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    Aesthetica Preprint

    Licona come metasica concretaNeoplatonismo e magia nella concezionedellarte di Pavel Florenskij

    di Chiara Cantelli

    Centro Internazionale Studi di Estetica

    Spe

    d.

    ina.p.art.

    2comm

    a20/clegge662/96

    FilialediPa

    lermo

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    Il Centro Internazionale Studi di Estetica un Istituto di Alta Cultura costituito nel novembre del 1980 da un gruppodi studiosi di Estetica. Con d.p.r. del 7 gennaio 1990 stato riconosciuto EnteMorale. Attivo nei campi della ricerca scientica e della promozione culturale,

    organizza regolarmente Convegni, Seminari, Giornate di Studio, Incontri, Tavolerotonde, Conerenze; cura la collana editoriale Aestheticae pubblica il perio-dico Aesthetica Preprint con i suoi Supplementa. Ha sede presso lUniversitdegli Studi di Palermo ed presieduto n dalla sua ondazione da Luigi Russo.

    Aesthetica Preprint

    il periodico del Centro Internazionale Studi di Estetica. Aanca la collanaAesthetica (edita da Aesthetica Edizioni) e presenta pre-pubblicazioni, ineditiin lingua italiana, saggi, e, pi in generale, documenti di lavoro. Viene inviatoagli studiosi impegnati nelle problematiche estetiche, ai repertori bibliograci,alle maggiori biblioteche e istituzioni di cultura umanistica italiane e straniere.

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    92Agosto 2011

    Centro Internazionale Studi di Estetica

    Aesthetica Preprint

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    Il presente volume viene pubblicato col contributo del Miur(prin2009, responsabile scien-tico pro. Luigi Russo) Universit degli Studi di Paler mo, Dipartimento Fieri Aglaia.

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    Chiara Cantelli

    Licona come metasica concreta

    Neoplatonismo e magia nella concezionedellarte di Pavel Florenskij

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    A Massimo, alla sua pazienza...

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    Indice

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    I Epianie arcaiche e regressioni artistiche:dallarte contemporanea allicona bizantina. Da Danto a Florenskij1. Arte e disturbazione:daDeadman di Burden allicona bizantina 112. Licona di Florenskij come regressione rispetto a Nicea 133. Licona forenskiana nella sua edelt alla spiritualit russa 17

    II Vedere Dio: la magia delliconatra neoplatonismo cristiano e paganesimo

    1. La verit estetico-percettiva dellicona 212. Mano/occhio vs ragione/astrazione.Lo spirito diviso del Rinascimento 323. Dalle idee come logoiviventialle idee come volti e sguardi degli di 35

    III La vita dialettica dellicona: tra energia divina e come se1. Licona non copia del mondo-icona 51

    2. Licona di Florenskij come disturbazione da esorcizzare 543. La chiave per neutralizzare lesorcismo:licona come energia divina 57

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    Questo un librosulla teologia dellicona di Florenskij letta a par-tire da alcuni paradigmi della losoa dellarte di Arthur C. Danto. Inparticolare, in opere comeLadestituzione losoca dellarte, ma non

    solo, che ho trovato stimoli a ricomporre il puzzle che stavo costruendointorno a Florenskij e alla sua concezione dellicona; quella lettura miha inatti permesso di sciogliere ogni dubbio residuo su quanto stavorimuginando da tempo: il atto che la rifessione forenskiana sulliconanon osse una teologia dellInvisibile, come soleva e suole ancora pre-sentarla la linea maggioritaria della critica, ma lesatto contrario, ovverouna teologia del Visibile.

    Soprattutto devo a Danto lavermi oerto la cornice teorica per poterarticolare una simile idea, e questo per un motivo molto semplice: egli,

    rispetto a Florenskij, ha per certi versi una concezione dellarte oppostae simmetricamente speculare. In altri termini i due autori pensano lastessa cosa ma in orma rovesciata, di modo che ci che per luno positivo, per laltro negativo e viceversa. Se lestimatore di Brillo Boxritiene che larte sia nata e si sia costituita come tale quando ha iniziatoad essere consapevole della natura puramente rappresentativa dei propriprodotti, emancipandosi dal contesto magico in cui era sorta e stabi-lendo una distanza tra s e la realt che si proponeva di rappresentare,Florenskij pensa, al contrario, che la specicit dellarte risieda proprioin quelle radici magiche (il termine magico suo quanto di Danto)

    che ne hanno costituito latto di nascita e che hanno connotato il suorapporto con la realt nel segno di unidentit reale e non metaorico-nzionale; emanciparsi da quel contesto magico, pertanto, non ha signi-cato per larte compiere il primo passo verso la propria consapevolezzadi s ma, semmai, misconoscere e tradire la propria identit.

    Di qui quel carattere regressivo, per dirla con i termini di Dan-to, che contraddistingue il pensiero di Florenskij nella misura in cuiassume licona, da un lato, come Dio stesso nella sua presenza visibilee, dallaltro, come paradigma dellarte per annullare i conni tra s e

    la realt che si propone di rappresentare; quei conni che invece, se-condo Danto, ineriscono allarte in quanto tale. Perch proprio cosche licona si congura nella rifessione di Florenskij: assunta, cristia-namente, come segno di Incarnazione, essa ne a tal punto il segno da

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    togliere qualsiasi iato tra s e ci cui essa vuol rendere testimonianza,congurando il legno e i colori di cui atta come materia transu-stanziata dallazione divina al pari del pane e del vino transustanziatinelleucarestia. Per Florenskij un Dio che non si a carne, che si celaal nostra vista, al nostro tatto, al nostro olatto, al nostro udito comeal nostro gusto, non un Dio, o almeno un Dio talmente astrattoda dileguarsi come un antasma alla luce della realt: come egli dirin un passo delle sue memorie dedicate ai gli: se qualcosa esiste, ionon posso non vederla.

    Su queste premesse chiaro che licona di Florenskij non puessere una teologia dellInvisibile ma, al contrario, dellassolutamenteVisibile e ci nel segno di una stretta solidariet tra aisthesis e noesis.Come sempre Florenskij dir in un passo amoso de Le porte regali,

    Esiste la Trinit di Rublev, perci Dio : Dio l, la sua presenza palese, ed cos palese da caricarsi di una tale evidenza sensibile datogliere ogni cultualit della distanza. Rovesciando le tesi di Danto,licona non deve essere interpretata ma solo guardata perch esauriscetutto ci che c da vedere: non rimanda a un aldil di senso, ma invitalo sguardo a soermarsi su di essa, a non uscire dalla tavola, perchquella tavola Dio in persona. Se licona testimonia la verit del corpovivente di Cristo, essa non pu che arlo allontanando ogni orma dicome se metaorico, cos da convertire la rappresentazione mimetica

    in apparizione magica, la messa in scena celebrativa in epiania arcaicae la relazione di denotazione in relazione didentit.Teologia del Visibile, dunque, e ci nel segno di un cristianesimo

    talmente sensibile da precipitare, almeno agli occhi di noi occidentali,nel pi totale paganesimo. Vedremo inatti come licona, esplicitamentemessa in relazione da Florenskij con le statue divine del tardo neopla-tonismo di Giamblico e Proclo, oltrepassi in termini di paganesimoquelle stesse statue, no a retrocedere alle arcaiche Veneri di pietradellantico paleolitico, rievocate dallo stesso Florenskij in rapporto auna icona russa della Madre di Dio Odigitria del xiv sec.

    Non credo ci sia altro da dire in questa Premessa, visto che sololanteprima di una narrazione che deve ancora cominciare e che,allopposto di quella di Danto, si congura come un viaggio nei tem-pi preteriti dellarte. Aggiungo solo che, relativamente alle opere diFlorenskij si citer sempre, ove possibile, ledizione italiana. Al titoloin italiano seguir, tra parentesi tonde, la data della prima edizione inlingua originale; in caso di pubblicazione postuma, essa sar preceduta,tra parentesi quadre, da quella in cui il testo stato scritto. Qualorala traduzione del testo sia modicata rispetto a quella edita indicata,

    verr usata la sigla tr. mod. su: seguita dal titolo e dalledizione deltesto in lingua originale da cui si cita.

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    I Epianie arcaiche e regressioni artistiche:dallarte contemporanea allicona bizantina.

    Da Danto a Florenskij

    1. Arte e disturbazione: da Deadman di Burden allicona bizantinaNeLa destituzione losoca dellarte, in particolare nel capitoloArte

    e disturbazione, Arthur Danto prende in considerazione determinate

    orme artistiche che, sorte come bidonville ai margini di quelli che untempo erano considerati i conni dellarte, [] dnno limpressione diare ogni sorzo per spingere indietro questi conni e che, segnateda una curiosa emerit e indeterminatezza 1, vengono da lui bat-tezzate come arti della disturbazione o arte disturbazionale perinrangere i conni tra arte e vita inerenti allarte in quanto tale. Lartedisturbazionale non consiste tanto nel rappresentare cose disturban-ti, quanto nellinrangere la cornice stessa della rappresentazione perincludere la realt come sua componente eettiva, e non puramente

    accessoria, alla sua produzione, mirando in tal modo a sovvertire launzione ondamentale per cui u inventata larte, cio porre la realta una certa distanza: [] c disturbazione quando i conni cheisolano arte e vita vengono inranti in un modo che non la semplicerappresentazione di cose disturbanti 2.

    Come esempio paradigmatico di una simile arte viene portato Dead-man (1972) di Chris Burden, una perormance in cui lartista si erachiuso in un sacco poi collocato in una superstrada della Caliornia.Come commenta Danto, Burden avrebbe potuto essere ucciso, sapevache sarebbe potuto succedere, e voleva che questo atto acesse partedellopera e che osse ci a cui si rispondeva quando si rispondevaemotivamente allopera. Non accadde, ma sarebbe potuto accadere senza violare i conni dellopera, perch lopera incorporava queiconni come parte della propria sostanza 3.

    Danto non esita a paragonare questa perormance alla possibileesposizione in una biennale di unopera che, intitolata Bomba econsistente in una bomba reale, lintero mondo dellarte sapesse prontaad esplodere in qualsiasi momento, costringendosi, nel momento incui avesse deciso di visitare lesposizione, a are una scelta esistenziale

    paragonabile a giochiamo alla roulette russa, acciamo lamore senzacontraccettivo oppure guidiamo alla massima velocit, luno controlaltro, e vediamo chi sterza per primo 4.

    Nel prendere atto del enomeno, il losoo newyorkese conessa

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    di non amare questo tipo di arte, denendola come regressiva pertendere a

    recuperare una ase dellarte in cui essa, evocando gli spiriti dellimmenso pro-

    ondo, era abbastanza simile alla magia simile alla magia proonda che rendereali le possibilit pi oscure, piuttosto che alla magia superciale e illusoria chenon a succedere nulla [] e in cui abbiamo un repertorio di trucchi anzichlinvocazione di orze estranee appartenenti a uno spazio diverso da quello incui siamo [].Il suo, in breve, un tentativo di riportare nellarte un poco della magia che si persa nel processo di trasormazione in arte 5.

