luce diffusa Prima del restauro, a luce radente, dove si osservano le deformazioni del supporto

Dopo il restauro

rendo un momento di tranquilla vita familiare come si evince dai loro volti sereni e distesi. Al centro della scena uno dei due bambini si esibisce in una danza improvvisata, mentre la più anziana delle signo-re è attenta che non cada. L’altro bambino è affettuosamente accolto fra le gambe di un signore in abito scuro, il cui sguardo è proiettato in avanti, forse verso un panorama o una scena esterna. Alle loro spalle due coppie più giovanni, forse le madri e i padri dei bambini in vi-sita ai nonni: il tutto all’interno di una cornice di decoro borghese e di pacati affetti familiari.Rispetto al Ritratto della famiglia

Roncioni, la cui data e luogo di ese-cuzione non sono certi, il dipinto del museo è connotato da tonalità più cupe, specialmente prima del restauro – realizzato nell’ambito di Restituzioni – e dal contrasto fra gli abiti scuri e i merletti bianchi delle camicie, evidenziati ancor meglio a seguito dell’intervento conserva-tivo. Il risultato è ottimale poiché l’artista è riuscito nell’intento di celebrare un momento di vita quo-tidiana mettendo in luce l’impor-tanza degli affetti, la serenità do-mestica e l’unione familiare, rimar-cata anche dalla circolarità degli sguardi. Il confronto con il Ritratto Roncioni supporta la tesi dell’at-

Prima del restauro, particolare con la coppia a destra, l’anziano e il bambino (con il cretto profondo in evidenza)

Dopo il restauro, particolare con la coppia a destra e l’anziano (con il cretto consolidato)

Dopo il restauro, particolare con la coppia a sinistra e il bambino

tribuzione del quadro del Museo Praz a Desmarais e ne conferma l’impianto innovativo sottolinean-do l’importanza dei sentimenti, il valore della cultura e il ruolo sociale della famiglia. Nel Ritratto della famiglia Roncioni al centro sono rappresentati Angio-lo e Dorotea e davanti a loro, in pri-mo piano, i figli: a sinistra Isabella che gioca con il cane, a destra Fran-cesco e Teresa che, come il bambino del dipinto del Museo Praz, sono impegnati nell’esecuzione di alcuni passi di danza al ritmo della musica del fortepiano suonato da Madda-lena. Girolamo, fratello di Angiolo, colto in un’espressione più riflessi-va, volta le pagine dello spartito.Entrambi i dipinti furono realizzati in un periodo di intensa attività ar-tistica come testimoniano le nume-

rose notizie reperibili nei rapporti ufficiali oltre che nel «Giornale di belle arti» che riporta le esposizio-ni annuali dei pensionnaires di Vil-la Medici. In particolare Pindaro morente nelle braccia di Teossena fu apprezzato anche da Goethe, che lo cita con ammirazione, durante il suo viaggio in Italia. Desmarais lavorò molto in Ita-lia, pur continuando a mantenere rapporti con la Francia e in Italia, specialmente durante il soggiorno a Roma, realizzò molti dipinti, pre-valentemente di soggetto mitologi-co e religioso, talora ispirati a tele di grandi maestri.Il dipinto in questione è stato sot-toposto a un accurato restauro che ha permesso di individuare alcune caratteristiche dell’opera legate alla tecnica esecutiva e al modus operan-

di dell’artista, ma soprattutto ha consentito di recuperare l’aspetto originario dell’opera. Il restauro ha rivestito una funzione conservati-va fondamentale, data la tipologia di degrado che interessava questo manufatto, destinato a deteriorarsi progressivamente. L’intervento ha

avuto la duplice finalità di consoli-dare l’opera per garantirne la con-servazione nel tempo e di miglio-rarne la fruizione attraverso l’elimi-nazione delle sostanze sovrapposte che ne impedivano la lettura. La foderatura ha svolto un ruolo pre-minente sostituendo la precedente,

