6 - Rincarnazione Rinascita Trasmigrazione Palingenesi

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Quaderni del Gruppo di Ur VI REINCARNAZIONE, RINASCITA, TRASMIGRAZIONE E PALINGENESI LETTURA DI UN'ANTOLOGIA DI STUDI TRADIZIONALI SEGUITA DA DIBATTITO Rinascita Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emerso nell'omonimo Forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò, sia citazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato può rendere opportuna una nuova edizione.

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Quaderni del Gruppo di Ur

VI

REINCARNAZIONE, RINASCITA, TRASMIGRAZIONEE PALINGENESI

LETTURA DI UN'ANTOLOGIA DI STUDI TRADIZIONALI SEGUITA DA DIBATTITO

Rinascita

Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emersonell'omonimo Forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perciò,

sia citazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuoaggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato può

rendere opportuna una nuova edizione.

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In Introduzione alla Magia, più di un saggio fa riferimento alle condizioni del Post-Mortem. L'antologia cheproponiamo comprende 17 saggi (completi o in estratto) per lo più degli stessi autori di Ur o di altri di pensieroaffine, che approfondiscono il medesimo argomento. L'ordine dei saggi è lo stesso nel quale sono stati propostidai vari membri nel forum. Al termine, viene riportato il serrato dibattito verificatosi tra i membri stessi. Comenel precedente quaderno, alcune osservazioni pertinenti, fatte in messaggi privati, sono state riportate sotto ilnome collettivo di "Turba Philosophorum". Il saggio di Ea "Reincarnazione e Palingenesi: una sintesi", puressendo attinente, non è stato incluso in questo quaderno. Si ritiene infatti più opportuno riportarlo in un futuroquaderno, relativo alla Porta Ermetica di Roma.

I) Kremmerz

I Tarocchi dal Punto di Vista Filosofico

IV/XII

Il lettore amico sappia, che dacché lo spiritismo è creato, dacché ha fatto capolino nella società del secolopassato, avversato dalla scienza come cosa non provata (i preti qua e là l'hanno tollerato o scomunicato), comestrumento di fede ha una lunga legione di credenti. Tutti hanno creduto da secoli ai morti, sotto una forma osotto un'altra; non vi è popolo che non abbia nutrito la certezza che i morti viventi nell'ombra ci guardano, civedono, ci ispirano, e — all'occorrenza — ci vengono in sogno per indicarci un destino imminente o un terno allotto; però lo spiritismo, come l'occultismo, come il teosofismo, non ha avuto un critico demolitore, polemico, aconclusioni metafisiche; — ma dopo la guerra (che cosa non ha fatto la guerra!) la musica è cambiata. Leggo«l'Erreur spirite» di Rene Guénon, autore di un altro volume, « Le Théosophisme », apparso qualche anno fa.Un libro che esce dall'ordinario, questo qua. Non so dell'autore nessuna notizia: «Le théosophisme» mi dettel'impressione di una polemica culturale, come se un allievo di una compagnia religiosa volesse riveder le buccead una congrega pseudo-religiosa, come il sottotitolo chiama la fondazione del Colonnello Olcott e della signoraBlavatski. Ma «l'Erreur spirite», di recente uscito, ha un altro valore. Bisogna leggerlo perché è un avversario dimisura rispettabile, perché, senza confessare ancora dove miri, fa un po' l'Attila, il re degli Unni, per dareaddosso prima allo spiritismo, e poi all'occultismo e alla metapsichica; s'intende, spiritismo francese, occultismofrancese, metapsichismo francese, con qualche notizia dell'Inghilterra: il resto del mondo non conta: in Italia sicoltivano le sole carote che ci vengono seminate dai libri francesi; già ho fatto capire più sopra che quandoscrissi l'«Avviamento alla Scienza dei Magi», se non avessi mostrato la più tranquilla tolleranza per tutto ildiluvio di libri di spiritismo che Parigi ci faceva digerire, non avrei trovato neanche un lettore che mi avessestudiato. La libreria francese contiene ora una completa collezione di autori che hanno pubblicato volumi su tuttigli arcani, e che di più dovrebbero far testo nelle interpretazioni, nella veste romantica sotto cui sono presentati.Dopo Elifas Levi, si parla ora della «Haute Magie», come se questa avesse dei cultori insigni a Parigi da esibireal mondo per modello del genere. Tanto carina una inchiesta sulla Haute Magie, pubblicata ultimamente dalla«Revue Mondial»! Giacché io scrivo queste note ridendo, per non appesantire il lugubre argomento della morte,devo confessare che questa Haute ecc., mi ha messo di ottimo umore; e, senza essere un psicometra, mi èparso di vedere, di là dal paravento, ridere anche il mio amico ebraizzato Elifas, serio, serio, con un moccichinoche, soffiando il naso, nascondeva la bocca ridente. Ma ritorniamo a «l'Erreur». Il Guénon, siccome io non sonoall'altezza di comprendere bene tutto quello che i filosofi dicono, mi pare che qua e là si dolga che lametapsichica pura non gli consenta di rendere il suo pensiero che con difficoltà: qua e là fa intendere che lamagia la conosce come io la mia saccoccia, ed infatti spesso colpisce giusto e annota, «en passant» che inoriente certe cose si fanno coi piedi; ciò che farebbe supporre che ha sorpassato il Tibet e ha raggiunto ilculmine dell'Everest; l'occidente con le sue macchine, i suoi olii lubrificanti, i suoi impianti idroelettrici nonvalgono tre baiocchi di Pio IX. Ma come è pensato e scritto, il libro, merita di esser letto. Dimostra che gli spiritidei morti, filosoficamente, non possono affatto comunicare coi vivi, perché, per un milione di perché, ladisgregazione del morto è un affare assodato. Non esistendo il perispirito, e tanto meno il suo sinonimo: il corpoastrale degli occultisti, un granello va a nord, cinque vanno ad occidente, e diciotto ad oriente; il resto di ciccia ecalcari va sotto terra, per restituire ad essa gli elementi che ci ha prestato. La dialettica, il senso critico, il buonsenso di demolire per conto di non so chi, mettendo innanzi che lo spiritismo è dannoso all'appetito eall'equilibrio mentale, rappresentano una carica folta, serrata, in pagine fitte e saporose, e ammirevoli (senzacelia) che trascineranno molti lettori fino all'ultima pagina del libro, anche senza arrivare a comprendere, comeme, quella purissima metafisica per la quale non tutti sono costruiti secondo l'arte di Ponzio Pilato. Determinatala impossibilità che uno spirito di defunto possa esistere nella sua personalità complessa e completa, tale dapoter dire «io mi sento e sono il tale dei tali», e quindi precisando che non è possibile per questa ragione lacomunicazione tra vivi e morti, l'autore afferma la impossibilità che una reincarnazione vi possa essere,neanche pei Messia alla maniera ebrea o di altra razza. La reincarnazione è idea moderna, come lo spiritismo:gli antichi non ne sapevano niente; perfino gli orientalisti di oggi sono suggestionati dalla idea della

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reincarnazione, e interpretano documenti antichissimi con idee contemporanee passate dallo spiritismoKardekiano al teosofismo della Besant e a certi occultisti francesi; e da questi, varcata la Manica, in Inghilterra,dove le comunicazioni degli spiriti pare che dicano il contrario di quelli francesi. Il Guénon ha dimenticato chel'idea della reincarnazione è prepitagorica, e che Diogene Laerzio non è autore del secolo XIX. Insomma, acutoamico lettore, bisogna che scoviamo il messère che è ritornato dall'inferno e non ha ancora aperto bocca perdirimere questioni così allegre.

Riportiamo per esteso lo scritto di Guenon sulla reincarnazione, al quale fa riferimento Kremmerz, nell'opera ITarocchi dal Punto di Vista Filosofico.

2) Renè Guenon

Errore dello Spiritismo, Cap. VI

La Reincarnazione

Trasmigrazione

Non possiamo pensare di intraprendere in questo contesto un esame assolutamente completo della questionedella reincarnazione, giacché occorrerebbe un intero volume per studiarla sotto tutti i suoi aspetti; forse ungiorno o l'altro vi ritorneremo per esaminarla più estesamente. Ne vale la pena, non per la cosa in sé, in quantosi tratta di una pura assurdità, ma a causa della strana diffusione di questa idea, la quale, nella nostra epoca, èfra quelle che contribuiscono maggiormente allo scompiglio mentale di gran numero di persone. Non potendotuttavia in questa occasione dispensarci dal trattare tale argomento, ne diremo almeno tutto quel che èessenziale; e la nostra argomentazione sarà valida non soltanto contro lo spiritismo kardechista ma altresìcontro tutte quelle scuole «neospiritualistiche» che al suo seguito hanno adottato l'idea, pur modificandola indettagli più o meno importanti. In compenso, la nostra confutazione non si rivolge, come la precedente (a), allospiritismo considerato in tutta la sua generalità; la reincarnazione non è infatti un elemento assolutamenteessenziale dello spiritismo, giacché si può essere spiritisti senza ammetterla, mentre non si può esserlo senzaammettere la manifestazione dei morti attraverso fenomeni sensibili. È in effetti noto che gli spiritisti americani einglesi, vale a dire i rappresentanti della più vecchia forma di spiritismo, furono inizialmente unanimi nell'opporsialla teoria reincarnazionistica, la quale fu in particolare violentemente criticata da Dunglas Home (1); fu

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necessario, perché alcuni fra essi si decidessero più tardi ad accettarla, che la teoria penetrasse nel frattemponegli ambienti anglosassoni per vie estranee allo spiritismo.

(a) Riguardante la comunicazione con i morti.(1) Les Lumières et les Ombres du Spiritualisme, pp, 118-141.

Nella stessa Francia, alcuni dei primi spiritisti, quali il Piérart e Anatole Barthe, si separarono da Allan Kardec suquesto punto; oggi però si può dire che lo spiritismo francese al completo abbia fatto della reincarnazione unvero e proprio «dogma »; lo stesso Allan Kardec d'altra parte non aveva esitato a chiamarlo con questo nome(2). Fu dallo spiritismo francese - ricordiamolo ancora una volta - che prima il teosofismo, poi l'occultismo diPapus e diverse altre scuole che ne fecero a loro volta uno dei propri articoli di fede, presero questa teoria. Taliscuole hanno un bel rimproverare agli spiritisti di concepire la reincarnazione in maniera poco «filosofica»: lesvariate modifìcazioni e complicazioni che esse vi hanno apportato non possono mascherare questo prestitoiniziale. Abbiamo già messo in rilievo alcune delle divergenze che esistono, a proposito della reincarnazione,sia fra gli spiritisti, sia tra costoro e le altre scuole; su questo punto, come su tutto il resto, gli insegnamenti degli«spiriti» sono piuttosto fluttuanti e contraddittori, né lo sono di meno le pretese constatazioni dei«chiaroveggenti». Abbiamo visto infatti che secondo alcuni un essere umano si reincarna costantemente nellostesso sesso; secondo altri, si reincarna indifferentemente in un sesso o nell'altro, senza che al riguardo sipossa definire alcuna legge; secondo altri ancora vi sarebbe un'alternanza più o meno regolare tra incarnazionimaschili e incarnazioni femminili. Alcuni dicono che l'uomo si reincarna sempre sulla terra; altri sostengono chepuò reincarnarsi tanto su un altro pianeta del sistema solare quanto su qualsiasi astro; alcuni sostengono che siabbiano in genere varie incarnazioni terrene consecutive prima di passare a un'altra dimora, ed è questal'opinione dello stesso Allan Kardec; secondo i teosofisti, vi sarebbero soltanto incarnazioni terrene per tutta ladurata di un ciclo assai lungo, dopodiché una intera razza umana comincerebbe una nuova serie di incarnazioniin un'altra sfera, e via di seguito. Un punto non meno discusso è la durata dell'intervallo che deve trascorrere tradue incarnazioni consecutive; alcuni pensano che ci si può reincarnare subito, o perlomeno entro un tempomolto breve, secondo altri, le vite terrene devono essere separate da lunghi intervalli. Abbiamo visto altrove chei teosofisti, dopo aver inizialmente supposto che tali intervalli fossero come minimo di dodici o quindici anni,sono giunti a ridurli in modo rilevante, e a distinguerli secondo i «gradi di evoluzione» degli individui (3). Anchenell'occultismo francese è avvenuto un cambiamento che vale la pena segnalare: nelle sue prime opere,Papus, pur attaccando i teosofisti con i quali aveva da poco tempo troncato i rapporti, ripete con essi che«secondo la scienza esoterica, un'anima può reincarnarsi soltanto ogni millecinquecento anni, salvo pocheeccezioni molto specifiche (morte nell'infanzia, morte violenta, adeptato)»,(4) e afferma addirittura, ispirandosialla Blavatsky e al Sinnett, che «tali cifre sono tratte da calcoli astronomici dell'esoterismo indù»,(5) quandonessuna dottrina tradizionale autentica ha mai parlato della reincarnazione, invenzione del tutto moderna eoccidentale. Più tardi, Papus rifiuta nettamente la presunta legge stabilita dai teosofisti e dichiara che non puòdarsene alcuna; egli dice (rispettiamo scrupolosamente il suo stile) che «è tanto assurdo stabilire un terminefisso di milleduecento o di dieci anni per il periodo che separa una incarnazione da un ritorno sulla terra, quantolo sarebbe stabilire un periodo parimenti fisso per la vita umana sulla terra» (6). Tutto ciò non è fattoesattamente per ispirare fiducia a coloro che esaminano le cose con imparzialità, e, se la reincarnazione non èstata «rivelata» dagli «spiriti» per la buona ragione che questi ultimi non hanno mai parlato realmente permezzo delle tavole o dei medium, le poche osservazioni che abbiamo fatto bastano a mostrare come nonpossa nemmeno trattarsi di una vera conoscenza esoterica, insegnata da iniziati, i quali, per definizione,saprebbero di che cosa parlano.

(2) Le Livre des Esprits, pp. 75 e 96.(3) Le Théosophisme cit., pp. 88-90.(4) Traité... cit., pp. 296-297.(5) Ivi, p. 341.(6) La Réincarnation, pp. 42-43.

Non sarà quindi neppure necessario approfondire la questione per demolire le pretese degli occultisti e deiteosofisti; a questo punto la reincarnazione assume ormai soltanto le sembianze di una semplice concezionefilosofica. Di fatto essa è soltanto questo, e anzi si pone al livello delle concezioni filosofiche peggiori, in quantoassurda nel senso più pieno del termine. Anche nella filosofia ci sono molte assurdità, ma perlomeno sonogeneralmente presentate come semplici ipotesi; i «neospiritualisti» invece si illudono più completamente(accettiamo qui la loro buonafede, che se è incontestabile per la massa, non sempre lo è per i dirigenti), e lastessa sicurezza con cui formulano le loro affermazioni è una delle ragioni per cui esse sono più pericolose diquelle dei filosofi. Abbiamo usato l'espressione «concezione filosofica»; l'espressione «concezione sociale»sarebbe probabilmente ancora più giusta nella circostanza, se si considera quale fu l'origine reale dell'idea direincarnazione. In effetti, per i socialisti francesi della prima metà del secolo XIX che la inculcarono in AllanKardec, questa idea era essenzialmente destinata a fornire una spiegazione dell'ineguaglianza delle condizionisociali, la quale assumeva ai loro occhi un carattere particolarmente urtante. Fra i motivi che gli spiritistiinvocano più volentieri per giustificare la loro credenza nella reincarnazione, si ritrova ancora quello; anzi, essi

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vogliono estendere la spiegazione a tutte le diseguaglianze, sia intellettuali sia psichiche; ecco quello che diceAllan Kardec: «Alla nascita le anime sono o eguali o diseguali, questo non fa l'ombra d'un dubbio. Se sonoeguali, perché allora attitudini così diverse?... Se sono diseguali, ciò risulta dal fatto che Dio le ha create così,ma allora come spiegare la superiorità innata accordata ad alcune di esse? È questa parzialità conforme allasua giustizia e all'eguale amore che Egli prova nei confronti di tutte le sue creature? Ammettiamo invece unasuccessione di esistenze anteriori progressive, e tutto sarà spiegato. Gli uomini portano con sé, nascendo,l'intuizione di ciò che hanno acquisito; essi sono più o meno avanzati secondo il numero di esistenze che hannopercorso e secondo che siano più o meno lontani dal punto di partenza, così come, in una riunione di individuid'ogni età, ciascuno avrà uno sviluppo proporzionato al numero d'anni vissuti; le esistenze successive saranno,per la vita dell'anima, quello che gli anni sono per la vita del corpo... Dio, nella sua giustizia, non può avercreato anime più o meno perfette; ma, ammettendo la pluralità delle esistenze, la diseguaglianza che vediamonon ha più nulla che contrasti con la più rigorosa equità »(7) Léon Denis dice similmente: «Soltanto la pluralitàdelle esistenze può spiegare la diversità dei caratteri, la varietà delle attitudini, la sproporzione delle qualitàmorali, in una parola tutte le diseguaglianze che colpiscono i nostri sguardi. Senza questa legge ci sidomanderebbe invano perché certi uomini possiedono talento, nobili sentimenti, aspirazioni elevate, mentretanti altri hanno dalla sorte ricevuto soltanto stupidità, passioni vili e istinti grossolani. Che pensare di un Dioche, assegnandoci una sola vita corporea, avrebbe fatto parti così ineguali e, dal selvaggio al civilizzato,avrebbe riservato agli uomini beni così poco assortiti e un livello morale così differente? Senza la legge dellereincarnazioni, è l'iniquità che governa il mondo... Tutte queste oscurità si dissipano di fronte alla dottrina delleesistenze multiple. Gli esseri che si distinguono per la loro potenza intellettuale o per le loro virtù hanno vissutoe lavorato maggiormente, acquistando esperienza e attitudini. più estese»(8). Ragioni simili sono sostenuteanche dalle scuole le cui teorie sono meno «elementari» di quelle dello spiritismo, poiché la concezionereincarnazionistica non ha mai interamente perduto le stigmate della sua origine; i teosofisti, per esempio,tirano anch'essi in ballo, perlomeno in via accessoria, l'ineguaglianza delle condizioni sociali. Papus dal cantosuo fa esattamente lo stesso: «Gli uomini ricominciano un nuovo percorso nel mondo materiale, ricchi o poveri,socialmente fortunati o sfortunati, secondo i risultati acquisiti nei percorsi anteriori, nelle incarnazioniprecedenti»(9).

(7) Le Livre des Esprits, pp. 102-103.(8) Après la mort, pp. 164-166.(9) Traité... cit., p. 167.

In altre occasioni si esprime ancor più chiaramente: «Senza la nozione della reincarnazione, la vita sociale èun'iniquità. Perché esseri ottusi sono ricolmi di denaro e di onori, mentre esseri di valore si dibattono nelleristrettezze e nella lotta quotidiana per gli alimenti fisici, morali o spirituali?... In linea di principio, si può dire chela vita sociale attuale è determinata dallo stato anteriore dello spirito e determina a sua volta lo stato socialefuturo »(10). Una spiegazione simile è totalmente illusoria per i seguenti motivi: in primo luogo, se il punto dipartenza non è eguale per tutti, se esistono uomini che ne sono più lontani e altri meno, che non hannopercorso lo stesso numero di esistenze (è quanto afferma Allan Kardec), questa è una diseguaglianza di cuiessi non possono essere responsabili, e di conseguenza i reincarnazionisti devono considerarla come una«ingiustizia» che la loro teoria è incapace di spiegare. In secondo luogo, anche ammettendo che non vi sianosimili differenze fra gli uomini è tuttavia necessario che vi sia stato, nella loro evoluzione (parliamo secondo ilmodo di vedere degli spiritisti), un momento in cui le diseguaglianze sono incominciate, così come bisogna cheesse abbiano una causa. Se si dice che la causa è costituita dagli atti che gli uomini avevano già compiutoanteriormente, occorrerà spiegare come hanno fatto gli uomini a comportarsi in modo differente prima che lediseguaglianze si manifestassero in loro. Questo punto non ha spiegazione, e ciò semplicemente perché sitratta di una contraddizione: se gli uomini fossero stati perfettamente eguali sarebbero simili sotto ogni rapporto,e ammettendo che ciò fosse possibile, non avrebbero mai potuto cessare di esserlo, a meno di non mettere indiscussione la validità del principio di ragion sufficiente (in questo caso, allora, non sarebbe più necessariocercare né una legge né una qualsiasi spiegazione); se hanno potuto diventare diseguali, è evidentementeperché la possibilità della diseguaglianza era in loro, e tale possibilità preliminare era sufficiente a costituirlidiseguali fin dall'origine, perlomeno in potenza.

(10) La Réincarnation, pp. 113-118.

In questo modo non si è fatto altro che spostare indietro la difficoltà credendo di risolverla, ma in ultima analisiessa permane intoccata. A dire il vero, però, difficoltà vera non esiste, e il problema in sé non è meno illusoriodella sua presunta soluzione. Anche qui, come per molte altre questioni filosofiche, si può dire la stessa cosa, ecioè che la questione esiste soltanto perché è mal posta; e se è posta male, ciò in fondo è soprattutto dovuto alfatto che si fanno intervenire considerazioni morali e sentimentali là dove non hanno ragione di intervenire: unsimile atteggiamento è così poco intelligente e privo di senso quanto lo sarebbe quello di un uomo che sidomandasse, per esempio, perché mai una certa specie animale non è eguale a una cert'altra. Che esistano innatura differenze che ci sembrano diseguaglianze, mentre altre non assumono questo aspetto, è un punto divista puramente umano; se si tralascia tale punto di vista eminentemente relativo, non si può più parlare di

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giustizia o di ingiustizia in quest'ordine di cose. Tutto sommato, domandarsi perché un essere non sia eguale aun altro, è come domandarsi perché esso sia diverso dall'altro; ora, se non ne fosse differente, l'uno sarebbel'altro anziché essere se stesso. Dal momento che esiste una molteplicità di esseri, occorre necessariamenteche tra essi vi siano differenze; due cose identiche sono inconcepibili, perché se sono veramente identiche nonsono due ma una sola e stessa cosa; su questo punto Leibniz ha perfettamente ragione. Ciascun essere sidistingue dagli altri, fin dal principio, in quanto porta in se stesso determinate possibilità, essenzialmenteinerenti alla sua natura, che non sono quelle di nessun altro essere; la domanda alla quale i reincarnazionisticredono di dare una risposta si riduce dunque semplicemente a domandarsi perché un essere è se stesso enon un altro. Se in questo si vuol vedere un'ingiustizia, poco importa: si tratta in ogni caso di una necessità;d'altra parte, a noi pare piuttosto il contrario di un'ingiustizia; di fatto, spogliata del suo carattere sentimentale especificamente umano, la nozione di giustizia si riduce a quella di equilibrio o di armonia; ora, perchénell'universo vi sia armonia totale è necessario e sufficiente che ogni essere occupi il posto che deve occupare,in quanto elemento di questo universo, in conformità con la propria natura. Il che equivale a dire che ledifferenze e le diseguaglianze che taluni si compiacciono di denunciare come ingiustizie reali o apparenticoncorrono al contrario, di fatto e necessariamente, all'armonia totale; quanto a quest'ultima, essa non può nonessere, perché ciò equivarrebbe a supporre che le cose non sono quello che sono: sarebbe infatti assurdosupporre che possa capitare a un essere qualcosa che non sia una conseguenza della sua natura; in tal modo ipartigiani della giustizia possono rimanere soddisfatti per sovrammercato, senza trovarsi nell'obbligo di andarecontro la verità. Allan Kardec afferma che «il dogma della reincarnazione è fondato sulla giustizia di Dio e sullarivelazione» (11); abbiamo appena dimostrato che delle due ragioni la prima non può essere seriamentesostenuta; quanto alla seconda, poiché tale autore intende ovviamente parlare della rivelazione degli «spiriti», epoiché noi abbiamo stabilito precedentemente che essa è inesistente, non torneremo sul discorso. Tuttaviaqueste osservazioni sono ancora soltanto preliminari: dal fatto che non si vedono ragioni per ammettere unacosa non consegue necessariamente che la cosa sia falsa; si potrebbe ancora, quanto meno, restare in unatteggiamento di puro e semplice dubbio nei suoi confronti. Dobbiamo però dire che le obiezioni abitualmenteformulate contro la teoria reincarnazionistica non sono molto più valide delle ragioni che la parte opposta invocaa suo sostegno. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che sia gli avversari sia i sostenitori della reincarnazione sipongono, nella maggior parte dei casi, sul terreno morale e sentimentale, e le considerazioni di quest'ordinenon sono in grado di dimostrare nulla.

(11) Le Livre des Esprits, p. 75.

Possiamo ripetere qui l'osservazione già fatta a proposito della comunicazione con i morti: anziché domandarsise essa è vera o falsa - l'unica cosa che conta - si discute per sapere se è o non è «consolante»; così si puòdiscutere indefinitamente senza fare un passo avanti: si tratta di un criterio puramente «soggettivo», comedirebbero i filosofi. Fortunatamente, contro la reincarnazione vi è molto di meglio da dire, visto che se ne puòstabilire l'assoluta impossibilità. Prima di arrivare a questo dobbiamo però trattare un'altra questione, facendoalcune distinzioni e precisandole. A parte il fatto che sono distinzioni di per sé molto importanti, se letrascurassimo qualcuno potrebbe anche stupirsi nel sentirci affermare che la reincarnazione è un'ideaesclusivamente moderna. Troppe confusioni, troppe nozioni false circolano da un secolo a questa parte perchéun gran numero di persone, anche fuori degli ambienti «neospiritualistici», non ne siano gravementeinfluenzate; la deformazione ha assunto proporzioni tali che perfino gli orientalisti ufficiali, per esempio,interpretano correntemente in senso reincarnazionistico testi che non contengono niente del genere, e sonodiventati totalmente incapaci di comprenderli in modo diverso, il che equivale a dire che non ne capisconoassolutamente nulla. Il termine «reincarnazione» dev'essere distinto da almeno due altri termini, i quali hannoun significato completamente diverso; sono i termini «metempsicosi» e «trasmigrazione ». Si tratta di cose cheerano ben note agli antichi, e ancora lo sono a parte degli orientali, ma gli occidentali moderni, inventori dellareincarnazione, le ignorano totalmente(12). E' sottinteso che quando si parla di reincarnazione si intende chel'essere che è già stato incorporato riprende un nuovo corpo, cioè ritorna nello stato attraverso il quale è giàpassato: si ammette inoltre che ciò riguarda l'essere reale e completo e non semplicemente qualcuno deglielementi più o meno importanti che hanno potuto intervenire nella sua costituzione con una qualsiasi funzione.

(12) Sarebbe il caso di ricordare anche le concezioni di alcuni Cabalisti, indicate con i nomi di «rivoluzione delleanime» e di «embrionato »; ma in questa sede non ne parleremo perché ciò porterebbe troppo lontano. Per dipiù queste concezioni hanno una portata alquanto limitata, in quanto, per strano che ciò possa parere, fannointervenire condizioni del tutto peculiari del popolo d'Israele.

Fuori di queste due considerazioni non si può assolutamente parlare di reincarnazione; ora, la prima ladistingue essenzialmente dalla trasmigrazione, com'è considerata nelle dottrine orientali; la seconda ladifferenzia non meno profondamente dalla metempsicosi, nel senso in cui l'intendevano in particolare gli Orficie i Pitagorici. Gli spiritisti, pur sostenendo a torto l'antichità della teoria reincarnazionistica, diconoeffettivamente che essa non è identica alla metempsicosi; sennonché, a loro parere, essa se ne distinguesoltanto perché le esistenze successive sono sempre «progressive» e perché riguarda esclusivamente gliesseri umani: «Vi è », dice Allan Kardec, «tra la metempsicosi degli antichi e la moderna dottrina della

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reincarnazione, la differenza che gli spiritisti respingono nel modo più assoluto la trasmigrazione dell'uomo neglianimali, e viceversa»(13). Gli antichi, in realtà, non sostennero mai una forma simile di trasmigrazione, cosìcome non sostennero mai la trasmigrazione dell'uomo in altri uomini, come si potrebbe definire lareincarnazione. Senza dubbio esistono espressioni più o meno simboliche che possono dar luogo a malintesi -ma soltanto quando non si sappia ciò che vogliono dire realmente, che è questo: ci sono nell'uomo elementipsichici che si dissociano dopo la morte e possono quindi passare in altri esseri viventi, uomini o animali, senzache ciò in fondo abbia molta più importanza del fatto che, sempre dopo la dissoluzione del corpo dell'uomo, glielementi che lo componevano possano servire a formare altri corpi. In entrambi i casi si tratta degli elementimortali dell'uomo e non della parte imperitura che costituisce il suo essere reale, la quale non è assolutamentetoccata da questi mutamenti postumi. A tale riguardo, Papus ha commesso un errore di genere diverso quandoha parlato delle «confusioni tra la reincarnazione, o ritorno dello spirito in un corpo materiale dopo un soggiornoastrale, e la metempsicosi, o passaggio del corpo materiale attraverso il corpo di animali e di piante, prima diritornare in un nuovo corpo materiale»(14). Per non parlare di alcune stranezze d'espressione che possonoessere lapsus (i corpi degli animali e delle piante non sono meno «materiali» del corpo umano e non sono«attraversati» da quest'ultimo ma da elementi che ne provengono), questa teoria non potrebbe in alcun modochiamarsi «metempsicosi », in quanto la composizione del termine implica che debba trattarsi di elementipsichici e non di elementi corporei. Papus ha ragione di pensare che la metempsicosi non riguarda l'esserereale dell'uomo, ma si inganna completamente sulla sua natura; quanto alla reincarnazione, quando dice cheessa «è stata insegnata come un mistero esoterico in tutte le iniziazioni dell'antichità»(15), la confondesemplicemente con la vera e propria trasmigrazione. La dissociazione che segue la morte non agisce soltantosugli elementi corporei ma anche su certi elementi che si possono dire psichici; già lo vedemmo quandospiegavamo come tali elementi possono intervenire talvolta nei fenomeni dello Spiritismo e contribuire a darel'illusione di un'azione reale dei morti; in modo analogo essi possono anche, in certi casi, dare l'illusione di unareincarnazione.

(13) Le Livre des Esprits, p. 96. cfr. ivi, pp. 262-264. (14) La Réincarnation, p. 9. Papus aggiunge: «Non bisogna mai confondere la reincarnazione con lametempsicosi, perché l'uomo non regredisce mai e lo spirito non diventa mai spirito d'animale, salvo sul pianoastrale, nello stato di genio, ma questo è ancora un mistero». Per noi il presunto mistero non è proprio tale:possiamo dire che si tratta del «genio della specie», cioè dell'entità che rappresenta lo spirito, non di unaindividualità ma di una intera specie animale. Gli occultisti pensano, in effetti, che l'animale non sia, comel'uomo, un individuo autonomo e che, dopo la morte, la sua anima ritorni all'«essenza' elementale», proprietàindivisa della specie. Secondo la teoria a cui Papus allude in termini enigmatici, i geni delle specie animalisarebbero spiriti umani pervenuti a un certo grado di evoluzione e ai quali tale funzione sarebbe stataspecificamente affidata, Alcuni «chiaroveggenti», del resto, sostengono di aver visto questi geni sotto l'aspettodi uomini con teste di animali, simili alle figure simboliche degli antichi Egizi. La teoria in questione ècompletamente erronea: il genio della specie è, sì, una realtà anche per la specie umana, ma non è quello checredono gli occultisti e non ha nulla in comune con gli spiriti degli uomini individuali; quanto al «piano» in cui sisitua, ciò non rientra negli schemi convenzionali tracciati dall'occultismo.(15) Ivi, p. 6.

Ciò che importa rilevare, sotto quest'ultimo aspetto, è che tali elementi (i quali possono, durante la vita, esserestati propriamente coscienti o soltanto «subconsci») comprendono in particolare tutte le immagmi mentali che,derivando dall'esperienza sensibile, hanno fatto parte di quelle che sono chiamate memoria e immaginazione:queste facoltà, o piuttosto questi insiemi, sono perituri, cioè soggetti a dissolversi, perché essendo di ordinesensibile, sono vere e proprie «dipendenze» dello stato corporeo; d'altra parte, fuori della condizione temporale,che è una di quelle che definiscono questo stato, la memoria non avrebbe evidentemente alcuna ragione dipersistere. Certo, queste considerazioni sono molto lontane dalle teorie della psicologia classica sull'«io» e lasua unità, teorie che hanno l'unico difetto di essere, nel loro genere, quasi altrettanto prive di fondamentoquanto le concezioni dei «neospiritualisti». Un'altra osservazione non meno importante è che vi può esseretrasmissione di elementi psichici da un essere a un altro senza che ciò presupponga la morte del primo: ineffetti, così come esiste un'eredità fisiologica, esiste pure un'eredità psichica, che è assai poco contestataanche perché è un fatto di osservazione corrente; ma ciò di cui molti probabilmente non si rendono conto, è chequesto presuppone almeno che i genitori trasmettano un germe psichico, assieme a un germe corporeo.Questo germe può coinvolgere potenzialmente un insieme estremamente complesso di elementi appartenentialla sfera del «subconscio», oltre alle tendenze o predisposizioni in senso proprio le quali, sviluppandosi,appariranno in modo più manifesto; gli elementi subconsci, al contrario, potranno diventare apparenti soltanto incasi piuttosto eccezionali. È questa la duplice eredità psichica e corporea espressa dalla formula cinese: «E turivivrai nelle migliaia di tuoi discendenti », che sarebbe assai difficile, senza troppo rischiare, interpretare insenso reincarnazionistico, quantunque gli occultisti e talvolta anche gli orientalisti siano riusciti a compiere benaltre forzature di questo tipo. Le dottrine estremoorientali tengono conto di preferenza dell'aspetto psichicodell'eredità e vedono in essa un vero e proprio prolungamento dell'individualità umana; è questo il motivo per

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cui, sotto il nome di «posterità» (che è d'altro canto suscettibile anche di un senso superiore e puramentespirituale), esse la associano alla «longevità », chiamata immortalità dagli occidentali. Come vedremo inseguito, certi fatti che i reincarnazionisti credono di poter invocare in appoggio della loro ipotesi si spieganoperfettamente mediante l'uno o l'altro dei due casi da noi esaminati, vale a dire, da una parte con latrasmissione ereditaria di taluni elementi psichici, dall'altra con l'inglobamento in una individualità umana di altrielementi psichici provenienti dalla disintegrazione di individualità umane anteriori, le quali non hanno per questoil minimo rapporto spirituale con essa. Vi è, in quest'ordine di cose, corrispondenza e analogia tra la sferapsichica e la sfera corporea; e ciò è comprensibile, poiché l'una e l'altra, lo ripetiamo, si riferisconoesclusivamente n quelli che si possono chiamare gli elementi mortali dell'essere umano. Occorre ancoraaggiungere che nella sfera psichica può succedere, più o meno eccezionalmente, che un insieme abbastanzaconsiderevole di elementi si conservi senza dissociarsi e sia trasferito tal quale in una nuova individualità; i fattidi questo genere sono naturalmente quelli che presentano il carattere più vistoso agli occhi dei sostenitori dellareincarnazione, e tuttavia casi simili non sono meno illusori di tutti gli altri (16).

(16) Qualcuno pensa che un «transfert» analogo possa avvenire per elementi corporei resi più o meno sottili, eprende così in considerazione una «metensomatosi» accanto alla «metempsicosi»; a prima vista si potrebbeessere tentati di supporre che si tratti di una confusione e che sia erroneamente attribuita la corporeità aglielementi psichici inferiori. Si può tuttavia realmente trattare di elementi di origine corporea, ma in qualche modo«psichizzati» attraverso quella trasposizione nello «stato sottile» di cui abbiamo indicato precedentemente lapossibilità. Lo stato corporeo e lo stato psichico, semplici modalità differenti di uno stesso stato di esistenza -quello dell'individualità umana -, non possono essere totalmente separati. Segnaliamo all'attenzione deglioccultisti quello che dice a questo riguardo un autore di cui essi parlano volentieri senza conoscerlo: Kelephben Nathan (Dutoit-Membrini), nella Philosophie Divine, t. I, pp. 62 e 292-293. A molte vuote declamazionimistiche quest'autore unisce a volte considerazioni molto interessanti. Approfitteremo dell'occasione perrilevare un errore degli occultisti, i quali presentano Dutoit-Membrini come un discepolo di Louis-Claude deSaint-Martin (la scoperta è stata fatta da Joanny Bricaud); egli, al contrario, si espresse sul conto di quest'ultimoin termini alquanto sfavorevoli (ivi, pp. 245 e 345). Si potrebbe scrivere un intero libro, che sarebbe moltodivertente, sull'erudizione degli occultisti e sul loro modo di scrivere la storia.

Tutto ciò, come abbiamo detto, non riguarda e non tocca assolutamente l'essere reale; è vero, ci si potrebbedomandare perché se le cose stanno così gli antichi sembrano aver attribuito una importanza abbastanzagrande alla sorte postuma degli elementi in questione. Potremmo rispondere facendo semplicemente notareche molte persone si preoccupano del trattamento che il loro corpo subirà dopo la morte, senza pensare perquesto che il loro spirito debba risentirne il contraccolpo; ma aggiungeremo che effettivamente, come regolagenerale, queste cose non sono affatto indifferenti. Se lo fossero, i riti funerari non avrebbero alcuna ragioned'essere, mentre invece ne hanno una molto profonda. Senza poter insistere sull'argomento, diremo chel'azione di tali riti si esercita precisamente sugli elementi psichici del defunto; abbiamo ricordato quello chepensavano gli antichi del rapporto intercorrente tra la mancata esecuzione dei riti funerari e certi fenomeni di«infestazione»: tale opinione era perfettamente fondata. Certo, se si considerasse l'essere soltanto in quantopassato a un altro stato di esistenza, non sarebbe assolutamente il caso di tener conto di quello che puòsuccedere a tali elementi (tranne forse per assicurare la tranquillità dei viventi); ma le cose sono del tuttodiverse se si ha riguardo a quelli che abbiamo chiamato i prolungamenti dell'individualità umana. Questoargomento potrebbe dar luogo a considerazioni la cui complessità e la cui inusitatezza stesse ci dissuadonodall'affrontare ora; riteniamo, del resto, che sia uno di quelli che non è né utile né profittevole trattarepubblicamente in modo particolareggiato. Dopo aver detto in che cosa consiste realmente la metempsicosi, ciresta ora da dire che cosa sia la trasmigrazione in senso proprio: questa volta si tratta sì dell'essere reale, manon di un suo ritorno nel medesimo stato di esistenza, ritorno che, se potesse avvenire, sarebbe una«migrazione», non una «trasmigrazione». La trasmigrazione è, al contrario, il passaggio dell'essere ad altri statidi esistenza, definiti, come abbiamo detto, da condizioni totalmente differenti da quelle alle quali è soggettal'individualità umana (con l'unica restrizione che, finché si tratta di stati individuali, l'essere è sempre rivestito diuna forma, la quale però non può dar luogo ad alcuna rappresentazione spaziale o di altro tipo, più o menomodellata su quella della forma corporea). Quando si parla di trasmigrazione si intende essenzialmentecambiamento di stato. Questo insegnano tutte le dottrine tradizionali dell'Oriente, e molteplici ragioni cispingono a pensare che identico fosse l'insegnamento dei «misteri» dell'antichità; lo stesso si dica di dottrineeterodosse come il buddhismo, nonostante l'interpretazione reincarnazionistica diffusa oggi fra gli europei. È ladottrina vera della trasmigrazione, intesa nel senso che le attribuisce la metafisica pura, a consentire laconfutazione assoluta e definitiva dell'idea della reincarnazione; e solo su questo terreno simile confutazione èpossibile, Siamo dunque così condotti a dimostrare che la reincarnazione è una impossibilità pura e semplice;intenderemo con ciò che uno stesso essere non può avere due esistenze nel mondo corporeo, sia pure questomondo considerato in tutta la sua estensione: poco importerà che ciò avvenga sulla terra o su qualunque altroastro(17); poco importerà altresì che la cosa lo coinvolga in quanto essere umano oppure, secondo le falseconcezioni della metempsicosi, sotto tutt'altra forma, animale, vegetale o addirittura minerale. Aggiungeremoancora: poco importerà che si tratti di esistenze successive o simultanee, giacché si dà il caso che alcuniabbiano fatto la supposizione, quanto meno ridicola, di una pluralità di vite svolgentisi contemporàneamente,

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per uno stesso essere, in luoghi diversi verosimilmente su pianeti differenti. Questo ci riconduce una voltaancora ai socialisti del 1848, poiché sembra proprio essere stato Blanquì a immaginare per primo unaripetizione simultanea e indefinita, nello spazio, di individui ritenuti identici(18).

(17) L'idea della reincarnazione sui diversi pianeti non è esclusivamente propria dei «neospiritualisti»; questaconcezione, cara a Camille Flammarion, è anche di Louis Figuiet (Le Lendemain de la Mort ou la Vie Futureselon la Science). È curioso osservare a quali stravaganti fantasticherie può dar luogo una scienza così«positiva» come vuole essere l'astronomia moderna.(18) L'Éternité par les Astres.

Alcuni occultisti sostengono inoltre che l'individuo umano può avere più «corpi fisici», come dicono, viventi nellostesso tempo su differenti pianeti; e si spingono fino ad affermare che se succede a qualcuno di sognare diessere stato ucciso, ciò avviene perché, in molti casi, nello stesso istante è effettivamente stato ucciso su unaltro pianeta! Può sembrare incredibile, ma l'abbiamo udito con i nostri orecchi; nel capitolo seguente, ad ognimodo, incontreremo altre storie altrettanto audaci. C'è da aggiungere che la dimostrazione che vale contro tuttele teorie reincarnazionistiche, qualsiasi forma assumano, si applica egualmente, e per gli stessi motivi, a certeconcezioni di tipo più propriamente filosofico, quali la concezione dell'«eterno ritorno» di Nietzsche, e, in unaparola, a tutto quel che presuppone nell'universo una qualsiasi ripetizione. Non possiamo pensare di esporrequi, con tutti gli sviluppi che comporta, la teoria metafisica degli stati molteplici dell'essere; ad essa abbiamointenzione di dedicare, quando potremo, uno o più studi particolari. Possiamo però indicare almeno ilfondamento della teoria, che è nello stesso tempo il principio della dimostrazione di cui è ora questione: laPossibilità universale e totale è necessariamente infinita e non può essere concepita in modo diverso, poiché,comprendendo tutto e non lasciando niente fuori di sé, non può essere limitata assolutamente da nulla; unalimitazione della Possibilità universale, dovendo essere esteriore ad essa, è propriamente e letteralmente unaimpossibilità, cioè un puro nulla. Ora, supporre una ripetizione nell'ambito della Possibilità universale, come sifa ammettendo due possibilità particolari identiche, equivale ad attribuirle una limitazione, in quanto l'infinitàesclude qualsiasi ripetizione: soltanto all'interno di un insieme finito si può tornare due volte a uno stessoelemento, e inoltre tale elemento non sarebbe rigorosamente lo stesso se non alla condizione che l'insiemeformi un sistemà chiuso, condizione che non si realizza mai effettivamente. Essendo l'universo realmente untutto, o piuttosto il Tutto assoluto, un ciclo chiuso non può esistere da alcuna parte: due possibilità identichesarebbero una stessa e sola possibilità; perché siano veramente due, è necessario che esse differiscano peruna condizione almeno, di conseguenza non sono più identiche. Nulla può mai ritornare allo stesso punto, equesto anche in un insieme soltanto indefinito (e non infinito) come il mondo corporeo: mentre si traccia uncerchio si verifica uno spostamento, pertanto il cerchio si chiude solo in modo del tutto illusorio. Questa è unasemplice analogia, ma può servire per aiutare a comprendere che, a fortiori, nell'esistenza universale, il ritornoallo stesso stato è una impossibilità: nella Possibilità totale le possibilità particolari costituite dagli stati diesistenza condizionati sono necessariamente in molteplicità indefinita; negare questo significa nuovamentevoler limitare la Possibilità; sarà dunque necessario ammetterlo pena la contraddizione, e ciò basta perchénessun essere possa passare due volte attraverso lo stesso stato. Come si vede, questa dimostrazione è in séestremamente semplice, e se qualcuno faticherà un poco a comprenderla ciò sarà forse dovuto soltanto al.fattoche gli mancano le conoscenze metafisiche più elementari; in questo caso sarebbe forse necessariaun'esposizione più sviluppata, ma preghiamo coloro che sono in tali condizioni di attendere, per trovarla, che cisia data l'occasione di esporre integralmente la teoria degli stati molteplici. Costoro possono però essere certiche, in ogni caso, tale dimostrazione, così come l'abbiamo esaminata nelle sue linee essenziali, non lascianulla a desiderare sotto l'aspetto della rigorosità. Quanto a coloro che pensano che respingendo lareincarnazione rischiamo di limitare in un altro modo la Possibilità universale, risponderemo semplicemente checosì facendo respingiamo soltanto una impossibilità lo quale non è nulla, e quindi aumenterebbe la sommadelle possihilità soltanto in modo totalmente illusorio, essendo uno zero puro, Non si limita la Possibilitànegando una assurdità, per esempio dicendo che non può esistere un quadrato rotondo, o che fra tutti i mondipossibili non può essercene nessuno in cui due per due faccia cinque; il caso in questione è esattamente lostesso. Alcuni si fanno, in quest'ordine di idee, degli strani scrupoli: così Cartesio, quando attribuiva a Dio la«libertà di indifferenza », per timore di limitare l'onnipotenza divina (espressione teologica della Possibilitàuniversale), senza accorgersi che una simile «libertà di indifferenza», ovvero la scelta in assenza di motivo,implica condizioni contraddittorie; diremo, per usare il suo linguaggio, che un'assurdità non è tale perché Diol'ha arbitrariamente voluta, ma che, al contrario, è proprio perché si tratta di una assurdità che Dio non può farein modo che essa sia qualcosa, senza tuttavia che ciò comprometta minimamente la sua onnipotenza,assurdità e impossibilità essendo sinonimi. Ritornando agli stati molteplici dell'essere, faremo notare, poiché èessenziale, che tali stati possono essere concepiti tanto in simultaneità quanto in successione e che,nell'insieme, la successione non si può ammettere se non come rappresentazione simbolica, poiché il tempo èuna condizione propria soltanto a uno degli stati; del resto, anche la durata, sotto qualunque suo aspetto, puòessere attribuita solo ad alcuni fra di essi. Se si vorrà dunque parlare di successione, bisognerà aver cura diprecisare che ciò si può fare soltanto in senso logico, e non in senso cronologico. Dicendo successione logicaintendiamo dire che esiste un concatenamento causale fra i diversi stati; ma il rapporto stesso di causalità,assunto nel suo vero significato (e non nell'accezione «empiristica» di alcuni logici moderni), implica

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precisamente la simultaneità o la coesistenza dei suoi termini. Inoltre, è bene precisare che anche lo statoindividuale umano, soggetto alla condizione temporale, può presentare tuttavia una molteplicità simultanea distati secondari: l'essere umano non può avere diversi corpi, ma, al di fuori della modalità corporea econtemporaneamente ad essa, può possedere altre modalità nelle quali si sviluppano alcune delle possibilitàche esso comporta. Questo ci induce a segnalare una concezione che si ricollega piuttosto strettamente aquella della reincarnazione, e conta numerosi sostenitori anche fra i «neospiritualisti»: secondo tale concezione,ogni essere dovrebbe, nel corso della sua evoluzione (coloro che sostengono simili idee sono infatti, in unmodo o in un altro, sempre evoluzionisti), passare successivamente attraverso tutte le forme di vita, terrene enon terrene. Una simile teoria esprime soltanto una impossibilità manifesta, per la semplice ragione che esisteuna indefinità di forme viventi attraverso cui un essere qualsiasi non potrà mai passare, essendo tutte questeforme occupate dagli altri esseri. D'altra parte, quand'anche un essere avesse percorso successivamente unaindefinità di possibilità particolari, e in un campo ben più esteso di quello delle «forme di vita», esso nonsarebbe con ciò più avanzato rispetto al termine finale, che non potrebbe essere raggiunto in questo modo;ritorneremo su questo punto parlando più particolarmente dell'evoluzionismo spiritistico. Per il momento faremosoltanto notare questo: il mondo corporeo tutt'intero, nello spiegamento integrale di tutte le possibilità checontiene, rappresenta soltanto una parte del campo di manifestazione di un solo stato; questo stato comportaquindi, a fortiori, la potenzialità corrispondente a tutte le modalità della vita terrestre, la quale è soltanto unaporzione molto ristretta del mondo corporeo. Ciò rende perfettamente inutile (anche se la sua impossibilità nonfosse dimostrabile in un altro modo) la supposizione di una molteplicità di esistenze attraverso le quali l'esseresi eleverebbe progressivamente dalla modalità più bassa, quella del minerale, fino alla modalità umana,considerata la più alta, passando successivamente attraverso il vegetale e l'animale, con tutta la moltitudine digradi che ciascuno di questi regni comporta; in effetti vi sono persone che fanno di queste ipotesi (respingonosolo la possibilità di un ritorno all'indietro. In realtà l'individuo, nella sua estensione integrale, contienesimultaneamente le possibilità che corrispondono a tutti questi gradi (non diciamo, si noti bene, che le contengacorporalmente). Tale simultaneità si traduce in successione temporale soltanto nello sviluppo della sua unicamodalità corporea, nel corso del quale, come mostra l'embriologia, l'individuo passa effettivamente attraversotutti gli stadi corrispondenti, a partire dalla forma unicellulare degli esseri organizzati più rudimentali, anzi,risalendo ultedormente, a partire dal cristallo, fino alla forma umana terrestre. Diciamo di sfuggita, fin d'ora, chelo sviluppo embriologico, contrariamente all'opinione corrente, non è assolutamente una prova della teoria«trasformistica »; quest'ultima è meno falsa di tutte le altre forme dell'evoluzionismo, ed è anzi la più grossolanadi tutte; ma avremo occasione di riparlarne più avanti. Quel che occorre soprattutto ricordare è che il punto divista della successione è essenzialmente relativo; d'altra parte, anche nei limiti ristretti in cui è legittimamenteapplicabile, esso perde quasi tutto il suo interesse grazie alla semplice osservazione che il germe, prima diqualsiasi sviluppo, contiene già in potenza l'essere completo (ne vedremo presto l'importanza). In ogni caso,questo punto di vista deve sempre restare subordinato a quello della simultaneità, come esige il caratterepuramente metafisico, quindi extratemporale (ma anche extraspaziale, in quanto la coesistenza non supponenecessariamente lo spazio), della teoria degli stati molteplici dell'essere(19).