    Lintento di questi enomeni artistici, dunque, ricollegarsi a que-gli oscuri primordi dai quali larte orse ha avuto origine e che hacercato man mano di soocare 6. Tra i vari tentativi da parte dellastessa arte di soocare il proprio ritorno alle origini, vengono anno-verate le controversie iconoclastiche: [] ci si deve chiedere perchci sia stata in varie epoche della storia una cos intensa controversiasulla realizzazione di immagini scolpite, perch siano esistiti movimenticome liconoclastia. una lotta contro luso di poteri occulti da partedi artisti che, nel realizzare una immagine di x, di atto catturano x 7.

    Non c dubbio che sia proprio Danto, con questo rierimento al-liconoclastia, a suggerire laccostamento tra ci che lui chiama artedisturbazionale e icona, anche se il problema non viene da lui appro-

    ondito pi di tanto. Egli si limita a dire che i diensori delle icone aBisanzio parlavano della presenza mistica del santo allinterno dellico-na 8, denendo esplicitamente questa concezione come una orma dimagia le cui radiciaonderebbero nel ritratto unerario e che, seppura livello irrifesso, si manterrebbe ancora nella pratica di tale ritratto:

    Qualcosa di questa teoria della magia ne sono certo riesce nel ritratto u-nerario, e nella spiegazione del atto che chi porta un lutto cerca in manieracaratteristica e non rifessiva, di produrre unimmagine del deunto, come se lamorte potesse venire magicamente scontta se si riuscisse a conservare la per-

    sona. Come si potrebbe spiegare altrimenti la venerazione delle immagini [...] ela ducia nei poteri ascritti alle varie statue della vergine [] irradiate da queltipo di divina presenza che si suppone sia contenuta nelle reliquie, come se lapropria orma osse una reliquia in questo senso 9?

    I rierimenti allicona sono solo questi e c da chiedersi se, tra leposizioni iconole cui Danto a rierimento parlando dei diensoridelle icone a Bisanzio, egli vi includa le soluzioni del secondo Conci-lio di Nicea (757) o si rierisca soltanto agli eccessi iconoli che prece-dettero la prima ondata iconoclasta (726-757) cui segu quel Concilio.

    Eccessi che, come ha ben rilevato Ernst Kitzinger, mostrano quantoosse labile nella mentalit popolare la linea di demarcazione tra imma-gine e archetipo, acendo intravedere in ligrana la persistenza di unolklore cristiano dellimmagine ortemente radicato nella cultura pa-

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    gana: licona agisce in luogo e per conto del proprio prototipo, mani-esta desideri, sanguina se scalta, si diende con orza se attaccata, amiracoli, guarisce i edeli che ne ingeriscono lintonaco dipinto da essaraschiato, diende le citt se attaccate e contribuisce alla vittoria degli

    eserciti in battaglia. Aspetti che trovano la loro sintesi nel enomenodelle cosiddette icone acheropite, cio non dipinte da mano umana:ritenute o opera di una mano diversa da quella dei comuni mortalioppure impronte meccaniche, ancorch miracolose, delloriginale 10,esse hanno potenza apotropaica e taumaturgica in virt del contattodiretto con il corpo (di Cristo o del Santo) che si crede averle genera-te. Una potenza che, trasmessa loro per contagio, le rende immaginiviventi che si comportano come autentiche reincarnazioni di Cristo (odel Santo), in grado non solo di compiere miracoli, ma di generare a

    loro volta altre icone acheropite.Si tratta di enomeni che si intrecciano con lo sviluppo di una nuo-va orma iconograca nellimmagine religiosa cristiana: ad uno stile dicarattere narrativo, volto ad illustrare gli episodi della Parola sacra, sisovrappone uno stile assolutamente non narrativo, che rappresenta legure di Cristo, dei Santi e della Madonna al di uori di qualsiasi azio-ne 11. Se il primo stile va di pari passo con una concezione dellimmagi-ne religiosa comeBiblia pauperum 12, sempre bisognosa di un predica-tore che la commenti, il secondo invece, implicando nellimmagine un

    contenuto narrativo tendente allo zero, oltre ad avvicinare liconograacristiana a quella pagana 13, induce orme di adorazione equiparabili aquelle pagane. E questo proprio per il carattere puramente ostensivodellimmagine che, sempre pi concepita come diretto intermediariodella presenza Dio, va incontro alla dicolt di come possa realizzarequesta unzione realmente mediatrice senza essere homoousia, cio dellastessa sostanza del prototipo. Di questa dicolt sono appunto emble-matici gli eccessi cultuali che abbiamo menzionato precedentemente.

    2. Licona di Florenskij come regressione rispetto a Nicea

    Rispetto alla realt di questi eccessi, le tesi di Nicea ii sembranomolto lontane: se licona, in quanto immagine articiale del Cristo,pretendesse di essere della stessa sostanza di Dio come lo Cristo inquanto immagine naturale del Padre, avrebbero ragione gli iconoclasti.Lidentit consustanziale tra immagine naturale e immagine articialeimplicherebbe inatti in questultima una dimensione vivente negatadalla sua stessa esperienza concreta che, mostrandoci quanto liconasia una morta rappresentazione su di un semplice supporto materialealtrettanto privo di vita, rivela quanto il rapporto tra immagine articia-

    le e prototipo debba essere inteso non sulla linea dellidentit ma dellasemplice somiglianza, pena la caduta nellidolatria 14. A essere rappre-sentata nellimmagine articiale di Cristo non pertanto la sua naturadivina, di per s invisibile e quindi irrappresentabile, ma la sua natura

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    materiale, visibile e quindi rappresentabile 15: licona non a nientaltroche ragurare Cristo nella orma in cui u visto dagli uomini 16. Lim-magine articiale rappresenta solo laspetto visibile del modello e nonla sua natura invisibile: ci che essa esprime rispetto al prototipo non una somiglianza sostanziale (cio interiore) ma puramente ormale(cio esteriore). Ne consegue che licona non contiene magicamenteil suo prototipo, ma rimanda ad esso in orma puramente analogica:non homoousia, ma homoiosa, cio non identica ma semplicementesomigliante al modello, rimandando unicamente alla sua economia vi-sibile 17. solo per questa sua unzione di rinvio che se ne riconoscela legittimit del culto, seppur nella orma della semplice venerazione(proskynesis) e non delladorazione (latreia), cio nella orma di un cultorelativo e non assoluto: la latreia spetta inatti solo al prototipo e non

    alla sua immagine articiale, alla quale si deve comunque proskynesisper la sua unzione di risvegliare il ricordo di Cristo 18.Ma se limmagine rappresenta il corpo di Cristo, al tempo stesso

    vero che il corpo del Redentore non un corpo qualsiasi, ma un cor-po pieno di Dio. Se licona merita venerazione per la sua capacit dirisvegliare il ricordo del Salvatore, tale ricordo a tuttuno con il carat-tere paradossale del prototipo che limmagine chiamata ad evocare,cio di essere ipostasi, persona che unisce in s, senza conusione nseparazione, Dio e uomo. Come a licona ad essere icona di Cristo,

    della sua ipostasi concreta in quanto unit uniduale di divino e umano,se ci che essa coglie solo la natura umana di quella ipostasi e nonla sua natura divina? Limmagine, per la sua unzione di rimando alparticolare prototipo che essa ragura, pu esplicare tale unzionesolo se riesce ad aerrare lo specico del proprio archetipo, cio ilvolto unico e irripetibile delluomo di Nazareth in quanto unione dellanatura umana con quella divina, di visibile e invisibile; ne consegueche essa, nel momento in cui ragura il volto umano di Cristo, devecogliere qualcosa dellinvisibile divino che presente in quel volto. Daun lato, quindi, limmagine simile al suo modello non nella sostanzama soltanto nel nome e nella disposizione delle membra che vengonodipinte 19: quando inatti si dipinge un uomo, non si ha certo la pre-tesa di ritrarne lanima 20; dallaltro, tuttavia, nessuno che sia dotato disenso, al vedere limmagine di un uomo, ha mai pensato che, attraversolarte del pittore, luomo venga separato dalla sua anima 21.

    A seguito della seconda ondata iconoclasta (813-842) che cercherdi soocare Nicea ii, Teodoro Studita 22, nel riprendere e riaermarele tesi di quel Concilio, dir che il rapporto tra icona e prototipo paragonabile a quello tra il corpo reale e la sua ombra: se, da un lato,

    nessuno sar cos insensato da pensare che la realt la sua ombra,dallaltro nessuno sar altrettanto olle da separare lombra dal corpoche lo precede e da non vedere nellombra il corpo; il prototipo,dunque nellimmagine secondo la somiglianza dellipostasi 23, ma co-

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    munque non erra chi dice che nellimmagine presente la divinit 24.Come si vede, tanto le soluzioni di Nicea ii quanto le posizioni

    di Teodoro Studita, nel tentativo di legittimare il culto dellicona di-stinguendola dallidolo, articolano un complesso quanto chiaroscuralerapporto tra immagine e prototipo che se, da un lato, impedisce liden-ticazione dei due termini, dallaltro tuttavia, non a neanche comple-tamente decadere il potere autenticamente rivelativo che limmagineriveste nei conronti del modello cui rimanda, connotando il suo essereimmagine di in bilico tra genitivo oggettivo e soggettivo.

    In tal senso potremmo dire che licona bizantina si pone come unasorta di medium tra ci che Danto, ne La trasgurazione del Banale,chiama l trasgurativo dellidenticazione magica o mitica e ltrasgurativo dellidenticazione artistica 25. Se inatti lidenticazione

    magica o mitica esclude la alsit letterale dellidenticazione, quellaartistica invece cosciente di tale alsit, connotando lidenticazionecome una consapevole nzione. Una orma di identicazione, quellamagica o mitica, con la quale l dellidenticazione artistica cer-tamente imparentato, ma da cui separato da una distanza abissale:una cosa inatti erigere statue di re e di di con lo spirito di rendereeettivamente presenti quei re e quegli di (identicazione magica),oppure dire il sole il carro di Febo credendo che il sole sia vera-mente il carro di Febo (identicazione mitica); unaltra erigere statue

    di re e di nella piena consapevolezza che tali statue stanno per talire e di ma non lo sono eettivamente, oppure aermare che il sole il carro di Febo ben sapendo che si tratta di unidenticazione me-taorica e non reale. Passare dallidenticazione reale allidenticazionesurrogatoria (nel caso dellidenticazione magica) o metaorica (nelcaso dellidenticazione mitica) signica porre la necessaria premessaper passare dal mondo magico e mitico (che non conosce distinzionetra realt e rappresentazione) a quello dellarte (consapevole invece ditale distinzione).