Dopo il restauro, particolare con l’anziana

Dopo il restauro, particolare con la giovane donna a sinistra

non più idonea, con l’intento di riportare il dipinto a una corretta planarità attraverso un adeguato intervento conservativo: le ‘cretta-ture’ profonde e leggermente aper-te visibili prima del restauro, che danneggiavano il dipinto anche dal punto di vista estetico, erano la conseguenza di un serio problema conservativo ovvero il distacco tra gli strati preparatori che preludo-no alla caduta e alla perdita della pellicola pittorica. Un risultato de-terminante è stato raggiunto con la pulitura della superficie dipinta, che ha permesso di rimuovere lo spesso strato di vernice alterata che impediva una corretta lettura.Prima di procedere all’intervento conservativo vero e proprio sono state svolte indagini scientifiche destinate a individuare le moda-lità di esecuzione, la composi-zione dei pigmenti e le eventuali sostanze sovrapposte. Sono state eseguite indagini non invasive di

tipo fotografico, che hanno fornito informazioni qualitative senza pro-vocare alterazioni chimico-fisiche sull’opera e garantendo risultati ottimali se comparate tra loro. In particolare sono state condotte in-dagini riflettografiche (infrarosso monocromatico) che forniscono indicazioni sul disegno preparato-rio e sulla tecnica esecutiva; riprese fotografiche in infrarosso falso co-lore, utili sia per l’individuazione di ridipinture e ritocchi sia per formulare ipotesi sulla natura di alcuni dei pigmenti utilizzati nelle campiture di colore. Questi esami sono stati propedeutici alle analisi di approfondimento, effettuate in laboratorio su microprelievi (due sezioni microstratigrafiche lucide al microscopio ottico in luce rifles-sa) e su un estratto a tampone (esa-me chimico mediante FT-IR). Le indagini preliminari hanno fornito informazioni sui materiali pitto-rici, compresi la preparazione e il

supporto, la tecnica esecutiva e gli strati sovrapposti, offrendo spunti utili anche per l’attribuzione del dipinto a Jean-Baptiste Frédéric Desmarais.

BibliografiaFiorillo 1805, p. 427; Trenta 1822, p. 192; Nagler, Künstlerlexikon, III, 1836, p. 506; Missirini 1847, p. 81; Raggi 1869, pp. 15, 19; Dussieux 1876, pp. 425, 458; Bongi 1880, p. 267; Lazzoni 1880, p. 147; Mar-mottan 1901, passim; Bryan 1903, II, p. 62; Lapauze 1903, p. 201; Cor-respondance 1906, pp. 77-78; Thieme, Becker, Künstlerlexikon 1907-1950, IX, p. 137; Lapauze 1924, ad indicem; Joubin 1926, nn. 473-476, 713; Los-sky 1938; Fiumi 1942; Praz 1958; Corsi 1962, ad indicem; Hubert

1964, ad indicem; Praz 1971, pp. 237, 240; Marandel 1980-1981; Pelli-cer 1981-1982; Garms 1984, p. 437; Il principato napoleonico 1984, cat. 992; Cozzi 1986, pp. 33, 52; Recensir col tatto 1989, p. 79; I ritratti Roncioni 2010; Meloni 2014, p. 120.

Dopo il restauro, particolare con la giovane donna a destra

Dopo il restauro, particolare con il bambino

Relazione di restauro

Tecnica di esecuzioneIl dipinto è realizzato a olio su una tela di canapa a trama fitta e di me-dio spessore, con filato ortogonale e battute trama-ordito 9×7.Grazie alle indagini preliminari svolte in occasione del progetto Re-stituzioni e dettagliatamente discus-se nell’intervento di restauro è stato possibile riconoscere e identificare i materiali costitutivi dell’opera e definire il modus operandi dell’ar-tista. La preparazione, abbastanza corposa e di colore chiaro, è stesa in doppio strato, costituita principal-

mente da una miscela a base di biac-ca e olio siccativo più altre sostanze. Sulla preparazione liscia la pittura è realizzata per velature sovrapposte ma coprenti, con pigmenti come blu di Prussia, lacca rossa mista a blu per la veste di tonalità violacea, nero carbone, terra verde e ocra gialla, rosso vermiglione. In alcuni casi è stato possibile osservare tracce del disegno preparatorio effettuato a pennello, in corrispondenza della figura maschile stante al centro del-la composizione, sulla narice e sulla chioma della figura femminile a si-nistra. La tecnica esecutiva, il tipo di preparazione e i pigmenti utilizzati,

insieme alla tipologia di tela impie-gata, sono in perfetta linea con i tempi. Anche il ripensamento della composizione è una modalità che si riscontra frequentemente nel modo di dipingere di molti pittori, poiché consentiva di modificare il disegno in corso d’opera. La tela è tensionata su un telaio in abete estensibile ma privo di crocie-ra centrale. La cornice è in abete, costituita da più parti assemblate tra loro. Sul recto le superfici sono concave e sono arricchite da una de-corazione a elementi lignei intaglia-ti e applicati con chiodini a sezione cilindrica. La doratura è eseguita a

bolo, ovvero mediante applicazione di una terra rossa o bolo d’Armenia, su cui successivamente è stata appli-cata la foglia d’oro, di cui si osserva-no le sovrapposizioni. Lo spessore perimetrale della cornice è dipinto a bolo giallo.

