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La lettura dei testi filosofici: questioni di metodo 1 Frédéric Cossutta* I - CONSIDERAZIONI PRELIMINARI 1) Vorrei preliminarmente chiarire che il taglio del mio intervento non è af - fatto di natura didattica, anche se può rivestire un certo interesse didattico: in ogni caso, prima di procedere a una tale trasposizione sul piano didattico, è ne - cessario assumere alcune doverose precauzioni. Né il mio progetto di ricerca, né la sua concreta realizzazione si iscrivono di- rettamente entro una prospettiva didattica concernente l’insegnamento della filo- sofia. Questo mio programma è stato sviluppato nel quadro di una tesi per il con- seguimento dell’abilitazione all’insegnamento universitario e si inscrive, pertan- to, entro una riflessione d’ordine del tutto generale, concernente lo statuto delle idealità filosofiche. Questo programma si sviluppa in una riflessione metodologica concernente la possibilità di comprendere la filosofia nelle forme testuali e discorsive, in una ricerca di un modello generale della discorsività filosofica (anche la filosofia di- pende dai vincoli specifici propri di qualunque tradizione discorsiva), nello studio di funzioni olistiche come la concettualizzazione, l’argomentazione, la didatticità, la costruzione dell’universo interno di un’opera, ecc. Tuttavia, non si tratta sola- mente di comprendere le caratteristiche generali dell’attività filosofica, indivi- duandole attraverso le strutture linguistiche che caratterizzano i testi, ma si deve anche analizzare le opere per comprenderle e avanzarne una nuova comprensio- ne: personalmente parlerei volentieri di una fecondità euristica del metodo, pri- ma di parlare di un incremento ermeneutico. Ho condotto studi di questo tipo su Platone, gli scettici greci, Descartes, Spino- za, Hume, Kierkegaard, Bergson e Wittgenstein. La mia nomina al “Collège Inter- national de Philosophie” mi ha permesso di formare un gruppo di ricerca, formato da filosofi e linguisti che si interessano tutti ai discorsi filosofici, senza peraltro con- dividere una medesima impostazione teorica. Documentano il lavoro di questo grup- po quattro pubblicazioni collettive, direttamente connesse alla nostra attività 2 . 97

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La lettura dei testi filosofici: questioni di metodo1

Frédéric Cossutta*

I - CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

1) Vo rrei pre l i m i n a rmente ch i a ri re che il taglio del mio intervento non è af -fatto di nat u ra didat t i c a , a n che se può rive s t i re un certo interesse didat t i c o : i nogni caso, prima di procedere a una tale trasposizione sul piano didattico, è ne -cessario assumere alcune doverose precauzioni.

Né il mio progetto di ricerca, né la sua concreta realizzazione si iscrivono di-rettamente entro una prospettiva didattica concernente l’insegnamento della filo-sofia. Questo mio programma è stato sviluppato nel quadro di una tesi per il con-s eguimento dell’abilitazione all’insegnamento unive rs i t a rio e si inscrive, p e rt a n-t o , e n t ro una ri flessione d’ordine del tutto ge n e ra l e, c o n c e rnente lo statuto delleidealità filosofiche.

Questo programma si sviluppa in una ri flessione metodologica concern e n t ela possibilità di comprendere la filosofia nelle forme testuali e discorsive, in unari c e rca di un modello ge n e rale della discors ività fi l o s o fica (anche la fi l o s o fia di-pende dai vincoli specifici pro p ri di qualunque tradizione discors iva ) , nello studiodi funzioni olistiche come la concettualizzazione, l ’ a rgo m e n t a z i o n e, la didat t i c i t à ,la costruzione dell’unive rso interno di un’opera , e c c. Tu t t av i a , non si tratta sola-mente di compre n d e re le carat t e ri s t i che ge n e rali dell’at t ività fi l o s o fi c a , i n d iv i-duandole at t rave rso le stru t t u re linguistiche che carat t e rizzano i testi, ma si devea n che analizzare le opere per compre n d e rle e ava n z a rne una nu ova compre n s i o-n e : p e rsonalmente parl e rei vo l e n t i e ri di una fecondità euri s t i c a del metodo, p ri-ma di parlare di un incremento ermeneutico.

Ho condotto studi di questo tipo su Plat o n e, gli scettici gre c i , D e s c a rt e s , S p i n o-z a , H u m e, K i e rkega a rd, B e rgson e Wi t t genstein. La mia nomina al “ C o l l è ge Inter-n ational de Philosophie” mi ha permesso di fo rm a re un gruppo di ri c e rc a , fo rm at oda fi l o s o fi e linguisti che si interessano tutti ai discorsi fi l o s o fi c i , senza pera l t ro con-d iv i d e re una medesima impostazione teorica. Documentano il lavo ro di questo gru p-po quat t ro pubblicazioni collettive, d i rettamente connesse alla nostra at t iv i t à2.

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2) Vo rrei pre c i s a re che il mio ap p roccio ai testi fi l o s o fici prende in conside -razione la loro testualità intern a e non si situa affatto dal punto di vista dello sto -rico della fi l o s o fi a , né dal punto di vista di uno storico delle idee che cercasse dic o m p re n d e re come un’opera si inscriva entro un determ i n ato contesto sociale.Sia ben ch i a ro che una tale lettura deve tuttavia sottomettersi alle pre s c ri z i o n iche derivano dall’aspetto scientifico di questa disciplina nei suoi aspetti fi l o l o -gici e testuali. Per quanto concerne l’ambito sociale quest’ultimo sarà concet -t u a l i z z ato tramite l’aiuto di cat ego rie come quelle di “ d i s c o rso costituente” o di“ s c e n ogra fi a ” e l ab o rati nei lavo ri di D. Maingueneau3. Mi pare decisivo ri fl e t -t e re sul rap p o rto esistente tra i vincoli e le stru t t u re dottri n a l i , da un part e, e ivincoli espre s s ivi o comu n i c a z i o n a l i , d a l l ’ a l t ra part e. Esiste infatti una tensio -n e, a dd i ri t t u ra il ri s chio di contra dd i z i o n i , t ra le esige n ze ge n e rate da questi dueo rdini di fenomeni. Il discorso fi l o s o fi c o , nella molteplicità delle sue fo rme (trat -t at o , s aggi o , m e d i t a z i o n e, d i a l ogo , e c c.) costituisce la risultante delle tra n s a z i o -ni che ciascun autore deve ri s o l ve re per sodd i s fa re questi due tipi di esige n ze,nel migliore dei modi e, sia ben ch i a ro , non mai indipendentemente da questescelte teori che di fo n d o .

3) Vo rrei infine pre c i s a re che l’ap p roccio che pro p o n go non si inscrive né en -t ro la corrente ermeneutica (Ricoeur), né entro la corrente decostruzionista (Der -rida) e che nulla deve pure all’approccio della filosofia analitica inglese, quellastessa che ho studiato tramite le opere di G. Ryle che mi sono sembrate costitui -re una meta-filosofia. Ma non si può forse affermare che la mia teoria non è filo -s o fica e che esercita pertanto nei confronti della fi l o s o fia una funzione simile aquella svolta per le scienze dalla sociologia della conoscenza? Non lo cre d o , n o ngià perché io reputi che si possa ve ramente scindere lo studio del discorso fi l o s o -fico dal suo specifico significato filosofico, ma perché mi sembra invece possibi -le porre in relazione una parte con l’altra in modo tale che l’una e l’altra goda -no comunque di una loro autonomia relativa.

Il mio progetto di lettura dei testi fi l o s o fici non si inscrive inoltre entro unap ro s p e t t iva erm e n e u t i c a , ma pre s u p p o n e, i nve c e, u n ’ attitudine critica nei confro n t idi questo ap p roccio. Illustrerò pertanto quelli ch e, a mio av v i s o , costituiscono i li-miti dell’erm e n e u t i c a , p rendendo per oggetto i lavo ri di Paul Ricoeur ch e, in Fra n-c i a , sviluppa un’ori ginale concezione in rap p o rto alla tradizione ermeneutica d’o-ri gine tedesca. In Francia il ri n n ovamento ermeneutico e la recente influenza eser-c i t ata dai lavo ri di Ricoeur si iscrivono entro un contesto di re l at ivo ri flusso diquegli approcci che considerano la filosofia come una scrittura irrimediabilmen-te pri gi o n i e ra del carc e re metafisico. Per dirla brevemente indico come d e c o -s t ru t t ivo quel metodo che può essere illustrato dall’opera di J. Derrida. Si può del

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Tu t t av i a , non è meno ve ro che sono anche docente di fi l o s o fia nell’ambito del-l’insegnamento secondario in Francia dove tutti gli allievi dei licei studiano filo-s o fia nella classe terminale (due ore nella sezione tecnica, q u at t ro in quella scien-tifica o in quella economica e otto in quella letteraria) e che inoltre ho già pubbli-c ato una prima sintesi dei miei lavo ri (cfr. Cossutta 1989) sotto fo rma di unm a nuale didattico nel quale fi g u rano degli esercizi (questo libro sarà tradotto initaliano presso le Edizioni Calderini grazie ad alcuni miei amici della Società Fi-losofica Italiana, in particolare per interessamento di Mario Trombino, Mario DePasquale e Livio Rossetti).

Questo libro , o ri gi n a riamente destinato agli studenti, è stato concre t a m e n t eu t i l i z z ato nelle scuole secondarie dai docenti di fi l o s o fia per la spiegazione deltesto fi l o s o fico. Effe t t ivamente nei licei francesi gli studenti devono spiega re al-cuni frammenti di testi in rap p o rto con un programma di nozioni fi l o s o fi che il-l u s t rate dal docente durante le lezioni e devono poi studiare le opere della tra-dizione fi l o s o fi c a , gi a c ché uno degli argomenti della mat u rità può essere, a c-canto a quello della dissert a z i o n e, un commento di un testo fi l o s o fico. Nellam i s u ra in cui in Francia la fi l o s o fi a , s e m p re nel quadro dell’insegnamento se-c o n d a ri o , non è aff ro n t ata in una pro s p e t t iva puramente stori c a , bensì pro bl e-m at i c a , s o rge allora la necessità di saper legge re i frammenti e le opere, e per-tanto si può dire ch e, da questo punto di vista, il mio lavo ro sugge risce alcuneindicazioni utili sia per la tecnica della spiegazione dei testi fi l o s o fi c i , sia perp re s e n t a re le opere dei fi l o s o fi .

Vo rrei comunque sottolineare un paradosso che invita alla prudenza. La let-t u ra che pro p o n go at t ri buisce un’importanza prep o n d e rante alla s c e n ogra fi a ch ei n s c rive gli scopi fi l o s o fici entro un tono e una vo c e, come se la presenza di unc o rpo enunciante fosse indissociabile dall’at t ività concettuale o dimostrat iva. Nonsi trat t a , d u n q u e, di cadere in una nu ova scolastica in grado di steri l i z z a re il rap-p o rto del docente con il testo fi l o s o fico at t rave rso l’affe rmazione di pro c e d u red’analisi che pera l t ro pre s u p p o n gono nell’insegnante una competenza linguisti-ca che la sua stessa fo rmazione non gli ha affatto fo rnito. Più che per la maestri anell’uso degli strumenti didat t i c i , il docente deve invece ri m a n e re il mediat o ret ra i testi della tradizione fi l o s o fica e gli studenti, onde assumere una qualifi c at ap resenza nella cl a s s e, tale da consentirgli di mettere in gioco il suo stesso rap-p o rto personale con la fi l o s o fia. Ciò non di meno il carisma pro fessionale nonpotrà esimersi dal possesso di una specifica competenza tecnica, gi a c ché il ri go-re pre s u p p o n e, da parte dei docenti, u n ’ attenzione specifica alla nat u ra di un te-s t o , se si ammette che quest’ultimo non è semplicemente uno spazio nel quale unp e n s i e ro si è limitato a manife s t a rs i , ma costituisce, al contra ri o , il luogo stessonel quale, e n t ro la sua stessa mat e rialità discors iva , il pensiero si presenta a sestesso e si manifesta agli altri .

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II - N E C E S S I TA’ DI RIMUOVERE GLI OSTACOLI EPISTEMOLOGICI E FILOSOFICICHE SI OPPONGONO A QUESTA METODOLOGIA DI LETTURA.

1 - NÉ ERMENEUTICA, NÉ DECOSTRUTTIVISMO.

P rima di poter delineare una teoria ge n e rale del discorso fi l o s o fi c o , è neces-sario sgombrare il campo da alcune obiezioni di principio che sembrano ipoteca-re la possibilità stessa di un tale progetto. Effettivamente ci troviamo di fronte aduna serie d’aporie che possono assumere la forma di un doppio circolo:

- in un caso se prendiamo avvio dalla fi l o s o fi a - oggetto di studio, mu ove n d oalla ri c e rca del metodo che ci permetterà di descrive rla e spiega rl a , qualunque siala disciplina delle scienze umane che pretenderà di svolgere la funzione esplica-tiva (la sociologia, la psicanalisi, la scienza del linguaggio e del testo). In tal mo-d o , m a n ch e remmo a ciò che è essenziale e che sfugge, per defi n i z i o n e, a questotipo di ap p roccio. In questo caso, i n fat t i , non sap remmo come re n d e re conto diquesto stesso metodo il quale richiede, a sua volta, una spiegazione filosofica. Lafi l o s o fia diventa allora , ad un tempo, l ’ oggetto spiegato e, in ultima analisi, a n ch eil punto di vista che spiega. Così facendo spostiamo, d u n q u e, la fro n t i e ra tra logi-ca, linguistica e filosofia, col rischio di dissolvere il nostro oggetto di studio;

- nell’altro se tentiamo di pre c i s a re le carat t e ri s t i che fi l o s o fi che della fi l o s o-fia e rimaniamo allora inseriti nella sua orbita, m a , t u t t av i a , non possiamo più spe-ra re di pro d u rre uno scarto sufficiente per il pensiero nella sua stessa ge n e ra l i t à ,gi a c ché lo sfo r zo fi l o s o fico per concettualizzare la fi l o s o fia da un punto di vistat e o rico ge n e rale costituisce una carat t e ristica essenziale di tutte le fi l o s o fi e. Il ten-tativo per concettualizzare la generalità inclinerà così a collocarsi all’esterno per“ c o m p i e re un gi ro d’ori z zo n t e ” , il che ci ri c o n d u rrà alla prima altern at iva. Di con-t ro , i pro blemi inerenti all’ap p roccio esterno ci condurra n n o , i n ev i t ab i l m e n t e, areintrodurre la filosofia.

Il primo paradosso costituisce una sorta di paradosso dell’esteriorità: si trat-ta di un circolo ep i s t e m o l ogico tra la fi l o s o fia e le discipline che potrebb e ro assu-merla per oggetto, quelle stesse che oscillano, senza soluzione, tra una posizionei n g l o b ata e una inglobante. Il che sottolinea, nu ova m e n t e, che la fi l o s o fia non tol-lera alcuna esteriorità.

Il secondo costituisce invece un p a radosso dell’interi o ri t à: il circolo fi l o s o fi-co tra una filosofia e un’altra, e tutte le altre, che conduce inevitabilmente al soli-psismo teorico, il quale, a sua volta, frammenta la filosofia in monadi irriducibilil’una con l’altra , conducendo all’integrazione sintetica, o ecl e t t i c a , e n t ro una fi-l o s o fia totalizzante. A n che il tentat ivo di Martial Gueroult di costru i re una “d i a -noématique” [dianoematica]5 non sfugge a questa aporia.

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resto rilevare che nel momento stesso in cui la sua influenza è egemone nell’am-bito della più diffusa analisi letteraria negli Stati Uniti, invece in Francia il deco-s t ru t t ivismo è battuto in breccia dalle correnti erm e n e u t i che ed è surcl a s s ato an-che dalle fi l o s o fie anglosassoni. La pro s p e t t iva decostru t t ivista non costituisce af-fatto il mio punto di ri fe rimento teori c o , gi a c ché sostiene l’impossibilità diun’analisi testuale la quale presuppone un minimo di separatezza tra il metodo eil suo testo, oggetto d’analisi. Per superare questo doppio ostacolo - ad un tempoe rmeneutico e decostru t t ivista - cercherò di mostra re come queste due possibilità,ap p a rentemente antitetiche nel loro ri s p e t t ivo ap p roccio alla testualità fi l o s o fi c a ,in realtà siano solidali l’una con l’altra , al punto che si potrebb e ro sintetizzare nelseguente nesso logico: se Ricoeur… allora Derrida, e, di contro, se Derrida…al -l o ra R i c o e u r. Questa dimostrazione ci permetterà di ri mu ove re un ostacolo pre-giudiziale a un’effettiva analisi del discorso filosofico.

4) La prospettiva teorica e pratica di lettura dei testi filosofici che propongosi indica come analisi del discorso filosofico. Con questa denominazione intendoi n s e ri re il mio ap p roccio ai testi fi l o s o fici entro la pro s p e t t iva conosciuta in Fra n -ca con il nome di Analisi del discorso4, una corrente di pensiero che integra i re -centi ap p o rti della linguistica dell’enunciazione e della prag m atica allo studiodelle molteplici fo rme discors ive (re l i gi o s e, p o l i t i ch e, l e t t e ra ri e, s t o ri ch e, gi u ri d i -che, ecc.).

L’ o ri ginalità del mio ap p ro c c i o , in rap p o rto alle due correnti dalle quali mid i ffe re n z i o , c o n s i s t e, da un part e, nel ri c o l l o c a re il momento interp re t at ivo al di làdi una fa s e, p re l i m i n a re, di ogge t t ivazione del testo: quest’ultimo lo si considere r àcome in grado di esibire le tracce d’una at t ività discors iva di cui è possibile co-struire una rappresentazione con l’aiuto delle tradizionali categorie. D’altra parteesso consiste nel ri fi u t a re di ap p i at t i re la fi l o s o fia sulla mera lettera rietà del testo,con il ri s chio di cancellare l’opera sotto una ri s c ri t t u ra che la oltrepassa conti-nu a m e n t e, come se la lettura non potesse essere che una perpetua ri s c ri t t u ra diun’opera sempre inattingibile.

Al contra ri o , a mio avviso è possibile conseg u i re un’intelligibilità del testooggetto dell’analisi (a condizione di ri s p e t t a re alcune regole ep i s t e m o l ogi che ch espiegherò nel corso di questo studio) anche a costo di riconoscere la reiscrizionefinale dell’analisi entro un processo indefinito di disseminazione che assegni tut-tavia un suo ruolo preciso alla dimensione filosofica.

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s eg u e n ze, conduce alla metafisica (alla metafisica del senso) la quale ci ri p o rta al-la sua critica sviluppata da Derri d a , m e n t re la pro s p e t t iva di quest’ultimo, e nu-cl e ata fino alle sue ultime conseg u e n ze, si qualifi c a , a sua vo l t a , come un’erm e-neutica (un’ermeneutica pera l t ro pre clusa dalla sua stessa concezione esplicita) laquale ci ri p o rta a Ricoeur. S e R i c o e u r, a l l o ra D e rri d a , s e D e rri d a , a l l o ra R i-c o e u r … l ’i m p a s s e s e m b ra dunque defi n i t ivo. Nat u ra l m e n t e, in questa sede, non sit ratta di delineare uno studio sistematico e comparato di queste due impostazioni,gi a c ch é , per i nostri scopi, sarà sufficiente sviluppare una semplice analisi dellaloro concezione del rapporto che sussiste tra la metafora e la filosofia.

Se Derrida…allora Ricoeur.

Jacques Derri d a , ne La my t h o l ogie bl a n ch e [La mitologia bianca] (in Id. , M a r -ges de la philosophie [M a rgini della fi l o s o fi a] , Editions de Minu i t , Pa ris 1972, p p .2 4 7 - 3 2 4 )6 d i m o s t ra l’impossibilità, di diritto e di fat t o , di una ri c e rca che cerch idi elab o ra re un metodo di analisi delle metafo re presenti in un testo: “ I nvece diav ve n t u ra rci qui nei pro l egomeni a qualche metafisica futura , c e rch e re m o , p i u t-t o s t o , di ri c o n o s c e re, nel suo pri n c i p i o , la condizione di un tale proge t t o ” (p. 261)7.D e rrida non si accontenta di passare in ra s s egna alcuni tentat ivi che in questosenso sono stati tentati in relazione a Platone o Descart e s , onde metterne in ev i-denza i limiti, ma scredita anche i tentat ivi ideali che non sono stati re a l i z z at i , m ache av rebb e ro meri t ato di essere re a l i z z at i : “non si è mai data risposta a questadomanda con un trat t ato sistematico […]” (i b i d) , o quelli che possono essere ten-t ati entro l’ambito della storia della fi l o s o fi a : “Nel migliore dei casi ciò av rebb epotuto dar luogo ad uno studio stru t t u rale immanente, che trasponesse all’inter-no della re t o rica (ma è possibile in via di principio?) il metodo di M. Guero u l t ,o , più esat t a m e n t e, il programma di V. Goldschmidt esposto nell’opera Le Pa ra -digme dans la dialectique platonicienne [Il Pa radigma della dialettica plat o n i -c a]8” ( iv i , p. 266)9.

Se si considera che la dimostrazione di Derrida può essere ap p l i c ata a tutte lefunzioni della discors ività fi l o s o fica (argo m e n t a z i o n e, e s e m p i , c o n c e t t i , e s p o s i-zione), si comprende come ad essere invalidata sia la stessa idea di un approcciotestuale metodico.

L’ a rgomento principale di Derrida consiste nel mostra re che tutti i tentat iv iper costruire una classificazione delle metafore filosofiche presuppongono, a lo-ro vo l t a , un principio di cl a s s i fi c a z i o n e, una definizione di che cosa sia la metafo ra ,la quale dipende, n e c e s s a ri a m e n t e, da una pro bl e m atizzazione fi l o s o fi c a : “ U n am e t a fo ro l ogia si trove rebbe perciò ad essere derivata nei confronti del discors oche essa pretenderebbe di dominare […]” (ivi, p. 272)10. Lo stesso ragionamento

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Di fatto queste due circ o l a rità sono, a loro vo l t a , connesse da una re l a z i o n ec i rc o l a re : una circ o l a rità concernente il rap p o rto tra il testo fi l o s o fico e il suo stu-dio metodico. Si va dalla tautologia (i metodi non significano che se stessi, o p p u-re la fi l o s o fia non può che auto-commentarsi) a uno scarto ge n e rato da uno iat oincontrollabile. Si tratta, dunque, di un circolo metodologico che connette i para-dossi dell’esteriorità e dell’interiorità.

Ermeneutica o decostruttivismo?

E ’ possibile sfuggi re a una tale ap o ria pregiudiziale? Si potrebbe cerc a re di di-l at a re sufficientemente i momenti della circ o l a rità dilemmatica onde spezzarne laconcatenazione, oppure, al contrario, si potrebbe cercare di contrarre la serie del-le circ o l a rità at t rave rso un movimento di condensazione, allo scopo di ev i t a re laripetizione e un movimento perpetuo? Il primo tentativo cercherebbe di scioglie-re il paradosso dell’esteri o ri t à , il secondo quello dell’interi o ri t à , col ri s ch i o , p e rciascuno dei due, di cadere dall’uno all’altro.

O c c o rre analizzare questi tentat ivi rap p re s e n t at i , ri s p e t t iva m e n t e, d a l l ’ e rm e-neutica di P. Ricoeur e dalla teoria del decostru t t ivismo delineato da J. Derri d a .Attualmente in Francia questi sono le due principali concezioni che consentonodi ri s p o n d e re alla seguente questione: “come legge re un testo fi l o s o fico?”. Esse sidistinguono tanto dai tradizionali ap p rocci di storia della fi l o s o fi a , quanto dai ten-t at ivi ava n z ati dal positivismo logi c o , da Wi t t genstein o dalla fi l o s o fia analiticaper spiegare gli enunciati filosofici. Di conseguenza, né l’una, né l’altra, permet-tono veramente di precisare come il lavorio del pensiero si costituisca come ope-ra entro il testo, gi a c ché l’una riduce l’at t ività fi l o s o fica al piano della scri t t u ra ,mentre l’altra lo inserisce entro la dipendenza da un discorso speculativo al qua-le l’erm e n e u t i c a , in ultima analisi, si ri c o l l ega. Ciascuna altern at iva illustra u n adelle due possibilità per mezzo delle quali si può tentare di spezzare la circolaritàaporetica alla quale ci sembra condannata la relazione circolare tra testo e meto-do. Una propone un’ermeneutica sempre superata da una fi l o s o fia erm e n e u t i c ache implica, essa stessa, una fi l o s o fia d e l l’ e rmeneutica. L’ a l t ra ci invita invece al-la decostruzione della metafisica, superata da una nuova pratica della scrittura fi-losofica che deve tuttavia trovare il principio della sua stessa legittimazione.

A ben considera re le cose si scopre, t u t t av i a , un nesso più stretto di quantop o t rebbe sembra re, gi a c ché le ap o rie di un ap p roccio ci sembrano condurre ne-cessariamente ad adottare il punto di vista dell’altro. Ma in quest’ultimo, nuova-mente, una nuova aporia ci riconduce al primo, giacché la loro relazione si svol-ge sempre entro un medesimo modello circ o l a re confro n t abile con quello che noipensiamo di poter evitare grazie ad essi. Ricoeur, svolto fino alle sue ultime con-

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“ ra dd o p p i o ” [“ re l è ve ”] non può essere operato at t rave rso un discorso gra m m a-t o l ogico posto in connessione diretta con il discors o - ogge t t o , ma presuppone in-vece un sov ve rtimento linguistico operato all’interno stesso del discorso fi l o s o-fico at t rave rso un’opera para s s i t a ri a , o di ri s c ri t t u ra , che definisce il lavo rio del-la decostru z i o n e.