    Il punto che le tesi di Nicea ii, pur sottraendo il rapporto traicona e prototipo a qualsiasi orma di identicazione magica o miticache possa ar precipitare quel rapporto in unidenticazione idolatrica,non permettono neanche di intenderlo come identicazione puramentesurrogatoria o metaorica: limmagine non identica al prototipo manon neanche un suo semplice surrogato o una sua banale metaora,un duplice aspetto che viene raccolto dal suo costituirsi come imma-gine somigliante, cio non identica al prototipo ma, al tempo stesso,non a tal punto distante da esso da non avere con lui un rapporto cheva al di l della semplice somiglianza ormale o esterna. Da un punto

    di vista dantiano, licona di Nicea ii potrebbe costituire lesempio nontanto di unarte disturbazionale, quanto di una orma darte clta nelsuo momento di passaggio da magia ad arte in senso proprio. Unartecio che, pur non riuscendo ancora a disancorarsi completamente

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    dalloriginario contesto magico in cui essa sorta, si sta comunqueavviando verso una comprensione metaorica del rapporto tra imma-gine e prototipo,.

    Del resto gi Arnold Gehlen, in Quadri depoca, aveva denito lar-te bizantina delle icone come un caso limite di ci che egli chiamasuperarte, termine da lui usato per indicare le opere gurative che modellate sul mito e appartenenti alle societ primitive o arcaiche(ma anche alla civilt egizia, sumerica e greco-arcaica) si distinguonoda ogni altra arte per il atto che i loro motivi e i loro contenuti nonesistevano aatto al di uori delle incarnazioni sensibili l realizzate[]. In tali civilt, viene precisato, la stessa opera gurativa venivaconcepita come una realt magica, che non si d a anco di quella;lopera era considerata carica di una sostanza extraquotidiana, il cui

    signicato non cadeva al di uori della sua esistenza. Per questo essa eranecessariamente [] il punto di rierimento di unazione rituale ad essaassociata, lopera non aveva al di uori di questa sua unzione alcunsignicato indipendente 26. Larte bizantina sarebbe un caso limite disuperarte perch le icone, pur presentando i caratteri di unarte caricadi una sostanza extraquotidiana che non cade uori della sua esistenza,si accompagnano comunque a una teologia razionale, ad un bagagliodi idee che larte solleva ad intuizione, denendosi in tal modo comeideale, cio presentatrice di idee razionalmente costruite.

    Una conerma del carattere limite dellicona bizantina in quantosuperarte (in prospettiva gehleniana) o ambiguamente disturbazionale(in prospettiva dantiana) potrebbe essere oerta dal diverso destinoche le tesi di Nicea ii hanno avuto in Occidente e in Oriente, quasiesse costituiscano il crinale di due pendici la cui opposizione deve es-sere intesa non tanto come edelt (lOriente) o inedelt (lOccidente)a quelle tesi, quanto come radicalizzazione divergente degli aspettiche licona bizantina era riuscita a tenere in un equilibrio tanto sottilequanto precario. Se lOccidente, di quelle tesi, svilupper soprattuttolaspetto pedagogico-catechetico dellimmagine religiosa, privandolatendenzialmente di qualsiasi natura ultramondana e considerandolain linea di massima come un semplice quanto utile promemoria dellastoria sacra e dei dogmi teologici, lOriente accentuer invece laspet-to autenticamente rivelativo dellicona, concepita come una presenzache avorisce un rapporto privilegiato e senza altre mediazioni con ildivino 27. O, almeno, questo quanto ci viene restituito dallinterpre-tazione che Pavel Florenskij, a distanza di oltre un millennio da quelConcilio, ci ore di questarte sacra.

    La tesi che vogliamo sostenere la seguente: se in una prospettiva

    dantiana licona di Nicea ii potrebbe denirsi come ambiguamentedisturbazionale, diverso invece il giudizio che, in quella stessa pro-spettiva, si deve dare dellicona cos come essa emerge dalle pagine deLe porte regali(oIkonostas, Iconostasi, come recita il titolo in russo)

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    e de La prospettiva rovesciata di Florenskij: non ci sono dubbi inattisul carattere pienamente magico, nel senso dantiano del termine, checonnota licona cos come essa si delinea in quei saggi. Come statonotato da Roberto Salizzoni, tra laltro con una nettezza dicilmenteriscontrabile da parte della critica estetico-losoca occidentale, quantosi delinea in queste pagine innanzitutto una lezione radicalizzata de-gli elementi teorici oerti dalliconolia bizantina e codicati nella tra-dizione ortodossa []. Se prendiamo in considerazione le tesi centralideLe porte regalie de La prospettiva rovesciata, vediamo che, malgradoalcune episodiche cautele terminologiche, il rapporto tra immagine eprototipo che la tradizione, anche nei momenti caldi di contrapposi-zione alliconoclastia, ha sempre mantenuto in termini di somiglianzao di rifesso, viene tradotto e precipitato in unidentit. [] Licona

    il prototipo, il divino, lideale in senso platonico 28. Rispetto alletesi analogiste di Nicea la concezione forenskiana dellicona pare piradicale e addirittura prossima a quel senso magico dellidentit traimmagine e prototipo che Danto caratterizza come regressivo.

    3. Licona forenskiana nella sua edelt alla spiritualit russaCon questa concezione identitaria e magico-regressiva nel senso

    di Danto, Florenskij non sembra eettuare un tradimento nei con-ronti di quella che viene generalmente denita la spiritualit russa,

    intendendo con tale espressione quella gura e condizione dello spi-rito che, come elemento stabile e caratteristico della cultura russa, sidenisce alla confuenza degli apporti diversi, ma tra loro intrecciati,della religiosit ecclesiastica, della popolarit religiosa, della letteraturae della losoa colte 29. Sullappartenenza di Florenskij a questa -gura e condizione dello spirito non sembrano esserci dubbi: anzi, lostesso Florenskij, nella sua decisa quanto irriducibile contrapposizionealla moderna cultura occidentale, a proporre la propria rifessione sul-licona come edele ad essa. Soprattutto non ci sono dubbi sulla suaedelt allelemento centrale e dominante che contraddistingue questacategoria dello spirito e che lo studioso occidentale propenso asottovalutare, proprio in quanto per lui inusuale 30: la cultura dellareligiosit popolare. Una cultura, quindi, non speculativa ma pratica,dove luso predomina sul pensiero e dove licona dimentica la propriateologia per precipitare totalmente nella dimensione di pura superartein senso gehleniano o di arte disturbazionale in prospettiva dantiana.

    Approdata da Bisanzio in Russia, licona subisce inatti in questatrasmigrazione un sostanziale cambiamento: bench dottrina e rifes-sione continuino ad accompagnarla (tra laltro senza subire, almeno

    no alla ne del xvi sec., alcuna sostanziale evoluzione o maturazionerispetto alla loro ormulazione bizantina), tuttavia esse proprio per lacentralit che riveste la religiosit popolare allinterno della spiritualitrussa passano in secondo piano, costituendosi come una presenza

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    parallela ma al tempo stesso ininfuente sullesistenza dellicona. Comesottolinea Alpatov,

    licona [] diventa un oggetto dotato di orza misteriosa, una specie di eticcio.

    In numerose leggende antiche [] si racconta della loro misteriosa apparizione:dono del cielo, non sono rutto di lavoro manuale, non sono create dalluomo;davanti a loro avvengono guarigioni, esse aiutano a vincere il nemico in battaglia.[] Esse venivano non solo guardate, ma anche devotamente baciate. [] Cossi rivelano non di rado elementi magici. Licona deve con il suo aspetto colpiregli uomini, instillare la ede, ar sentire le orze sovrannaturali in lei racchiuse.Le croci nere che ricoprono ttamente le vesti di San Nicola il Taumaturgoimpressionano come scongiuri, lo sondo rosso dellicona del Proeta Elia ardecome il uoco celeste, gi elemento del pagano Perun 31, e ora di questo suosuccessore 32.

    Per spiegare questa stretta commistione tra icona e paganit po-polare, Alpatov rileva che, bench la maggior parte delle icone osseappannaggio della chiesa sul piano della destinazione e della produ-zione, tuttavia esse

    avevano il loro posto anche nella vita quotidiana: non esisteva casa in cui nonossero appese. Gli uomini andavano incontro al nemico innalzandole perch liaiutassero e collaborassero alla riuscita dellimpresa []. Le icone erano con-servate, restaurate, ornate, erano alzate e portate uori; in casi dincendiosalvate dalle case in amme. Facevano parte della vita sociale della comunit.Questo spiega perch molti elementi comuni allintero popolo [] trovassero

    espressione nella pittura dicone. Concezioni sociali, dogmi teologici, leggendeapocrie, dubbi eretici, vestigia di paganesimo e di magia primitiva trovanoposto nella pittura di icone della Russia antica 33.

    su questi aspetti che licona russa denisce la propria identit,riattivando prepotentemente al proprio interno tutti gli elementi dideciso sapore pagano che avevano caratterizzato liconolia bizantinaprima dellondata iconoclasta degli anni 726-757. Se, come stato det-to, la lettura di Florenskij dellicona tende ad accentuarne la natura disuperarte, [] cio a dimenticare che accanto ad essa c una teologiaespressa 34, perch licona cos come si denita nella spiritualitrussa si connotata sotto questo aspetto. quindi sulla edelt a questadimensione di superarte in senso gehleniano o di arte magico-distur-bazionale in senso dantiano che si misura la specicit della rifessioneforenskiana sullicona, la cui sbandierata quanto programmatica ade-renza alla spiritualit russa proporzionale alla didenza che le statariservata da parte della chiesa uciale ortodossa, che non coincide contale spiritualit ma ne costituisce solo un elemento, e neanche quellocentrale.

    inatti bene ricordare che la rifessione forenskiana sullicona,nel momento in cui si trovata ad articolare concettualmente i propripresupposti presentandoli come perettamente edeli alla teologia diquella chiesa, nei atti non ha mai avuto, da parte della gerarchia u-