(19) Bisognerebbe qui poter criticare le definizioni che Leibniz dà dello spazio (ordine delle coesistenze) e deltempo (ordine delle successioni); non potendo farlo, diremo soltanto che egli estende il senso di tali nozioni inmodo del tutto abusivo, come del resto fa anche per la nozione di oorpo,

Aggiungeremo ancora che, contrariamente a quanto sostengono gli spiritisti e soprattutto gli occultisti, non siritrova in natura alcuna analogia a favore della reincarnazione, mentre, per contro, se ne trovano in granquantità nel senso opposto. Questo punto è stato messo in luce assai bene negli insegnamenti della H.B. of L.,di cui si è parlato in precedenza, e che era formalmente antireincarnazionista; crediamo possa essereinteressante citare qui alcuni passi di tali insegnamenti, i quali mostrano come questa scuola avesse almenoqualche conoscenza della vera trasmigrazione e di certe leggi cicliche: «L'adepto autore di Ghostland esprimeuna verità assoluta quando dice che, in quanto essere impersonale, l'uomo vive in una indefinità di mondi primadi giungere a questo... Quando il grande stadio della coscienza, culmine della serie delle manifestazionimateriali, è raggiunto, l'anima non rientrerà mai più nella matrice della materia, non subirà mai piùl'incarnazione materiale; le sue rinascite saranno da allora in poi nel regno dello spirito. Coloro che sostengonola dottrina stranamente illogica della molteplicità delle nascite umane non hanno sicuramente mai sviluppato insé il lucido stato della coscienza spirituale; se così non fosse, la teoria della reincarnazione, espressa esostenuta oggi da un gran numero di uomini e di donne versati nella "saggezza mondana" non avrebbe il piùpiccolo credito. Un'educazione esteriore è relativamente senza valore come mezzo per ottenère la conoscenzavera... La ghianda diventa quercia, la noce di cocco diventa palma; ma la quercia, per quanto produca miriadi dialtre ghiande, non diventerà mai più ghianda essa stessa, né la palma ridiventerà mai più noce. Così èdell'uomo: dal momento che l'anima si manifesta sul piano umano e raggiunge così la coscienza della vitaesteriore, non ripasserà mai più attraverso nessuno dei suoi stati rudimentali... I presunti "risvegli di ricordi"latenti, in virtù dei quali certe persone assicurano di ricordare le proprie esistenze passate, possono spiegarsi,anzi, possono spiegarsi soltanto ricorrendo alle semplici leggi dell'affinità e della forma. Ogni razza di esseriumani, considerata in se stessa, è immortale; così è di ogni ciclo: il primo ciclo non diventerà mai il secondo,ma gli esseri del primo ciclo sono (spiritualmente) i genitori, o generatori, (20) di quelli del secondo ciclo. In tal

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modo ogni ciclo comprende una grande famiglia costituita dalla riunione di diversi raggruppamenti di animeumane, ogni condizione essendo determinata dalle leggi della sua attività, da quelle della sua forma e da quelledella sua affinità: una trinità di leggi... Così l'uomo può essere paragonato alla ghianda e alla quercia: l'animaembrionale, non individualizzata, diventa uri uomo così come la ghianda diventa una quercia; e come la querciadà origine a una quantità innumerevole di ghiande, così l'uomo fornisce a sua volta a un numero indefinito dianime i mezzi per ottenere la nascita nel mondo spirituale. Tra le due realtà considerate vi è completacorrispondenza, ed è per questo motivo che gli antichi Druidi rendevano tanti onori a quest'albero, il quale più ditutti gli altri era onorato dai potenti Ierofanti». È contenuta in questo passo un'indicazione della «posterità»intesa in senso puramente spirituale; non è questa la sede per sviluppare ulteriormente tale punto, insieme conle leggi cicliche alle quali si ricollega; forse un giorno tratteremo queste questioni, se tuttavia riusciremo atrovare il modo di farlo in termini sufficientemente intelligibili, giacché vi sono difficoltà soprattutto inerentiall'imperfezione delle lingue occidentali. Disgraziatamente la H.B. of L. ammetteva la possibilità dellareincarnazione in alcuni casi eccezionali, come quello dei bambini nati morti o morti in tenera età, e quello degliidioti di nascita (21); abbiamo visto altrove come anche la Blavatsky ammettesse questa possibilità all'epoca incui scriveva Isis Dévoilée (22). In realtà, trattandosi di una impossibilità metafisica, non può sussistere laminima eccezione: è sufficiente che un essere sia passato attraverso un certo stato, non foss'altro che sottoforma di embrione o addirittura di semplice germe, perché non possa in alcun caso ritornare in quello stato, delquale ha in tal modo attuato le possibilità nella misura comportata dalla sua natura. Se lo svilùppo di questepossibilità sembra, per quel che lo riguarda, essersi arrestato a un certo punto, ciò significa che esso nondoveva andar oltre con riferimento alla sua modalità corporea: proprio il fatto di considerare in modo esclusivoquest'ultima è la causa dell'errore, non tenendosi conto di tutte le possibilità che, per l'essere in questione,possono svilupparsi in altre modalità dello stesso stato; se si potesse tenerne conto si vedrebbe che lareincarnazione, anche in casi come questi, è assolutamente inutile: è ciò che si può d'altra parte ammetterequando si sappia che è impossibile, e che tutto ciò che esiste concorre, quali che siano le apparenze,all'armonia totale dell'universo.

(20) I pitri della tradizione Indù(21) C'era un terzo caso di eccezione, ma di natura del tutto diversa: era quello delle «incarnazioni messianichevolontarie», che si produrrebbero circa ogni seicento anni - cioè alla fine di ogni ciclo chiamato Naros dai Caldei- ma senza che lo stesso spirito si incarni mai più di una volta e senza che si producano mai consecutivamentedue incarnazioni simili nella stessa razza; la discussione e l'interpretazione di questa teoria uscirebberocompletamente dai limiti del presente studio.(22) Le Théosophisme cit., pp. 97-99.

La questione è del tutto analoga a quella delle comunicazioni spiritistiche: nell'uno e nell'altro caso si tratta diimpossibilità; dire che ci possono essere eccezioni sarebbe tanto illogico quanto dire, per esempio, che vi puòessere un ristretto numero di casi in cui, nello spazio euclideo, la somma dei tre angoli di un triangolo non èuguale a due angoli retti; quel che è assurdo è assurdo in modo assoluto e non soltanto «in linea generale».Del resto, se si comincia ad ammettere eccezioni, non vediamo bene in che modo si potrebbe assegnare loroun limite preciso: come si potrebbe determinare l'età a partire dalla quale un bambino, se muore, non avrà piùbisogno di reincarnarsi, o il grado che deve raggiungere l'infermità mentale per richiedere una reincarnazione?Non possiamo pensare a nulla di più arbitrario, sicché possiamo dar ragione a Papus quando dice: «Respinta lateoria, non bisogna ammettere eccezione, se no si apre una breccia attraverso la quale può passare qualsiasicosa»(23). Questa osservazione, nell'intenzione del suo autore, si rivolgeva soprattutto ad alcuni scrittori i qualipensavnno che la reincarnazione, in alcuni casi particolari, fosse conciliabile con la dottrina cattolica: il conte diLarmandie, in particolare, sosteneva che essa poteva essere ammessa nel caso dei bambini morti senzabattesimo (24). È verissimo che alcuni testi, come quelli del quarto Concilio di Costantinopoli, che si è credutotalvolta di poter invocare contro la reincarnazione, in realtà non servono allo scopo; ma gli occultisti non devonotrarne gran vanto, giacché, se le cose stanno in questo modo, ciò è semplicemente dovuto al fatto che aquell'epoca la reincarnazione non era ancora stata immaginata. Si trattava invece di un'opinione di Origene,secondo la quale la vita corporea sarebbe un castigo per le anime che, «preesistendo come potenze celesti,avrebbero raggiunto la sazietà della contemplazione divina»; come si vede, tale teoria non contiene accenno auna vita corporea anteriore, ma considera un'esistenza nel mondo intelligibile in senso platonico, il che non haalcun rapporto con la reincarnazione.

(23) La Réincarnation, p. 179; secondo il Rozier cit., in «Initiation », aprile 1898.(24) Magie et Religion.

È difficile capire perché Papus abbia potuto scrivere che «il parere del concilio indica come la reincarnazionefacesse parte dell'insegnamento e come, qualora vi fossero esseri che ritornavano volontariamente areincarnarsi, non per disgusto del Cielo, ma per amore del loro prossimo, l'anatema non potesse colpirli»(Papus immaginava che l'anatema fosse stato lanciato contro «chi proclamasse di essere ritornato sulla terraper disgusto del Cielo»). Egli si appoggia su queste considerazioni per affermare che «l'idea dellareincarnazione fa parte degli insegnamenti segreti della Chiesa»(25). A proposito della dottrina cattolica non

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dobbiamo mancare di menzionare un'asserzione degli spiritisti che è veramente straordinaria: Allan Kardecafferma che «il dogma della risurrezione della carne è la consacrazione di quello della reincarnazione insegnatodagli spiritisti» e che «in tal modo la Chiesa stessa, con il dogma della risurrezione della carne, insegna ladottrina della reincarnazione»; in realtà egli presenta queste proposizioni sotto forma interrogativa, ed è lo «spirito» di san Luigi a rispondergli che «è cosa evidente », aggiungendo che «tra poco si riconoscerà come lospiritismo emerga da ogni passo del testo stesso delle sacre Scritture»! (26) Ma ancor più sorprende che ci siastato un prete cattolico, per quanto più o meno sospetto di eterodossia, disposto ad accettare e a sostenereun'opinione simile; si tratta dell'abbé J.-A. Petit, della diocesi di Beauvais, vecchio amico di famiglia delladuchessa di Pomar, il quale scrive: «La reincarnazione era ammessa nella maggior parte dei popoli antichi... Lostesso Cristo la accettava. Se non la si ritrova espressamente insegnata dagli apostoli, ciò è perché i fedelidovevano riunire in sé le qualità morali che la rendono inefficace... Più tardi, quando i grandi capi e i lorodiscepoli furono scomparsi, e l'insegnamento cristiano, sotto la pressione degli interessi umani, si irrigidì in unarido simbolo, rimase soltanto, come un vestigio del passato, la risurrezione della carne, o nella carne, che,intesa nel senso ristretto della parola, fece credere nel gigantesco errore della risurrezione dei corpi morti»(27).

(25) La Réincarnatian, p. 171.(26) Le Livre des Esprits, pp. 440-442.(27) «L'Alliance spiritualiste », luglio 1911.

Non stiamo a fare commenti su queste affermazioni, trattandosi di interpretazioni che nessuno spirito libero dapregiudizi può prendere sul serio; ma la trasformazione della «risurrezione della carne» in «risurrezione nellacarne» è uno di quei giochetti di prestigio che rischiano di far mettere in dubbio la buonafede dell'autore. Primadi lasciare questo argomento diremo ancora qualche parola sui testi evangelici che gli spiritisti e gli occultistiinvocano a favore della reincarnazione; Allan Kardec ne indica due (28) il primo dei quali è il seguente, e vienedopo il racconto della trasfigurazione: «E nel discendere dal monte, Gesù diede loro questo comando: Anessuno parlerete della visione fino a che il Figliuolo dell'uomo non sia risorto da morte. E i suoi discepoli glidomandarono: Perché dunque gli Scribi dicono che prima deve venire Elia? Rispose egli: Sì, verrà Elia erimetterà a posto ogni cosa; io però vi dico che Elia è già venuto e non lo hanno riconosciuto, ma gli hanno fattoquanto hanno voluto: allo stesso modo anche il figliuol dell'uomo soffrirà per opera loro. Allora i discepolicapirono che aveva loro parlato di Giovanni Battista» (Mt. 17, 9-15) (29). Allan Kardec aggiunge: «PoichéGiovanni Battista era Elia c'è dunque stata reincarnazione dello spirito o dell'anima di Elia nel corpo di GiovanniBattista».

(28) Le Livre ,des Esprits, pp. 105-107. Cfr. LÉON DENIS, Christianisme et Spiritisme, pp. 376-378. Cfr. ancheLes Messies esséniens et l'Église ortbodoxe, pp. 33-35; quest'opera è una pubblicazione della sètta a pretese«esseniche», alla quale accenneremo più avanti.(29) Cfr. Mc. 9, 8-12; questo testo differisce dall'altro solo perché non vi si fa il nome di Giovanni Battista.

Papus, dal canto suo, dice egualmente: «Innanzi tutto i Vangeli affermano senza reticenze che GiovanniBattista è Elia reincarnato. Si trattava di un mistero. Giovanni Battista, interrogato, tace, ma gli altri sanno. C'èinoltre la parabola del cieco nato, punito per i suoi peccati anteriori, che fa molto riflettere»(30). Prima di tutto,nel testo non si dice affatto in che modo «Elia è già venuto »; e, se si pensa che Elia non era morto nel sensousuale del termine, può sembrare perlomeno difficile che ciò sia avvenuto mediante reincarnazione; in secondoluogo, perché mai Elia, durante la trasfigurazione, non si era manifestato sotto l'aspetto di Giovanni Battista?(31) Inoltre, Giovanni Battista, interrogato, non tace affatto, come sostiene Papus, bensì nega formalmente: «Egli domandarono: E che dunque? Sei tu Elia? Ed egli: Non sono» (Gv. 1,21). Se si dicesse che ciò provasoltanto - che egli non si ricordava della sua precedente esistenza, risponderemmo che esiste un altro testomolto più esplicito, quello in cui l'angelo Gabriele, annunciando a Zaccaria la nascita del figlio, dichiara: «È luiche lo precederà con lo spirito e con il potere di Elia, per ricondurre il cuore dei padri verso i figliuoli e i ribelli alsenno dei giusti, al fine di preparare al Signorè un popolo ben disposto» (Lc. 1, 17). Non si potrebbe indicare inmodo più chiaro come Giovanni Battista non sia affatto Elia in persona, ma appartenga soltanto, se così ci sipuò esprimere, alla sua «famiglia spirituale »; è dunque in questo modo, e non alla lettera, che occorreintendere la «venuta di Elia». Quanto al racconto del nato cieco, Allan Kardec non ne parla, e Papus sembraquasi non conoscerlo affatto, poiché scambia per una parabola il racconto di una guarigione miracolosa;eccone il testo esatto: «Passando poi Gesù vide un uomo cieco fin dalla nascita. E i suoi discepoli glidomandarono: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Rispose Gesù: Né lui hapeccato né i suoi genitori, ma è così affinchè siano manifestate in lui le opere di Dio» (Gv. 9, 1-3).

(30) La Réincarnation, p. 170.(31) L'altro personaggio dell'antico Testamento manifestatosi durante la trasfigurazione è Mosè, di cui«nessuno conobbe il sepolcro»; Enoc ed Elia, che devono tornare «alla fine dei tempi», furono entrambi«assunti in Cielo»; si tratta di fatti che non possono essere invocati come esempi di manifestazione di morti.

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Quest'uomo, dunque, non era stato «punito per i suoi peccati », ma avrebbe potuto esserlo, a condizione di nonvoler torturare il testo aggiungendo una parola che esso non contiene affatto: «per i suoi peccati anteriori »;senza l'ignoranza che Papus dimostra in questa occasione si potrebbe essere tentati di accusarlo di malafede.È possibile invece che l'infermità dell'uomo gli fosse stata inflitta come sanzione anticipata in vista dei peccatiche avrebbe commesso più tardi: tale interpretazione può essere esclusa solo da coloro il cui antropomorfismosi spinge fino a voler sottomettere Dio al tempo. Infine, il secondo testo citato da Allan Kardec non è che ilcolloquio di Gesù con Nicodemo; per confutare le argomentazioni dei reincarnazionisti a questo proposito, ciaccontenteremo di riportarne il passo essenziale: «Gli rispose Gesù: In verità, in verità vi dico, nessuno, se purenon nasce di nuovo, può vedere il regno di Dio... In verità, in verità ti dico, nessuno, se non nasce per acqua eSpirito, può entrare nel regno di Dio. Ciò che è generato dalla carne è carne, e ciò che è generato dallo Spiritoè spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: bisogna che voi siate di nuovo generati» (Gv. 3, 3-7). Occorre tuttala portentosa ignoranza degli spiritisti per credere che si possa trattare della reincarnazione, mentre si trattadella «seconda nascita», intesa in senso puramente spirituale, e qui anche chiaramente opposta alla nascitacorporea. La concezione della «seconda nascita», sulla quale per ora non dobbiamo insistere, è del restocomune a tutte le dottrine tradizionali, non una delle quali, nonostante le affermazioni dei «neospiritualisti», hamai insegnato qualcosa che rassomigli in qualche modo alla reincanazione.

Come è noto Erim, del quale si è già parlato in questo forum (formulando su di lui talune riserve in qualità dimembro della Miriam) era anche iniziato ad un ordine legato quasi esclusivamente al suo casato, noto comeOrdine dei Telei. Successore di Erim, in tale ordine, fu Paolo Virio. Questi, a differenza del suo maestro, fu unostudioso abbastanza aperto nei confronti delle altre scuole. Frequentò, oltre a Massimo Scaligero, Evola,Quadrelli ed altri esoteristi. Non mancò di confrontarsi anche con il pensiero di studiosi che non conobbe dipersona, come Guenon (con cui scambiò qualche lettera), Schuon ed altri ancora. Riportiamo qui due suoibrevi studi: uno sul settenario, introduttivo all'altro sugli stati di trasmigrazione, che ci fa conoscere la dottrinadell'Ordine dei Telei, in relazione a questo tema.

3)Paolo Virio

Il Settenario

Se alla forma materiale (corpo fisico, soma) si aggiungono i tre organismi che compongono l'Ego (cioè il vitale,il senziente e il mentale), poi la forma psichica superiore, o genio, indi il Principio universale o Intelletto celestee se infine si pone il Principio divino o Archetipo, si perviene ad uno schema settenario (ad una ripartizioneclassica e più praticamente utile di altre) le cui sette modalità configurano l'uomo nella sua situazione integrale,nelle sue attività empiriche e trascendentali:1) Archètipo increato 2) Intelletto celeste o Raggio universale 3) Corpo assommativo o genio 4) corpo mentale 5) corpo senziente 6) corpo vitale 7) corpo fisicoE' come una gerarchia, un sacro ordine, un atto che si identifica per via proporzionale, in gradi diversi e indiversa propria luce, alla imitazione di Dio. Seguendo tale gerarchia, viene naturale seguire le tre tappe: dipurificazione, di illuminazione, di consumazione o reintegrazione. Come una perfetta iniziazione divina, perchéla Luce trascende, purifica, illumina, nutre, attrae a sè e riassorbe. L'Ego, cosciente, nudo, purificato e liberoviene trasformato e riassorbito dal Genio da cui era stato manifestato, per poi espandersi e identificarsi nelRaggio o nella Luce celeste, sorgente dalla quale scorre ogni Luce, e spezzando ogni cerchio didifferenziazione di Luce, giungere attraverso il Cristo, all'Archetipo e nella Beatitudine celeste reintegrarsi!

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Stati di Trasmigrazione

Maschere e Volto

La metafisica ermetica non considera irreale il macrocosmo, come sostengono invece le scuole adualiste indhuderivate dal Vedanta, ma lo ritiene il dispiegarsi delle onnipossibilità Divine: la manifestazione dell'Uno che èanche il Tutto ("En to pan"). In ciò il suo punto di vista è più vicino alla prospettiva delle scuole indiane deiTantra, per le quali la immobile Suprema Coscienza, detta Shiva, si effonde e si espande in energia, shakti.Anche la dottrina del Buddhismo postula l'esistenza di due mondi, cioè di due piani interamente diversi: da unaparte il mondo del Samsara, che è quello nel quale opera il karma ed in cui ripetutamente si muore e si rinasce,da una altra parte il piano del Nirvana, che è l'Assolutezza: è lo stato che si è realizzato con un salto qualitativo,quando si è operata l'ascesi e la soppressione del karma e della sua forza di limitazione e di illusione. Perché lacoscienza relativa, che produce le immagini illusorie, esiste, ma il dualismo, cioè la percezione e l'oggettopercepito, non esistono nella coscienza in senso assoluto, cioè come esistenti essenzialmente. L'Assoluto,come non esistenza di dualità, è in essa, ma a sua volta, questa dualità si presenta come un assoluto. Nelpiano del Samsara, lo scorrere perituro di ogni cosa, il karma, condiziona e spinge in un moto incessantel'essere trasmigrante. E' la coscienza agente (genio), che è il nucleo essenziale dell'essere, in quanto entitàparticolare, che ispira l'azione e quindi pone l'individualità empirica, a proiettarsi nel momento della mortedell'involucro fisico in una nuova esistenza, e così la determina in virtù dell'esperienza del karma. Così accadeche la coscienza, pur subendo il passato, resta sempre l'artefice libero del suo stesso futuro. Ripetutamente levite si svolgono, collegate come anelli di una catena, fino alla consapevolezza e all'esperienza internamentevissuta, che il pancosmo è solo divenire e fluire anestino, corso della propria pantaremia: in quel momentoavviene il salto nell'arrhetor, nel nirvana, nell'inesprimibile piano divino che è, come dice l'hinduismo,asamskrita, non-karma, cioè immutabilità ed eterna assolutezza. Le influenze psichiche che, nonarmonizzandosi tra loro, si urtano, provocano uno stato di disordine e di squilibrio, più o meno grave per coluiche le avrà imprudentemente suscitate. Il dominio puramente spirituale è il solo dove le tante opposizionipossono perdere il loro senso; ma, finché il dominio psichico non è completamente e definitivamentesorpassato, le disavventure di venire sulla terra sono sempre possibili. L'essere umano, con la morte del corpomateriale, si disincarna e, da ente fisico, diventa ente etericomorfo. In seguito, spogliandosi dei fluidi più bassied impuri, con le purificazioni, si libera degli involucri del corpo vitale, senziente e mentale, (fluidi rigettati chevengono detti manifestazioni o psicolarve). Se l'anima, durante la vita terrena ha purificato il proprio cuore,dopo la morte lascia insieme al corpo fisico la parte psichica inferiore, il fantasma bianco (il p'o dei taosti) e sicongiunge consapevolmente all'Intelletto Celeste (lo Hsing dei taosti) divenendo una entità celeste; se invece lasua vita terrena non è stata deiforme, prosegue il suo processo di trasmigrazione. E' il principio individuale o

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psicomonade (genio) che, legato alla forma umana, antroposchema, subisce le rinascite, passa empiricamentedi vita in vita, purificandosi o decadendo secondo le sue brame ed i suoi sforzi. Quando ha esaurito tutte lepossibilità e le potenzialità del suo ciclo umano, esce defintivamente dallo stato umano, e perciò non si rincarnapiù nello stato umano. Alfine, se ne è capace, ascende trasformativamente ai Cieli, ossia agli stati sopraformali,detti angelici o universali, trasformandosi in un'entità angelica, cioè Intelletto nudo. Se, invece, l'audemaindividuale non è capace di superare trasformativamente il piano inferiore delle forme psichiche e materiali, matuttavia ha terminato tutte le esperienze delle modalità sia fisiche sia eteriche della forma umana, allora passaad un altro stato formale di esistenza, si riveste di un'altra forma che può essere sia superiore o inferiore, siapiù o meno periferica rispetto al precedente stato umano. E' come psicomonade che un essere individuale vivenelle variabili modalità di innumerevoli stati formali di esistenza. L'alternarsi delle incarnazioni e delledisincarnazioni corrisponde ai ripetuti passaggi dalle modalità anche dense (fisiche) della condizione umanaalle modalità esclusivamente sottili fino alla completa attuazione di tutte le possibilità che la psicoumanità, oente psichico, ha in sé stessa in connessione con tale stato. E' come monade psichica che l'essere viventeassorbe l'essenza di una vita empirica, sia sottile sia materiale, non appena l'abbia tutta esperimentata,lasciando solo le scorie o vesti, sia fisiche sia immateriali, di essa; ma, come abbiamo detto, non esce da unostato per trasmigrare in un altro, se prima non ha completato il ciclo di possibilità relative a quello stato diesistenza. Si pongono, oltre lo stato umano, considerato centrale, gli stati detti superiori, cioè quelli degli angelie di altre varie gerarchie celesti, poi lo stato infero dei diavoli o cosmodiavoli, quello dei demoni o morfodemoni,indi i vari stati delle bestie, dei folletti, degli elementi, ed altri ancora.

Evola espresse il suo punto di vista sulla reincarnazione soprattutto nell'opera "Maschera e Volto delloSpiritualismo Contemporaneo", nel capitolo "Critica del Teosofismo". Riportiamo qui di seguito il branosull'argomento.

4) Evola

estratto da: Critica del Teosofismo

Dissociazione dei Misti

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...Nel teosofismo, il karma sta poi in una specifica connessione con la rincarnazione. Il teosofismo si vanta diaver riportato l'attenzione dell'Occidente su questo altro «insegnamento della sapienza antica». In realtà, datala limitazione di orizzonti degli uomini moderni, per i quali questa esistenza è il principio e la fine di tutto, chenulla vedono prima e dopo di essa, a parte le vaghe idee religiose sull'aldilà, le quali per essi ormai noncostituiscono più nulla di vivente - data questa limitazione, suscitare il senso di venir da lontano, di aver vissutomolte altre vite e molte altre morti e di poter procedere ancora, di mondo in mondo, oltre la caduta di questocorpo, sarebbe di certo un merito. Il male è che nel teosofismo il tutto si riduce ad una serie monotona diesistenze dello stesso tipo, cioè terrene, separate da intervalli di più o meno attenuata corporeità: così lalimitazione di ben poco ne risulta rimossa. Il teosofismo qui crede di potersi appoggiare ad una dottrina antica,ma in realtà non poggia che su quanto si riferisce a forme affatto exoteriche, popolari, di essa e, ancora unavolta, non ha nessun senso dell' ordine di cose nel quale dovrebbe portarsi.Per risolvere il problema della rincarnazione si dovrebbe cominciare col chiarire quello della sopravvivenza, dicui il teosofismo non si preoccupa menomamente, tanto la soluzione positiva «spiritualistica» di esso e, a dirvero, come sopravvivenza personale di ogni anima umana, gli sembra certa. L'idea più prossima allarincarnazione quale la professano i teosofisti, si trova forse nel Vedanta. Ma il Vedanta, a ciò ha una base: ha lateoria del Sé, dell'atma immortale e eterno, identico al Brahman, al principio metafisico d'ogni cosa. Questateoria si riferisce ad uno stato spirituale della coscienza dell'uomo, il quale non è più da ritrovarsi non diciamonegli uomini d'oggi, ma già nell'umanità del periodo buddhistico. Nel buddhismo troviamo infatti la dottrina dell'anatma, cioè della negazione dell'essenzialità dell'anima e di una sua qualunque continuità. Qui non si tratta -per il Vedanta di fronte al buddhismo - di due opinioni filosofiche in contrasto l'una con l'altra ma di due teorieche son diverse, solo perché si riferiscono a due condizioni spirituali storicamente diverse. L'anima (atma) che ilbuddhismo nega, non è quella che il Vedanta afferma. L'anima del Vedanta non è altro che ciò che ilbuddhismo considera non come una realtà presente in ciascun uomo bensì come una mèta che soloeccezionalmente, mediante l'ascesi, può essere raggiunta. Qui si potrebbe stabilire una relazione col sensoesoterico di molti insegnamenti e miti tradizionali, anche occidentali, come per es. con quello della «caduta». Sitratta di constatare, ad un dato momento, l'identificarsi della personalità ad una forma psichica condizionata eindividuata essenzialmente dal corpo: da qui, la nascita dell'Io, al quale un moderno può riferirsi; Io, di cui ilbuddhismo, sulla base di un realismo metafisico, afferma con ragione e con forzà la caducità e l'irrealtà (1).Ora, il senso çhe poteva avere la rincarnazione, in colui nel quale l'Io valeva più o meno, direttamente come unprincipio universale, superiore dunque, ad ogni particolare individuazione (atma = brahman, Vedanta), non è lostesso del senso che la stessa dottrina può avere se riportata all'Io umano ordinario e chiuso in sé stesso deitempi più recenti: per quest'ultimo, i contàtti sono troncati, non c'è più nulla che, come un filo di seta inalterabileattraversi ed unisca una serie indefinita di perle rappresentanti le singole esistenze. Congiunto univocamente ilsenso di sé all'appoggio di un corpo e di un çervello la conseguenza può essere l'alterazione definitiva di quellacontinuità di coscienza individuata, che - già con la nascita (la quale, di massima, estingue il ricordo di tutte leesperienze anteriori (2) ha subito un primo colpo.

(1) E' interessante rilevare che l'epoca della nascita del buddhismo (circa il 600 a.c.), affermatore della dottrinadell'anatma coincide con quella del sorgere del pensiero filosofico e naturalistico in Oriente e soprattutto inOccidente (Grecia): cioè con le manifestazioni della coscienza logica legata al cervello, la quale subentra alleforme anteriori e superiori di coscienza, che costituivano la base esistenziale di dottrine come quella vedantina.Importa assai rendersi conto che le grandi, dottrine tradizionali non sono mere invenzioni umane, e che le lorodifferenze non sono arbitrarie, ma relative all'adattarsi dell'insegnamento a stati di fatto storico-spiritualieffettivamente diversi. (2) Si comprende quindi perché il cattolicesimo, in relazione ai periodo per il quale si è formato, dovessedichiarare eresia la dottrina della preesistenza dell'anima al corpo. In realtà, l'anima, come anima soltantò«umana» (e oggi non si può parlare, di massima, di anime diverse), nasce col nascere del corpo.

Affrontata questa esistenza, lo spirito come «personalità» ha anche affrontato un rischio fondamentale. E non sitratta più di rincarnazione, nel senso vedantino: si tratta invece di un'alternativa di «salvezza» o di «perdizione»che, in una certa misura, si decide su questa terra. Forse tali sono il senso e la concreta storica ragion d'esseredell'insegnamento in proposito subentrato in tradizioni più recenti, come per es. quella cattolica o quellaislamica(1). Per l'uomo occidentale medio è dunque vero questo insegnamento, non lo è più la rincarnazionenel senso vedantino. Così, se oggi si vuole ancora parlare di rincarnazione, non se ne può più parlare perl'anima come personalità, ma per altri principi compresi nell'entità umana, e sempre, in un senso cheesclude, per i più, una vera continuità di coscienza personale. Può dirsi che ciò che nelle presenticondizioni è perenne e che si trasmette da essere in essere non è più l'«atma immortale» (la superpersonalità),ma è la «vita» come «desiderio», nel senso buddhistico del termine(2). È la volontà profonda e animale divivere, nei termini di una specie di entità subpersonale che crea una sempre nuova nascita, che è lamatrice di ogni Io mortale e, in pari tempo, lo sbarramento dei mondi superiori. Siamo dunque riportati acose a cui già accennammo trattando della psicanalisi. Se qui vogliamo dunque continuar a parlare di

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rincarnazione e di karma; la visione secondo realtà bisogna cercarla in insegnamenti sul tipo di quellobuddhistico, il quale ha in vista appunto l'anima caduca, o l'anima eccezionalmente svincolatasi nello stato dinirvana attraverso l'ascesi.

(1) L'inasprimento dell'alternativa: salvezza-perdizione, che si può constatare nel protestantesimo rispetto alcattolicesimo, va spiegato col carattere sempre più fisico che l'Io ha assunto nei tempi, ancor più recenti, dellaRiforma, contemporanea al cosìdetto «umanismo». (2) Come si è già accennato, tradotta in termini morali, questa nozione corrisponde nel cattolicesimo alla teoriadell'eredità di «peccato» che la carne dell'uomo recherebbe, da Adamo, come cupiditas o appetitus innatus.

Secondo il buddhismo, l'uomo che non ha raggiunto il risveglio e l'illuminazione spirituale, con i suoi pensieri, lesue parole e le sue azioni (karma), ha tuttavia generato un altro essere o «demone» (chiamato antarabhava oanche vijnana), sostanziato con la sua immedicata brama di vita, il quale ne riceve le tendenze fondamentali.Questo essere sopravvive, in genere, alla morte. La forza fatale delle inclinazioni di cui è composto eche ora nessuna volontà più frena, lo riconduce in terra, verso un corpo e una vita conformi alla suanatura; congiungendosi ad elementi fisici e vitali forniti dai genitori, esso costituisce la base per ilmanifestarsi sotto specie di uomo di altre entità che, alterate esse stesse dal «desiderio», vi sicongiungono ed assimilano secondo leggi di affinità, venendo meno ad altri stati di esistenza. In talguisa nasce una nuova coscienza umana, al titolo di una entità assai più complessa di quel che comunementesi crede, composta di diverse eredità; entità, la quale con quella del morto non ha un vero rapporto di continuitàpersonale, per quanto una legge di causa ed effetto (karma) da un lato possa ricondurre alla precedente vital'origine di ciò che, come forma specifica, è. dovuto all'antarabbava, e dall'altro spiegare perché il compostofatalmente attragga il nuovo essere che si incarna (1).

(1) Si può designare la forma irrazionale, con la quale un'anima si identifica e che resta a base delle variefunzioni psico-vitali umane, col termine demone, nel senso classico, e ricordare l'insegnamento plotiniano, chel'anima «ha scelto dapprima il suo demone e la sua vita», in conformità, alla natura delle tendenze che essa hasviluppato in sé (Enneadi, III, IV, 5-6). .Antarabhava, letteralmente, vuol dire «ciò che esiste fra i due ; si allude cioè a quel che fa le veci dell'Ionell'intervallo fra l'una e l'altra esistenza terrestre (ma di rigore non solo terrestre), considerate comediscontinue. Su tutto ciò cfr. EVOLA, La Dottrina del Risveglio.

A parte gli «spiriti », le larve e i frammenti psichici di cui si è detto criticando lo spiritismo; a parte l'antarabhava,cieca creatura spiccatasi dal tronco del desiderio - null'altro sopravvive alla morte, secondo una continuitàpersonale, in chi già in vita non abbia conseguito un certo. grado di illuminazione. Se invece questo grado èstato raggiunto - solo allora si può parlare di una sopravvivenza per l'anima: l'anima può, conservando lacontinuità di coscienza, affrontare anche quelle esperienze del post-mortem, per le quali abbiamo già citato untesto lamaico e il cui complesso si potrebbe designare col termine purgatorio; affrontarle, in modo da poterconseguire questo o quello stato di esistenza al di là del mondo umano e sub-umano. In terra, in ogni caso, nontorna che ciò che appartiene alla terra. L'«anima» non viene da altri corpi, ma da altri mondi, ciòè da altrecondizioni di esistenza, e non va in altri corpi, ma, se scampa agli «inferni» conformandosi al suo finesovrannaturale, va in altri di questi «mondi». Il ripetuto passaggio dell'anima (non di questo o quel complessopsichico di cui essa sia composta come anima d'uomo mortale) sotto la condizione di un corpo umanorappresenta un caso assolutamente eccezionale. Per l'anima può esservi dunque trasmigrazione: cosa affattodistinta dalla rincarnazione, che può verificarsi solo per principi inferiori, di massima collettivi e impersonali, delcomposto umano.Nelle sue linee generali, così stanno le cose per la rincarnazione in rapporto all'uomo attuale. Che eco ve ne ènella dottrina che invece afferma il teosofismo? Ogni teoria o superstizione - ripetiamolo - è sempre, sotto unqualche aspetto, un indice barometrico dei tempi. Si può dire che la «rincarnazione» è un'idea giusta, se ci si.riferisce unicamente a quell'ente irrazionale che, consumato un corpo, nella sua sete uniforme e inesausta divita passa in altri corpi, mai elevandosi ad un piano superiore.Siccome ai nostri giorni il principio e la fine della vita della gran parte degli uomini si esaurisce in un similemodo d'essere e il caso di una «liberazione» si presenta sempre più come una anomalia, così può dirsi che perl'umanità del presente periodo la rincarnazione nel senso di un perenne ripullulare terrestre ha un certo marginedi verità, a parte -naturalmente- ciò che l'ottimismo vi aggiunge in senso di «evoluzione» e di «progresso» e aparte la supposizione, del tutto gratuita, di un «ego immortale», al posto del quale vi è invece un ente affatto«naturale» e subpersonale con le sue creature non collegate in nessuna vera continuità e col suo appetitusinnatus, radice di ogni divenire nella temporalità e in quel che in Oriente si chiama il samsara.Anche a questo proposito si può indicare nella mancanza di ogni veduta veramente sovrannaturale unacaratteristica del teosofismo. Dal punto di vista dello stato umano di esistenza non vi è sovrannaturale verosenza una premessa di dualismo, e la concezione «evoluzionistica» del teosofismo contrasta recisamente conquesta premessa, affermata da ogni civiltà superiore. Come nella tradizione cattolica vi è un limite ben nettò fra

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ordine temporale e ordine eterno, così nelle tradizioni orientali vi è una netta distinzione fra la serie sterminatadi posibilità e di «rinascite» subordinate al divenire e al desiderio (possibilità che comprendono tanto stati«divini» che stati umani e «infernali») e la vera liberazione. Quela serie è raffigurata da un perpetuo circolo(concetto, che si ritrova nella tradizione ellenica: "o kyklos tes genéos" e qui ogni «progresso» è illusorio, ilmodo di essere non cambia sostanzialmente anche quando si raggiungano forme di esistenza ben oltre il livellocomune. La liberazione corrisponde invece ad una via eccezionale, « verticale» e «sovrannaturale»,egualmente lontana e egualmente vicina rispetto a qualsiasi punto del divenire e del tempo. Il teosofismo abolisce invece questa opposizione: i tue termini sono posti sullo stesso piano; lo scopo supremoè concepito come la fine di uno sviluppo «evolutivo» attraverso il mondo condizionato e una serie sterminata dirinascite così là dove esso parla di uno sviluppo, non è l'anima personale che esso può avere in vista, mapiùttosto il ceppo naturale e animale dell'«umanità », e il suo «spiritualismo», in fondo, si riduce ad unaappendice mistica alle utopie di progresso sociale collettivo con quelle sue esigenze e preoccupazioni che, daun punto di vista superiore, ci sembrano più degne del nome di zootecnica che non di etica. Quanto poiall'«ego» immortale regalato a ciascuno, esso è proprio ciò che occorre per addormentare, per distogliere dallarealtà dell'alternativa: salvazione o perdizione che è da sciogliere in questa esistenza - per precludere dunquela via della liberazione vera.Un tale spirito antisovrannaturalistico del teosofìsmo non traspare solo qui. Fra i principi sostenuti dalmovimento vi è quello dell'immanenza della «Vita Una» in ogni forma e in ogni essere, e vi è, in pari tempo,quello del compito, per i singoli «ego», di conquistare una autocoscienza indipendente. Con una stranaapplicazione dei concetti antiaristocratici propri a certe nuove morali, si è perfino parlato di una rinuncia alladivinità primitiva, che si «possedeva senza merito», per poi riconquistarsela... «meritatamente» attraverso lalotta e le dure esperienze delle reiterate immersioni nella «materia». Il che, nel teosofìsmo riformato delloSteiner, corrisponde ad un vero e proprio piano, nel quale « Arimane» e «Lucifero» sono stati debitamentearruolati. Pensate a fondo, queste vedute dovrebbero portare come logica conseguenza che quella «Vita Una»- cioè l'aspetto «uno» della Vita - rappresenta il «meno», il substrato, o materia prima, dal quale ogni essere,formandosi, dovrebbe differenziarsi come un principio distinto; ponendo dunque come valore appunto unalegge di differenza e di articolazione. Invece no: la «Vita Una» diviene lo scopo, la perfezione. Malgrado i varirichiami alle vie tradizionali di conquista sopra-umana e l'armamentario occultistico raccolto dalle fonti piùvarie, l'idea dello sviluppo nel teosofismo si colora di tinte mistiche e inclina verso la direzione degenerescentedi un semplice fondersi col substrato della «Vita Una» indifferenziata respingendo l'« illusione della separatività» e dell'«ego». Anche qui, si tratta, di confusioni che procedono dall'incomprensione di un insegnamentometafisico appena intravisto: poiché la nozione puramente metafisica della «Identità suprema» non ha nulla ache fare con quella della «Vita Una». È un grave errore, peraltro parimenti commesso da certe correntineo-vedantine attuali, distinte dal teosofismo e rifacentesi direttamente agli insegnamenti indiscriminati dialcuni guru di oggi, epigoni dell'induismo, scambiare anche l'Uno panteistico promiscuo, in cui, per dirlacon Hegel. tutto diviene uguale come nella «notte dove tutte le vacche sono nere», con l'Uno metafisicoche è l'apice integratore di un insieme ben articolato, differenziato e ordinato di forme, di un Kosmosnel senso greco.

Il problema della reincarnazione, dal punto di vista pitagorico, venne affrontato da Aniceto del Massa, nelsaggio Palingenesi e Reincarnazione, pubblicato nella rivista mensile di studi iniziatici Atanòrdell'Agosto-Settembre 1924 (Numero 8-9).