Nelle opere posteriori al testo al quale ci siamo riferiti si ritrova questa oscil-lazione tra un’impostazione che tende a ri mu ove re le distinzioni tra il discors o -oggetto e il discors o - t e m at i z z a n t e, e un’impostazione che mantiene invece lo scar-to e la connessione diretta alla sua pro p ria enu n c i a z i o n e. Di conseg u e n z a , la scri t-t u ra è sempre meta-metafo ri c a , eccetto quando ri nuncia a una determ i n at adistinzione tra letterat u ra e fi l o s o fia e in questo caso lo slittamento dello spaziostesso della metafo ra , il ra ddoppiamento compiuto tramite il suo “ d o p p i o ” c o n-c e t t u a l e, ri ch i e d e, a l l o ra , di essere ri c o m p reso entro un regi s t ro che non può ch ee s s e re ermeneutico. Ma questo momento come potrà sfuggi re alla necessità delsuo pro p rio sov ve rtimento? In questo caso la necessità di un’ermeneutica si fa nu o-vamente avvertire e prende l’aspetto della decostruzione. Così la nuova scrittura,d e t e rm i n ata grazie al lavo rio del sov ve rtimento delle cat ego rie della metafi s i c a ,non può essere ri c o m p resa tramite un discorso “in parole ch i a re ” che lo spieg h e r àe in questo caso essa raddoppia [relève] un modo di autolegittimazione perfoma-t iva e, per pri n c i p i o , non sarà mai fa l s i fi c ab i l e, non più di un ro m a n zo o di un poe-ma. Questa scrittura implicherà, pertanto, le condizioni della sua propria intelle-gibilità, ma non secondo una regola ermeneutica. In questo caso essa si proponecome Opera , al punto che non importa quale opera lettera ria inserisca le condi-zioni della sua decriptazione entro la sua stessa forma, e non attende altra legitti-mazione che quella di un giudizio di gusto. Pe rtanto la questione del senso nonsarà più risolta in termini ermeneutici, ma in termini estetici. Anche per otteneredei criteri di valutazione filosofica sarà quindi necessario sviluppare un’analiticadel giudizio del gusto fi l o s o fico. Nat u ralmente Derrida obietterebbe che anch equesta distinzione tra fi l o s o fia e arte non può essere compiuta che tramite una con-cezione che egli, precisamente, si prefigge di rifiutare.

L’ a rticolo Y-a-t-il une langue philosophique? [Esiste una lingua fi l o s o fi c a ?] ,p u bbl i c ato sulla rivista «Au t rement» (A quoi pensent les philosophes? [A cosapensano i fi l o s o fi ?] , n ove m b re 1988, pp. 30-37), pone bene in evidenza questa dif-ficoltà. Derrida si mostra pre o c c u p ato di ri s p o n d e re agli at t a c chi di “ c o l o ro ch e[l’]accusano di ridurre la filosofia a letteratura” (p. 30). Interrogato sulla specifi-cità della scri t t u ra fi l o s o fi c a , si oppone alla tendenza dei suoi av ve rs a ri a ri d u rl asul piano letterario: “Nei miei testi la forma della scrittura, per non essere né pu-ramente letteraria, né puramente filosofica, cerca di non sacrificare né l’attenzio-ne alla dimostrazione o ai testi, né la funzionalità o la poeticità del linguaggi o ”(pp. 31-32). Più oltre si difende dal facile gioco sui significanti del nome proprio

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vale per la retorica (analizzata nelle sezioni II e III)11 e per un approccio meta-fi-l o s o fico. Pe rtanto la fi l o s o fia è cieca a proposito delle sue pro p rie regioni costitu-t ive, m e n t re le discipline che ap p a rentemente le sono estern e, non sono affatto me-no sottomesse alla sua dipendenza.

Che fa re dopo questa constatazione? Possiamo accontentarci di affe rm a re ch e“il campo non sarà mai sat u rato?”. Derri d a , dopo aver sviluppato nei dettagli que-sto pro blema e sulla base di esempi di analisi che pongono in evidenza la circ o l a-rità, percorre questo campo per mettere in evidenza i principi di una archeologiadel metafo rico che “ a n i m a ” d a l l ’ i n t e rno la storia della fi l o s o fia e per porre, al con-t e m p o , la questione di una diffe renza ori gi n a ria la quale sarebbe all’ori gine di tut-te le differenziazioni tra metafora e concetto e in virtù della quale la scrittura of-f ri rebbe al campo d’indagine un suo spazio specifico. Ma quale disciplina con-cettualizza la nat u ra di questo perc o rso e ne pone in evidenza la “ t ra c c i a ” , i l“ s u p p l e m e n t o ” , la “ d i ffe re n z a ” tale da re n d e re impossibile la delimitazione e lasaturazione del campo d’indagine, se non la grammatologia, che Derrida, nell’o-pera omonima, qualifica come sua speranza?

Questa grammatologia va al di là della scienza, ma non invita a un ritorno aldi qua di essa: “La costituzione di una scienza o di una fi l o s o fia della scri t t u ra co-stituisce un compito necessario e difficile. Ma giunto a questi limiti e ripetendolisenza treg u a , un pensiero della tra c c i a , della diffe renza o della ri s e rva , d eve anch ep u n t a re al di la dell’ep i s t e m e” (De la gra m m at o l ogie [Della gra m m at o l ogi a] , E d i-tions de Minu i t , Pa ris 1967, p. 142)1 2. Una scienza, non più che la fi l o s o fi a , n o nsaprebbe sfuggire agli effetti di sovversione che il suo “oggetto” induce su di lei.Essa rimane pri gi o n i e ra entro i confini di un ambito che non potrà dunque mai do-m i n a re. Non a caso, questo passo Della Gra m m at o l ogi a costituisce la pagina fi-nale del capitolo intitolat o : Della gra m m at o l ogia come scienza positiva1 3. Se sit ratta di una scienza positiva , come mettere in evidenza i limiti di questa ep i s t e -m e? Qual è allora lo statuto del discorso per mezzo del quale l’autore pensa di in-va l i d a re gli ap p rocci re t o rici o linguistici alla metafo ra? Per porre in luce la cir-colarità che dalla metaforologia conduce alla filosofia e poi, da quest’ultima allam e t a fo ro l ogia ori gi n a ri a , come ev i t a re il ri c o rso alla metafo ra e, se questo è im-p o s s i b i l e, come gi u n ge re a una metafo ra di secondo grado? Il testo che pro d u c equesto perc o rso come potrà sfuggi re lui stesso alla metafisica o alla metafo ri c i t à ?Quando Derri d a , a proposito dell’impossibile metafo ra della metafo ra , s c rive :“questa metafora in più, restando fuori del campo che essa permette di circoscri-vere, estrae o astrae da sé questo ambito, dunque, gli si sottrae come metafora inm e n o ” (M a rges de la philosophie [M a rgini della fi l o s o fi a] , op. cit., p. 261)1 4, q u a-l i fica obliquamente lo statuto della pro p ria enunciazione della metafo ra , in con-nessione diretta e, al tempo stesso, senza collega m e n t o , con ciò che essa enu n-c i a , p ri gi o n i e ra dell’impossibilità costitutiva che essa stessa denuncia. Infatti il

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su tutta un’opera , questo brillante perc o rso dalla re t o rica ve rso l’erm e n e u t i c a , p e rc o n n e t t e re, i n fi n e, a sua vo l t a , l ’ e rmeneutica a una funzione ri fl e s s iva che costi-tuisce “il sap e re che accompagna la stessa funzione re fe re n z i a l e, il sap e re del suoe s s e re rap p o rt ato all’essere ” (op. cit., p. 385)? Pe rch é , a l l o ra , non esplicitare lostatuto del discorso speculativo, che assomiglia molto a quello che caratterizza lam e t a fisica secondo A ristotele o la fe n o m e n o l ogia secondo Husserl , ma di cui nonsi vede più se è primario o secondario in rapporto all’ermeneutica? E’esso stessol’oggetto di una lettura ermeneutica, mentre sembra essere, al contempo, la con-dizione della sua possibilità? Si può immagi n a re che la fi l o s o fia espliciti questes t ru t t u re narrat ive o metafo ri che at t rave rso un’ermeneutica info rm ata alle disci-pline testuali, mentre il discorso speculativo, in ultima istanza, è quello che ridu-ce l’ermeneutica allo statuto di semplice scienza positiva.

D e rri d a , nel momento stesso in cui sembra re n d e re il pro s eguimento comple-tamente improbabile, fa implodere la discorsività filosofica e pertanto ne assicu-ra immediatamente la perp e t u a z i o n e, se si vuole ammettere che la sua opera ap-p a rtiene a pieno diritto alla fi l o s o fia. Pa ra d o s s a l m e n t e, e al contra ri o , Ricoeur sem-b ra ri c o l l o c a re sempre più lontano il momento della fi l o s o fi a , a l l ’ i n t e rn odell’immenso sfo r zo da lui dispiegato per legi t t i m a re l’appello alle scienze del lin-guaggio nel seno stesso d’una ermeneutica ben temperata. Ma l’ermeneutica co-me potrà ri n n ova re la fi l o s o fia se, in defi n i t iva , il discorso che la solleva al suoo ri z zonte ontologico ch i a ri ficante non è, a sua vo l t a , che la ripetizione del ge s t opiù tradizionale della fi l o s o fi a , la cui eccessiva pretesa è precisamente ri fi u t at adall’ermeneutica? Qual è l’effettivo rapporto tra ermeneutica e discorso specula-tivo? Se la prima è autonoma si pone allora la questione della sua propria legitti-m i t à , se è ve ro che non può ri n t ra c c i a rla tra le pieghe del senso, che pone comeogge t t o , né entro le metodologi e, che ge ra rchizza e collega. Se, i nve c e, d i p e n d eda un discorso speculat ivo il quale, a sua vo l t a , non potrebbe essere l’oggetto diu n ’ e rm e n e u t i c a , a meno di non cadere in una regressione infi n i t a , è allora inev i-t abile che questo discors o , che determina i fondamenti e lo spazio entro il qualesi dispiegano i concetti, t rov i , in sé medesimo, la sua pro p ria legi t t i m a z i o n e, i nmodo che possa spiega re esaustivamente le regole della sua stessa costituzione.Diviene allora impellente lasciare ai margini l’analisi ermeneutica a vantaggio diun ch i a rimento defi n i t ivo. In tal modo la relazione tra ermeneutica e discorso spe-c u l at ivo è perfettamente circ o l a re, gi a c ché l’uno e l’altro si fondano re c i p ro c a-mente: o il discorso speculativo esige, a sua volta, un’ermeneutica di rango supe-ri o re, e vi è quindi regressione all’infi n i t o , o p p u re esiste, i n fi n e, un punto nel qua-le i due aspetti si intersecano in un momento unico e auto-fo n d a n t e. Ma in questocaso noi ri t roviamo il punto che tutti i sistemi fi l o s o fici tradizionali cerc a n o , q u e l-lo di una evidenza ori gi n a ria nel quale l’essere e il pensiero dell’essere, l ’ e s s e re eil senso si porrebb e ro in contatto diretto. Il fatto che Ricoeur ri fe risca questo con-

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e sui significanti in generale, e insiste sul suo sforzo per rinforzare le sue analisi:“Il che non vuol dire, perlomeno spero, che [i miei testi] rinuncino alla necessitàdi d i m o s t ra re, tanto ri go rosamente quanto possibile, a n che se le regole della di-mostrazione non sono più in grado di farlo, neppure soprattutto e costantemente,quelle stesse indicate come ‘un discorso filosofico’” (p. 31).

Si potrebbe allora pensare che Derrida propone un ap p roccio ogge t t ivo ai fi-l o s o fe m i , in contra ddizione con la proposta della M i t o l ogia bianca: “il che nonvuol dire ri d u rre ‘il discorso fi l o s o fi c o ’ alla letterat u ra , che analizza entro la suafo rm a , i suoi modi di composizione, la sua re t o ri c a , le sue metafo re, la sua lin-g u a , le sue fi n z i o n i , tutto ciò che resiste alla tra d u z i o n e, e c c.” (p. 31). Il che ènu ovamente confe rm ato alla fine dell’articolo dove Derrida insiste: “non ho mairidotto il concetto alla metafo ra o, come mi accusa recentemente Hab e rm a s , l al ogica alla re t o rica”. Ma l’ambiguità perm a n e, p e rlomeno nella misura in cui que-sto studio non sap rebbe cosa fa re né entro i termini di una logi c a , né entro quel-li di una re t o ri c a , né nell’ambito di un’analisi del discorso o di una scienza deitesti. Prendiamo atto che Derrida non riduce affatto la fi l o s o fia alla letterat u ra , ericonosciamo parimenti alla sua opera uno statuto autenticamente fi l o s o fi c o , m anon possiamo tuttavia fuga re del tutto l’idea di una tensione intrinseca non ri-s o l t a , come se gli fosse ve ramente impossibile adottare una posizione, tanto lasua “ p o s i z i o n e ” è indife n d i b i l e.

Se Ricoeur…allora Derrida.

M e n t re Derrida inserisce la fi l o s o fia nel regi s t ro della metafo ri c i t à , Paul Ri-c o e u r, ne La métap h o re vive [La metafo ra viva] (Editions du Seuil, Pa ris 1975)1 5,fa , al contra ri o , della fi l o s o fia il momento di una sostituzione [re l è ve] della me-tafora. Se Derrida riduce l’insieme dei tentativi d’approccio oggettivo al fenome-no metaforico, Ricoeur, al contrario, comincia col lasciare svolgere ai diversi ap-p rocci che tematizzano la metafo ra il loro ru o l o , al loro pro p rio livello. I primi dues aggi del suo libro delimitano gli ap p o rti della re t o rica tra d i z i o n a l e, m e n t re i treseguenti analizzano i contributi della prospettiva semantica. Infine gli ambiti stu-diati dalla semantica e dalla retorica si trovano retrospettivamente ricollocati gra-zie alla loro reciproca integrazione entro un’ermeneutica la quale non deve la suaconsistenza che al dover essere rap p o rt ata a un discorso speculat ivo. Mentre Der-rida decapita tutti gli strati della comprensione del senso, R i c o e u r, i nve c e, più liillustra fino alle loro ultime virtualità, più li coinvolge in un superiore livello cheli relativizza.

Questa conclusione costituisce l’ori gine della nostra perplessità a pro p o s i t odella traduzione in pratica del progetto di Ricoeur: b i s ogna infatti dilat a re talmente,

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bilità che sia pensata tramite un’altra disciplina), così come la relazione circolareche le unisce, poiché anche l’ermeneutica oscilla tra scienza e filosofia. Per sfug-gire a questo rischio si può cercare di spezzare il cerchio, tentando la scommessadella prossimità al posto di quella della distanza; la fi l o s o fia sarà ri ge n e rata dal-l ’ i n t e rn o , grazie alla metafo ri c i t à , senza che pre c i p i t i , t ramite un perenne pors inell’abisso il quale, se le impedisce di perdersi, tuttavia le impedisce anche di ri-trovarsi. Ma questa non è la scommessa di Jacques Derrida per il quale decostru-zione e creazione filosofica procedono da un unico gesto? Abbiamo già visto chequesta volta l’incontrollabile oscillazione conduce al rapporto tra filosofia e poe-t i c a , al punto che l’opera fi l o s o fi c a , come una produzione estetica, non trova lasua giustificazione o suoi titoli di legittimità che alla condizione d’essere pensataentro le categorie di un’analitica del bello.

Questa svolta critica sarà dunque inutile? Curiosamente la pro bl e m atica di Ri-coeur sembra legi t t i m a re il progetto di una teoria del discorso fi l o s o fi c o , m a , d ifat t o , il modo con il quale mette in opera la sua ermeneutica l’invalida. Al contra-rio, quello di Derrida invalida invece di diritto questo progetto, anche se, in fon-do, di fatto, sembra incoraggiarlo. Da questo punto di vista i tentativi di Ricoeure di Derrida non sono fo rse simmetrici? Questi due ap p rocci alla fi l o s o fia sono in-fatti incompatibili e invalidano una tale impressione solo se li si considera sep a-ratamente l’uno dall’altro. Ma, c o n s i d e rati insieme, e n t ro il loro specifico mov i-mento di richiamo reciproco, illustrano invece un percorso che potrà ben permet-tere di uscire dal carcere aporetico al quale sembra condannato il nesso circolaret ra testo e metodo. L’ o ri ginalità di un ap p roccio concepito come analisi del di-s c o rso consiste nel ri p o s i z i o n a re il momento interp re t at ivo al di là di una fase pre-l i m i n a re d’ogge t t ivazione del testo: si considererà come in grado di off ri re le tra c-ce d’una at t ività discors iva di cui è possibile costru i re una rap p resentazione conl’aiuto di cat ego rie ri l evanti di una teoria prag m atica degli atti del discorso. Glis t rumenti per un ap p roccio metodico al testo fi l o s o fico saranno così collocati sot-to la vigilanza di uno sguardo ep i s t e m o l ogicamente e fi l o s o ficamente info rm at oil quale ridurrà le pretese di un tale approccio a valere come scienza del filosofi-co. Pertanto si rifiuterà di ridurre la filosofia sul piano della pura letterarietà, colri s chio di cancellare l’opera sotto una ri s c ri t t u ra che la travalica continu a m e n t e.Questo programma non è solamente descri t t ivo , ma mira ad una fecondità euri-s t i c a , nella misura in cui permette di accre s c e re l’intellegibilità dei grandi testi cuisi applica. In effetti è possibile acquisire un’intelligibilità del testo-ogge t t o , a con-dizione di ri s p e t t a re determ i n ate regole ep i s t e m o l ogi ch e, a n che a costo di ri c o n o-s c e re come possibile e auspicabile la ri s c ri t t u ra finale dell’analisi entro un pro-cesso interpretativo.

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t atto ad un movimento di ri t o rno su di sé del pensiero , indica abbastanza bene co-me il suo pensiero si inserisca entro la tradizione di Descartes e Husserl, al puntoche ci si può domandare se “il discorso speculat ivo ” non costituisca il prodotto diuna nostalgia fenomenologica. Conseguentemente ciò che si profila all’orizzonted e l l ’ e rmeneutica è, in re a l t à , il suo re t ro - o ri z zonte sul cui fondo essa si costitui-sce, al quale essa, tuttavia, non può ritornare, ma che, d’altra parte, non ha più laforza di rinnovare.

Tutto si sviluppa come se il suo tentativo, che presuppone la svolta dall’este-ri o rità da integra rsi coraggiosamente con i dati e i metodi messi a disposizionedalle scienze del linguaggi o , ri s ch i , in re a l t à , di essere minato dai paradossi del-l ’ i n t e ri o ri t à , gi a c ché i cri t e ri di ge ra rchizzazione e di scelta dei metodi concorre n t iper l’interp retazione dipendono, in ultima analisi, da un livello nel quale il discors osi auto-chiarifica come se avesse potuto neutralizzare ogni presupposizione.

E ’ un altro ri s chio al quale Ricoeur non fa allusione, tanto è occupato nel sop-p e s a re accuratamente l’articolazione tra poesia e fi l o s o fia. Considera at t e n t a m e n-te una possibile contaminazione delle cat ego rie concettuali, con il ri s chio di unap ro l i fe razione o disseminazione metafo rica insidiosa, i n c o raggi ato da un’erm e-neutica volta a cog l i e re l’ontologia sostanzializzata nascosta sotto il ri fe ri m e n t om e t a fo rico. Ma i metodi posti in essere per spiega re la stru t t u ra della poetica, n e l-la misura in cui non possono essere stati elab o rati che entro l’ambito fi l o s o fi c o ,rischiano ugualmente di produrre un effetto di contagio, nel seno della stessa er-meneutica la quale tutelerà certamente uno statuto di sintesi, ma d’altra parte re-sterà sotto la dipendenza della linguistica, di una nuova retorica o di una scienzadei testi. In questo caso il progetto sarà così sottomesso ai paradossi dell’esterio-rità.

Pe rtanto il tentat ivo di Ricoeur oscilla tra due ri s ch i , l’uno che possiamo in-d i c a re come il c o n t agio derri d i a n o, che vede l’ambito ermeneutico sov ve rtito dal-l’interno tramite gli oggetti che manipola, l’altro, che possiamo indicare come lat e n t a z i o n e s p e c u l at iva , che indica un discorso continuamente diffe rito il quale as-sicurerà un accumulo di senso a una riflessività auto-chiarificatrice. In mancanzadi un tale accumu l o , l ’ e rmeneutica si dispiegherà senza fi n e, scindendosi essa stes-sa in una serie infinita di livelli interpretativi.

Né ermeneutica, né decostruzione.

Al termine di questo sintetico esame ritroviamo, dunque, al contempo, la cir-c o l a rità dell’esteri o rità (dequalificazione dell’ermeneutica a va n t aggio di una scien-za del testo, oppure a vantaggio di una filosofia pienamente assunta come tale) ela circolarità dell’interiorità (impossibilità di pensare per una filosofia e impossi-

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possibilità. In mancanza di ciò essa stessa si costituirà come fi l o s o fia incomben-te [s u rp l o m b a n t e].

Una ri flessione teorica concernente l’analisi del discorso fi l o s o fico deve dun-que esplicitare la nat u ra della dipendenza che essa deve ri c o n o s c e re nonché dei li-miti di cui essa deve dotarsi se vuol ambire allo statuto di un sap e re. Essa deve in-somma accettare una doppia dipendenza: una stretta dipendenza nei confronti diuna ri flessione ep i s t e m o l ogica e una dipendenza fl ebile nei confronti di un ori z-zonte fi l o s o fico. Non è necessario che essa esplori sistematicamente questa di-pendenza flebile che non ostacola per nulla il suo tentativo di spiegazione. In ca-so contra rio essa diffe rirà continuamente la realizzazione del suo progra m m a , i n a-ridendosi nel tentat ivo di conva l i d a re la possibilità, o p p u re diventerà una fi l o s o fi areticente.

Di contro , la dipendenza diretta nei confronti di una ri flessione ep i s t e m o l ogi-ca deve essere costantemente mantenuta come una possibilità e non come un ri-s chio. Il primo dove re di un’analisi del discorso consiste, in effe t t i , nel pensare lacostituzione del suo oggetto come dominio di osservab i l i : a part i re dal testo-og-getto come sep a ra re delle sequenze signifi c a n t i , come ge ra rch i z z a re dei livelli dio p e rat iv i t à , come passare da un sofi s t i c ato indice delle operazioni linguistiche al-la complessità delle operazioni pro p riamente discors ive? Questo compito si svi-luppa in parallelo con la costruzione delle cat ego rie metadiscors ive, che consento-no di re n d e re comprensibili i fenomeni studiat i , e dei modelli che permettono dis ch e m at i z z a re i processi di costituzione o di recezione del senso degli enu n c i ati fi-l o s o fici. Una tal ri flessione non può dispensarsi dal pre n d e re in considerazione let e o rie elab o rate per altri tipi di discors o , non solamente perché sarebbe vano co-s t ru i re ad hoc una definizione del discorso che va l ga unicamente per la fi l o s o fi a ,ma anche perché è necessari o , se si vuol pensare alla sua specifi c i t à , c o n f ro n t a rl acon altri modelli discors ivi. Essa dovrà ugualmente sceg l i e re tra dive rse opzioni ep ro c e d e re alla critica pre l i m i n a re di alcune di loro , c o l l o c a n d o s i , per esempio, d if ronte alle pro s p e t t ive di una lessicologia o di una stilistica. Si potrà pertanto de-t e rm i n a re quali sono le carat t e ri s t i che specifi che dell’ogge t t o - fi l o s o fia. A questoscopo è necessario ri c o l l o c a rla dentro il contesto dei discorsi costituenti, la cui pre-tesa è quella di auto-costituirsi e di svo l ge re un ruolo costitutivo rispetto agli altrimodelli discors ivi (cfr. MA I N G U E N E AU- CO S S U T TA, L’ a n a lyse des discours consti -tuants [L’analisi dei discorsi costituenti] in D. Maingueneau (a cura di), « L a n ga-ge s » , n. 177, 1 9 9 5 , p. 112). Il discorso fi l o s o fico pretende di esplicitare le condi-zioni di possibilità di ogni discorso. In effetti il suo oggetto non è solamente la suap ro p ria costituzione, ma la costituzione discors iva in ge n e ra l e. Certamente un’o-p e ra lettera ria costruisce anche le condizioni della sua pro p ria legittimità delineandoun unive rs o , ma lo fa in modo indiretto. Al contra rio la fi l o s o fi a , i nvece di costru i rl osotto fo rme di fi g u re e di fi n z i o n i , o p e ra sotto fo rma concettuale e cat ego ri a l e.

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2 - PRINCIPI DI METODO PER UN’ANALISI DEL DISCORSO FILOSOFICO.

Condizioni di possibilità e limiti di un’analisi del discorso filosofico.

E ’i n d i s p e n s abile pre n d e re atto del fatto ch e, dal punto di vista della fi l o s o fi a ,non si potrà mai fo n d a re sulla fi l o s o fia alcun sap e re che non sia fi l o s o fico. Ma, s i-multaneamente, occorre anche prendere atto che, da un punto di vista esterno al-la fi l o s o fi a , quest’ultimo non saprà essere ga rante del sap e re che la fi l o s o fia ha suse stessa. Il che significa l’impossibilità della filosofia e di una analisi del discor-so fi l o s o fico? Al contra ri o , s c o rgiamo un incoraggiamento e un modo di ri s o l u-zione dei paradossi che perm e t t e r à , c o n t e m p o ra n e a m e n t e, di sviluppare un’anali-si del discorso la quale sfuggirà tanto al relativismo quanto al positivismo e all’i-nibizione del dogmatismo, consentendo di assumere un esercizio di pensiero chenon esiterà a qualificarsi come filosofico.