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    ciale ecclesiastica, un vero e proprio imprimatur: la gerarchia ortodossanon mai stata disposta a riconoscere totalmente la propria teologianella specicit della teologia/losoa dellicona di Florenskij e, selo ha atto, questo avvenuto ridimensionando gli aspetti che pi nemettevano in risalto tale specicit e il pericolo di eresia idolatricache, come un cono dombra, laccompagnava 35. O almeno ci che avvenuto, in modo pi o meno strisciante, nella maggioranza degliapprocci critico-interpretativi che gli studi occidentali le hanno riser-vato sia sul versante losoco-telogico 36 sia su quello pi specicata-mente estetico 37: pur cogliendo lo strano rovesciamento che liconaforenskiana intesse nel rapporto tra visibile e invisibile, tra immaginee prototipo, tuttavia ci che sempre prevalso una lettura che havoluto ricondurre quella rifessione nellalveo di una teologia dellIn-

    visibile 38, ponendola in stretta continuit con le soluzioni di Nicea ii.Il principio didentit nella dierenza che, secondo Florenskij, liconaverrebbe a istituire tra visibile e invisibile, enomeno e idea, immaginee prototipo e che tanto entusiasma gli studiosi occidentali de Le porteRegali, poi, quando viene sottoposto ad analisi e commento, viene neiatti tendenzialmente interpretato a vantaggio della dierenza e nondellidentit, realizzando un reale capovolgimento della questione coscome essa si pone nel losoo e teologo russo: il centro propulsoredellicona forenskiana come identit nella dierenza, non risiede in-

    atti nella dierenza ma proprio nellidentit.Non che tale aspetto non sia stato notato: la sua evidenza tale chedicilmente pu passare inosservato. Ma, seppur clto e accolto, essosi sempre accompagnato, almeno nella maggioranza dei casi, alla vo-lont di non voler comunque prescindere da quelle episodiche cauteleterminologiche che, come stato precedentemente ricordato, correda-no il testo forenskiano, con il risultato, alla n ne, di porle in primopiano e di attribuire ad esse un valore tuttaltro che episodico. Se, incampo losoco-teologico, il motore di questo slittamento di accenti lo spauracchio di eresia idolatrica, credo che anche nellambito delleinterpretazioni critico-estetologiche abbia agito un simile spauracchio,seppur non denibile in senso teologico-religioso. Quello che si avvertepericolosamente emergere dalle pagine di Florenskij qualcosa chepotremmo denire un idolo in senso estetico-artistico, cio unentitche rende molto labili, se non addirittura nulli, i conni dellarte nelsuo rapporto con la vita o la realt che si propone di rappresentare.Probabilmente questo aspetto avrebbe creato meno problemi se Flo-renskij si osse limitato a parlare semplicemente dellicona. Ma le cosenon stanno cos. Licona non trattata da Florenskij come un caso par-

    ticolare di arte che, nel momento in cui eccede la dimensione dellartecomunemente intesa per il proprio carattere sacrale, conermerebbe,in quanto eccezione, il paradigma artistico rispetto al quale si vuoledierenziare. Se inatti vero che licona arte sacra, parimenti vero

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    che lintento di Florenskij sostenere che, se esiste unarte degna diquesto nome, questa proprio licona, e lo a tal punto da relegarelintera arte moderna sviluppatasi dal Rinascimento in poi allo statodi unarte contraatta, se non ad emblema della negazione dellartestessa. Una tematica che, seppur presente ne Le porte regali, diventacentrale ne La prospettiva rovesciata.

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    II. Vedere Dio la magia delliconatra neoplatonismo cristiano e paganesimo

    1. La verit esistetico-percettiva delliconaLa prospettiva rovesciata un testo non solo concettualmente arduo

    ma di orte impatto: lintera parabola artistica dellOccidente moderno

    viene inatti bollata, dal Rinascimento in poi (anzi, da Giotto in poi),come qualcosa da buttare al macero perch ondata sul principio dellaprospettiva, vera e propria bestemmia nei conronti non tanto dellartesacra, quanto dellarte come tale, che trova come suo paradigma lico-na. In questo testo, inatti, si conerma pienamente che licona artenel vero senso del termine perch in essa limmagine, a dierenza diquanto avviene nel quadro prospettico rinascimentale, non immaginesomigliante la verit, un come se, ma questa stessa verit, e lo perch la sua prospettiva (rovesciata rispetto a quella rinascimentale)

    paradossalmente aderente al modo in cui le cose si orono alla nostrapercezione. questo un aspetto che non stato molto approondito dalla criti-

    ca e che complica notevolmente lintrecciarsi di realismo e simbolismonella concezione forenskiana dellicona, un intreccio a mio parere ancora ampiamente da studiare in tutti i suoi risvolti. Ci che di taleintreccio mi propongo di analizzare la questione del realismo delli-cona, questione che va di pari passo con la polemica forenskiana neiconronti della prospettiva rinascimentale. Come stato acutamentenotato, questultima viene inatti accusata di irrealismo non per es-sere un metodo per copiare e catturare una realt sensibile priva diautentico valore ontologico, quanto piuttosto per essere espressio-ne, prodotto dellideale dellartista nel senso che verr attribuitoa tale termine da Erwin Panosky con il suo saggio Idea. Contributoalla storia dellestetica (1924) 39. Di contro a tale ideale realizzatodalla prospettiva rinascimentale, Florenskij legittima invece licona indiretta connessione con le idee platonicamente intese, senza per arderivare da tale legittimazione la bench minima svalutazione del sen-sibile, di cui viene invece riconosciuta lideale legalit ontologica 40. A

    determinare questa ideale legalit ontologica la particolare valenzache assume in Florenskij la metasica platonica del bello come lucee splendore dellidea. Se lidea splende ed in virt di tale splendoreche essa, come dice Platone nel Fedro, immediatamente accessibile

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    al pi acuto dei nostri sensi corporei, ovvero la vista, ci signica chela luce che si diparte da essa non metaorica, ma reale: essa splendenon come la luce piena di mezzogiorno, ma quella luce pienadi mezzogiorno.

    Particolarmente incisive in proposito le parole di Aleksej Losev che,in rapporto alla natura luminosa dellidea platonica, sottolinea comeessa assuma in Florenskij loriginale carattere di una luce che rimandaad uno sguardo vivo, allo sguardo di una persona, con lesito ditrasormare in senso pienamente mitologico quella che in Paul Natorpera ancora una concezione dellidea platonica come struttura logicadel mito: la novit che Florenskij apporta nella comprensione delplatonismo il concetto dello sguardo. [] Secondo Florenskij lIdeadi Platone [] ha un preciso sguardo vivo. [] lIdea platonica ha

    lo sguardo vivo che rispecchia nel gioco dei raggi di luce che esco-no da esso la sua vita interiore e arcana. [] La comprensione diFlorenskij pu davvero essere denita mitologica e, nel senso pieno,magica 41.

    Torneremo dopo su questa identicazione tra idea e sguardo/lucee sulla concezione di carattere magico-mitologico dellidea platonicache, secondo Losev, ne conseguirebbe. Per ora ci basta sottolinearecome la connotazione forenskiana dellidea come sguardo vivo ac-cia del pari assumere alla sua qualit di risplendere il carattere della

    luce cos come essa colta dal vivo quanto concreto sguardo umano.Un carattere che non pertiene allidea soltanto, ma anche a Dio, comerisulta dalla seguente ripresa dellimmagine plotiniana del maniestarsidellUno come irraggiamento di luce da una onte luminosa:

    Usciamo in un luogo aperto, meglio allalba o, in ogni caso, quando il sole quasi allorizzonte [].Rendiamoci conto di cosa vediamo in realt. Vediamo la luce e soltanto la luce,ununica luce dellunico sole. Le sue varie tinte non sono una sua propria ca-ratteristica, ma il risultato del reciproco rapporto tra la terra e in parte il cielo,che quella sola luce riempie di s. [...] Dio la luce. Dio la luce e questo

    non nel senso di una predica ma come giudizio della percezione della Gloriadi Dio, di una percezione spirituale ma concreta e immediata: contemplando-la, noi vediamo ununica, ininterrotta indivisibile luce. La luce non possiedeulteriori denizioni eccetto che essa una luce senza impurit, una luce pura.La denizione della luce solo che la luce luce, che non contiene nessunatenebra, giacch in essa tutto illuminato e ogni tenebra vinta dai secoli,superata e illuminata 42.

    La luce, dunque, non una semplice metaora: essa Dio nellasua concreta maniestazione, la concreta percepibilit di Dio, conla conseguenza di conerire a tale maniestazione unintelligibilit che

    possiede intrinsecamente una dimensione sensibile e materiale, perquanto possa essere sottile e pura tale materialit.Nonostante la critica occidentale abbia pi volte sottolineato il

    platonismo sui generis di Florenskij, tuttavia non ha ancora dedicato

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    suciente attenzione alle ripercussioni che, da un simile platonismorivisitato, derivano relativamente al rapporto icona-percezione: la pro-spettiva rovesciata dellicona una prospettiva che risponde pienamen-te al reale modo in cui locchio vede la realt. Se inatti la parvenzaillusoria della prospettiva rinascimentale non deriva dalla mancanzadi verit [] del sensibile che essa si appresta a rappresentare, dalla-derire ad una insignicante apparenza sensibile, bens dal concepireunapparenza e dal sostituirla alla verit 43, tale verit da intendersisoprattutto in termini sensibili-percettivi. Ci che in termini di veritviene occultato dalla prospettiva rinascimentale proprio, anche senon solo, il reale e concreto modo di vedere dellocchio, sostituito daun modo ttizio e astratto.

    questo uno dei punti pi sconvolgenti dellopera di Florenskij.

    Non tanto per ci che viene aermato in rapporto alla prospettivarinascimentale: dopo Panosky e il suo studio La prospettiva come or-ma simbolica (posteriore di circa dieci anni a La prospettiva rovesciatadi Florenskij), lidea che la costruzione prospettica rinascimentale siaqualcosa di convenzionale, se non addirittura unardita astrazione chemina n dalle ondamenta il valore mimetico e naturalistico che persecoli le stato attribuito e che essa stessa si arrogato, non certouna novit. Ci che semmai sconvolgente sono le conseguenze cheuna simile idea comporta per licona. Se, da un lato, il realismo non

    sta dalla parte della prospettiva rinascimentale ma dalla parte dellaprospettiva rovesciata dellicona e se, dallaltro, la principale accusadi irrealt nei conronti del quadro rinascimentale consiste nel suoviolentare, al contrario di quanto avviene nellicona, il concreto spa-zio visivo percepito dallocchio sostituendovi uno spazio che, proprioperch astratto e mentale, questocchio non potr mai vedere, allorail senso della prospettiva rovesciata dellicona di mettere capo non auna teologia dellInvisibile ma, al contrario, a una teologia del Visibile.