5) Aniceto del Massa

Palingenesi e Reincarnazione

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Palingenesi

Da quando è sorta questa Rivista il suo direttore Arturo Reghini, sia parlando di alcune associazioni pitagorichedi breve durata, sia scrivendo intorno alla più recente letteratura pitagorica, ha trovato modo di insistere sualcuni punti essenziali di quella che è tradizione iniziatica esoterica; insistenza giustificata perchè è proprio ecostante del rifiorire di certi studi, di particolari mode del pensiero, lo svilupparsi prodigioso di confusionideplorevoli, di arbitrarietà inconcepibili.Proponendoci perciò di chiarire, per quanto è possibile, secondo il nostro punto di vista, la differenza che passafra concetto di palingenesi e di metempsicosi intendiamo apportare il nostro modesto contributo a un'opera disemplificazione, di eliminazione di false e parziàli interpretazioni, di pregiudizi, presunzioni e arbitrarieidentificazioni. Se della dottrina pitagorica c'intratteniamo su questo punto, sì è proprio perchè, a nostromodesto avviso, più ingiustificata è la confusione creatasi e in certo modo cresciuta e aiutata a crescere.Ed entriamo senz'altro in argomento.Che il concetto delta metempsicosi sia un concetto confuso e il più delle volte mal capito non siamo noi certo iprimi a rilevarlo. Jean d'Espagnet nell'Enchiridion Physicae restitutae - 4a Ediz. Rothomagi 1647, pag. 143,scrive:"Quemadmodum caho singulae universi partes secundum materiam potentia inerant, quae actu posteaseparatae et productae sunt, ita singula rerum individua universo mundo materiali potentia insunt, antequam in

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lucem exeant, inde tempore et ordine suo fluxura et aliquando acto emersura: ubi autem deficiunt, in universammolem a qua prodierant, tanquam flumina, in mare relabuntur, qualibet nempe natura, regione(m) sua(m)reperente, iterum atque iterum in naturae officinam regredienda, et sub eius incudem ad opus novumremittenda. Forsan ea fuit dudum explosa, quia non intellecta Pithagoreorum metempsycosis ". Il Ramsay, il famoso fondatore del rito scozzese, nel suo storico Discours sur la mithologie, come ognun vedràchiaramente più sotto, per primo, crediamo, dà una interpretaziorie limitativa al concetto di metempsicosi. Egliriassumendo la dottrina di Pitagora scrive:" Pitagora definiva l'anima - come Talete - un principio automovente. Egli sosteneva inoltre che uscendo dalcorpo, ella si riuniva all'anima del mondo (Cic. De Senectute cap. 21), che ella non è Dio ma l'opera di un DioEterno è che ella è immortale a causa del suo principio. Pitagora non adottava la finzione poetica della secondamorte. Egli insegnava che il puro spirito e l'eterna materia dell'anima essendo nati insieme, dopo la morte delcorpo, erano inseparabili e ritornavano nell'astro di dove erano discesi. Qui non si allude affatto allametempsicosi; essa non riguardava che le anime che si erano degradate e corrotte nel corpo mortale".Pure risulta anche chiaro che la concezione della metempsicosi del Ramsay non è molto ben definita, e ciò nondeve stupire. Infatti nel volume X (1918) della Encyclopedia of Religion and Ethics dell'Hastings, alla vocePythagoras and Pythagoreism (a cura di G. Burnett) troviamo scritto:"La parola metempsicosi con cui questa dottrina è generalmente nota ha solo una molto tarda autorità ed èbasata sopra una confusione d'idee: perchè significherebbe che lo stesso corpo è abitato successivamente davarie anime. Il termine corretto avrebbe dovuto essere metasomatosi che è effettivamente usato da Plotino edagli apologisti cristiani. L'espressione più appropriata è indubbiamente palingenesi o rinascita ".Quanto sopra è del resto molto discutibile perchè, analizzata nella sua costituzione, la parola metempsicosisignifica propriamente: dotare di anima dopo (al di là), e non dice in che modo questa postuma animazione sieffettui.Anche l'illustre grecista Rostagni A., nel suo recente libro "Il Verbo di Pitagora" (Bocca Editore - 1924) incorrenella medesima confusione quando a pag. 153 dice che Pitagora chiamò "palingenesi delle anime il dogmache i posteri più comunemente designarono col nome di metempsicosi "; citando in nota, senza riportarlo, ilpasso di Servio nel suo commento all'En. III (68), nel quale invece Servio insiste sulla differenza di significato diquesti due termini, dicendo chiaramente che Pitagora insegnò la palingenesi e non la metempsicosi. Talecircostanza non è sfuggita a Guglielmo Irhovius, il quale nel suo De Palingenesia veterum seu metempsycosisic dicta Pithagorica (Amstelodamii apud Henricum Vieroot MDCCXXXIII) riporta per intero il passo serviano,testimonianza degna di tutta la nostra attenzione.Maggior confusione è nata infine, quando alla parola greca metempsicosi si sono sostituiti i termini latini nonperfettamente corrispondenti e concordanti di reincarnazione, trasmigrazione e peregrinazione.Questa identificazione di metempsicosi e palingenesi, combattuta da Servio, quanto mai arbitraria e gratuita, hatalmente deviato sì da far completamente dimenticare che la parola palingenesi (rinascita) è parola adoperataripetutamente nei misteri e nella iniziazione a significare non una reincarnazione dell'anima in un corpomateriale ma al contrario una seconda nascita ad una vita nuova, nuova vita spirituale. Tale parola, adopratatuttora dagli yoghi indiani i quali si dichiarano due volte nati (dwjgia), era usata da Apuleio ad indicare il risultatodell'iniziazione ai misteri isiaci, ed è termine tecnico iniziatico.Nella dottrina Pitagorica che la parola palingenesi debba riferirsi piuttosto alla rinascita mistica peculiaredell'iniziato e non alle modalità della sopravvivenza spirituale umana, risulta anche dal fatto che tale parola è intal senso usata da Ferecide di cui si dice che Pitagora fosse discepolo. È da rilevare poi che ogni volta che siparla di metempsicosi si intende di solito riferirsi alla coscienza individuale umana, supponendo che l'animaumana sia un complesso inscindibile e che tutti gli uomini si trovino nelle medesime condizioni spirituali. Ilconcetto di reincarnazione dei teosofi e degli spiritisti, ad esempio, è quanto mai confuso e semplicista:ammettendo che Tizio, Caio, Sempronio dopo la morte si reincarnino in altri corpi, non si accorgono che ilconcetto stesso adombrato dalla parola Tizio risulta in buona parte proprio dalla presenza del corpo, e il lororagionamento quindi è vizioso, nè dice bene cosa è che si reincarna.È dunque necessario determinare, per quanto è possibile, in che consistesse questa palingenesi erroneamentechiamata metempsicosi, studiare il destino delle varie parti non corporee costituenti l'uomo, se esiste o no unalegge universale per tutti gli uomini circa il loro destino dopo la morte e se il modo di vivere e la coscienzaspirituale non apportino modificazioni e alterazioni alle modalità della sopravvivenza. Se le difficoltà stesse di varia natura e numerose che si frappongono alle ricerche sul pitagorismo, date le poche testimonianze, e lanatura stessa della dottrina avessero consigliata più prudenza agIi studiosi nell'accettare conclusioni senzaprima ponderata analisi e non al lume della sola critica storica, e se gli studiosi tenessero in maggior contocerte discipline, non accadrebbe, come accade purtroppo, che volta a volta il campo sia sempre più intorbidatoe più crescano e fioriscano le ipotesi e i malintesi.Volere indagare con mentalità profana e relativi mezzi nelle dottrine iniziatiche è già un errore grave, e puòaccadere quindi che si dimentichi con troppa facilità il significato di alcune testimonianze concordi nelconfermare la rigida disciplina che regolava il sodalizio pitagorico, il silenzio imposto agli aderenti e l'usocostante dei pitagorici di servirsi di termini enigmatici; si capisce quindi la distinzione fatta in conseguenza di ciòin insegnamento esoterico ed essoterico.Non c'è bisogno di ricorrere a troppi esempi per dimostrare la fatale trasformazione di una verità filosofica ediniziatica di difficile comprensione in un concetto più grossolano, quando esempi di tali deplorevoli

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trasformazioni possono riscontrarsi anche per dottrine filosofiche comuni.E se dal fatto stesso della popolarità del concetto della reincarnazione si ha un motivo di credere cheeffettivamente qualche importante insegnamento circa la sopravivenza esisteva, abbiamo bensì il diritto diritenere la concezione popolare una deformazione della verità esoterica. Non fa quindi meraviglia se taleconcezione popolare si è prestata alla satira, la qualcosa si verifica tutt'oggi per i misteri cristiani, per i dogmicattolici e in genere per tutte le dottrine che cadono in mano del volgo.Il Rostagni, per esempio, pur riconoscendo la misteriosità dell'Idea di metempsicosi (..... E il concetto dellametempsicosi - si sa - formava la spina dorsale di tutto il poema (Empedocle). Dal principio alla fine tutti ipensieri, le rimembranze, i precetti gravitano intorno a questa misteriosa idea, ch'era la preoccupazione el'incubo dei pitagorici. Rostagni Pag. 193), e certamente conscio delle difficoltà delle ricerche sul Pitagorismo(questa specie di sfinge che intorbida i primordi della filosofia greca, pag. 65) non par guidato da troppaprudenza quando identifica, come abbiamo veduto, la palingenesi con la metempsicosi.Il basarsi, come egli fa, sopra Ovidio non offre che scarsa sicurezza, trattandosi in buona parte di leggende; purtenendo nel debito conto che Pitagora abbia affermato di ricordarsi di cose accadute alla sua coscienza diiniziato in altri tempi (come pure Empedocle affermava di essere stato: già garzone e donzella, e arbusto euccello e muto pesce abitatore dell'onde - Fram. 117) ciò non dimostra che soltanto con la teoria dellametempsicosi simile capacità possa spiegarsi.Nè ci sembra sia lecito da una simile legge che si riferisce particolarmente a Pitagora, a Empedocle, costruirela generallzzazione della teoria della reincarnazione per tutti gli uomini. Trascurando il fatto che la storia dellereincarnazioni di Pitagora è molto leggendaria, fatto per noi d'altronde pochissimo importante, almeno come ciè pervenuta e come è stata ricostruita (Rostagni op. cit. pag. 239-40), noi crediamo che quando Empedocle oPitagora dicono di ricordarsi le vite passate, si riferiscono al loro io in quanto assimilato a Dio; e si capisce chepossa ricordarsi quello ed altro. (Io al vostro cospetto, non più mortale ma nume divino, m'aggiro. Fram. 112.Bignone, Empedocle pag. 484).Noi sappiamo come tali esseri non soltanto abbiano la possibilità di aver coscienza delle cose passate, maanche delle future e delle cose che accadono a grande distanza nel medesimo tempo, come gli esempi veri ono di Filostrato, Swedemborg dimostrano; e nei quali casi è evidente la reincarnazione non averci proprio nullaa che fare. La rimembranza delle vite anteriori è per Pitagora, anche secondo Ovidio, un dono speciale degliDei; si tratta della classica anamnesi dei misteri, e il discorso di Ovidio conferma che Pitagora aveva raggiunto ilrisultato dei misteri.La memoria mistica aveva infatti un valore precipuo nella filosofia pitagorica e degli orfici (Bignone. Empedoclepag. 500 Fram. 129 n. v. 5 sg. si tratta della memoria mistica, l'anamnesi delle peregrinazioni delle anime...);secondo la concezione religiosa greco italica le anime morendo bevevano alla fonte del Lete e per sopravvivereera necessario bere all'eterna fonte di Mnemosine l'acqua della vita. Questo era l'insegnamento fondamentaledell'Orfismo e dati gli intimi rapporti fra Orfismo e Pitagorismo possiamo ritenere che simile concezioneavessero i Pitagorici. Del resto sappiamo per le precise testimonianze di Apuleio, Plutarco e Tertulliano chel'iniziazione era paragonata alla morte e l'iniziando doveva compiere da vivo quelle vicende che avrebbe dovutocompiere dopo la morte, assicurandosi così, prima di morire il privilegio dell' immortalità.Nell'opera del Dott. A. Reghini "Le parole sacre e di passo e il massimo mistero massonico" (Todi - CasaAtanòr Editrice) si trova una esposizione quanto mai chiara di questa dottrina della seconda nascita opalingenesi per la quale l'iniziato ai sacri misteri acquistava il privilegio dell' immortalità.A pag. 199 troviamo scritto: "La morte iniziatica consiste, secondo quanto siamo stati condotti a determinare,nel porre la propria coscienza, rimanendo vivi e presenti a sé, nella condizione in cui deve trovarsi la coscienzadel morto. Si tratta di sperimentare, vivendo in piena coscienza, la morte. Per il greco si trattava di morireconservando la memoria. Era l'oblio (lete) che procurava la vera morte, che era veramente letale, deleterio. Lasorgente della memoria (mnemosyne) dava invece la capacità di ricordare, l'ANAMNESI; e poichè eral'iniziazione che permetteva di conoscere in verità i principii, le cause delle cose, è naturale che la verità si dicaa-léteia ; e la teoria platonica dell' ANAMNESI per cui l'apprendere non è altro che ricordare si basaevidentemente sopra lo misteriosofia".Di conseguenza essendo la palingenesi (rinascita) il risultato dell' iniziazione, dichiarare di aver memoria di viteantecedenti, di possedere insomma l'anamnesi, equivale a dire di aver operato sopra di sè la palingenesiiniziatica.Intesa in tal modo la palingenesi iniziatica, e non confusa con la metempsicosi insegnata dai posteri ecompresa dai profani, è naturale che essa costituisse l'insegnamento fondamentale della scuola italica e chescopo ultimo della disciplina ascetica e mistica degli ascritti al sodalizio fosse quello di raggiungere questapallngenesi che il savio maestro sapeva insegnare come ottenere. Questo concetto della palingenesi rendeperfettamente naturale e chiaro quanto dice Aristosseno: "Per i Pitagorici scopo dell'uomo è di divenire simile aDio. La chiave del sistema pitagorico è il seguire Dio". Lo stesso dice un autore ignoto citato da Stobeo :"L'autorità di Aristotile ci permette di asserire che i Pitagorici. dividevano le cose razionali viventi in Dei, uominie simili a Pitagora, (Fram. 198 Rodhe). È interessante osservare che l'anima purificata ricorda le sue precedentiincarnazioni".Ciò dimostra che Pitagora, come Empedocle, non si considerava uguale agli uomini, e non è verosimile che eglivolesse estendere a tutta l'umanità le leggi che regolavano la sua esistenza. Se por metempsicosi, dunque, siintende la palingenesi iniziatica ha ragione il Rostagni a scrivere che il fondamento della filosofia pitagorica

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consiste nel dogma della metempsicosi. E In questa interpretazione ci conferma anche il fatto che se ilfenomeno della metempsicosi fosse stato e fosse universale non si spiegherebbe come soltanto Pitagoradovesse avere l'anamnesi.Il Rostagni, nell'opera citata, dopo aver fatto risaltare in Alcmeone, in Empedocle, Parmenide, Euripide eperfino in Platone e Aristotile la distinzione di anima somatica e anima demoniaca, e dopo aver mostrato comenel concetto di questi filosofi la prima seguisse le vicende del corpo e la seconda fosse invece immortale, nondice affatto a quale di queste due anime debba riferirsi la dottrina della metempsicosi.In qualche punto egli dice che l'anima somatica è destinata a perire e che non si potrebbe parlare di immortalitàdell'uomo se l'uomo non avesse questo dèmone, dimodochè non è l'uomo che sopravvive, ma il dèmonedell'uomo. "L'anima dunque c'è (pag. 104) sebbene non abbia alcuna parte nell'attività cosciente dell'uomo".Non ci sembra che l'immortalità di questo ente possa costituire la metempsicosi dell'uomo. A pag. 105, scrive:"Se il nome di anima dovesse riferirsi al complesso delle forze psichiche, nessun dubbio che per Alcmeonel'anima sarebbe mortale ai pari del corpo! Ovvero bisognerebbe supporre che, quando egli parla di animaimmortale, l'immortalità che le attribuisce, e che paragona a quelle degli astri e di tutti i corpi celesti non è piùaffatto l'immortalità vera, assoluta, quale generalmente s'intende, dell' individuo che non vuol perire, che vuolesussistere nella sua indiminuita e salda unità; ma è semplicemente l' immortalità della specie, l'immortalità chesi effettua trasmettendo di generazione in generazione il movimento contenuto nel seme".Considerando in tal maniera l'anima somatica, la dottrina pitagorica la troveremo correttamente espressa daOvidio, che si riduce in sostanza all'esposizione dell' indistruttibilità e continua variazione degli elementimateriali ed animici umani, in cui però le singole individualità con le loro memorie scompaiono, comed'altronde, è provato dalla stessa esistenza degli uomini, i quali non conservano memoria della lor vitaantecedente."Nec perit in tanto quicquam, mihi credite, mundo sed variat, faciemque novat: nascique vocatur incipere essealiud, quam quod juit ante; morique desinere illud idem".A questo proposito ci sembra più proprio a indicare il processo di universale variazione della materia animata,nel "cuncta fluunt", il termine metamorfosi che non quello di metempsicosi o di metacosmesi.Per quanto, invece, si riferisce all'anima demoniaca essa non avendo, come abbiamo detto, alcunaparte nell'attività cosciente dell'uomo, limitandosi la sua funzione a quella di spettatrice forzata e inertedelle vicende della vita corporea, allo sparire di questa resta quello che è, liberata dal vincolo del ciecocarcere; ed anche qui non è il caso di parlare di metempsicosi perchè, pur ammettendo che dopo lamorte del corpo quest'anima soprannaturale informi un altro corpo, essa non può dare a questo nuovocorpo maggior importanza di quella che dava a quello di prima, e il nuovo Individuo non ha nessunaragione di chiamarsi l'incarnazione dell'altro.Da quanto abbiamo esposto non risulta che il Rostagni, che è senza dubbio uno studioso pieno di acume e unottimo espositore, abbia raggiunto l'intento di chiarificare il concetto di metempsicosi, che egli identifica conquello di metacosmesi (pag. 280), dupo averlo prima identificato con quello di palingenesi, come risulta dall'indice; dimodochè la metacosmesi sarebbe identica alla palingenesi, il che è semplicemente assurdo.A pag. 223 egli parla di palingenesi al plurale (.... su per la tribolata scala delle palingenesi), ciò che conferma laconfusione.In un solo caso il concetto di metempsicosi umana acquisterebbe senso, e sì è nel caso in cui l'animaumana sfuggisse alla vicenda ordinaria che subisce in quanto è anima somatica, e si assimilasseall'anima demoniaca o divina di sua natura immortale.E' chiaro che una tale assimilazione porterebbe di conseguenza una immortalità cosciente, memore, eche quando l'anima divina si legasse ad un nuovo corpo, a questo nuovo corpo si congiungerobbeanche contemporaneamente quest'anima umana divinizzata; si potrebbe allora dire che l'interacoscienza umana rivive nel nuovo corpo.Abbiamo sufficienti testimonianze per ritenere che scopo dell' iniziazione pitagorica fosse appunto ilraggiungimento di questa assimilazione; fra le altre quella di Aristosseno, che abbiamo già veduta, chiara eprecisa: "Per i Pitagorici scopo dell'uomo è di divenire simili a Dio. La chiave del sistema pitagorico è il seguireDio".Seguendo questa interpretazione risulterebbe che nel concetto di Pitagora il metodo per raggiungere laperfezione consisteva nell'assimilamento alla Divinità, di cui è nell'uomo la scintilla, e che l'iniziato, per lapalingenesi rinasceva a questa nuova vita della coscienza.I versi d'oro terminano infatti:"Ma se lasciato il corpo salirai al libero etere sarai immortale Dio, incorruttibile nè più mortale ".Nel capitolo sul poema pitagorico di Empedocle il Rostagni con chiarezza espone questo fine (pag. 220): "Per conoscere il divino non serve la strada trita e comune del sapere umano, fondato sulle sensazioni; occorrel'impervio sentiero dell'iniziazione mistica; quel sentiero della salute di cui Empedocle aveva dato l'annuncio alprincipio del poema. Il sentiero della salute è fatto di pratiche ascetiche, di purificazioni, di mistero. L'essenza elo scopo del mistero è la comunione con Dio. La comunione con Dio non è altro che conoscenza di Dio: perchè,come noi sappiamo, conoscere ed essere sono nell'intendimento dei mistici quasi la medesima cosa: almenociascuno conosce quanto è, e viceversa. Imitare Iddio, questo era stato il precetto fondamentale di Pitagora".In considerazione di ciò è chiaro come la disciplina e i precetti pratici avessero tanta importanza; ma i precetti

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debbono essere intesi come pratiche utili o indispensabili per raggiungere questa assimilazione e per sublimarela coscienza umana; pratiche catartiche che il savio maestro avrà certo imposto, perchè atte a formarenell'iniziando quella coscienza capace di resistere all'ardue prove dei misteri e della palingenesi.Non si capisce proprio perchè la mania di voler confortare l'ipotesi dellaa metempsicosi ad ogni costo, abbiafatto tanto deviare dal buon sentiero, e tratto studiosi seri e abilissimi in stridenti contraddizioni.Il Rostagni ad esempio a pag. 159 si chiede: " Su quali ragioni doveva Pitagora fondare il divieto dei cibianimali, se non sulla parentela (ch'egli certo ammetteva) fra gli uomini e le bestie, e per conseguenza suldogma dell' immortalità dell'anima e della metempsicosi? ".A pag. 175 invece sostiene che: " La predicazione per l'astinenza delle carni era di argomento esoterico; siindirizzava al soli discepoli dell'interno della scuola... " Giustamente a tale proposito, sul divieto dei cibi carnei,recensendo l'opera del Rostaeni, A. Reghini ha fatto notare: " che bastava pensare alla dieta di magro deicristiani e al vegetarianesimo dei teosofi, che non sono determinati dalla paura di mangiare i propri parenti edamici, per riconoscere che l'astinenza dalle carni è legata non alla credenza della metempsicosi ma allaconoscenza pratica delle condizioni della palingenesi".E fortuna che lo stesso Rostagni in nota a pag. 274, riconosce che: "la questione dei limiti in cui era praticatal'astinenza è complicatissima e già molto discussa dagli antichi. Causa di malintesi fu l'aver confuso leprescrizioni di rito, praticate nel mistero, con gli usi della vita normale".Riassumendo noi crediamo che sostenere una dottrina della metempsicosi nel senso che a questa parola vienedato, confuso, incerto e soggetto a malintesi, e attribuire questa dottrina all'esoterismo inlziatico pitagorico siaper lo meno arbitrario e dovuto all'abito di trar facili illazioni da principi inseriti volta a volta nelle dottrine piùsvariate e perciò facili a esser fraintese, ed alla noncuranza in cui vengono tenute certe discipline; fidandosi ipiù dei lumi dei moderni metodi, mezzi e possibilità, che autorizzano a bollar di primitivi uomini come Pitagora,Empedocle, Filolao e a dichiarar superate le loro concezioni metafisiche, religiose e politiche. Noi purtroppoconstatiamo che nel vario risorgere della dottrina pitagorica, e anche oggi come sempre, gli elementi menopltogorici, i più barbaramente interpretati, hanno sviluppi davvero rigogliosi ; adattandosi questi travisamenti aldilagante democraticismo e ai beati poveri di spirito; mentre sono dimenticati e si ha cura a lasciar nell'obliofilosofi come il Caporali che ha saputo applicare i principi e il metodo della scuola italica nella scienza, nellastoria e nella politica, continuando la gloriosa tradizione che ebbe in Bruno, Campanella, Galileo, Da Cusa, ipiù potenti creatori della modernità. Il nome di Pitagora fa, ora, le spese un po' di tutti e se lo disputano teosofi, spiritisti, mistici a spasso e vaidicendo. È un grande ombrello, quasi di moda; come ebbe il suo tempo l'ombrellone Giordano Bruno; di questoi più dotti che vi cercavano riparo sapevano che era stato arrostito in Campo di Fiori in una lontana epocaquando i papi comandavano; di Pitagora sanno benissimo che insegnava la metempsicosi.

Il saggio di Aniceto del Massa Palingenesi e Reincarnazione era stato preceduto, nel n° 4 (Aprile 1924) dellarivista Atanòr, da una recensione di Arturo Reghini, riguardante il testo di Augusto Rostagni, che Del Massa citamolte volte nel suo saggio. I due scritti di Del Massa e di Reghini, come si vedrà, si completano a vicenda.

6) Arturo Reghini

AUGUSTO ROSTAGNI - Il Verbo di Pitagora.

Picc. Bib. di Scien. Mod.; Bocca.

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L'Io cosmico guarda le sue incarnazioni

Nel primo numero di questa Rivista abbiamo dato notizia dell'esistenza di vari movimenti di carattere più omeno pitagorico in Italia e della formazione di gruppi e società con simile carattere. Ed altri consimiliaggruppamenti ci vengono segnalati anche nell'Italia settentrionale e meridionale.Un altro sintomo dell'interesse crescente per questi argomenti si ha nella pubblicazione di scritti relativi allafilosofia pitagorica, e tra questi diamo il primo posto allo studio del Rostagni che la casa editrice Bocca ha datorecentemente alla luce. Si tratta di un'opera originale, piena di erudizione senza essere pesante, che si leggecon profitto e con piacere e che vuole e riesce a rivalutare il "Verbo di Pitagora" ed a ricostruirio, almeno sinoad un certo punto.La critica moderna, infatti, aveva fatto verso la tradizione pitagorica opera essenzialmente demolitrice enegativa. Come il Rostagni dice, "attribuendo una parte della dottrina alla elaborazione neopitagorica e stoica,altra a Platone ed a Aristotile, altra ancora all'influsso di questo o di quello dei Presocratici (specialmente diEraclito, di Parmenlde, di Empedocle); essa ha ridotto l'originario pitagorismo ad una pallida larva in cui pochiconcetti fondamentali sono lievemente accennati".L'opera di rivendicazione e di appuramento della dottrina pitagorica è ardua quanto mai per la mancanzaassoluta di scritti che emanino direttamente dalla scuola pitagorica e per la difficoltà di sceverare negli scrittiposteriori gli elementi genuini pitagorici da quelli impuri od alterati. A queste difficoltà che si oppongono allaricostituzione culturale del pensiero pitagorico occorre poi aggiungere quella insita nella mentalità "moderna" e"profana" che vieta la piena intelligenza del "misteri" a coloro che non abbiano la capacità di astrarre da ogniabito e deformazione intellettuale.Il Rostagni prende le mosse da un frammento di Epicarmo, il comico siciliano, conservatoci da Alcimo, retore estorico siciliano, vissuto tra il IV ed il III secolo a. C. in certa sua trattazione. In questo frammento è contenutauna concezione del divenire universale che sino ad oggi era stata attribuita all'influenza dell'eraclitismo; ed ilRostagni, con minuta, paziente ed acuta analisi, e ponendo in giusta evidenza l'innegabile pitagoreismo di certirichiami alle proprietà del numeri, lo riporta alla ispirazione pitagorica. Anche le osservazioni del medicocrotoniate Alcmeone sulla vita e sul corpo umano non possono essere, secondo il nostro, indipendenti odanteriori alla intuizione complessiva dei pitagorici. Per mezzo di questi antichissimi e rari frammentidi Epicarmo, di Filolao, di Alcmeone l'A. stabilisce come punti fondamentali della sua ricostruzione dottrinale ilnesso tra il moto delle anime ed il moto degli astri, e quello tra la metempsicosi in senso specifico, e lametacosmesi, o trasformazione del mondo in generale.Utilizzando poi un tardo documento del pitagorico Sozione, il Rostagni rintraccia i primi indizi di quello che egliconvenzionalmente chiama "Sacro Discorso" di Pitagora. Secondo Sozione la dieta vegetariana prescritta nellaScuola era nel pensiero di Pitagora connessa alla dottrina della metempsicosi; e, poichè sopra sentimenti legatia questa credenza si basano anche Empedocle nel Poema Lustrale ed Ovidio nel discorso di Pitagora in finedelle Metamorfosi per indurre gli uomini a non uccidere gli animali, il frammento di Sozione avvalorerebbe ilcarattere genuinamente ed arcaicamente pitagorico del Poema Lustrale dell'agrigentino e del racconto poeticodi Ovidio.

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D'altra parte il proverbiale segreto prescritto ai componenti il Sodalizio pitagorico doveva ben nasconderequalche sacro deposito; e, secondo il Rostagni, questo tesoro era la forma stessa della dottrina, i sentimenti ele interpretazioni che la illustravano, il complesso dei riti, delle orazioni, dei discorsi sacri: soprattutto il Verbo diPitagora. Il primo a raccoglierlo ed a esporlo fu Empedocle, che per questa ragione, pare, venne espulso dalsodalizio. Analizzato "il poema pitagorico di Empedocle" che avrebbe abusivamente profittato del discorsoesoterico di Pitagora, il Rostagni asserisce che questo discorso si trova senza altro in Ovidio, e rappresentaquasi la chiusa, magnifica, delle Metamorfosi, dove Pitagora è introdotto a svelare dalle superbe altezze del suoprofetico pensiero i segreti dell'universo, l'origine e la formazione del mondo. Il R. fa una completa rivalutazionedel discorso ovidiano di Pitagora, che era stato sino ad oggi considerato come un prodotto dell'eclettismoneopitagorico, neoplatonico e stoico che si dice abbia alterato la dottrina di Pitagora sovrapponendole elementidi altre scuole e specialmente di Eraclito; e scorge in esso in sostanza il Verbo di Pitagora.Il Rostagni riconosce (pag. 256) che i moderni, pur dandosi attorno con metodo critico e storico, non si liberanomai nell'interpretazione dalle influenze dei tempi nostri. E nel suo libro non mancano davvero le prove di taleasservimento. Anzi risulta manifesto che l'ostacolo primo ad una più esatta comprensione della dottrinapitagorica per parte degli "intellertuali" consiste proprio nel pregiudizio di una presupposta superiorità dellamentalità moderna, cosi progredita rispetto a quei "primitivi". Il Rostagni parla della "immaturità logica" deipitagorici, delle loro "ìntuizioni primitive ed ingenue; di intuizioni in prevalenza fantastiche, mitiche,simbolistiche, anteriori alle vere e proprie costruzioni logiche". Per lui la concezione che si trova in Alcmeone, inParmenide, in Euripide di un'anima demoniaca immortale distinta da quella somatica mortale con il corpo ecome il corpo, alla quale ed alle cui vicende si connette anche la facoltà pensante, è una concezione primitivache si nobilita e si perfeziona in Platone ed in Aristotile in quanto "in queste dottrine si tende ad identificare,come noi facciamo, "l'anima immortale" con la facoltà più alta la "ragione" (logos o nous, logicon meros tespsyches): cioè si è in procinto di staccare dall'anima somatica un'anima pensante o raziocinante senza lamediazione delle percezioni e di assegnare a questa l'immortalità" (pag. 110).Stabilito cosi assiomaticamente che la ragione è la facoltà più alta, la fabbricazione di sistemi filosofici diventanaturalmente la più bella e proficua impresa che immaginar si possa. E l'assegnare a questa od a quella partedell'anima l'immortalità viene a dipendere dallo sviluppo o dal progresso logico della filosofia, libera di creareteorie e spiegazioni di cui è superfluo verificare la rispondenza coi fatti se ne risulta soddisfatto l'intelletto. Per ilRostagni e per molti altri, ad esempio il De Ruggiero, il grande progresso e la grande benemerenza dellafilosofia greca sta proprio in questa fioritura della logica. Il che non gli impedisce di ammettere che lagrossolanità primitiva può anche avere scoperto un più ampio velo di verità che non il secolo del razionalismo edell' ilIuminismo greco (pag. 113). La mentalità moderna e profana del Rostagni si manifesta nettamente nellaquestione assolutamente fondamentale per il Pitagorismo della "metempsicosi ".Tutti vi sanno dire che Pitagora insegnava la metempsicosi; ma dietro questa parola, sta di solito un concettoassai mal definito e tutta una confusione tra metempsicosi, palingenesi, metacosmesi, trasmigrazione,peregrinazione, reincarnazione...Il Rostagni verso la fine del suo volume identifica la metempsicosi colla universale metacosmesi, altrove dice(pag. 153) che Pitagora stesso chiamò della "palingenesi delle anime" (palingenesia) il dogma che i posteri piùcomunemente designarono col nome di metempsicosi. E questo dice appoggiandosi ad un passo (che nonriporta) di Servio (Ad. Aen. III, 68) che invece ha per scopo di distinguere nettamente i due concetti: "Pitagoradisse che vi era non la metempsicosi, ma la palingenesi"; ed appoggiandosi ad un passo del Rhode (Psyche. II,pag. 426 ediz. Laterza) il quale dice che l'espressione metempsicosi che noi usiamo più spesso, è proprio lameno usata dai greci. Osserviamo poi che una cosa è la palingenesi ed un'altra la palingenesi delle anime o lepalingenesi dell'anima, termini questi adoperati dal Rostagni.A parer nostro la palingenesi, ossia la rinascita pitagorica, va connessa al concetto orfico pitagorico del corpoprigione ed alla possibìlità dell'anima che "solo in casi eccezionali riesce (prima di essere liberata colla morte) asvelarsi, nella forma di una "conoscenza superiore" della quale pochi sono i privilegiati: che ha luogo talvolta neisogni profetici, nell'eccitazione estatica, nel furore bacchico". La palingenesi cui Pitagora avviava i discepoli eraquella dei misteri di tutti i tempi e di tutti i luoghi, chiamata appunto rinascita nel vedanta, in ermetismo, nelcristianesimo, la rinascita necessaria per entrare nel "Regno dei cieli ", nella "Vita nuova".Questa eccezionale liberazione della coscienza dai vincoli e dalle limitazioni della coscienza corporea reca consè un dono riconosciuto in modo specialissimo a Pitagora, che nella terminologia orfica, pitagorica e platonicaporta il nome della famosa anamnesi, la memoria mistica che permette la conoscenza. Nella concezioneescatologica orfica e nella corrispondente allegoria cerimoniale dei misteri, l'anamnesi si otteneva bevendo allefresche acque di Mnemosine (la memoria), l'eunoè dantesco, invece che a quelle dell'oblio (Lete); e neconseguiva naturalmente la conoscenza dell'aleteia (la verità). Pitagoricamente il discepolo cercava diassimilarsi ed idenficarsi con Dio, e si capisce che ad assimilazione raggiunta se non prima la coscienza umanaacquistava un senso superiore della propria continuità e la possibilità di ricordarsi.Ma appunto per questo quando Pitagora od Empedocle parlano dei loro ricordi di altre esistenze bisogna pormente che il loro io non è l'io umano ma l'io cosmico, e le loro affermazioni vanno considerate sotto questoaspetto speciale ed essenziale.Scorgere in questa affermazione che la leggenda attribuisce a Pitagora la prova che la palingenesi da luiinsegnata non era altro che la metempsicosi volgarmente intesa, e dal caso specialissimo di Pitagora sentirsiautorizzati ad attribuirgli una generalizzazione di tale teoria a tutti gli uomini sulla base di un postulato

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democratico e perciò non pitagorico, e confondere la palingenesi iniziatica col processo cosmico dell'universaletrasfosmazione e conservazione dell'energia e della materia, é fraintendere il "Verbo di Pitagora" nei suoielementi più importanti.Che storicamente si debba essere verificata simile confusione è perfettamente comprensibile, perchè ilconcetto della palingenesi iniziatica non è tanto facile da afferrare anche perchè per formarsene un'idea chiaraè necessaria una qualche speciale esperienza interiore, senza la quale le parole che lo esprimono restanoflatus vocis. Il concetto semplicista della reincarnazione, tipo spiritico o teosofico, è invece un concetto in cuitutti si illudono di capire qualche cosa senza spremersi il cervello. All'insegnamento di Gesù è pure toccato dinon essere affatto compreso per la stessa ragione; e si potrebbe addurre altri esempi. Ma questa non è unaragione per perseverare nella confusione.Anche l'argomento addotto dal Rostagni che il tema dell'astinenza dalle carni (pag. 121 e 192) non è separabiledal concetto della metempsicosi va inteso non come è stato inteso che cioè non bisogna cibarsi delle carni deglianimali perchè essi potrebbero essere la reincarnazione di nostri parenti od amici in precedenti esistenze, macome semplice pratica catartica mirante, come la pratica della castità durante i misteri, ad agevolarel'attuazione della palingenesi, impresa che non è da pigllare a gabbo. Bastava pensare alla dieta di magro deicristiani ed al vegetarianesimo dei teosofi, che non sono determinati dalla paura di mangiare i propri parenti edamici, per riconoscere che l'astensione dalle carni è legata non alla credemza nella metempsicosi ma allaconoscenza pratica delle condizioni della palingenesi.In questa nostra comprensione ed interpretazione della metempsicosi pitagorica non andiamo d'accordo, losappiamo, con gli spiritisti, gli occultisti, i martinisti, i teosofi ed hoc genus omne; ma andiamo però d'accordocogli antichi ermetisti. Jean d'Espagnet per esempio (Enchiridion Physicae restitutae. 3 ed. Rothomagi 1657,pag. 139) dice che la metempsicosi pitagorica non era stata compresa; ed Olao Borricchio, citato nelDictionnaire mytho-hermétique di Antoine Joseph Pernety (Paris 1758) alla voce Metempsycosis, così definiscela metempsicosi: "Traslazione dell'anima di un essere vivente nel corpo di un altro essere che non era viventeche in potenza. Si dice che Pitagora avesse attinto il sentimento della Metempsicosi presso i preti in Egitto, equesto è vero; ma i settatori della filosofia ermetica pretendono che è stato male spiegato questo sistema diPitagora, e che gli si è attribuito un senso che non aveva. I savii di Egitto appresero da Pitagora latrasmutazione metallica, che questo filosofo trattò in seguito enigmaticamente nelle sue opere. Quelli che nonerano al fatto della grande opera intesero tutto quello che egli aveva scritto secondo il senso che la letterapresentava e non secondo lo spirito. L'idea di Pitagora non era altro che di dare ad intendere che lo spirito o ciòche costituisce l'anima dei metalli perfetti, passava colla trasmutazione nel piombo, nel ferro, e gli altri metalliimperfetti, e li rendeva diversi da quelli che erano prima ".Naturalmente bisognerebbe tradurre questa terminologia ermetica in linguaggio ordinario. Ma ne lasciamo, perquesta volta, il compito al candidissimo lettore.

7) Estratto da

"L'Eterno Auriga"

luglio-agosto 1987

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Vergine di Luce

Il Cristianesimo delle origini credeva nella Reincarnazione. Questi passi di antichi documenti, tratti dagliinsegnamenti degli antichi Padri, lo attestano :

"L'anima disincarnata che ancora non è riuscita a risolvere il mistero che la vincola, viene condotta davanti allaVergine di Luce, la quale, dopo averla giudicata, la consegna ai suoi messaggeri che la riuniscono ad un nuovocorpo" (Pistis Sophia 113, 5, Sacro Testo Gnostico).

San Paolo (66 d.C.)Chiamato l'Apostolo delle genti, fu all'inizio un acerrimo nemico dei Cristiani, ma sulla via di Damasco, dopouna visione divina, si convertì completamente. Imprigionato per anni a Gerusalemme, fu portato poi a Roma edecapitato insieme a S. Pietro. Storici e studiosi, ed anche S.Agostino (Confess. Libro VII-21), affermano diaver ritrovato tutti gli insegnamenti e la concezione platonica nelle Epistole di S. Paolo al mondo cristiano delsuo tempo. Nell'insegnamento di S. Paolo traspare con chiarezza, nonostante le inevitabili manipolazioni ereinterpretazioni, la verità della preesistenza, della reincarnazione e della legge sul Karma, nel viaggio dievoluzione dell'uomo verso l'unità finale in Spirito.Dice S. Paolo:"Così Egli ci ha prescelti prima ancora della creazione del mondo, ancor prima della discesa ad una più bassacondizione di vita, ed il suo trasferimento da invisibili a visibili mondi, ed il bisogno dell'anima di corpigrossolani" (Epistola agli Efesini)"Il Signore amò Giacobbe ed odiò Esaù ancora prima della loro nascita" (Epistola ai Romani)"Ma se vi lasciate guidare dallo spirito non sarete più sotto la Legge... perchè, fratelli, non vi fate illusioni, non siinganna Dio, poichè tutto ciò che un uomo semina, quello egli raccoglierà" (Epistola ai Galati)"Ma in tutte queste cose noi siamo già più che vincitori. Io sono persuaso che nè morte nè vita, nè angeli, nèprincipati, nè presente o futuro, nè potenza, nè creature, potrà mai separarci dall'amore di Dio... poichè anchenoi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo" (Epistola ai Romani).

Origene, 185 d.CFigura gigantesca nella storia della Chiesa, immediato erede degli Apostoli, imprigionato e torturato sottol'Imperatore Decio, scrisse oltre duemila testi ed è considerato fino ai giorni nostri uno fra i più eminenti Padridella chiesa, pur se, nel concilio del 553, venne considerato eretico per la sua dottrina. Insegnò la preesistenza,

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la rinascita e la finale reintegrazione di tutte le cose in Dio. Fino al III secolo fu chiamato il Principe della scienzacristiana, e Maestro della Chiesa da vari santi. Fu egli stesso figlio di un martire cristiano, Leonida. Leggiamo ilsuo insegnamento tratto da due suoi testi:"L'anima non ha nè principio nè fine... ogni anima entra in questo mondo fortificata dalle vittorie oppureindebolita dai difetti dellasua vita precedente" (De principiis)"Non è forse ragionevole pensare che le anime vengano immesse nei corpi secondo il loro spirito ed operato...e che coloro che abbiano usato il corpo per compiere il bene abbiano diritto a corpi dotati di qualità superiori?Ad un certo momento l'anima depone il corpo e lo scambia con un secondo corpo." (Contra Celsum)

S. Giustino Martire, 167 d.C.Antico Padre della Chiesa fu decapitato a Roma, trattò il cristianesimo come la più perfetta filososfia. Egliinsegnò esplicitamente la trasmigrazione dell'anima da corpo a corpo, difese apertamente la teoria dellametempsicosi nel suo insieme. Leggiamo in un suo dialogo: "Le anime che sono divenute indegne di vedereIddio sotto le loro spoglie umane, vengono congiunte a corpi inferiori".

San Clemente Alessandrino, 220 d.C.Uno dei più celebri ed illuminati dottori della Chiesa cristiana,filosofo eclettico e poeta: particolarmente famoso ilsuo Inno al Redentore. Insegnò nel suo apostolato le antiche dottrine e contribuì a fare di Alessandria, con lasua scuola filososfica, uno dei più celebri centri del sapere del mondo antico. "L'uomo è stato creato dopo moltiesseri e molte cose, ma l'anima umana già esisteva, essa è la più antica di tutte queste cose" (Protreptico)"Noi esistevamo prima della fondazione del mondo: avevamo vita nello sguardo di Dio. Perchè il nostro destinosarà vivere in Lui. Abbiamoavuto esistenza fin dal principio, perchè il Principio era il Verbo...poi l'anima, a punizione dei suoi misfatti, vennerinchiusa e costretta a migrare di corpo in corpo"(S. Clemente Alessandrino)

Vescovo Sinesio, Patriarca di Cirene, 370-430 d.C.Filosofo e scrittore frequentò la scuola neoplatonica e risentì anche dell'influenza del movimento gnostico.Convertitosi poi al Cristianesimo, venne eletto alla Cattedra vescovile della Cirenaica. Attento osservatore,annotò nel suo Epistolario notizie e fatti del suo tempo, scrisse importanti opere e vari inni religiosi; insegnò nelsuo apostolato la reincarnazione dell'anima. "L'anima che non fece rapido ritorno alla Regione Celeste dallaquale era stata inviata giù sulla Terra, dovette sopportare errabonda il viaggio attraverso molte vite" (Sinesio)

Sant'Arnobio, Rettore di Sicca, III d.C.Padre della Chiesa scrisse la celebre apologia del Cristianesimo: Adversus Gentiles. Sostenne e diffuse ladottrina della persistenza e della trasmigrazione delle anima, dal basso della coscienza materiale finoall'elevazione in Dio. "Noi moriamo più volte e più volte risorgiamo da morti" (S. Arnobio)

Tertulliano Florente, III secolo d.C.Apologeta e scrittore convertitosi al Cristianesimo verso il 190, è il primo e più importante degli apologisti. Fu unuomo unilaterale ed estremista nelle sue convinzioni. Con Tertulliano il Cristianesimo di allora, debole eristagnante, passò all'offensiva, attaccando con vigore il paganesimo e la filosofia in generale, tacciandoli dideviazione di pensiero dalla retta via. Fu un personaggio eminente nelle prime controversie teologichedell'epoca. Insegnò la rinascita e la persistenza.

Nemesio, Vescovo di Emesa in Siria, IV sec. d.C.Nella sua opera "Sulla Natura dell'Uomo" trova punti di incontro e di conciliazione tra la filosofia greca ed ilcristianesimo. Asserì che chi credeva nell'immortalità dell'anima, non poteva non accettare la preesistenza e larinascita. Difese apertamente quelle antiche dottrine, pur non concordando sempre sulla forma ditrasmigrazione dell'anima sostenuta da altri antichi Padri.

S. Atanasio, Patriarca di Alessandria, 298-373 d.C.Celebre dottore della Chiesa, detto il "Padre dell'Ortodossia", seguì nell'egesi biblica "il principio di Origene" edaccettò ed insegnò la dottrina della preesistenza e della trasmigrazione, e che l'anima ritorna all'origine divina,da cui è discesa attraverso l'esistenza di molte vite.

San Girolamo, 331-420Uno dei Padri della Chiesa latina, fu propugnatore dell'ortodossia, inquieto ed oscillante tra l'atteggiamentocontemplativo ed ascetico, e quello battagliero e polemico, che lo coinvolse in varie dispute teologiche. Nellacorrispondenza tra Girolamo e S. Agostino si sente tutto il travaglio per una teologia nuova che si andavacostruendo ed elaborando. Dopo lungo pellegrinare fissò la sua dimora a Betlemme e vi passò tutta la vita finoalla morte. Importante la sua nuova traduzione della Bibbia, da cui in seguito derivò la Vulgata. La dottrina dellapreesistenza e della rinascita fu concepita da Girolamo come cosa da celarsi. "Fin dai tempi antichi la dottrina

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della trasmigrazione e della rinascita è oggetto di insegnamenti segreti, in quanto verità tradizionale da nondivulgarsi, perchè le masse non sono in grado di comprenderla" (San Girolamo - Epistola a Demetriade).

Sant'Agostino, 354-430Il più eminente Padre della Chiesa latina, fatta eccezione per Origene. Fu il più dotto e gagliardo propugnatoredel Cattolicesimo, fu filosofo e teologo. Formatore della prima teologia dogmatica ed anche spesso incontraddizione. Nelle epistole 131 e 132 inviate a S. Girolamo, chiede risposte a domande come: "Per ognunoche nasce viene creata un'anima nuova?" "Se qualcuno nasce cieco, quando ha peccato se è un'animanuova?" ed in una lettera si confida a S. Girolamo dicendo: "Non mi ci raccapezzo più". La teologia di allorastava già tentando di creare nuove concezioni ideologiche al di là della preesistenza e della rinascita. Leggiamoalcuni passi di Sant'Agostino: "Prima ancora di questa vita, o Dio, fui io forse in qualche luogo? O in qualchealtro corpo? Ma non ho nessuno che possa narrarmelo, nè padre, nè madre, nè esperienza d'altri, nèesperienza della mia memoria" (Le Confessioni) "Il messaggio di Platone, il più puro e luminoso, ha dissipato letenebre dell'errore ed ora traspare attraverso Plotino così simile al suo Maestro. Dato che così lungo periodo ditempo li separa si direbbe che Platone sia rinato nella persona di Plotino" (Contra Academicos)

Sant'Ambrogio, Arcivescovo di Milano, 340-397 d.C.Sant'Ambrogio si distinse per l'altezza di ingegno e la nobiltà d'animo, largamente riconosciuta dai suoicontemporanei che gli conferirono il titolo onorifico di Gran Padre della Chiesa. Stimato e temuto, esercitònotevole influenza sugli avvenimenti storici e politici dei suoi tempi. Scrisse trattati sulla Sacra Scrittura,introdusse il Canto dei Salmi, e riformò la liturgia del suo tempo. Insegnò la preesistenza dell'anima e latrasmigrazione seguendo nell'esegesi biblica e nella concezione allegorica il Metodo di Origene. Furonopropugnatori di queste dottrine anche altri grandi Padri, come S. Gregorio di Nissa e Sant'Eusebio da Vercelli.

Dopo il Concilio del 553 la Chiesa militante pronuncia l'anatema contro la reincarnazione. Le antiche dottrine,tacciate di eresia, vengono combattute e sostituite da una teologia in parte già precedentemente elaborata nelcorso dei secoli ed in parte in via di formazione. Nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni, religiosi e santievitarono di menzionare queste dottrine, che furono quasi completamente dimenticate; in parte per evitareconflitti con l'ordine della Chiesa che imponeva nel suo insegnamento una tematica teologica ben determinata;ed in parte perchè le masse nel corso dei secoli non sentirono l'esigenza di uscire dai concetti predisposti diuna salvazione esteriore.