Stato di conservazioneIl dipinto si presentava in notevole stato di degrado, dovuto essenzial-mente a due problematiche: era illeggibile a causa della forte lu-centezza della vernice superficiale, che rendeva la pellicola pittorica particolarmente brillante e riflet-tente come uno specchio, e di una

1. Durante il restauro, test di pulitura per la rimozione della vernice di restauro

craquelure molto pronunciata, con vistose fratture ad andamento verti-cale, aperta e sollevata in più punti (fig. 1). Secondariamente, la tela di supporto si presentava allenta-ta e con evidenti deformazioni, a indicare che il telaio non svolgeva più correttamente la sua funzione, contribuendo ad accelerare processi di degrado come ondulazioni e di-storsioni, che nel tempo avevano generato tensioni e contrazioni del supporto e del pigmento, anticipa-zione di progressivi distacchi tra gli strati preparatori. Gli angoli esterni del telaio erano deteriorati a causa della pregressa presenza di insetti xilofagi (fig. 2).

La cornice era in discreto stato di conservazione. La decorazione ap-plicata sul recto risultava distaccata in più punti e frammentaria, anche a causa della perdita di numerosi chiodini, e gli angoli erano aperti in conseguenza del dissesto strutturale del legno. Sulla doratura si notava-no abrasioni e lacune che lasciava-no trasparire il bolo sottostante e la preparazione. La superficie appariva scurita e ingiallita per la presenza di depositi incoerenti e per l’alterazione della patina. Si osservavano inoltre piccole ridipinture localizzate, anne-rite e alterate, per l’invecchiamento di sostanze di restauro sovrammesse, come la porporina (fig. 3).

Interventi precedentiLa cornice dorata era stata modi-ficata sulla battuta per inserire il dipinto mediante l’apposizione di due listelli lignei dello spessore di 0,5 cm sui lati lunghi: quindi, vero-similmente, si tratta di una cornice riadattata. Il dipinto, datato 1790 circa, si pre-sentava già foderato e tensionato su un telaio in abete: gli angoli appari-vano piuttosto aperti per la pressione delle biette angolari, spinte al massi-mo verso l’interno con l’intento di aumentare la dimensione del telaio e migliorare il tensionamento della tela. Il telaio era infatti di dimensio-ni inferiori rispetto a quelle della tela

dipinta, ripiegata lungo i bordi sacri-ficando il colore. Si tratta di un telaio non originale, presumibilmente di fine Ottocento, riutilizzato, come si deduce dai bordi perimetrali esterni: su questi si potevano notare, oltre ai chiodi impiegati per la foderatura, quelli in ferro dolce a sezione qua-drangolare con la testa larga, realizza-ti artigianalmente, ancora inseriti nel telaio e forse appartenenti a una pre-cedente foderatura. Insieme a questa chiodatura più antica, si notava una serie di fori di piccole dimensioni, sede di un precedente utilizzo. La tela di foderatura era di canapa, a trama ortogonale, con battute tra-ma-ordito 9×7, 8×7 (misurata su

2. Prima del restauro, verso con il vecchio telaio e tracce della colla da rifodero penetrata attraverso la craquelure

3. Prima del restauro, particolare della foglia d’oro e dello stato conservativo della cornice

4. Durante il restauro, particolare del vecchio intervento di foderatura e dell’incollaggio della tela originale senza la chiodatura

5. Durante il restauro, particolare della stesura della vernice di restauro

tre punti), con il filato molto simile a quella originale ma più sottile; la tela da rifodero era stata tensionata direttamente sul telaio di abete con chiodi di ferro senza testa, a sezio-ne cilindrica, con la metà superiore ribattuta per fissare la tela al telaio.Il dipinto quindi era stato foderato senza utilizzare il telaio interinale, posando il verso dell’opera sulla tela da rifodero, a sua volta già tensiona-ta sul telaio; la colla era stata stesa sul verso del dipinto originale e le due tele erano state fatte aderire con un po’ di pressione, mentre i bordi era-no stati incollati e ripiegati in un se-condo tempo. Sul telaio era stata in-chiodata solo la tela da rifodero (fig. 4). Questa tipologia di foderatura, di carattere prettamente artigianale, in quanto risultava molto economi-ca e facile da realizzare per chiun-que, era tradizionalmente utilizzata, più o meno, fino alla metà del No-vecento; dagli anni Settanta in poi si è cercato di usare metodi più sofi-sticati e meno approssimativi come l’impiego del telaio interinale che permette di tensionare la tela da ri-fodero in modo uniforme, più con-trollato e omogeneo, garantendo al dipinto una maggiore stabilità. Si può ipotizzare che il dipinto abbia subito più interventi in periodi di-versi ma non esiste documentazio-ne sui restauri precedenti, quindi è difficile datarli e stabilire una cro-nologia esatta. Tuttavia è possibile