    Tornando a Danto e rovesciandone le tesi, possiamo dire che le ico-ne, nella prospettiva di Florenskij, debbono essere solo guardate e noninterpretate perch in esse c tutto quello che c da vedere: liconanon rimanda ad un aldil di senso oltre se stessa, ma invita lo sguardoa soermarsi su di essa, a non uscire dalla sua tavola, perch quellatavola non una tavola ma Dio in persona, che ci guarda da quellim-magine non come sbiadito rifesso di una realt trascendente, benscome energia che investe il edele e che si a pienamente presente a luiin senso eminentemente percettivo. Se vero che licona un puntodi vista sul mondo, se tale punto di vista non appartiene alluomo maa Dio e se esso, in quanto appartenente a Dio, imperscrutabile,

    altrettanto vero che la realt di quello sguardo si rende non di menototalmente tangibile, percepibile ed esperibile 44. Allimperscrutabilitdi quello sguardo corrisponde inatti lo spazio policentrico delliconache, proprio perch tale, ci restituisce unimmagine del mondo che

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    si iscrive non in uno spazio uniorme e controllabile dalla ragioneumana come quello della prospettiva rinascimentale: si tratta inattidi uno spazio animato da una vivacit incomprimibile, irriducibile aun meccanismo di leggi denibili e misurabili 45. su questa immagi-ne che si modella la reale (psico-)siologia dellocchio umano, la cuinaturale disposizione a cogliere e ad accogliere la vivacit incompri-mibile del mondo che gli appare e che in tale apparire si a presentea lui nella orma di un pulsante urto percettivo, a tuttuno con unamodalit di visione e, quindi, di rappresentazione, volta a captarela proondit del reale, quella sua vita interiore che rende il mondoqualcosa di animato: Nella rappresentazione viva ha luogo un conti-nuo fuire, scorrere, un cambiamento [] essa continuamente luccica,scintilla, pulsa, ma non si arresta mai sulla contemplazione interiore di

    un morto schema della cosa. E precisamente cos, con una pulsazioneinteriore, la cosa vive nella nostra rappresentazione 46.Vale comunque la pena di ocalizzare meglio questo aspetto del

    testo di Florenskij che, nel contrapporre icona a quadro rinascimen-tale, prospettiva rovesciata a prospettiva lineare, sembra riproporreal proprio interno la distinzione tra eikon e phantasma che Platoneha delineato nel Sosta. Ma si tratta di una riproposizione originale,perch lesito cui giunge Florenskij , pur nella ripresa di quella di-stinzione platonica, di rovesciarne completamente il senso sul piano

    della percezione.Come noto, la contrapposizione tra eikon ephantasma si articolanel dialogo platonico a partire dalla distinzione di due orme di mime-sis artistica: quella icastica, che denisce unarte volta a produrre unaimmagine edele alla cosa che viene imitata (cio produttrice di copie),e quella antastica, che individua invece unartenalizzata a restituircigli oggetti imitati sotto orma di immagine illusoria (cio produttrice diantasmi). Rientrano in questultimo ambito quelle sculture e pitture che,volendo tener conto del punto di vista di chi guarda, operano una cor-rezione degli eettivi rapporti proporzionali della cosa imitata allo scopodi suscitare nello spettatore, con leetto della messa a distanza, unim-pressione di realt. Se inatti non venissero modicati i reali rapportiproporzionali della cosa, le parti in alto ci apparirebbero pi piccoledel dovuto, e le parti in basso, invece, pi grandi, perche le une sonoda noi viste da lontano, le altre da vicino 47, con il risultato che loperaperderebbe il suo eetto illusionistico. questa una cattiva mimesis:interessata a creare un eetto naturalistico, essa si dimostra incurantedellordine strutturale delle cose, trasormandosi in unimitazione cosaderente allaspetto sensibile della realt, da ar credere erroneamente

    allo spettatore che lartista abbia prodotto non una semplice immaginedella cosa imitata, ma questa cosa stessa. Si tratta cio di unimmagineche, non sembrando tale, pretende di sussistere per se stessa. La mi-mesis icastica invece, attenta alla cosa da imitare, cio alla sua verit e

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    non al piacevole quanto also eetto realistico che essa pu suscitare,riprodurr gli eettivi rapporti proporzionali delloggetto, producendounimmagine che, immediatamente percepita come tale per proporreuna orma che non si adegua alle nostre abitudini percettive, induce lospettatore a svincolarsi dallimmediatezza di quanto vede per aerrarnela orma intelligibile, cio la sua struttura geometrico-matematica. Sitratta, insomma, di unarte che nega il piacere sensibile per trasormarsiin piacere intellettuale. questa una buona mimesis in quanto, sacri-cando limpressione di supercie, produce una rappresentazione che,sottratta alleetto illusionistico, riaerma il proprio vincolo imitativonei conronti dellordine dellessere e, negando di poter sussistere perse stessa come pura apparenza, si a veicolo di tale ordine.

    Posto che larte comunque mimesis, vera mimesi mimesi ica-

    stica sar quella che, sacricando limpressione di supercie, articolila struttura, la sostanza del reale 48. La dierenza tra buona e cattivaapparenza e la conseguente legittimazione della mimesi icastica a sca-pito quella antastica a dunque tuttuno, in Platone, con la condannadi una mimesis aderente alla mera percezione sensibile dellocchio.

    questo aspetto che viene a cadere in Florenskij nella sua presadi distanza dal quadro rinascimentale che, equiparabile al phantasmadel Sosta platonico, tuttavia non deriva la propria parvenza illusoriadalladerire alla percezione sensibile dellocchio: si tratta inatti di una

    adesione puramente ttizia, il risultato di una costruzione che assomi-glia a un esorcismo, atto di convenzioni ed intrapreso in nome di undisegno teorico contro la concezione naturale del mondo, un quadrottizio del mondo che bisogna vedere, ma che, nonostante laddestra-mento, locchio umano non riesce assolutamente a vedere 49. Quantoil disegno prospettico sia estraneo alla percezione ottica e il sempliceprodotto di una serie di convenzioni, dimostrato dalla necessit diutilizzare, per la sua peretta realizzazione, i prospettogra illustrati daDrer nelle sue xilograe: tanto il prospettograo di Keser e la griglia,quanto lo sportello a li e il vetro dimostrano che locchio viene co-stretto a guardare in un certo modo e che limmagine prospettica delmondo non aatto un modo naturale di percepirlo 50. Tale modo inatti in netta contraddizione con i presupposti della prospettiva, cheFlorenskij riassume nei seguenti punti:

    1) lo spazio del mondo reale uno spazio euclideo, cio isotro-po, omogeneo, innito e illimitato, [] tridimensionale 51;

    2) tra tutti i punti dello spazio ininito, vi un solo puntoeccezionale, unico, di particolare importanza, per cos direun punto monarchico 52 da cui guardare la realt. Esso

    coincide con il punto di vista dellartista e lunica cosa chedetermina questo punto il atto di essere il posto che oc-cupa il pittore stesso 53;

    3) il pittore prospettico si considera monoculare, giacch il se-

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    condo occhio distruggerebbe lunicit e, quindi, lassolutezzadel punto di vista;

    4) questo unico occhio considerato immobile;5) il mondo stesso presupposto come immobile e immutabile.

    Tutti questi presupposti sono la diretta negazione dei processi psi-cosiologici dellatto della vista 54, lesclusione dei quali costituisce ilsesto presupposto che Florenskij pone alla base della visione prospetticalineare. Si procede cos allanalisi e al conronto tra la visione prospet-tica rinascimentale e quella (psico-)siologica dellocchio. Ammesso (enon concesso) che lo spazio euclideo corrisponda allo spazio sico (enon sia soltanto uno schema astratto, per di pi uno dei molti possi-bili 55 visto che esistono altre geometrie), tale spazio non corrispondeallo spazio visivo. Al contrario dello spazio euclideo, illimitato, innito

    e omogeneo, lo spazio visivo limitato e nito ed inoltre, come indicalosservazione della volta schiacciata, ha una direzione non omogeneaper ogni direzione. Se nello spazio euclideo non sussiste la dierenzatra alto e basso, davanti e dietro, destra e sinistra, questa dierenzaesiste invece nello spazio visivo, il cui carattere non omogeneo e nonisotropo riscontrabile nella diversa valutazione delle distanze ango-lari, in rapporto alle diverse distanze rispetto allorizzonte, nella diversavalutazione delle lunghezze, continue e discontinue, nella diversa qua-lit della percezione in punti diversi della retina. La conclusione di

    Florenskij che noi non vediamo e non percepiamo aatto il mondocome un mondo euclideo. Pu anche essere legittimo, per esigenze diteoria, parlare dello spazio euclideo come se questo osse il mondo visi-bile, ma la unzione del pittore non quella di abbozzare [] astrattitrattati, ma quadri, cio rappresentare ci che egli realmente vede 56.

    La nostra impossibilit di percepire il mondo come un mondo eu-clideo dipende dunque dalla stessa struttura del nostro organo visivo.Noi, inatti, non siamo esseri monoculari ma binoculari, una realtche rende la nostra visione intrinsecamente poliprospettica, aspettoulteriormente accentuato dal atto che il nostro sguardo non maiimmobile: non solo i nostri occhi si muovono continuamente ma, in-sieme a loro, si muove la testa in cui questi sono collocati e il corpoche la sorregge. La concreta vita dellocchio, pertanto, quella di unpunto di vista che muta continuamente: latto del concreto vede-re sempre una sintesi psichica delle innite percezioni visive davari punti di vista, e inoltre sempre doppie 57. Ma limmobilit nonsolo non una caratteristica che pertiene al nostro sguardo, ma noncontraddistingue neanche il mondo che osserviamo: le cose, inatti,mutano, si muovono, si presentano allosservatore da diversi lati, cre-

    scono e decrescono, il mondo vita e non gelida staticit. [] Perci un grave pregiudizio pensare che losservazione debba avvenire incondizioni di immobilit, di se stessi e della cosa osservata 58, comeinvece pretenderebbe la prospettiva rinascimentale.

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    Come si vede, tutto il discorso di Florenskij volto a mostrare ilcarattere astratto della visione prospettica rispetto alla quella (psico-)siologica dellocchio e la natura irreale ad essa intrinseca da un puntodi vista sensibile percettivo: luomo, nch vivo, non pu entrarecompletamente in uno schema prospettico, e lo stesso atto della visio-ne, con un occhio immobile [] psicologicamente impossibile 59.La conclusione che segue la seguente: le deormazioni restituitecidallicona in quanto immagine policentrica che rompe lunit prospetti-ca rinascimentale, presuppongono la dinamicit della posizione visualee, quindi, la visione poliprospettica propria del nostro occhio, propo-nendoci unimmagine che, ben lungi dallallontanarsi dal nostro mododi relazionarci visivamente al mondo, risponde pienamente ad esso;ergo, poich nella percezione limmagine visiva non viene osservata

    da un solo punto di vista ma, per lessenza stessa della visione, unaimmagine policentrica [], dobbiamo riconoscere lanit di ogniimmagine visiva con gli edici rappresentati nelle icone 60.