In un capitolo della sua opera "La Via della Volontà Solare", Massimo Scaligero ha svolto delle interessantiossevazioni su ciò che Evola dice riguardo alla reincarnazione (soprattutto ne "La Dottrina del Risveglio").

8) Massimo Scaligero

Reincarnazione e Karma.

Un tempo la «soluzione del cadavere» era possibile per esseri che, in effetto ancora appartenendo al cosmoextra-terrestre, non erano veramente umani; poi divenne sempre meno possibile, in quanto gli uomini, per farsiconcretamente esseri della Terra, dovettero dimenticare la loro origine cosmica, epperò la conoscenza dellarealtà del karma e della reincarnazione, ossia della correlazione occulta che si esprime come destino terrestre.Un'alterazione della conoscenza di tali temi trascendenti, dovuta al collegamento sempre più organicodell'uomo con la propria natura fisica, a un dato momento portò a ritenere che non si dessero per ciascunindividuo le ripetute vite terrene, ma ciascuno valesse solo come espressione di un determinato ceppoattraverso il quale operasse, ogni volta incarnandosi, uno spirito di gruppo. Secondo una tale visione, l'iniziatoera colui che giungeva a identificarsi con l'ente di gruppo, che in sé riassumeva l'elaborazione etnica di esserinon-individuali ma coordinati a una sostanza vitale-animica la cui enucleazione da parte di essi appunto davamodo a questo ente di sperimentare come propria la somma delle loro esperienze. Dottrina che, nel suomaterialismo metafisico, era deformazione di un'antica conoscenza del mistero della rinascita: deformazioneche già è un segno di quella dimenticanza del tema, cosmicamente necessaria all'uomo occidentale ai fini dellasua totale riduzione al terrestre.Si tratta di una deformazione e di una dimenticanza che oggi cessano di essere necessarie, perché la«riduzione al terrestre» che mediante esse doveva essere raggiunta, è ormai un fatto compiuto, e proprio inbase all'autocoscienza acquisita come conseguenza di ciò, l'uomo può ora riconquistare lucidamente e comeeventi della propria decisione gli stati di coscienza superiori: anzi, egli può scoprire come lo scopodell'apparente involuzione nel sensibile fosse appunto questo. Egli può accedere nuovamente, per via diconoscenza, alla dottrina delle ripetute vite terrene: solo questa ormai può fargli intravvedere la controparteoltremondana ed eterna dell'attuale esistenza, epperò l'effettiva realtà dell'esistere, dando il vero senso ai

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contenuti contraddittori della esperienza terrestre ed eliminando, per ampliamento della coscienza, la tragicainclinazione a far ricadere su altri che su sé la responsabilità delle proprie difficoltà.La conoscenza del karma è indubbiamente conoscenza di ordine sovrasensibile, ma ad essa può condurre lalogica pura, o logica dell'essenza, applicata al quadro del proprio e dell'altrui esistere. Tuttavia la sua stessatematica, tratta dai testi della Scienza dello Spirito e assunta anche nella forma semplicemente razionale, puòdare modo all'uomo contemporaneo di intendere il senso delle forze che operano in lui sotto l'aspetto del«fatale» e dell'«imprevisto»: è la possibilità di cogliere un orientamento liberatore nel senso stesso degli eventiche si esprimono come decorso dell'esistere, quando siano rimossi taluni limiti dogmatici al pensiero.L'uomo di oggi ha necessità, come di una medicina urgente, della conoscenza riguardante il karma e lareincarnazione, perché essa, mentre conferisce calma conoscitiva riguardo a ciò che si presenta comeprocesso della n e c e s s i t à, al tempo stesso fortifica il senso della l i b e r t à, ossia la possibilità di sostanziare il karma futuro, col poter dare in qualsiasi momento una direzioneal proprio esistere, indipendente dalle influenze del passato, che è dire dalla natura. Ma proprio per questaragione, moderni espositori di dottrine esoteriche ripropongono un'alterata conoscenza della dottrina dellareincarnazione, agendo in tal modo come strumenti di quelle forze ostacolatrici che hanno interesse amantenere l'uomo legato alla sua animalità, pur tradotta nei termini più nobili, estetici, filosofici, spiritualistici.Tali espositori, in vero non giustificati dai testi tradizionali a cui fanno appello, epperò interpretandoli secondouna loro visione personale, tendono a presentare la dottrina delle ripetute vite terrene come aberrantepresunzione di uno spiritualismo moderno, oppure prospettano l'evento della rinascita non come una possibilitàindividuale, ma come il compimento di un oscuro processo etnico del quale beneficerebbe un essere piùevoluto in cui tale processo si concluderebbe. Indubbiamente l'equivoco che tali espositori suscitano riguardo altema trova buon giuoco in rapporto a un altro aspetto della sua derealizzazione ad opera di coloro che, puravendone attinto la sostanza alla giusta fonte, l'hanno degradato al livello di una nozione pedestre, banalizzatacome fatto legato alla empirica individualità, resa mera informazione, estranea al suo contenuto trascendente e,in tal senso, effettivamente, non vera.Quanto per esempio è stato scritto, con qualche intensità polemica, da J. Evola e da Réné Guénon contro il«reincarnazionismo», in talune loro opere, anche se va ravvisato come interpretazione personale,obiettivamente non ricavabile dai testi della tradizione orientale - ed è un controllo possibile a chiunque voglia -ha, per altro verso, le sue giustificazioni: coglie nel segno quando la reincarnazione viene ridotta a un eventomutuabile con la individualità contingente e con essa identificabile. In vero la possibilità di contemplare le vitetrascorse può essere riconosciuta unicamente all'essere trascendente l'organizzazione individuale, ossia a unIo superiore non limitabile a una determinata individualità. Le «ripetute vite terrene» possono essere esperienzadell'ente sopraindividuale che le ha come suoi momenti, o vicende - ciascuna in sé compiuta - della sua storia:non possono certo essere esperienza di quell'ente «personale» che si identifica con una determinata vitaterrena. Ciò significa che soltanto l'iniziato, in quanto non condizionato da un determinato supportofisio-psichico, può conseguire coscienza di un Io che si articola in vite precedenti, fuori della sua presentereincarnazione. Ma J. Evola, sulle orme della tradizione, confutando secondo un suo personale punto di vista ladottrina della reincarnazione, in sostanza si giova di elementi e di osservazioni utilizzabili proprio a confermarla.Riguardo al duplice aspetto della s c i e n z a t r a s c e n d e n t e, cioè «la visione di molte precedenti formed'esistenza (superindividualità nel tempo) e la visione dello apparire e del riapparire di altri esseri(superindividualità nello spazio), cioè con riguardo a varie vite individuali compresenti nello spazio», egli siesprime nei seguenti termini: «Nei riguardi della prima esperienza si potrebbe parlare, in un certo: senso, di un"ricordo" ma non come se uno stesso "Io" si ricordasse di aver lui stesso vissuto altre vite o, in genere, diessersi trovato in altre forme di esistenza. Ciò è assurdo già per la semplice ragione che la condizione perconseguire un tale ricordo è di non essere più un Io, di esser libero dall'Io, cioè dalla coscienza correlativa adun dato nome e forma e ad una data vita» (13). Non dovrebbe tuttavia essere difficile capire che una similepossibilità si dà per un io essenziale, ossia per un s o g g e t t o che, libero da «nome e forma» e dallaidentificazione a una determinata esistenza, è pur sempre quello per cui un'individuazione è possibile e per cuiquesta può attuare la radicale coscienza di sé, sino ad osservare da un diverso punto di vista la serie delleesperienze individuali, avendone il senso superindividuale.E' interessante come l'Evola, proprio nel voler negare la realtà della reincarnazione, in sostanza stia sul punto didimostrarla. Egli aggiunge: «Ciò di cui si tratta non è il ricordo di un "io" ma l'affiorare di là dalla coscienzaindividuale, della coscienza samsarica, è la "memoria" propria a quel tronco di brama, o dèmone, oantbarabbava, al quale ci si è identificati» (14). Ma è chiaro che non si dà memoria se non per un soggetto diquesta memoria: e nel caso in cui essa riduca a sé tutta la coscienza, affermandosi con ciò come unadeterminata natura, è parimenti chiaro che non vi possa essere ricordo nel senso di visione cosciente oltre illimite temporale, ma solo manifestazione di uno stato di fatto che, come memoria di ciò che è,automaticamente insiste nel suo movimento; mentre se questa memoria può essere obiettivata e contemplata,proprio essa riconduce l'«io» contemplante a cause e a moventi fuori di quello stato di fatto, ossia a un mondoprenatale, o extra-individuale, lasciando intravvedere le ragioni della impronta di quella determinata esistenzanon in un elemento samsarico (così come non è la sabbia che produce l'orma di chi vi passa sopra), ma in ciòche può spiegare la forma specifica dell'elemento samsarico in rapporto a un Io che sa dove vuole giungere,operando nella forma dell'«ego» e mediante quel variabile rapporto con la «memoria». In altre parole, il troncodi brama che lega l'individuo incapace di coscienza di sé, è quello stesso che, distinto e contemplato

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dall'individuo, lo aiuta a scoprire altrove, ossia in una direzione diversa, la propria natura superindividua,facendogli peraltro identificare il punto in cui il vincolo ha inizio e perciò può essere sciolto. Evola, dunque, intendendo demolire la cosiddetta «teoria reincarnazionista» in sostanza è sul punto didimostrarla. Infatti così continua: «Nel punto in cui la coscienza si disindividualizza, spezza il vincolo dell'Iosamsarico epperò si universalizza, gli si squaderna dinanzi appunto questa memoria samsarica» (15). Resta dacomprendere il senso della visione di tale memoria: senso che non può essere inteso se si vede la coscienzasuperindividuale quasi opposta a quella samsarica e non si afferra la coscienza samsarica come un modo divedere provvisorio dell'Io limitante se stesso, ossia come mezzo per un'esperienza trascendente, che èesperienza dell'Io, senza cui non sarebbe possibile neppure la maya del samsara.Secondo la moderna Scienza dello Spirito, fa parte della «preparazione» la preliminare nozione intellettuale deltema e la meditazione sui suoi aspetti ontologici. Esso può venir svolto dal pensiero cosciente, anzi èimportante che il pensiero possa essere in qualche modo suscitato e alimentato in tale direzione. Tuttavia, se lasemplice osservazione razionale può giovare a prospettare con qualche oggettività il tema, non è sufficiente adecidere la negazione di esso, né autorizza una interpretazione arbitraria in cui la razionalità cessa di essereveicolo d'indagine, ma ritorna, come è generale uso, espressione soggettiva. L'insegnamento di Shri Aurobindo,l'asceta-pensatore della moderna India, che riassume e rende attuale nella sua opera la Tradizione, conun'ampiezza di visione in cui sono simultaneamente presenti l'intuizione pura e il rigore scientifico, può essereutile allo studioso: allato al riconoscimento della realtà delle ripetute vite terrene (16), Aurobindo considera ilvalore formativo di una tale conoscenza per l'uomo di questo tempo. L'apporto di Rudolf Steiner al riguardo, achi realmente intenda conoscerlo, risulta conforme all'esigenza del cercatore moderno: lo Steiner prospetta intermini concettuali e in forma di puro pensiero, secondo una rispondenza della espressione al contenutotrascendente, mai sinora conseguita, la visione di questo aspetto dell'esperienza superiore dell'uomo,seguendola nel suo svolgimento metafisico e nel suo compenetrare il tessuto della vita, sotto forma di destino:egli esprime in veste razionale contenuti che evidentemente attinge in altri piani.dell'essere, con la lucidezzapropria all'indagine scientifica, dando peraltro la garanzia di una concretezza, mediante l'essenziale poterelogico della sua esposizione: potere logico fondato su ciò da cui ha origine e che perciò può essere attuato dalpensiero che ne ripercorra il processo.Chi, conoscendo l'arte di non divagare, insista meditativamente sul tema, può intuire il senso della morte e dellaocculta Resurrezione. Nella possibilità che l'uomo moderno pensi i giusti pensieri riguardo ad esso, ovveroabbia pensieri in cui esso operi, in quanto evocato, si dà per lui l'inizio di una correlazione con l'essenza di sé edi conseguenza con le potenze che reggono il divenire del mondo: divenire la cui intima forma, facendosi idea oattività ideale nell'uomo, in sostanza è affidata a lui, e perciò può da lui essere vissuta anche come alterazioneo distruzione.E' vitale per l'uomo di questo tempo dedicare il pensiero normalmente condizionato da contenuti sensibili, a untema che ne esiga e ne susciti l'energia radicale, senza snaturarla nella dialettizzazione. Se, infatti, essorealmente riguarda la sostanza formatrice della sua storia, implicando il senso delle sue azioni passate,presenti, e i germi di quelle future, non può non avere correlazione suscitatrice con il germe della libertà,principio intemporale delle sue ulteriori possibilità e perciò della sua futura storia. E' urgente che il pensieroanimi un contenuto che, così animandosi, lasci fluire nell'interiorità il sovrasensibile da cui sorge, in quanto«puro pensiero». A ciò non è necessaria la percezione sovrasensibile, ma la possibilità di pensare condecisione e indipendenza, secondo la infinita creatività del pensiero. Al ricercatore in effetto si offrono due vie: oegli sente che il tema della reincarnazione e del karma è fondato sulla loro realtà cosmico-umana e che aquesta risponde la serie dei pensieri su esso dati da Rudolf Steiner (17), e in tal caso meditare quei contenuti ègià per lui una via alla percezione della oggettività trascendente di cui sono veicolo; oppure egli sente di nonpoter aderire ad essi, ma, non rinunciando all'indagine in quella direzione, per rettitudine scientifica, prova aripercorrerne il processo logico per poter avere dal pensiero, che è il suo, una illuminazione al riguardo. Non v'è infatti risposta che il pensiero concretamente non dia, quando venga impegnato in un temasino ad esaurimento del limite dialettico. Nell'uno o nell'altro caso, il ricercatore può, in un secondo tempo,procedere a un'esperienza diretta, mediante l'osservazione degli eventi della propria vita: può guardarli comeserie di imagini-simboli che grazie al loro interno movimento, tendono a congiungersi secondo nessi che sonola loro segreta realtà. Tali nessi possono essergli evidenti in una f o r m a i n a t t e s a, con ciò acquisendo laforza di congiungersi essi stessi per un senso ulteriore: che è il senso vero del suo esistere. In simile direzioneegli incontra linee di forza di un volere trascendente che è suo nella essenza e lo riconduce a un mondopre-natale nel quale egli è inconsapevolmente immerso come nel fondamento della sua attuale incarnazione.Non rientra nell'assunto del presente studio approfondire il tema di una tale ricerca, essendo esso svolto conl'ampiezza e l'essenzialità richieste, nell'opera dello Steiner. Piuttosto vorremmo sottolineare il senso che puòavere l'alterazione del significato di «reincarnazione» e «karma», in un'epoca in cui la conoscenza di essocostituisce una necessità dell'anima umana sul punto di riprendere la contemplazione della propria vicendasovrasensibile: che sola può spiegare e illuminare quella sensibile.Compiutosi per l'uomo il processo di riduzione al terrestre, sino alla visione di un universo esclusivamente fisicoe alla cosiddetta civiltà della macchina, occorre poter vedere nelle forze impegnate a sostenere il peso delladensificazione fisica le facoltà interiori che si manifestarono un tempo come possibilità di indipendenza dallaterra, come capacità di distacco dall'ego e dalla natura. Legatesi alla natura e alla sfera sensibile, esse sonodivenute potenze istintive ed emotive, capacità raziocinante, ossia moti dell'anima che, limitando l'àmbito

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dinamico dell'Io all'esperienza dei sensi, costituiscono peraltro le forme dell'autocoscienza. Ora è giunto almenoper una parte dell'umanità il momento in cui l'autocoscienza, in quanto attuata, può liberarsi dal supportopsico-fisico che le è stato inizialmente necessario, e riconquistarsi come indipendenza dalla natura:indipendenza diversa da quella che l'asceta antico realizzava appunto come estinzione del senso dell'io e comeconseguenza di un dono metafisico che egli poteva accogliere in quanto avesse la forza di non essere presodai dinamismi della terra (18).L'indipendenza dalla natura che possa essere attinta grazie alla iniziazione dei nuovi tempi, è tutt'altraesperienza: è qualcosa di più, in quanto è anzitutto decisione individuale ed ha i caratteri dell'«inaspettato», poiche il suo verificarsi non rientra nell'ordine della fatalità o della ineluttabilità: è l'autocoscienza che, nata sulpiano fisico, può ora attuarsi oltre il limite fisico. E' libertà e non esige l'annullamento dell'ego, bensì ilpotenziamento dell'elemento individuale che si presenta nella forma dell'ego: dalle profondità del terrestre liberaun volere magico che si è potuto in profondità formare vincolandosi al peso della terra e soffrendolo in tutte leforme della istintività degradante. Tale libertà è principio della Resurrezione, ossia della radicale soluzione delcorpo, che verrà un giorno portata a compimento dall'Io Superiore, in quanto abbia potuto formarsi nell' ego uncentro per la sua azione trasmutatrice del terrestre. Nel volersi dell'ego fluisce una forza che nasce dall'Iosuperiore, sùbito alterandosi come natura istintiva: ma è questa stessa forza che, voluta indipendentementedalla natura - e tale volere è già un fluire del sopraindividuale - ricongiunge l'ego con l'Io Superiore. La Scienzadello Spirito può insegnare che quando l'individualità si voglia come intimo e iniziale moto, e non come prodottodella natura, affermandosi dunque come essenza, secondo un processo inverso a quello per cui è sorta, allorarealizza il fondamento. L'egoità, aprendosi a ciò da cui scaturisce come sostanza, si libera dalla forma da cui èsorta e attua l'individualità trascendente. Con il presente studio s'intende mostrare come la interiorazionedell'elemento individuale sia il germe di quella simbolica e invisibile impresa allusa nel mito del Graal, che,ridestando la luce dell'«occhio frontale» perduta da Lucifero, inizierà la riconquista dello stato primordiale eporterà a compimento la «soluzione del corpo», un tempo conosciuta come dono del Tao da taluni ascetiestremo-orientali.

Note(13) J. EVOLA, La Dottrina del Risveglio, Bari, Laterza 1943, p. 244.(14) J. EVOLA, Ibid.(15) J. EVOLA, Ibid.(16) SHRI AUROBINDO, The Problem of Rebirth.(17) R. STEINER, Introduzione alla conoscenza sovrasensibile, Milano, Bocca, 1940, p. 48 et seq.(18) Cfr. Abhisamayalankara, V, 4 (Transl. from original text, by E. Conze, Roma, Serie Orientale Roma,IsMEO, 1954, p. 80); GIULIANO Imperatore, Degli Dei e degli uomini, Bari, Laterza, 1932, p. 51 et seq.

Come è noto, nel 1912 Guénon entrò nell'Islam e più precisamente nella catena sufica Shadhiliyya del maestroAbder-Rahman Elish el Kebir. Il suo esempio venne seguito da alcuni altri studiosi europei, tra i quali il piùfamoso è probabilmente Frithjof Schuon (1906-1998). Questi, iniziato dal maestro Ahmad Al-Alawi, diresse poiun ramo dell'ordine Shadhiliyya in Europa e negli U.S.A. E' difficile trovare nelle pur numerose opere scritte daSchuon una vasta trattazione del problema della trasmigrazione post-mortem. Non è chiaro se l'argomento nonlo interessava o se cercasse di evitarlo. Di qualche interesse è un passo (e soprattutto la relativa notaesplicativa) del cap.V dell'opera "Dell'Unità Trascendente delle Religioni", che riportiamo di seguito. In essoafferma anch'egli l'impossibiltà metafisica della reincarnazione, senza tuttavia darne una qualche spiegazione.In un secondo periodo del suo insegnamento, tenendo presenti soprattutto "Le Leggi di Manu", Schuonabbandonò questa sua posizione acriticamente guenoniana e accettò pubblicamente la reincarnazione. Si vedaa riguardo l'opera "Considerazioni sull'Opera di Renè Guenon " (Losanna 1984)

9) F. Schuon

Dell'Unità Trascendente delle Religioni

estratto dal cap.V

...Ci si potrebbe d'altronde chiedere se la penetrazione dell' Islam sul suolo dell' India non debba considerarsiuno sconfinamento tradizionalmente illegittimo, e la medesima domanda potrebbe porsi per quelle parti dellaCina e dell'Insulindia divenute musulmane. Per rispondere a tale questione, occorrerà prima soffermarci suconsiderazioni che sembreranno forse un po' lontane, ma sono indispensabili presentemente. Bisogna tenerconto, anzitutto, del seguente fatto: se l'Induismo si è sempre adattato, in quanto concerne la propria vitaspirituale, alle condizioni cicliche che doveva affrontare nel corso della sua esistenza storica, ha sempre

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conservato nondimeno il carattere "primordiale" per esso essenziale; così fu specialmente per la sua strutturaformale, malgrado le modifiche secondarie sopravvenute per necessità di cose, ad esempio lo spezzettamentoquasi indefinito delle caste; ora questa primordialità, tutta improntata a serenità contemplativa, si trovò"oltrepassata", da un certo "momento" ciclico in poi, dalla preponderanza sempre più accentuata dell'elementopassionale nella mentalità generale, in conformità alla legge di decadimento che regge ogni ciclo dell'umanitàterrestre; l' Induismo venne dunque a perdere quel certo carattere di "attualità" o "vitalità" via via che siallontanava dalle origini, e, nè i riadattamenti spirituali quali lo schiudersi delle vie "tantriche" e "bhaktiche", nè iriadattamenti sociali quali lo spezzettamento delle caste cui abbiamo accennato, sono bastati ad eliminare la"sproporzione" tra la primordialità inerente alla tradizione e una mentalità vieppiù passionale (4).

(4) Un segno di tale oscuramento ci appare l'interpretazione letterale dei testi simbolici sulla trasmigrazione, ilche dà origine alla teoria reincarnazionista; il medesimo "letteralismo", applicato alle immagini sacre, generauna idolatria di fatto; senza questo aspetto reale di "paganesimo" del culto presso molti Indù di bassa casta,l'Islam non avrebbe potuto operare una così profonda incisione nel mondo indù. Se, per difenderel'interpretazione reincarnazionista delle Scritture indù, ci si riferisce al senso letterale dei testi, si dovrebbe anorma di logica interpretarvi tutto in senso letterale e si giungerebbe in tal modo non solo ad un grossolanoantropomorfismo, ma anche ad una grossolana e mostruosa adorazione della natura sensibile, che si tratti dielementi, di animali o di oggetti: il fatto che molti Indù interpretino attualmente il simbolismo dellatrasmigrazione secondo la lettera non prova altro se non un decadimento intellettuale quasi "normale" nelkali-yuga, e previsto dalle Scritture. D'altronde, anche nelle religioni occidentali, i testi sulle condizioni postumenon devono essere intesi letteralmente: per esempio, il "fuoco" dell'inferno non è un fuoco fisico, il "senod'Abramo" non è il suo seno corporeo, il "convito" di cui parla il Cristo non è costituito da alimenti terrestri e i"giardini" di cui parla il Corano non ospitano vegetali, al pari delle "huri" che non sono donne di carne: ed'altronde, se la reincarnazione fosse una realtà, tutte le dottrine propriamente religiose sarebbero false,poichè non situano mai gli stati postumi su questa terra; ma tutte queste considerazioni sono anche inutiliquando ci si riferisce all'impossibilità metafisica della reincarnazione. Pure ammettendo che un grandespirituale indù potesse fare sua una interpretazione letteralista delle Scritture riguardo ad una questionecosmologica quale quella della trasmigrazione, ciò non proverebbe nulla a danno della sua spiritualità, poichè èpossibile concepire una conoscenza che si disinteressi delle realtà puramente cosmiche, e che consista in unavisione puramente sintetica e "interiore" della Realtà divina: il caso sarebbe assai diverso in un spirituale la cui"vocazione" consistesse nello esporre o commentare una dottrina specificamente cosmologica, ma una simile"vocazione" è quasi esclusa, alla nostra epoca ed in ragione delle leggi spirituali che la reggono, nella corniced'una determinata tradizione.

Nel capitolo XV de "Il Simbolismo della Croce", R. Guenon cercò, tramite un simbolismo di tipo geometrico, didare, tra le altre cose, una dimostrazione dell'impossibilità della reincarnazione (vedi nota 5).

10) Renè GuenonRappresentazione della continuità tra le diverse modalità di uno

stesso stato d'essere

Se prendiamo in considerazione uno stato d'essere, raffigurato mediante un piano orizzontale dellarappresentazione microcosmica da noi descritta, ci resta da dire in modo più preciso a cosa corrispondono sia ilcentro di questo piano, sia l'asse verticale che passa per questo centro. Ma per arrivare a ciò sarà opportunoricorrere a un'altra rappresentazione geometrica, un po' diversa dalla precedente; in tale nuovarappresentazione, faremo intervenire non solo il parallelismo o la corrispondenza, come abbiamo fatto finora,ma anche la continuità di tutte le modalità di ogni essere, nonché quella di tutti gli stati nella costituzionedell'essere totale.Questo scopo ci porta naturalmente a far subire alla nostra rappresentazione un cambiamento che, ingeometria analitica, corrisponde al passaggio da un sistema di coordinate rettilinee a un sistema di coordinatepolari. Per ciò, invece di rappresentare le diverse modalità di uno stesso stato mediante rette parallele, comeabbiamo fatto finora, possiamo rappresentarle mediante circonferenze concentriche, tracciate nello stessopiano orizzontale, e aventi per centro comune il centro stesso di questo piano, cioè, secondo quanto abbiamospiegato in precedenza, il suo punto di incontro con l'asse verticale.In questo modo diventa evidente che ogni modalità è finita, limitata, perché rappresentata da unacirconferenza, cioè da una curva chiusa, o per lo meno da una linea i cui estremi ci sono noti e si possonoconsiderare come dati;(1) d'altro canto però, tale circonferenza comprende una moltitudine indefinita di punti,(2)che rappresentano l'indefinità delle modificazioni secondarie implicite nella modalità considerata, qualunqueessa sia.(3)

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1 Questa restrizione è necessaria a evitare una contraddizione, anche solo apparente, con quanto segue.2 Si osservi che non diciamo un numero indefinito, ma una moltitudine indefinita, perché è possibile chel'indefinità di cui si tratta sia al di là di qualsiasi numero; infatti, benché la serie dei numeri sia anch'essaindefinita, lo è in modo discontinuo, mentre la serie dei punti di una linea è indefinita in modo continuo.«Moltitudine» è un termine più esteso e più comprensivo che non quello di «molteplicità numerica », e puòessere applicato anche al di fuori del dominio della quantità, di cui il numero non è che un aspetto particolare;ciò non era sfuggito ai filosofi scolastici, che trasponevano la nozione di «moltitudine» nell'ordine dei«trascendentali », cioè dei modi universali dell'Essere: tale nozione, infatti, sta a quella della molteplicitànumerica nello stesso rapporto analogico esistente fra la concezione dell'Unità metafisica e quella dell'unitàaritmetica o quantitativa. E' sottinteso che è a questa molteplicità «trascendentale» che ci riferiamo quandoparliamo degli stati molteplici dell'essere, in quanto la quantità non è che una condizione particolare, applicabilesoltanto ad alcuni dei suoi stati.3 Dato che la lunghezza di una circonferenza aumenta proporzionalmente alla sua distanza dal centro, sembra,a prima vista, che debba crescere parimenti il numero dei punti che essa contiene; se d'altra parte, si considerache ogni punto della circonferenza è l'estremità di uno dei suoi raggi, e che due circonferenze concentrichehanno gli stessi raggi, si deve concludere che i punti contenuti nella più grande non sono più di quelli contenutinella più piccola. La soluzione di questa apparente difficoltà si trova nelle indicazioni della nota precedente inquanto, in realtà, non si può parlare di numero dei punti di una linea: questi infatti non possono essere«numerati», perché la loro moltitudine è al di là del numero. Inoltre, se in una circonferenza che diminuisceavvicinandosi al centro, si ha sempre un'uguale quantità di punti (se è possibile, in queste condizioni, utilizzarequesto modo di esprimersi), e dato che il centro è il limite cui tale circonferenza si riduce, ne consegue cheesso, pur non essendo che un solo punto, deve contenere tutti i punti della circonferenza, il che equivale a direche tutte le cose sono contenute nell'unità.

Inoltre, le circonferenze concentriche non devono lasciare fra loro altro intervallo che la distanza infinitesimaletra due punti immediatamente vicini (ritorneremo fra poco su tale argomento), in modo che il loro insiemecomprenda tutti i punti del piano; il che implica che fra tutte queste circonferenze vi sia continuità. Ora, perchéesista veramente continuità, è necessario che la fine di ogni circonferenza coincida con l'inizio dellacirconferenza seguente (e non con quello della stessa circonferenza); e, affinché ciò si verifichi senza che ledue circonferenze successive vengano a confondersi, occorre che queste circonferenze, o meglio le curve cheabbiamo considerato come tali, siano in realtà delle curve non chiuse.Del resto, possiamo spingerci oltre in questo senso: è materialmente impossibile tracciare una linea che siaeffettivamente una curva chiusa; per provarlo è sufficiente riflettere che nello spazio ove è situata la nostramodalità corporea tutto è in movimento costante (per effetto del combinarsi della condizione spaziale con quellatemporale, di cui il movimento è in certo qual modo la risultante); perciò, se vogliamo disegnare unacirconferenza, e ne cominciamo il tracciato in un determinato punto dello spazio, ci troveremo necessariamentein un altro punto al momento di completarla, né mai ripasseremo per il punto di partenza. Analogamente, lacurva che simboleggia il percorso di un ciclo evolutivo qualsiasi (4) non può passare due volte per lo stessopunto, in altre parole, non può essere una curva chiusa (né una curva contenente dei «punti multipli»). Questarappresentazione dimostra che nell'universo non possono esserci due possibilità identiche: ciò implicherebbeinfatti una limitazione della Possibilità totale, limitazione impossibile in quanto, dovendo comprendere laPossibilità, non potrebbe più essere compresa in questa. Pertanto ogni limitazione della Possibilità universale èun'impossibilità nel senso vero e proprio della parola; ed è per questo che tutti i sistemi filosonci, appunto inquanto sistemi, che postulano cioè esplicitamente o implicitamente limitazioni del genere, sono condannati allamedesima impotenza dal punto di vista metafisico.(5) Per tornare alle possibilità identiche o supposte tali,faremo ancora osservare, per maggior chiarezza, che due possibilità veramente identiche non differirebberoper nessuna delle loro condizioni di realizzazione; ma se tutte le condizioni fossero uguali si tratterebbe dellastessa possibilità, e non di due possibilità distinte, per cui vi sarebbe coincidenza sotto tutti i rapporti;(6) questoragionamento può quindi essere rigorosamente applicato a tutti i punti della nostra rappresentazione, poichéciascuno di essi raffigura una modificazione particolare che realizza una certa determinata possibilità.(7)L'inizio e la fine di una qualsiasi delle circonferenze che stiamo considerando non sono dunque lo stesso punto,ma due punti consecutivi di uno stesso raggio, e nemmeno si può dire che essi appartengano alla stessacirconferenza: l'uno fa parte della circonferenza precedente, di cui è la fine, mentre l'altro fa già parte dellacirconferenza seguente, di cui è l'inizio. I termini estremi di una serie indefinita possono essere considerati,come situazione, al di fuori di tale serie, per il fatto stesso che ne stabiliscono la continuità con altre serie; il che,nella fattispecie, può essere applicato alla nascita e alla morte della modalità corporea dell'individualità umana.

4 Per «ciclo evolutivo» intendiamo semplicemente, secondo il significato originario della parola, il processo disviluppo delle possibilità implicite in un modo qualsiasi di esistenza, senza che ciò possa far pensare a unbenché minimo rapporto con qualche teoria « evoluzionistica ». Cfr. L'Homme et san devenir... cit., ed. 4, c.XVII. D'altra parte, abbiamo detto abbastanza spesso che cosa pensiamo di teorie del genere, per cui ci pareinutile insistere su questo punto.5 E' facile capire inoltre che ciò esclude tutte le teorie più o meno «reincarnazionistiche» che hanno visto la luce

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nell'Occidente moderno, tipo il famoso «eterno ritorno» di Nietzsche e altre simili concezioni; del resto abbiamosviluppato ampiamente queste considerazioni nell'Erreur spirite, Marcel Rivière, Parigi 1923, parte II, c. VI.6 Leibniz sembra aver intuito abbastanza chiaramente questo punto quando stabilì il suo «principio degliindiscernibili», benché forse non l'abbia formulato in modo altrettanto netto (cfr. Autorité spirituelle... cit., c. VII).7 Intendiamo qui il termine «possibilità» nella sua accezione più ristretta e specializzata: non si tratta neanchedi una possibilità particolare suscettibile di sviluppo indefinito, ma soltanto di uno qualunque degli elementi cheun tale sviluppo comporta.

In questo modo le due modificazioni estreme di ogni modalità non coincidono, ma esiste semplicemente unacorrispondenza tra loro, nell'insieme dello stato d'essere cui questa modalità appartiene, corrispondenza che èindicata dalla posizione dei loro punti rappresentativi su uno stesso raggio proveniente dal centro del piano.Uno stesso raggio conterrà pertanto le modificazioni estreme di tutte le modalità dello stato considerato,modalità che, per la precisione, non devono essere considerate come successive (infatti possono anche esseresimultanee), ma solo logicamente concatenate. Le curve che rappresentano queste modalità, invece di esserecirconferenze come avevamo supposto a tutta prima, sono le spire successive di una spirale indefinita tracciatanel piano orizzontale, che si sviluppa a partire dal suo centro; questa curva si amplia in modo continuo, per cui ilraggio varia, da una spira all'altra, di una quantità infinitesimale che equivale alla distanza di due punticonsecutivi del medesimo raggio. Tale distanza si può supporre piccola a piacere, secondo la definizionestessa delle quantità infinitesimali, cioè di quantità suscettibili di decrescere indefinitamente; ma essa non puòmai essere considerata nulla, in quanto i due punti consecutivi non possono confondersi; se essa potessediventare nulla non vi sarebbe che un solo e unico punto.

Corrado Rocco fu traduttore in italiano, l'unico autorizzato dallo stesso autore, di molte opere di Renè Guenone precisamente:L'Uomo e il suo divenire secondo il Vêdânta, Gius.Laterza & Figli Ed., Bari, 1937Considerazioni sulla via iniziatica, Milano, Bocca, 1949, (anche l'introduzione è di Corrado Rocco)La Metafisica orientale, Edizioni Studi Iniziatici, Napoli, 1949La Grande Triade, Roma, 1951, 1980. Adelphi, Milano, 1988L'Esoterismo di Dante, Atanòr, Roma, 1951, 1971,1976Da diverse lettere, del 1949, di Guenon a Goffredo Pistoni di Milano, si vede come Guenon stesso avesse fattodi Rocco il suo traduttore ufficiale in italiano e come consiglliasse ai corrispondenti italiani la lettura della rivista"Studi Iniziatici", diretta da Rocco e pubblicata a Napoli. Nella sua introduzione (datata Napoli 10 Ottobre 1947)all'opera di Guenon "Considerazioni sulla via iniziatica", Bocca, Milano, 1949, C.Rocco dice in proposito: "InItalia, da oltre un anno, Renè Guenon e Frithjof Schuon collaborano alla Rivista di Studi Iniziatici(Napoli, ViaS.Bartolomeo, 47), che si ripromette di svolgere le questioni esoteriche in uno spirito strettamente tradizionale.Sempre a Napoli, nel 1965, Rocco pubblicò l'opera "La scienza dello spirito e lo yoga integrale". Il capitolo IVdell'opera è dedicato a "La Reincarnazione". Ne riproduciamo il paragrafo finale, nel quale l'autore critical'affermazione guenoniana e (ma solo in un primo tempo) schuoniana, relativa all'impossibilità metafisica dellareincarnazione.

11) Corrado Rocco

Estratto da:

La Reincarnazione

Vogliamo qui rispondere ad una obbiezione contro la reincarnazione avanzata dai tradizionalisti, secondo laquale la «reincarnazione» è metafìsicamente una impossibilità, in quanto limiterebbe la «possibilità universale»escludente la ripetizione di uno stesso stato.A noi pare che siffatta affermazione vada contro la tesi che si vorrebbe difendere, in quanto anche la«ripetizione» - in buona logica - è una possibilità e in questo caso è una possibilità ciclica e temporanea; infatti,la reincarnazione si inserisce in un ciclo evolutivo, che ha un principio ed una fìne e Steiner ci mostra l'uno el'altra e ci fa seguire quest'idea dalle sue modalità originarie, quando era uno scambio di forze e di energie fraun mondo non ancora terrestrizzato e quello sottile e causale, all'esaurimento della sua necessità. Secondo ledottrine indù, anche i cicli si ripetono e se si obbiettasse - con una comoda formula che i tradizionalisti usanoper appianare molte difficoltà - che i cicli sono analoghi, ma non identici, risponderemmo che ciò si può dire ditutto ciò che si manifesta in questo mondo.Non ci soffermiamo su altre obbiezioni contro la reincarnazione ché furono tutte più o meno confutate da unTummolo, da un Bruers e da altri. Vogliamo solo aggiungere che la reincarnazione deve sempre essereinglobata in un contesto altamente spirituale per evitare la tendenza occidentale di dare più importanza ai fatti

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che alle idee. Si correrebbe il rischio di vedere molti sostenitori di questa idea alla ricerca di «prove» materialisuffraganti la reincarnazione - regressione della memoria, bambini prodigi, identifìcazione spiritica, fenomeni diparamnesia ecc., - prove di nessun valore od impossibili ad ottenersi, fonti di curiosità, di superstizioni, didelusioni. Questa idea unitamente a quella del karma - se l'uomo manterrà la sua posizione assiale - dovràinvece svilupparsi in una direzione che intensifìchi l'impegno spirituale, anche se questo si limitasse allameditazione dei pensieri suscitati dalla Scienza dello Spirito. Ciò ci darà - per terminare con le parole diMassimo Scaligero - «luci sulla vicenda soprasensibile dell'uomo che sola può spiegare, illuminare e dare unsenso alla vita sensibile sulla Terra» (34).

(34) Massimo Scaligero. La Via della Volontà Solare, capitolo II.

L'idea dell'impossibilità metafisica della reincarnazione e del simbolismo geometrico, che avrebbe dovutocontribuire a dimostrarla Guenon l'aveva ereditata da uno dei suoi maestri, Matgioi, che aveva ricevuto unainiziazione taoista nel Tonchino (il nord del Vietnam allora francese). Questi trattò ampiamente l'argomentonella sua opera "La via metafisica". Poichè essa è molto importante per comprendere la genesi della dottrinaguenoniana, riporteremo, di seguito, i brani (tratti dai cap. 6°, 7° e 8°) nei quali Matgioi fa riferimento allareincarnazione.

12) Matgioi

Le leggi dell'Evoluzione

...l'Universo passa, fino alla trasformazione definitiva, per tutte le modificazioni che la corrente delle formeattraversa. Determiniamo le leggi di questa corrente. Esse sono conformi ai princìpi di attività, di armonia e dibene nei quali si manifesta la Perfezione, nella formula tetragrammatica di Wen-wang. E noi dobbiamoapplicare questi princìpi alle leggi della corrente delle forme per precisarne i dati e gli elementi, conun'esattezza improntata più allo spirito matematico che a quello filosofico. Gli esseri si muovono, evolvono; questo è il corollario del principio iniziale, la causalità, che è la manifestazioneunica della Perfezione, vale a dire la volontà del cielo. E' possibile concepire un loro arrestarsi? No, perché perprovocare un tale arresto bisognerebbe supporre una volontà del cielo contraria a quella che li tiene inmovimento ed è anormalmente impossibile che il cielo manifesti due princìpi contrari l'uno all'altro. Ed è cosìche, siccome il movimento esiste (ed è una cosa che non si può obiettivamente negare), il movimento esisteràsempre e può essere così definito: Manifestazione Eterna della Perfezione. In tal modo il principio di causalità èsoddisfatto. Ma, affinché negli spiriti non sussista, nemmeno per un attimo, il minimo errore, diciamo che nonbisogna confondere l'Eterno Movimento con una «creazione eterna» o con un «eterno passaggio entro lacorrente delle forme». Determineremo altrove che cos'è l'Eterno Movimento e l'Eterno Agire, ma sarebbeveramente puerile pretendere di dare una direzione alla Totalità del movimento, o un movente alla Totalità delleazioni. E così è già possibile comprendere, ancor prima della definizione, il fine ultimo cui porta il principio dicausalità.Com'è che la legge dell'attività fa evolvere gli esseri? La continuità dell'evoluzione soddisfa soltanto la causalità;l'attività vuole un'azione; un'azione, qualunque essa sia, soddisfa l'attività; ma la ripetizione d'un'azione, qualeche sia, costituisce davvero un'azione? Noi siamo costretti , a rispondere di no, perché, dal punto di vistadell'azione stessa, la sua ripetizione costituisce la monotonia; e dal punto di vista dei motori dell'azione,vediamo che una stessa azione è generata dai medesimi motori, che agiscono per un medesimo impulso e conla medesima forza; la continuità d'un'azione non è dunque attività: al contrario, essa è, dopo la messa in moto,l'immobilità del principio motore. Di conseguenza, il principio di attività è soddisfatto non da una sola azione,non dalla medesima azione due volte o indefinitamente ripetuta, bensì da una serie indefinita di azioni che sonodovute a motori differenti e che quindi non possono essere assolutamente identiche. Dunque, in nome delprincipio d'attività non si passa due volte attraverso la stessa corrente delle forme. E ci è del tutto impossibilecredere alla metempsicosi, quanto meno a quella metempsicosi brutale e grossolana che viene ricavata congrande fatica dalle dottrine buddhiste e pitagoriche, nelle quali essa non si trova affatto (2). Al contrario, dopoavere esaurita una forma e tutte le circostanze di una modificazione, noi passiamo ineluttabilmente a un'altramodificazione, con la certezza logica che non torneremo mai più a quella che abbiamo lasciata.

2 La legge delle rinascite è tutt'altra cosa. Ma noi vogliamo fin d'ora affermare che essa è reale e logica, contutte le felici conseguenze che l'umanità si attende da essa, tanto dal punto di vista della sua fine che da quellodella sua personalità.

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Come può il movimento continuo e vario accordarsi con la legge d'armonia, che è il terzo termine della formulatetragrammatica di Wen-wang? Notiamo fra parentesi che la legge d'armonia può essere soddisfatta solo daazioni varie, poiché non esiste armonia nella ripetizione: i rapporti armonici possono instaurarsi, al pari di quellialgebrici o quelli geometrici, solo fra quantità differenti. L'armonia viene soddisfatta dalle proporzioni (nel sensomatematico) delle variazioni; vale a dire, una forma qualunque è invariabilmente distante da quella che laprecede e da quella che la segue e tutte le modificazioni sono invariabilmente distanti le une dalle altre. Così, laserie delle modificazioni può essere matematicamente tradotta da una progressione (aritmetica o geometrica),progressione che tende verso un «luogo metafisico» che non può essere obiettivamente pensato raggiunto. Intal modo la legge d'armonia si rende evidente. Quest'ultima ha un'altra conseguenza, che riguardaimmediatamente gli esseri in modificazione. Si tratta dell'invariabilità del senso e della successione dellemodificazioni attraverso cui passano tutti gli esseri. Infatti, come l'attività impedisce che si passi due volteattraverso la medesima forma, così l'armonia impedisce che vi siano diverse correnti di forme. In questanecessità logica noi esseri umani troviamo fin d'ora un pegno della fratellanza dei nostri spiriti e ,delparallelismo dei nostri sforzi (3). L'unione è per ciò stesso indefettibile, ne conservino o ne perdano il ricordo,fra coloro che nel corso di una modificazione hanno unito le loro tendenze; questi esseri si troverannoanalogicamente fianco a fianco nelle modificazioni che sopravverranno.

3 Torneremo su questo argomento, per trattarlo diffusamente, nel capitolo sulle « condizioni dell'individuo».

Infine, la quarta legge vuole che il movimento continuo, vario ed armonico sia benefico e conduca l'Universoalla Perfezione. La logica inflessibile dei magi cinesi ci porta qui alla più lucida visione dei nostri destini. Volutadalla Perfezione, determinata dalle conseguenze precise di questa volontà, l'Evoluzione non può che esserebuona e non può che produrre un risultato eccellente per gli esseri che sono sua materia. Non c'è, ricordiamolo,alcuna reintegrazione al di fuori della Perfezione. Fuori della Perfezione non c'è né luogo, né fisica, négeometria, né metafisica. Non vi è dunque altro che la felice reintegrazione finale. Tale è la necessità dellaquarta legge. Ma, se coniughiamo i suoi effetti con gli effetti della terza legge, noi concepiamo immediatamenteche non c'è differenza essenziale nella sorte degli esseri in modificazione, che non c'è spazio per le cadute,quali che possano essere, perché esse contravverrebbero alla legge del bene, se fossero generali, econtravverrebbero alla legge dell'armonia, se fossero parziali e temporanee. Il passaggio degli esseri attraversole modificazioni dell'Universo è dunque un'ascesa regolare, continua, armonica e benefica; la Perfezione, di cuinoi siamo particelle infinitesimali ed emanazioni continue, non potrebbe far sì che noi non partecipassimo a taleascesa.Ecco, esposte in maniera estremamente sintetica (ché i Cinesi hanno messo insieme dei volumi interi su taleargomento, e i filosofi dell'Occidente non mancherebbero di fare altrettanto), le generatrici dell'EvoluzioneUniversale. Esse sono così caratteristiche, così ineluttabili, così precise, che da una parte è impossibile a unintelletto umano leale sottrarvisi, mentre dall'altra, secondo il migliore dei metodi, ci sarà facile ridurre i Destinidell'Universo in un disegno geometrico: ci è stato facile ridurre in sei linee, senza sminuirlo, quello chel'Occidente chiama «l'incomunicabile Eterno» (4).

4 Ci sarà facile, più avanti, mostrare come il libero arbitrio della specie umana si accompagni assai bene alleleggi generali fissate più sopra.