Se la filosofia non può realizzarsi se non sulla base di una chiusura metafisi-ca, se ella non può più annullarsi senza riferirsi immediatamente al suo gesto ori-ginario, diventa allora legittimo prenderla per oggetto. In effetti, questo significache essa non può mai concludere il suo movimento di auto-costituzione, non so-lamente perché dei paradossi strutturali ostacolano i suoi tentativi di costruzionesistematica, che lo scetticismo mette puntualmente in evidenza, ma anche perchéciascuna dottrina è continuamente minacciata di decostituzione da parte delle sueavversarie. Ma proprio questo è ciò che costituisce l’essenza della filosofia. Valea dire che il suo progetto di spiegazione del suo proprio modo di costituzione di-scorsiva lascia sempre sussistere uno scarto [reste], un punto cieco, che conduced i rettamente a questa questione. Questo “ s c a rt o ” d i s c o rs ivo che non può esserecolmato dalla filosofia, può trasformarsi nell’obiettivo privilegiato di una investi-gazione per il cui tramite si disporrà di un sapere sull’elaborazione discorsiva.

La condizione che consente ad un sap e re di conseg u i re validità è il ri c o n o-scimento dei pro p ri limiti, p e rtanto un’analisi del discorso fi l o s o fico dovrà defi-n i rli accurat a m e n t e. In effe t t i , ogni tentat ivo di costru i re un sap e re non fi l o s o fi-co che voglia sviscera re l’essenza della fi l o s o fia urterà contro la pro p ria impos-sibilità e il ri s chio dell’inga n n o , gi a c ché pretenderà di fa re ciò che la fi l o s o fi anon può fa re per se stessa. Questo condanna tutto il positivismo ep i s t e m o l ogi c oo nat u rale all’insuccesso, p o i ché la fi l o s o fia potrà sempre interroga rsi sui suoifondamenti e illustra re la dipendenza delle scienze del linguaggio dai postulat iche ri nv i a n o , i n d i re t t a m e n t e, a delle scelte fi l o s o fi ch e. Una teoria del discorso fi-l o s o fico (o ogni ap p roccio che utilizza dei mezzi non fi l o s o fi c i , per l’occasionelinguistici o di analisi testuale) non sap rebbe dunque analizzare la fi l o s o fia co-me discors o , che alla condizione di ri nu n c i a re alla pro p ria auto-costituizione, va-le a dire alla possibilità di una spiegazione esaustiva delle pro p rie condizioni di

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Come abbiamo visto, le grandi filosofie esplicitano il proprio modo di costi-tuzione e, di conseg u e n z a , t e m at i z z a n o , n e c e s s a ri a m e n t e, la questione della loroscelta della lingua, dei loro modi espressivi e d’esposizione. Le forme espressivedi una dottrina e delle sue tesi non sono dunque dissociabili, perlomeno nella mi-s u ra in cui il processo d’analisi e di dimostrazione che permette loro di fo rn i re unalegittimità è esso stesso dipendente dalle tesi che si presume consenta di esplici-t a re. Pe rtanto la scelta di un ge n e re e quello di una fo rma espositiva non dipen-dono dal caso, ma devono essere adatti alla fo rma pro c e d u rale che sviluppa la con-cettualità specifica di una filosofia.

Così la metafisica cartesiana individua il suo modo appropriato di espressio-ne entro un’esposizione narrat iva , d e rivando le sue carat t e ri s t i che ge n e ri che da une s e rcizio spirituale di tipo meditat ivo. Non si tratta per nulla di un prestito mec-canico, giacché il tempo meditativo costituisce la dimensione espressiva dell’or-dine analitico che esplicita e ch e, al contempo, rende possibile e accessibile allostesso lettore. Descartes ri c ava i tratti carat t e ristici di un ge n e re e li adatta allamodalità con la quale si realizza il processo del suo pensiero (metodo) [cfr. CO S-S U T TA1996]. A n a l oga m e n t e, nell’ambito dei dialoghi plat o n i c i , i pers o n aggi espli-citano costantemente le condizioni del loro colloquio, al punto che facendo unostudio sistematico delle pro p rietà meta-dialogi che dell’at t ività interl o c u t o ri a , s ipossono ri c o s t ru i re i postulati ge n e rali pro p ri dell’opera entro i D i a l oghi ( c f r.CO S S U T TA1 9 9 8a). Il che potrà far ri t e n e re che la fi l o s o fia padro n eggi totalmentele sue pro p rie condizioni d’espre s s i o n e, p e rlomeno nella misura in cui si osser-verà la più grande congruenza possibile tra gli schemi dottrinali e gli sch e m ie s p re s s ivi. Il che corri s p o n d e, e ffe t t iva m e n t e, alla vocazione delle grandi fi l o s o-fie sistemat i ch e.

Ma se è normale che la filosofia, a cose fatte, cancelli le tracce della sua ela-b o ra z i o n e, con la quale fo rnisce una ve rsione pubblica edulcorata o ri c o s t ru i t a ,per perm e t t e re invece al lettore di ri p e rc o rre re il suo cammino, non si è gi u s t i fi-c ati nel ri d u rla alla sua dimensione puramente concettuale o dimostrat iva. Al con-t ra ri o , l’analisi del discorso fi l o s o fico deve osserva re come sono stati effe t t u ati im o n t aggi , le messe in scena per mezzo delle quali la teoresi si svo l ge o si mimaentro un preciso spazio rappresentativo che utilizza tutte le risorse della scrittura.Esso ha la tendenza a mettere in evidenza il lavorio grazie al quale questo tentati-vo di congruenza si re a l i z z a , a va l u t a re i gradi di coerenza o di eterogeneità ch equesto pre s u p p o n e, essendo meno intere s s ata a scre d i t a re la pretesa della fi l o s o-fia che ad illustra re come anche questo paziente lavo rio d’elab o razione del senso,con i suoi fuorviamenti e le sue riuscite, caratterizzi l’attività concettuale. Così lap a d ronanza espre s s iva costituisce più un ideale, che talvolta certe grandi operec o n s eguono con esito fe l i c e, che una realtà effe t t iva. L’ at t ività fi l o s o fica è intes-suta da un pensiero che si cerca e si addomestica da lui stesso entro il gioco del

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Se l’analisi del discorso vuole defi n i re il suo oggetto deve dunque spiega re lan at u ra del rap p o rto che la fi l o s o fia intrattiene con la lingua e con i vincoli ge n e-rali che rendono possibile un discorso. In questo caso il compito è molto più dif-ficile che per gli altri tipi di discors o , p o i ché il discorso fi l o s o fico applica a se stes-so le sue proprie categorie; in questo caso le forme dell’espressione sono in per-manenza riassorbite e temat i z z ate esplicitamente o indirettamente al livello deisuoi contenuti tramite le cat ego rie teore t i ch e. La fi l o s o fia costituisce infatti queldiscorso che, costruito a partire dai vincoli che sono la condizione di ogni tradu-zione discorsiva, li rielabora tuttavia entro il proprio ambito e li categorizza entroi termini stessi della sua teoresi. Il che le conferisce la proprietà, o, se si preferi-s c e, la pre t e s a , di svo l ge re un ruolo fo n d at ivo rispetto agli altri tipi di discorso edi pretendere di fondare il modo della costituzione, garantendolo o delegittiman-d o l o : nel determ i n a re, al più alto grado di ge n e ra l i t à , le condizioni di legi t t i m a-zione della sua pro p ria enu n c i a z i o n e, la fi l o s o fia pretende di detenere anche i cri-teri generali di legittimazione per ogni enunciazione.

Il che significa che la fi l o s o fia può va l e rsi di una totale padronanza dei suoimezzi espre s s iv i , come se la costruzione di una lingua ideale off risse una pura tra-sparenza dei contenuti filosofici? Certo, in determinati casi prende le mosse dal-le nozioni offerte dal linguaggio popolare per elaborare un ambito concettuale lecui strutture semantiche sono regolate attraverso delle procedure di definizione eo bbediscono ai vincoli inerenti a una logica esplicita del senso (pensiamo a De-s c a rtes o a Spinoza). Ma in altri casi arriva ugualmente a ri e l ab o ra re una linguap o p o l a re di cui sollecita le strat i ficazioni semantiche ed etimologi ch e, gli usi, l edimensioni metafo ri ch e, al fine di dare visibilità al movimento di costituzione delsenso degli enunciati (questo è il caso dei differenti registri di Hegel rispetto allalingua tedesca o di Bergson nei confronti di quella francese). Che il risultato sfo-ci nella codificazione di un lessico o nella valorizzazione di un modo di dire, neidue casi la filosofia assume comunque una posizione di padronanza nel controllodei processi di cui custodisce determ i n ate tracce al fine di favo ri re una migliorerecezione della sua teoresi. La fi l o s o fia non pre s e n t e r à , d u n q u e, alcun re s i d u oe s p re s s ivo , o alcuna scoria comu n i c a z i o n a l e, che infi o ra le conve rsazioni e nonlascerà che poco spazio all’analisi, come se i mezzi espre s s ivi non gi o c a s s e ro ch eun ruolo meramente contingente.

Tu t t av i a , questi elementi discors ivi o espre s s iv i , lontano dall’essere acces-s o ri o occasionali, sono invece doppiamente connessi ai contenu t i : da una par-te determinano la loro possibilità d’emerge re, o ff rendo loro più che un suppor-t o , gi a c ché delineano la trama stessa della loro iscrizione entro l’ordine del di-c i b i l e, d ’ a l t ra parte sono invece determ i n ati in modo re t ro at t ivo at t rave rso ic o n t e nuti e pertanto ciascuna dottrina deve trova re il modo adeg u ato di pre s e n-tazione dei suoi sch e m i .

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3 - ATTI DEL DISCORSO E SCENA FILOSOFICA.

Queste considerazioni inclinano ve rso una metodologia che consentirà di pre-s e n t a re una fi l o s o fia come un sistema d’at t i , un insieme di espressioni del pensie-ro compiuti at t rave rso i discorsi e le cui tracce perm a n gono at t rave rso le cifre lin-guistiche stratificate che si depositano nella scrittura. Il testo filosofico non è cheil deposito immobile di un pensiero cri s t a l l i z z atosi entro la monumentalità di unad o t t rina concl u s a , m a , molto opport u n a m e n t e, esibisce la distinzione della moda-lità per mezzo della quale costituisce come oggetti di senso i suoi contenuti e lesue tesi. Cert o , il pensiero si deposita nelle pro p o s i z i o n i , o ff re dei ri s u l t at i , ma èmolto più importante comprendere il movimento per mezzo del quale i significa-ti sono stati dep o s i t ati piuttosto che ri fe ri rsi a un cat e chismo dog m atico. Non siscinderanno più, dunque, i corpi, la biografia, l’esistenza dal pensiero, quando sisarà compresa la modalità, non meccanica, della loro re c i p roco nesso. Una fi l o-s o fia non traduce un’esistenza, ma la media, at t rave rso i suoi at t i , in una modalitàe in una fo rma di pensiero. Si potrà così dilat a re la concezione sviluppata da P.Hadot a proposito dei filosofi antichi, fino ai sistemi che sembreranno più chiusinelle loro astrazioni (cfr. HADOT 1981). Per questo è necessario rintracciare entroi testi speculat ivi gli atti del discorso che costituiscono altrettante modalità di me-diazione di una tra s fo rmazione dei pro p ri propositi al lettore. Una linguistica del-le opera z i o n i , a s s o c i ate a un ap p roccio prag m atico al discors o , è indispensab i l e,se si vuole ri c o s t ru i re questa dimensione espre s s iva della fi l o s o fia e conserva re alsuo testo la caratteristica di un’opera viva.

Illustrazione dei riferimenti enunciativi.

Il primo compito consiste nel determinare quali sono i costituenti e le regoledi funzionamento dell’at t ività enu n c i at iva che pone i ri fe rimenti fondamentali in-t o rno ai quali si articolano le operazioni concettuali. Come abbiamo visto, c o n-trariamente all’impressione generale che concepisce i testi filosofici in modo di-sincarnato, come se i concetti, i ragionamenti e le tesi si generassero le une dallealtre, secondo una legge puramente immanente, siamo invece in presenza di unam o l t eplicità e complessità dell’at t ività enu n c i at iva , d o c u m e n t ata tramite le nu-m e rose e dive rse tracce che essa lascia nel testo. Nel raggru p p a re queste tra c c e, s ivede configurarsi la trama testuale, poiché questa lascia apparire nettamente l’ar-ticolazione del processo di pensiero at t rave rso i vincoli ri chiesti per la re a l i z z a-zione del senso. Lo studio delle operazioni enunciative permette di comprenderein che modo un testo fi l o s o fico determini la fo rma della rap p resentazione del pro-cesso speculat ivo che vuole condiv i d e re o che si presume che voglia svo l ge re ori c o s t ru i re. Così, indipendentemente dalla sua fo rma specifi c a , s e m b rerà che og n i

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d i s c o rs o , e n t ro la pura libertà cre at iva che recide idealmente il suo oggetto e lefo rmalità compromesse ri chieste dalla sua stessa destinazione teoretica. Per ri-spondere a questa doppia necessità la filosofia deve padroneggiare numerose esi-ge n ze che ge n e rano delle tensioni all’interno del suo stesso testo. È pertanto ne-cessario transigere tra la forma che realizzerà l’espressione più rigorosa e più pu-ra della struttura delle idealità filosofiche e ciò che dovrebbe essere invece presoin considerazione per confutare gli avversari, per formare un discepolo, per spie-gare ciò che si è voluto dire. Talvolta si tenta di integrare, nel modo più sinteticopossibile, il massimo dei vincoli discorsivi e allora si tende verso un’opera cano-nica, talaltra, invece, si accetta il rischio di una prolissità testuale per riesporre ori e l ab o ra re la dottrina ad un livello di fo rme espre s s ive le quali, at t rave rso la scel-ta di un genere o di un modo di esposizione, soddisfino in modo privilegiato l’u-no o l’altro dei vincoli comunicazionali (convertire, convincere, confutare,…).

Ogni fi l o s o fi a , qualunque sia la modalità fi l o s o fica con la quale ri s o l ve il pro-blema della sua pro p ria espre s s iv i t à , d eve comunque sodd i s fa re alle esige n ze ine-renti alla comu n i c a z i o n e, d eve stipulare un rap p o rto con il suo pubbl i c o , con leistituzioni sociali ed istituzionali che disciplinano la sudd ivisione delle paro l e. Unfi l o s o fo deve sviluppare delle strat egie per essere ri c o n o s c i u t o , d eve, i n s o m m a ,s t i p u l a re delle alleanze, i n d i ri z z a rsi agli specialisti, e s s e re accettato dai suoi si-mili, deve cercare di ufficializzare la sua teoresi. Con D. Maingueneau si può al-l o ra parl a re dell’“enunciazione fi l o s o fica come istituzione discors iva”. Per sfug-gi re a un sociologismo riduzionista che considere rebbe meccanicamente il rap-p o rto del testo al contesto, si deve allora , nu ova m e n t e, p riv i l egi a re la ri c ch e z z adelle componenti discors ive della fi l o s o fi a , senza dimenticare le p re fa z i o n i, s t u-diando le note che ri nviano a dei sistemi consimili oppure obl i ati con una ri m o-z i o n e, c o n s i d e rando tutto ciò che all’interno del testo contri buisce a legi t t i m a re lesue proprie condizioni di elaborazione.

G razie allo studio delle pro p rietà discors ive conosciute nella loro complessitàe ri c ch e z z a , l’analisi del discorso fi l o s o fico porrà dunque in evidenza il doppioaspetto della sua costituzione: le condizioni della sua i s t i t u z i o n e e quelle della suai n s t a u razione d i s c o rs iva. La sua istituzione discors iva media il rap p o rto tra l’o-p e ra e il contesto, m e n t re la sua instaurazione discors iva media il rap p o rto tra lefo rme espre s s ive e gli schemi speculat ivi (cfr. F. CO S S U T TA, D e s c a rtes et l’arg u -m e n t ation philosophique [D e s c a rtes e l’argomentazione fi l o s o fi c a] , P U F, Pa ri s1996, p. 114 e sgg.).

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d egli atti e degli schemi narrat ivi; c) individuazione delle operazioni connesse al-le principali finalità del discorso; d) individuazione dell’unive rso di ri fe ri m e n t ointerno; e) individuazione degli aspetti generali entro l’espressività filosofica.

Per semplificare la presentazione si può delineare il seguente quadro riepilo-gativo:

MODELLO GENERALE DELLA DISCORSIVITÀ FILOSOFICA

Apparato formale dell’enunciazione filosofica

A) Delimitazione della scena discorsivaSistema di individuazione degli enunciativi;Rappresentazione della scena filosofica.

B) Operazioni costruite sulla matrice enunciativa1) operazioni costruite sulle coordinate enunciative:

- attribuzioni: strutturazione dell’ambito;- modellizzazione: variazione d’intensità entro l’ambito;- delimitazione dell’ambito;

2) costruzione sulle sostanzializzazioni:Attanti, attori e personaggi;Schemi attanziali;

3) Variazioni sulle relazioni della matrice enunciativa:a) enunciatore/destinatario:

Funzioni di destinazione e persuasione, Funzione pedagogica,Funzione didattica, Funzione argomentativa;

b) enunciatore/coenunciatore:Funzione interdiscorsiva, Funzione di affiliazione, Funzione polemica.

C) Costruzione dell’universo interno del discorso1) Regolazione dell’organizzazione interna; 2) Strutturazione e localizzazione interne (anafora testuale):

Suddivisione e anafora;Riferimento e destinazione;

3) Tematizzazione, gerarchizzazioni enunciative e metadiscorsi;4) Costruzione di un dominio referenziale interno.

D) Forme generali dell’espressione filosoficaFunzione riflessiva;Genesi e Riformulazione;Funzione metodica;Sistematizzazione.

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d i s c o rso fi l o s o fi c o , secondo diffe renti modalità, rap p re s e n t i , e n t ro il codice del di-s c o rs o , il suo peculiare procedimento sotto fo rma fi g u rat iva o narrat iva. Chiamia-mo scena fi l o s o fica [scène philosophique] questo modo della rap p re s e n t a z i o n emediante la quale il processo del pensiero risulta iscritto entro l’ordine del di-s c o rso. Questa scena è costruita a part i re da una mat rice enu n c i at iva che ne fo r-ma l’ossat u ra. Per para f ra s a re una fo rmulazione di Benv é n i s t e1 6, si potrà così cer-c a re di determ i n a re le carat t e ri s t i che di un ap p a rato fo rmale per l’enunciazione fi-losofica. In effetti, per determinare i costituenti di questa scena, si può utilizzareil sistema dei ri fe rimenti enu n c i at ivi offe rti dalla lingua, analizzando sistemat i c a-mente ciascun segno (così come l’insieme dei contra s s egni che sono loro asso-c i at i : p ro n o m i , d e s i n e n ze ve r b a l i , p ronomi e agge t t ivi possessiv i , m o d a l i z z a z i o n i ,va l o re della stru t t u ra verbale). In francese i contra s s egni sintattici come i o ,t u , eg l i ,l o ro , si costituiscono non tanto come i t e m m o r fo l ogici dotati di un va l o re fi s s o ,ma come elementi suscettibili di essere resi significanti secondo differenti valoriche sono loro assegnati entro ciascun processo di pensiero.

Con una semplificazione del tutto propedeutica, si può rappresentare questam at rice come un tri a n golo i cui tre ve rtici sono ri s p e t t ivamente occupati dall’E-nu n c i at o re indicat o , dal Destinat a rio e dal Coenu n c i at o re : ogni estremità costi-tuisce uno spazio vuoto, che può essere sostanziato attraverso delle posizioni tal-volta discre t e, t a l a l t ra disposte in un continuo. A n a l ogamente i lati del tri a n go l onon rap p resentano affatto un’unica re l a z i o n e, ma una serie di relazioni possibili(opposizione, indifferenza, identificazione, ecc.). Lo studio delle varie combina-zioni e delle regole di composizione svolto astrattamente per far funzionare, a vuo-to, lo schema e, concretamente, per analizzare i dispositivi testuali specifici, con-duce a determ i n a re, in seno a ciascun testo, delle fo rme di unità e di coerenza ch esi possono defi n i re, d e l i m i t a re e cl a s s i fi c a re in modo analogo all’ordinamento del-le proposizioni enu n c i at ive (cfr. il capitolo primo dell’opera di F. Cossutta, É l é -ments pour la lecture des textes philosophiques [Elementi per una lettura dei te -sti filosofici], Dunod, Paris 1989)17.

Individuazione dei vincoli discorsivi del filosofare.

Questo modello consente, se si accetta di intenderne la portata al livello tran-s f ra s t i c o , di defi n i re le pro p rietà ge n e rali della fi l o s o fia comprendendola come at-tività discorsiva, tali da definire i principali vincoli che la strutturano a partire dailoro sostrati linguistici.

In effe t t i , si possono distinguere alcuni modelli di operazioni e di vincoli ch eat t rave rsano le scuole e le ep o che giocando un ruolo fondamentale nel quadro del-l ’ e l ab o razione teorica. Questi ultimi si possono cl a s s i fi c a re secondo un grado dicomplessità cre s c e n t e : a) individuazione dell’ambito teorico; b) indiv i d u a z i o n e

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sione francese delle M e d i t a z i o n i non è Descart e s , né il lettore di Descart e s , ma unenunciatore “universale”. Il percorso orientato operato sui valori referenziali e dip e rs o n i ficazione della prima persona non è dunque aleat o ri o , ma costituisce il fo n-damento linguistico di un capovolgimento filosofico.

C) Analogamente, al livello interno degli enunciati, le lingue pongono in es-sere un complesso gioco nel mettere in relazione, al medesimo livello del discor-s o , l ’ e nunciazione e la pre d i c a z i o n e, in un gioco incessante che determina dellec o n fi g u razioni nelle quali gli enu n c i ati fi l o s o fici si stru t t u rano secondo un re t i c o-lo di operazioni discorsive e di operazioni logico-concettuali. Le relazioni predi-cative, d’ordine concettuale e filosofico, le stesse che sembrano sostenersi trami-te se stesse, attraverso un loro incastro all’interno di una rete di relazioni logiche,sono sempre ispirate da una sostanzializzazione che le articola su un piano enun-ciativo, né ci sarebbe quest’ultimo, in questi limiti, che per difetto. E’allora indi-s p e n s abile defi n i re la nat u ra delle grandi operazioni discors ive art i c o l ate sulle re-lazioni tra i ve rtici del tri a n golo. In questo caso si tratta di mettere in relazione tradi loro gli enunciatori attraverso la mediazione degli enunciati, oppure di metterein relazione gli enunciati (per esempio una serie di tesi) attraverso la mediazionedegli enunciatori. Lungo l’asse che congiunge l’enunciatore-primario ai suoi de-s t i n at a ri , si distinguono le operazioni di Indiri z zo , quelle Pe d agogi ch e, D i d at t i ch ee Argomentative. Lungo l’asse che le collega ai coenunciatori iscritti entro il do-minio esterno sono invece costruite le operazioni Interd i s c o rs ive (o Intrat e s t u a l i ) ,Po l e m i ch e, R e f u t at o rie o di A ffi l i a z i o n e. Sull’asse che collega tra loro i destina-tari e i coenunciatori, si collocano delle operazioni (per esempio quelle che con-sentono di indurre un lettore a cambiare di campo) ch e, in effe t t i , quando si si-tuano all’interno di uno spazio discors ivo , i d e n t i fi c ato in modo stab i l e, sono sem-p re indiv i d u ate in rap p o rto a questa identificazione iniziale e sono dunque daconsiderare in collegamento con gli altri due tipi.

D) Le operazioni di Localizzazione consentono di situare gli enu n c i at i , o gru p-pi di enunciati, gli uni in rapporto agli altri. Quantunque questi non siano i soli aintervenire, in questo ambito i contrassegni enunciativi svolgono un ruolo consi-d e revo l e. Rich i a m i , a n t i c i p a z i o n i , s i n t e s i , ri m a n d i , ri p re s e, t e m atizzazioni espli-cite dell’ordine continuo o a seg u i re, danno luogo , c o s t a n t e m e n t e, a molteplici as-sunzioni. L’ E nu n c i at o re - p ri m a rio ri c o s t ruisce in permanenza l’organizzazione in-t e rna del discors o , disponendo le localizzazioni dello spazio e del tempo ch efo rniscono un dominio re fe renziale all’intera part e. Tale ordinamento discors ivogioca un ruolo, contemporaneamente, sia entro l’ordine della successione (colle-gamento anafo ri c o … ) , sia entro la messa in relazione simultanea delle parti di-s giunte (sistemi di ri nvio testuale). Essa opera micro - c o n t e s t u a l m e n t e, c o n t ri-

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A) Le va riazioni ap p o rt ate sugli spazi del modello testé indicato contri bu i-scono alla stru t t u razione dello spazio discors ivo , p e rm e t t e n d ogli di defi n i re il suoambito, i suoi limiti, le sue configurazioni interne, grazie alle operazioni di Iden-t i ficazione (ri fe rendo gli enu n c i ati a degli enu n c i at o ri identifi c at i ) , di Modelliz-zazione (valutando il loro va l o re at t rave rso gli enu n c i at o ri ) , di Delimitazione (cir-c o s c rivendo le fro n t i e re). L’ e nu n c i ato è così inscritto entro un dominio discors i-vo definito in rapporto a degli orizzonti situazionali multipli.