    Alla luce di ci, non un caso che, ne La prospettiva rovesciata, ilconronto tra quadro rinascimentale e icona inizi proprio da una consi-derazione di carattere estetico-percettologico nei conronti dellicona:qui si constata che le evidenti assurdit con cui in questa orma dartesi presentano gli oggetti, i corpi e i volti santi dove spesso si mostra-no dettagli e piani che non possono essere presenti simultaneamen-

    te non destano nessuna sensazione spiacevole, ma sono accettatecome qualcosa di necessario, anzi, addirittura piacevole 61. Licona,per quanto ci restituisca unimmagine che sembra un errore dal puntodi vista del disegno prospettico, tuttavia non produce, nel suo contattopercettivo con il ruitore, nessuna sgradevolezza estetica. Anzi, la mera-viglia e lo stupore suscitati da queste immagini si accompagnano a unpiacere che direttamente proporzionale allimplicito riconoscimentodella necessit di quegli errori, percepiti come unzionali alla riuscitadellopera. Con una chiara polemica nei conronti degli iconogra russiche, a partire dalla ne del xvii sec., avevano iniziato ad adeguarsialla moderna moda occidentale di dipingere, introducendo nella pit-tura dicone la prospettiva, lo scorcio e il chiaro scuro 62, Florenskijsottolinea come la lontananza dellicona dalle regole della prospettivarinascimentale sia direttamente proporzionale al riconoscimento dellagrandezza dellartista che lha dipinta: se le icone che pi rispondo-no a un manuale di prospettiva lineare, sono noiose e senzanima eappartengono a maestri di seconda e terza categoria, quelle inveceche trasgrediscono con orza le regole prospettiche appartengono adinsigni maestri 63.

    Se questo vero, ci signica che il sistema prospettico delliconanon un sistema casuale ma risponde a una ben precisa logica, daintendesi innanzitutto come logica sensibile: una logica tradita dallaprospettiva rinascimentale e mantenuta invece dalla prospettiva ro-

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    vesciata dellicona, la quale ci ore unimmagine percettivamente pirealistica rispetto a quella del quadro rinascimentale, che quantodi pi lontano dalla nostra naturale (psico-)siologia visiva. La lineadi demarcazione che segna la distanza tra prospettiva/quadro rina-scimentale, da un lato, e prospettiva rovesciata/icona, dallaltro, quella che passa tra lirrealt della prima e la realt della seconda, unarealt da intendersi innanzitutto in senso sensibile-percettivo.

    Questa conormit dellimmagine iconica alla nostra (psico-)siolo-gia ottica opera un radicale rovesciamento del modo in cui, a partiredalla lezione di Nicea, veniva concepita la unzione anagogica dellico-na. Licona, a partire da quella lezione, esplicava inatti la sua capacitdi condurci a accia a accia con Dio perch, nel mentre circoscrivevail divino in orme e colori, negava al tempo stesso questa circoscri-

    zione materiale per svincolarsi da ogni naturalismo, cos da risultaretanto pi peretta quanto pi si allontanava dal modo in cui le coseapparivano ai sensi. Era come se licona mettesse in atto un processodi autosmaterializzazione che per, risultando comunque allimentareper ricorrere a orme e colori, conermava dellicona il suo caratteredi come se, di immagine semplicemente somigliante al prototipo,invitando lo sguardo ad andare al di l di essa e ad indirizzarsi versoil mondo sovrasensibile; un invito che aceva tuttuno con il puri-carsi dello sguardo da ogni orma e colore che potesse circoscrivere

    il divino.In Florenskij tale dinamica radicalmente ribaltata: se lantinatu-ralismo dellicona reca in s la presenza del divino, non perch siallontana da come le cose ci appaiono ai sensi, bens perch aderisceal modo in cui esse si mostrano alla reale percezione ottica. Del restonon si capisce come mai il buon Dio, che ha voluto incarnarsi, cheha deciso di diventare visibile e che, nel diventare visibile, ha volutoripristinare loriginario carattere teoanico della materia, ovvero la suacapacit di portare alla luce il divino che in essa si maniesta, avrebbedotato luomo di un occhio incapace di cogliere naturalmente unasimile luce. questa luce che si a avanti nella realt cos come essaappare naturalmente allocchio, cio come innita pulsazione di aspetti,come una pluralit di centri dessere in cui ciascuno, proprio perchdotato di una sua propria energia vitale, esige di essere clto nella suapropria orma senza lasciarsi dissolvere nellamora quanto indieren-ziata estensione dello spazio euclideo. La realt dello spazio cui dvita questa pluralit di centri dessere che a noi si maniestano nellaorma di un pulsante urto percettivo, non pu che essere recepita dallanostra vista come un campo che, animato da orze qualitativamente

    dierenziate, esso stesso dierenziato e interiormente strutturato.Solo la edelt alla connaturata (psico-)siologia dellocchio che Dioci ha dato, ci permette di riconoscere di essere parte di uno spazioirriducibile a leggi perettamente misurabili e dominabili dalla nostra

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    ragione, dandoci la garanzia di essere non [] accerchiati da sogniillusori, impotenti ed esangui, che si organizzano secondo il nostrocapriccio, ma [] circondati dalla realt, che possiede una sua vita einstaura suoi particolari rapporti con altre realt 64.

    Il richiamo e la edelt alla percezione quali premesse di una vitarealistica sono costanti e diusi in Florenskij: se il corpo, in quantolimite comune delluomo e di tutte le creature, proprio ci che lecongiunge in unit 65, allora nella percezione corporea che risiedeil principio del vivo contatto tra noi e il mondo quale presupposto diogni conoscenza che si voglia dire reale e non illusoria. E, diatti, ndalla remota antichit due sono state le capacit conoscitive ritenutepi nobili, ludito e la vista, e i diversi popoli hanno privilegiato lunao laltra: lantica Grecia ha esaltato soprattutto la vista, lOccidente

    ha invece aermato il primato delludito. Ma, a prescindere dalloscil-lazione del primato, non sono mai sorti dubbi sul ruolo centrale chequeste due capacit rivestono negli atti conoscitivi e, di conseguenza,mai si dubitato del valore straordinario dellarte gurativa e dellartedella parola: si tratta inatti di attivit che si ondano sulle pi validecapacit percettive 66.

    Di qui il privilegio che Florenskij attribuisce allarte come luogoprivilegiato per lincontro con il senso delle cose. Un senso che, pensa-to come inerente e incarnato nellopera, d luogo a unarte che si con-

    sidera schietta autopresentazione della vita67

    . Esempio di una similearte licona, le cui presunte deormazioni e distorsioni non derivanoaltro che dalle premesse di una concezione di vita realistica, cosriassunte da Florenskij:

    esistono delle realt, cio esistono centri dessere, dei grumi dessere, soggettia leggi proprie, e perci aventi ciascuno la propria orma; perci nulla di ciche esiste pu essere considerato come un materiale indierente e passivo, uti-lizzabile per riempire un qualsiasi schema []; inatti le orme devono essererappresentate attraverso se stesse, conormemente a come sono concepite, e nonnegli scorci di una prospettiva predisposta in anticipo. E inne, lo spazio stesso

    non soltanto un luogo omogeneo e senza struttura, n una semplice casella,ma a sua volta una realt particolare, interiormente organizzata, dovunquedierenziata, sempre dotata di una struttura e di un ordine interiore 68.

    Se nellicona e nellarte medievale presente la massa ontologicadel mondo 69, nel quadro rinascimentale ci che si a avanti inveceil vuoto ontologico entro cui destinato a involgersi il soggetto mo-derno. Lo spazio gurativo della prospettiva nasce, esprimendolo, dalpathos delluomo nuovo che, diversamente da quello medievale, non volto ad aermare la realt in s e uori di s, bens a suggire ad

    ogni realt perch lio voglio detti legge attraverso la ricostruzione diuna realt antasmagorica 70. Da questa arrogante pretesa delluomomoderno di dominare ogni aspetto della realt a suo uso e consumoscappa uori, come un coniglio dal cilindro, lo spazio prospettico ri-

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    nascimentale, allinterno del quale la massa ontologica del mondo sisalda nellimmagine di un morto materiale manipolabile a propriopiacimento. Un simile spazio possibile solo se il soggetto, mossodalla volont di separarsi dalla realt per assoggettarla a s, si astraedalla sua concreta modalit visiva e percettiva che, come sappiamo,non si realizza mai nellimmobilit di un istante e nella staticit di unpunto nello spazio e di un istante nel tempo, ma sempre mobile e,quindi, poliprospettica. Lo spazio del quadro rinascimentale nasce daquesta astrazione e separazione, connotandosi come una costruzionearticiale e ttizia che, predisposta in anticipo dal soggetto e impostaalla realt dallesterno, allontana questo stesso soggetto dal vivo con-tatto con lessere e, ben lungi dallo svelare lordine reale delle cose,gli preclude di cogliere le orme che sono loro proprie. A dispetto

    del suo preteso naturalismo e oggettivismo, la gurazione prospetticanon altro che un mondo della nzione in cui le orme delle cose sisottraggono alla luce della realt, determinando un vuoto ontologicoche desostanzia quanto ci appare, cio il enomeno, per trasormarloin un guscio vuoto, in un mero simulacro sovrapposto alla realt edesistente solo in rapporto al soggetto, che ne istituisce e ne decretalapparire unicamente in vista della propria volont aermativa.

    Sulla base di queste premesse non sorprende che Florenskij stabili-sca un rapporto tra visione prospettica rinascimentale e trascendentale

    kantiano che, da lui denominato come idealismo soggettivo, costitui-sce il reale compimento di quella visione: abbastanza noto che ilkantismo, per il suopathos, non altro che un approondimento dellavisione del mondo umanistico-naturalistica del Rinascimento [] 71.Che la prospettiva rinascimentale sia la orma aurorale dellidealismosoggettivo che, iniziato con Cartesio, ha in Kant il suo compimentoe in Hegel il suo corollario, evidente per Florenskij dallintrinsecacontraddizione che alla sua base: da un lato, essa resa possibile dauno spazio, quello euclideo, che, proprio perch uniorme, innito edomogeneo, stabilisce la pariteticit di tutti i suoi punti; dallaltro, essapresuppone che tra tutti questi punti inniti e assolutamente paritari visia un solo punto eccezionale, unico, di particolare importanza, cheper, eletto per il solo atto di essere il posto che occupa il pittorestesso o, pi precisamente, il suo occhio destro, il centro ottico del suoocchio destro, viene immotivatamente dichiarato il centro del mon-do 72. Esso inatti solo il punto di vista del pittore, un punto di vistasoggettivo e limitato che, elevato ad assoluto, non si distingue assolu-tamente da tutti gli altri punti di vista dello spazio. Pertanto, concludeFlorenskij, non solo immotivata la sua superiorit su tutti gli altri

    punti, ma in sostanza immotivata anche tutta la visione del mondoqui esaminata 73. Fondata su di uno spazio che, innito e isotropo,privo di un centro come di una perieria, non pu che legittimare su diun arbitrio la scelta del suo punto di vista sul mondo, limmagine pro-