Il principio di causalità si manifesta attraverso il movimento; ogni movimento, in meccanica, si traduceessenzialmente in una linea; essendo il principio d'attività manifestato da una diversità indefinita, questa lineanon può essere una circonferenza né una linea spezzata: può essere soltanto una linea dagli elementi iperbolicio parabolici, come quelle che le comete sembrano descrivere nello spazio, con le estremità che si allontananoall'infinito; questa ipotesi presuppone, beninteso, che noi consideriamo un solo piano dello spazio: ma ilprincipio di armonia (che soddisfa qui l'idea ciclica e simboleggia in tutti i punti l'idea del ritorno e il principio direintegrazione), il principio di armonia vuole che le modificazioni si succedano a intervalli uguali e sianougualmente distanti le une dalle altre: così, ogni possibilità di una linea piana deve essere eliminata, poiché visono, fra le sue diverse parti, dei rapporti di distanza: la linea del movimento universale si inscrive dunque suuna superficie tale che i rapporti di distanza fra i suoi elementi sono in progressione aritmetica, perché la leggedi armonia sia soddisfatta. Infine, poiché la legge del bene esige che le modificazioni procedano inun'ascensione continua, gli elementi della figura si sovrappongono inevitabilmente e invariabilmente l'unoall'altro. Le necessità della raffigurazione si riassumono dunque così: una linea (principio di causalità) indefinita,che non passa mai due volte per un medesimo punto (principio di attività), determina delle curve e delleintersezioni di superficie avvolgentisi le une al di sopra delle altre (principio del bene); una linea in cui tutti i puntidi un elemento sono ugualmente distanti dai punti corrispondenti dell'elemento superiore e dell'elementoinferiore (principio d'armonia).Non c'è nessuna superficie che soddisfi a questi dati all'infuori dell'elicoide cilindrica; vale a dire, la linea delmovimento universale sarà appunto l'intersezione dell'elica (superficie) con la superficie laterale del cilindrorappresentante l'Evoluzione ciclica, lungo la quale si muovono tutti gli esseri. Beninteso, il cilindrodell'Evoluzione è rappresentativo solo sotto il profilo dell'obbligo, che esso ha, nella nostra prospettiva, di

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intersecare la superficie indefinita per ottenere l'elica: ma la superficie lungo cui si avvolge l'elica non ha luogofisico né geometrico: essa può a volontà essere trasportata all'infinito o essere supposta come ridotta alla solaaltezza del cilindro, di modo che il raggio di base del cilindro è indifferente ed è, in realtà, uguale allo zero dellametafisica dei numeri. Il solo elemento dell'elica che rimane da determinare è dunque il passo, ossia la distanzache intercorre, lungo l'altezza del cilindro, fra due punti corrispondenti della sua curva (la curva compresa fraquesti due punti costituisce una delle rivoluzioni dell'elica, e tutte le rivoluzioni sono uguali fra loro); questopasso dell'elica è costante (principio di armonia) ed è il solo dato che non possiamo determinarematematicamente, perché ci troviamo nel corso di una rivoluzione e abbiamo perduto il ricordo del passaggioattraverso le rivoluzioni precedenti. Costruiamo questa semplicissima raffigurazione: essa dovrà soddisfarciintegralmente. Attraverso un punto qualunque dell'elica tiriamo, sulla superficie laterale del cilindro, unaparallela all'altezza del cilindro stesso. Noi determiniamo un momento dell'Evoluzione e una interamodificazione. L'Universo (tutti gli esseri), in virtù del principio di causalità, è messo in movimento e lanciatolungo l'elica inscritta all'interno del cilindro (cilindro che, ripetiamolo, è ipotetico e rappresenta la manifestazionedella volontà del cielo, qualora la si supponga ferma per un istante, la quale volontà include tutti i movimentiusciti da essa). Consideriamolo nel punto dato e supponiamo che questo punto sia l'inizio di una modificazione.Nel momento in cui l'Universo entra in questa modificazione, se fosse abbandonato a se stesso seguirebbe unatraiettoria rappresentata appunto dalla tangente all'elica nel punto dato.Ma esso è aspirato dalla volontà del cielo (principio di attività) e costretto verso il cielo (principio del bene):descrive dunque l'elica indicata, e il passo dell'elica è appunto la misura matematica della «forza attrattiva dellaDivinità». Non c'è un modo diretto per apprezzare questa misura; la si potrebbe conoscere solo per analogia(principio di armonia), qualora l'Universo, nella sua modificazione presente, si ricordasse della suamodificazione passata e potesse in tal maniera giudicare della quantità metafisica acquisita e quindi misurare laforza ascensionale. Non è detto che la cosa sia impossibile, dato che è facilmente comprensibile; non si trovaperò tra le facoltà della presente umanità (5).

5 Si vede in tal modo che quanti scambiano il cerchio per il simbolo dell'Evoluzione si dimenticano,semplicemente, della causa prima.

In tutto il percorso dell'Universo lungo la rivoluzione dell'elica che raffigura la sua modificazione presente, glielementi che lo reggono sono analoghi (armonia) e non-identici (attività) a quelli che lo hanno retto nellemodificazioni ulteriori. Lo studio della presente modificazione dell'Universo può dunque, se ben intrapreso,procurare per analogia dati preziosi circa i destini (passati e futuri) di tutti gli esseri. E' questo un lavoro utile percoloro che saranno in grado di dedicarsi ad esso. Giunto al termine della rivoluzione considerata nell'elica,l'Universo tende al termine della sua modificazione e passa nella modificazione successiva, che è superiore,secondo quanto esige il principio del bene. Ma l'elica è, dappertutto e in tutti i suoi punti, regolare; tra la fine diuna modificazione e l'inizio di quella che segue non vi è dunque né scossa né brusco cambiamento: ilpassaggio da una modificazione all'altra avviene in maniera logica e semplice quanto il passaggio da unasituazione a un'altra all'interno di una medesima modificazione: l'universo si muove sempre normalmente e conun movimento uguale (legge d'armonia). Il passaggio è insensibile; non vi è nulla di sorprendente né didoloroso. L'Universo, dunque, passa nella modificazione seguente, dove occupa successivamente posizionianaloghe (armonia) su una superficie superiore (bene) dell'elica. Questo movimento dura così per tutto il corsodell'Evoluzione; sarà eterno? In altre parole, le modificazioni si succederanno sempre le une alle altre? e l'elicadescriverà senza fermarsi mai le sue rivoluzioni nel cilindro senza basi? Anche questo è stato detto, e taleaffermazione è stata fondata sul principio secondo cui la volontà del cielo, avendo manifestato il movimento,non sarebbe in grado di arrestarlo. Ma è completamente fuor di luogo concepire il movimento della volontàceleste come inerente al passaggio da un luogo a un altro, ossia come uno spostamento, quale che sia ilmondo in cui tale spostamento venga considerato. Vedremo nel Libro di Lao-tze, esplicativo del Yi-king, che il«movimento celeste» si avvicina moltissimo, sul piano metafisico, a ciò che sul piano delle modificazionichiamiamo riposo. Questa non è dunque una obiezione seria. Quand'è che si esaurirà la serie dellemodificazioni? L'Universo che le percorre lo saprà quando saprà non solo la misura del passo dell'elica, cioèdella forza attrattiva della Divinità, ma quando saprà la distanza che, sull'altezza del cilindro ideale, lo separadalla Perfezione. Ma che importa se noi non possiamo attualmente stabilire questa determinazione, sesappiamo come la stabiliremo più tardi, mediante l'apprezzamento di tali elementi e l'acquisizione delle facoltàmancanti alla stasi umana? Ancora una volta, la logica della matematica ci consola della nostra insufficienteintelligenza. Il cilindro simbolico intorno al quale si avvolge l'elica evolutiva secondo il principio di attività saleall'infinito. Ora, le parallele si incontrano all'infinito, sicché la superficie laterale e l'altezza del cilindro siincontrano anch'esse all'infinito in un solo punto: il limite del cilindro è dunque un cono. E' questa la figura chela matematica ci presenta quando consideriamo la fine delle modificazioni, ossia il momento dellaTrasformazione, vale a dire l'Idea della Reintegrazione. E la matematica è qui assoluta, di una precisionestupefacente. E' esattamente verso un luogo dell'altezza del cilindro (divenuto il vertice del cono), checonvergono in un solo punto tutti gli elementi della superficie laterale del volume e quindi l'elica che ivi sisviluppa: l'estremità ipotetica dell'altezza del cilindro è, lo si è visto, il centro d'attrazione della volontà del cielo;è dunque esatto dire che, all'infinito, l'Universo evoluto si confonde con la Perfezione. L'Universo non può,neanche matematicamente, passare altrove, né sfuggire alla Perfezione attraverso un'altra corrente di forme.

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La reintegrazione in seno alla Perfezione è la sorte totale e inevitabile di tutti gli esseri. Se spingiamo ancora dipiù il simbolo analogico presentato dalla figura geometrica, si può presumere che, dopo essersi confuso con laPerfezione, l'Universo se ne distingue di nuovo. Infatti un cono, anche se generato dal cilindro suppostoall'infinito, comporta un'altra terminazione conica, contrapposta alla prima rispetto al vertice; e così l'Universo simuoverebbe lungo una nuova elica conica. Nulla si oppone a questa verità matematica. essa però non puòessere trasportata simbolicamente in neetafisica. Infatti l'infinito matematico presuppone i numeri transfiniti; piùsemplicemente ancora, a ogni istante delle discussioni algebriche si è portati a concepire una nozione al di làdell'infinito. E' questa la miglior dimostrazione del fatto che l'infinito matematico non è l'infinito, ma è l'indefinitometafisico: la Perfezione celeste non risiede nell'indefinito, ma nell'Infinito: e se noi possiamo assumerel'indefinito come immagine dell'infinito, non possiamo applicare all'infinito i ragionamenti dell'indefinito. Ilsimbolismo discende, ma non risale. Salutiamo dunque con fiducia i disegni, ancora sconosciuti, ma logici eintelligibili, della volontà del cielo; e non nutriamo nessun timore circa il processo e la fine, inevitabilmente felici,dei Destini dell'Universo.

13) Matgioi

I destini dell'umanità

...Portiamoci sull'elica dell'Evoluzione a un punto dell'intersezione fornita dalla parallela all'altezza del cilindrosulla sua superficie laterale; questa parallela taglia tutte le rivoluzioni dell'elica; tra due punti di intersezioneconsecutivi è figurata la spira dell'Umanità: il punto d'intersezione inferiore è quello dell'inizio della spira, nonchédella nostra osservazione attuale. E' il momento in cui l'Umanità nasce (1).Nasce, vale a dire proviene dalla modificazione precedente senza traumi né scosse, salendo dolcemente per lacurva, con un moto circolare continuo, dovuto alla forza attrattiva della Perfezione. La legge di causalità èl'origine di questa nascita e della perpetuità di questa nascita, almeno finché vi sarà una corrente di Forme:infatti la forma umana può confondersi nell'Universale: e vi si confonderà certamente; essa non può tuttaviaperire nel senso negativo che le nostre obiettività danno a questo termine grammaticale, vale a dire finiràdolcemente con l'espirazione della propria forma e con la sua sostituzione da parte di un'altra, ma comunquenon terminerà affatto, in pieno movimento, a causa di un brutale cataclisma che venga a infrangere il corsouniforme del suo destino. Lasciamo dunque, e senza un più lungo sviluppo, che sarebbe davvero ozioso, la finedel mondo al buon re Roberto e la congelazione del nostro globo a Camille Flammarion: queste ipotesi sonogratuite e, nel caso in cui le si considerino come materialmente e fisiologicamente realizzabili, esse noninfluirebbero per nulla sulla Forma umana né sui Destini dell'Umanità.

1 Diciamo l'Umanità e non l'uomo in particolare. Qui studiamo l'uomo collettivo. E' il libero arbitrio della speciequello che dall'uomo collettivo trae gli individui.

Il globo terrestre, in quanto veicolo, potrebbe perire solo quando fosse divenuto inutile. In altri termini, l'umanitànon perirà col pianeta, bensì sarà il pianeta a perire quando esso non servisse più di teatro all'Uumanità. E tuttequeste non sono altro che contingenze superflue e ridondanti. La legge dell'attività spinge l'Umanità, fin dallasua nascita, lungo la spirale della sua evoluzione particolare; l'Umanità non resta mai immobile su un punto diquesta spirale e non passa mai due volte per il medesimo punto. Significa, questo, che il ciclo umano sicompone soltanto della vita terrestre e che dopo la morte non dovremo più tornare sul pianeta? Sarebbe unpresuntuoso chi volesse dare una risposta definitiva, quale che fosse, a tale interrogativo. Certamente noi nonpasseremo mai più per la stasi umana quale la attraversiamo oggi, poiché la legge di attività, la legge d'armoniae la legge del bene sarebbero in tal modo violate tutte quante insieme. Ma vi sono forse sulla terra unicamentedei «composti umani»? Ed è solo sulla terra che potrebbero modificarsi i «composti umani»? Cerchiamo dirispondere per analogia a domande così impegnative.Nei tre regni che noi conosciamo sul nostro globo, il regno animale vede e sente il regno vegetale e il regnominerale; il regno vegetale percepisce ma non vede; il regno minerale non percepisce e non vede (2). Eccol'insieme di ciò che cade sotto i nostri sensi. Ma noi avvertiamo l'esistenza, senza vederla, di un'altra realtà,oltre a quelle catalogate nei tre regni di cui sopra. Tutto ciò che è elettricità, psichismo, forze erranti, è realtàche non cade affatto sotto il controllo dei nostri sensi, realtà davanti alla quale l'Umanità si trova nel medesimorapporto in cui sta la pianta davanti all'Umanità.

2 Tale è quanto meno la situazione della scienza sperimentale odierna.

E' possibile spingere più lontano l'analogia. Il minerale non sente che noi lo spostiamo e ci serviamo di esso:

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noi potremmo benissimo essere gli strumenti inconsci di esseri terrestri privi di tutti i nostri cinque sensi, esseriche noi ignoriamo e che usano del nostro spirito senza che il nostro spirito lo sappia, esattamente come lanostra volontà si serve del minerale (3). Noi governiamo gli animali, le piante e i metalli; perché, se non pereffetto dell'orgoglio più ridicolo, dovremmo rifiutare di essere governati a nostra volta da qualcun altro edovremmo respingere l'ipotesi che fra Dio e noi vi sia una qualche altra forma dell'Universo? Ciò è del tuttoillogico e comincia anche a essere contrario alle recenti scoperte delle scienze mentali e psichiche. Questiesseri superiori, queste entità indiscutibili, benché sconosciute, queste forme assolutamente normalidell'Universo, sono o non sono Umanità sublimate? Chi dunque oserà dire una parola sicura? Ma chi oserà direche è una cosa impossibile? D'altronde, il ciclo umano è inevitabilmente limitato alla funzione che lo vediamosvolgere su questa terra? E' indispensabile, perché un uomo resti nell'umanità, che tocchi il suolo coi piedi, cheraccolga il frumento con le mani, che divori la carne coi denti? Nessuno pretenderà di affermare che l'essenzadell'Umanità è nella forma, ossia, per usare un linguaggio più fisico, nel possesso e nell'uso dei cinque sensi enell'habitat del nostro attuale pianeta. L'Umanità può svilupparsi fuori dal pianeta, con un'apparenza e dei mezziappropriati alle condizioni formali d'esistenza che le saranno riservate altrove. Ecco che cosa è ancoraperfettamente analogico e plausibile. Così, per l'Umanità, essere su questa terra con altri elementi organici, conun'altra Vita, oppure passare a una altra modificazione con organi analoghi ma perfezionati: ecco duevariazioni, egualmente accettabili, della legge delle Rinascite. Tale è la metampsicosi buddhista e pitagoricache tutta l'antichità ammette e che noi ammettiamo con essa, come un corollario, perfettamente logico edimostrato, delle Leggi dell'Evoluzione.

3 La suggestione conferisce ad alcuni esseri umani il potere su altri esseri umani, i quali perdono la propriavolontà a vantaggio di quella dei loro momentanei padroni; sarebbe dunque sciocco pretendere che la nostraipotesi non riposi su di un dato sperimentale, oltre che sull'analogia.

Questa legge delle Rinascite riguarda l'Umanità in tutto il ciclo umano; essa ha una delle sue applicazioni nellaspecie umana terrestre; ed è per questo che poc'anzi distinguevamo fra l'Uomo collettivo e l'uomo individuale.L'Umanità è una spira dell'elica; la specie umana attuale è uno dei punti della spira (4). Facciamo sempreattenzione a non confonderci, a non prendere la parte per il tutto e a non cadere di conseguenza nellefantasticherie più nebulose o nel trasformismo più grossolano. La vita umana terrestre è uno dei punti del cicloumano; è una delle forme dell'Umanità; e l'Umanità, per effetto della legge delle Rinascite, attraversa la stasiumana presente, senza permanervi e senza ritornarvi. Ma se la specie umana è perduta per l'uomo dopo lamorte individuale, l'Umanità rimane nell'Uomo collettivo. E vedremo più avanti come si comporta l'aggregatoumano in queste differenti situazioni. Vedremo anche che, anteriormente e ulteriormente al ciclo umano,sussiste, di ciò che fa la caratteristica dell'Umanità, un elemento costitutivo immanente ed eterno. La Legged'armonia spinge l'Umanità lungo il suo ciclo in un movimento generale e uniforme. Il movimento è generale, inquanto nessuna delle particelle costituenti l'Umanità potrebbe sfuggirvi casualmente o sottrarvisivolontariamente: è uniforme, in quanto la causa iniziale (il movimento dovuto alla manifestazione della volontàdel cielo) si esercita su tutta l'Umanità in un modo sempre uguale a se stesso, mentre essa si muove lungo lasua spira senza scosse e senza soste. Questa legge di armonia ha una triplice conseguenza; nella sortedell'Umanità non c'è nulla di casuale; non vi è differenziazione essenziale; non vi sono sorprese né eccezioni.Non c'è casualità: il caso è infatti prodotto dall'accordo dell'incoscienza dell'elemento con l'assenza del suomotore iniziale. Ammettiamo volentieri l'incoscienza dell'elemento, in quanto impotenza nel corso di unamodificazione e inintellezione impotente, se consideriamo la serie delle modificazioni. Ma come potremoammettere l'assenza del motore, ovvero l'oblio in cui la Volontà del cielo lascerebbe la più piccola delleparticelle lanciate dal principio di causalità nel movimento, ossia nell'esistenza obiettiva? Ciò è assolutamenteimpossibile; infatti, se l'elemento particolare considerato fosse lasciato al caso fuori dall'Universo manifestato,bisognerebbe negare l'infinito della Volontà del cielo; e se l'elemento fosse lasciato al caso entro l'Universomanifestato, bisognerebbe negare la Pérfezione onnisciente di questa Volontà. Vale a dire che questa Volontàdel cielo non esisterebbe affatto. Il caso e il cielo si contraddicono e si escludono a vicenda. E poiché l'Universoè il cielo manifestato, noi dobbiamo negare sia il caso sia l'Universo, fino alla più concreta testimonianza deinostri sensi. Giungiamo dunque a questa conclusione: il Caso non esiste. E siamo lieti di constatare che questaconclusione è da gran tempo iscritta sulla soglia dell'alta scienza puramente occidentale e traspare dalle operedei maestri che di essa si occupano. Nel cristianesimo e in tutti i sistemi religiosi e filosofici che da essoprovengono o dai quali esso proviene, questa parte efficiente del principio d'armonia porta il nome diProvvidenza, parola il cui significato radicale costituisce la negazione stessa del caso. Non c'è differenziazione,nell'Umanità, fra i destini dei diversi elementi che la compongono. Gli elementi che, in un dato punto, entranosimultaneamente - armonicamente - in una modificazione, escono insieme da questa modificazione ed entranoinsieme in un'altra. Inoltre, tutti gli elementi percorrono tutte le modificazioni nel medesimo ordine. Infine, il lorotermine è il medesimo per tutti, come la loro origine.

4 E' quindi essa che può avere, come simbolo, il circolo della vita, caratterizzato dallo Yin-Yang, che studieremopiù avanti.

Ecco che cosa vuole esattamente la legge dell'Armonia; è impossibile che questa legge sia violata in qualcuno

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dei suoi punti. Vedremo, nel prosieguo di questi studi, quando prenderemo i testi del Kang-Ying, o delleSanzioni, come il dogma grossolano delle Ricompense e delle Pene si trasformi allorché coloro che loinsegnano non debbono trarre, dal terrore che esso ispira ai credenti, denaro o potere. Dobbiamo affermare find'ora che il Principio, ugualmente inalterabile, della Giustizia, ottiene sempre e dappertutto una completasoddisfazione. Ma la caratteristica degli attributi del cielo è che si conformano gli uni agli altri e non subiscononessun impaccio, fin nelle estreme conseguenze; il principio della Giustizia si adegua molto bene alla leggedell'Armonia, di cui esso è una manifestazione metafisica; e l'Armonia, come il suo corollario, la Giustizia, vuoleche la sorte finale dell'Umanità e dell'Universo sia una sorte comune e unica. Notiamo di sfuggita che, in virtùdell'applicazione dell'Armonia, così come in virtù dell'applicazione dell'Attività, non è lecito ammettere la brutalemetempsicosi sostenuta dai mediocri. successori di Pitagora. Alcuni elementi non potrebbero rimanere in unamodificazione - conservando o mutando le loro forme - mentre altri elementi, entrati insieme con loro in questamodificazione, la attraversano o la abbandonano; gli uni non potrebbero avanzare, mentre gli altri retrocedono,sotto il pretesto delle sanzioni; infatti, diciamolo una volta per tutte, le sanzioni riferite agli atti temporanei sononecessariamente oggettive e non possono applicarsi alle leggi consequenziali della soggettività. Tutti gli esseriseguono, nella corrente delle forme, un movimento armonico e regolare; ed è la legge del bene quella che,sola, determina la direzione di questo movimento...

In questo VIII capitolo de "La Via Metafisica", Matgioi applica il simbolismo geometrico precedentemente vistoalle condizioni individuali. In questa applicazione, tale simbolismo è praticamente identico a quello usato daGuenon ne "Il Simbolismo della Croce". Distinguendo l'individuo dalla Personalità, Matgioi spiega la differenzaconcettuale tra reincarnazione e rinascita.

14) Matgioi

Le Condizioni dell'Individuo

Abbiamo visto ciò che sono, e ciò che promettono i Destini dell'Umanità considerati come una spira del cilindroevolutivo, come un ciclo nella modificazione dell'Universo. Ma noi sappiamo, di conseguenza, che questo Cicloumano comprende tutta l'umanità, vale a dire tutta la specie umana che noi conosciamo e tutte le varietàpossibili, anteriori o posteriori alla specie...La specie umana è un momento del ciclo; l'individuo è un momento della specie. Ma uno qualunque, dal puntodi vista dello studio da fare, può essere preso come unità-tipo. Questa unità-tipo obbedisce, sul suo piano, allequattro leggi fondamentali del tetragramma, ed essa occupa il posto del suo momento nel cilindro evolutivo.Conviene situarla immediatamente sull'elica e sulla sua spira, in modo tale che il disegno, seguendo l'usanza, cifornirà per analogia i dati dell'esame. L'individuo che noi consideriamo, fa parte della specie ed è necessarioalla costituzione della specie; i suoi attributi relativi e le sue qualità essenziali formano le caratteristiche dellaspecie: una sola cosa non importa affatto: è il numero degli individui; si può concepire una specie rappresentatada un solo individuo, ed una specie rappresentata da innumerevoli individui: così non si conta affatto il numerodegli individui; e, quale che sia il loro numero, maggiore o minore, non modificherebbe per nulla la specie. E'ciò che si chiama innumerabilità matematica. E noi vediamo che l'individuo è precisamente per la specie ciòche il punto è per la linea, il cui carattere è di essere composta da un numero indefinito di punti. E così larappresentazione grafica espressa dall'individuo sarà un punto sulla spira che rappresenta la sua specie. Se laposizione dell'individuo sulla spira è un punto, l'evoluzione dell'individuo, in rapporto al cilindro evolutivouniversale, sarà rappresentata da una superficie. Notiamo subito che questo non è vero in assoluto; anzituttoper una ragione metafisica, poiché, se l'evoluzione individuale fosse rappresentata da una superficie, il puntod'arrivo sarebbe uguale al punto di partenza, e così non si avrebbe attività (ma monotonia e immobilità con ilricominciamento), e non si avrebe del bene, giacché l'attrazione verso la perfezione non si farebbe sentire; inseguito, per una ragione matematica, poiché se l'evoluzione A fosse esattamente una superficie, essaritornerebbe al suo punto di partenza per iniziare l'evoluzione B, e così i tempi dell'individuo nonpercorrerebbero la spira. Ciò vuol dire che il numero dei punti che la compongono sarebbe infinito. Ora, questonumero non è che indefinito, e così l'evoluzione partita dal punto A della spira ritorna al punto B, che è il puntoseguente, indefinitamente vicino ma matematicamente distinto. Così, in realtà, l'evoluzione individuale è unaspira, una funzione d'elica il cui passo è infinitesimale. Perciò, essendo dato che noi viviamo, agiamo eragioniamo al presente su delle contingenze, noi possiamo e dobbiamo anche considerare il grafico di questaevoluzione come una superficie. E, in realtà, essa ne possiede tutti gli attributi e le qualità, e non differisce dallasuperficie che considerata come l'Assoluto. Così, sul nostro piano, il circolo vitale è una verità immediata, e ilcerchio è la rappresentazione del ciclo individuale umano. Qui torniamo dunque alla concezione occidentaleche non è falsa, come abbiamo previsto, ma male applicata ai movimenti dell'Universo, dal momento che essadeve l'esistenza all'azione dell'uomo solo. Il cerchio del destino individuale di ciascuno, presso le razze gialle, èrappresentato dal simbolo dello Yin-yang...Esistendo, lo Yin-yang sopdisfa il Principio di causalità: muovendosi attorno al suo centro con la velocità

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dell'evoluzione umana specifica, soddisfa la legge di attività; avendo la forma circolare, soddisfa la legge diarmonia; essendo preceduto e seguito da un numero indefinito di cerchi concentrici adempie la legge del bepe.Ma rileviamo qui - ed è una riflessione che bisogna compiere molto profondamente - che i primi tre principisono soddisfatti all'interno stesso dello Yin-yang e che il soddisfacimento del quarto pnncipio (Pricipio del bene)si trova fuori dello Yin-yang, vale a dire che per procurare tale soddisfacimento bisogna considerare lasituazione dei cerchi immediatamente vicini. Nell'interno di un cerchio considerato isolatamente, la legge delbene non è soddisfatta. Ossia, nell'interno di una evoluzione umana individuale l'attrazione della volontà delcielo non si fa sentire. Questa sorprendente constatazione risulta dalla considerazione matematica del grafico;ed essa ci conduce, a conseguenze metafisiche, almeno le più rilevanti, se non le più impreviste (2)...

2 Non bisogna mai perdere di vista che, se preso a parte, lo Yin-yang può essere considerato come un cerchio,ed esso è, nella successione delle modificazioni individuali, un elemento d'elica: ogni modificazione individualeè essenzialmente un vortice a tre dimensioni; non vi è che una sola stasi umana; e non si ripassa mai per ilcammino già percorso. Questo per troncare ogni tentativo, più o meno ingegnoso, di adattamento dellaTradizione Primordiale a teorie panteiste od anche spiritualiste nel senso speciale che danno a questo terminetaluni sperimentatori occidentali.

Non è qui il momento di indicare quali sono i sette elementi che la tradizione riconosce alla specie umana. Lovedremo ampiamente nella parte di questi studi concernente le scienze psicologiche e psichiche trattedirettamente dalla dottrina di Lao-tze. Ma fin d'ora possiamo affermare - e quest'affermazione non stupirà perniente chi ha scrutato gli arcani del ternario e del settenario indù - che i sette elementi umani della TradizionePrimordiale possono riassumersi in una terna, e che essi si adattano molto bene alla triade: corpo, anima,spirito, così come la conoscono e la definiscono gli adepti occidentali. Ed è su questa triade, familiare a tutti, eche la cattolicità romana deve, dai suoi testi fondamentali, riconoscere essa stessa, che porremo le nostreindagini e la nostra dimostrazione. L'essere umano non è un'entità; esso è un aggregato, e, in realtà, unaggregato di elementi naturalmente assai poco coerenti fra loro, poiché differiscono tra loro essenzialmente gliuni dagli altri. Questi tre elementi che costituiscono l'uomo come noi lo conosciamo, esistonoindipendentemente gli uni dagli altri; vi sono corpi senza anime né spiriti, come la materia terrestre; vi sonoanime senza spirito né corpi, come i fluidi invisibili emanati dalle forse fisiche celesti, o erranti; vi sono spiritisenza corpi, come quelli che i cattolici chiamano i «cori degli angeli», e che rispondono ad una realtà assoluta.Non diciamo qui niente di nuovo, ma presentiamo, sotto un nuovo aspetto, la percezione di cose antiche. Glielementi che compongono l'uomo non hanno quindi bisogno di restare uniti per esistere; ma è la loro unioneche costituisce l'uomo. Prima che essi si riunissero, non esisteva alcuna umanità; dopo la loro dissociazione,non esiste alcuna umanità. L'umanità è formata dalla loro temporanea coesione. E' dunque, non su questielementi in sè, ma sulla loro unione e coesione, che si esercitano i fenomeni della nascita e della morte,particolari alla nostra specie. Dobbiamo anche dire che questi elementi, presi ognuno in particolare, sonoindifferenti alla nascita e alla morte, che non possono interessare altro che le loro modalità, o le loro qualitàproteiche. Questa verità è già intravista e sentita - se non dimostrata - per lo spirito e per l'anima. Essa non èmeno precisa in ciò che concerne la materia. Sarebbe assurdo dire che l'atto della generazione crea la materiadi cui il corpo umano è formato: poiché solo il germe feconda, cioè provoca lo sviluppo della forma umana sudelle particelle condensate della materia. Sarebbe anche assurdo affermare che l'atto della morte uccide lamateria: essa la disaggrega, cioè la libera della componente umana, le toglie la forma solo sotto la quale essapoteva far parte dell'uomo, e la ritorna alla corrente delle forme, dove non resterà inutilizzata, finché l'Universosarà sotto il regno del Limite. La nascita umana è dunque la formula di composiziòne di un aggregato (sidirebbe chimicamente: la formula di produzione di un precipitato). Siccome noi siamo in evoluzione, cioèparlando secondo le contingenze, in progresso, nel mezzo dei cicli, lungo le rivoluzioni dell'elica che ci conducealla volontà del cielo, questa nascita è benefica, vale a dire che l'aggregato così formato, comporta elementisuperiori a quelli dell'aggregato precedente, la cui nascita alla stasi umana ha provocato l'immediatadissociazione. L'uscita dalla stasi ante-umana corrisponde alla dispersione, nella corrente universale, di unelemento inferiore all'ultimo degli elementi umani, ovvero della parte più massiccia e rudimentale della materia.L'entrata nella stasi umana, che le è coincidente, corrisponde all'acquisizione di un elemento superiore, loSpirito, o di una parte dello Spirito che l'altra stasi non possedeva affatto. Noi parliamo sempre, è beninteso, inmaniera contingente, perché diventa ogni giorno più scientificamente probabile, e più metafisicamenteindispensabile, che i diversi elementi di cui sono composti gli esseri, sono gli stati differenti di una sola edidentica Cosa (supponiamo: della sola Materia) depurata e sublimata, attraverso gli individui, sotto l'attrazionebenigna della volontà del cielo, tramite gli sforzi continui della personalità. Il fenomeno della morte èassolutamente identico, e sembra determinare degli effetti analoghi, ma in senso inverso, solo perché abbiamopreso la cattiva abitudine di considerarla dal solo punto di vista della stasi umana. L'uscita da questa stasi(morte) corrisponde alla dispersione del corpo, alla perdita della forma materiale umana, che è la parte piùbassa del nostro composto. Ma l'entrata nella stasi super-umana (nascita) che è coincidente alla morte umana,comporta l'aggiunta di un elemento spirituale, di cui non conosciamo il valore, e che è superiore al migliore deinostri elementi umani. E' perciò che la morte umana, dal momento che coincide con una miglior nascita, èsuperiore, metafisicamente, alla nascita umana. Ecco dunque l'aggregato umano. Nessuno dei suoi elementi gliappartiene in proprio, poiché essi tutti fanno parte di altri aggregati, sia inferiori, sia superiori. Nessuno di essi è

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intaccato essenzialmente dai fenomeni umani. L'aggregato è dunque costituito solamente dall'associazionetemporanea di questi elementi indipendenti. E la caratteristica umana è questa: che in nessun'altra parte questielementi si trovano riuniti insieme, nell'ordine e con i coefficienti che hanno nella nostra stasi. La specialitàumana non è dunque una specialità d'essenza né di natura; è una specialità di grado e di metodo. Questogrado, questo metodo, in una parola questo concatenamento particolare, è l'INDIVIDUO. Ma questo, nell'uomo,non è tutto; e qui noi tocchiamo il fondo della cosa metafisica per ciò che concerne il nostro stato presente. Glielementi dell'aggregato umano, di cui abbiamo ammesso la condensazione in tre principali, sono indipendentigli uni dagli altri, e rivestono, nell'evoluzione dell'Universo, qualità diverse e disparate, il cui gioco tende adallontanarle le une dalle altre: l'abbiamo già determinato più sopra. Ciò nonostante, l'aggregato umano, se nonè così omogeneo come ci si augurerebbe, è solido; esso possiede quindi innata una forza di coesione a cuiobbedisce. Si è potuto affermare che questa forza di coesione era la volontà divina; questo può essereevidentemente una conseguenza; ma non è la volontà del cielo. Ci si riporti alle indiscutibili concezionigeometriche dei capitoli precedenti; vi si vedrà chè, nella stasi umana, la volontà del cielo non si fa sentireaffatto, ed è appunto per questo che l'uomo possiede una libertà relativa, e che il simbolo grafico della sua stasipuò essere un cerchio e non una rivoluzione d'elica. Questa forza non è la volontà del cielo; e nemmeno laforza degli elementi costitutivi dell'umanità, che è una forza personale, indipendente, quindi centrifuga, inrapporto al composto umano. Questa forza, che è un'emanazione della volontà dél cielo, ci appartienespecificamente: questa forza che mantiene unito l'aggregato umano, e che fa nascere e anima l'individuo, è laPERSONALlTA'. Individualità e Personalità: stati diversi, che non appartengono allo stesso piano, che nonpossiedono la medesima organizzazione, la stessa esistenza, e di cui il secondo è superiore al primo con tuttala superiorità che l'eternità ha sul tempo; termine di cui, peraltro, un'abitudine spiacevole ha creato dei sinonimi,o in ogni caso degli analoghi, la cui confusione ha generato, nel ragionamento scientifico e nell'immaginazionepopolare, i più detestabili errori: quando sapremo che la persona è la sorgente di tutti gli individui successivi chehanno rappresentato la forza di coesione di cui parlavamo poco fa, comprenderemo come si armonizzano econvivono proposizioni ed interi sistemi, che sembrerebbero opposti, in seguito ad una mancanza di definizioni,o ad una confusione di oggetti. L'individualità è, in apparenza, la personalità considerata in un ciclo; in realtànon è nemmeno questo; poiché la personalità esiste completamente al di fuori dell'individuo e non è intaccatané dalla nascita, né dalla morte, né da alcuno dei cambiamenti all'interno del ciclo. Esattamente, l'individualità èla risultante dello sforzo della personalità su di un composto, su di un composto umano, per esempio. Diconseguenza, l'individualità è assolutamente legata ad un composto, e si trasforma con esso; la personalitàsussiste sempre eguale, e non si trasforma con esso; la personalità sussiste sempre eguale a se stessa. Cosìl'individuo umano, che è il risultato delle influenze fisiologiche e psicologiche degli elementi del compostoumano gli uni sugli altri, l'individuo umano appare, si sviluppa e scompare, contemporaneamente al compostodi cui è espressione. La personalità, così come si esercita sul composto, si chiama la personalità umana; manon è che un avatar, una misura temporanea del suo valore: essa si applica oggi al composto umano, ieri alcomposto che l'ha preceduta, domani al composto che la seguirà; ed essa è sempre simile a se stessa, perchéla natura e le determinanti di una forza sono indipendenti dal suo punto di applicazione. L'individuo è dunqueproteico e contingente: la personalità è immortale: ed essa contiene l'indefinita successione degli individui.Vediamo dunque chiaramente ora di cosa si compone la «personalità umana», particella della personalitàuniversale. Essa si compone di un aggregato umano, che costituisce l'individuo; si compone anche déimovimenti generati fra loro dall'avvicinamento degli elementi dell'individuo; si compone infine dei movimenti chela personalità imprime, nel suo sforzo di coesione, sull'individuo. Si può, con un'accettabile analogia, arguireche, di questa trinità umana, il primo termine corrisponde al corpo, il secondo all'anima, il terzo allo spirito, non,beninteso, nella loro essenza, ma nella loro manifestazione. Ma non bisognerebbe, pena l'errore, spingeretroppo lontano le conseguenze di quest'analogia, fatta soprattutto a scopo di semplificazione, e non per crearenuove categorie. In questo modo si trova chiarita, provata e vendicata di tutte le sue ingiurie, la legge buddhistae pitagorica delle Rinascite, che molti dei suoi stessi adepti interpretano mediocramente. Non bisogna affattointendere degli individui, poiché essa è contraria alla loro condizione; occorre intendere la personalità, affinchéun individuo (cioè un campo d'azione e di sforzo) scomparso si scelga un altro individuo, ovvero affinché unindividuo morto, rinasca in un altro individuo. (Notiamo che la scelta dell'individuo è tale, che soddisfa semprealle quattro leggi primordiali di attività, di libertà, di armonia e di bene, e che in questo modo la metempsicosianimale appare anche qui un ridicolo controsenso ed una vera barbarie). E così, la personalità - che in un datomomento fu, è, o sarà la personalità umana, a seconda del momento del ciclo che si considera - passerà diesistenza in esistenza fino «alla reintegrazione nell' esistenza suprema, in Dio». Nessun altro luogo migliore diquesto, per dimostràre come; quando ci si sia accordati sulle definizioni, non vi è che un solo modo di dire laverità, in nessun altro luogo sarà meglio posta questa frase che sottolineo a matita, frase di un occultista che fuesclusivamente occidentale, il mio caro amico e fratello Stanislao de Guaita. E' in questa immutabilità dellapersona che si soddisfa il nostro vago desiderio d'infinito; è in essa che deve confidarsi il ben più preciso affettoche portiamo per noi stessi, attraverso i nostri simili: essa ci basterà, se sapremo sublimare questi affetti, edistaccarci dalle aspirazioni inferiori, che sono troppo pesanti per seguirci nell'àscensione indefinita dell'elicaevolutiva. Ed è essa che è insieme testimone e garanzia della nostra eternità. Così come questa distinzione,così profonda, così necessaria, e che sembra sottile solo perché la si è per troppo tempo misconosciuta, cichiarisce la legge delle Rinascite, di cui possiamo, tutti, in qualsiasi culto tradizionale, quale che sia, esserefedeli, così ci illuminerà il fenomeno razionale della morte umana, e la causa del tragico laceramento e dell'

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orrore che ci ispira. Abbiamo ampiamente dimostrato come ogni morte (e la morte umana non vi fa eccezione)sia un passaggio benefico da uno stato qualunque ad uno stato superiore. Anche i più profondi pensatori hannoaspirato alla morte, come al solo mezzo del loro. perfezionamento. Ma tutta l'umanità, e questi stessi pensatori,si rivoltano con tutto il loro essere al momento del passaggio. E quando vediamo morire davanti a noi uno deinostri, malgrado tutti i ragionamenti metafisici che possiamo fare, siamo presi dal terrore e dalla tristezza; epiangiamo insieme su chi se n'è andato, e su di noi, che pertanto lo seguiremo. Come spiegare questauniversale impressione, che sarebbe una follìa se altri fattori, oltre a quelli che segnaleremo, non entrassero ingioco? E' perché siamo particolarmente attaccati, in questo passaggio, dagli elementi che questo passaggiotocca ed assume in forma più considerevole. E consideriamo psichicamente il ruolo della morte umananell'evoluzio.ne della nostra personalità. Il corpo - ovvero la forma - e la forma caratteristica della specie - nonha più ragione d'essere, e in effetti scompare, più o meno rapidamente, per «sposare» altri contorni, perdivenire un'altra forma, che ci è indifferente, allo stesso modo in cui ci è indifferente una qualunque formaumana non animata. Non è affatto là che risiedono l'angoscia e la causa del dolore. La personalità - l'abbiamovisto - sussiste; ed essa sussiste, aumentata e perfezionata attraverso le esistenze che ha percorso el'individualità che ha animato; essa è aumentata dal suo proprio sforzo, che l'individualità, in cui questo sforzo èstato effettuato, le rende al momento della dissociazione. E questo bagaglio che la personalità porta con sè inaltri cicli, è l'eredità sacra delle nostre idee, delle nostre concezioni, delle nostre, fatiche e delle nostresofferenze. E poiché, per individualizzarsi di nuovo, la personalità sale di un grado, non è nemmeno là cherisiede il rimpianto. Ma abbiamo mostrato che il composto umano comprendeva ancora i movimenti causati dalconfronto dei suoi elementi fra di loro, e dalla somma dei suoi elementi fra di loro, e dalla somma dei suoielementi faccia a faccia della sua personalità. Sono questi - non le idee , che sono figlie della personalità e dellavolontà del cielo- sono questi gli affetti, le impressioni, in una parola i suoi sentimenti umani. La personalità liporterà con sè? No, perché essi furono dell'uomo. Li ritroveremo un giorno? Li sentiremo in modo similealtrove? No. Bisognerebbe, per questo, ritrovare tutti gli altri elementi costitutivi di queste impressioni, cioè glielementi del composto umano associati allo stesso modo, con- gli stessi coefficienti: cioè bisognerebberitrovare, in un altro ciclo, la caratteristica del ciclo umano. E questo è impossibile. Certi elementi umani siritroveranno, ma non tutti, e non con lo stesso valore: essi non influiranno quindi nello stesso modo gli uni suglialtri; la personalità non si sforzerà più su di loro con i medesimi risultati. I "Sentimenti dell'uomo" sono dunquespecifici dell'uomo e spariscono con esso. E mentre il suo corpo se ne ritorna alla materia per entrare in un'altracorrente di forme, mentre il suo spirito inalterabile conduce la personalità nella sua ascensione, la sua anima,che è la più tenue, se si vuole, delle materie, ma che è materia, al dire stesso dei princìpi della Chiesa cattolica(5), la sua anima svanisce nel mondo psichico, nell'etere delle vibrazioni, nel dominio delle forze erranti, che noiconosciamo ancora così male, ma di cui si sa nonostante questo che l'energia liberata è letteralmente astrale.

5 Anima: materia prima (San Tommaso d'Aquino: cap. 75); confrontare anche la bolla di Papa Clemente V sulmedesimo soggetto.

Quella che era la caratteristica animica dell'uomo non la ritroveremo mai più. Ragionevolmente, non potremmorimpiangerla, poiché il suo annientamento è immediatamente rimpiazzato da un elemento di essenza analoga edi qualità superiore. Ma, impulsivamente, preferiamo ciò che abbiamo e conosciamo, a ciò che ignoriamo: masiamo attaccati a questo fascio di impressioni e di sentimenti ancora di più di quanto era la caratteristica delnostro stato umano. Questa sensibilità esclusivamente umana, cordone affettivo con cui ci leghiamo gli uni aglialtri, era quello che avevamo di più caro. Ed è questo, solo questo che si confonde, senza possibile ritornoall'individualizzazione, nell'universale! E notiamo che questa sofferenza ci è tanto più greve perché la sededella sofferenza, riguardo la perdita di questo elemento, è precisamente in questo stesso elemento. Non è conla nostra sessualità, né con la nostra ragione, ma con la nostra sensibilità che deploriamo la scomparsa dellasumma sentimentale che rappresentava l'uomo che muore accanto a noi. E questo è così vero che i nostri piùcocenti rimpianti vanno, non all'uomo di genio, con cui abbiamo legami intellettuali, non ai nostri parenti, con cuiabbiamo legami di sangue, ma a coloro la cui vita fu parallela alla nostra, le cui azioni furono vicine alle nostre,e la cui sensibilità, di conseguenza, penetrò la nostra e ne determinò più di frequente i movimenti. Da questodolore irragionevole, ma naturale, che è l'altruismo umano, vale a dire "l'egoismo generalizzato", ben pochipossono dirsi indenni: poiché la ragione stessa se ne dichiara impotente. E le bizzarrie della nostra sensibilitànon sono qui vinte che dal freno della volontà più potente. Ma il problema non sta affatto qui. Contentiamoci diaver analizzato a fondo la morte, e di averne mostrato l'esatta dissezione, fino ai sentimenti che essa provocain noi. Peraltro, dopo aver detto che cos'è la nascita e che cos'è la vita umana, non lasciamo così lo studio dellacondizione ultima dell'individuo. Poiché, come abbiamo detto, la personalità eterna sale l'elica evolutivaingrossata, nelle sue modalità, della summa sublimata delle idee conosciute e delle impressioni subite. Inquesto modo, anche per quanto riguarda lo stato umano sensibile, esso non perisce interamente. Non perironodi più gli stati che lo precedettero. La nostra personalità, umanamente individualizzata, con i suoi proprimovimenti, è l'eredità, di cui non siamo coscienti, dei cicli anteriori. Il fatto che non ne abbiamo affatto memoria,non potrebbe negarla. Noi abbiamo un chiaro desiderio dell'avvenire: abbiamo dei ricordi oscuri, come lampivelati, del passato: questi desideri e questi vaghi ricordi sono propri del nostro stato umano. E' logiço che,salendo attraverso i cicli, la conoscenza del futuro e la memoria del passato illuminano la nostra intelligenza. Econcepiremo allora come assiomi quelle verità profonde delle quali oggi siamo obbligati demandare la

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concezione alla sintesi analogica. Si sappia dunque che, non solamente per la nostra evoluzione, ma per laformazione definitiva della nostra entità, il passaggio nella stasi umana ci è vantaggioso, e che il meglio di essoci resta, attraverso queste rinascite, con cui corroboriamo l'antica legge. Si sappia che niente di ciò chefacciamo, diciamo, pensiamo, è assolutamente perduto. Si sappia che anche questa sensibilità, che ci fa a tortoconsiderare come il peggiore dei mali il dipartire dalla stasi terrestre, trova alla fine la sua piena soddisfazione.Ci si voglia perdonare, in conclusione di uno studio così rigoroso, una volontaria digressione nel dominiosentimentale. Non abbiamo altro scopo tramite questo che provare l'eccellenza della logica tradizionale, e laprevidente onnipotenza della Volontà del cielo. Poiché lo scopo dell'Evoluzione è l'unità, tutti i sentimentisuscitati dalle bellezze fisiche, tutte le idee suscitate dalle bellezze sentimentali, inscritte nel susseguirsi dellemodificazioni, tendono al luogo metafisico, in cui tutte le bellezze divenute lo splendore, e tutte le idee, divenutela Verità, svaniscono, coscienti, nella Perfezione. Così le personalità che, attraverso tali individualizzazioni, siavvicimano al corso dei cicli, si avvicinano ogni istante di più: queste unioni terrestri, comunque le si vogliachiamare; che noi crediamo la morte non dissolva, si restringono attraverso le modificazioni, a misura che inostri elementi si perfezionano; in modo che - anche se i legami umani ci sembrano stretti - noi siamo ora piùlontani gli uni dagli altri, di come lo saremo mai nei cicli futuri. La nostra aspra e severa logica ci conducedunque ad un risultato inevitabile, che soddisfa la sentimentalità, sbarazzata, evidentemente, del suo egoismonativo, meglio di ogni sogno e di ogni misticismo. Le affinità che constatiamo nel - mezzo umano sono lasomma degli sforzi di altri cicli che precedettero il nostro; esse sono, anche, la preparazione e la promessa dilegami più stretti e disinteressati tra coloro che li stringeranno, e ne faranno delle modalità della loropersonalità. Così le idee pure, coloro che le concepirono, coloro che le provocarono, e coloro che si adoraronoin esse, sublimate ed elevate per mezzo della corrente dell'Evoluzione benefica, ci elevano, eternamemteriuniti, nell'Universale (6)...