B) I ri fe rimenti enu n c i at ivi arri c chiscono e costituiscono il supporto delle rap-presentazioni figurative più complesse degli enunciatori entro gli enunciati. Que-sti contrassegni, indicati dai pronomi personali come dall’insieme degli operato-ri sintattici associati, costituiscono un punto di riferimento per l’elaborazione deipersonaggi che animano la scena filosofica. In effetti, ciascun ambito del model-lo enunciativo, al posto d’essere occupato da un pronome, se vuole può sostene-re dei nomi pro p ri , delle descrizioni defi n i t e, delle para f ra s i , dei sinonimi, ap-prossimative classi d’equivalenza, trasposizioni metaforiche o glosse, per mezzodelle quali la filosofia costruisce, attraverso il discorso, un’immagine più o menoelaborata di se stessa e degli altri personaggi che convoca e mette in scena. Que-sto approccio consentirà di fornire una consistenza metodologica alla nozione di“personaggio concettuale” elaborata da G. Deleuze.

Se si considera che le variazioni interne di una serie sono connesse con del-le regole, a ciascuna serie di variazione degli altri due spazi del modello enuncia-t ivo , si vede che si sviluppa molto velocemente una combinat o ria complessa e dait ratti alquanto dive rs i fi c ati. Ciascun nesso contri buisce alla carat t e rizzazione diuna forma specifica della discorsività filosofica.

E s e m p i o: così una lettura attenta delle due prime M é d i t ations Métap hy s i q u e s[Meditazioni metafi s i ch e] di Descartes permette di asseg n a re a un contra s s eg n oe nu n c i at ivo - p ri m a rio (in lat i n o , la desinenza della prima persona ve r b a l e, in fra n-cese, il pronome personale) che costituisce il contrassegno fondamentale di ognip ro p o s i z i o n e, una serie di va l o ri che si modificano nella misura in cui si ava n z anel perc o rso meditat ivo : a l l ’ “ i o ” che si ri fe risce al locutore Descart e s , re s p o n s a-bile bio-giuridico del suo testo, iscritto entro uno spazio/tempo esterno al discor-s o , si sov rappone un io-Au t o re, quello dell’enu n c i at o re contra s s eg n at o , che do-mina il dispositivo globale dell’ordinamento dello spazio/tempo interno del di-s c o rs o : questi interviene per ri c ap i t o l a re lo sviluppo, per incoraggi a re il lettore,per modellizzare gli enu n c i at i , per intro d u rre le obiezioni. E’ i n d i s p e n s abile tene-re ugualmente conto dell’“io” che apre l’interiorità singolare di un soggetto pen-sante, che condivide un processo di coscienza intimo e ci associa, infine, alla pri-ma persona che si dilata per estensione progressiva del suo dominio di referenza,al punto da includere ogni enunciatore, anche se l’“io” che dice “io” entro la ver-

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ma la sua modalità di re a l i z z a z i o n e, tenendo conto dei vincoli temporali e dellospazio inerenti alla traduzione discors iva , come vincoli imposti dalle finalità ester-ne alle quali deve obb e d i re. Conv i n c e re o pers u a d e re, d i m o s t ra re o argo m e n t a re,s p i ega re o ap p re n d e re e altrettante modalità diffe renti determinano o modifi c a n ol ’ o rdine d’esposizione o la stru t t u ra complessiva della pre s e n t a z i o n e. La messa inevidenza di tutte queste modalità di intera z i o n e, con i loro ra dd o p p i a m e n t i , i lorori s p e c chiamenti e i loro va ri intre c c i , m a n i festi o nascosti, costituisce uno dei com-piti essenziali, per chi vuole compre n d e re la logica interna dei sistemi fi l o s o fi c i ,come anche di tutte quelle fi l o s o fie carat t e ri z z ate dal ri fiuto della sistemat i c i t à .

Qualsiasi vincolo o le operazioni discors ive testé defi n i t e, non possono es-s e re comprese ri go rosamente in modo isolat o , gi a c ché il compito di un’analisi deldiscorso filosofico consiste nel mostrare come esse si intreccino entro una deter-m i n ata opera. Di conseg u e n z a , per le esige n ze dell’analisi, si possono porre in ev i-denza determ i n ati vincoli globali che concorrono all’organizzazione discors ivadel processo del pensiero , i n d ividuando quelli che costituiscono i loro sotto-in-siemi funzionali. Si comprende così, i n t u i t iva m e n t e, che per una fi l o s o fia il di-m o s t ra re, il pers u a d e re, il conv i n c e re, costituiscono ciò che si potrà indicare co-me un vincolo generale di sostegno che si riferisce tanto alla convalida delle tesiche al lavorio delle definizioni entro il quale si collocano le scelte espressive chela fi l o s o fia è spesso indotta a motiva re. Ma si av ve rt e, p a ri m e n t i , la necessità didistinguere tra un sostegno che tende a convalidare una proposizione per se stes-sa e che dipenderà dall’iscrizione della ve rità entro l’ordine del linguaggio e uns o s t egno che si ri fe risce invece al rap p o rto che la proposizione intrattiene con isuoi destinat a ri i quali costituiscono l’obiettivo concreto della sua unive rs a l i t àastratta: la dimostrazione possiede valore persuasivo in quanto tale, ma numerosimezzi che consentono di ottenere l’adesione saranno messi in opera , come ben do-cumenta l’arsenale argo m e n t at ivo che la storia della fi l o s o fia ci ha tra m a n d at o .O t t e n e re la convinzione tramite un’azione pers u a s iva ori e n t ata ve rso un interl o-c u t o re priv i l egi ato non è la medesima cosa che polemizzare contro degli av ve rs a-ri che si cerca di confutare o le cui obiezioni si vogliono confutare, allo scopo diottenere una legittimazione istituzionale della propria dottrina (per una presenta-zione delle categorie decisive per questa questione cfr. F. COSSUTTA, Descartes etl ’ a rg u m e n t ation philosophique [D e s c a rtes e l’argomentazione fi l o s o fi c a] , op. cit.,pp. 11-123). Peraltro farsi comprendere, spiegare o esplicitare una dottrina non èe s attamente la stessa cosa che fa rla accettare, i n s eg n a rla o conve rt i re ad essa. Tu t-te le grandi fi l o s o fie hanno costruito una scenogra fia ap p ro p ri at a , e n t ro la qualel ’ e s p ressione dottrinale e i vincoli comunicazionali ai quali esse dovevano neces-sariamente sottomettersi, sono interamente basati sugli schemi filosofici che fon-dano la loro singo l a rità. Il dialogo plat o n i c o , l’ipotiposi scettica, la meditazionec a rt e s i a n a , la presentazione m o re ge o m e t ri c o di Spinoza, la ri c e rca di Hume, l ’ a fo-

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buendo a fare di ciascun segmento (paragrafo, serie di paragrafi, sezioni, ecc.) unelemento integrato entro una continuità di senso, c o n c atenandoli tutti con deg l ielementi disgiunti (sostituzione sulla catena e collocazione di frecce seg n a l e t i ch e ) .Ma essa opera ugualmente macro - c o n t e s t u a l m e n t e, gi a c ché non interessa né qua-le elemento, né quale part e, o sotto-insieme testuale, possano essere messi in rap-porto con non importa quale altro elemento, favorendo delle relazioni all’internodell’espressività generalizzata nell’ambito di un’opera.

E) Gli scopi referenziali degli enunciati filosofici si organizzano direttamen-te sulla predicazione che costruisce l’unive rso denotat ivo , m e n t re anche le coor-d i n ate enu n c i at ive delimitano, secondo una modalità obl i q u a , un dominio re fe-renziale interno. Le operazioni che forniscono le proprie dimensioni all’architet-t u ra interna dell’unive rso del discorso s’ap p oggiano sulle precedenti opera z i o n i ,presupponendo tutte un livello di complessità di rango superiore. Esse concerno-no la fo rma ge n e rale dell’espressione fi l o s o fica e definiscono le pro p rietà meta-d i s c o rs ive come le più specifi ch e. Si possono pertanto distinguere le opera z i o n ic o n c e rnenti i vincoli Rifl e s s iv i , M e t o d i c i , Fo n d at rici e Sistemici, d’Esposizione edi Riformulazione.

Forme del contenuto e forme dell’espressione.

Tutte queste operazioni contribuiscono direttamente a stabilire un’interfacciat ra gli atti del pensiero , così come sono rap p re s e n t ati idealmente entro l’ordine dellinguaggio, e i loro correlati enunciativi, che sono costruiti entro l’ordine effetti-vo del discorso. Questi sono vincoli ch e, s i mu l t a n e a m e n t e, possono contri bu i realla ri s p e t t iva integra z i o n e, o a mantenere uno scart o , o p p u re, a n c o ra , un gioco traforma del contenuto e forma dell’espressione filosofica. Per forma del contenutosi deve intendere la rappresentazione della forma del processo del pensiero e de -gli schemi dottrinali. Per fo rma dell’espre s s i o n e si deve intendere la fo rma delp rocesso discors ivo che consente di illustra re la rap p resentazione del processo dip e n s i e ro . Questa distinzione è funzionale e non deve lasciar supporre una re i fi c a-zione dualista del filosofico tra due ordini ontologicamente stabiliti. Al contrario,si tratta di compre n d e re il movimento per mezzo del quale contenuto ed espre s-s i o n e, fo rma e sostanza, i n t e ragiscono e si conve rtono l’uno nell’altro , nella mi-s u ra in cui si ge n e ra il senso. Le idealità fi l o s o fi che non preesistono al discors oat t rave rso il quale sono costru i t e, ma esse sono poi pre s e n t ate come se fo s s e rorealmente indipendenti, dunque at t rave rso un lavo rio di ri - p re s e n t a z i o n e, at t ra-ve rso quello che abbiamo ch i a m ato la scena fi l o s o fi c a , connessa con l’ap p a rat oenunciativo. Questa traspone la forma ideale del contenuto e riproduce o trasfor-

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a) al livello micro-testuale del frammento o della lettura dettagliata e conti -nua di un’opera;

b) al livello macro-contestuale che consente di mettere in evidenza dei feno -meni di sequenzialità o di indiv i d u a re quelli che non possono dive n i re visibili ch ea un determinato grado (così ho condotto uno studio delle metafore del femmini -no nelle opere di Kierkegaard che mi ha molto insegnato sulla sua scrittura filo -s o fica; altro esempio: ho studiato le sequenze finali dei testi: come una fi l o s o fi ac o s t ruisce la fi n e, la conclusione di un’opera , come è scritta l’ultima pagi n a : si ècosì indotti a ri t e n e re di poter part i re da lì per ogni questione concernente la com -posizione d’insieme di un testo e di abb o rd a re, da quel part i c o l a re punto pro -spettico, il problema stesso della costruzione globale dell’opera filosofica).

c) al livello dell’opera filosofica globale. In effetti questo approccio permet -te di comprendere come si elabora, entro un gioco di tensione o di armonia, unafi l o s o fia ap p resa come dottrina e la medesima fi l o s o fia ap p resa come opera : h oc e rc ato di mostra re, con ri fe rimento a Descart e s , B e rgson e Wi t t ge n s t e i n , che l’e -laborazione dell’opera non è stata solamente contingente, ma che ha avuto alcu -ni rapporti con gli schemi dottrinali e che pertanto occorrerà studiare i fenome -ni di riformulazione, di rielaborazione degli schemi espressivi (pensiamo al mo -do con il quale Wittgenstein procede per “levigatura” [tuilage], Descartes per lacostante ri p resa della narrazione in prima pers o n a , B e rgson per una sorta di“zampillamento” a partire da uno stesso punto d’emergenza teorica, ecc.).

Allo scopo di fo rn i re un’idea meno astratta dei miei studi pro p o n go di esa -m i n a re lo statuto di un ge n e re fi l o s o fi c o , il dialogo, e di saggi a rlo con lo scopo dive d e re quale ruolo gi o chi questa fo rma espre s s iva nei confronti della costru z i o -ne globale di un’opera fi l o s o fi c a , per compre n d e re quali funzioni discors ive so -no part i c o l a rmente utilizzate in virtù di questa scelta: si tratta di una scelta de -terminata dall’interno, dalla natura della dottrina (per Platone questo è eviden -te), oppure di una semplice concessione didattica o di iniziazione?

I lavo ri che a questo proposito ho condotto ai fini di uno studio dettag l i at odi diversi dialoghi platonici del periodo della giovinezza o della maturità mi in -ducono a distinguere tre livelli di elab o razione testuale e tre tipi di atti del di -scorso entro il dialogo platonico: 1) l’interazione argomentativa, maieutico-dia -lettica, che fa avanzare il dialogo sulla sua tematica in vista della risoluzione diuna questione: la giustizia che cosa può insegnare alla virtù, che cosa alla pietà,e c c.; 2) le interazioni colloquiali, in virtù delle quali i pers o n aggi concord a n o ,applicano o tra s grediscono le regole dialogi ch e : non si tratta solamente di tre bre -vi momenti, ma talvolta di effe t t ive transazioni lungamente concord at e : ho fat t ouno spoglio assai esaustivo di tutti questi postulati dialogici; 3) le interazioni at -tanziali: quelle che sotto la diversità dei personaggi definiscono i ruoli degli sta -

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risma nietzsch i a n o , costituiscono altrettante fo rme espre s s ive fo n d ate dire t t a m e n t esulle fo rme del contenuto teorico. Il compito principale dell’analisi del discors ofi l o s o fico consiste allora non solo nel compre n d e re per quali mezzi una dottri n ao p e ra una tale integrazione entro una fo rma espositiva canonica (nel va l u t a rne ilgrado di compattezza e nel ri c o n o s c e re egualmente la presenza di eteroge n e i t à ) ,ma anche nel mostra re come essa si ap re ve rso serie di ri fo rmulazioni che inte-grano le evoluzioni dottrinali e tengono conto delle circostanze e del pubblico alquale l’opera è diretta.

III - UN ESEMPIO D’APPLICAZIONE: LA QUESTIONE DEI GENERI E LO STATUTO DELLA FORMA DIALOGICA NELLA FILOSOFIA.

Il metodo che ho descritto deve ora mostrare la sua fecondità:

1) L’analisi dei testi fi l o s o fici non riposa più su una distinzione semplice -mente empiri c a , ma presuppone una teoria ge n e rale della testualità che implicadelle modellizzazioni e delle cat ego rizzazioni in grado di off ri re la ga ranzia diuna rap p resentazione ogge t t iva del discorso. Di conseg u e n z a , questa teoria del -la discors ività sfugge ai ri s chi di un positivismo inge nuo (che vo rrebbe una scien -za del discorso fi l o s o fi c o ) , gi a c ché si deve continuamente interroga re sui suoistessi presupposti fi l o s o fici o ep i s t e m o l ogici (scelta linguistica, scelta fi l o s o fi c a :e se non si tratta né di un’erm e n e u t i c a , né di una decostruzione del fi l o s o fi c o ,non siamo fo rse in presenza di una teoria scettica della fi l o s o fia? Accetto eve n -tualmente questa determinazione scettica, a condizione di ri fe ri rmi ad uno scet -ticismo pirroniano ri ab i l i t ato e criticamente contro l l ato - cfr. i miei studi sulloscetticismo antico: Cossutta 1994) .

2) Questa concezione consente di libera re dalla loro ge n e ralità alcune fun -zioni discors ive fondamentali che ogni fi l o s o fi a , se vuole sodd i s fa re a delle esi -ge n ze elementari della comu n i c a z i o n e, d eve re a l i z z a re. A bbiamo sugge rito unan o m e n cl at u ra di queste funzioni e abbiamo mostrato come un certo nu m e ro di ge -neri siano costruiti o ripresi dall’ambito religioso, letterario per offrire all’espo -sizione dottrinale una fo rmalizzazione ap p ro p ri ata (scena fi l o s o fi c a , modelli espo -sitivi, regole di taglio e di concatenamento delle seguenze argomentative, ruolo efunzione delle immagini o metafore).

3) Questo metodo non solo è descri t t ivo (nella misura in cui consente di obiet -t iv i z z a re i fenomeni discors iv i ) , ma è anche euristico (nella misura in cui disch i u d ela possibilità di una ri n n ovata interp retazione – in senso non-ermeneutico – deltesto). Di conseg u e n z a , un momento interp re t at ivo diviene legittimo. E questo atutti i livelli dell’elaborazione testuale:

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un’ambiguità strat egica che talvolta lo conduce a R i c e rc a re una legittimazione isti-tuzionale della sua dottri n a , m i rando all’adesione dei corpi costituiti (scuola, ch i e-sa, congregazioni religiose...) e dell’Europa dei dotti, talvolta alla Ricerca di unal egittimazione tramite l’unive rsalizzazione del suo uditori o , c o n c epito sotto la ca-t ego ria dell’“onest’uomo”: si conoscono le oscillazioni tra l’uso del francese e dellatino, il gioco tra le “pre-pubblicazioni” e il ripensamento delle obiezioni trami-te le lettere della corri s p o n d e n z a , si ri c o rda il ruolo delle pre fa z i o n i , delle dedich em i rate per conciliarsi le buone grazie di un determ i n ato partito. Questo duplicescopo si traduce in una doppia esige n z a : quella di una presa in considerazione del-l’ambito fi l o s o fico in rap p o rto al quale instaura la sov ranità della sua dottri n a , d i-stinguendola e trasformandola, al costo di un intenso lavoro di posizionamento e,d u n q u e, ad un fo rte investimento polemico, e quella di una presa in considera z i o-ne di uno spirito guidato dal solo lume della ragione ch e, una volta superati gliostacoli dell’opinione e dell’attaccamento ai sensi, d eve poter accedere da se stes-s o , grado per gra d o , fino alle ve rità più alte, quelle che inducono Descartes a por-re in essere i dispositivi didattici o iniziatici che consentono al lettore di operare,tramite la lettura, una conversione interiore.

La seconda ambiguità risiede nel rap p o rto tra gli schemi dottrinali e il loro di-s p i egamento entro l’ordine del D i s c o rs o: come fa re coincidere l’ordine delle ra-gioni “ che consiste in questo solamente, che le cose pre s e n t ate come pri m a rie de-vono essere conosciute senza l’aiuto di quelle che seg u o n o , e che quelle che se-guono devono essere conseguentemente disposte in modo tale che siano dimostrat eat t rave rso quelle che le pre c e d o n o ” e l’ordine dell’esposizione o ordine del di-scorso? (ALQ, II, 581 e AT, VII, 155)18. Gli sono offerte due possibilità: illustra-re la dottrina secondo una modalità sintetica di presentazione (secondo un ordinet e m atico analogo alla modalità deduttiva della ge o m e t ri a ) , o p p u re pro p o rre unasviluppo analitico che consenta di intendere l’art i c o l ata catena delle ragi o n i ,c o n fo rmemente al loro processo di ap p ro fondimento speculat ivo1 9. Si sa che eg l i ,per delle ragioni di fo n d o , opta per la presentazione analitica, senza che questariesca tuttavia a sodd i s fa re simultaneamente le esige n ze comunicazionali pre c e-dentemente definite. Così la presentazione geometrica, messa alla prova nella se-conda ri s p o s t a , gli off re questo va n t aggi o : “[...] che immediatamente i lettori pos-sono compre n d e re ” ( A L Q, I I , 581) e, s o p rat t u t t o , “essa ap p o rta il consenso dellettore, per quanto egli possa essere ostinato e testardo” (ALQ, II, 583). Essa co-stituisce dunque un vincolo dimostrativo estremamente forte, senza peraltro per-m e t t e re di confutare ve ramente un av ve rs a ri o , gi a c ché si tratta di una pre s e n t a-zione diretta della dottrina. Essa è soprattutto molto infe ri o re poiché “[…] non do-na affat t o , come l’altra , una sodd i s fazione piena agli spiriti di coloro che desidera n oap p re n d e re, gi a c ché non insegna il metodo per mezzo del quale la cosa è stata tro-vata” (ALQ, II, 583 e AT, VII, 156)20.

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tuti delle diverse attitudini: discepolo, maestro, anti-filosofo, accusatore, ecc. Lacombinazione degli elementi attanziali definiscono le stru t t u re narrat ive o dei di -ve rsi scenari che sottintendono lo sviluppo intero di un dialogo (scenario ero t i c o -iniziatico o, al contrario, giuridico-sacrificale).

In Platone la dimensione dialogica “ s at u ra ” l ’ i n t e ro spazio dottri n a l e, m aquesto non avviene sempre in altri autori che usano la fo rma dialogica. Vo rre imostrare come la dimensione dialogica si strutturi in Descartes che ha scritto undialogo non concluso: La ricerca della verità mediante il lume naturale.

1) Pe rché Descartes ha scritto un dialogo , La ri c e rca della ve rità mediante il lu-me naturale, e non l’ha mai terminato?

Come testimonia abbondantemente la corri s p o n d e n z a , D e s c a rtes ha passato lasua vita a gi u s t i fi c a re l’esposizione della sua dottrina in funzione di complesse stra-t egie di coinvo l gimento dell’ambiente sociale ed istituzionale. Se inoltre si tienep resente che il dispiegamento nel tempo dell’edificio dottrinale ri chiede anche dit e m at i z z a re il rap p o rto esistente tra la logica immanente della sua genesi e i ri s ch iconnessi con le circ o s t a n ze biogra fi che ed editori a l i , si misura allora la diffi c o l t àdel compito per chi vo rrà analizzare il grado di necessità o di contingenza della fo r-ma dell’opera cartesiana. Tra il ri m a n eggiamento o la ri o rganizzazione della stru t-t u ra dottrinale che lo sviluppo della trattazione di questa o quella “ m at e ri a ” ri ch i e-de e le re t t i fi che imposte dalla dive rsità dei destinat a ri , sussiste una specifica ten-s i o n e, uno scarto che talvolta mira ad essere ri d o t t o , t a l a l t ra può svilupparsi conm aggi o re libert à : ri d u rre lo scarto condurrà a supporre una fo rma unica, nella qua-le il dispiegamento della s t ru t t u ra dottri n a l e con i suoi schemi architettonici e di-namici sarà isomorfa alla s t ru t t u ra dell’esposizione, nel qual caso parlo di un’o p e -ra canonica o di un modo c a n o n i c o di presentazione dottri n a l e. Inve rs a m e n t e, il la-s c i a re ap e rto il gioco autori z zerà la moltiplicazione delle fo rme d’esposizione, l al o ro va riazione in funzione degli elementi della dottrina temat i z z ati o delle strat e-gie d’investimento del campo fi l o s o fi c o , ciò che chiamo ri fo rmulazione dottri n a l e.Il che presuppone che tra la fo rma del contenuto di una fi l o s o fia e la sua fo rma d’e -s p re s s i o n e, esista un algo ritmo che sintetizza la loro re l a z i o n e : t ra i modi d’espre s-sione possibili e i modi re a l i z z atisi sussiste una diffe renza di cui fo rniscono testi-monianza gli abbozzi e le opere non concl u s e. Determ i n ate fi l o s o fie mirano allac o n c e n t razione ve rso un’unica opera , come è il caso di Spinoza, a l t re, al contra ri o ,moltiplicano gli i nvestimenti ge n e ri c i, utilizzano i ge n e ri esistenti e creano nu ovefo rme più adat t e. Ma, o l t re i limiti inerenti alle pro p rietà intri n s e che del discorso edella lingua, si urta anche contro alcune difficoltà ra d i c ate sul piano della fl e s s i b i-lità dei dispositivi dottrinali che non possono tollera re tutte le fo rme espositive.

In Descartes la sorgente della tensione è duplice: in primo luogo risiede in

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q u e, dal confinamento nello spazio del tempo meditat ivo. La mia ipotesi è ch ela comprensione della necessità del ge n e re dialogico si iscrive precisamente en-t ro questo contesto.

2) Dal dialogico al dialogo.

Descartes, dopo aver scoperto gli effetti della sua meravigliosa regola e avercompreso tutta la fecondità del suo metodo, successivamente, lungo il corso del-la sua vita, ha saggiato differenti generi d’esposizione. La sua opera si caratteriz-za per la modalità con la quale gioca su registri comunicazionali tutti diversi nelp riv i l egi a re un modo determ i n at o , i l l u s t rat o , per l’occorre n z a , con il dittico D i -scorsi/Meditazioni. Allo stato attuale occorre comprendere perché in seno al cor -p u s delle opere cart e s i a n e, a lat e re o in concorrenza con questo dispositivo mo-n o l ogico (narrazione della vita/meditazione intima), si sviluppino anche delle fo r-me d’esposizione dialogi ch e. In part i c o l a re, vo rrei interroga rmi sullo statuto diu n ’ o p e ra incompiuta, s v i l u p p ata sotto fo rma dialogi c a : La ri c e rca della ve rità me -diante il lume nat u ra l e. Questa incompiutezza è continge n t e, gi a c ché il lavo ro ès t ato interrotto per altri impegni o per altre ragioni non volute dall’autore oppure,a n c o ra , per la sua morte? Oppure si deve at t ri bu i re l’interruzione a delle necessitàintrinseche, formulando l’ipotesi di una non adeguatezza di questo modo espres-s ivo , come fa esplicitamente Descart e s , che si mostra dich i a ratamente stanco diu t i l i z z a re un modo di esposizione m o re ge o m e t rico già provato nelle R é p o n s e saux secondes objections [Risposte alle seconde obb i e z i o n i]? Sempre che la re a-lizzazione del progetto non abbia poi mostrato la sua impossibilità prat i c a , p e resempio a causa di imprevedibili ragioni di proporzione.

Relativizzare la questione della datazione.