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    spettica non ha altra realt se non quella di essere espressione esclusivadel soggetto che lha creata, rivelando cos che la spazialit stessa che larende possibile, potendo trovare il suo centro unicante unicamente inquesto soggetto, una semplice costruzione di questultimo. Lo spazioeuclideo non il reale spazio sico dei corpi perch non ha nulla dellareale e concreta sicit corporea: totalmente spogliato delle sue ormesensibili, uno spazio che, inorme, incolore, insapore e inodore, unapura astrazione, qualcosa di esistente solo in rapporto ad una ragioneautocratica e inatuata di se stessa che, pretendendo di ondare lesseresul pensiero, di atto si sgancia dallessere e produce solo un mortoschema, alsamente procacciato come la orma stessa della nostra sensi-bilit. Costretta allinterno di questo morto schema, la percezione perdequel suo carattere di soglia in grado di stabilire tra soggetto e oggetto

    un contatto vitale e, di conseguenza, quella sua connaturata proonditche a tuttuno con la capacit di cogliere la proondit noumenica delreale che, privato in tal modo di ogni aggancio ontologico, si svuota delsuo spessore simbolico, cio maniestativo nellottica forenskiana, peressere letto come una trama unitaria, indissolubile e impenetrabile direlazioni kantiano-euclidee, concentrate sullIo di colui che osservail mondo, ma in modo che questo Io sia esso stesso un certo puntoocale immaginario del mondo 74. Prospettiva rinascimentale e sogget-to trascendentale kantiano si ondono cos allinterno di un continuo

    rimando di specchi in cui la prima, nel mentre dissoda il terreno perla oritura del secondo, ne al tempo stesso lespressione conseguente:E cos sorge sul terreno rinascimentale la concezione del mondo diLeonardo-Cartesio-Kant; e in questo modo sorge anche lequivalentedi questa concezione del mondo nelle arti gurative 75. Lidealismosoggettivo del trascendentale kantiano dunque gi presente e attivo,con il suo meonismo 76 universale e con il suo illusionismo, n dalRinascimento: Non un caso che, storicamente, lidealismo soggetti-vo e il prospettivismo siano andati a braccetto, perch essi esprimonouno stesso e identico impianto della cultura, luno nel suo signicatointeriore, laltro nella sua modalit espressiva. Il nome che li accomuna illusionismo [] 77.

    Reciso dalla sua radice noumenica, ormai ritenuta inconoscibile, ilenomeno viene in tal modo desostanzializzato no a ridursi a una vuo-ta apparenza, dichiarata esistente solo per il suo valore di estrinsecautilit, cio per essere nalizzata al conseguimento di un qualcheprotto immediato 78, alla soddisazione di quellio voglio che co-stituisce ilpathos delluomo moderno e che non pu che generare unacultura rapace-meccanica 79, cio generatrice di morte e non di vita.

    Kant, dunque, come il losoo non solo dellillusione contro la re-alt, ma anche della morte contro la vita: sono questi i due nucleiportanti in cui si sostanzia lantikantismo di Florenskij 80. Combattere ilkantismo e la prospettiva lineare quale sua espressione signica imboc-

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    care la strada perch il soggetto esca dal solipsismo illusorio in cui lharelegato una ragione narcisisticamente innamorata di se stessa, e ritrovinuovamente un contatto immediato con la vita dopo aver distrutto ilmorto museo di cere che si costruito intorno. Unespressione cheFlorenskij rierisce allaresco Ultima cena (1447) di Andrea del Casta-gno presente nel reettorio del Convento di Santa Apollonia a Firenze 81ma che, alla luce della stretta quanto sostanziale alleanza tra prospettivarinascimentale e quella che Florenskij chiama la cancelleria di Cohendeputata al brevetto della realt 82, indistintamente applicabile alkantismo in generale.

    2.Mano/occhio vs ragione/astrazione. Lo spirito diviso del RinascimentoTra kantismo e prospettiva rinascimentale sussiste dunque un le-

    game interiore, che per non impedisce a Florenskij di presentare ilRinascimento come unepoca divisa e scissa, combattuta da orze traloro opposte e lun laltra in guerra schierate: da un lato, larte e lavita e, dallaltro, la ragione e lastrazione, che tentano di prendere ilpotere sulla vita a scapito dellarte stessa. Cos, pur imputando al Ri-nascimento di aver mancato la realizzazione del ne ultimo dellarte,cio il suo legame con la vita, Florenskij recupera il valore artisticodelle sue singole opere, segnalando quella che lui denisce una circo-stanza degna di nota e di ironia insieme: inatti possibile riscontrare

    che gli stessi pittori [] non appena avevano rierito le regole dellaprospettiva da loro stessi prescritte, si abbandonavano direttamente,nonostante conoscessero gi i suoi segreti, alla loro sensibilit artisti-ca nella rappresentazione del mondo, venendo di atto a compieremadornali gaes ed errori rispetto alle esigenze prospettiche 83.In altri termini, tutti i grandi artisti rinascimentali da Leonardo daVinci a Raaello, da Michelangelo a Drer, da Paolo Veronese a ElGreco (ma potremmo arrivare ben al di l del Rinascimento, no aRubens e oltre) hanno tradito, consapevolmente o meno, le regoleprospettiche di cui si sono atti promotori, dimostrando quanto taliregole siano incompatibili con ogni orma di arte autentica o, comedice Florenskij, con il atto pittorico in s, a meno che questultimonon si sia venduto ad altre attivit: al bisogno di unarte di simulacrio a quello dellillusione di una immaginaria continuit dellesperienzasensibile che, in verit, non esiste 84, cio allillusione dello spazioeuclideo. La potenza artistica della produzione di questi pittori risiedeinatti nel venir meno al principio basilare della prospettiva, consi-stente nellassumere un solo punto di vista, un solo orizzonte e unascala omogenea di grandezze 85. Cos, se nel Cenacolo (1495-98) di

    Leonardo da Vinci dominano le leggi dello spazio kantiano e dellameccanica newtoniana 86, non di meno lartista viola lunit dellascala delle grandezze, con il risultato che la stanza risulta sproporzio-nata in altezza e in larghezza (cio pi piccola) rispetto alla grandezza

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    e al numero delle gure che ospita; la stessa cosa riscontrabile nellaScuola di Atene (1508-11), nella Visione dEzechiele (1518) e nellaMa-donna Sistina (1513-14 ca.) di Raaello, dove abbiamo una sintesi didue punti di vista e di due orizzonti diversi, ovvero lequilibrio di dueprincipi, quello prospettico e quello non prospettico, corrispondentealla coesistenza pacica di due mondi, di due spazi 87. La medesimarottura dellunicit del punto di vista la vediamo anche nelle opere diPaolo Veronese: se nelBanchetto di Simone (1560) e nellAllegoria dellabattaglia di Lepanto (1573) abbiamo ancora due punti di vista e dueorizzonti, ne Le nozze di Cana (1562-63) sono rinvenibili addiritturasette punti di vista e cinque orizzonti. Nel Giudizio universale (1535-41) di Michelangelo, invece, la dimensione delle gure aumentaproporzionalmente alla loro elevazione nellaresco, cio al contra-

    rio della loro distanza dallosservatore 88, dimostrando unevidenteapplicazione della prospettiva rovesciata dellicona, dove quanto pi lontana una gura, tanto pi grande, quanto pi vicina, tantopi piccola 89. La stessa prospettiva rovesciata la ritroviamo neldittico I quattro apostoli (1526) di Drer, dove le teste delle duegure che stanno indietro sono pi grandi di quelle delle gure chestanno davanti 90. Cos, se la conclusione di Florenskij relativamentea Michelangelo che questi, u [], sia per il passato che per iluturo, un uomo del Medioevo, contemporaneo e, allo stesso tempo,

    non contemporaneo di Leonardo91

    , quella che egli trae su Drerper spiegare la contraddizione tra la sua rifessione teorica, mirata adimostrare la legittimit della prospettiva, e la sua pratica artistica, chela sconessa, che essa dipende dalla prevedibile contraddizione trai suoi principi spirituali, che tendevano in generale allo stile e ai modimedievali, e una struttura mentale nuova 92.

    Lo spirito del Rinascimento dunque uno spirito diviso e parziale,essendosi sdoppiato nelle sue idee 93, anche se a questo riguardolarte risult vincente. Per ortuna la creazione viva non si assoggettlo stesso alle esigenze della ragione, e larte, in eetti, and avanti perstrade aatto diverse da quelle enunciate nelle dichiarazioni astratte 94.In altri termini, gli artisti del Rinascimento sono artisti non perchapplicano le regole prospettiche proessate, ma perch non vi si assog-gettano completamente, no al punto da sovvertirle direttamente; npotrebbe essere altrimenti, visto che lo scopo del pittore non quel-lo di abbozzare [] astratti trattati, ma quadri, cio rappresentareci che egli realmente vede 95. Ritorna cos l'idea che le regole dellarappresentazione prospettica non siano altro che una negazione dellanaturale (psico-)siologia dellocchio e che questa negazione sia parte

    integrante del principio prospettico quale espressione di una ragioneastratta che tenta di violentare la vita a scapito dellarte stessa: la ne-cessit di elaborare lo studio della prospettiva, sentita da tutta una seriedi grandi ingegni ed esperti pittori nel corso di alcuni secoli, con la

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    collaborazione di matematici di primordine [] non u nientaattouna semplice sistemazione della preesistente psico-siologia delluo-mo, ma una rieducazione orzata di questa psico-siologia nel sensodelle esigenze astratte di questa nuova visione del mondo 96. E i attisono l a dimostrarlo, visto che, nonostante i cinque secoli impiegatiper educare locchio e la mano alla vera visione naturale delle cose,non solo n la vista n la mano del bambino e [] delladulto, sen-za istruzione particolare, si sottomettono a questo esercizio e tengonoconto delle regole dellunit prospettica 97, ma neanche la vista e lamano di coloro che sono edotti nelle regole della prospettiva, cio gliartisti, riescono ad applicarle correttamente: come dimostrano i pittoririnascimentali, gli artisti, quando tentano di applicare queste regole,cadono in grossolani errori non appena restano senza lappoggio del

    disegno geometrico e si adano alla propria vista, allonest del pro-prio sguardo 98. E dal momento che non si dipinge con la ragione macon la mano e con gli occhi 99, bisogna concludere che gli errori diprospettiva indicano non una debolezza dellartista ma, al contrario, laorza della sua autentica percezione 100.

    pertanto nellautenticit di una percezione che non si sia ven-duta al bisogno di unarte di simulacri, cio allillusione di una im-maginaria continuit dellesperienza sensibile quale ci data dallospazio euclideo, che il enomeno diventa nuovamente reale incontro

    tra soggetto e mondo. Incontro che sempre meraviglia, stupore eche, come tale, a tuttuno con lapprensione della radice noumenicadel reale, radice che non vuota idea, bens anima, orma vivicante,principio vitale. Lincontro percettivo autentico non mai incontro conmorta materia ma con materia dotata di vita, cio con corpi, e i corpi,secondo la tradizione del pensiero antico cui Florenskij si riallaccia,non sono pezzi indierenziati di res extensa ma entit viventi, anima-te, dotate di un signicato che non loro esterno, bens interno. Perdirla nella terminologia di Florenskij, essi sono simboli, intendendoper simbolo un segno sensibile che non una semplice immagine ri-fessa o un duplicato depotenziato dellidea, bens una vera e propriaorma rivelativa in cui il segno sensibile non qualcosa di arbitrarioe sostituibile, bens lidea stessa nella sua presenza tangibile, ovverouna tautegoria, come Florenskij si esprime rierendosi esplicitamentea Schelling 101, alla sua denizione di simbolo cos come essa vienedelineata ne La losoa della mitologia. dunque nellambito di unmondo vissuto esso stesso come tautegoria a collocarsi licona in quan-to simbolo che, inteso schellinghianamente come tangibilit dellidea,come piena coincidenza di particolare e universale, si inscrive allinter-

    no non di un confitto tra visione e intellezione, spirito e carne, animae corpo, idea e enomeno, invisibile e visibile, Dio e mondo, bens diun rapporto di stretta solidariet o di reciproco conne, inteso comeluogo (e licona uno di questi luoghi) 102 dellinseparata distinzione

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    di due sere dellessere e principio della vita stessa 103 come coinci-dentia oppositorum 104: Esiste la Trinit di Rublev, perci Dio 105.