6 Si noterà che in questa studio metafisico abbiamo trattato della stasi umana, considerandola al di fuori di tuttele altre stasi. Ciò che abbiamo detto di essa può considerarsi applicabile ad ogni altra stasi specifica, ad ognialtro vortice individuale. Precisiamo solamente, ancora una volta, che l'individuo non passa che una sola voltaattraverso la stessa specie, e che il suo vortice non è che l'applicazione, al suo individuo, della spira figurativadell'evoluzione della specie. Quanto ai rapporti dei vortici tra loro e delle stasi tra loro, la Tradizione cinese cirimanda allo studio di un'altra parte della sua filosofia. In effetti, la successi.one delle stasi ha qualcosa diregolare e coordinato, che è del dominio della Ragione. Le modificazioni che emanano dall'essere, latrasformazione che reintegra gli esseri, ed il Nirvana (Nibban) che è il coronamento e la fine delle serie, devonoessere studiati a partire dai loro movimenti e dalle loro influenze reciproche. Il testo stesso di Wen-wang lo diceespressamente: «La modificazione e la trasformazione, la Via Razionale dell'attività ». Noi ne troveremoesposizione nella Filosofia della Via Razionale, cioè nel sistema taoista di Lao- Tze.

Il Fascicolo B della Miriam, ai paragrafi 10 e 11, offre, in sintesi, la completa visione kremmerziana delpost-mortem. Un commento a tali paragrafi può trovarsi nella introduzione di Hahajah al terzo volume de "LaScienza dei Magi".

15) Fascicolo B della Miriam

Par. 10

L'uomo come tutte le cose o vite, subisce il continuo rinnovamento della materia di cui è formato nei quattroelementi che lo compongono, fino a subire il rinnovamento della intera sua forma con la morte. La morte èl'enigma volgare, perché in tutti l tempi due ipotesi hanno torturato chi ha voluto tentarne la soluzione: unainfinitamente poetica che lusinga la vanagloria degli ignoranti pretende che, spogliata del corpo saturniano,l'individualità dell'uomo possa vivere di una vita indipendente nell'etere col corpo lunare, mercuriale e solare,formanti un'individualità più evoluta; l'altra infinitamente prosaica che fa cessare individualità e vita con ladistruzione del corpo fisico. Le due soluzioni sono entrambe vere, con una terza che è la ordinaria soluzione alpresente stadio delle più evolute razze terrigene.l° Colui che ermeticamente, cioè con uno stato intellettivo continuo, sa trasportare tutta la sua personalità neitre elementi superiori, può partecipare alla vita eonica ancora vivente nel corpo saturniano, e dopo morto puòvivere della vita eonica o approdare in nuovi pianeti, o ritornare alla vita umana.2° Chi tutto abbassa alla vita saturniana e si restringe all'abito grave di carne, si disfa con la carne e i rudimentinelle forme più alte si decompongono nell'etere e la vera personalità individua finisce.3° Queili che, come nell'ora attuale dell'evoluzione, non sono tutto carne o tutto anima, seguono la via delleincarnazioni terrestri successive, rapide, continue, immediate alla morte o no.Quindi gli SPIRITI DEI MORTI possono in rare circostanze venire a contatto dell'uomo tipico terrestre, comevengono gli eoni, e sono solo quelli appartenenti alla categoria prima.E' assurdo che vengano quelli della categoria seconda che non hanno differenza alcuna dagli spiriti di animali

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inferiori all'uomo ragionevole: il cane, la volpe, la lepre.E' possibile che vengano quelli della terza categoria sotto la forma umana, cioè rivestiti di nuova carne eportanti nomi nuovi, ed allora non sono che uomini nuovi col contenuto di quelli morti.

Par. 11

Il novizio dunque non s'illuda coi libri che degli spiriti dei morti parlano come di cose reali, e non si arrestiinnanzi ai fenomeni delle sedute spiritiche sperimentali, anche se veda l'APPARIZIONE TANGIBILE DELMORTO A LUI PIU' CARO, perchè tutti i fenomeni, che ordinariamente si presentano nelle sale daesperimento, appartengono alla CORRENTE ASTRALE, dove la materia astrale o cosmica può esseremanipolata dalla attività di un corpo lunare e mercuriale di un MEDIUM in disordine o dalla mentalità di unmago ermetico nell'ordine.Che cosa s'intende per MEDIUM nel linguaggio comune? Un uomo VIVO che abbia potestà di entrare incomunicazione con gli spiriti dei morti. MA in realta il MEDIUM è un disquilibrato nella composizione dei suoielementi costitutivi umani, perché presenta di fronte all'uomo normale un esagerato sviluppo del corpo lunare,in modo che dai suoi centri di sensibilità si esteriorizza tale una corrente di materia nervosa che può assumerequalunque forma, fino a creare documenti di indiscutibile realtà fisica, come impronte in materie tenere o molli oforme fotografabili.Sopratutto i MEDIUMS, con l'attività cosciente o incosciente del loro lunare, generano nelle sedute a catene ono, in tutti i costituenti e nell'ambiente, tali vibrazioni cosmiche o di materia atomica o cosmica che laEVOCAZIONE nella corrente astrale è cosa non rara, e tutte le immagini, i pensieri, i fatti, le passioni vissute damorti si possono riprodurre con l'apparenza di tale realtà, che a molti degli ultimi convertiti non si deve farel'aspro rimprovero di aver creduto, perché sono davvero fenomeni a cui chi crede ha prestato giàincoscientemente nel produrli tutta la sua attività mentale.

Nell'esaminare le dottrine relative al post-mortem, non si può trascurare quanto insegnò in merito RudolphSteiner. Proponiamo ad es., a chi non lo conosce, la lettura del III capitolo de "La Scienza Occulta", nel qualeSteiner riprende e sviluppa il paragone tradizionale tra il sonno e la morte.

16) R. Steiner

Sonno e Morte

Non si può penetrare la natura della «coscienza di veglia» senza studiare lo stato in cui vive l'uomo durante ilsonno; e così non si può affrontare l'enigma della vita senza studiare la morte. In un uomo, che non senta inalcun modo il significato della scienza occulta, può nascere una certa diffidenza verso di questa, anzitutto per lasua maniera di considerare il sonno e la morte. La scienza occulta può apprezzare i motivi che fanno sorgeretale diffidenza. Infatti non è inconcepibile che qualcuno dica che l'uomo esiste per la vita attiva e produttiva, chedal dedicarsi ad essa dipende l'utilità sua, che lo sprofondarsi nella meditazione di stati quali il sonno e la mortepuò sorgere solo dall'inclinazione a oziosi trasognamenti, e non può condurre ad altro che a vuotefantasticherie. Il respingere simili fantasticherie può quindi facilmente considerarsi come indice di mente sana,e l'abbandonarsi a quegli oziosi trasognamenti come una morbosità, propria di persone cui fa difetto la forza ela gioia di vivere, e incapaci di vera attività produttiva. Si avrebbe torto a scartare senz'altro come ingiustoquesto giudizio. Chè esso ha in sè una certa parte di verità, un quarto di vèrità; ma questa deve esserecompletata dagli altri tre quarti che le appartengono. Chi vede chiaramente questo primo quarto giusto, e nonsospetta neppure l'esistenza degli altri tre, diverrebbe a ragione diffidente, ove noi lo si volesse mettere indiscussione. Bisogna in vero ammettere incondizionatamente, che lo studio di ciò che si nasconde sotto ilsonno e sotto la morte è cosa morbosa, se conduce ad un indebolimento, ad un allontanamento dalla vera vita.E bisogna altresì ammettere che ciò che in passato è andato per il mondo come scienza occulta, e ciò cheanche oggi va in giro sotto tale nome, ha molte volte un'impronta malsana e ostile alla vita. Ma niente mai dimalsano scaturisce dalla vera scienza occulta. Anzi la verità è piuttosto questa: come l'uomo non può essersempre desto, così nelle esigenze reali della vita, presa in tutta la sua estensione, egli non può fare a meno diciò che gli fornisce la scienza occulta. La vita continua nel sonno, e le forze che lavorano o creano durante laveglia prendono vigore e ristoro da ciò che il sonno dà loro. Altrettanto avviene di ciò che l'uomo può osservarenel mondo manifesto. I confini del mondo sono più vasti del campo di questa osservazione, e quel che l'uomoriconosce nel visibile deve essere completato e fecondato, per mezzo di quel che egli può apprendere circa imondi invisibili. Un uomo, che non rinnovi continuamente col sonno il vigore delle forze esaurite, giunge alladistruzione della propria vita; parimenti una considerazione del mondo, che non sia fecondata dalriconoscimento dell'invisibile, conduce alla desolazione. Similmente è della «morte»: gli esseri viventisoggiacciono alla morte perchè possa sorgere nuova vita. È la scienza occulta che diffonde chiara luce sullebelle parole di Goethe: "La natura ha inventato la morte per aver molta vita". Come non vi sarebbe vita, nel

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senso ordinario, senza la morte, così non vi può essere una reale conoscenza del mondo visibile senza che losguardo penetri nell'invisibile. Ogni conoscenza del visibile deve continuamente rituffarsi nell' invisibile perpotersi sviluppare. - È quindi evidente che soltanto la scienza occulta rende possibile la vita della scienzamanifesta; non indebolisce mai la vita, se si presenta nella sua vera figura; anzi la rinforza, e continuamente larinnovella e la risana allorchè, lasciata a sè stessa, è divenuta fiacca e malata. Quando l'uomo cade nel sonno, la connessione fra i suoi elementi costitutivi, quale è stata descrittaantecedentemente in questo libro, cambia. Ciò che dell'uomo dormiente sta sul giaciglio contiene il corpo fisicoe il corpo eterico, ma non il corpo astrale, nè 1'Io. Appunto perchè nel sonno il corpo eterico rimane connessocol corpo fisico, le attività vitali continuano; chè il momento in cui il corpo fisico fosse lasciato a sè stessodovrebbe necessariamente andare in sfacelo. Quel che nel sonno è spento sono le rappresentazioni, il dolore eil piacere, la gioia e la pena; è la facoltà di estrinsecare una volontà cosciente e facoltà simili dell'esistenza. Madi tutto ciò è veicolo il corpo astrale. Naturalmente, chi giudichi senza preconcetti non può neppure prendere inconsiderazione l'idea, che nel sonno il corpo astrale - con ogni piacere e ogni dolore, con tutto il mondo delpensiero e della volontà - sia annientato. Esiste infatti tuttora, ma in un altro stato. Affinchè l'Io umano e il corpoastrale non solo siano riempiti di piacere e dolore e di quanto è stato sopra accennato, ma ne abbiano ancheuna percezione cosciente, è necessario che il corpo astrale sia congiunto col corpo fisico e col corpo eterico.Nella veglia lo è, nel sonno non lo è; si è ritiràto da essi. Ha assunto una forma d'esistenza diversa da quellache possiede quando è congiunto col corpo fisico e il corpo eterico, ed è compito della scienza occulta diconsiderare quest'altra forma d'esistenza del corpo astrale. Durante il sonno il corpo astrale sparisce perl'osservazione nel mondo esterno; ed è la scienza occulta che deve seguire la vita ch'esso vive fino a quando,al risveglio, riprende possesso del corpo fisico e del corpo eterico. Come in tutti quei casi in cui si tratta dellaconoscenza di cose e processi occulti del mondo, così pure per la scoperta dei fatti reali dello stato di sonno,nel loro vero aspetto, è necessaria l'osservazione chiaroveggente; ma ciò che si può scoprir per tal via, unavolta che sia reso noto, riesce senz'altro comprensibile ad una mente veramente senza preconcetti. Chè iprocessi del mondo occulto si rivelano coi loro effetti in quello manifesto. Quando si riconosca che i risultatidell'indagine chiaroveggente rendono comprensibili i processi visibili, in questa conferma che fornisce la vita siha tutta la dimostrazione che è lecito richiedere per simili cose. Chi non vuole usare dei mezzi che appressoindicheremo per giungere all'osservazione chiaroveggente può far l'esperimento seguente. Può cominciare conl'ammettere come validi i dati del chiaroveggente e indi applicarli alle cose manifeste nel campo della suaesperienza. Egli troverà allora che la vita diviene per tal mezzo chiara e comprensibile; e tanto più si convinceràdi ciò, quando più esattamente e più a fondo osserverà la vita ordinaria.Anche se nel sonno il corpo astrale non ha rappresentazioni, anche se non prova piacere e dolore, esso nonrimane inattivo; anzi proprio in tale stato è obbligato ad un'attività intensa. È infatti quello che ridà gagliardia efreschezza alle forze dell'uomo esauste dalla veglia. Fino a tanto che il corpo astrale è congiunto col corpofisico e con l'eterico, entra in rapporto col mondo esterno attraverso questi due. Essi gli apportano le percezionie le rappresentazioni; attraverso le impressioni che essi ricevono dal mondo circostante, l'astrale prova gioia edolore. - Al corpo fisico può essere mantenuta la forma e la struttura adatta all'uomo solo per mezzo del corpoeterico; ma questa forma umana del corpo fisico può essere solo mantenuta per mezzo di un corpo eterico chea sua volta riceve le opportune forze dal corpo astrale. Il corpo eterico è il costruttore, l'architetto del corpofisico; ma può costruire convenientemente solo se riceve l'impulso, circa il modo in cui deve costruire, dal corpoastrale. In questo sono i modelli secondo cui il corpo eterico dà forma al corpo fisico. Durante la veglia il corpoastrale non contiene però questi modelli, o almeno li contiene solo fino a un certo punto. Chè durante la veglial'anima pone al loro posto le sue proprie imagini. Quando l'uomo rivolge i sensi al mondo che lo circonda, formanella sua mente, attraverso la percezione, delle imagini che ritraggono il mondo circostante stesso. Esseriescono di disturbo a quei modelli, i quali stimolano il corpo etericò alla conservazione del corpo fisico. Soltantoquando l'uomo potesse, per propria attività, fornire al suo corpo astrale imagini capaci di dare il dovuto stimoloal corpo eterico, solo allora quel disturbo non avrebbe luogo. Tuttavia nell'esistenza umana tale disturbo ha unaparte importante, e fa sì, che durante la veglia i modelli per il corpo eterico non agiscano con tutta la loro forza.Questo fatto si rivela nella stanchezza. Nel sonno nessuna impressione esterna disturba la forza delcorpo.astrale, ed esso può allora eliminare la stanchezza. Il lavoro del corpo astrale durante il sonno consisteappunto nello spazzar via la stanchezza, nè può compiere tale lavoro se non abbandonando il corpo fisico e ilcorpo eterico. Durante la veglia, il corpo astrale lavora nell'interno del corpo fisico; durante il sonno lavora su diesso dal di fuori.Come, ad esempio, il corpo fisico ha bisogno del mondo esterno, che è della sua stessa natura, per la provvistadegli alimenti, così qualche cosa di simile avviene anche per il corpo astrale. Si pensi un corpo fisico umanoallontanato dal mondo che lo circonda. Dovrebbe andare in rovina. Ciò mostra che senza l'intiero ambientefisico quel corpo sarebbe un'impossibilità. Effettivamente la Terra deve proprio essere tutta così come è, se sudi essa debbono esistere dei corpi fisici umani. In verità questo intiero corpo umano è solo una parte dellaTerra, anzi, in un senso più lato, dell'universo fisico. Da questo punto di vista si può paragonare, ad esempio, aldito di una mano rispetto all'intiero corpo umano. Se si separa il dito dalla mano, non è più un dito: marcisce.Altrettanto avverrebbe del corpo umano, se venisse separato da quel corpo di cui è membro, da quellecondizioni di vita che la Terra gli offre. Se venisse sollevato di un numero sufficiente di chilometri al di sopradella superficie della Terra, esso morirebbe, come accade del dito, quando si amputa dalla mano. Se l'uomo siaccorge meno di questo rapporto fra il suo corpo fisico e la Terra che non di quello fra un dito e un corpo, ciò

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proviene semplicemente dalla circostanza, che il dito non può andare in giro pel corpo come può far l'uomosulla Terra, e che quindi nel primo caso la dipendenza salta maggiormente agli occhi. Orbene, come il corpo fisico fa parte del mondo fisico, così appartiene il corpo astrale al suo proprio mondo. Lavita di veglia lo strappa però via da questo suo mondo. Si può dare un' idea di quel che avviene con unasimilitudine. Imaginiamo d'aver un vaso d'acqua. Una goccia non è niente di separato in sè entro l'intiera massad'acqua. Ma prendiamo una piccola spugna e succhiamo con essa una goccia fuori dell' intiera massa d'acqua.Qualche cosa di simile avviene del corpo astrale umano al risveglio. Durante il sonno esso sta in un mondodella sua natura stessa; ne forma parte in certo modo. Al risveglio il corpo fisico e il corpo eterico lo assorbonoe s'impregnano di lui. Essi contengono gli organi per mezzo dei quali il corpo astrale percepisce il mondoesterno. Ma, per giungere a questa percezione, il corpo astrale deve distaccarsi dal suo proprio mondo, etuttavia i modelli di cui abbisogna per il corpo eterico può averli soltanto da quel suo proprio mondo. - Comedall'ambiente fisico pervengono ad esempio gli alimenti al corpo fisico, così durante il sonno pervengono alcorpo astrale le imagini del mondo astrale. Effettivamente esso vive allora nell'universo al di fuori del corpofisico e del corpo eterico; nello stesso universo che ha partorito l'uomo completo. In questo universo è la fontedelle imagini per mezzo delle quali l'uomo ottiene la sua forma. Egli è armonicamente incorporato inquell'universo. Durante la veglia egli si allontana da quest'ampia armonia per venire alla percezione esterna; nelsonno il suo corpo astrale ritorna nell'armonia universale. Al risveglio egli ne porta tanta forza ai suoi corpi, cheper un certo tempo può di nuovo fare a meno di soggiornare nell'armonia. Durante il sonno il corpo astraleritorna alla patria sua, e al risveglio porta con sè nella vita forze rinnovate. La ricchezza, che il corpo astraleporta con sè al risveglio, si palesa all'esterno col ristoro che un sonno sano produce.Procedendo nella scienza occulta si vedrà come la patria del corpo astrale sia più vasta di quella cheappartiene al corpo fisico nel senso più ristretto dell'ambiente fisico. Mentre infatti l'uomo come essere fisico èun membro della Terra, il suo corpo astrale appartiene a dei mondi, nei quali accanto alla Terra trovano postoanche altri corpi celesti. Quindi egli entra durante il sonno, come già si è detto - e ciò si vedrà meglio inappresso -, in un mondo di cui fan parte altre stelle oltre la Terra. In riconoscimento del fatto che durante ilsonno l'uomo vive in un mondo stellare (in un mondo «astrale») la scienza occulta chiama appunto corpoastrale quella parte dell'uomo che ha la propria patria in tale mondo astrale, e che in ogni passaggio allo statodi sonno attinge nuove forze da detto mondo. Dovrebbe essere superfluo accennare ad un malinteso chepotrebbe facilmente sorgere riguardo a questi fatti; ma ai giorni nostri, in cui esistono certi modi materialistici divedere le cose, non è del tutto inutile. Nei circoli ove dominano tali modi di vedere si potrà naturalmenteconsiderare che lo studio di cose come, per esempio, la fatica, è scientifico soltanto quando è fondato suelementi fisici. Se gli scienziati non sono ancora d'accordo sulla causa fisica della stanchezza, una cosa è peròcerta: la necessità di ammettere certi determinati processi fisici che stanno a base di tale fenomeno. Sarebbeperò bene riconoscere che la scienza occulta non è affatto in contraddizione con questo asserto. Essa ammettetutto quel che si dice in tal senso così, come si ammette che per il sorgere fisico di una casa bisogna porre unmattone sull'altro, e che, quando la casa è finita, la sua forma e la sua struttura si spiegano con leggipuramente meccaniche. Ma, perchè sorga la casa, è necessario il pensiero dell'architetto. E a questo pensieronon si giunge se si investigano semplicemente le leggi fisiche. - Come dietro le leggi fisiche che rendonospiegabile la casa stanno i pensieri del suo creatore, così, dietro ciò che la scienza fisica prospetta in modoperfettamente giusto, stanno le affermazioni della scienza occulta. Certo questa similitudine viene affacciataspesso, quando si tratta di giustificare l'esistenza di una base spirituale del mondo, e può sembraresuperficiale. Ma in questi argomenti quel che conta non è di conoscere certi dati concetti, ma di dar lorol'importanza giusta nella valutazione dei fatti. Un ostacolo ci si può presentare nel soverchio potere cherappresentazioni contrarie esercitano sul nostro giudizio, così da impedire il giusto apprezzamento dei fatti.Il sogno costituisce uno stato intermedio fra sonno e veglia. Ciò che l'esperienza del sogno presentaall'osservazione assennata è un mondo di imagini molteplici, variopinte e intersecantisi, che pur tuttavianasconde in sè un ordine, una legge. Questo mondo palesa, sulle prime, come un flusso e riflusso insuccessione disordinata. Durante la vita del sogno l'uomo è libero dalle leggi della coscienza di veglia, che loincatenano alla percezione sensoria e alle norme del suo raziocinio. Eppure il sogno segue misteriose leggi cheattraggono ed affascinano la mente umana, e questa è l'intima ragione per cui quel vago giuoco della fantasia,che è base di ogni emozione artistica, vien volentieri paragonato al «sognare». Basta ricordare qualche sognocaratteristico per trovare la conferma di questa asserzione. Un uomo sogna, per esempio, che sta difendendosida un cane che gli si avventa contro. Si sveglia e si trova nell'atto di respingere inconsciamente da sè partedelle coltri, che coprendo il suo corpo in modo incomodo, gli diventavano opprimenti. In qual maniera la vita disogno trasforma un procedimento percettibile ai sensi? Ciò che i sensi percepirebbero allo stato di vegliarimane completamente nell'incoscienza, però il sogno ne trattiene un elemento essenziale, il fatto, cioè, chel'uomo desidera respingere da sè qualche cosa, e intreccia intorno a questo fatto un procedimentoimmaginativo. Tali imagini sono come l'eco della vita di veglia. Il loro modo di costituirsi ha alcunchè diarbitrario. Ognuno sente che la medesima causa esteriore potrebbe evocare nel sogno anche altre imagini. Manel caso suddetto esse esprimono simbolicamente la sensazione, che l'uomo deve respingere quache cosa dasè. Il sogno crea imagini; è simbolista. I procedimenti interiori possono pure venir trasformati in tali simboli disogno. Un uomo sogna di sentire accanto a sè il crepitio di un fuoco, ne vede in sogno la fiamma. Si sveglia esi accorge di esser troppo coperto e di aver caldo. La sensazione di caldo eccessivo si esprime simbolicamentein quell' imagine. Si possono attraversare così in sogno esperienze drammatiche. Qualcuno sogna, p. es., di

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trovarsi sull'orlo di un precipizio, mentre un bambino si avvicina di corsa. Il sogno gli fa sperimentare tutte leangoscie della preoccupazione che il bambino possa essere disattento e cadere nell'abisso! Egli lo vede caderee sente il tonfo sordo del corpo nel fondo. Si sveglia e si accorge che un oggetto si è staccato dalla parete e haprodotto, cadendo, un rumore sordo. La vita di sogno trasforma questo avvenimento così semplice inun'avventura che si svolge in imagini affannose. Non è necessario per ora fermarsi a considerare comeavvenga, in questo caso, che il fatto della caduta dell'oggetto pesante si esplichi in una serie di processisuccessivi, che sembrano svolgersi in un determinato spazio di tempo: basta solo tener presente come il sognotrasformi in imagini le percezioni dello stato di veglia.Si vede dunque che, non appena i sensi pongono fine alla loro azione, si manifesta nell'uomo la facoltàcreatrice. Questa è la medesima forza creativa esistente anche nel sonno senza sogni, e che ritempra le forzeumane esauste. Perchè il sonno senza sogni possa verificarsi, occorre che il corpo astrale si ritragga dal corpoeterico e da quello fisico. Durante lo stato di sogno esso è separato dal corpo fisico in modo, da non aver piùrapporto con gli organi dei sensi; conserva però un certo rapporto col corpo eterico. Il percepire in formad'imagini i processi del corpo astrale deriva da questa sua unione col corpo eterico. Nel momento in cui anchequesta unione cessa, le imagini sprofondano nell'oscurità dell' incoscienza e si giunge al sonno senza sogni.L'elemento arbitrario e spesso sconclusionato detle imagini del sogno dipende dal fatto che il corpo astrale, perla sua separazione dagli organi sensori del corpo fisico, non può, in modo giusto, riferire quelle imagini aglioggetti e agli avvenimenti dell'ambiente esteriore. Particolarmente conclusiva è a questo riguardol'osservazione di un sogno, in cui l'Io si sia in certo qual modo scisso: come p. es. allorchè uno sogna di essereuno scolaro, e di non poter rispondere ad una domanda rivoltagli dal maestro, alla quale, pur tuttavia, subitodopo, il maestro stesso risponde. Chi sogna, non potendo adoperare i suoi organi fisici di percezione, non è alcaso di riferire i due procedimenti a sè stesso come ad un solo e medesimo individuo. Così, anche perriconoscere sè stesso come un Io permanente, occorre che l'uomo sia fornito di organi esterni di percezione.Solo quando l'uomo avesse acquistato la capacità di essere cosciente del proprio Io in altro modo, che non permezzo di tali organi di percezione, l'Io permanente gli diverrebbe percettibile anche al di fuori del suo corpofisico. La coscienza chiaroveggente deve fornire questa facoltà, e i mezzi per conseguirla saranno esaminati inparticolare più oltre, nel corso di questo libro.La morte stessa ha per sola causa un mutamento nel rapporto degli arti dell'entità umana. Quantol'osservazione chiaroveggente ci palesa in proposito può essere confermato dai suoi effetti nel mondomanifesto; anche in questo caso, dunque, chi voglia giudicare spassionatamente troverà confermati nella vitaesteriore gli insegnamenti della scienza occulta. Però, riguardo a questi fatti, l'espressione dell'invisibile nelvisibile è meno evidente, e s'incontrano grandi difficoltà per valutare tutta l'importanza di ciò che i procedimentidella vita esteriore ci dicono a conferma delle comunicazioni che ci fa la scienza occulta in questo campo. Inquesto caso, dunque, meglio che in molti altri esaminati nel presente libro, si può essere portati a ritenere chesi tratti di pura e semplice fantasticheria, quando ci si rifiuti di riconoscere che tutto il visibile contiene un chiaroindizio dell'invisibile.Mentre nel sonno il corpo astrale si distacca soltanto dal corpo fisico e dal corpo eterico, i quali restanonondimeno uniti fra loro, nella morte il distacco avviene ançhe fra il corpo fisico e il corpo eterico. Il corpo fisicoresta abbandonato alle proprie forze, e perciò si disgrega e diventa cadavere. Il corpo eterico si trova ormai conla morte in una condizione, in cui non si era trovato mai durante il periodo fra la nascita e la morte - eccezionefatta per alcune condizioni straordinarie di cui verrà detto in seguito. Esso si trova, cioè, unito ora al suo corpoastrale e privo del corpo fisico; poichè il corpo eterico e il corpo astrale non si separano immediatamente dopola morte. Essi sono tenuti insieme da una forza di cui è facile comprendere la necessità, poichè senza di essa ilcorpo eterico non potrebbe affatto sciogliersi dal corpo fisico; rimarrebbe col1egato a questo, come avviene nelsonno, durante il quale il corpo astrale non è capace di staccare l'uno daI1'altro questi due arti dell'entitàumana. Tale forza entra in azione con la morte; libera il corpo eterico dal corpo fisico, per modo che il primo oraresta unito al corpo astrale. L'osservazione chiaroveggente dimostra che questa unione dopo la morte è diversanei varii uomini. La durata si misura a giorni. Del1a durata di questo tempo parleremo brevemente, a semplicetitolo di informazione.Più tardi il corpo astrale si stacca pure dal corpo eterico, e prosegue la sua via senza di esso. Durante l'unionedei due corpi l'uomo si trova in una condizione che gli permette di rendersi conto delle esperienze del corpoastrale. Finchè esiste un corpo fisico, il corpo astrale, non appena si distacca nel sonno, deve iniziare il suolavoro dall'esterno per rinvigorire gli organi stanchi dal1'uso. Quando il corpo fisico si è distaccato tale lavorocessa. Nondimeno, la forza, che veniva adoperata in quel modo durante il sonno, sussiste dopo la morte e puòormai esser rivolta ad altro scopo. Essa serve infatti per rendere percettibili le esperienze proprie del corpoastrale. Durante i1 periodo diunione dell'uomo col suo corpo fisico, il mondo esteriore si manifesta alla coscienza per via di imagini; dopo ildistacco di questo corpo, ciò che il corpo astrale sperimenta, mentre non è collegato col mondo esterno danessun organo di senso, diventa percepibile. Sulle prime non ha esperienze nuove; la sua unione col corpoeterico gli impedisce di sperimentare alcunchè di nuovo.Esso possiede però il ricordo delIa vita passata. La presenza del corpo eterico fa sì che la vita trascorsa possaapparire come un quadro vivido e complessivo. È questa la prima esperienza dell'uomo dopo la morte; eglivede la sua vita dalla nascita alla morte distenderglisi innanzi in una serie di imagini. Durante questa vita iricordi sussistono solo durante lo stato di veglia, quando l'uomo è unito al suo corpo fisico e solo per quel tanto

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che un tal corpo lo consente; per l'anima invece nul1a va perduto di quanto ha prodotto su di lei un'impressionedurante la vita. Se il corpo fisico fosse uno strumento perfetto dovrebbe riuscir possibile ad ogni momento dellavita di rievocare nell'anima tutto il passato; con la morte l'impedimento cessa. Finchè il corpo eterico sussiste, ilricordo rimane in certo qual modo completo; sparisce poi a poco a poco a misura che il corpo eterico perde laforma che possedeva durante la sua dimora nel corpo fisico, e che somiglia a quest'ultimo; tale è pure laragione per cui il corpo astrale si separa dall' eterico dopo un certo periodo, limitato dal tempo per il qualeperdura nel corpo eterico la forma simile al corpo fisico.Nel periodo di vita fra nascita e morte la separazione del corpo eterico avviene solo in casi eccezionali esoltanto per un tempo breve. Se per esempio una forte pressione viene esercitata su dì un arto dell'uomo, unaparte del corpo eterico può staccarsi dal fisico. Noi diciamo allora che quel tale arto si è addormentato, e lasensazione particolare che ne riceviamo dipende dallo staccarsi del corpo eterico. (Naturalmente un'interpretazione materialista negherebbe anche in questo caso l'invisibile che si manifesta nel visibile, e direbbeche tutto ciò nasce da un disturbo fisico derivante dalla pressione). L'osservazione chiaroveggente scorge in talcaso che una parte del corpo etericoesce fuori dall'arto fisico. Se un uomo viene colpito da forte spavento, o da alcunchè di simile, tale separazionedel corpo eterico dal fisico può verificarsi per un tempo assai breve, su di una gran parte del corpo. Avvieneappunto così, quando per una qualsiasi cagione un uomo si trova subitamente faccia a faccia con la morte,quando, per esempio, sta per annegare, o durante una gita in montagna corre rischio di cadere. Ciò cheraccontano le persone che hanno attraversato tali esperienze si avvicina di molto alla verità e può essereconfermato dall'osservazione chiaroveggente. Esse affermano che in quei momenti la loro vita intera si è svoltadinanzi alla loro anima come in un immenso quadro mnemonico.Fra i molti esempi che potrebbero essere addotti, ne sceglieremo uno solo, perchè si riferisce a persona a cui,per la sua abitudine mentale, tutto quanto veniamo dicendo a questo proposito deve apparire vuotafantasticheria. È particolarmente utile, specie per chi voglia avanzare di quafche passo nella scienza occulta, direndersi conto dei concetti di coloro, che ritengono questa scienza una semplice fantasticheria. Tali concettinon si possono così facilmente ascrivere a parzialità dell'osservatore. Gli occultisti dovranno imparar molto dacoloro, che considerano la loro scienza come una follia, nè dovranno prendersela a male se non verrannoricambiati con uguale considerazione. L'osservazione occulta certamente non ha bisogno di questa confermadelle proprie risultanze, nè questi accenni devono ritenersi come prove, bensì come illustrazioni. MaurizioBenedict, l'illustre antropologo criminalista ed eminente studioso di molti altri rami di scienze naturali, narra nei«Ricordi della sua vita» una sua esperienza, e cioè, che una volta, essendo sul punto di annegare, mentre sitrovava al bagno, vide tutta la sua vita passata presentarglisi dinanzi come in un unico quadro. Se altre personedescrivono in modo diverso tali imagini vedute in circostanze simili, e se le descrivono per modo, che sembranon abbiano nulla a che fare con gli avvenimenti della loro vita passata, ciò non contraddice a quanto abbiamoaffermato, poichè le imagini, che si presentano in quella condizione affatto anormale della separazione dalcorpo fisico, sono talvolta, a prima vista, poco chiare nel loro rapporto con la vita. Osservandole in modo giustoperò, il rapporto si ritroverà sempre.Nè costituisce obiezione il fatto, che qualcuno, p. es., pur essendosi trovato in procinto di annegare, non abbiaattraversato l'esperienza ora descritta. Bisogna tener presente che ciò accade soltanto quando il corpo etericosi stacca effettivamente dal corpo fisico, restando però unito al corpo astrale. Se per lo spavento avviene undistacco parziale anche fra il corpo eterico e quello astrale, l'esperienza non ha più luogo, perchè sopraggiungela completa incoscienza, come nel sonno senza sogni.Immediatamente dopo la morte gli avvenimenti del passato appaiono riassunti come in un quadro mnemonico.Dopo di essersi separato dal corpo eterico, il corpo astrale prosegue da solo il suo viaggio. Non è difficilecomprendere che nel corpo astrale rimane tutto ciò che, per effetto della sua propria attività, esso ha acquisitodurante il suo soggiorno nel corpo fisico. L'Io ha elaborato fino ad un certo grado il Sè, o Personalità Spirituale,lo Spirito Vitale e l'Uomo Spirito. In quanto allo sviluppo di questi ultimi, essi non debbono la loro esistenza aivari organi dei diversi corpi, bensì all'Io. E questo Io appunto è quell"essere, il quale non ha bisogno di organiesterni per percepire, per rimanere in possesso di ciò che ha unificato in sè. Si potrebbe opporre: "Come mai,durante il sonno, non si ha percezione alcuna di questo Sè, o Personalità Spirituale, dello Spirito Vitale,dell'Uomo Spirito evoluti ?" - Perchè, fra la nascita e la morte, l'Io è incatenato al corpo fisico. Se pure, duranteil sonno, esso si trova insieme al corpo astrale, fuori del corpo fisico, pur tuttavia rimane strettamente collegatoa questo corpo fisico, perchè l'attività del suo corpo astrale è rivolta al corpo fisico. Per tale fatto l'Io, con la suapercezione, si trova relegato nel mondo sensibile, e non può accogliere le rivelazioni spirituali nella loro formadiretta. Soltanto con la morte queste rivelazioni riescono accessibili all'Io, perchè per mezzo di essa, l'Io si liberadalla sua unione col corpo fisico e col corpo eterico. Un altro mondo può brillare nel campo della coscienza,nell'istante in cui l'Io è tratto fuori dal mondo fisico, che ne vincola l'attività durante la vita.Vi sono però ragioni, per le quali anche in tale momento non cessa per l'uomo ogni rapporto col mondoesteriore dei sensi. Perdurano infatti alcuni desideri che mantengono in attività quel rapporto. Vi sono desideriche l'uomo stesso crea in sè, coll'acquistar coscienza del suo Io, come quarto principio (arto) del suo essere.Quei desideri, quegli appetiti, che derivano dall'essenza dei tre corpi inferiori, possono agire soltanto nel mondoesterno e la loro azione cessa quando quei corpi sono deposti. La fame è cagionata dal corpo esterno e non sifa più sentire quando questo non è più unito con l'Io. Se l'Io dunque avesse solo i desideri inerenti alla suapropria essenza spirituale, potrebbe, dopo la morte, trovare pieno soddisfacimento nel mondo spirituale in cui

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viene trasferito. Ma la vita terrestre gli ha dato altri desideri. Ha acceso in lui la tendenza a piaceri che sipossono soddisfare solo col mezzo di organi fisici, sebbene essi non provengano dalla natura stessa di quegliorgani. Non i tre corpi soltanto domandano il loro appagamento dal mondo fisico; anche l'Io trova in quel mondopiaceri, per soddisfare ai quali non esistono mezzi adeguati nel mondo spirituale.L'Io ha due specie di desideri durante la vita. Quelli che provengono dai corpi e debbono esser soddisfattinell'ambito di essi, ma che cesseranno al momento del loro disgregarsi: e quelli che derivano dalla naturaspirituale dell'Io. Finchè l'Io dimora nei corpi, anche quei desideri vengono soddisfatti mediante gli organicorporei. Poichè nelle manifestazioni degli organi corporei agisce la spiritualità nascosta e i sensi accolgonoalcunchè di spirituale con tutto ciò che percepiscono, questo elemento spirituale, pur sotto altra forma, sussistedopo la morte, e tutta quella spiritualità che l'Io ha vagheggiata nel mondo dei sensi gli rimane anche quando isensi non esistono più. Or dunque, se non si dovesse aggiungere una terza specie di desideri alle due già accennate, la morte sarebbesolo un passaggio da desideri, che si possono appagare a mezzo dei sensi, a desideri che trovano il lorosoddisfacimento nelle rivelazioni del mondo spirituale. Questa terza specie di desideri è costituita da quelli chel'Io ha creati in sè durante la sua vita nel mondo fisico, perchè in questo trova piacere, anche quando esso nongli riveli nulla di spirituale. I piaceri più umili possouo essere manifestazioni dello spirito. Il piacere, che prova unuomo affamato cibandosi, è manifestazione dello spirito, poichè col prendere il nutrimento si crea quellacondizione di cose, senza la quale, in un certo senso, la natura spirituale non potrebbe svilupparsi. Ma l'Io puòandar oltre al piacere, che in questo caso rappresenta la soddisfazione di una necessità. Esso può desiderareun cibo saporito, a prescindere dal beneficio che può apportare allo spirito il fatto di nutrirsi. Lo stesso si dicaper altre cose del mondo fisico. Vengono a crearsi così desideri che non si sarebbero mai palesati nel mondodei sensi, se in essi non si fosse incorporato l'Io umano. Nè tali desideri provengono dalla natura spiritualedell'Io. l'Io deve avere desideri dei sensi finchè vive nel corpo, anche a causa della sua natura spirituale,perchè lo spirito si manifesta nel1e cose materiali ed è dello spirito appunto che l'Io gode, quando siabbandona a quell'elemento del mondo sensibile, che è irradiato dalla luce di esso.Nella gioia di questa luce continuerà a trovarsi anche quando i sensi non saranno più il tramite dell' irradiazionespirituale. Nel mondo dello spirito però non esiste appagamento per quei desideri, che non erano già animati dispiritualità nel mondo sensibile. Con la morte cessa la possibilità di soddisfare a desideri di tale natura. Ilpiacere che si prova a mangiare cibi saporiti può sussistere, in quanto esistono organi fisici atti a gustarli:palato, lingua. ecc., che l'uomo non possiede più, dopo aver abbandonato il corpo fisico; se l'Io richiede ancoraquesti piaceri, essi dovranno rimanere insoddisfatti. Se un godimento fisico si conforma allo spirito, dura solofino a che durano gli organi fisici, ma se l'Io lo ha creato senza porlo a servizio dello spirito, esso rimane in luidopo la morte come desiderio, che invano cerca soddisfazione. Ci facciamo un'idea di ciò che si prova in quellecondizioni, raffigurandoci un uomo che soffra di sete ardente in una regione in cui per lungo e per largo non siapossibile trovare una stilla d'acqua. Così succede all'Io dopo la morte, in quanto nutre in sè desideri non ancoraspenti per i piaceri del mondo esteriore, e non possiede più gli organi atti a soddisfarli.Naturalmente, quell'ardentissima sete, presa a paragone per lo stato dell'Io dopo la morte, dobbiamoimmaginarla intensificata e rappresentarcela estesa a tutti i diversi desideri ancora esistenti e per i quali mancaogni possibilità di appagamento.L'Io si trova allora in condizione di doversi liberare da quel suo legame di attrazione con il mondo esteriore. l'Iodeve operare in sè a questo riguardo una purificazione, una liberazione. Devono essere espulsi da lui tutti idesideri che egli si è creati durante la dimora nel corpo, e che non hanno diritto di cittadinanza nel mondospirituale. Come un oggetto gettato nel fuoco ne è investito ed arso, così il mondo dei desideri ora descrittoviene spezzato e distrutto dopo la morte. Ci si trova allora di fronte a quel mondo, che la scienza occultadesigna col nome di «Mondo del fuoco spirituale distruttore». Tale fuoco divora quei desideri dei sensi, in cuiquesti non sono un'espressione dello spirito. Le rivelazioni della scienza occulta a questo riguardo possonosembrare terribili e sconfortanti. Può apparire invero spaventevole che una speranza, la cui realizzazionerichiede organi sensori, debba dopo la morte trasformarsi in disperazione; e che un desiderio che si puòappagare soltanto nel mondo fisico, debba diventare una privazione torturante.Ci si può attenere a questa opinione soltanto finchè non ci si renda ben conto, che tutti i desideri e le aspirazioninon rappresentano nel vero senso forze benefiche alla vita, bensì forze distruttive. A mezzo di queste forze l'Iosi lega al mondo dei sensi molto più di quanto non sia necessario a raggiungere il giusto scopo di trarre dadetto mondo tutto quanto può riuscirgli giovevole. Il mondo dei sensi è la manifestazione del mondo spiritualeche si nasconde dietro ad esso. l'Io non potrebbe mai godere della spiritualità, nella forma caratteristica in cuiquesta può manifestarsi soltanto attraverso i sensi corporei, se non volesse utilizzare questi ultimi per godere diquanto nel sensibile vi ha di spirituale. Nondimeno l'Io di tanto si allontana dalla vera realtà spirituale delmondo, per quanto nel mondo sensibile tende a desideri da cui lo spirito è assente. Mentre il piacere sensorio,come espressione dello spirito, significa elevazione, evoluzione dell'Io, quel piacere invece che non èespressione dello spirito significa decadenza ed immiserimento. Se si appaga un desiderio di tal natura nelmondo sensibile, il suo effetto nocivo sull'Io tuttavia permane; soltanto prima della morte esso non è percettibileall'Io. Nella vita, perciò, la soddisfazìone di tali desideri può creare nuovi desideri simili. e l'uomo non si accorgeaffatto che da sè stesso si va avviluppando nel fuoco divoratore. Dopo la morte diventa visibile semplicementeciò, che già durante la vita lo circondava, e nel rendersi visibile si palesa al tempo stesso nelle sueconseguenze efficaci e benefiche. Chi ama veramente un'altra persona non è attratto soltanto da quella parte di

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essa, che è percettibile ai sensi fisici, e che è la sola, si può dire, che con la morte è sottratta alla percezione.Quella parte invece della persona cara, per la percezione della quale i sensi fisici erano soltanto un mezzo, èproprio quella che diviene percettibile. Anzi l'unico ostacolo a questa visibilità sarebbe la presenza di desideri,che possono esser soddisfatti soltanto a mezzo degli organi fisici. Finchè tali desideri non siano estinti, non sipotrà avere la percezione cosciente di una persona cara dopo la morte. Osservando le cose da questo punto divista, le esperienze che seguono la morte, descritte dalla scienza occulta, perdono il carattere di spavento e didesolazione e si mutano in alcunchè di confortevole e di soddisfacente.Le esperienze immediate dopo la morte differiscono da quelle della vita presente anche sotto un altro aspetto.Durante il periodo della purificazione l'uomo rifà il cammino della propria vita all'indietro. Rivive tutto il percorsodelle esperienze, che egli ha attraversate dalla nascita in poi; cominciando dagli eventi che hanno precedutoimmediatamente la morte, egli sperimenta all'indietro nuovamente tutta la sua vita, fino alla propria infanzia. Eallora gli si presenta agli occhi spiritualmente ciò che durante la vita non emanava dalla natura spirituale dell'Io.Egli però ora lo sperimenta in senso inverso. Un uomo, p. es., che sia morto a sessant'anni, e che al suoquarantesimo anno di età, in un impeto di collera, abbia cagionato a qualcuno un dolore qualsiasi, sia fisico, siamorale, rivivrà questa medesima esperienza quando, nel suo viaggio all' indietro dopo la morte, avrà raggiuntoil momento del suo quarantesimo anno. Non risentirà però il piacere che lo sfogo della sua collera gli procurò,bensì il dolore che egli ha inflitto all'altro. Da quanto abbiamo detto risulta pertanto, come ciò che l'Io puòpercepire come dolore durante tale processo dopo la morte sia cagionato sempre da un suo desiderio, che traeorigine soltanto dal mondo fisico esteriore. Ed invero l'Io non fa danno soltanto agli altri appagando tali desideri,ma danneggia sè stesso, sebbene non se ne renda conto finchè dura la vita. Dopo la morte, però, questomondo nocivo del desiderio diventa completamente visibile all'Io, il quale si sente attirato da ogni essere odoggetto, che abbia acceso il suo desiderio, affinchè nel "fuoco distruttore" esso si consumi come è nato.Quando l'uomo, ripercorrendo la propria vita, raggiunge il momento della nascita, allora soltanto tutti i desiderisono passati attraverso il fuoco purificatore, e nulla gli impedisce più di dedicarsi completamente al mondospirituale. Egli passa a un nuovo gradino di esistenza. Come nella morte egli ha abbandonato il corpo fisico, epoco dopo abbandona il corpo eterico, così si disgrega ormai quella parte del corpo astrale, che può vivere solonella coscienza del mondo fisico esteriore.Secondo la scienza occulta dunque esistono tre cadaveri: il fisico, l'eterico, l'astrale. Il momento in cuiquest'ultimo viene abbandonato dall'uomo segna la fine del periodo della «purificazione» il quale è costituito dacirca un terzo del tempo trascorso dall'uomo sulla Terra fra nascita e morte. Soltanto in seguito, quandoesamineremo il corso della vita umana sulla base della scienza occulta, potremo comprendere chiaramente laragione di questo fatto.Per l'osservazione chiaroveggente sono continuamente visibili nel mondo umano i cadaveri astrali abbandonatidagli uomini, che passano dallo stato di purificazione ad un'esistenza più alta, nello stesso modo come icadaveri fisici sono visibili nel nostro mondo (I). .