Con qualche eccezione, i commentat o ri , p e ra l t ro poco nu m e ro s i , di quest’o-p e ra incompiuta si sono concentrati sul pro blema di una datazione che nessun cri-terio esterno o interno permette tuttavia di fissare con certezza. Ettore Lojacono,che sta predisponendo un’edizione ri go rosa del testo, i n clina per il 1634 (per lesue argo m e n t a z i o n i , unitamente ad altre preziose indicazioni bibl i ogra fi ch e, c f r.LO JAC O N O 1999. Purt roppo nel presente scritto non ho potuto tener presenti i sug-ge rimenti di questo scritto di Lojacono e nep p u re i fruttuosi scambi di opinioneche a questo proposito ho avuto con lo stesso Lojacono, J. M . B eyssade e J. P. C a-vaillé). In generale si fa dipendere la valutazione della sua portata filosofica dal-la scelta dell’ipotesi concernente questa datazione. Senza entrare qui nei dettaglidella controve rsia è tuttavia necessario indicare che sono state proposte tre dat e :l’ipotesi “ b a s s a ” , ava n z ata da Cantecor e, più re c e n t e m e n t e, da Popkin e Bort o-

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La scelta fondamentale operata da Descartes nel D i s c o u rs de la méthode [D i -s c o rso sul metodo] (parlo del D i s c o rs o in ge n e rale e non solamente della part ec o n s a c rata all’esposizione della metafisica) e soprattutto nelle M e d i t ations mé -t ap hy s i q u e s [Meditazioni metafi s i ch e] , consiste nel far coincidere genesi specula-t iva , p rocesso dimostrat ivo e “ c o n s i d e razioni delle ragioni che [la] pers u a d o n o ”(ALQ, II, 585). Si può dunque considerare il testo delle Meditazioni come la for-ma d’esposizione canonica della metafisica cartesiana giacché l’associazione trauno schema speculat ivo (l’analiticità) e uno schema discors ivo (la narrazione alpresente e in prima persona si ricollega al genere meditativo) realizza, al meglio,l’adeguazione tra forma del contenuto e forma dell’espressione della dottrina.

Tuttavia Descartes, non appagato da questa esposizione, ha voluto procederee proseguire con altri modelli espositivi, giacché quello che agli occhi dell’auto-re si mostra come il metodo migliore, non è tuttavia privo di difetti. Se in effe t t iconsente una progre s s iva iniziazione nel collocare il lettore entro una posizionedi identificazione mimetica col soggetto che medita (“non ho scritto che per co-loro i quali vorranno assumersi l’onere di meditare con me seriamente per consi-d e ra re con attenzione le cose” A L Q, I I , 5 8 5 ) , se lascia tempo allo spazio della me-ditazione e regola la confi g u razione delle ri p rese e delle pause, e s i ge, t u t t av i a , u n atale concentrazione che si rivela inaccessibile per il non-filosofo come per il filo-s o fo di pro fe s s i o n e : “ p o i ché questo tipo di dimostrazione non è adatta a conv i n-c e re i lettori ostinati o poco attenti”. In effetti il primo [il non-fi l o s o fo , N d T. ] , n o npossedendo percezione sintetica, si perde entro l’ordine “poiché si lascia sfuggi-re, senza pre n d e re cura delle minime cose che essa pro p o n e, la necessità delle sueconclusioni che non dimostra per nulla, se non ha consuetudine di spiegare mol-to dettagliatamente le cose che di per sé sono assai chiare, quantunque ordinaria-mente siano proprio quelle cui è necessario prestare più attenzione” (ivi, 152). Ilsecondo [il fi l o s o fo di pro fe s s i o n e, N d T.] , in quanto a lui, a ristotelico o tomista,fine dialettico formato coi metodi scolastici della divisione e dell’uso del sillogi-s m o , ab i t u ato all’esposizione tramite d i s p u t at i o, non saprà né compre n d e re le pro-posizioni, né essere convinto dalla forza delle dimostrazioni: “poiché, per il fattostesso che qualcuno si predispone ad impugnare la verità, si rende meno adatto ac o m p re n d e rla in quanto distoglie il suo spirito dal considera re le ragioni che ce nefanno persuasi per ap p l i c a rlo alla ri c e rca di quelle che la distru ggo n o ” ( AT, V I I ,157, ALQ, II, 585)21.

Ma come tutelare un ordine dimostrat ivo di tipo analitico, il quale, m e n t re fa-cilita una comprensione e una persuasione, consenta anche di superare l’ostacolodel pregi u d i z i o , siano quelli comuni o dei dotti? Queste esige n ze, come consta-t e re m o , ap p a ri ranno contra dd i t t o rie agli occhi dello stesso Descart e s , q u a n d oc o n s i d e rerà le incomprensioni suscitate presso i dotti dalle M e d i t a z i o n i. Per su-p e ra re queste difficoltà è necessario uscire dal carc e re del monologismo e, d u n-

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le proprietà del genere dialogato. Il genere, dopo una rinascita durante il Rinasci-mento, è praticamente caduto in disuso tra il 1580 e il 1630, con la sola eccezio-ne della tipologia del dialogo dei mort i2 3. Nel 1630 Galileo è autori z z ato a pub-bl i c a re il D i a l ogo sopra i due massimi sistemi del mondo e, s o p rat t u t t o , nella me-desima data La Mothe le Vayer, uno dei più illustri rappresentanti del movimentol i b e rt i n o , fa ap p a ri re, sotto lo pseudonimo di Orazio Tu b e ro , i suoi Q u at re Dialo -gues faits à l’imitation des anciens [Q u at t ro dialoghi fatti ad imitazione degli an -t i ch i] , t ra i quali fi g u ra un D i a l ogue sur la philosophie scep t i q u e [D i a l ogo sullafi l o s o fia scettica] 2 4 i cui due pers o n aggi sono Efestione e Eudosso. Si ri t rova que-sto ultimo nome nel dialogo di Descart e s , il che conduce Po p k i n , ( [The History ofS c epticism from Era s mus to Spinoza, U n ive rsity of Califo rnia Pre s s , B e rke l ey1979, NdT.]25, p. 233, n. 2) a considerare di situare la redazione della Ricerca en-t ro il contesto di una lettura dell’opera di La Mothe: “i passaggi delle R i c e rc a p o-trebbero aver ispirato Descartes attraverso questi Dialoghi che Descartes ha pro-babilmente letto nel 1630. In effetti, si rassomigliano per i loro nomi e per le loroposizioni”. Per numerose ragioni che ora non potrei sviluppare, questa ipotesi mipare poco plausibile. Di contro, non è escluso che Descartes abbia rintracciato inuna tale lettura l’idea di riprendere, a imitazione di Cicerone e di Platone, questanobile forma filosofica. Ma mentre anche Cicerone si riferisce a un genere intro-dotto da Platone defo rmandolo poiché lo considera come un semplice pro t o t i p oge n e ri c o , D e s c a rtes intro d u c e, i nve c e, la stru t t u ra dialogica entro una nu ova ri-c o n fi g u razione del dispositivo della scena fi l o s o fi c a , d e finita tramite i para m e t rispecifici del genere.

La scena così strutturata è qualificata dal marchio dell’intrattenimento mon-dano tra “ o n e s t ’ u o m i n i ” : “Così mi sono sfo r z ato di re n d e re [queste ve rità] ugual-mente utili a tutti gli uomini; per questa ragione non ho potuto indiv i d u a re uno sti-le più adatto di quello di queste oneste conversazioni, nelle quali ciascuno mani-festa in modo fa m i l i a re ai pro p ri amici ciò che di meglio vi è nei suoi pensieri ”( A L Q, I I , 1108 e AT, X , 4 9 8 )2 6. In effe t t i , non è sufficiente destinare l’opera a “ t u t-ti gli uomini”, gi a c ché la port ata di questa designazione è ambigua, tanto che nonsi distingue affatto da un ge n e rico “ ogni uomo”, per mezzo del quale si designaun uditorio unive rs a l e, di un’estensione quantitat iva che confi g u ra , p re c i s a m e n t e,quel pubblico cui è rivolto il libro. Questa volta l’onesta conve rsazione tra one-st’uomini, qui proposta entro il quadro dello spazio scenico-dialogico, è destina-ta al piano comunicazionale estern o , all’onest’uomo contemporaneo di Descart e s .Il che è indicato di primo acchito all’ap e rt u ra del pre a m b o l o : “Un onest’uomo nonha l’obbligo d’aver letto tutti i libri […] di conseguenza necessita di una notevo-le disposizione nat u rale o delle istruzioni di qualche saggi o , tanto per libera rsi del-le cat t ive dottrine da cui è dominat o , quanto per ge t t a re i primi fondamenti di unascienza stabile e scopri re tutte le vie at t rave rso le quali può eleva re la sua cono-

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l o t t i , fa di questo abb o z zo un saggio della gi ovinezza (intorno al 1625-28, lo stes-so periodo della redazione delle Regulae ad directionem ingenii e del Petit traité[Piccolo trattato]). L’ipotesi “mediana”, sostenuta da Adam e Alquié gli conferi-sce lo statuto di un’opera della mat u ri t à , c o n t e m p o ranea alle M e d i t a z i o n i , gi a c ch és a rebbe stata re d at t a , secondo questi autori , nel 1641 al castello di Endegeest inOlanda. Infi n e, C a s s i rer e G. Rodis Lewis (così come Baillet e Gouhier), la col-locano verso il 1648-49. In questo caso sarebbe pertanto l’ultimo testo di filoso-fi a , s c ritto nel contesto del soggi o rno presso la corte di Cristina di Sve z i a2 2. Na-turalmente non si può evitare di trovare strana l’ampiezza di queste diverse data-z i o n i , ma è comunque ve ro che ad una prima lettura si è colpiti da certi tratti arc a i c idel testo, mentre si ritrova un percorso espositivo familiare al lettore del Discor -s o o delle M e d i t a z i o n i, a n che se lo scritto possiede delle part i c o l a rità agevo l m e n-te individuabili.

Per ri s o l ve re il pro blema mi sembra che sia meglio mu ove rsi in modo inve rs oe determ i n a re la sua port ata fi l o s o fica procedendo ad un suo studio intern o , e suc-c e s s ivamente comparat ivo , per asseg n a rg l i , i n fi n e, eve n t u a l m e n t e, una precisa col-locazione entro la costruzione della dottrina cartesiana. In modo analogo azzar-d e rei affe rm a re ch e, di necessità, il pro blema della datazione non può essere ri-solto se nessun dato oggettivo incontestabile non consente di farlo. A mio avvisoè allora importante situare questo testo, in considerazione delle sue part i c o l a ri t àge n e ri ch e, in relazione alle M e d i t a z i o n i , se si concorda nel ri c o n o s c e re a questeultime, il ruolo canonico che gli ho attribuito. In effetti, se la Ricerca è collocataa monte delle M e d i t a z i o n i, costituisce un ge n e rico tentat ivo sperimentale e pre-p a rat o ri o , che è stato poi abb a n d o n ato per delle ragioni che la composizione stes-sa del testo meditat ivo ci deve consentire di compre n d e re a posteri o ri: è allora ne-c e s s a rio spiega re il passaggio dal dialogico al monologico. Inve rs a m e n t e, se la R i -c e rc a è posteri o re (che lo sia in modo immediato o più lontano non mi sembrafondamentale dal punto di vista dottrinale) è allora dove roso spiega re la sua ne-cessità a posteri o ri at t rave rso i difetti o le insuffi c i e n ze pro p rie della narra z i o n ein prima persona. A bbiamo dunque la scelta di poter confe ri re a questo testo los t atuto di una sperimentazione espre s s iva o di una ri s c ri t t u ra. Qualunque sia l’i-potesi condivisa, nei due casi le ragioni di fondo che rendono questo modo espo-s i t ivo interessante per la strat egia cartesiana della ri c e rca di una legittimità e diuna unive rsalizzazione sono identich e, o , p e rl o m e n o , c o n n e s s e, come lo sono, s e n-za dubbio e in misura uguale, le ragioni che conducono allo scacco.

Le proprietà del genere.

Una volta rimossa questa ipotesi pregiudiziale della dat a z i o n e, c o nviene ri fo r-mu l a re il pro blema in termini discors iv i , i n t e rrogandosi sull’interesse presente per

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z i at i c i , p rendendo il pubblico così com’è e senza idealizzare un lettore la cui in-teriorità sarà sufficientemente profonda per calarsi nell’intimità di una coscienzache si sviluppa entro il percorso meditativo. Inoltre, altro vantaggio fondamenta-l e, la fo rma dialogica consente di ap p rova re i vincoli dell’ordine della ragione masenza obbligare, come invece fa la presentazione sintetica dell’ordine dimostrati-vo, a esplicitare i nessi costitutivi di una dottrina completamente delineata (expo -s i t i o) , le cui concatenazioni sono semplicemente esibite. Come la meditazioneconsente di sviluppare il movimento genetico della costituzione fi l o s o fi c a , a n a l o-gamente il dialogo, per riprendere un’espressione che concerneva le Meditazioni“[…] mostra la via per la quale una cosa è stata inventata” (ALQ, II, 582). Il no-stro testo riprende peraltro la medesima formulazione: “sempre si dovrebbe ave-re più tempo per legge rli [i libri] di quanto ne abbiamo per vive re e più ingeg n oper scegliere le cose utili che per inventarle da sé” (AT, X, 497; ALQ, II, 1107, ilc o rs ivo è mio)2 9. Mentre il ge n e re meditat ivo conduce lo spirito a confro n t a rsi conse stesso, qui il mediatore consente invece al discepolo di atteggiarsi in modo datrovare da sé il cammino della verità. Numerosi passi d’esortazione protrettica odi meraviglia del maestro nei confronti dei progressi del discepolo pongono in ev i-denza questo punto: “ma crederò tuttavia di aver sufficientemente soddisfatto al-la mia promessa se, m o s t ra n d ovi le ve rità che si possono ri c ava re dalle cose co-muni e conosciute da ciascuno, vi renderò capaci di trova re da voi stessi tutte lea l t re, quando vi piacerà pre n d e rvi la pena di cerc a rl e ” ( AT, X , 503; A L Q, I I ,1 1 1 2 )3 0, poi soprattutto entro il passaggio dialogicamente fondamentale di rove-sciamento nel quale lo stesso discepolo può pro s eg u i re la deduzione: “Lo ve d o ,dopo che vi ho condotto sulla strada non vi è più alcun bisogno che voi non con-fi d i ate interamente che su voi stesso […]. Continu ate dunque a dedurre da voi stes-so le conseguenze da questo primo principio”. (ALQ, II, 1128).

M e n t re il D i s c o rs o m o s t ra il cammino personale di Descartes che si mettein scena, ma invita tuttavia il lettore a fa re nello stesso modo, senza però indi-c a rgli come fa rlo e mentre ancora le M e d i t a z i o n i , sia pur al pre z zo di una imita-zione mimetica per identifi c a z i o n e, consentono di passare dalla singo l a rità di unego a l l ’ u n ive rsalità di un c ogi t o , riducendo lo scarto con il lettore, col ri s chio dire n d e re troppo angusto il suo bers ag l i o , al contra rio il dialogo La ri c e rca dellave ri t à c o s t ruisce un complesso spazio di confronto che distru gge le re s i s t e n ze,ge n e ralizza il dubb i o , ma vuole anche scrupolosamente fo rn i re i mezzi per su-p e ra rl o , i n t egra n d o , fin dall’esord i o , l ’ u d i t o rio più ampio. Non si tratta più di unro m a n zo d’iniziazione, né di un esercizio spiri t u a l e, ma di un processo didat t i-co (fa re compre n d e re) e pedagogico (fa re ap p re n d e re ) , ra ffo r z ato da un disposi-t ivo polemico (confutare l’av ve rs a rio e anticipare le obiezioni). Mentre la nar-razione meditat iva re s t ri n ge il campo della persuasione e la narrazione autobio-gra fica lo dilata all’eccesso, il processo dialogico sembra invece situarsi alla

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scenza fino al più alto grado che possa raggi u n ge re ” ( A L Q, I I , 1 1 0 5 -6 e AT, X ,4 9 5 - 6 )2 7. Il dispositivo dialogico ha dunque la funzione di pro p o rre al lettore non-fi l o s o fo un polo di identificazione qui pers o n i fi c ato da Po l i a n d ro collocato entrouna relazione con un saggio che gli permetterà di sfuggi re alle cat t ive dottrine tra-smesse da Epistemone, il rap p resentante dell’erudizione scolastica2 8.

La conve rsazione mondana non è affatto un colloquio discontinu o , bensì und i a l ogo fi l o s o fico (all’occorrenza tri l ogico [“t ri l og u e ”]) che instaura le sue pro-prie regole attraverso la mediazione di un personaggio centrale (Eudosso) il qua-le, contemporaneamente, attribuisce i ruoli, la parola e guida lo sviluppo entro laR i c e rca della ve ri t à , assumendo successivamente gli altri due partecipanti comei n t e rl o c u t o ri priv i l egi ati. Uno studio dettag l i ato permette allora , e ffe t t iva m e n t e, d ip o rre in evidenza la pregnanza dello schema platonico della conve rsazione ini-ziatica istituita grazie alla costituzione di una relazione privilegiata tra maestro ed i s c epolo dotato di una buona disposizione (relazione Eudosso-Po l i a n d ro). Il dia-l ogo ci mostra come dopo un rapido ap p re n d i m e n t o , c a rat t e ri z z ato da tentenna-menti e insuccessi, Poliandro sia capace di sostituirsi al suo maestro e di dedurredi per sé la catena dei ragionamenti. Ma, una volta ri fi u t ati i pregiudizi ra d i c at inell’attaccamento al senso e all’opinione comune, è ancora necessario distrugge-re le pretese dei falsi saggi che avanzano le obiezioni della scuola, prima di sma-scherarli come autentici ignoranti (relazione Eudosso-Epistemone). Il tempo dia-l ogico e il suo modo di costruzione at t rave rso sequenze argo m e n t at ive perm e t t edunque al lettore una flessibilità e una adat t abilità ben maggi o re di quella con-cessa dal tempo meditat ivo , gi a c ché può seg u i re le fluttuazioni dell’incompre n-sione e lasciare libero corso allo spirito polemico: Poliandro deve riprendersi trevolte prima di trova re, una volta stabilita la certezza dell’esistenza, quale sia la suan at u ra. Il gioco di interazione è dunque sufficientemente complesso per autori z-zare una concatenazione di seguenze connesse con lo sviluppo dell’ordine anali-tico delle ragione, mentre tutela la possibilità di prendere tempo per ribattere alleobiezioni e ai pregiudizi, per formare ed imparare a filosofare da se stessi. Peral-t ro i pers o n aggi esplicitano degli attanti fi l o s o fici in modo re l at ivamente ricco. Intal modo, in effe t t i , vi è un pers o n aggio pre s e n t e - a s s e n t e, quello dello scettico,contro il quale s’abbatte ogni dispositivo che Epistemone, in più occasioni, agitacome uno spettro cacciato dall’ombra di Eudosso. Solo la fo rma dialogica per-mette di tra s fi g u ra re, p e rs o n i fi c a n d o l i , gli at t o ri istituzionali del dibattito fi l o s o fi-co contemporaneo a Descartes. Li può così tra s fi g u ra re su uno spazio scenico pla-s m a n d o , alla luce delle norme interne della sua dottri n a , lo spazio fi l o s o fico in se-no al quale dispiega la sua strat egia di legi t t i m a z i o n e : così facendo tra s fo rm a ,grazie alle prospettive di questi lettori, la configurazione del campo, marginaliz-zando la filosofia ufficiale e lottando contro la sovversione libertina.

La fo rma dialogica consente, i n s o m m a , di sodd i s fa re agli scopi polemico-ini-

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ferte al lettore dal testo (identificazione del lettore non specialista dotato del suobuon senso con Poliandro, dell’avversario del cartesianesimo con Epistemone, odel lettore già convinto con Eudosso) autorizza così una molteplicità di perc o rs iche donano al dialogo filosofico la sua piena efficacia.

I limiti del genere.

Ma se la forma dialogata possiede tali virtù, come spiegare l’incompiutezza,se non è contingente? E come spiega re il fatto che la fo rma meditat iva ri m a n e, c o-munque, la forma d’esposizione canonica del cartesianesimo?

Si possono sugge ri re tre ragioni che spiegano altrettanto difetti o fragilità deldialogo configurato come genere filosofico, debolezze che lo qualificano tanto inrapporto alle forme monologiche che a quelle forme dialogiche inserite in comu-nicazioni esterne.

1) D i s t o rsione della proporzione e decomposizione. La R i c e rc a così come è benabb o z z ata può, di per sé, aver scoraggi ato Descartes per l’ampiezza delle sue pro-p o r z i o n i , tanto più se ci si ri fe risce ai diffe renti piani di organizzazione proposti espli-citamente nei frammenti di cui disponiamo. Descartes deve aver avuto l’impre s s i o-ne che non sarebbe mai perve nuto alla fi n e. A l t rove ho mostrato come l’interesse el ’ o rdine analitico-meditat ivo consentì all’autore di dosare, secondo un ottimale rap-p o rto d’economia, la quantità di mat e rie e il grado di ri go re dei vincoli dimostrat i-vi. Cert o , e Descartes lo spiega nelle Obiezioni e ri s p o s t e, questo avviene al pre z zodi determ i n ati sacri fi c i , gi a c ché certi temi non sono stati trat t ati e altri si trovano ela-b o rati secondo la regola d’ordine entro altri “ l u og h i ” , d ive rsi da quelli che asseg n al o ro l’ordine spontaneo del concatenamento tematico degli argomenti. Del resto que-sta legge di composizione interna non svo l ge un ruolo solo all’interno del dialogo ,il quale, per il suo doppio intento polemico e pedagogi c o , ri s chia di dilat a rsi al pun-to da re n d e rsi fo rmalmente spro p o r z i o n at o : voler tutto dire e tutto spiega re dive rr ài m p o s s i b i l e, s p e z zerà la linearità del concatenamento delle ragioni e distru ggerà in-fine l’opera. A meno di tra s c u ra re alcuni argo m e n t i , col ri s ch i o , i nve rs o , di una po-ve rtà inaccettabile dei contenuti. Si osservi che la quarta parte del D i s c o rs o, pur sen-za intro d u rre l’ipotesi del dio inga n n at o re, non omette tuttavia di mettere in dubb i ole mat e m at i ch e, il che è cruciale per confe ri re a questo dubbio la sua radicalità. A lc o n t ra ri o , la R i c e rc a c o rt o c i rcuita questo momento e brucia alcune tappe entro l’e-splicitazione del c ogi t o . M a , i nve rs a m e n t e, s ’ appesantisce su una confutazione as-sai superficiale dei procedimenti scolastici (critica dell’albero di Po r fi ri o , e c c.) o in-siste lungamente sui balbuzienti tentat ivi di Po l i a n d ro debu t t a n t e.

Due indizi, uno interno e uno esterno, attestano la plausibilità di questa pri -ma ipotesi: lo stesso Descartes temat i z z a , a l l ’ i n t e rno del dialogo , questo pro bl e-

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giusta distanza disponendo in modo armonioso tutti gli elementi costitutivi del-la discors ività fi l o s o fi c a .

Il dialogo non è la sola fo rma “ d i a l ogi c a ” u t i l i z z ata da Descart e s , come di-mostra l’esistenza della corrispondenza, ossia quella diretta alla comunità erudi -t a , nella quale si instaura una relazione priv i l egi at a , sul modello della direzione dicoscienza (lettere a Elisab e t t a ) , o quella dove si realizza un ra fforzamento pole-mico del testo monologi c o , come dimostra il procedimento consistente nell’asso-c i a re le Objections et Réponsens [Obiezioni e ri s p o s t e] col testo meditat ivo. Masi vede bene come il dialogo, come genere filosofico, modifica profondamente lep ro p rietà di questa dialogicità. Le interazioni effe t t ive mettono in luce degli in-t e rl o c u t o ri reali che tessono uno spazio d’interlocuzione all’interno dello spaziosociale at t rave rso il ri s chio di una comunicazione re a l e, nella quale regna il fra i n-tendimento, la cattiva fede, i pensieri arretrati, ecc. Il dispositivo “responsoriale”delle Obiezioni e risposte è pesante, spesso ridondante, in rapporto al testo medi-t at ivo , senza il quale non possiede pera l t ro alcuna autonomia. Non ge n e ra un pro-p rio ordine (Les Prov i n c i a l e s [Le prov i n c i a l i] di Pascal mostre ranno che i ri s ch ip o l e m i c i , in determ i n ate circ o s t a n ze, possono “ p ro d u rre un’opera”). Al contra ri o ,la corrispondenza privata (con la principessa Elisabetta) aderisce ai meandri di unp e rc o rso nel quale Descartes si confi g u ra , in qualche modo, come dire t t o re di co-s c i e n z a , ma dovendo adat t a re le sue intenzioni all’idiosincrasia del suo interl o c u-tore (nella fattispecie, con la malinconia della principessa) depotenzia la genera-lità dei suoi propositi. In questo contesto, in tutti e due i due casi, la distanza, an-c o ra , non è positiva , l ’ av ve rsità o la vicinanza saranno eccessive, il processo èi n s t ab i l e, i n c o n t ro l l ab i l e, i n c apace di tra d u rre l’analiticità dimostrat iva. Una po-sizione da maestro suppone di poter riassorbire il campo dell’interlocutore effet-t ivo , i n t egrandolo in uno spazio dialogico unificante la dive rsità delle voci. E’ s u f-ficiente stilizzare il dispositivo polifonico delineando dei personaggi che manife-stino delle cat ego rie attanziali (il fi l o s o fo , l ’ o n e s t ’ u o m o , l ’ e ru d i t o , lo scettico, i lteologo) e delineare uno scenario dialogico-drammatico che consenta di attualiz-zare le regole interattanziali. La temporalità dialogica diviene omogenea giacchéla sua flessibilità consente di meglio integra re i diffe renti ritmi della confutazio-ne e dell’iniziazione con lo sviluppo regolare, il quale coordina le ragioni secon-do le regole dello sviluppo metodico. Si può così integrare, all’interno del mede-simo mov i m e n t o ,l ’ av ve rsione polemica e la prossimità pedagogi c a , gi a c ché il dia-l ogo con tre interl o c u t o ri consente di costru i re una tri a n golazione costituenteun’asse polemico entro due av ve rs a ri di cui il vincitore ri - p ropone la posizioned e l l ’ a u t o re e due assi lo collega n o , ri s p e t t iva m e n t e, a un pers o n aggio-testimone ealla sfida della cattura persuasiva, ri-presentata dal lettore non prevenuto (propo-nendo un’analisi più dettagliata si potrebbe ordinare questo schema sul “modelloattanziale” greimassiano31). La diversificazione delle possibili identificazioni of-

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mezzo aveva consentito a Platone di superare la sua diffidenza nei confronti del-la scri t t u ra. Le M e d i t a z i o n i non possono soff ri re di un analogo ri m p rove ro. Cer-t a m e n t e, costituiscono una ri c o s t ruzione di una modalità meditat iva , ma non sa-rebbero inautentiche nella misura in cui locutore ed enunciatore sono identificatitramite la posizione di un riferimento comune.