distinguere due interventi. Uno più antico, collocabile verosimilmente tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, che ha previsto la foderatura con l’intento di risolvere la problematica legata al supporto; è probabile che contestualmente sia stata eseguita un’operazione di pulitura, fatta in maniera piuttosto incauta, rendendo successivamente necessario un intervento esteso e diffuso di reintegrazione pittorica. In tempi più recenti, il dipinto è sta-to oggetto di un ulteriore restauro che ha riguardato essenzialmente la parte estetica, conferendo all’opera l’aspetto con il quale ci è giunta: so-no state reintegrate pittoricamente le fessurazioni della craquelure, il fondo, le colonne, gli abiti nero e violaceo in particolare, tutte le to-nalità dei bruni, utilizzando colori a vernice; tale intervento è stato eseguito in modo estremamente accurato e puntuale e ha previsto la verniciatura della superficie con un prodotto a base acrilica, presu-mibilmente della stessa natura del medium impiegato per i pigmenti da ritocco (fig. 5).Le osservazioni effettuate nel corso del restauro sono state poi avvalora-te dalle analisi di laboratorio, con-dotte su una delle profonde fratture verticali, che hanno evidenziato la presenza di localizzati ritocchi, rea-liz zati stemperando fine ematite, un moderno bianco di sintesi e ne-

ro carbone in un medium di natura acrilica, forse della medesima tipo-logia della vernice protettiva quali-ficata mediante FT-IR. Le indagini microscopiche hanno anche indicato che la tela di rifode-ro è stata applicata con un legante proteico riferibile alla colla animale che, penetrando nelle fratture della preparazione, ha talvolta raggiunto la superficie del dipinto. Precedenti interventi di restauro erano osser-vabili sulla cornice, in particolare lungo la zona perimetrale, sugli an-goli e sugli elementi decorativi ap-plicati, dove l’oro era stato ritoccato a porporina, poi scurita e alterata. Un elemento della decorazione era stato ricostruito con una tecnica di-versa dall’originale.

Intervento di restauroL’intervento di restauro ha rivestito una funzione conservativa sostan-ziale, data la tipologia di degrado che interessava questo manufatto, destinato a deteriorarsi progressi-vamente. L’opera presentava, come detto sopra, una duplice problema-tica: una craquelure profonda ad andamento verticale visibile sulla superficie e una vernice di restauro lucidissima che impediva la lettura dell’opera. Entrambi questi aspetti, che ne pregiudicavano la stabilità,

erano riconducibili a vecchi restauri eseguiti in modo artigianale e non più corretto.Il presente restauro ha avuto la du-plice finalità di consolidare l’opera per garantirne la conservazione nel tempo e di migliorarne la fruizione attraverso l’eliminazione delle so-stanze sovrammesse che ne impedi-vano la lettura. Prima di procedere all’intervento conservativo vero e proprio, in cui le operazioni di fo-deratura e di pulitura hanno rivesti-to un ruolo preminente, sono state svolte alcune indagini scientifiche per individuare la tecnica esecutiva, la composizione dei pigmenti e le eventuali sostanze sovrammesse. Sono state condotte indagini non invasive di tipo fotografico: osserva-zioni con luce UV (lampada di Wo-od), ripresa di immagini nell’infra-rosso (riflettografia), elaborazione in falso colore delle riprese acquisite sia nel visibile che nell’infrarosso. Le osservazioni con lampada di Wood non hanno fornito informazioni aggiuntive rispetto a quelle autopti-che riguardo la presenza di ritocchi, rifacimenti con pigmenti moderni o altro. I riflettogrammi ottenuti dalle riprese in luce infrarossa han-no evidenziato la sostanziale omo-geneità delle diverse campiture del dipinto. Come già accennato, solo