(I) Nella letteratura teosofica, lo stato dell'Io dopo la morte fino alla fine della Purificazione viene spessochiamato Kama-Loca.

Dopo la purificazione incomincia per l'Io uno stato di coscienza affatto nuovo. Mentre prima della morte leimagini esteriori dovevano affluire verso di lui, perchè la luce della coscienza le potesse illuminare, ora è invecedall' interiorità che scaturisce un mondo, che giunge alla coscienza. L'Io vive in questo mondo anche nelperiodo fra nascita e morte, ma esso gli si presenta rivestito dalle manifestàzioni dei sensi. Soltanto quando l'Io,libero dalle percezioni sensorie, percepisce sè stesso nella sua interiorità più sacra, gli si palesa nella sua veraforma ciò che gli appariva prima soltanto attraverso il velo dei sensi. Così come la percezione dell'Io si svolgeprima del1a morte nell'interiorità, così dall'interiorità il mondo spirituale gli si manifesta nella sua pienezza dopola morte e la purificazione. Tale rivelazione avviene di fatto subito dopo l'abbandono del corpo eterico; ma idesideri rivolti al mondo esteriore formano come una nube oscura che ne ottenebra la vista. È come se a unmondo beato di esperienze spirituali si frammischiassero nere ombre demoriiache, sorte da quei desideristessi, che vanno consumandosi nel "fuoco purificatore". Invero quei desideri non sono semplicemente ombre,ma fatti reali; questo risulta evidente, quando l'Io, liberatosi dagli organi fisici, può percepire ciò che è di naturaspirituale. Questi esseri appariscono come contraffazioni e caricature di quello di cui l'uomo, un tempo, hapreso coscienza a mezza dei sensi. L'osservazione chiaroveggente scorge l'ambiente del fuoco purificatorepopolato da esseri, la cui vista può riuscire orrida e tremenda all'occhio spirituale; esseri, per i quali il piacerepar consista solo nella distruzione, e le cui passioni sono improntate a male così grande, che quello del mondofisico è un nulla al confronto. I desideri del genere di quelli descritti, che l'uomo porta seco in quel mondo, sonoconsiderati da quegli esseri come un nutrimento, per mezzo del quale la loro potenza acquista sempre nuovaforza e vigore. La descrizione di un tal mondo, invisibile ai sensi, apparirà meno inverosimile, se osserveremocon animo scevro da pregiudizi una parte del mondo animale. Che cosa rappresenta dal punto di vistaspirituale un lupo feroce? Che cosa si manifesta in ciò che i sensi percepiscono, osservandolo? Null'altro cheun'anima che vive nelle passioni e nelle quali l'azione è determinata da esse. La forma esteriore del lupo si puòchiamare l'incarnazione di questi desideri. E se l'uomo non avesse organi per percepire cotal forma, dovrebbenondimeno ammettere l'esistenza di un tale essere, quando le passioni di esso si manifestasseroinvisibilmente soltanto nei loro effetti, e una forza invisibile si aggirasse all'intorno e producesse tutto ciò che

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produce il lupo visibile. Orbene, gli esseri del fuoco purificatore sono visibili all'occhio chiaroveggente, ma nonall'occhio fisico; la loro azione però risulta evidente e consiste nella distruzione dell'Io, se questo dà loronutrimento. E quest'azione diventa chiaramente visibile, quando un piacere consentito giunge fino all'eccesso e alla dissolutezza. Perchè ciò che è percettibile ai sensidovrebbe attrarre l'Io soltanto, in quanto il piacere tragga origine dalla sua natura stessa. L'animale ricercasoltanto quelle cose esteriori che i suoi tre corpi desiderano. L'uomo ha piaceri più alti, perchè ai suoi tre articorporei, se ne è aggiunto un quarto: l'Io. Ma se l'Io cerca soddisfazioni dirette non alla conservazione ed allosviluppo della sua natura, ma alla sua distruzione, tale tendenza non può provenire nè dall'azione dei suoi trecorpi, nè dalla propria sua natura, ma soltanto da quella di entità, la cui forma reale rimane celata ai sensi, mache possono appunto avvicinarsi nascostamente alla natura superiore dell'Io, ed eccitare in essa desideri, nondipendenti dai sensi, ma appagabili solo da organi sensori. Esistono appunto degli esseri che si nutrono di passioni e desideri di natura peggiore di quelli degli animali, perchè non si esplicano nel campo dei sensi, masi attaccano all'elemento spirituale, abbassandolo al livello di quello. Le forme di tali esseri appaiono perciòorribili allo sguardo spirituale, più spaventevoli assai delle forme degli animali più feroci, nei quali s'incarnanosoltanto passioni radicate nei sensi; e le forze distruttrici di questi esseri superano di molto qualsiasi violenzadel mondo animale percettibile nell'ambiente terrestre. L'occultismo si trova perciò costretto a dirigere losguardo degli uomini verso un mondo di entità inferiori, sotto molti riguardi, al mondo visibile degli animalidistruttori.Quando l'uomo dopo la morte ha attraversato il mondo appunto descritto, si trova di fronte ad un mondo colmodi spiritualità e che crea in lui soltanto desideri appagabili a mezzo di ciò che è spirituale. Però l'uomo distingueanche qui quello che appartiene in proprio al suo Io, da quello che costituisce l'ambiente dell'Io, e che sipotrebbe anche chiamare il mondo spirituale esteriore di esso. Ma quello, che egli sperimenta di questoambiente, affluisce verso di lui, come la percezione del suo proprio Io affluiva a lui durante il suo soggiorno nelcorpo. Così, mentre ciò che circonda l'uomo fra nascita e morte gli parla a mezzo degli organi dei suoi corpi, illinguaggio del suo nuovo ambiente penetra direttamente nell' "intimo santuario" dell'Io, allorchè questo si èliberato di tutti i suoi corpi. L'intiero ambiente che circonda l'uomo è ora pieno di entità della natura medesimadel suo Io, poichè soltanto un Io può entrare in rapporto con un altro Io. Come durante la vita l'uomo ècircondato da minerali, piante e animali, che compongono il mondo dei sensi, così dopo la morte egli ècircondato da un mondo costituito di entità di natura spirituale. L'uomo però porta seco in questo mondoqualche cosa che non fa parte di quell'ambiente; cioè, quello che l'Io ha sperimentato nel modo dei sensi.Dapprima, immediatamente dopo la morte, quando il corpo eterico era ancora unito all'Io, il complesso diqueste esperienze si manifestò in un quadro mnemonico d'insieme. Il corpo eterico stesso fu poi deposto, ma diquel quadro mnemonico qualche cosa rimase in possesso dell'Io, come sua proprietà permanente.Come se da tutti gli avvenimenti, da tutte le esperienze attraversate dall'uomo fra nascita e morte si ricavasseun estratto, una essenza, così si presenta ora ciò che rimane all'Io. È il prodotto spirituale della vita, il frutto diessa. Questo prodotto è di natura spirituale. Contiene tutto quanto di spirituale si manifesta a mezzo dei sensi;non avrebbe però potuto costituirsi senza la vita nel mondo dei sensi. L'Io, dopo la morte, sente che questofrutto spirituale del mondo dei sensi è il suo proprio mondo, è il suo mondo interiore, e che con esso penetra nelmondo costituito da entità, che si manifestano come soltanto il suo Io può manifestare sè stesso nella propriainteriorità più intima. Come il seme di una pianta che è l'essenza della pianta stessa si sviluppa soltanto quandoè sepolto in un altro mondo, cioè nella terra, così quello che l'Io porta con sè dal mondo dei sensi si sviluppaora come un seme, sotto l'azione dell'ambiente spirituale che ormai lo ha accolto. La scienza occulta certamente può dare soltanto delle imagini quando deve descrivere ciò che accade inquesto «mondo dello Spirito»; però queste imagini possono essere tali, da presentarsi allo sguardochiaroveggente come realtà assoluta, quando esso persegue gli avvenimenti invisibili corrispondenti a quellivisibili per l'occhio fisico. Ciò che vi è da descrivere può essere reso evidente da paragoni col mondo sensibile,perchè, quantunque sia di natura affatto spirituale, assomiglia, sotto certi riguardi, al mondo fisico. Come, peresempio, in questo mondo un colore appare, quando questo o quell'oggetto colpisce l'occhio, così un colore sipresenta all'Io nel «mondo dello Spirito», quando un'Entità esercita un'azione su di esso; però questo coloreviene prodotto nello stesso modo come durante la vita fra nascita e morte, soltanto la percezione dell'Io puòessere interiormente determinata. Non è come se la luce penetrasse dall'esterno interiormente nell'uomo, macome se un altro essere agisse direttamente sull'Io e lo incitasse a rappresentarsi questa azione in forma diimagine colorata. Così tutti gli esseri dell'ambiente spirituale dell'Io trovano la loro espressione in un mondo cheirradia colori. Poichè tali colori del mondo spirituale hanno origine diversa, essi, ben inteso, hanno anche uncarattere alquanto diverso dai colori fisici. Anche per altre impressioni, che l'uomo riceve nel mondo sensibile, sideve dire lo stesso. Le impressioni più somiglianti a quelle del mondo fisico vengono date dai suoni del mondospirituale. E quanto più l'uomo si familiarizza con questo mondo, tanto più esso gli si manifesta come una vita diper sè stessa animata, che si può paragonare ai suoni della realtà sensoria e alla loro armonia. Però egli nonsente il suono come qualcosa che colpisce un organo dall'esteriore, bensì come una forza, che attraversa il suoIo e scorre fuori nel mondo. Egli sente il suono, come sente nel mondo fisico la propria parola, il proprio canto,con la differenza che ora, nel mondo spirituale, egli sa che i suoni emanati da lui sono nel tempo stesso lamanifestazione di altre entità, le quali si riversano nel mondo per mezzo di essi. Una manifestazione di gradoancor più elevato avviene nel "Mondo dello Spirito", quando il suono diventa «Parola spirituale». Allora,attraverso l'Io fluisce non soltanto la vita pulsante di un altro essere spirituale, ma quell'essere stesso fa

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partecipare l'Io alla propria interiorità. E quando la Parola spirituale irradia nell'Io, due esseri vivonoeffettivamente l'uno nell'altro, senza quella barriera di separazione, che deve esistere sempre in ogni unione delmondo fisico. E veramente, dopo la morte questa è la natura dell'unione dell'Io con altri esseri spirituali.Nel mondo spirituale vi sono tre regioni, che si possono paragonare a tre parti del mondo fisico dei sensi. Laprima regione è, in certo qual modo, la «terra ferma» del mondo spirituale; la seconda, la regione del mare edei fiumi, e la terza la regione atmosferica. - Quello che sulla Terra assume forma fisica, in guisa da poteressere percepito a mezzo di organi fisici, vien percepito, nella sua essenza spiritmile, nella prima regione del«Mondo dello Spirito». In esso, per esempio, si potrà vedere la forza che plasma la forma di un cristallo. Simanifesta però tutto il contrario di ciò che appare alla visione sensoria. Lo spazio, che nel mondo dei sensi èriempito da un masso di pietra, si presenta allo sguardo spirituale come uno spazio vuoto; ma intorno ad essosi vede la forza che elabora la forma della pietra. Il colore che una pietra ha nel mondo fisico si manifesta nelmondo spirituale nel suo colore complementare; così una pietra rossa ci appare verde nel mondo spirituale;una pietra verde ci appare rossa, e via di seguito. Anche le altre proprietà appariscono nei loro contrari. Comele pietre, le masse di terra e simili compongono la «terra ferma», la «regione continentale» del mondo fisico,così le formazioni che abbiamo descritte costituiscono la «terra ferma» del mondo spirituale. - Tutto ciò che ilmondo dei sensi contiene in sè come vita, costituisce la «regione del mare» del mondo spirituale. All'occhiofisico la vita si palesa nelle sue manifestazioni, cioè nelle piante, negli animali e negli uomini. Per l'occhiospirituale la vita è un'essenza fluente, simile ai mari e ai fiumi, che si diffonde nella regione spirituale. Paragonepiù esatto è quello con la circolazione del sangue nel corpo, poichè, mentre i mari ed i fiumi del mondo fisico ciappariscono distribuiti irregolarmente, una certa qual regolarità regna nella distribuzione della vita fluente delmondo spirituale, come per la circolazione del sangue nel corpo. Questa «vita fluente» appunto è percepita adun tempo come suono spirituale.La terza regione del mondo dello spirito è "l'atmosfera". Ciò che nel mondo fisico si presenta come sensazioneesiste pure nella regione spirituale pervadendola intieramente, come l'aria sulla terra. Dobbiamo raffigurarci unmare agitato di sensazioni. Dolore e tristezza, gioia ed estasi scorrono violentemente in questa regione, come ilvento e la tempesta nell'atmosfera del mondo fisico. Si pensi ad una battaglia che si combatte sulla terra. Vi sitrovano di fronte non soltanto semplici forme umane che l'occhio fisico può vedere, ma sentimenti controsentimenti, passioni contro passioni; il campo di battaglia è riempito di sofferenze, come lo è di forme umane.Tutto ciò che in esso vive come passione, come dolore, come gioia di vittoria non vi esiste soltanto nei suoieffetti percettibili ai sensi, ma può rivelarsi ai sensi spirituali come processo dell'atmosfera del mondo spirituale.Tale avvenimento è nell'ambiente spirituale come una tempesta del mondo fisico. E la percezione di taleavvenimento si può paragonare alla percezione auditiva della parola nel mondo fisico. Perciò si dice: Comel'aria avviluppa e pervade gli esseri terrestri, così la «fluttuante parola spirituale» avviluppa e pervade gli esseried i processi del mondo spirituale.È pure possibile fare delle altre osservazioni in questo mondo spirituale. Vi si trova anche qualche cosa che sipuò paragonare al calore ed alla luce del mondo fisico. È il mondo stesso del pensiero quello che compenetratutto il mondo spirituale, così come il calore compenetra gli esseri e le cose sulla terra; però i pensieri bisognarappresentarseli come esseri viventi e indipendenti. Ciò che l'uomo considera e chiama pens'iero nel mondomanifesto non è che l'ombra di ciò che vive nel mondo dello Spirito come entità-pensiero. Immaginate ilpensiero quale esiste negli uomini, costituito al di fuori di essi come entità attiva, dotata di vita interiore propria,e avrete una debole imagine di ciò che riempie la quarta regione del mondo dello spirito. Ciò che l'uomopercepisce come «pensiero» nel suo mondo fisico, fra nascita e morte, non è che la manifestazione del mondodel pensiero, così come esso può foggiarsi per mezzo degli strumenti del corpo. Ma tutti quei pensieri chel'uomo alberga in sè, che importano un arricchimcnto per il mondo fisico, traggono origine in questa regione;non occorre che siano unicamente quelli di grandi inventori o di uomini di genio: ogni uomo può avere "idee" dicui non va debitore unicamente al mondo esteriore, ma con le quali, anzi, egli lo trasforma. I sentimenti e lepassioni suscitate dal mondo esteriore sono percettibili nella terza regione del mondo dello Spirito; ma tutto ciòche può vivere nell'anima umana, per modo che l'uomo si renda capace di creare e di trasformare e fecondareil proprio ambiente, si manifesta nella sua forma originaria ed essenziale nella quarta regione del mondospirituale. Ciò che si trova nella quinta regione si può paragonare alla luce fisica. Nella sua forma archetipo è"Saggezza" in manifestazione. Appartengono a questa regione esseri che irradiano saggezza nel loroambiente, come il Sole su gli esseri del mondo fisico. Quello che viene illuminato da questa saggezza si palesanel suo vero senso e importanza per il mondo spirituale, come un oggetto fisico palesa alla luce il suo colore.Esistono poi regioni ancora più elevate nel mondo dello Spirito, che verranno descritte nel corso di quest'opera.Dopo la morte, l'Io si trova immerso in quel mondo, assieme al frutto di ciò che porta con sè della vita dei sensi.E questo frutto è ancora unito alla parte del corpo astrale che non è stata abbandonata al termine del periodo dipurificazione; mentre si distacca solo quella, che dopo la morte ha desideri e aspirazioni rivolti alla vita fisica. L'immersione dell'Io nel mondo spirituale, unitamente a ciò che esso ha acquistato a mezzo della vita nel mondofisico, si può paragonare all' immersione di un seme nel terreno che dovrà farlo maturare. Come il seme traesostanza e forza da quanto lo circonda per potersi sviluppare in una pianta nuova, allo stesso modo l'Io,impiantato nel mondo spirituale, cresce e si sviluppa. - In quello che un organo percepisce risiede anchenascostamente la forza, per mezzo della quale l'organo stesso vien formato. L'occhio percepisce la luce, ma sela luce non esistesse non esisterebbe neanche l'occhio. Gli esseri che trascorrono la vita nell'oscurità nonsviluppano gli organi visivi. Così l'intiero corpo dell'uomo vien costituito dalle forze nascoste in ciò che gli organi

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del corpo percepiscono. Il corpo fisico formato dalle forze del mondo fisico, il corpo eterico dalle forze delmondo vitale, e il corpo astrale è elaborato dal mondo astrale. Quando l'Io dunque vien trasferito nel mondodello Spirito si trova a contatto proprio con quelle forze che rimangono nascoste alla percezione fisica. Nellaprima regione del mondo dello Spirito diventano visibili le entità spirituali che circondano sempre l'uomo, e chehanno anche costruito il suo corpo fisico. Nel mondo fisico l'uomo non percepisce altro che le manifestazioni diquelle forze spirituali, che hanno costituito il suo proprio corpo fisico. Dopo la morte egli si trova appunto inmezzo a queste forze plasmatrici, le quali, prima nascoste, gli si rivelano ora nella loro vera forma. Così pure,nella seconda regione egli sta in mezzo alle forze che formavano il suo corpo eterico; nella terza regione, poi,affluiscono verso di lui le forze che hanno costituito il suo corpo astrale. Anche le regioni più elevate del mondospirituale fanno affluire verso di lui ciò che ha contribuito alla sua formazione per la vita fra nascita e morte.Queste entità del mondo spirituale lavorano ora unitamente a ciò che l'uomo ha portato con sè come frutto dellavita anteriore, e che diventa ora un germe. Per mezzo di questa cooperazione, l'uomo viene anzitutto costituitodi nuovo come essere spirituale. Durante il sonno il corpo fisico e il corpo eterico sono ancora presenti; il corpoastrale e l'Io si trovano al di fuori di quei due corpi, ma ancora con essi collegati, e ciò che durante tale statopossono ricevere come intlusso del mondo spirituale può servire soltanto a ripristinare le forze esaurite durantela veglia. Ma quando sono stati deposti il corpo fisico e il corpo eterico, e, dopo la purificazione, anche quellaparte del corpo astrale che è rivolta verso i desideri del mondo fisico, allora tutto ciò che dal mondo spiritualefluisce verso l'Io esercita una azione, non soltanto di miglioramento, ma anche di riorganizzazione. E dopo undeterminato tempo, di cui parleremo più oltre in questo libro, si foggia intorno all'Io un nuovo corpo astrale, attoad abitare un corpo eterico e un corpo fisico simile a quello che è proprio dell'uomo fra nascita e morte. L'uomopuò passare per una nuova nascita e riapparire in una nuova esistenza terrestre, in cui è incorporato però ilfrutto dell'esistenza antecedente. Finchè è in corso la formazione del corpo astrale, l'uomo assiste cometestimonio a questa sua ricostituzione; perchè le forze del mondo spirituale non gli si manifestano a mezzo diorgani esteriori, bensì interiormente, come il proprio Io nell'autocoscienza; cosi egli può percepire questemanifestazioni, fintanto che i suoì sensi non siano ancora rivolti verso un mondo esteriore di percezione. Dalmomento in cui il corpo astrale si è costituito nuovamente questo senso però si volge verso l'esteriore. Il corpoastrale richiede ormai di nuovo un corpo eterico esteriore e un corpo fisico; così esso si distoglie dallemanifestazioni dell'interiorità. Si presenta perciò ora uno stato intermedio, durante il quale l'uomo cadenell'incoscienza. La coscienza può risorgere nel mondo fisico soltanto dopo formati gli organi necessari per lapercezione fisica. Durante il tempo in cui la coscienza rischiarata dalla percezione interiore finisce di agire, ilnuovo corpo eterico comincia a collegarsi al corpo astrale e l'uomo può nuovamente entrare in un corpo fisico.Potrebbe prender parte cosciente ad un tale processo di collegamento soltanto un Io, il quale dalle forzecreatrici nascoste nel corpo eterico e nel corpo fisico avesse costituito lo Spirito Vitale e l'Uomo Spirito. Finchèl'uomo non sia giunto a tanto, altre entità, più di lui progredite nella loro evoluzione, debbono compiere questaunione. Il corpo astrale vien guidato da tali entità verso una coppia di genitori, che potrà fornirgli il corpo etericoe il corpo fisico adatto. Prima che si compia il collegamento del corpo eterico, qualcosa di straordinariamenteimportante si verifica per l'uomo che è sul punto di entrare nuovamente nell'esistenza fisica. L'uomo ha creatodurante la sua vita precedente delle forze disturbatrici, che gli si sono palesate durante il viaggio all'indietroeffettuatosi dopo la morte. Ricorriamo all'esempio già citato, cioè, dell'uomo, che nel quarantesimo anno dellasua vita precedente abbia cagionato in un impulso di collera dolore a qualcuno. Dopo la morte questo dolorealtrui gli si para dinanzi, come una forza contrastante allo sviluppo del suo proprio Io. E così è per tutti i casisimili della sua vita precedente. Al suo rientrare nella vita fisica questi impedimcnti all'evoluzione si presentanonuovamente dinanzi all'Io. Come al sopraggiungere della morte si presenta all'Io umano una spcie d'imaginemnemonica, così ora si presenta ad esso un'imagine della vita da venire. L'uomo vede nuovamente un'imaginela quale gli palesa ormai tutti gli ostacoli che egli dovrà Superare, se vuoi progredire nella sua evoluzione. E ciòche egli vede in tal modo diventa il punto di partenza di forze, che l'uomo deve prendere seco nella nuova vita.L'imagine del dolore inflitto ad altri diventa una forza, che Spinge l'Io, quando ritorna nella vita, a rimediare aquesto dolore. La vita precedente esercita così una azione determinante sulla nuova vita. Le cause delle azionidella nuova vita si trovano in certo qual modo nella vita precedente. Questa legittima correlazione fra lapassata esistenza e quella nuova costituisce la «Legge del Destino», che noi indichiamo generalmente colnome di «Karma», nome tratto dalla sapienza orientale. La costituzione di un nuovo insieme di corpi non è però la sola attività che incombe all'uomo fra la morte e unanuova nascita. Mentre questa costituzione si compie, l'uomo vive al di fuori del mondo fisico, che intantoprocede più oltre nella propria evoluzione. In periodi di tempo relativamente brevi la Terra cambia di aspetto.Come apparivano alcune migliaia di anni or sono le regioni che costituiscono oggi la Germania? Quando l'uomoinizia una nuova esistenza sulla Terra, questa, in regola generale, non presenta mai il medesimo aspetto cheaveva durante la sua vita precedente. Mentre egli è stato assente tutto ciò che poteva trasformarsi si ècambiato. In queste trasformazioni dell'aspetto della Terra agiscono pure forze nascoste, che esercitano la loroazione da quel mondo, in cui l'uomo si trova dopo la morte. L'uomo stesso deve collaborare a questetrasformazioni della Terra, e può far ciò soltanto sotto la direzione di entità superiori, finchè con la costituzionedello Spirito vitale e dell' Uomo Spirito egli non abbia acquistato la conoscenza chiara del rapporto fra lospirituale e la Sua espressione nel fisico. Egli collabora però alle trasformazioni delle condizioni terrestri. Si puòdire che durante il tempo fra morte e rinascita l'uomo trasforma la Terra per modo, che le condizioni di questa siaccordino con quello che egli stesso ha sviluppato in sè.

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Se osserviamo in un determinato momento uno speciale punto della Terra e torniamo poi ad osservarlo dopomolto tempo, lo troveremo completamente cambiato; le forze che hanno prodotto quei cambiamenti si trovanonell'ambiente dei morti. In tal modo anche fra morte e rinascita gli uomini si trovano in connessione con laTerra. L'osservazione chiaroveggente vede in tutta l'esistenza fisica la manifestazione di una spiritualitànascosta. Per l'osservazione fisica è la luce del sole, i cambiamenti di clima, ecc., che producono lemodificazioni della Terra. Per l'osservazione chiaroveggente, invece, è la forza degli uomini morti, che agiscenel raggio di luce che dal sole cade sulla pianta. Il chiaroveggente vede le anime umane aleggiare sulle piante,trasformare il suolo ed altre cose simili. Dopo la morte l'uomo non si occupa soltanto di sè stesso e dellapreparazione alla nuova sua vita. Egli ha il compito di lavorare spiritualmente per il mondo esteriore, così comedurante il periodo fra nascita e morte aveva il compito di lavorare fisicamente.La vita degli uomini nel mondo spirituale influisce sulle condizioni del mondo fisico, ma a sua volta anchel'attività della esistenza esercita la sua azione sul mondo spirituale. Un esempio potrà illustrare quanto accade aquesto riguardo. Un legame di affetto esiste fra madre e figlio. Questo affetto emana dalla reciproca attrazione,che ha radice nelle forze del mondo dei sensi. Ma nel corso del tempo l'affetto si trasforma, e il legame fisico sievolve a legame spirituale, il quale non è intessuto soltanto per il mondo fisico, ma anche per il mondo delloSpirito. Ciò si verifica ugualmente in altre circostanze simili. Quello che nel mondo fisico è stato intessuto daentità spirituali permane nel mondo spirituale. Amici, che durante la vita furono intimamente legati, si ritrovanonel mondo spirituale, e dopo l'abbandono del corpo la loro unione è anche più intima che nella vita fisica. Difatti,come spiriti, essi si manifestano l'uno all'altro per la via dell' interiorità nel modo già descritto, e che è proprioalle entità spirituali; un legame siffatto intessuto fra due uomini li riconduce insieme anche in una nuova vita.Nel vero senso della parola possiamo dunque dire, che gli uomini si ritrovano dopo la morte. Tutto ciò che si è verificato per l'uomo fra nascita e morte e poi fra la morte e una nuova nascita, si ripete.L'uomo torna sempre di nuovo sulla Terra, quando il frutto che egli ha acquistato durante un'esistenza fisica ègiunto a maturazione nel mondo spirituale. Non si tratta però di una ripetizione senza principio e senza fine.L'uomo è pervenuto da altre forme di esistenza a quella che ora descriviamo, e passerà nuovamente ad altreforme nell'avvenire. Avremo un'idea di questi stati transitori, quando in seguito descriveremo dal punto di vistadella scienza occulta l'evoluzione dell'universo in rapporto a quella dell'uomo.I processi che si svolgono fra la morte e una nuova nascita riescono naturalmente ancora più occulti per l'osservazione dei sensi esteriori, di quanto non lo sia la spiritualità, che serve di base all'esistenza manifesta franascita e morte. L'osservazione dei sensi può vedere l'azione di quella parte del mondo solo là dove essa simanifesta nell'esistenza fisica. Si potrebbe domandare a questo proposito, se l'uomo, il quale attraverso lanascita entra nell'esistenza, porti seco qualche cosa di quei processi descritti dalla scienza occulta, i quali sisvolgono fra la morte che precede l'ultima nascita e la nascita stessa. Quando si trova il guscio di unaconchiglia, in cui non resti traccia dell'animale, si dovrà ciò malgrado ammettere, che tale guscio fu formatodall'attività dell'animale, nè si potrà credere, che esso si sia plasmato in quella sua forma unicamente permezzo di forze fisiche. Allo stesso modo, chi studia l'uomo durante la sua vita e trova in esso qualcosa che da"questa vita" non può derivare, potrà ragionevolmente ammettere che ciò derivi da quanto la scienza occultadescrive, se così facendo può gettar luce su fenomeni, che altrimenti rimarrebbero inesplicabili. In tal modo,anche in questo caso, l'osservazione propria dell' intelletto fisico potrebbe dagli effetti visibili arrivare a trovarecomprensibili le cause invisibili. E chi osserva questa vita imparzialmente rileverà con ogni nuova osservazionecome ciò sia vero. Si tratta soltanto di trovare il punto giusto di vista per esaminare quegli effetti nella vita. Dovetroviamo per esempio le conseguenze di quanto la scienza occulta descrive come processi del periodo dipurificazione? - Come si manifestano gli effetti di ciò che, secondo la scienza occulta, l'uomo sperimenta nelleregioni della pura spiritualità, dopo trascorso il tempo della purificazione? Degli enigmi si affacciano da ogni parte in questo campo a chi osservi la vita con serietà e con coscienza.Vediamo nascere un uomo nel bisogno o nella miseria, e lo vediamo dotato di capacità così meschine, che perqueste condizioni inerenti alla sua nascita sembra destinato a priori ad un'esistenza miserevole. Un altro fin dalprimo istante di sua vita è sostenuto e curato da cuori e da mani amorevoli; si sviluppano in lui brillanti facoltà:egli è destinato ad un'esistenza ricca di successo e di soddisfazioni. Questi problemi si possono esaminare dadue diversi punti di vista. L'uno si atterrà a quello che i sensi percepiscono e a ciò che l'intelletto, su di essibasato, è capace di comprendere. Questo punto di vista non ammetterà che vi sia un problema da risolvere nelfatto, che un uomo nasce fortunato ed un altro sventurato. Se pur la parola caso non sarà pronunziata, non ci sifermerà certo a supporre l'esistenza di una legge di causa ed. effetto che operi in tal maniera. Riguardo alledisposizioni, alle capacità, esse verranno considerate da tal punto di vista come ereditate dai genitori, dai nonni,o dagli antenati, e non ne verranno cercate le cause nei processi spirituali, sperimentati dall'uomo stesso -indipendentemente dalla linea di eredità degli antenati - prima della sua nascita, e a mezzo dei quali egli haformato le proprie disposizioni e capacità. Ma un altro punto di vista non resterà soddisfatto da una tale interpretazione, e dirà: «Anche nel mondomanifesto, per tutto quello che accade in ogni occasione ed in ogni ambiente, è d'uopo presupporre delle causedeterminanti ». Se pure spesse volte tali cause non sono state ricercate, nondimeno esse esistono. Un fiorealpino non può nascere nella bassa pianura. Vi è nella sua natura qualcosa che lo connette alle regioni alpine.Nello stesso modo appunto deve esistere in ogni uomo qualche cosa che lo fa nascere in un determinatoambiente. Le sole cause fisiche non sono sufficienti a spiegare questo fatto, perchè una simile spiegazione, perchi ragiona con una certa profondità, equivarrebbe ad attribuire il colpo che un uomo dà ad un altro, non

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all'espressione del sentimento di quest'uomo, ma al semplice meccanismo fisico della sua mano.Nello stesso modo non può soddisfare la spiegazione che attribuisce la capacità e le tendenze di un uomo alsolo fattore ereditario. È vero che si può dire: «Guardate come certe capacità si trasmettono per eredità in certefamiglie ». Per due secoli e mezzo il talento musicale fu ereditario nella famiglia di Back. La famiglia Bernoulliconta ben otto matematici, i quali nella loro infanzia erano stati destinati ad altre professioni; il talento ereditarioperò li conduce tutti alla vocazione di famiglia. Si può osservare inoltre che, risalendo la linea ereditaria di unapersonalità cospicua, risulta che, in un modo o nell'altro, le facoltà di cui essa è dotata erano apparse anche neisuoi antenati, e rappresentano come la somma di capacità ereditate. - Chiunque si attenga al secondo punto divista suindicato non trascurerà di notare questi fatti, i quali non avranno per lui però lo stesso significato, chehanno per chi appoggia le sue interpretazioni sulla sola evidenza dei sensi. Il primo farà osservare che lecapacità ereditarie non possono combinarsi di per sè stesse in una personalità completa, cosi come pure i variipezzi di un orologio non possono di per sè riunirsi e formare un orologio. E se si obietta che la cooperazione deigenitori può produrre senza dubbio la combinazione delle capacità - e corrisponde così all'azione dell'orologiaio- si potrà replicare: «Guardate spregiudicatamente ciò che di nuovo si riscontra io ogni personalità infantile; ciònon può provenire dai genitori, per la semplice ragione che non esiste in essi».La mancanza di chiarezza del pensiero può generare a questo riguardo molta confusione; e il peggio accadequando i sostenitori del primo punto di vista accusano i partigiani del secondo di opporsi a ciò che, dopo tutto, sibasa su falli accertati. Ma può darsi benissimo che questi ultimi non abbiano la minima intenzione di negare laverità e il valore di tali fatti. Per esempio, essi vedono pure che un'attitudine mentale determinata, o unapredisposizione è ereditaria in una famiglia, e che certi doni accumulati e combinati in uno dei discendentiproducono una personalità spiccata. Essi sono disposti ad ammettere quanto si afferma, e cioè che i nomi piùcelebri si trovano raramente al principio di una stirpe, ma piuttosto alla fine di essa. Non bisogna peròrimproverarli se si trovano costretti a formarsi un'opinione affatto diversa da quella delle persone, che si basanosoltanto sull'evidenza materiale. A queste ultime si potrebbe dire, che certamente un uomo palesa lecaratteristiche dei proprii antenati, perchè l'elemento spirituale-animico, che penetra nell'esistenza fisica con lanascita, trae la sua sostanza corporea da ciò che vien trasmesso per via di eredità. Però questo significasoltanto che un essere porta le caratteristiche dell'ambiente in cui è disceso.Senza dubbio il seguente paragone sembrerà strano, anzi superficiale; ma una persona spregiudicata nonpotrà negarne il valore. Il fatto che un essere umano si palesa dotato delle qualità dei suoi antenati servealtrettanto poco a dimostrare l'origine delle sue qualità personali, quanto il fatto di vederlo bagnato, se è cadutonell'acqua, può servire a dimostrare l'intima natura dell'uomo stesso. E si potrà dire inoltre, che, se i nomi piùcelebri stanno alla fine di una stirpe, ciò dimostra come il possessore di tal nome celebre avesse bisogno diquella particolare linea di antenati per poter costituire il corpo necessario all'espressione della sua completapersonalità. Ma ciò non costituisce una prova della trasmissione ereditaria delle sue qualità personali, anzi, taleaffermazione è contraria alla logica. Se le doti personali fossero ereditarie dovrebbero trovarsi al principio dellastirpe e, partendo da quel punto, venir trasmesse ai discendenti. Poichè invece si trovano alla fine, ciò dimostraappunto, che esse non sono ereditate.Non si può negare peraltro che coloro che affermano l'esistenza di una causalità spirituale nella vita hannoanch'essi contribuito non poco a portar confusione nel pensiero. Essi discutono per lo più in modo generico eindeterminato, e questo è un errore. L'asserzione che la personalità umana è una combinazione dicaratteristiche ereditate si può paragonare con la pretesa, che dei pezzi di metallo si possano di per sè riunireper costituire un orologio. Bisogna anche ammettere, nei riguardi di molte affermazioni sul mondo spirituale,che è come se qualcuno dicesse: "Poichè le parti dell'orologio non possono riunirsi di per sè stesse in modo dafar avanzare le sfere, vi deve essere una intelligenza che determina quel movimento". Rispetto adun'asserzione simile, poggia indubbiamente su base più sicura il ragionamento di colui che dice: "Oh! nonm'interesso affatto di tali esseri «mistici» che spingono innanzi le sfere; ma cerco di conoscere il congegnomeccanico che effettua quel movimento". Non si tratta soltanto, di sapere che dietro ad un meccanismo, comeper esempio all'orologio, vi sta un'intelligenza (l'orologiaio); l'importante sarà di conoscere le idee, che nellamente dell'orologiaio hanno preceduto la costruzione dell'orologio. Queste idee si possono ritrovare nelmeccanismo. Ogni semplice sognare e fantasticare nei riguardi del mondo supersensibile conduce soltanto a una grandeconfusione, perchè non è adatto a soddisfare agli oppositori. Questi hanno il diritto di dire, che tali allusionigeneriche a esseri supersensibili non contribuiscono per nulla alla comprensione dei fatti.Certamente tali oppositori possono affermare lo stesso, riguardo alle constatazioni esatte della scienza occulta.Ma in questo caso si può far osservare, che gli effetti delle cause spirituali occulte si rivelano nella vitamanifesta. Si può dire: «Ammettiamo per un momento l'esattezza di quello che la scienza occulta ha stabilitoper mezzo delle sue ricerche, e cioè che l'uomo abbia attraversato dopo la morte un periodo di purificazione, eche durante questo tempo egli abbia sperimentato animicamente come una determinata azione da lui compiutanella vita precedente costituisca un ostacolo al processo della sua evoluzione. Mentre egli ha attraversato taleesperienza, si è formato in lui l'impulso di porre riparo ai risultati di quel fatto. Egli porta con sè quest'impulso inuna nuova vita, e la presenza di esso produce nella sua natura una tendenza, che lo spinge verso quellecondizioni, che gli renderanno possibile tale ammenda. Tenendo conto del complesso di questi impulsitroviamo la ragione per cui un essere umano nasce nell'ambiente corrispondente al suo destino.Consideriamo ora nello stesso modo un altro postulato. Supponiamo che sia corretta l'asserzione della scienza

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occulta, che i frutti di una passata vita siano incorporati nel germe spirituale dell'uomo e che la plaga spirituale,nella quale esso viene a trovarsi nel tempo fra la morte e la nuova nascita, sia il campo in cui questi fruttimaturano e si trasformano in talenti e capacità, per ricomparire poi in una nuova vita e per formare lapersonalità, in modo che essa si palesi come l'effetto di ciò che è stato acquistato nella sua vita precedente. -Riesce evidente, per chiunque accetti questa premessa e con essa contempli imparzialmente la vita, che conquesto mezzo tutti i fatti materiali possono venir apprezzati nella loro completa verità e importanza, e che alcontempo diventa pure intelligibile, per chi volge la sua attenzione verso il mondo spirituale, tutto ciò cherimarrebbe sempre incomprensibile, se si basasse soltanto sui fatti materiali. E, cosa ancor più importante,svanirà quell' illogico ragionare a cui abbiamo accennato pur dianzi, che vuol affermare, perchè il nome piùillustre di una discendenza si trova alla fine di essa, che la personalità in quistione debba aver ereditato talidoni. La vita diviene logicamente comprensibile a mezzo dei fatti supersensibili accertati dalla scienza occulta.Orà però un'obiezione di molto valore potrebbe essere mossa dal ricercatore coscienzioso della verità, chedesideri raggiungere la persuasione dei fatti, senza aver un'esperienza propria del mondo supersensibile. Eglipuò dire che è inammissibile accettare l'esistenza di fatti di qualsiasi specie, semplicemente perchè servono aspiegare ciò che altrimenti sarebbe inesplicabile. Tale obiezione non ha significato per colui che conosce irelativi fatti a mezzo dell'esperienza supersensibile, e nei susseguenti capitoli di quest'opera sarà indicata la viada seguire per acquistare, per esperienza personale, la conoscenza, non soltanto dei fatti spirituali su descritti,ma anche della legge di causalità spirituale che li determina; chiunque però non si sente disposto a percorreretale via può considerare l'obiezione suddetta come molto importante. Tutto quanto si potrà dire contro di essaavrà valore anche per chi si sarà prefisso di seguire la via indicata, perchè, se quelle spiegazioni sarannoaccolte nel loro vero senso, ciò costituirà appunto il primo e migliore passo su quella via. È bensì vero che nonsi deve accettare l'esistenza di una cosa a noi completamente ignota, solo perchè con tale mezzo ci è datospiegare qualcosa che resterebbe altrimenti inesplicabile. Ma, nei riguardi dei fatti spirituali sopra citati, il caso èdiverso. Se le spiegazioni vengono accettate ne risulta, non soltanto la conseguenza intellettuale che permezzo di esse la vita diventa intelligibile, sibbene, con l'accettazione di tali premesse, si sperimenta nei propripensieri qualche cosa di assolutamente nuovo. Prendiamo il caso seguente: Ad un uomo accade qualche cosa,che gli cagiona sensazione assai penosa. Egli può affrontare questa situazione in due modi diversi: puòsottomettersi cioè a quanto gli accade, come a cosa penosissima, e abbandonarsi alla sensazione dolorosa,lasciandosi assorbire dal proprio dolore, ma può anche agire in altro modo. Egli può dirsi: «Effettivamente sonoio stesso che in una vita precedente ho formato in me la forza che mi ha condotto oggi a quest'evento;realmente io stesso mi sono attirato questa esperienza dolorosa». Egli può allora svegliare in sè tutti isentimenti che questo pensiero trae seco. Ben inteso, tale pensiero deve essere sperimentato con tutta serietàe con massima forza, qualora se ne vogliano trarre le giuste conseguenze nella vita della sensazione e delsentimento. Chi riesce a questo sperimenterà qualche cosa che sarà compreso meglio a mezzo di unparagone. Supponiamo che due uomini abbiano ciascuno nella propria mano una bacchettina di ceralacca. Unodi essi comincia a riflettere sull'intima natura della bacchetta; i suoi pensieri saranno forse molto saggi, ma, sequesta «intima natura» non si manifesta in nessun modo, gli si potrà sempre obiettare che si tratta difantasticherie. L'altro uomo invece strofina la ceralacca con un panno di lana e dimostra che la bacchetta attiradelle particelle. Vi è una differenza assai importante tra i pensieri, che hanno attraversato la mente del primouomo e hanno suggerito le sue osservazioni, e quelli del secondo. Le riflessioni del primo non hanno nessunrisultato effettivo, mentre quelle del secondo hanno evocato una forza nascosta e quindi alcunchè di effettivo.Lo stesso accade nel pensiero di un uomo, il quale si raffiguri che un determinato evento sia il risultato di unaforza da lui stesso generata in un'esistenza precedente. Questa semplice rappresentazione risveglia in lui unavera forza, che lo rende capace di affrontare il fatto molto diversamente di quanto non accadrebbe senza l'aiutodi essa; gli riesce in tal modo chiara la necessità di un avvenimento che egli avrebbe altrimenti attribuito alcaso. Una percezione subitanea illuminerà la sua mente: «Il mio pensiero era giusto, poichè ha avuto il poteredi svelarmi una realtà». Se si ripetono tali processi interiori, essi costituiranno una sorgente di forze, di cuil'efficacia, che ne dimostra la realtà, si paleserà gradatamente con sempre maggior intensità; questi processiagiscono in modo salutare sul corpo, sull'anima e sullo spirito e influiscono beneficamente in ogni modo sullavita. L'uomo si rende conto, che in tal modo egli si colloca in un giusto rapporto con il complesso della vita,mentre, prendendo in considerazione una singola vita fra nascita e morte, egli vien tratto in errore. L'uomodiventa animicamente più forte, per virtù di tale conoscenza. Una siffatta dimostrazione puramente interioredella causalità spirituale può indubbiamente essere ottenuta da ognuno soltanto entro la propria interiorità, maè accessibile a tutti. Chi non l'ha ottenuta non può naturalmente giudicare della sua capacità dimostrativa, ma,invece, chi se l'è procurata non può aver più alcun dubbio al riguardo;nè vi è da sorprendersi che sia così. È naturale che una cosa, tanto strettamente legata con l'intima essenza ela personalità dell' uomo, non possa essere adeguatamente dimostrata in altro modo che con l'esperienzainteriore. D'altra parte non se ne deve inferire, perchè tale dimostrazione corrisponde a un'esperienza di naturaintima e personale, che essa debba essere condotta a termine da ognuno per conto proprio e che non possaformare oggetto di studio per la scienza dello spirito. Certamente ognuno deve far l'esperienza da sè, cosicome ognuno deve giungere da sè alla soluzione di un problema di matematica. Ma la via per mezzo dellaquale tale esperienza può essere raggiunta è aperta a tutti gli uomini. similmente al fatto che il metodo per ladimostrazione di un teorema matematico è a disposizione di tutti.Non si può negare - astraendo naturalmente dall'osservazione chiaroveggente.- che la dimostrazione appunto

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citata della forza generatrice, che si sprigiona dal giusto pensare, sia la sola che possa opporsi al ragionamentologico spregiudicato. Tutte le altre considerazioni sono indubbiamente molto importanti, ma offrono semprequalche punto di appiglio al quale un oppositore si può attaccare. Indubbiamente chi abbia acquistato il modoveramente imparziale di considerare le cose troverà già nella possibilità e nel fatto pratico dell'educazionedell'uomo una prova logica, che dimostra che un essere spirituale lotta per l'esistenza nell'involucro del corpo.Egli paragonerà gli animali all'uomo, e dirà a sé stesso: «Nei primi, le qualità e le capacità si presentano findalla nascita in un modo ben determinato, il quale dimostra chiaramente come esse siano state preordinate pereredità e si sviluppino nel mondo esteriore». Noi vediamo come un pulcino compia fin dalla nascita le funzioniassegnategli nella vita. Nell'uomo però, per mezzo dell'educazione, qualche cosa entra in un rapporto con lasua vita interiore, che non può avere nessuna relazione con l'ereditarietà. Egli può trovarsi in condizioni diassimilare gli effetti di siffatte influenze esteriori. L'educatore sa che a queste influenze devono venire incontrodelle forze che provengono dall'intima natura dell'uomo; se ciò non fosse, qualsiasi istruzione ed educazioneriuscirebbe vana. L'educatore spregiudicato scorge nettamente la linea di demarcazione fra le tendenzeereditarie e quelle forze intime dell'uomo che risplendono attraverso di esse, e che provengono dalle viteprecedenti. Certamente per cose di questo genere non possiamo portare delle prove da posarsi sulla bilancia,come quelle che si possono addurre per alcuni fatti fisici. Quelle cose rappresentano appunto il campo intimodella vita, e chi è capace di apprezzare tali prove impalpabili le troverà convincenti - anzi più convincenti dellarealtà palpabile. Che gli animali possano essere educati, e che possano acquistare in tal modo fino a un certo segno dellequalità e delle capacità, non costituisce un'obiezione per chi è capace di vedere l'essenziale della quistione,perchè, a prescindere dal fatto, che nel mondo ci si trova dinanzi a stati di transizione di ogni genere, i risultatidell'educazione non si amalgamano nell'animale con l'essere individuale nello stesso modo come nell'nomo. Dipiù è stata data molta importanza al fatto, che le capacità acquistate dagli animali domestici mercè la loroconvivenza con l'uomo diventano ereditarie, cioè agiscono d'allora in poi nelle specie e non nell'individuo.Darwin parla di cani, che cercano e portano spontaneamente gli oggetti, senza essere stati a ciò istruiti e senzaaverlo visto fare dagli altri. Chi potrebbe affermare altrettanto dell'educazione umana?Vi sono pensatori, i quali, a mezzo delle loro osservazioni, hanno sorpassato l'idea che l'uomo sia costituitodall'esteriore, da forze puramente ereditarie. Essi si elevano fino all'idea dell'esistenza di un essere spirituale, diun' individualità che precede la vita corporea e che l'elabora; ma molti di essi non concepiscono la possibilità,che vi siano molte ripetute vite terrene, e che i frutti di esse, negli intervalli fra le varie vite, costituiscano delleforze formative. Citiamo come esempio uno di questi pensatori: Emanuele Ermanno Fichte, figlio del grandeFichte, espone nella sua Antropologia (p. 528) le osservazioni, che lo conducono alle conclusioni seguenti: « Igenitori non sono generatori nel senso assoluto della parola. Essi forniscono la sostanza organica, e non soloquella, ma anche l'elemento intermedio sensuale-affettivo che si palesa nel temperamento, nella specialedisposizione del carattere, in determinate tendenze degli istinti, ecc., di cui la sorgente generale è la "fantasia",in quel senso largo da noi indicato. In tutti questi elementi della personalità l'intrecciarsi e il combinarsi specialedell'anima dei genitori emergono chiaramente; perciò l'asserzione, che tale combinazione risulta dallaprocreazione, anche se ci si decidesse a considerare quest'ultima come un vero processo animico, èperfettamente giusta. Ma il centro reale conclusivo della personalità è proprio quello che qui manca, poichèun'osservazione più profonda e accurata rivela il fatto, che queste medesime peculiarità affettive non sono cheuno strumento e un involucro, che serve a contenere le vere capacità ideali e spirituali dell'uomo, ed è adattoad aiutarne lo sviluppo o ad ostacolarlo, ma non è in alcun modo capace di generarle. - Inoltre nel medesimoscritto (p. 532) sta detto: "Ogni uomo preesiste per quanto riguarda la forma fondamentale del suo spirito,perchè nel suo aspetto spirituale nessun individuo è uguale all'altro, così come nessuna specie animale èuguale a un'altra specie".Questo modo di pensare arriva soltanto ad ammettere l'esistenza di un essere spirituale nella corporeità fisicadell'uomo. Ma, poichè le forze costruttrici di un tal essere non si fanno derivare da cause attinenti a viteantecedenti, occorrerebbe che per ogni nuova personalità un essere spirituale siffatto scaturisse dalla CausaPrima Divina. Con questa ipotesi non riesce possibile spiegare il rapporto innegabile fra le potenzialità che sisprigionano dall'intimo dell'uomo, e ciò che durante il corso della vita penetra forzatamente in essodall'ambjente terrestre esteriore. L'essere interiore umano, proveniente volta a volta da una Causa PrimaDivina, si sentirebbe affatto estraneo a ciò che gli si affaccia nella vita terrena. In un solo caso questo non siverificherebbe - come difatti non avviene - e cioè quando questa interiorità umana già fosse stata unita con ilmondo esteriore e in questo non vivesse per la prima volta.L'educatore spassionato può fare la seguente osservazione: «Porto al discepolo, come frutto delle vicende dellevite terrestri, qualcosa di certamente estraneo alle sue qualità semplicemente ereditarie, ma che gli dànondimeno l'impressione di aver già preso parte al lavoro che ha dato origine a quei risultati. Solo l'ipotesi delleripetute vite terrene, insieme ai fatti descritti dalla scienza occulta, che si svolgono nelle regioni spirituali fra duevite terrestri, può dare una spiegazione soddisfacente della vita dell'umanità attuale considerata sotto tutti i suoiaspetti. A ragion veduta dico «dell'umanità attuale», perchè dall' investigazione occulta risulta cheindubbiamente il ciclo delle vite umane ebbe un principio, e che allora esistevano condizioni diverse dalle attualiper l'essere spirituale umano, che penetrava nell'involucro corporeo. Nei capitoli segnenti rimonteremo il corsodella vita fino a queste primitive condizioni dell'essere umano. Quando i risultati della scienza occulta avrannocosì dimostrato, in qual modo questo essere umano abbia conseguito la sua forma presente in relazione con

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l'evoluzione della Terra, si potrà spiegare con maggiore precisione, come il germe spirituale dell'essere umanopenetri dai mondi supersensibili nell'involucro corporeo, e come si determini la legge spirituale di causalità,ossia il «destino umano».