3) Menzogna dialogica e verità monologica. La terza ragione di questo falli-mento del dialogico è prossima alla seconda. In effetti si può ri at t u a l i z z a re un’an-tica critica rivolta alla fo rma dialogica. Questa dipende dalle arti imitat ive che con-sentono di squalifi c a rla come finzione e menzogna dialogi c a : si avrà una con-t ra ddizione prag m at i c a , o perfo rm at iva , t ra la necessità di ri c o rre re a unafigurazione narrativa o drammatica e il “contenuto” dottrinale il quale presuppo-ne che la finzione e l’immagine debbano essere rifiutate come modi di accesso alve ro. Nel platonismo questo ri s chio è ev i t ato grazie al ruolo at t ri buito all’analo-gia che consente di appoggiarsi entro lo spazio dialogico su dei supporti paradig-matici, mitici o mimetici. D’altra parte gli “attori” (nel senso di Greimas33) sonoi n c o rp o rat i , i d e s t sono dotati di una consistenza fi g u rat iva e azionale gi a c ch é , rap-p resentando gli at t a n t i , sono fo r z ati dalle cat ego rie dottrinali che definiscono las fe ra at t a n z i a l e. La fo rma del contenuto e la fo rma dell’espressione sono situat eentro un rapporto di inter-espressione [entre-expression].

Questo non è il caso della Ricerca, poiché non vi è necessità intrinseca all’e-s p ressione dialogat a , m e n t re l’esposizione in prima persona è immanente allo svi-luppo concettuale e dimostrat ivo. Le fi g u razioni sono molto scarn e, i gi o chi dra m-m atici assai essenziali. La scelta del dialogo risulta da un investimento ge n e ri c op o s s i b i l e, ma non necessario. Si potrà obiettare che le M e d i t a z i o n i c o s t i t u i s c o n oa n che una finzione narrat iva , sotto fo rma di un dramma di coscienza, ma non sitratta solamente di una finzione letteraria, giacché una coscienza che rappresentaa se stessa la sua indagine non potrà fa re economia di un’auto-progettazione fi-gurativa. La figurazione non è dunque affatto estranea al concetto, ma costituisceil progetto schematizzante sul piano del discorso (a questo proposito si vedano leilluminanti tesi di J. F. Bord ro n3 4) , a n a l ogamente alla stru t t u ra narrat iva che nonaltera il processo metodico, giacché obbedisce al medesimo schema procedurale.Entro il dialogo la finzione dipende dalla potenza dell’immaginazione, con il suori s chio di inga n n a rs i , m e n t re la fi g u razione monologica non è che l’effetto dellarappresentazione stessa del pensiero pensante.

3) Funzione discorsiva del dialogo e ipotesi di datazione della Ricerca.

Ho scart ato deliberat a m e n t e, per mio intento di precauzione metodica, le con-s i d e razioni cro n o l ogi ch e, il che mi ha consentito di concentra rmi sullo statuto ge-

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ma della proporzione che si traduce “ s ogge t t iva m e n t e ” , per i pers o n aggi , in unai m p ressione di stagnazione; tuttavia è questo ciò che per due volte esprime Epi-stemone alla fine del dialogo (“tuttav i a , non vedo che egli [Po l i a n d ro] abbia mol-to progredito dopo le due ore che abbiamo passato a ragi o n a re tra noi. […] Quan-te parole per una cosuccia da poco”ALQ, II, 1138; AT, X, 525 e - rivolgendosi aEudosso -“mi sembrate simile a quei saltimbanchi che cadono sempre in piedi; ri-t o rn ate sempre al vo s t ro punto di partenza. Se continu ate in questo modo, non an-drete lontano, né speditamente”,ALQ, II, 1140 e AT, X, 526)32. Sia ben chiaro, sic o m p rende come queste affe rmazioni siano dovute all’incomprensione totale dap a rte di Epistemone delle carat t e ri s t i che del progetto di ri fondazione intrap re s oda Eudosso, t u t t av i a , non si può ev i t a re di pre s u m e re, p ro p rio nel considera re larelativa pesantezza del dispositivo espositivo, che in questi rilievi vi sia una certapercezione della stasi.

Il secondo indizio mi è suggerito da un’indicazione di Baillet, uno dei primib i ogra fi di Descart e s , c o l l o c ato in appendice al testo della R i c e rc a da Charl e sA d a m : “E il Signor Cleirselier aveva promesso a Pa d re Poissons di completarequest’opera. Ma il timore di non poter rispettare nella continuazione tutta la giu-stezza e le proporzioni necessarie con l’inizio, l’hanno infine dissuaso” ( AT, X ,529). Certamente non si tratta di at t ri bu i re gli scrupoli o la reticenza di Cleirs e l i e ra Descart e s , t u t t av i a , essi indicano che i primi attenti lettori del testo erano stat isensibili ai problemi della sua composizione.

2) Inautenticità monologica del dialogo fi l o s o fi c o. A bbiamo mostrato che ilgenere dialogico conserva la sua superiorità per la ragione che si costruisce entrole forme della dialogicità effettiva che arricchisce la pratica filosofica di Descar-tes superando i suoi limiti. Ma, in questo caso, ci si potrà interrogare sui limiti diun ge n e re che ri c o s t ruisce un’interazione dialogica a part i re da uno spazio lette-ra rio norm ato da un autore, un locutore unico che è, al contempo, a l - d i - f u o ri e al-d i - d e n t ro del suo testo (sempre se Eudosso lo rap p resenta). Per ri p re n d e re le di-stinzioni di C. Kerbrat Orecchioni, si può dire che entro i due tipi di testo si svi-luppa un’opposizione tra l’aspetto dialogico (l’interlocuzione implica dei locutorid i ffe re n t i , u n ’ i n t e razione effe t t iva entro la quale esiste un posto per le sorp re s e,gli inganni, gli scacchi o le battute conversazionali) e la dialogicità (un locutore,ma con una polifonia enunciativa) nella quale l’interazione, totalmente controlla-ta dallo scri t t o re, non possiede che l’ap p a renza del ve ro dialogo. L’ o ri gine del-l’insuccesso sarà da indiv i d u a re entro l’art i ficio di una modalità espositiva ch eimita la parola vivente unicamente per meglio contrabb a n d a rne l’autenticità. I da-di sono truccati e il lettore è vittima prescelta di un’insidiosa captatio. Questo ri-lievo ci riporta ad un vizio originale del dialogo filosofico sviluppato sul model-lo dell’intrattenimento socrat i c o , a n che se si deve poi considera re che solo questo

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m i t e, dalla tecnica”. Entro questa tematica il ruolo dell’immaginazione o della fi n-zione si può dunque arri c ch i re. Ma si osserverà che esiste una importante diffe-renza tra la scelta della finzione come supporto della costituzione dell’opera e lasua utilizzazione come elemento interno della speculazione fisica o metafisica (l’i-potesi di un genio malvagio). La Ricerca ricolloca il modello della fabula mundive rso una favola della coscienza, gi o c ata entro uno spazio teat ra l i z z ato. Cert a-mente un dialogo non è un lavoro teatrale, ma vi è una sorta di prossimità generi-ca che indicherà una parentela di questa opera con le meraviglie barocche. D’al-tra parte i limiti di questo collegamento sono evidenti, perlomeno nella misura incui il dispositivo della Ricerca teatralizza i discorsi filosofici, ma senza aver fattori c o rso agli art i fici della teat ralità barocca. Pe rtanto l’antico modello, riv i s i t ato al-la luce di quello mondano, quello di una solitudine non austera, arricchito con laconvivialità, sembra meglio adattarsi allo scopo.

Sul piano fo rmale da questa tra s fo rmazione del dispositivo d’esposizione con-segue una riduzione delle proporzioni e una integrazione monologica dei vincolid i s c o rs ivi prima sudd ivisi tra i diffe renti pers o n aggi (didat t i c i , p e d agogi c i , p o l e-mici). A t t rave rso un dialogo della coscienza con se stessa, lo scarto tra le voci èpiù ri d o t t o , ma questo livello di riduzione è va ri ab i l e. Così nel testo cartesiano nonsi trova l’enunciatore che si rivolge a se stesso, grazie all’utilizzazione sistemati-ca della seconda pers o n a , come av v i e n e, per esempio, nei Pe n s i e ri per me stesso3 5

di Marco Aurelio. In tal modo la dialogicità interiorizzata fa prevalere la funzio-ne delle domande e consente di asseg n a re al lettore la posizione di chi è guidat oe n t ro la relazione con un dire t t o re spiri t u a l e. Questo tipo di dialogicità dualizza lei s t a n ze della coscienza all’interno stesso dello spazio monologico. In questo ca-s o , t u t t av i a , non siamo dav ve ro in presenza di un dialogo della coscienza con sestessa, ma, piuttosto, allo sviluppo del movimento stesso della coscienza verso ilpensiero. Di contro, Descartes riduce lo scarto con se stesso e, dunque, con il let-tore, al punto d’intimare a quest’ultimo, come unico luogo possibile, il suo, giac-ché si deve collocare nell’unico spazio asseg n ato da un “ i o ” ch e, quasi subito, p e r-de la sua dimensione referenziale auto-biografica. Il lettore si deve pertanto iden-t i fi c a re con la coscienza che medita per ri fa re lui stesso il medesimo camminop roposto. In effe t t i , le cose non sono semplici e ho già mostrato come sotto l’u-nità gra m m aticale dei contra s s egni della prima persona si scorgono mu ove rsi mol-t eplici funzioni discors ive, gi a c ché il testo meditat ivo è arri c chito da pro c e d u re diorientamento che consentono al lettore di progredire passo dopo passo. Il pensa-t o re - D e s c a rtes è pertanto immerso entro lo sviluppo del pensiero in at t o , m e n t rel ’ a u t o re - D e s c a rtes è, c o n t e m p o ra n e a m e n t e, s o p ra l’opera nel momento stesso incui la sta costruendo.

A n a l ogamente sarà ben compresa la dimensione polemica, se si tiene pre s e n-te che è stata ottenuta grazie al passaggio dal dialogico al monologi c o , p o i ché è

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n e rico della R i c e rc a, collocando la fo rma dialogica in rap p o rto agli altri inve s t i-m e n t i , p rossimi o distanti, che hanno permesso a Descartes di modulare la pre-sentazione della sua dottrina in funzione del suo sviluppo e delle strat egie adotta-t e, i d e s t delle condizioni di recezione incontrate dalla nu ova fi l o s o fia. Queste con-s i d e razioni ap p o rtano degli elementi determinanti a favo re di una delle tre ipotesidi datazione? Non ne sono sicuro , gi a c ch é , se l’abbandono di quest’opera non ècontingente, la mia idea è di rintracciarne le ragioni su un livello formale, mentrele questioni pro p riamente speculat ive passano in secondo piano. Ma se si ammet-te che ciò risponda alla questione delle possibili ragioni che spiegano l’abbando-no dell’opera, tuttavia questo non pregiudica affatto l’epoca in cui questo può es-sere successo.

Ecco perché propongo un’ipotesi in forma di una alternativa:

Prima ipotesi, anteriorità della Ricerca rispetto alle Meditazioni: le Medita-zioni risolvono le difficoltà inerenti al genere dialogico.

Se la R i c e rc a è stata composta prima delle M e d i t a z i o n i, si può immagi n a reche l’abbandono del testo si radichi nelle difficoltà che noi abbiamo precedente-mente esposto. I Discorsi e le Meditazioni rappresenterebbero una soluzione mo-n o l ogi c a , l’una essendo desinata all’onest’uomo e l’altra ai dotti, dei pro blemi fo r-mali posti dell’esposizione dialogica. A l l o ra Descarts av rebbe deciso di interi o-ri z z a re l’ambito della finta alteri t à , c o s t ruita at t rave rso il dialogo , sviluppando untesto assunto direttamente in prima pers o n a , ribaltando un teat ro semi-mondanoin un investimento d’altro ge n e re, quello del teat ro intimo della coscienza, i n a u-gurato dalla confessione agostiniana.

Si osserverà che l’uso della finzione è utilizzato ugualmente da Descartes sot-to la fo rma della fabula mu n d i , nelle sue prime opere, quelle che ri n forzano l’i-potesi di un’opera della giovinezza. Dobbiamo ricordare che una delle prime for-me espositive del sistema cartesiano fu la fabula mu n d i. Secondo J. P. Cava i l l é«nell’epoca barocca la metafora teatrale diviene l’espressione di questa cancella-zione dei privilegi della natura a vantaggio della tecnica e della sostituzione, cosìo p e rat a , della “p h u s i s” con la “t e ch n é” e della “n at u ra” con l’“a rt e”» (cfr. J. P.CAVA I L L É, D e s c a rtes. La fable du monde, [D e s c a rtes. La favola del mondo] ,V ri n -Ehess, Paris 1991, p. 41). Di conseguenza, precisa successivamente l’autore, cheD e s c a rtes non condivide il nichilismo del contesto baro c c o , gi a c ché “di primo ac-chito, la favola cartesiana del mondo sembra radicalmente differente dalle favoleb a ro c ch e. A diffe renza di queste ultime, la favola cartesiana mira alla ve rità e, b e nlontana dal re s t a re at t a c c ata alle spoglie del ve c chio mondo, i l l u s t ra soprattutto lagenesi di un nu ovo mondo, completamente meccanizzat o , n ato da un’istanza me-tafisica che non è ancora spiegata nel testo, finzione di un mondo interamente di-sponibile ad essere dominato dalla nuova scienza della meccanica e, per suo tra-

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p o rre una presentazione dialogica delle M e d i t a z i o n i , collocando dei trattini da-vanti a ciascun “intervento”.

D’altronde lo stesso Descartes avrà proceduto a una tale impaginazione se sid eve cre d e re ad una curiosa indicazione fo rnita da Baillet nel passo in cui parl adella redazione della R i c e rc a: “Aveva iniziato il suo trat t ato della R i c e rca dellave rità in questa fo rma di Dialogo e noi abbiamo allora ri l evato la saggia scelta deisuoi pers o n aggi. Egli li aveva anche disposti (A margi n e: c f r. MS. PO I S S.) nella me-desima maniera delle sue Meditazioni e dei suoi P ri n c i p i, dopo il suo secondoviaggio in Francia” (citato da AT, X, 529, nell’Appendice alla Ricerca)40. Occor-re rebbe uno storico per ve ri fi c a re la precisa allusione di Baillet e per spiega re l’ac-cenno regi s t rato in margi n e. In ogni caso si vede molto bene come i P rincipi av reb-b e ro potuto essere pre s e n t ati sotto fo rma di “ d o m a n d e ” e “ ri s p o s t e ” , secondo lat radizione scolastica, p e rlomeno in funzione del loro essere visti da parte di unpubblico “scolastico” (il che può essere verificato ricavando dal titolo di ciascunparagrafo, mediante alcune modificazioni, la stesura delle domande). Vedremmoallora che anche il testo delle Meditazioni si presta a una esposizione sotto formadi risposte.

Tu t t av i a , si tratta sempre di una dialogicità molto pove ra , sia nel contenu t o ,sia nell’autenticità, giacché l’alterità virtuale non riesce a svilupparsi come pun-to di vista autonomo e si trova sempre assoggettata ad un’orientazione argomen-tativa la quale dipenda dalla voce che controlla il dispositivo, nella fattispecie daquella dell’unico scri t t o re - l o c u t o re ed enu n c i at o re indiv i d u at o , il quale costru i s c euno spazio stru t t u rato secondo delle norme monologi ch e. Senza cadere in una pro-s p e t t iva che at t ri buisce al dialogismo una dimensione trascendentale (a questo pro-posito si veda la lezione delle Meditazioni sviluppata da F. Jacques41) si può tut-t avia concedere una dialogicità implicita nel discorso cartesiano che rende com-p rensibile il passaggio dal dialogo ve rso un monologismo ammorbidito. Se è ve roche la prima persona è consustanziale allo schema speculat ivo del cart e s i a n e s i m oe che l’analiticità mal si adatta al dialogo , nondimeno permane uno spazio per unad i a l ogicità implicita, s u s s i d i a ria in rap p o rto alla manifestazione della scena me-ditativa la quale si dirà residuale o fondatrice, sorgente d’eterogeneità discorsivao condizione della sua omogeneità, a seconda della particolare ottica interpretati-va adottata.

Del resto questa anteri o rità fo rmale della R i c e rc a s ’ a c c o rderà con le tra c c ed’arcaismi che si possono rintracciare.

N u m e rosi indizi mostrano come il testo si ori gini da quel clima di autenticos t u p o re che Descart e s , avendo ve ri fi c ato grazie al colloquio con il cardinale Bé-rulle42, a quale punto il suo metodo stupisse gli spiriti per la sua universalità e lasua efficacia, lo qualifica, infine, come la sua “meravigliosa regola”. Nel nostrotesto questa fiducia si traduce nell’attitudine di Eudosso che, durante tutto il col-

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impossibile colpire nominalmente l’av ve rs a rio che ri fi u t a , di per sé, le sue conce-zioni. Pertanto la radicalità del dubbio è sufficiente a rifiutare altrettanto bene siai pregiudizi comuni, sia le pretese scolastiche o il “nichilismo” degli scettici. Pe-ra l t ro la dimensione “ re s p o n s o ri a l e ” , per ri p re n d e re l’espressione di J. L. Mari o n3 6,è presente in una meditazione sotto la forma delle obiezioni che l’autore si fa dase stesso e che potrebbero anche ben costituire l’anticipazione di quelle di un in-terlocutore o di un potenziale avversario.

Di fat t o , nel testo delle M e d i t a z i o n i si trova costantemente l’introduzione diun punto di vista “ s fa l z at o ” il quale, molto agevo l m e n t e, av rebbe potuto essere at-t ri buito a un’istanza enu n c i at iva eterogenea (“ma, s ebbene qualche volta i sensi cii n ga n n a n o , toccando delle cose poco sensibili […]”, AT, I X , 14 e A L Q, I I , 4 0 5 ;“ t u t t avia è già da molto tempo che nella mia mente ho una certa opinione […]”,A L Q, I I , 408 e AT, I X , 20) e ch e, in qualche caso, lo sono effe t t iva m e n t e : “ P u òessere che ci saranno delle persone che preferiranno negare l’esistenza di un Diocosì potente, piuttosto che cre d e re che tutte le altre cose siano incert e. Ma non op-poniamoci […]” (AT, IX, 21 e ALQ, II, 410)37. Le risposte seguono sistematica-mente l’introduzione di questi interventi: “Tuttavia, devo qui considerare che so-no uomo e di conseguenza […]” ( A L Q, I I , 406) risponde all’obiezione circa il ca-rat t e re stravagante di un dubbio che graverà sulla nostra stessa esistenza.L’ a rgomento del sogno è invece introdotto con un nu ovo interve n t o : “ t u t t avia sideve certamente ammettere che le cose che vediamo nel sonno sono come quadried immagini dipinte che non potevano essere formate che a somiglianza di qual-cosa di vero e reale. […] Per la medesima ragione […] si deve tuttavia ammette-re che vi sono delle cose ancora più semplici e più universali che sono vere e cheesistono […]” (ivi, 407). Il che consente, infine, di terminare con questa obiezio-n e, con la quale è introdotta l’ipotesi del dio inga n n at o re : “ Tu t t av i a , è già da mol-to tempo che nella mia mente coltivo una certa idea, che vi è un Dio che può tut-to e che […]” (ivi, 409 e AT, IX, 20)38.

Queste obiezioni e queste risposte sono dunque concat e n ate e, p e rlomeno perquesta P rima Meditazione, costituiscono il supporto del concatenamento. In talmodo lo stile meditat ivo sarà intrinsecamente dialogico. Si potrà affe rm a re ch etutto ciò è conforme all’idea di Bachtin secondo il quale la struttura del discorsoè determinata dai vincoli dell’interlocuzione verbale: “naturalmente l’orientazio-ne dialogica del discorso costituisce un fenomeno pro p rio di ogni discorso. Vi èl’ipostasi naturale di ogni parola vivente. Se tutte si rivolgono verso l’oggetto, inogni direzione, il discorso, nell’incontrarsi con un altro, ‘estraneo’, non può evi-tare di intrattenere con esso un’azione viva ed intensa”39. Analogamente una me-ditazione inscri t t a , per defi n i z i o n e, e n t ro la fo rma interi o re, non può non esserec o n c epita come il prodotto di due interl o c u t o ri. Alla luce degli esempi ri c avati dal-la P rima Meditazione, si comprende agevolmente che sarà pertanto possibile pro-

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una maggi o re mat u rità metafisica. Il ch e, nu ova m e n t e, militerà a favo re di un’an-teriorità dei contenuti speculativi della Ricerca, ma li collocherà nella prossimitàteorica del Discorso e delle Meditazioni, poiché il concatenamento logico, senzaessere identico, non è tuttavia meno simile, senza che si sappia se occorra valuta-re le prove dell’anteri o rità dei contenuti o se sia invece necessario spiega rle at t ra-ve rso la dive rsità dei destinat a ri. Tali considerazioni inducono così a collocare que-sto testo nella seconda metà del decennio 1630-1640.

Ma, in apparenza, questa paradossale analogia funzionale dei generi si oppo-ne a ciò che gi u s t i fi c a , i n d i re t t a m e n t e, l’ipotesi dell’anteri o rità della R i c e rc a c o-me forma sperimentale anticipata di una esposizione dottrinale la quale, se speri-menta e saggia nel moltiplicare i tentativi generici, delinea, simultaneamente, una rgomento per la tesi della posteri o rità della R i c e rc a in rap p o rto alle M e d i t a z i o n i .

Seconda ipotesi: la posteri o rità della R i c e rca in rap p o rto alle M e d i t a z i o n i :la Ricerca come risoluzione delle insufficienze del monologismo meditativo.

In effe t t i , si potrà spiega re la necessità del ri c o rso a questa fo rma sulla ba-se della carenza dialogica delle M e d i t a z i o n i , al di là della necessità, ri c o n o s c i u t ada alcuni commentat o ri , della disillusione conseguita alla recezione della meta-fisica che si indiri z z ava unicamente all’onest’uomo. Nel ri l eva re i ri m o rsi car-tesiani fo rmu l ati nelle R i s p o s t e alle Seconde Obiezioni, ho mostrato come il mo-do dell’esposizione meditat iva non consenta di pers u a d e re due pubblici pera l-t ro fo n d a m e n t a l i : quello dei “ t e s t a rd i ” , d o m i n ati dai metodi della scolastica ed e l l ’ a ristotelismo diff u s o , s e m p re intenti a disputare, con “lo spirito indotto ac o n t ra dd i re ” p rima che a compre n d e re, e quelli dei “poco at t e n t i ” , i n c apaci dim e d i t a re con il ri go re e la serietà necessari e. E’ p recisamente un uomo di spiri-to “ m e d i o c re ” , vale a dire ord i n a ri o , E u d o s s o , ch e, nelle R i c e rc a, si rivo l ge a unPo l i a n d ro , il quale rap p resenta l’onest’uomo senza cultura libre s c a , e a Episte-m o n e, il quale pers o n i fica esattamente l’av ve rs a rio ostinato di cui parla il testodelle R i s p o s t e.

Si potranno immagi n a re sviluppi intermedi tra le M e d i t a z i o n i e la R i c e rc ase si vuole situare quest’ultima a una data più tard a : si è visto come il meccani-smo d’integrazione delle Obiezioni e ri s p o s t e ri p renda dialogicamente il mono-l ogismo meditat ivo , ma senza conserva rne l’analiticità, i nve rtendo la dire z i o n edi coscienza re a l i z z ata entro il quadro di una corrispondenza privata la qualep e rmette di stab i l i re una relazione tra maestro e discep o l o , ma che soff re, t u t t a-v i a , di un quadro troppo intimista. Nell’utilizzare la finzione del dialogo De-s c a rtes avrà quindi potuto integra re le funzioni polemiche e didat t i c o - p e d ago-gi che entro un medesimo spazio/tempo testuale, m e n t re sviluppava il dialogi-smo implicito nel ge n e re meditat ivo .