6. Prima del restauro, tracce del disegno preparatorio, riflettogramma 7. Prima del restauro, particolare della sezione stratigrafica lucida che evidenzia la porzione superiore della preparazione grigio chiara, la pellicola pittorica originale a base di vermiglione e i ritocchi a base di ossidi e nero carbone in medium di natura acrilica della medesima tipologia della vernice protettiva

in pochi casi si è rilevata la presenza di un disegno preparatorio, steso probabilmente a pennello e visibile sulla spalla destra della figura ma-schile in piedi al centro, sulla narice e ai margini della chioma della don-na sulla sinistra (fig. 6).L’elaborazione di sei coppie di im-magini, acquisite in luce visibile e in IR, ha prodotto altrettante immagi-ni in falso colore, le quali, grazie al confronto con le fotografie in luce visibile e alla consultazione delle banche dati di riferimento, hanno permesso di avanzare ipotesi riguar-do la natura dei principali impasti e pigmenti utilizzati nelle varie cam-piture del dipinto. Gran parte delle stesure pittoriche di tonalità blu, nero, viola scuro e azzurro è stata realizzata con un pigmento scarsa-mente riflettente a luce infrarossa, come il blu di Prussia, opportuna-mente miscelato con neri e bianchi. Alcune campiture di tonalità viola-cea (veste della figura femminile di sinistra) mostrano una risposta in falso colore compatibile con la pre-senza di un impasto di lacca rossa e blu di Prussia. Per le campiture verdi potrebbero essere stati utiliz-zati verderame e/o terra verde, per i gialli è possibile ipotizzare l’impiego di ocra gialla. Probabile l’utilizzo di terre nei marroni. Poco significative le risposte del falso colore sia sulle campiture rosse che negli incarnati, in quanto condivi-se da un gran numero di pigmen-ti rossi e bianchi. Tuttavia l’analisi

micro-stratigrafica al microscopio ottico di un micro-prelievo aspor-tato dal colletto rosso della figura maschile al centro della composi-zione ha permesso di identificare nel vermiglione (HgS), il pigmen-to responsabile della tonalità della campitura. Il vermiglione, prodotto con procedimento a umido, è stato miscelato con poca lacca rossa e raro nero di carbone (fig. 7).Lo studio micro-stratigrafico dei due prelievi ha permesso di acquisi-re informazioni sul modus operandi dell’autore. Sulla tela, preventiva-mente apprettata, è stata stesa una corposa preparazione grigio chiara (spessore intorno ai 0,2-0,3 mm), applicata con due stesure di una miscela di olio, biacca, calcite, poco nero carbone e silicati, tra cui quar-zo, mica chiara. La stesura più interna si caratterizza per la maggiore concentrazione del medium oleoso. Sulla preparazione, liscia e riflettente, la pittura è stata stesa con pennellate sottili ma co-prenti, a cui si sovrappongono le ‘luci’ e le ‘ombre’ ottenute con esili velature. Nel complesso la tecnica è molto simile a quella di altri pittori coevi a Desmarais.La prima operazione svolta, do-po aver effettuato una serie di test preliminari, è stata la pulitura per rimuovere la vernice di restauro os-sidata, le vecchie ridipinture e i de-positi incoerenti: è stata utilizzata una miscela solvente di alcool etili-co e diacetonalcool (in proporzione

4:1) disciolta in un gel di agar (Ne-vek), applicata sulla superficie per pochi minuti e rimossa con White Spirit (fig. 8). L’utilizzo di un gel supportante ha permesso di svol-gere questa operazione rispettando i requisiti di selettività, progressi-vità e controllabilità, fondamentali nell’operazione di pulitura, che si è rivelata piuttosto delicata dati lo spessore e la consistenza della verni-ce sovrammessa e l’esiguità, invece, della pellicola pittorica, sottile e re-alizzata per velature sovrapposte. Al termine della pulitura si è osservato che in molte zone la pittura origi-nale era impoverita, forse a causa di precedenti restauri poco cauti, ed era stata estesamente ritoccata, an-che se in modo leggero e puntuale: risultavano reintegrate a velatura e in modo mimetico le fessurazioni della craquelure, il fondo, le colon-ne, gli abiti nero, violaceo e le tona-lità dei bruni (figg. 9-10). Al termi-ne della pulitura il dipinto è stato verniciato a pennello con vernice Retoucher Surfin per proteggere il dipinto durante le operazioni di consolidamento del supporto. Si è stabilito di eseguire un nuovo intervento di foderatura a colla di pasta, dato che il precedente inter-vento, realizzato in modo piuttosto grezzo e approssimativo con un ade-sivo a base di colla animale e farina, non assicurava più l’adesione tra gli strati preparatori, come evidenziava la craquelure pronunciata e aperta,