    Licona, come abbiamo gi anticipato, non una teologia dellin-visibile ma una teologia del visibile: Dio l e la sua presenza cospalese da eliminare in s ogni cultualit della distanza.

    3.Dalle idee come logoi viventi alle idee come volti e sguardi degli diIl rierimento alla tautegoria schellinghiana ci permette di riprende-

    re quanto aermato da Losev sulla curvatura magico-mitologia delplatonismo forenskiano, derivata dallinterpretare le idee platonichecome sguardi vivi. Vedremo inatti come Florenskij conguri le ideeplatoniche come volti e sguardi di entit divine, rovesciando il rappor-to tra losoa e mitologia cos come esso si congurava nella Filosoa

    dellarte di Schelling. Se per il losoo dellidentit ci che per la lo-soa sono idee, per larte sono di, e viceversa 106, per Florenskij sonoinvece le idee stesse a congurarsi come di allinterno del pensiero diPlatone realizzando una sostanziale identit tra mitologia e losoa:se gli di della mitologia greca sono la maniestazione sensibile delmondo platonico delle idee e congurano tale maniestazione comepiena coincidenza di particolare e universale, perch le stesse ideedi Platone costituiscono una simile coincidenza, diventando una solacosa con la realt sensibile e istituendola come simbolo o tautegoria.

    In altri parole, lidealit delle idee consiste nel togliere lo iato tra se i enomeni o, come dice Florenskij, tra luno e il molteplice, ed proprio tale idealit intesa come e}n kai; pollav a maniestarsi nel bellocome splendore dellidea e a congurare questultima non come entedi ragione ma come vivo organismo di natura divina.

    La questione arontata neIl signicato dellidealismo, dove lideadi Platone, presentata come lessere nella sua pienezza ontologica, propriamente il s alla vita. Essa inatti, in virt di quella sua pienezzaontologica che la rende la vera realt, non

    unesistenza isolata, ma mivan... dia; pollw'n [unidea attraverso molte. (Filebo,14 D)], come la denisce Platone, oppure e}n kai; pollav [luno e il molteplice.(Sosta, 253 D)], come egli aerma []. Sentire questo mivan... dia; pollw'n,sentire questo e}n kai; pollav ecco qual la percezione del mondo che sta allabase dellidealismo 107.

    In quanto mivan... dia; pollw'no e}n kai; pollav, lidea platonica,deve essere intesa come un organismo vivo, una creatura viva, il cuitono non quello secco e solitario di un diapason, ma unarmoniaviva che si incarna in un insieme di toni melodici, alti e svariati 108.

    Pertanto, continua Florenskij, se ci si chiede ancora che cosa signi-chi vedere lidea, Platone risponde: vedere che e}n ta;pollavv ei\naikai; to; e}n pollav (i molti sono uno e luno molti [Filebo, 14 E]) oppu-re ancora vedere lunit tou' ajpeivrou kai; pevrato" (dellillimitato e

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    di ci che possiede un limite [Filebo, 24, A]), cio dellinnitezza dellasostanza e della limitazione del dato concreto 109. in questa viventequanto compiuta unit che consiste la bellezza, la quale come verrdetto ne La colonna e il ondamento della verit non solo linvo-lucro, lo strato longitudinale dellessere ma la orza che penetra aondo in tutti i suoi strati []. La bellezza Bellezza 110 ed essa deveessere intesa come vita, creativit, realt 111, cio come e}n kai;pollav:

    Lidealismo un s alla vita, poich la vita unincessante realizzazione delle}n kai;pollav. E se ci si chiedesse: da che cosa si potuta originare la teoriadelle idee?, sarebbe dicile trovare una risposta pi adatta di questa: Dalles-sere vivente. Lessere vivente la maniestazione pi evidente dellidea 112.

    Scorgere il mondo come Bellezza, cio come vita, come organismo

    vivente, non signica solamente cogliere dentro il sensibile la ormache lo sostiene, ma anche percepire il sensibile come parte inscindibiledi questa stessa orma che, nella sua idealit, tanto spirito corporeoquanto corpo spirituale, universale e particolare assieme, orma e ma-teria: creatura viva, appunto.

    Nellambito della rivisitazione forenskiana del pensiero di Platone,quindi, lesperienza della bellezza sensibile non vale come semplicepreludio e introduzione al disvelamento delle essenze ideali: intesaplatonicamente e neoplatonicamente come ci che disvela la ragione

    proonda dellessere delle cose, tale esperienza, in quanto canale privi-legiato che conerisce intelligibilit e signicato al dominio sensibile, anche ci che permette a tale dominio di essere non pi condannato esvalutato, ma addirittura ricompreso nellordine ideale. In altri termi-ni, lordine sensibile diventa costitutivo dellordine ideale, perdendola valenza di semplice supporto ad una anamnesi contemplativa vol-ta a cogliere unidealit disincarnata. Pensare che un simile processoanamnestico-contemplativo abbia come scopo la consumazione delladimensione sico-materiale del enomeno che lha innescato in quan-to bello, uninterpretazione che, secondo Florenskij, non rispetta

    lispirazione autentica di Platone e del platonismo in generale: il pro-cesso anamnestico generato dalla bellezza sensibile conduce inatti aunintuizione intellettuale dellidea che, in quanto intuizione, si costi-tuisce anche come apprensione sensibile dellidea: lidea aermaFlorenskij ha con lo sguardo un intimo legame 113, in virt del qualeessa congiunge il concetto di contemplazione o visione con quello disapere o conoscenza 114.

    Una congiunzione che non deve essere intesa come una semplicemetaora, bens come unintima e inscindibile relazione tra conoscen-

    za e vista, visione che, concretamente unite nellidea115

    , mostranocome lapprensione di questa si dia allinterno di una inscindibile so-lidariet tra aisthesis e noesis. Se inatti il bello sensibile, in quantosplendore dellidea nei corpi, la cosa privilegiata che ci assicura il

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    ricordo del mondo ideale garantendoci il ritorno alla sua contempla-zione mediante lo slancio erotico dellanima da esso suscitato, ci possibile perch la stessa Idea delle idee, cio il Bene, ha la propriettuttaltro che metaorica di risplendere percettivamente. Se cos nonosse, si chiede Florenskij, perch mai Platone avrebbe sottolineato,nel Fedro, la nostra capacit di coglierla con il pi acuto dei nostrisensi, cio la vista, e, nella Repubblica, il valore prezioso del donoattoci dallartece dei sensi nel darci la possibilit di vedere ed es-sere visti 116? Questi due passi platonici divengono in tal modo perFlorenskij la base per individuare nel Bene, nella visibilit splendenteche lo contraddistingue in quanto Idea delle idee, il luogo della me-diazione a prioridi sensibilit e intelletto, con il duplice eetto diconvertire in unit la tradizionale opposizione platonica tra enomeno

    e idea, da un lato, e tra intuizione intellettuale e intuizione sensibile,dallaltro: il dominio dellidea, ben lungi dallopporsi alla dimensio-ne empirico-materiale del enomeno, la include in s, consentendoallaspetto sico-sensibile dello slancio erotico innescato dalla bellezzacorporea di trovare nel regno delle idee la sua piena aermazione,realizzazione e inveramento 117.

    Cosa diventa a questo punto lidea nellambito del pensiero di Flo-renskij? Dal momento che leidos non qualche cosa che sopraggiungedal di uori alla materia e che, in qualit di orma, non pu che essere

    orma di una materia, esso diventa qualcosa di simile al sinolo aristo-telico. Del resto lo stesso Florenskij a congiungere Platone e Aristo-tele allinterno di un rapporto che non oppositivo bens dialettico:pur riconoscendo tra i due loso un evidente disaccordo propriosulla questione della natura delle idee, tuttavia egli aerma che taledisaccordo non poi cos marcato da non consentire di chiamareAristotele un idealista: se Plotino riuscito a compiere un grandiosotentativo di sintesi 118 tra queste due losoe, ci vuol dire che essenon sono realmente in contrapposizione; o per lo meno non sonosentite come tali da Florenskij, che inatti equipara la denizione pla-tonica dellidea come e}n kai;pollavomivan... dia; pollw'n a quellaaristotelica come to; e}n ejpi; pollw'n [luno verso molti. (Metasica I[A] 91)] 119, concludendo che, anche se a prima vista tra le orme diAristotele e le idee di Platone sussiste un abisso incolmabile, tuttaviaad uno sguardo pi attento appare chiaro che il dissenso non toccalessenza della questione 120, e cio il atto che il mondo materialenon altro che la visibilit di quelle orme ideali che, costituendo ilperch e lessere della vita, sono la ragione intrinseca dellorganicitdella materia.

    Laccesso al mondo ideale si costituisce perci nel pensiero di Flo-renskij come accesso ad un mondo di orme la cui caratteristica diimmanere nel corpo o nelloggetto come anima o spirito vitale. Si acio rierimento ad una dimensione ideale che, secondo quanto stato

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    rilevato, si presenta come impulso, come ormante [] il cui mo-dello si avvicina a quello dellemanazionismo plotiniano 121 ma che,al tempo stesso, in quanto impulso e dynamis ormante, non pu chepresentarsi, nel suo processo maniestativo, come energia che agiscee si esprime in una certa materia. Le idee, in altri