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loquio, rivolgendosi, tramite Epistemone, al lettore, vanta la facilità con la qualeciascuno può superare tutti gli ostacoli che lo separano dalla vera scienza: “Que-sto non è poi così difficile come pensate; tutte le ve rità infatti derivano le une dal-le altre e sono legate tra loro re c i p ro c a m e n t e. Tutto il segreto consiste soltanto nelc o m i n c i a re prime e dalle più semplici e di pro c e d e re poi, a poco a poco e comeper gra d i , fino alle più lontane e alle più complesse” ( A L Q, I I , 1140; AT, X , 5 2 7 )4 3.A n a l ogamente il ri fe rimento del titolo e di altri passi all’estensione ve rso dominiicuriosi o occulti (“penetrare proprio nei segreti delle scienze più curiose”), ci ri-p o rta ai tempi nei quali Descart e s , a n c o ra affa s c i n ato come Mersenne (che lo saràper tutta la vita), e ra intere s s ato ai fenomeni bizzarri che poteva incontra re stu-diando la natura o presso i presentatori di illusioni44. Si sa che ogni volta Descar-tes si pro p o rrà di spiega re questi fenomeni tramite delle teorie fi s i ch e. Ma in que-sto caso non si tratta più del Metodo, che è necessario pre s e n t a re per se stesso, c o-me una sorta di “sesamo” universale, come accade nelle Regulae, o ne Il Mondoo, ancora, sia pur in un senso particolare, nel Discorso, considerato globalmente.L a R i c e rc a, come le M e d i t a z i o n i , hanno invece interi o ri z z ato le considerazioni delmetodo come un elemento del processo che, per effetto del dubbio, conduce allas c o p e rta di una certezza irre f u t ab i l e. E’ ch i a ro che questo testo ri p rende una stru t-t u ra d’esposizione consistente nel pre s e n t a re il sistema (comprendente la fi s i c a ,ecc.) come dedotto dai suoi fondamenti metafisici e non come il frutto di un me-todo ammirabile45. In questo senso il testo va allora al di là del Discorso. S’inter-rompe precisamente nel momento in cui, dalla certezza del c ogi t o si cerca di ri-cavare una regola che offra l’evidenza come criterio della verità: Epistemone iro-nizza e avanza l’obiezione sulla possibilità di tra s fe ri re l’evidenza lungo la cat e n aa n a l i t i c a : “In effe t t i , come potremo trova re sempre delle ve rità di cui possiamo es-s e re sempre certi come della nostra stessa esistenza?” ( AT, X , 5 2 6 )4 6, al che Eu-dosso ri s p o n d e : “ […] per non sbag l i a re in seg u i t o , è necessario stare attenti - equesto è ciò che facciamo - a non riconoscere come vero nulla che sia oggetto alpur minimo dubbio” (AT, X, 527)47.

Ci si potrebbe at t e n d e re che a questo punto sia intro d o t t o , come in ap e rt u radella terza meditazione, il criterio della chiarezza e della distinzione (“sono certodi essere una cosa che pensa: non so dunque anche ciò che si richiede per esserecerto di alcunché? […] E pertanto posso stabilire come regola generale che sonove re tutte le cose che perc episco con estrema ch i a rezza e distinzione”, AT, V I I , 3 5 ;A L Q, I I , 4 3 1 )4 8, d ato che la regola qui proposta corrisponde alla terza delle R e -gulae e alla prima nell’esposizione del metodo nella seconda sezione del Discor -so 4 9. Nell’esposizione della metafisica (nel D i s c o rs o , come nelle M e d i t a z i o n i)questa regola costituisce una regola di ottimizzazione o della massimizzazione deldubbio, giacché il criterio della certezza ricavato dal cogito si radica, nei due ca-s i , nella ch i a rezza e nella distinzione. Il che at t ri buirà alla quarta parte del D i s c o rs o

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i ri s chi della ri s t ru t t u razione o degli ri a rra n giamenti che si radicano nelle ri fo r-mulazioni, secondo vari codici discorsivi. La forma dialogica offre delle interes-santi pro p rietà intri n s e ch e, gi a c ch é , in un primo momento, s e m b ra adatta a tra-d u rre espre s s ivamente lo schema dottri n a l e, o ff rendo un adeg u ato supporto al con-c atenamento analitico. L’ o p e ra compiuta av rebbe dato luogo ad un esitoconfrontabile a quello delle Meditazioni, al punto da generare un nuovo modello(analogamente al Discorso, divenuto discorso “primo”, nel senso di D. Maingue-n e a u , o delle M e d i t a z i o n i che svo l gono un ruolo di fo rma canonica per una fi l o-s o fia della coscienza) rivitalizzando dialogicamente una pratica del dialogo ch e,in ambito fi l o s o fi c o , t roppo spesso si accontenta di sch e m at i z z a re in modo ru d i-mentale e meccanico la pluralità polemica dei va ri punti di vista. Ho mostrato co-me Descartes tra s fo rmi il dialogo in uno strumento che favo risce anche la spiega-zione della dottrina a un maggior numero di persone suscitando adesione non al-le sue tesi, ma alle modalità del processo che le genera.

Come spiega re allora l’interruzione e l’incompiutezza? Se essa non si spiegacon delle ragioni contingenti, può allora derivare da due ragioni più fondamenta-l i : s i a da uno scacco de fa c t o: D e s c a rt e s , avendo cominciato l’opera , si sarebb ereso conto che non sarebbe riuscito a dare al lavo ro il carat t e re vivente e ricco ch ei modelli dell’antichità gli mettevano a disposizione. A meno che non avesse fi-nalmente deciso di ri nu n c i a re all’opera , non riuscendo a supera re i pro blemi dicomposizione e di proporzione che ri ch i e d evano di sceg l i e re tra il sacri fi c a re lad o t t rina o il dialogismo come semplice art i fizio; sia da uno scacco de jure, ra d i-c ato nella scoperta di una inadeg u atezza fo rmale del ge n e re dialogico che non ri e-sce a conserva re le condizioni di un’analiticità pura. Fo rse Descart e s , per man-canza di talento o di “ i s p i ra z i o n e ” , non ha trovato adeg u ate ri s o rse di scri t t u ra (sti-l i s t i ch e, re t o ri ch e, n a rrat ive, d ra m m at i che) le quali gli av rebb e ro permesso dip re s e rva re l’equilibrio tra la proporzione stru t t u rale delle mat e rie trat t ate secondol ’ o rdine delle ragioni e le proporzioni tempora l i , i n e renti al ritmo dell’iniziazio-ne e della confutazione. Forse, al contrario, la coscienza di questa inadeguatezza,d ovuta all’utilizzazione di un ge n e re illegi t t i m o , t roppo poco adatto alla fi l o s o fi a ,gli ha impedito di cerc a re le ri s o rse lettera rie che gli av rebb e ro permesso di ri n-novare il genere. Poco importa, se, allo stato attuale, abbiamo potuto comprende-re che le ragioni strutturali a causa delle quali l’elaborazione dell’opera cartesia-na doveva ricorrere a questo genere sono anche le medesime ragioni che spiega-no la necessità del suo abbandono.

( Traduzione dal francese e note di integrazione al testo – cfr. i n f ra – di Fabio Minazzi)

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Pertanto la Ricerca combinerà, allo stesso tempo, sia il vantaggio di una delimi-tazione dello spazio discorsivo che consente di ordinare le ragioni argomentati-ve, sia quello di una polifonia enunciativa che permette, invece, di rivolgersi adun pubblico più ampio. In tal modo la Ricerca avrà permesso di superare gli osta-coli formali tipici del genere meditativo. Queste due ipotesi mettono dunque inbuona evidenza le ragioni e i meccanismi di fondo dello slittamento dall’utilizza-zione di un ge n e re espositivo ad un altro , m a , t u t t av i a , non ci fo rniscono affatto lapossibilità di pre c i s a re in che senso operi questo stesso ge n e re : dal dialogo ve rs ola meditazione o dalla meditazione ve rso il dialogo? Nat u ralmente si può imma-gi n a re agevolmente una prima fase del testo, re d atta prima delle M e d i t a z i o n i, gi àmessa al1a prova nel 1628-2 95 0, s u c c e s s ivamente abb a n d o n ata per essere poiripresa51 ed essere infine nuovamente abbandonata per le ragioni formali prece-dentemente precisate. Questa ipotesi, che presuppone, dunque, due redazioni deltesto, avrebbe non solo il merito di conciliare le due ipotesi concernenti le rela-zioni tra i differentl generi, ma permetterebbe, inoltre, di spiegare anche la pre-senza simultanea dei tratti caratteristici della prima maniera di Descartes, unita-mente ai tratti concernenti il materiale dottrinale elaborato entro il contesto delleMeditazioni. Ma, qualunque sia la risposta a questa questione aperta, il dialogorimane, comunque, incompiuto, pertanto, se accettiamo veramente di scorgereuna relazione davvero non-contingente tra il testo e la sua incompletezza, dob-biamo allora spiegarla tramite una inadeguatezza tra questa forma espressiva e glischemi dottrinali del cartesianesimo.

Conclusione.

Questo studio è eccessivamente rapido e non si potrebbe pro c e d e re senza svi-l u p p a re un’analisi dettag l i ata delle stru t t u re dialogi che del dialogo , u t i l i z z a n d o ,per esempio, i metodi dell’analisi del discorso filosofico che ho messo a punto ela cui particolarità consiste nel comprendere il testo sulla base delle sue proprietàd i s c o rs ive, delle occorre n ze enu n c i at ive e prag m at i ch e. La scelta della fo rma dia-l ogi c a , s ’ i n s c rive certamente come una semplice possibilità discors iva e ge n e ri-camente astratta. Essa è resa possibile dal meccanismo linguistico dell’interlocu-z i o n e, dalle condizioni istituzionali della circolazione della parola nel diciasset-tesimo secolo, o l t re che dall’esistenza delle pro p rietà discors ive di un ge n e resedimentate entro l’archivio di un modo espressivo filosofico tipicizzato dal pla-tonismo. Ma ciò che può aver conferito un valore agli occhi di Descartes non at-tiene a una semplice disponibilità di un registro di forme. La filosofia cerca di in-s t a u ra re la sua pro p ria fi l o s o fia entro un regi s t ro stilistico e fo rmale unico e sin-go l a re, i l l u s t rat o , secondo me, dalla fo rma meditata. Ma non si può comu n q u erinunciare a riformulare la dottrina riesponendola, anche a costo di dover correre

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ap p a rsi entrambi a Pa ri gi , per i tipi dell’editore Au b i e r-Montaigne i quali, per l’ap p u n t o , ap-profondiscono la duplice accezione testé indicata. NdT.].

6 [Il saggio di Derri d a , La my t h o l ogie bl a n ch e. La métap h o ra dans le texte philosophique[La mitologia bianca. La metafo ra nel testo fi l o s o fi c o] ap p a rso ori gi n a riamente nel 1971 sul n.V della rivista pari gina «Poétique» (nu m e ro monogra fico dedicato al rap p o rto tra R h é t o rique etp h i l o s o p h i e) , s u c c e s s ivamente ri p u bbl i c ato nel citato volume del 1972 di Derri d a , M a rges de lap h i l o s o p h i e, è ora disponibile anche in traduzione italiana, alle pp. 273-49 del volume di Derri-d a , M a rgini della fi l o s o fi a , a cura e con traduzione di Manlio Iofri d a ,E i n a u d i , To rino 1997. N d T. ]

7 [Cfr. J. DERRIDA, Margini della filosofia, trad. it. cit., p. 287, NdT.].8 [ C f r. VI C TO R GO L D S C H M I D T, Le Pa radigme dans la dialectique platonicienne [Il para -

digma entro la dialettica plat o n i c a], P u f, Pa ris 19884, in part i c o l a re si veda il capitolo terzo de-d i c ato al rap p o rto tra Pa radigma et métap h o re [Pa radigma e metafo ra] , alle pp. 104-10. N d T.] .

9 [Cfr. J. DERRIDA, Margini della filosofia, trad. it. cit., p. 291, NdT.]10 [Cfr. J. DERRIDA, Margini della filosofia, trad. it. cit., p. 297, NdT.]1 1 [ C f r. J. DE R R I DA, M a rgini della fi l o s o fi a , t ra d. it. cit., ri s p e t t ivamente le pp. 287-99 (sez.

II) e le pp. 299-317 (sez. III), NdT.].12 [Cfr. J. DERRIDA, Della grammatologia, ed. it. a cura di Gianfranco Dalmasso,Aggior-

namento bibl i ogra fico di Silvano Fa c i o n i , t ra d. it. di Rodolfo Balzaro t t i , Francesca Bonicalzi,Giacomo Contri , G i a n f ranco Dalmasso, A n gela Claudia Loaldi, Jaca Book, Milano 1989 (sitratta della seconda e nuova edizione italiana, giacché la prima era apparsa presso il medesimoeditore nel 1969), il passo indicato nel testo si trova alla p. 139. NdT.].

13 [Si tratta del terzo capitolo della prima parte che figura alle pp. 109-139 della già citataed. it. del 1989 Della grammatologia, NdT.].

14 [Cfr. J. DERRIDA, Margini della filosofia, trad. it. cit., p. 287, NdT.]1 5 [ C f r. P. RI C O E U R, La metafo ra viva, t ra d. it. di Giuseppe Gra m p a , Jaca Book, M i l a n o

1981, NdT.].1 6 [ C f r. EM I L E BE N V E N I S T E, P ro blèmes de linguistique généra l e, G a l l i m a rd, Pa ris 1966-

1 9 7 4 , 2 tomi (nel primo tomo, ap p a rso nel 1966, sono raccolti gli scritti del 1939-64, m e n t renel secondo tomo, edito nel 1974, sono raccolti i saggi ap p a rsi tra il 1965 e il 1972; l’opera ès t ata successivamente ri p u bbl i c ata nel 1976 (tomo primo) e nel 1980 (tomo secondo). Ma diBenveniste è da tener presente anche l’ampio e sistematico Le vocabulaire des institutions in -d o - e u ro p é e n n e s, vol. I, E c o n o m i e, p a re n t é , s o c i é t e e vol. II, Po u vo i r, d ro i t , re l i gi o n , Editions deMinuit 1969. Entrambe le opere indicate di Benveniste sono ora disponibili anche in traduzio-ne italiana: cfr. il primo volume dei Problemi di linguistica generale, trad. it. di Maria VittoriaGiuliani, il Saggiatore, Milano 1971, cui si affianca il secondo volume Problemi di linguisticage n e rale II, e d. it. a cura di Francesco A s p e s i , ivi 1985 e il primo volume de Il vo c ab o l a rio del -le istituzioni indoeuropee, Economia, parentela, società, ed. it. a cura di M. A. Liborio e il se-condo volume Po t e re, d i ri t t o , re l i gi o n e, s e m p re a cura di Libori o , ap p a rsi entrambi a To rino peri tipi di Einaudi nel 1988. NdT.].

17 [In relazione a questo testo di Cossutta sarà opportuno segnalare che GILLES DELEUZE eFÉ L I X GUAT TA R I (nel loro volume Qu’est-ce que la philosophie?,Éditions de Minu i t , Pa ris 1991,t ra d. it. di A n gela De Lore n z i s , Che cos’è la fi l o s o fi a , e d. it. a cura di Carlo A rc u ri , E i n a u d i ,

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NOTE

* P ro fe s s o re di fi l o s o fia presso il Liceo “M. Bert h e l o t ” di Pa ri gi , già “ancien élève ”dell’“École Normale Supéri e u re ” di Pa ri gi , n o n ché “ancien Directeur de Progra m m e ”p resso il“ C o l l è ge Intern ational de Philosophie” di Pa ri gi , è stato il fo n d at o re del “ G ruppo di ri c e rca sul-l’analisi del discorso filosofico”.

1 Il saggio qui pubblicato (per la cui ottima traduzione - arrichita da un puntuale apparatodi ri fe rimenti testuali e critici - desidero vivamente ri n gra z i a re il pro f. Fabio Minazzi) si basasu alcuni lavori già apparsi in francese (cfr. la bibliografia finale). Il lettore italiano ne può tro-vare alcuni su internet (COSSUTA 1995b sul sito web il giardino dei pensieri, cfr.: www, il giar-dinodeipensieri.com.). Per un approfondimento delle tematiche affrontate nel testo si rinvia al-la traduzione italiana del volume Éléments puor la lecture des textes philosophiques [Elemen -ti per la lettura dei testi fi l s o fi c i] in corso di pubblicazione presso le Edizioni Calderini diB o l ogna (cfr. nella bibl i ogra fia finale CO S S U T TA 1989) e alle note di integrazione fo rnite da Mi-nazzi (cfr. infra).

[Nota del tra d u t t o re italiano. In ap e rt u ra di questa traduzione si segnala ch e, s a l vo dive rs ai n d i c a z i o n e, tutte le note al testo sono dell’Au t o re, m e n t re quelle del tra d u t t o re - unitamente atutti i suoi eventuali interventi di integrazione nel testo o, più ampiamente, nelle note - sono sta-te sempre inserite t ra parentesi quadre con l’indicazione esplicita che si tratta di Note del Tra -d u t t o re (indicazione abb rev i ata con la sigla NdT .) che seg n a l a , ap p u n t o , un intervento specifi c odello scrive n t e. Le integrazioni del tra d u t t o re si limitano, p e ra l t ro , a seg n a l a re, ove possibile ep ro fi c u o , dei ri fe rimenti alle edizioni italiane dei testi citat i , o p p u re a fo rn i re altre sintetiche in-dicazioni bibl i ogra fi che o di essenziale commento che integrano il testo di Cossutta, agevo l a n-done la lettura e off rendo alcune altre indicazioni per un suo ulteri o re ed autonomo ap p ro fo n d i-mento critico. Sul fronte specifico dell’insegnamento secondario della fi l o s o fia sia infine lecitori nv i a re anche a un mio volume S o c rate bev ve la maleutica e morì, G ruppo Editoriale Colonna,Milano 1997 NdT. ] .

2 Per una presentazione del manifesto di questo gruppo cfr. F. CO S S U T TA (a cura di), L’ a -nalyse du discours philosophique [L’analisi del discorso filosofico], «Langages», n. 119, (Di-dier-Larousse, Paris 1995).

3 C f r. D. MA I N G U E N E AU, Le contexte de l’oeuvre littéra i re [Il contesto dell’opera lettera -ria], Dunod, Paris 1993; cfr. inoltre, di MAINGUENEAU e COSSUTTA, L’analyse des discours co -stituants [L’analisi dei discorsi constituenti] indicato nella nota seguente.

4 Per una presentazione di questi lavori cfr. D. MAINGUENEAU (a cura di), Les analyses dudiscours en France, [Le analisi del discorso in Francia],«Langages»,n. 117, (Dider-Larousse,Paris 1995).

5 [La “ d i a n o é m at i q u e ” ( t e rmine che in italiano si potrebbe tra d u rre col neologismo d i a -noematica) può essere definita come una sorta di scienza dei sistemi filosofici considerati nel -la loro concretezza stori c a: il suo oggetto priv i l egi ato di studio è pertanto rap p re s e n t ato dalla“storia della filosofia”, considerata sia dal punto di vista della storia dei diversi sistemi filoso-fici (e del loro modo di concepire e praticare la storia della filosofia),sia dal punto di vista del-l’essenza teoretica di questi stessi sistemi storici. Allo stato attuale la “dianoématique” trova lasua espressione più articolata nei due volumi, postumi, di Gueroult, Dianoématique: I. Histoi -re de l’histoire de la philosophie [1984] e II. Philosophie de l’histoire de la philosophie [ 1 9 7 9 ]

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curatore francese osserva come “la maggior parte degli errori commessi a proposito di Descar-tes derivino dal fatto che ci si rifiuta di considerare il suo spirito nel movimento della sua sco-p e rt a , m e n t re lui stesso vuol darci la stori a del suo pensiero , e della sua metafisica off re unapresentazione tempora l e ” , il cors ivo è mio, N d T.].

2 0 [ C f r. la tra d. it. cit. di LO JAC O N O, vol. I, p. 767, N d T.] .2 1 [ C f r. sia la tra d. it. cit. di WI D M A R, p. 310, sia la tra d. it. di AD R I A N O TI L G H E R, riveduta da

Francesco A d o rno nell’edizione delle O p e re fi l o s o fi ch e di Cartesio curate da Garin e già citat a :c f r. vol. II, p. 146; Lojacono omette invece questo passo nella sua traduzione delle Obiezioni eri s p o s t e: c f r. vol. I, p. 768. N d T.] .

2 2 [Come accennato nel testo le ipotesi di datazione di questo scritto cartesiano incompiutosono molteplici e alquanto dive rgenti. Tra queste, per completare il quadro accennato da Cos-s u t t a , ri fe rendosi all’edizione italiana già citata delle O p e re fi l o s o fi ch e di Descartes curata da E.Lojacono (cui sono largamente deb i t o re per le indicazioni fo rnite nella presente nota), mi limi-to a ri c o rd a re che le principali ipotesi di datazione sono le seguenti:

a) Baillet, il quale poté consultare personalmente il testo ori ginale poi andato perso de La ri -c e rca della ve rità at t rave rso il lume nat u ra l e, nella sua La vie de Descart e s , ( D. Hort h e m e l s , Pa-ris 1691, 2 vo l l . ) ,p ropende nel ri t e n e re che il testo sarebbe stato re d atto nel 1648 (cfr. op. cit., vo l .I I , p. 475; per la sua consultazione diretta del testo cartesiano cfr. invece il vol. II, alla p. 406);

b) Adam pensa invece che l’opera sarebbe stata scritta nel 1641 (cfr. AT, X, 530-2), ipote-si accolta con qualche perp l e s s i t à ,p e ra l t ro non esplicitat a ,a n che da Widmar (cfr. la sua già cit.edizione delle Opere filosofiche, pp. 41-2 e p. 677);

c) G. CA N T E C O R ( c f r. A quelle date Descartes a-t-il écrit la «Rech e rche de la véri t é ” ?, « R e-vue d’Histoire de la philosophie», II, 1928, fasc. III, pp. 254-89) scioglie il problema ritenen-do che La Recherche costituisca un’opera giovanile stesa tra il 1620 e il 1628;

d) H. GO U H I E R ( c f r. La pensée re l i gieuse de Descart e s , V ri n , Pa ris 1924, pp. 153-8 e pp.3 1 9 - 2 0 , unitamente al successivo saggi o , p u bbl i c ato in polemica con quello già indicato di Can-tecor, Sur la date de la Recherce de la Vérité, «Revue d’Histoire de la philosophie», III, 1929,fa s c. III, pp. 296-320) avanza la data del 1647 come quella più pro b abile per la re a l i z z a z i o n edell’opera;

e) E. CA S S I R E R (R. Descart e s , La Rech e rche de la vérité par la lumière nat u re l l e, « L i ch-nos», Uppsala-Stockolm, 1938, testo poi ripubblicato sulla «Revue philosophique», LXIV, fa-sc. CXXVII, I, 1939, pp. 261-300) sostiene che l’opera cartesiana sarebbe stata composta du-rante il soggiorno del filosofo francese a Stoccolma, quindi nel 1649. Questa ipotesi è condivi-sa anche da Geneviève Rodis Lewis (cfr. L’Oeuvre de Descartes, Vrin, Paris 1971, 2 voll., vol.I, p. 7 che auspica,tuttavia,un approfondimento informatico del problema da attuarsi studian-do in modo comparato gli stili delle opere di Descart e s , con part i c o l a re ri fe rimento a La Re -cherche, il Monde e le Passions (cfr. vol. II, p. 420, n. 1);

f ) E. GA R I N ( c f r. la sua cura dell’edizione italiana già cit. delle O p e re di Cartesio ap p a rsa ini-zialmente nel 1967, in un’edizione in due volumi e successivamente ri p u bbl i c ata nel 1986, col ti-tolo O p e re fi l o s o fi ch e, in un’edizione in quat t ro volumi (in relazione a quest’ultima più re c e n t ee d i z i o n e, cui si fa diretto ri fe ri m e n t o ,c f r. il vol. I, pp. XXIV- X X V, ma cfr. anche l’ampia nota in-t ro d u t t iva bio-bibl i ogra fica di Garin all’edizione del 1967, s u c c e s s ivamente ri p u bbl i c ata in un vo-lume autonomo intitolato Vita ed opere di Cart e s i o , L at e r z a , R o m a - B a ri 1984, in part i c o l a re sivedano le pp. 147-52) la colloca negli anni precedenti la partenza di Descartes per l’Olanda, av-ve nuta nel 1628, tesi proposta e difesa anche da J. L. Marion (nella sua edizione delle R eg u a l e

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Torino 1996, p. XXI, nota 8) lo giudicano un libro tale da aver proposto “in una forma delibe-ratamente scolastica […] una pedagogia del concetto molto interessante”il che risulta partico-l a rmente ri l evante per la pro s p e t t iva illustrata da Deleuze e Guat t a ri , p e rlomeno nella misura incui questi due autori reputano che invece di inseguire un’improbabile “enciclopedia universa-le del concetto” sarebbe appunto molto più opportuno “darsi un compito più modesto, una pe -d agogi a del concetto che [dov rebbe] analizzare le condizioni della creazione come fat t o ri dimomenti che restano singolari” (i corsivi sono nel testo). NdT.].