indice di sollevamenti in prepara-zione. La scelta dei materiali è funziona-le alla tipologia di intervento che si vuole effettuare: questo dipinto aveva già subito una foderatura, an-che se si è trattato più di un rinforzo del supporto, che non aveva risolto la problematica di quest’opera. Si è deciso pertanto di intervenire utiliz-zando la colla di pasta per consoli-dare il cretto in profondità, poiché l’umidità contenuta nella pasta da rifodero avrebbe consentito un ot-timale recupero della planarità del dipinto, che non si sarebbe potuta raggiungere, in questo caso speci-fico, con l’impiego di una resina termoplastica. La sola colla di pa-sta, tuttavia, non poteva risolvere la problematica di questo dipinto, per cui è stato necessario intervenire gradualmente e ripetutamente sui cretti, in modo da ottenere un ri-sultato ottimale e durevole nel tem-po senza sollecitare eccessivamente l’opera. La superficie del dipinto è stata ‘velinata’ con colletta e carta giapponese per protezione.Il dipinto è stato smontato dal te-laio; la vecchia tela di rifodero è stata rimossa semplicemente a sec-co, con movimento parallelo alla superficie in direzione diagonale partendo dall’angolo. I residui di colla, pochissimi, sono stati elimi-nati meccanicamente a bisturi: il filato originale era in ottime con-dizioni. Il verso della tela, prece-

8. Durante il restauro, particolare, pulitura 9. Prima del restauro, particolare della craquelure profonda ad andamento verticale sotto la vernice di restauro

dentemente pulito dai depositi, è stato consolidato con resina acrilica termoplastica (Plexisol p550) dilui-ta in acetone e White Spirit (1:4). L’adesivo termoplastico ha avuto la funzione di consolidare le fibre della tela originale per favorire la riade-sione dei bordi del cretto tra loro e alla tela originale, che la sola colla da rifodero non avrebbe raggiunto. Inoltre l’adesivo sintetico svolge un’azione parzialmente schermante nei confronti dell’umidità contenu-ta nella colla di pasta utilizzata nella foderatura. A questo punto è stata eseguita una prima stiratura con poco calore e pressione moderata, importantis-sima per consolidare i bordi del

cretto ed eliminare le discontinuità profonde. Sul verso così consolidato è stata poi applicata una tela patti-na, precedentemente tensionata su telaio interinale, apprettata con col-la d’amido, fatta aderire al supporto originario mediante moderato calo-re e pressione. Una volta foderato, il dipinto è stato ritensionato sul nuovo telaio in abete con crociera centrale. La superficie è stata quin-di ‘svelinata’, eliminando i residui della colletta, ed è stata ultimata la pulitura, intervenendo su tutte quelle parti che erano state estesa-mente ritoccate (fig. 11). La rein-tegrazione pittorica delle lacune e la riequilibratura delle abrasioni è stata eseguita a velatura con colori

a vernice Maimeri; la verniciatura finale è stata effettuata a nebulizza-zione con Retoucher Surfin.Come prima operazione sulla corni-ce è stata eseguita la disinfestazione con prodotto antitarlo liquido (Per-metar) applicato a pennello; l’ope-ra è stata sigillata per alcuni giorni all’interno di fogli di polietilene per rallentare i tempi di evaporazione del biocida e migliorarne l’efficacia. Sono stati effettuati consolidamen-ti degli elementi decorativi solleva-ti con resina acrilica in emulsione (Acril AC 33) per infiltrazione, a varie diluizioni, e sono stati eseguiti consolidamenti sugli angoli che ap-parivano dissestati. La pulitura della superficie è stata realizzata mediante

un’emulsione grassa a base di White Spirit e poche gocce di triammonio citrato e acqua, per operare in sicu-rezza su superfici sensibili all’acqua, come la doratura a bolo, rimuoven-do le sostanze sovrammesse.Le lacune sono state stuccate a ges-so di Bologna e colla di coniglio. La reintegrazione è stata eseguita ad acquerello a imitazione della dora-tura, e su alcune zone circoscritte, dove la porporina era presente in modo irreversibile, è stata ripropo-sta la doratura a foglia d’oro 24k.

10. Durante il restauro, particolare che evidenzia l’eliminazione della vernice e il consolidamento del cretto

11. Dopo il restauro, particolare dopo la reintegrazione pittorica

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