1 8 [ Per i ri fe rimenti alle opere di Descartes ri ch i a m ate nel testo occorre tener pre s e n t e, t ra-lasciando le raccolte stori che degli scritti cartesiani ap p a rse già a part i re dagli ultimi decennidel XVII secolo, oltre alla prima raccolta moderna degli scritti e delle lettere promossa e cura-ta da Victor Cousin (O e u v res complètes, L ev ra u l t , Pa ris 1824-26, 11 vo l l . ) , la fondamentale edi-zione delle opere complete promossa da Louis Liard e curata da Charles Adam e Paul Tannerytra il 1897 e il 1913 in tredici volumi (si noti che il tredicesimo volume contempla gli indici, ivolumi ottavo e nono sono editi, rispettivamente, in due tomi,mentre nel dodicesimo volume èp u bbl i c ata un’ampia e documentata biogra fia di Descartes dovuta all’Adam gi a c ché al Ta n n e ry,scomparso nel 1904,si deve soprattutto la cura della corrispondenza e la precisazione dei mol-t eplici ri fe rimenti mat e m atici dell’opera cartesiana). Di questa fondamentale edizione esiste unapiù recente “nouvelle présentation” includente il diverso e importante materiale pubblicato do-po il 1913, apparsa in undici volumi (sempre con l’ottavo e il nono in due tomi) presso l’edito-re Vrin di Parigi tra il 1964 e il 1974. Occorre inoltre segnalare che a partire dal 1936 CharlesAdam e Géra rd Milhaud iniziarono a pubbl i c a re una nu ova edizione della C o rre s p o n d a n c e c a r-tesiana completata dall’integrazione di va rio mat e riale (tra cui l’importante C o rrespondance ofDescartes and Constantin Huygens edita a Oxford nel 1926 da L. Roth) che offre molto mate-riale indispensabile ed è ap p a rsa nu ovamente a Pa ri gi , recando sempre il ri nvio all’edizioneAdam-Tannery, in otto volumi editi in parte dall’editore Alcan (volumi 1 e 2) e in parte dall’e-ditore Puf (volumi 3-8, nell’ottavo ed ultimo volume, apparso nel 1963, sono inclusi gli indicige n e rali). Nel corso degli anni Sessanta e Settanta è stata inoltre pubbl i c at a , p resso l’ÉditionsG a rnier di Pa ri gi , u n ’ i m p o rtante edizione delle O e u v res philosohiques di Descartes curata daFe rdinand Alquié in tre volumi (ap p a rs i , ri s p e t t iva m e n t e, nel 1963, 1967 e 1973). E’ a questeedizioni di Alquié (ALQ) e di A d a m - Te n n e ry (AT) che si fa ri fe rimento esplicito nel testo diCossutta, indicando, in romano, il volume considerato e, in arabo, la pagina della citazione).

In linea di massima per tutte le citazioni ri p o rt ate nel testo si è prov veduto a pre d i s p o rreu n ’ apposita tra d u z i o n e, senza necessariamente ri fe ri rsi alle traduzioni italiane già esistenti del-le opere cart e s i a n e. A proposito delle edizioni italiane, con part i c o l a re ri fe rimento a La Re -ch e rche de la vérité par la lumière nat u re l l e ( che sarà successivamente ampiamente discussonel testo da Cossutta),ci si limita a segnalare le seguenti pubblicazioni più rilevanti ed interes-s a n t i : quella curata da Eugenio Garin (Cart e s i o , O p e re fi l o s o fi ch e, con tra d. italiane di E. Ga-rin, Gallo Galli, Maria Garin e Adriano Tilgher, Laterza, Roma-Bari 1986,4 voll. - in partico-lare, per il testo cartesiano ricordato,cfr. il vol. I,alle pp. 95-121 -, edizione che in parte ripro-duce le O p e re di Cartesio in due volumi ap p a rs a ,s e m p re presso Lat e r z a , nel 1967), quella curat ada Bruno Widmar (O p e re fi l o s o fi ch e, U t e t , To rino 1969, nella quale la traduzione de La Re -cherche si trova alle pp. 677-704) e, infine, quella più recente e affidabile - cui si farà comun-que riferimento privilegiato, anche se non esclusivo - curata da Ettore Lojacono (Opere filoso -fi ch e, U t e t , To rino 1994, 2 vo l l . , nella quale il testo de La Rech e rch e si colloca nel vol. I, a l l epp. 313-44). NdT.].

1 9 [A questo proposito non andrebbe dimenticato un ri l i evo ava n z ato da Alquié nella suaintroduzione alle già citate Oeuvres philosophiques di Descartes (cfr. vol. I, p. 16) nel quale il

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30 [Cfr. la trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 324, NdT.].31 [ Per un’esemplificazione sintetica del modello attanziale di Greimas cfr. AL G I R DA S JU-

L I E N GR E I M A S e JO S E P H CO U RT E S, S é m i o t i q u e. Dictionnaire raisoné de la théorie du langage,Hachette, Paris 1979, trad. it.: Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del linguaggio, ed.it. a cura di Paolo Fabbri con la collaborazione di Angelo Fabbri, Renato Giovannoli, IsabellaPezzini, la casa Usher, Firenze 1979, pp. 40-2, NdT.].

32 [Per i due rilievi di Epistemone ricordati nel testo cfr. la trad. it. cit. di Lojacono, vol. I,rispettivamente alla p. 342 e alla p. 343, NdT.].

33 [Cfr. A. J. GREIMAS e J. COURTÉS, Semiotica. Dizionario ragionato della teoria del lin -guaggio, trad. it. cit.,pp. 43-44 e, più specificatamente, A. J. Greimas, Approche générative del ’ a n a lyse des actants, « Wo rd » , 2 3 , 1 9 6 7 , n. 1-3, poi ri p u bbl i c ato nel volume di Gre i m a s , D uSens. Essais sémiotiques, S e u i l , Pa ris 1970, di cui esiste anche la tra d. it di Stefano A go s t i . : D e lsenso, Bompiani, Milano 1974 e 1984. Di Greimas sono pure da tener presenti i seguenti volu-m i : Sémantique stru c t u ra l e. Rech e rche de méthode, L a ro u s s e, Pa ris 1966 (tra d. it.: S e m a n t i c astrutturale, Rizzoli, Milano 1969); Modelli semiologici, a cura di Paolo Fabbri e P. Paioni,Ar-ga l i a , Urbino 1967 e Du Sens II. Essais sémiotiques, S e u i l , Pa ris 1983 (tra d. it.: Senso II, B o m-piani, Milano 1985). NdT.].

34 [ C f r. JE A N- FR A N Ç O I S BO R D RO N, D e s c a rtes. Rech e rches sur les contraintes sémiotiques dela pensée discurs ive, [R i c e rche sui vincoli semiotici del pensiero discors ivo] Puf, Pa ris 1987, N d T.] .

3 5 [In realtà Marco Au relio raccolse le sue meditazioni, stese in gre c o , in un testo da lui in-titolato Tà eis heautón, vale a dire A se stesso o, se si preferisce, Colloqui con se stesso suddi-viso in dodici libri. In italiano l’opera è ge n e ralmente denominata R i c o rd i. Tra le principali edi-zioni moderne di quest’opera sono da ricordare quella curata da T. Gataker (Cambdrige 1952),con traduzione latina e ampio commento, unitamente a quella, in due vo l u m i ,p redisposta da A .S. L. Farquharson, con commento e traduzione in inglese (Oxford 1944). Una buona edizioneitaliana è stata curata da Carlo Mazzantini (Torino 1948). NdT.].

3 6 [ C f r. JE A N- LU C MA R I O N, Sur la théologie bl a n che de Descartes. A n a l ogi e, c r é ation des ve -rités éternelles et fondements [Sulla teologia bianca di Descartes. A n a l ogi a , c reazione delle ve -rità eterne e fo n d a m e n t i] , P u f, Pa ris 1981 e Id. , Sur le prisme métap hysique de Descartes. Con -stitution et limites de l’onto-théo-logie dans la pensée cart é s i e n n e, [Sul prisma metafisico di De -s c a rtes. Costituzione e limiti dell’onto-teo-logia nel pensiero cart e s i a n o] , P u f, Pa ris 1986, N d T.]

37 [Cfr. la trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 669, NdT.].38 [Cfr. la trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 668, NdT.].39 [ Per il pro blema della dialogicità o intertestualità in Bacthin cfr. , in part i c o l a re, il suo vo-

lume Estetika slove s n ogo tvo rc e s t va , I z d at e l ’s t vo «Iskusstvo » , Mosca 1979, t ra d. it. a cura diC l a ra Strada Ja n ov i c, L’ a u t o re e l’ero e. Te o ria lettera ria e scienze umane, E i n a u d i , To rino 1988unitamente ai ri l i evi critici di T z vetan To d o rov, M i chaïl Bakhtine. Le principe dialogique sui -ve des Écrits du Cercle de Bakhtine, Éditions du Seuil, Paris 1981, trad. it. di Anna Maria Ma-rietti, Michail Bachtin. Il principio dialogico, Einaudi, Torino 1990, NdT.].

40 [Per A. BAILLET il riferimento è alla sua fondamentale, e già citata, biografia Vie de M.D e s c a rtes ap p a rsa in due volumi a Pa ri gi ,p resso D. Hort h e m e l s , nel 1691; nel 1692 Baillet pub-blicò anche un Abrégé della sua opera. NdT.].

41 [Cfr. FRANCIS JACQUES, Dialogiques. Recherches logiques sur le dialogue [Dialogicità.

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ad directionem inge n i i , La Haye, M. Nijhoff 1977, p. 86) e da E. Lojacono (nella sua più re c e n-te edizione italiana già citata delle O p e re fi l o s o fi ch e di Descart e s ,c f r. vol. I, pp. 315-7);

g) F. AL QU I É ( c f r. la sua già citata edizione delle O e u v res philosophiques, I I , pp. 1102-4)colloca invece l’opera nel 1641;

h) W. RÖD (cfr. Descartes. Die Genese des cartesianischen Rationalismus, Beck, Munich1982, pp. 77-9 e pp. 84-6) inclina a ritenere La Recherche un’opera tarda;

i) A. BO RTO L OT T I ( c f r. S aggi sulla Fo rmazione del pensiero di Descart e s , S. Olsch k i , Fi-renze 1983, pp. 139-92) sostiene, al contrario, che l’opera costituirebbe un testo giovanile, es-sendo stata probabilmente composta tra il 1623 e il 1627;

l) di contro Cavaillé (cfr. J. P. CAVAILLÉ, Descartes. La fable du monde, Vrin-Ehess, Paris1991) inclina a ritenere che l’opera sia una tarda composizione di Descartes.

[ Per altre, più precise indicazioni bibl i ogra fi che re l at ive a questa complessa questione did atazione de La Rech e rch e c f r. , c o mu n q u e, A. BO RTO L OT T I, Nota bibl i ogra fica sulla Rech e r -che de la Ve ri t é in Id. , S aggi sulla Fo rmazione del pensiero di Descart e s , op. cit., pp. 223-26e G. RO D I S LE W I S, L’ O e u v re de Descart e s , op. cit., vol. II, p. 420. Segnalo infine che G. Sch-m i d t , p resentando la sua edizione delle R e ch e rch e ( c f r. R. DE S C A RT E S, La Rech e rche de la vé -rité par la lumière nat u re l l e, h e ra u s gegeben in der fra n z ö s i s chen und lat e i n i s che Fa s s u n g, i n sD e u t s che übers e t z t , Königshausen & Neumann, W ü r z bu rg 1989) fo rnisce un’elenco analiticodi pre s s o ché tutte le principali ipotesi di datazione ava n z ate a proposito di questo scritto in-compiuto di Descartes. N d T. ] .

23 Cfr. SUZANNE GUELLOUZ, Le dialogue [Il dialogo], Puf, Paris 1992, p. 214 e sgg.2 4 [La traduzione italiana di questo dialogo si legge nel volume antologico di Gianni Pa-

ga n i n i , S c epsi Moderna. Interp retazioni dello scetticismo da Charron a Hume, Edizioni Bu-s e n t o , Cosenza 1991, pp. 229-57 (ma si vedano anche le pp. 60-83 in cui Paganini presenta ediscute il pensiero di La Mothe). Sempre in italiano è disponibile il volume di F. La Mothe leVayer, Piccolo trattato scettico sul senso comune, a cura e con una introduzione di DomenicoTaranto, Liguori Editore, Napoli 1988 che si segnala anche per l’ampio saggio introduttivo delcuratore. NdT.].

2 5 [Si tratta dell’edizione rivista e ampliata del fondamentale studio di Rich a rd H. Po p k i n s ,The History of Scepticism from Era s mus to Descart e s , Van Gorc u m , Assen 1960. Dell’ultimaedizione di questo studio, i n d i c ata precedentemente nel testo, esiste una traduzione italiana: S t o -ria dello scetticismo. Da Erasmo a Spinoza, t raduzione di R. Rini, A n ab a s i , Milano 1995. N d T.] .

26 [Trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 321, NdT.].27 [Trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 319, NdT.].2 8 [A tal proposito non sarà fo rse fuori luogo ri c o rd a re che Charles A d a m , nel sostenere

che la composizione di questo scritto cartesiano ri s a l i rebbe intorno al 1641, a l l o rché l’ab ate Pi-cot e il giovane Desberreaux fecero visita a Descartes (che si trovava allora in Olanda, ad En-degeest), ha anche avanzato la suggestiva ipotesi che i personaggi del dialogo potrebbero rap-presentare alcune figure storiche reali: all’abate Picot, conoscitore di molteplici discipline, masempre fedele all’impostazione aristotelica,corrisponderebbe così Epistemone; al giovane De-s b e rre a u x ,n o n - fi l o s o fo , ma buon conoscitore del mondo, a causa dei suoi nu m e rosi viaggi ,c o r-risponderebbe invece Poliandro e, infine, a Descartes stesso, libero da ogni pregiudizio e sem-pre guidato dal lume naturale, corrisponderebbe Eudosso. NdT.].

29 [Cfr. la trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 320, NdT.].

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BIBLIOGRAFIA

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razione con D. Maingueneau), « L a n gage s » , nu m e ro monogra fico dedicato a Les A n a lyses dudiscours en France [Le analisi del discorso in Francia], n. 117, marzo 1995 (Larousse, Paris);

- 1995b, L’Analyse du discours philosophique [L’analisi del discorso filosofico], curatorere s p o n s abile del nu m e ro monogra fico 119 della rivista «Langage s » , s e t t e m b re 1995 (Laro u s s e,Pa ri gi ) , con un saggio specifico di F. Cossutta, i n t i t o l ato Pour une analyse du discours p h i l o -sophique [Per un’analisi del discorso filosofico], alle pp. 12-39;

- 1 9 9 6 , D e s c a rtes et l’arg u m e n t ation philosophique [D e s c a rtes e l’argomentazione fi l o s o fi c a] ,d i rezione e cura di un’opera collettiva ap p a rsa nella collana L’ i n t e rrogation philosophique [L’ i n t e r -rogazione fi l o s o fi c a] ,d i retta da Michel Meye r, P u f, Pa ri s , nel quale fi g u rano due contri buti di Cos-s u t t a : la presentazione A quelles conditions une théorie de l’argumentazione philosophique est-ellep o s s i bl e ? [A quali condizioni è possibile una teoria dell’argomentazione fi l o s o fi c a ?] (pp. 1-42) e ils aggio A rg u m e n t at i o n , o rd re des raisons et mode d’exposition dans l’oeuvre cart é s i e n n e [A rgo -m e n t a z i o n e, o rdine delle ragioni e modo d’esposizione nell’opera cart e s i a n a] (pp. 111-85);

- 1997, C at ego ries discurs ives et analyse du discours philosophique [C at ego rie discors i -ve ed analisi del discorso fi l o s o fi c o] in Moira n d, Ali Bouach a , C o l l i n o t , ( é d i t e u rs ) , Pa rc o u rslinguistiques des discours spécialisés [Pe rc o rsi linguistici dei discorsi specializzat i] , Peter Lang,Berna-Berlino-Francoforte sul Meno-New York-Parigi-Vienna;

- 1998a, Dimensions dialogiques du discours philosophique: les Dialogues de Plat o n [D i -mensioni dialogiche del discorso filosofico: i Dialoghi di Platone],; in J. C. Beacco, D. Luzza-ti, M. Murat,M. Vivets (éditeurs), Le Dialogisme [La dialogicità], Peter Lang, Berna-Berlino-Francoforte sul Meno-New York-Parigi-Vienna;

- 1998b Une écri t u re philosophique. A n a lyses d’une texte de Berg s o n : le possible et le réel[Una scrittura filosofica. Analisi di un testo di Bergson: il possibile e il reale], “Gruppo di Ri-c e rca sull’analisi del discorso fi l o s o fi c o ” , P u f, Pa ri s , in cui fi g u ra anche lo studio di CossuttaL’ o e u v re de Berg s o n , une création continue d’imprévisible nouve a u t é ? [L’ o p e ra di Berg s o n ,una creazione continua di novità imprevedibili?], alle pp. 49-100

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Ricerche logiche sul dialogo], Puf, Paris 1979 e Id., L’Espace logique de l’interlocution. Dia -logiques II [Lo spazio logico dell’interlocuzione. Dialogicità II], Puf, Paris 1985. NdT.].

4 2 [Il cardinale Pierre Beru l l e, fo n d at o re della Congregazione dell’Orat o ri o , aveva incon-t rato Descartes nel 1627 (o nel 1628), dopo che il fi l o s o fo francese era interve nuto ad un in-c o n t ro , s voltosi nello stesso anno, p resso il Nunzio Francesco Guidi di Bagno nel corso del qua-le aveva confutato le tesi di Chandoux con un’ori ginalità e un’abilità che eserc i t a rono imme-d i atamente una notevole impressione su tutti i presenti (tra i quali vi era , ap p u n t o , a n che ilcardinale Berulle che volle quindi incontrare privatamente Descartes). NdT.].

43 [Cfr. trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, pp. 343-4, NdT.].44 Si può fo rse at t e nu a re questa ipotesi d’arcaismo osservando come Descart e s , in una let-

tera a Mersenne del marzo 1636 [cfr. DESCARTES, Opere filosofiche, trad. it. cit. di E. LOJACO-NO, vol. I, pp. 478-80, NdT.], utilizzi, nel presente il titolo del Discorso e, più precisamente, laDiottrica, le Meteore e la Geometria, il termine di «curiosi argomenti» (AT, I,339 [trad. it. cit.di LO JAC O N O, vol. I, p. 479, N d T.]. Le prime pagine del D i s c o rs o evocano nel seguente modo lel e t t u re di Descartes a La Flèch e : «…non contento delle scienze che ci ve n ivano inseg n at e, ave-vo dato una scorsa a tutti i libri cap i t atimi tra le mani che trat t avano delle scienze considerat epiù ra re e curiose» (e cfr. la corrispondente nota di commento di F. A l q u i é ,A L Q, I I , 571; AT,VI, 5 [cfr. DESCARTES, Opere filosofiche, trad. it. cit. di Lojacono, vol. I, p. 500, NdT.]). Il pro-gramma di ricerca delineato da Eudosso traccia così il compito di una disillusione alla quale sidovrà infine procedere:«Mostrerò poi qui le opere degli uomini che riguardano le cose corpo-ree: dopo avervi fatto ammirare le macchine più potenti, gli automi più rari, le visioni più ap-p a riscenti e le più sottili imposture che l’art i ficio possa inve n t a re, ve ne svelerò i segre t i , ch es a ranno così semplici e così innocenti che av rete ragione di non ammira re assolutamente piùnulla in nessuna delle opere delle nostre mani» (ALQ, II, 1114; AT, X, 505 [DESCARTES, Ope -re filosofiche, trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 325, NdT.]).

45 Certamente il Discorso presenta il rapporto tra la Metafisica e la Fisica come una dedu-z i o n e : c f r. la quinta part e : « s a rei molto lieto di pro s eg u i re e mostra re qui tutta la catena dellealtre verità che ho dedotte da queste prime» (ALQ, II,613; AT, VI, 40 e la sesta parte, ALQ, II,647;AT, VI, 76) [cfr. DESCARTES, Opere filosofiche, trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, rispettiva-mente p. 527 e pp. 551-2, NdT.], ma precisamente entro il medesimo discorso la catena dedut-tiva è spezzata proprio per le ragioni di circostanza che si conoscono.

46 [Cfr. trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 343, NdT.].47 [Cfr. trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 344, NdT.].48 [Cfr. trad. it. cit. di LOJACONO, vol. I, p. 680, NdT.].4 9 [ C f r. , ri s p e t t iva m e n t e, per le R egulae ad directionem inge n i i , AT, X , 366 e segg. (e la cor-

rispondente tra d. it. cit. di Lojacono, vol. I, p. 240 e segg.) e, per il D i s c o u rs, AT, I V, 18 (e lac o rrispondente tra d. it. cit. di LO JAC O N O, vol. I, p. 510). Ma per il D i s c o u rs de la méthode c f r.a n che la ormai cl a s s i c a , per quanto parziale e incompleta, edizione commentata da Étienne Gil-son,Vrin, Paris 19251 e 19876 (sesta ed. da cui si cita), alla p. 18 (unitamente alle pp. 197-204del commento storico gilsoniano). NdT.].

50 Il che risulta essere compatibile con la proposta di Lojacono: 1634.51Ma senza che sia poi possibile determinare a quale data posteriore alle Meditazioni deb-

ba essere ri fe rita (contesto del castello d’Endgeest o molto più tard i , alla corte di Cristina diSvezia).

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MAINGUENEAU D. (1993), Le contexte de l’oeuvre littèraire [Il contesto dell’opera lettera -ria], Dunod, Paris;

MA I N G U E N E AU D. e CO S S U T TA F. ( 1 9 9 5 ) , L’ a n a lyse des discours constituants [L’analisi deidiscorsi costitutivi] nel volume curato da Maingueneau D., Les analyses du discours en Fran -ce [Le analisi del discorso in Francia], numero monografico di «Languages», n. 117,(Larous-se, Paris);

RI C O E U R P. ( 1 9 7 5 ) , La Métap h o re vive [La metafo ra viva] ,S e u i l , Pa ris [tra d. it. di Giusep-pe Grampa: La metafora viva, Jaca Book, Milano 1981, NdT.];

RI C O E U R P. ( 1 9 8 9 ) , N a rrat iv i t é , p h é n o m e n o l ogie et herm é n e u t i q u e [N a rrat iv i t à , fe n o m e -n o l ogia ed erm e n e u t i c a] in AA. V V. , E n cy clopédie Philosophique Unive rs e l l e, volume diri g épar André Jacob, Puf, Paris, Tomo I, pp. 63-71.

«La Nouvelle Républiques des Letters», 1991, 1, actes d’une sournée d’étude du «Centred’Etudes Cartésiennes» consacrée à La Recherche;

LO JAC O N O E .( 1 9 9 9 ) , «La Rech e rche de la vérité par la lumière nat u re l l e » : enjeux philo -sophiques de la datation, «La Nouvelle République des Letters», 1991,1.

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- 1998c, Le discours philosophique [Il discorso fi l o s o fi c o] , in AA. V V. , E n cy clopédie Phi -losophique Universelle, Puf, Paris, Tomo IV, Le discours philosophique;

- 1998d, Les genres en philosophie in AA. VV., Encyclopédie Philosophique Universelle,Puf, Paris, Tomo IV, Le discours philosophique;

- 1999a, (in corso di pubbl i c a z i o n e ) , C o n t rove rs e, polémique et polémicité dans le discoursphilosophique [Controversie, polemiche e polemicità nel discorso filosofico], atti del simposioPolémique et polémicité en philosophie [Polemica e polemicità in fi l o s o fi a] che presenta i la-vori del “Gruppo di ricerca sull’analisi del discorso filosofico” organizzato presso l’Universitàdi Digione da M. A. Bouacha;

- 2000a , (in corso di pubbl i c a z i o n e ) , A n t i c i p ations récep t ives et re c o n fi g u rations doctri -nales dans l’oeuvre cart é s i a n n e : le cas du dialog u e : La re ch e rche de la ve ri t é , [A n t i c i p a z i o n irecettive e riconfigurazioni dottrinali nell’opera cartesiana; il caso del dialogo La ricerca del-la ve ri t à ] , at t i del colloquio internazionale D e s c a rt e s : R e c eption and désench a n t e m e n t [D e -s c a rt e s : ricezione e disincanto] ,p u bbl i c ati a cura di M. Dascal presso l’Unive rsità di Te l - Av iv ;

- 2000b, (in corso di pubbl i c a z i o n e ) , Règles dialogiques et transactions conve rs at i o n n e l -les dans le P ro t ago ra : l’éxégèse du poème de Simonide [R egole dialogi che e transazioni con -versazionali nel Protagora: l’esegesi del poema di Simonide], atti del colloquio La Forme-dia -l ogue chez Platon et sa réception [La fo rm a - d i a l ogo in Platone e la sua re c e z i o n e] , J. Millar,Grenoble;

- G. DE L E U Z E e F. GUAT TA R I ( 1 9 9 1 ) , Qu’est-ce que la philosophie? [Che cos’è la fi l o s o -fia?], Editions de Minuit, Paris [trad. it. Che cos’è la filosofia, a cura di Carlo Arcuri, traduzio-ne di Angela De Lorenzis, Einaudi, Torino 1996, NdT.]

DERRIDA J. (1971), La mythologie blanche. La métaphore dans le texte philosophique [Lam i t o l ogia bianca. La metafo ra nel testo fi l o s o fi c o] ap p a rso in «Rhétorique et philosophie». Po é-t i q u e ” , n. 5, S e u i l , Pa ris (poi ri p u bbl i c ato alle pp. 274-324 del volume di Derri d a , M a rges de lap h i l o s o p h i e [M a rgini della fi l o s o fi a] , Edition de Minu i t , Pa ris 1972 [ed. it. a cura di Manlio Io-f ri d a , M a rgini della fi l o s o fi a , E i n a u d i , To rino 1997 il saggio su La mitologia bianca si trova al-le pp. 273-49, NdT.]

DERRIDA J. (1967) De la Grammatologie, Edition de Minuit, Paris [Della grammatologia,e d. it. a cura di Gianfranco Dalmasso, A ggi o rnamento bibl i ogra fico di Silvano Fa c i o n i ,t ra d. it.di Rodolfo Balzaro t t i , Francesca Bonicalzi, Giacomo Contri , G i a n f ranco Dalmasso, A n ge l aClaudia Loaldi, Jaca Book, Milano 1989 (si tratta della seconda e nu ova edizione italiana, gi a c-ché la prima era apparsa presso il medesimo editore nel 1969, NdT.]

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