Come si è visto, parlando della critica del teosofismo, svolta in "Maschera e Volto", Evola, riguardo al problemadella reincarnazione, faceva in gran parte sua la posizione del buddhismo. Può essere perciò utile rivederequanto egli dice in merito nel capitolo VI della sua opera "La Dottrina del Risveglio", dedicata soprattutto albuddhismo delle origini; opera alla quale si è rifatto anche Massimo Scaligero (nel saggio che si trova in questastessa antologia) e che perciò è fondamentale per comprendere se le intuizioni di Scaligero sono fondate.

17) Evola

LA GENESI CONDIZIONATA

Il problema dell'«origine», corrispondente alla seconda verità degli ariya, è stato ulteriormente approfonditodalla cosidetta dottrina della genesi condizionata - paticca samuppada - che considera partitamente i gradi e glistati attraverso cui si giunge fino ad una esistenza condizionata...Il paticca samuppada - che letteralmente significa: genesi o formazione condizionata - considera una serie didodici stati oelementi condizionanti. Il termine usato è nidana, condizione, e non hetu, causa - si tratta appunto di unacondizionalità, non di una causalità vera e propria, onde sarebbe da riprendere l'imagine "di una sostanza chepassa trasformativamente per diversi stati, in ciascuno dei quali è contenuta la potenzialità di dar luogo, incircostanze appropriate, all'altro, ovvero, se neutralizzato, di impedire lo sviluppo dell'altro...1 - Come elemento-base di tutta la serie viene indicato avijja, cioè l'«ignoranza», il non-sapere. Già in sedeintroduttiva ne abbiamo accennato. Il significato di questo termine nel buddhismo non è daconsiderarsi diverso,nell'essenza, da quello proprio ad altre correnti della tradizione indu, al Samkhya ad esempio e allo stessoVedanta, dottrine, nelle quali esso potrebbe esser chiarito figurativamente dicendo: l'uomo è un dio che non sadi esser tale - unicamente questo suo non-sapere (avijja) lo fa uomo. Si tratta di uno stato di «oblio», dideliquescenza, in base al quale si determina la potenzialità assolutamente primaria dell'identificarsi dell'essereall'una o all'altra forma di una esistenza finita e condizionata,quindi di uno stato che comprende anche una disposizione, una tendenza, un movimento virtuale. Per cui, sipossono anche introdurre i concetti di «acciecamento», «intossicazione», «mania» - e noi, infatti, vediamo chein alcuni testi «ignoranza» e «mania» si intercondizionano; viene detto, ad esempio: «l'origine dell'ignoranzadetermina l'origine della mania», e, in pari tempo: «l'origine della mania determina l'origine dell'ignoranza» - lamania venendo qui considerata come tripartita, cioè come «mania di desiderio, mania di esistenza, mania diignoranza, - kamasava, bhavasana, avijjasana»...2 - Nella serie concatenata, ad avijja seguono i sankhara. Anche questo termine è stato variamenteinterpretato. Letteralmente sankhara significa formare o preparare in vista di un dato scopo. Si tratta, cioè, dellostato in cui il moto potenziale proprio al primo nidana assume già una certa direzione, sceglie la via che seguiràlo sviluppo ulteriore... 3 - I sankhàra, per via della distinzione o individuazione che essi implicano, danno luogo al terzo nidàna, avinnana, cioè alla «coscienza», da intendersi come coscienza distintiva. Abbiamo, cioè, la potenzialità di tuttociò che apparirà come individuazione, come coscienza individuata e finita, o coscienza di «Io», nel sensogenerale compreso nel termine sanscrito ahamkara, applicato anche a forme di individualità diverse da quellaumana comunemente conosciuta.4 - Il quarto nidàna è nàma-rupa, cioè « nome-e-forma». Su ciò, abbiamo già avuto occasione di dire. Quioccorre solo, di nuovo, estendere il concetto, pensando all'insieme degli elementi sia materiali («forma»), siasottili e mentali («nome»), di cui vinnana, cioè una coscienza individuale in genere, ha bisogno come base. Sulpiano del quarto nidàna avviene quell'incontro della direzione verticale con la direzione orizzontale, checondurrà alla concezione e alla generazione di un essere: in esso le disposizioni trascendentali s'incorporanonegli elementi di una eredità samsarica, elementi che,qualora la serie volga verso una nascita umana, a loro volta utilizzeranno, in larga misura, la materia dellaeredità biologica dei genitori. Per orizzontarsi circa questo punto occorre considerare il buddhismo alla luce diun insegnamento piu generale. Tre elementi concorrono alla nascita di un essere umano. Il primo è di caratteretrascendentale e si lega ai primi tre nidana: occorre cioè che «ignoranza», mania e sankhàra abbianodeterminato un oscuramento e una corrente discendente la quale per via del secondo nidàna ha già una suadirezione, e per via del terzo volge già verso una forma individuata finita, egoica, di coscienza. Il secondoelemento si riferisce invece a forze ed influenze già organizzate, ad una vitalità già determinata, corrispondentiad uno di quei processi di «combustione» costituenti il samsàra, di cui a suo tempo si è detto. Tali influenze e

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tale vitalità si possono complessivamente concepire sotto le specie di un ente sui generis, che noi potremmochiamare «ente samsàrico» o «ente di brama». È una «vita» che non si esaurisce in quella terrena del singolo,ma va piuttosto concepita come la «vita» di questa vita e va riportata alle nozioni di «dèmone», di «doppio», di«genio», di fulgya ecc., che si ritrovano in altre tradizioni e che in quella indù preesistevano per es. comelinga-çarira o «corpo sottile» del Sàmkyha o come quell'ente - gandharva - che anche un testo del più anticocanone buddhista ricorda esser necessario, oltre ai genitori, a che avvenga una nascita. Nell'Abhidharmakoça,cioè nella sistemazione teorica del buddhismo, questo ente riceve il nome di antarabhava; si giudica che essoabbia una esistenza pre- e internatale; sostanziato di «desiderio» e trasportato da impulsi alimentati da altrevite, esso cerca di manifestarsi in una nuova esistenza. Questo è dunque il secondo elemento, il qualepotenzialmente corrisponde già ad un «nome-e-forma» in buona misura predeterminato. Al piano di questonidàna - nama-rupa - si produce dunque il congiungimento del principio oscurato dall'ignoranza conl'antarabhava, o dèmone samsarico, o ente di brama: il primo, per così dire, si convoglia nel secondo,innestandosi, per tale via, su un determinato tronco di eredità samsarica. Dopo di che, devesi considerare ilterzo elemento. Nel testo già accennato si dice, che l'occhio sovrasensibile vede vagare il dèmone, fino a chegli si presenta l'occasione di una nuova «combustione» allo scorgere l'unione sessuale di un uomo con unadonna tali che, per presentare una eredità corrispondente al bramato, possono essere suo padre e sue madre.Si determina allora un fatto, in ordine al quale ladottrina in quistione presenta una singolare concordanza di idee con quel che la psicanalisi - sia pure presso adeformazioni ed esagerazioni di ogni genere - ha presentito ai nostri giorni con la sua teoria della libido e del«complesso Edipo» o «Elettra». Si parla infatti di un desiderio, che quell'ente concepirebbe o per la futuramadre, o per il futuro padre a seconda del sesso che gli fu proprio nella precedente, già esaurita vita, e di unacorrispondente avversione per l'altro genitore. Ne segue una identificazione con l'ebrezza e il godimento deidue, per via della quale l'ente entra nella matrice e si opera la concezione. Immediatamente si condensanointorno a lui i vari khandha, vale a dire gli elementi germinali concatenati che staranno alla base del nuovoessere e s'inizia il processo fisiologico dello sviluppo embrionale quale, nei suoi aspetti esteriori, la geneticacontemporanea lo conosce e quale, nelle sue condizioni interne, la teoria relativa ai vari altri nidana, su cuidobbiamo ancora dire, la considera...Così, in ultima analisi, nell'essere umano sono presenti tre principi o enti, quelli stessi, che nel Samkhya recanoil nome di karana-, di linga-, e di sthula-çarira e che anche le antiche tradizioni occidentali hanno conosciutocome nous, psyché e soma o come mens, anima e corpus. A proposito di queste ultime, va ricordata la strettarelazione che fu concepita fra l'anima come dèmone o doppio e il «genio», quale vita e memoria di un datosangue e di un dato ceppo; cosa che, a sua volta, rimanda alla già accennata, upanishadica «via dei padri» -pitr-yana -, al sentiero che sempre di nuovo riconduce alla nascita secondo la legge della brama e il destinodell'esistenza samsarica. L'«anima» (come principio distinto da quello propriamente spirituale), secondo laconcezione originaria appartiene appunto a questo piano, si fonde più o meno con quell'ente irrazionale che è il«dèmone»; ed anche nei testi buddhisti della prajnaparamita la persona o «anima» - pudgala - spesso siconfonde proprio con questo principio preformato che assume l'esistenza come vita di una determinata vita, edi questa tiene insieme gli elementi, pur mantenendosi come una forza non legata ad essi, che non finisce diesistere con la morte del singolo individuo. Nei testi del canone buddhista piu antico (pali), le cose sono spessopresentate in modo che il dèmone o ente samsarico parrebbe equivalere a vinnana, cioè alla «coscienza», alterzo nidana. In realtà, si tratta di due elementi che, come si disse, sono ben distinti: l'assimilazione è daspiegarsi col fatto che, per via di una affinità elettiva o di una convergenza, fra la forza dall'alto trasportatadall'ignoranza e questo ente fatto di desiderio si produce una identificazione del tutto analoga a quella di un taleente con ciò che i futuri genitori presenteranno come materia per la sua nuova manifestazione bramosa. La«coscienza», vinnana, non è il «dèmone»; essa tuttavia lo incontra, vi si immedesima e vi si convoglia nel puntodi concretizzare una sua individuazione ed incarnazione, a ciò essendo necessaria una forza già specificata divita, di brama, di attaccamento e di godimento. Per cui nel composto umano esiste sì un «dèmone», che èsede di una coscienza samsarica più che individuale, al quale possono anche legarsi ricordi, istinti e cause diremota origine e che, infine, si può far corrispondere anche al cosiddetto alaya-vinnana, alla«coscienza-scrigno» conservante tutte le impressioni, sia coscienti, sia incoscienti, di un dato tronco o corrente- ma esiste anche un principio superiore, appunto il principio, che l'ignoranza e gli asava hanno intossicato edottenebrato. Questo è un punto fondamentale, senza tener presente il quale parti notevoli dell'ascesi buddhistarestano inintelligibili. Viene detto che nel punto in cui l'antarabhava, il dèmone, entra nella matrice e s'inizia ilraggrupparsi e coagularsi intorno ad esso degli elementi materiali, esso «muore». In ciò devesi intendere quellasoluzione di continuità della coscienza, per causa della quale ordinariamente non ci si ricorda piu degli statiprenatali e preconcezionali, sia samsarici che trascendentali. È una specie di frattura, perché, a partir da questopunto, cioè dal quarto nidana, si afferma l'anzidetta, inseparabile correlazione fra la coscienza e l'unitàpsicofisica (nama-rupa) che l'individua: onde se è necessario che la coscienza, vinnana, scenda nel grembomaterno affinché «nome-e-forma » possa organizzarsi, in pari tempo occorre che vi sia « nome-e-forma» a cheesista la coscienza. Circa il rapporto esistente fra i tre principi, nei testi si trova questa similitudine: la coscienza,vinnana, è il seme, la terra è il kamma (karma), l'acqua che fa crescere il seme in pianta è la sete. Il kamma quicorrisponde alla forza, preformata da determinati sankhara, propria all'«ente samsarico», nel quale s'immerge ilprincipio in discesa (seme) e che la brama sviluppa in una nuova esistenza. Solo in casi di «discese»eccezionali, «fatidiche», relative ad esseri che, avendo rimosso in una certa misura l'ignoranza, nella loro

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sostanza sono prevalentemente fatti di «illuminazione» (bodhi - tale è il senso letterale della espressionebodhisattva), il «veicolo» assunto al luogo dell'antarabhava come ente di brama, è il «corpo celeste» o «corpodi splendore» - tusito-kayo. In tali casi la nascita avverrebbe senza una vera soluzione di continuità dellacoscienza, con un «ricordo» più o meno preciso, in perfetto possesso di sé, con imperturbabilità e visione,presso ad una vera scelta del luogo, del tempo e della madre in cui avverrà l'incarnazione. Tali veduterelativizzano la portata della eredità biologica terrena. Come eredità qui viene considerato qualcosa di assai piuvasto: non solo quel che si eredita dai propri avi, ma anche quel che proviene da sé stessi, da atti e daidentificazioni prenatali. Anzi nell'eredità complessiva ciò costituisce la parte più essenziale. Da un punto divista superiore, prescindere da questa eredità non-biologica sarebbe così assurdo, quanto concepire chepulcini di specie diversa nascano soltanto dall'uovo, senza una corrispondente, diversa eredità animale.Riprendendo il simbolismo dell'ardere, volendo trovare l'origine del fuoco attaccàtosi ad un ceppo, sarebbeassurdo risalire all'origine del ceppo, all'albero donde è stato tratto, alla foresta a cui l'albero appartenne, e viadicendo - tutto ciò spiegando al massimo la qualità di combustibile di quella data materia. L'origine del fuoco sideve cercare invece sulla linea del fuoco stesso, non del legno, riferendosi alla favilla che ha acceso quellafiamma, poi alla fiamma cui apparteneva quella favilla, e via dicendo. Del pari, l'eredità più essenziale everamente «diretta» di un essere non si trova sulla linea genealogica dei genitori terreni - e devesi dire che gliesseri sono eredi e figli della loro azione e non di padre e madre. Di là dalla propria eredità come corpo e soma,vi è quella samsarica e, infine, vi è quella di sé come principio «dall'alto» avvolto dall'«ignoranza» («lacomponente verticale»)...Dal quinto al decimo nidana si tratta di stati che si sviluppano come controparte della vita embrionale, a partirdalla concezione, con determinazione di quel che nella filosofia moderna si chiamerebbero le categorieaprioriche dell'esperienza, cioè dei modi, nei quali questa si svilupperà nello spazio e nel tempo o in altrecondizioni di esistenza. Infatti è da notare che la dottrina in quistione non ha soltanto in vista il caso di unanascita umana e terrestre. Per quanto è chiaro che soprattutto in vista di tale caso il buddhismo ha formulato lateoria della genesi condizionata, pure vi è, in genere, da considerare la possibilità di una nascita - jati, decimonidana - non solo sul piano della generazione animale, ma anche su quello delle «forme pure» - rupa - o suquello «libero da forma» - arupa. Solo che, volendo trattare di questi casi, occorrerebbe modificare qua e là,con una congrua adattazione, l'esposizione precedente. Si rilevi, in ogni modo, che la dottrina buddhista, al paridi ogni insegnamento davvero metafisico, supera la singolare ristrettezza di orizzonti propria alle veduteprevalenti in Occidente, affermando che quello umano non è che uno dei tanti possibili stati di esistenzacondizionata, così come l'esistenza individuale umana non è che una delle tante possibili forme di esistenzaindividuale e, in sé stessa, una semplice sezione di una corrente, di un santana, che si estende prima e dopo diessa...

DIBATTITO

Ea: Durante il "Convegno Sulla Morte", tenutosi a Roma, il 18 e il 19 novembre 1995, vi è stato un intervento diMassimiliano A. Polichetti, intitolato "L'ars Moriendi nel Vajrayana Indo-Tibetano". Egli ha messo in evidenza ildiverso significato delle parole rinascita e reincarnazione, così come vengono utilizzate nel BuddhismoVajrayana diffusosi in Occidente: "La rinascita è, secondo la Dottrina dell'Illuminato (il Buddhadharma), ilfenomeno che riguarda la maggioranza degli esseri che sperimentano il samsara, il ciclo delle rinascitecontaminate dai tre tipi di sofferenza (sofferenza della sofferenza, sofferenza del mutamento e sofferenza chetutto pervade); la reincarnazione riguarderebbe invece quei pochissimi che avendo stabilito un controlloeccezionale sul proprio continuum mentale riescono a veicolare consapevolmente questo flusso di coscienza incontinua modificazione".Arthos: E' il punto di vista di Evola quello che conta. Evola non è assolutamente ascrivibile a una certa parte di"spiritualisti" che oggi va sotto il nome di "New age" o, peggio, "Next Age". Evola non espone il suo punto divista, ma il punto di vista della Tradizione UNA. Non un semplice parere, dunque; ma un vincolo da seguire oda respingere in toto.Janus: Concordo in pieno su quanto ha scritto Arthos, evidenziando giustamente che Julius Evola - ma io ciaggiungo Guènon e tutti i maestri della Sophia Perennis - non ha esposto opinioni personali, ma, come piùvolte precisato dallo stesso autore, trasmesso verità di ordine trascendente, quindi oggettive e normative(Arthos fa benissimo a precisare come tale visione del mondo deve essere o accolto in pieno o rigettata conmedesima totalità). Turba Philosophorum: Quella di Arthos è una provocazione bella e buona! A cominciare dal suo pseudonimo,col quale vorrebbe forse farsi passare per qualche redattore dell'omonima rivista. Ma quelli posseggono benaltra prosa e non mi appaiono affetti da simili dogmatismi. Come mai Janus, invece,...sembra cascarci inpieno? E che pretese! Perchè mai uno dovrebbe accettare in toto o respingere in toto una dottrina? Quandomai Evola ha chiesto ai suoi seguaci di "iurare in verba magistri"? Nè lui ha mai giurato sulle parole di Guenon o

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di chiunque altro. Al contrario, come tutte le persone intelligenti, quando rifletteva su una dottrina, accettava ciòche gli appariva fondato e respingeva ciò che non gli sembrava tale. Janus: Con tale premessa, voglio esprimere qualche personale considerazione sul tema della Reincarnazione,per fare delle precisazioni mirate, giusto per dissipare qualche confusione interpretativa. Guènon ha in piùoccasioni evidenziato l'impossibilità metafisica della moderna concezione reincarnazionista, sottolineando comerappresenti un non-senso, cioè un voler porre limite a ciò che limite non ha, non essendoci nulla di eguale o chepuò manifestarsi nella medesima modalità d'esistenza. Occhi di Ifà: Guenon non ha dimostrato un bel niente. La prova "geometrica" dell'impossibilità dellareincarnazione l'ha presa di peso da Matgioi. E quella prova non vale niente, anche perchè non è affattotradizionale. Nessuno degli appartenenti all'italica schola se ne è mai servito, per la "messa in guardia" diKremmerz e per l'evidente fallacia. Pensare che si possano descrivere le infinite potenzialità della PossibilitàUniversale con una curva ad elica, disegnata sulla superficie di un cilindro o di un cono è degno di pedestriseguaci di Cartesio e non di esoteristi.Ida La Regina: In effetti, vista l'assoluta "incommensurabilità" della Possibilità Universale nei confronti di tuttociò che è finito o anche indefinito, un simbolo geometrico non può dimostrare nulla in modo stringente, ma soloalludervi per (purtroppo lontana) analogia. Del resto, Matgioi fece, di partenza, una costruzione "ad hoc" dellasua spirale, in modo che non ritornasse mai nello stesso punto. Ciò equivale a quell'errore che in filosofia sichiama "petizione di principio" e che consiste nell'assumere "furtivamente", da subito, per vero ciò che poi si fafinta di dimostrare. Il suo ragionamento è del tipo: "Questa spirale non ritorna mai nello stesso punto (e, peronestà, avrebbe dovuto aggiungere: "perchè così l'ho costruita"), dunque la Possibilità Universale, che (e,sempre per onestà, avrebbe dovuto aggiungere "per me") detta spirale simboleggia fa altrettanto". Nulla di piùche una opinione.Tarquinio Prisco: Esatto: un simbolo è un "dito che indica la luna" e, come dicono i maestri Zen, bisogna starattenti, nel far uso dei simboli, a "non confondere la luna con il dito che la indica". Altrimenti si corre il rischio diattribuire alla luna le proprietà del dito. E' infatti assurdo asserire che la luna è fatta di carne e ossa come il dito;ed è ugualmente assurdo attribuire alla realtà metafisica le stesse limitazioni che posseggono i simboli con iquali viene indicata, giacchè tali limitazioni si devono all'appartenere i suddetti simboli ad un piano inferioredella realtà. Matgioi si rese parzialmente conto del pericolo che correva, simboleggiando la PossibilitàUniversale con una spirale tridimensionale indefinitamente grande. Infatti, verso la fine del capitolo VI de "LaVia Metafisica", riconobbe: "se noi possiamo assumere l'indefinito come immagine dell'Infinito, non possiamoapplicare all'Infinito i ragionamenti dell'indefinito". Nonostante ciò, egli "si fece prendere la mano" dal modellogeometrico scelto e pensò di poterne dedurre soprattutto:1) La certezza dell'Evoluzione,2) L'impossibilità della Reincarnazione.Guenon non accettò la sua prima deduzione ed, anzi, avversò sempre ogni evoluzionismo, ma non si reseconto che anche la seconda deduzione non era giustificabile.Quadreracles: In effetti il simbolismo della spirale può apparire un poco artefatto. Ci si può però domandarecome sia possibile uscendo da una porta ritrovarsi nella stessa stanza dalla quale si è appena usciti. Perchè lamorte ad uno stato dovrebbe essere contemporaneamente nascita ad un altro, un po' come dal bozzolo nascela farfalla. Anche la certezza dell'evoluzione sembrerebbe piuttosto evidente, sempre che si tenga conto delladirezione verso la quale si sta andando, dato che se si stà camminando verso il basso si tratterà ovviamente diinvoluzione. Tutto questo ove si tratti di esseri comuni, perchè ad esempio un Pitagora oppure un bodhisattvatibetano hanno possibilità che solamente loro conoscono.Ida La Regina: Usciamo dalla nostra stanza tutti i giorni e vi ritorniamo per vincoli di vario genere (economici,personali, familiari etc.). In modo analogo, chi non ha superato l'attaccamento alla vita umana, proprio daquesto attaccamento può essere ricondotto a tornare in ambito umano. Peraltro, non si tratta effettivamente diun ritorno nella medesima stanza, perché una vita umana non è mai esattamente uguale ad un'altra. Se poi, ades., ad una vita profana ne segue una da iniziato la differenza di condizione è enorme. Chi considera lo statoumano come un'unica condizione considera solo l'esteriorità nella quale l'uomo vive, ma si dimentica che ciòche fa la differenza è il diverso atteggiamento dello spirito nei confronti del medesimo ambiente e cheperciò non esiste affatto un'unica condizione umana.Quadreracles: E' verissimo che, come dici, ciascuno di noi muta in continuazione (a seguito del propriocomportamento); che in questo istante non siamo ciò che eravamo un istante prima, che per questo non siamomai uguali a noi stessi e si potrebbe dire che ogni istante è la morte di un 'io' e la nascita di un altro 'io'. La solacosa che unisce questi 'io' sono le tendenze (sankhara) che perpetuano il 'viaggio', "come fiamma che siappicca da un ramo ad un altro" (Evola). Con la dissoluzione del corpo, la morte fisica, non succede nulla diessenzialmente diverso: è l'ennesimo cambiamento di stato. Cambiamento che è come attraversare una porta,per ritrovarsi in una stanza nuova, peggiore o migliore della precedente. Per questo parrebbe che il ripetersi diuna identica condizione sia assurdo.Tarquinio Prisco: Dici giustamente che bisogna ammettere sia la possibilità dell'evoluzione sia quelladell'involuzione. Matgioi, a causa del suo simbolismo geometrico e volendo escludere la possibilità di ripassareper un medesimo stato, era costretto ad ammettere la sola evoluzione. Infatti se, ad es., un individuo che sitrova nel punto A prima si involvesse e perciò scendesse lungo la spirale e poi, sempre ad es., di nuovo sievolvesse risalendola, inevitabilmente, continuando la salita, si ritroverebbe a ripassare per A, cosa che Matgioi

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vuole accuratamente evitare e che Guenon (che non era evoluzionista) tacque, perchè questa osservazioneavrebbe fatto miseramente crollare tutta la sua presunta prova geometrica contro la reincarnazione.Qudreracles: Per quel (poco) che mi pare aver capito, il Guénon non nega la possibilità di un ritorno in via diprincipio in una condizione umana (che comunque non sarebbe mai identico al precedente dato che due uominieguali non esistono). Egli nega la possibilità che alla morte del corpo fisico il complesso di tendenze chetrasmigra ritorni nuovamente in una condizione umana senza prima passare in altro stato differente. Questo miè stato confermato da amici guénoniani ed islamici da lunga data. Quanto a Matgioi la sua concezione taoistasembra alquanto differente. Egli parla di uno stato 'superiore' dopo la morte, ma questa superiorità non è chiaroda cosa sia determinata poichè l'anima non porta con sè le conseguenze delle azioni compiute dall'essereumano. Queste conseguenze ricadono sull'uomo mentre è ancora in vita e, ove il loro potenziale non siesaurisca prima della morte, ricadono sui discendenti. (dalla traduzione del Kan-ing di Laotze, contenuto ne "Lavia Taoista").Tarquinio Prisco: I tuoi amici guenoniani o islamici danno interpretazioni "ad usum delphini". Essi cioè, bensapendo che la posizione di Guenon è semplicemente insostenibile, cercano di cambiare le carte in tavola,mettendo in bocca a Guenon (che non le ha mai dette e li sfido pubblicamente a dimostrare il contrario) propriole parole dei rencarnazionisti. Tutti i reincarnazionisti infatti affermano che, prima di ritornare nello stato umano,intercorre un lasso di tempo, più o meno lungo, detto "stato intermedio". Guenon dice invece (nel cap. VI deL'Errore Dello Spiritismo, vedi sopra): "è sufficiente che un essere sia passato attraverso un certo stato, nonfoss'altro che sotto forma di embrione o addirittura di semplice germe, perché non possa in alcun caso ritornarein quello stato, del quale ha in tal modo attuato le possibilità nella misura comportata dalla sua natura." In"alcun caso", cari guenoniani ed islamici.Qudreracles: Il cosidetto "stato intermedio" è una condizione puramente psichica di passaggio tra uno statoall'altro e non costituisce un cambiamento di stato. Almeno per come la vedo io. Quanto all'affermazione diGuénon, che si riferiva alle eccezioni alle leggi della trasmigrazione poste dalla HB of L. personalmente non lacondivido; anche se potrebbe sempre darsi l'ipotesi che il "ritorno" di chi effettua una "conversione" di direzioneavvenga in uno stato analogo, ma non identico, a quello umano, considerando che gli stati dell'essere sono innumero indefinito (sempre secondo il Guénon). Occhi di Ifà: La stessa vita umana è, per certe tradizioni, null'altro che uno "stato intermedio" tra nascita emorte. Non c'è perciò motivo alcuno per non riconoscere la dignità di "stato" allo "stato intermedio" delpost-mortem. La presenza di un corpo sottile, anzichè di uno fisico, non può costituire una pregiudiziale,altrimenti saremmo costretti a togliere la dignità di "stato" anche ad es. ad una condizione angelica. Del resto,secondo alcuni autori, ad es. lo Steiner, la durata più frequente dello "stato intermedio" del post-mortem, perl'uomo attuale, equivale a diversi secoli della vita sulla terra e perciò, anche da un punto di vista temporale,non si tratta di una condizione così transeunte.Quadreracles: Il "ritorno", se anche in linea teorica fosse, anzi è, possibile, non lo è però il linea pratica. Sitratta infatti di un caso inusuale (una conversione di direzione da "tamas" a "sattva" o viceversa, costituiscel'eccezione, non la regola). Lo stesso dicasi del caso dei "Bodhisattva" che scelgono volontariamente larinascita in una condizione umana per aiutare il prossimo. Occhi di ifà: Vedo che ami i termini orientali. Guenon, Evola e Steiner erano costretti ad usarli, perchè inmezzo a tanti teosofisti che si pavoneggiavano con tali parole, dovevano dimostrare che la loro conoscenza inmerito non era certo inferiore. Ma ormai non è più necessario. A coloro, che come Guenon, hanno sceltol'Oriente come loro via, facciamo tanti auguri, ma in ogni tradizione, e perciò anche nell'ambito dell'ItalicaSchola, esistono dei termini equivalenti. Come è noto le "qualità" della Natura sono tre: sattva, rajas, tamas perla tradizione indù, schin, aleph, mem per quella kabbalistica, albedo, rubedo, nigredo per la nostra tradizione.Non sono le due qualità che tu consideri albedo (sattva) e nigredo (tamas) a determinare la reincarnazione, maè proprio la terza qualità rubedo (rajas). Il prevalere di albedo, durante la trasmigrazione, conduce infatti acondizioni che, pur nell'ambito del divenire, possono considerarsi superiori a quella umana. Il prevalere dinigredo conduce, al contrario, verso condizioni inferiori a quella umana. Il rimanere del mercurio (antarabhava)in una condizione sottile "parallela" a quella umana durante lo "stato intermedio" e il ritorno nella condizioneumana sono invece effetto del prevalere di rubedo. E' proprio questa qualità, infatti, che porta a vivere nuoveesperienze, ma del medesimo piano di esistenza. Naturalmente le tre qualità sono sempre mischiate tra loro,ma in diversa proporzione. Se ad es., prevalendo rubedo, tuttavia albedo prevale a sua volta su nigredo, lasuccessiva incarnazione umana sarà più "spirituale", rispetto al caso in cui a rubedo seguono nell'ordinenigredo e albedo.Janus: In molti, avvalendosi degli scritti tradizionali delle antiche civiltà d'Oriente e d'Occidente hanno cercato,secondo noi, vanamente di smantellare l'accusa di Guenon, e spieghiamo il perchè. Se ci si riferisce allatradizione pitagorica, a quella platonica, ma anche bramanica e buddhista, si compie un grosso buconell'acqua, perchè diverse erano le condizioni ontologiche dell'uomo a cui si riferivano, non certo paragonabili aquelle moderne. Evola evidenzia la giusta differenza tra ciò che anticamente si intendeva per trasmigrazionedelle anime e la moderna reincarnazione, e qui tutte le fantasie neospiritualiste svaniscono. Se ben sicomprende la differenza tra personalità e individualità, tra Sè e Io, si capirà come nel post-mortem lecomponenti organiche individuali dissolvono totalmente e come la pretesa reincarnazione individuale in unamedesimo stato d'esistenza sia impraticabile. Tali componenti ritornano nel substrato psichico della stirpe dallaquale sono discesi: ecco perchè qualcuno confonde flash-back di tale realtà con ricordi di vite precedenti. Altra

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cosa è la citata trasmigrazione delle anime, questa sì tradizionalmente intesa e in perfetto accordo con lescritture antiche. Qui entra in ballo ciò che nella tradizione tantrica e orientale in generale si identifica con la"dissoluzione dei vincoli", cioè quel processo di purificazione, di distacco, di ascensione, che si opera per lariscoperta di Atman, che riprende lo scettro all'jivatman: l'Io che cede il passo al Sè, Arjuna a Krsna, il Mercurioallo Zolfo. Nella Dottrina del Risveglio Evola ci ricorda che una parziale eliminazione dei vincoli dell'illusione,diano la possibilità nel post-mortem o in altri stati d'esistenza di continuare il processo iniziatico, ma nulla di ciòpuò interessare le componenti individuali, come pretendono Steiner e company. Qui si fa preciso riferimentoalla seconda nascita spirituale, alla rigenerazione psichica, che, se era più accessibile nel mondo antico,diviene mera utopia per la grande maggiornaza dei moderni: tale ordine di conoscenza è del tutto sconosciutaal neospiritualismo...e non a caso! "Qualcuno" ha detto che ci si deve preoccupare di sfuggire più alla secondamorte, alla morte dell'anima, più che alla morte fisica. A tal punto è chiaro come una distorta prospettiva possafar dire ai testi della Tradizione ciò che si vuole, senza nessun riguardo per la Verità: per fare un esempio, sipalesano in modo al quanto gratuito le critiche di Kremmerz (che reputo interessante e degno diapprofondimento) a Guènon sull'argomento. Occhi di Ifà: La posizione di Evola è ben diversa da quella di Guenon; e Scaligero ha giustamente dimostratocome egli di fatto, se portasse a tutte le conseguenze quanto dice, dimostrerebbe proprio la realtà dellareincarnazione. Riguardo a Kremmerz, tutto il suo insegnamento, fascicoli di Miriam compresi, indicano comeritenesse, per l'uomo attuale, la reincarnazione come il caso più frequente di post-mortem. Steiner si èdimostrato molto più tradizionale di Guenon, prendendo a base della sua trattazione proprio il tradizionalissimoparallelo tra sonno e morte, che non solo conduce a sviluppi teorici più approppriati di una ridicoladimostrazione "more geometrico", ma è molto più fertile sul piano iniziatico operativo, vista la ben notasomiglianza tra ars dormiendi e ars moriendi.Janus: Ad avvalorare la visione guenoniana della "vita" si può far riferimento anche e soprattutto al grandemaestro della Tradizione italico-romana, che sul post-mortem ha fondato la sua opera prima, Dante Alighieri.Suggeriamo solo una considerazione: il fatto che le anime dannate dell'Inferno non possano ascendere alPurgatorio, ma che le anime del Purgatorio possano ascendere ai cieli del Paradiso, non è forse una confermadi quanto abbiamo scritto? In conclusione del mio breve intervento, desidero evidenziare, come spesso accadenell'affrontare lo studio della Dottrina Tradizionale, molte errate o confuse interpretazioni sono solo frutto di unanon adeguata assegnazione di valore alle parole o alle idee a cui ci si riferisce, confusione che certamente nonalbergava in chi "si è fatto ponte" tra noi e la Tradizione...il rapporto numen-nomen è molto più profondo di unasemplice assonanza fonetica!Occhi di Ifà: Dante, come protagonista della "Comedia", era "nel mezzo del camin di nostra vita" e non eramorto. Perciò la sua opera tratta, come del resto è noto, della morte iniziatica e non di quella reale. Maammesso e non concesso che si trattasse di quest'ultima, parlare di reincarnazione avrebbe significato perDante non solo essere moderatamente "braccato" come avvenne, ma essere sicuramente acciuffato e messo amorte, come Bruno, Savonarola e tanti altri. Che parte delle incomprensioni abbiano radici linguistiche èprobabilmente vero, ma bisognerebbe approfondire se, in questo caso, hanno più colpa coloro che hannoassimilato tra loro termini semanticamente affini o invece hanno più colpa coloro che vogliono fare dei"distinguo" un po'... bizantini.Sadescan: E' venuto il momento di considerare partitamente l'atteggiamento complessivo del Gruppo di Ur, epiù in generale dell'Italica Schola, nei confronti della reincarnazione, paragonando tra loro le posizionidottrinarie dei suoi membri. Come si è visto, Aniceto del Massa e Arturo Reghini, affrontando il problema dalpunto di vista dell'ascesi Pitagorica, indicarono che, almeno per un iniziato, ciò che realmente conta è lapalingenesi iniziatica e non la reincarnazione. Ciò è verissimo, ma dal punto di vista della verità globale nonesistono solo gli iniziati e, tra essi, non esistono solo i realizzati.Del Massa e Reghini indicarono che probabilmente si sarebbe potuto parlare di reincarnazione soltanto dalpunto di vista dell'Anima Daimonica (equivalente all'imperturbabile Sé di molti sistemi indiani) ma che, essendoquella concepibile essenzialmente come "testimone", ciò aveva scarso significato per quanto concerne lasopravvivenza individuale. Il punto di vista assunto da Del Massa e Reghini, cioè quello pitagorico, si rifacevaad un uomo antico (e diverso dall'attuale), simile a quello preso in considerazione ad es. dal Vedanta. Propriodal Vedanta partono le considerazioni di Evola in "Maschera e Volto" ed egli rileva che, certo dal punto di vistadell'atma, si potrebbe parlare di reincarnazione, ma che tale atma non è più per l'uomo moderno una realtà,come lo era invece probabilmente per l'uomo al quale il Vedanta si rivolgeva. Occorre dunque esaminare unateoria più attuale ed Evola ritiene tale il buddhismo, anche se si riferisce principalmente a quello delle origini,per il quale è il "demone" antarabhava a reincarnarsi. Occorre chiedersi: 1) Ma che fine ha fatto l'atma del Vedanta? 2) Il demone di cui parla il buddhismo è la stessa anima daimonica dei pitagorici?Evola risponde ad entrambi i quesiti ne "La Dottrina del Risveglio". Esaminando il primo nidana (condizione)della "genesi condizionata", l'ignoranza, egli nota che tale ignoranza non può mai essere originaria e che perciòdeve esistere un principio oscurato (nascosto a sè stesso) da tale ignoranza, soggetto a quella discesa verso ildivenire (samsara) secondo le modalità indicate dai primi tre nidana. Atma (lo zolfo degli ermetisti) è dunqueoscurato, ma certo non poteva scomparire visto che, secondo gli stessi testi buddhisti, "vi è qualcosa di nonnato, di non divenuto, di non composto, di non creato" senza il quale non sarebbe neppure possibile laliberazione e perciò non si può negare che, sia pure oscuramente, questo qualcosa continui a reincarnarsi. Per

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quanto riguarda antarabhava, Evola precisa che entra in gioco solo nel quarto nidana, quando cioè il principiosuperiore oscurato si immerge nella corrente del divenire ed è a tale corrente che antarabhava appartiene,corrispondendo ermeticamente al mobile mercurio, sempre in cerca di una condizione adatta per lareincarnazione. L'anima daimonica dei pitagorici è perciò cosa diversa dal demone antarabhava, la primacorrispondendo, nel simbolismo ermetico, allo zolfo e il secondo al mercurio. In base alla visione di Evola, sipuò parlare di ben due possibili reincarnazioni : una secondo la direzione discendente e verticale del principiozolfo (per quanto oscurato) e una secondo la direzione orizzontale del principio mercurio. Ma allora in chesenso Evola nega la reincarnazione? Qui occorrono alcuni concetti di Alchimia. Molti, a scuola, hanno assistitoad un esperimento che permette di distinguere il concetto di miscuglio da quello di composto chimico. Siprende della polvere di zolfo e la si mescola con un metallo, ad es. limatura di ferro. Anche mescolandoli alungo, non possiamo mai ottenere un composto chimico e i due solidi saranno sempre separabili con processifisici, in questo caso con una semplice calamita. Se invece, messo il miscuglio in una provetta, lo riscaldiamoalla fiamma, ecco formarsi un composto: il solfuro del metallo che abbiamo utilizzato. Il principio trascendentaledell'essere umano veniva indicato dagli alchimisti con lo zolfo, l'antarabhava con un metallo: il mercurio.Dall'unione dei due nasce l'individuo umano. Tale unione è però imperfetta: è un semplice miscuglio, sempreseparabile fisicamente ed è proprio la morte fisica ad operare una simile separazione, onde zolfo e mercuriohanno, da quel momento, un diverso e separato destino e non si può perciò parlare di sopravvivenzaindividuale, l'individuo esistendo solo finchè sussiste il miscuglio. Il discorso cambia se la palingenesi èavvenuta, se le "nozze chimiche" hanno avuto luogo, se zolfo e mercurio si sono definitivamente uniti,formando realmente (e non solo apparentemente) un composto: il celebre Sale Cinabro (solfuro di mercurio)degli alchimisti. Allora il mercurio cessa di essere il demone vagante antarabhava, per divenire un corpo digloria (tusito-kayo) definitivamente unito allo zolfo. Solo allora l'individualità si mantiene dopo la morte e,volendo, in piena coscienza, può reincarnarsi proprio come individuo. Riassumendo: per l'uomo comune ilprincipio sulfureo si reincarna secondo proprie modalità trascendentali e il principio mercuriale,separandosi da quello sulfureo, secondo le leggi del divenire, ma l'individuo umano, derivante dallamomentanea unione dei due, cessa di esistere col fenomeno della morte. Per colui che ha realizzato lapalingenesi (che come indicò Del Massa consiste proprio nell'unirsi dell'anima somatica con quella daimonica)zolfo e mercurio definitivamente uniti possono, a volontà, reincarnarsi nello stesso stato o trasmigrare, semprevolontariamente, in altri stati. La differenza con Guenon, che ne "L'Errore dello Spiritismo" pretendeva di negarela reincarnazione perfino nel caso di profeti e realizzati, è evidente. E il problema se si possa o meno passaredue volte per un medesimo stato è veramente un "bizantinismo", che non ha nulla a che fare con lareincarnazione. Infatti, è cosa del tutto nota (e non vi era bisogno di alcun arzigogolato simbolismo geometrico: la geometria sacra si serve piuttosto di simboli di semplice costruzione) che ogni istante di esistenza èdiverso dall'altro e ciò per due motivi: per il continuo anche se limitato variare dell'ambiente e , come altri ha giàindicato in questo forum, per il diverso atteggiamento che può assumere lo spirito nei confronti dell'ambientestesso. Perciò è ovvio che non riviviamo mai il medesimo istante. E nessun reincarnazionista ha mai affermato(come invece Guenon pretende) il contrario. Reincarnarsi vuol dire semplicemente ritornare in ambiente umanoe perciò in una condizione analoga, ma mai uguale alla precedente (non si tratta della stessa "stanza", perchèla stanza stessa muta, sia pur insensibilmente, di istante in istante). Riguardo alle argomentazioni guenoniane,non si può che concordare con Kremmerz, quando ne "I Tarocchi dal punto di vista filosofico" dopo averrecensito l'opera guenoniana "L'Errore dello Spiritismo", dice: "Un guaio, se la scienza delle università si occupadello spirito umano; più grosso guaio se se ne occupano i filosofi". Evola gli farà eco, diversi anni più tardi nelsaggio "Renè Guenon e il Tradizionalismo Integrale" (della raccolta Ricognizioni): "Una riserva che qui siimpone è che spesso quel che il Guenon presenta come una "metafisica" in un senso speciale trascendente, aparte la terminologia, in fondo poco si differenzia da quel che ha tale nome nella storia della filosofia profanaoccidentale e spesso si esaurisce in astrazioni piuttosto tediose, come ad es. nel caso di tutte le dissertazionisulla Possibilità Universale e simili". Bisognerebbe, a questo proposito, come suggerì Piero Fenili nel saggio"Renè Guenon e la Reincarnazione" (in Politica Romana n° 3-1996) valutare quanto il voler dar sostegno altradizionalismo exoterico cattolico prima e l'entrata nell'Islam dopo influenzarono questo atteggiamento diGuenon, a discapito della verità esoterica. Ma tra la dissoluzione dell'individualità e la perfetta palingenesi, non esistono casi intermedi? In Introduzionealla Magia (vol. III) nel saggio anonimo intitolato "Ancora sulla sopravvivenza. Sui patti , la paura e altro ancora"si trova scritto: "... Dottrinalmente sono da cansiderarsi possibilità intermedie fra i due estremi: fra l'immortalitàassoluta dell'adepto, che consegue la Grande Liberazione - e, ellenicamente, dell'« Eroe» che prenderesidenza nei Campi Elisi - e la sorte che nell'oltretomba deve attendersi colui che in terra abbia condotto unavita legata unicamente alla materialità, alle passioni e agli istinti. Si possono ammettere gradi intermedi, equalora non si vogliano far valere semplici sentimenti e vuote speranze, ma si pensi oggettivamente, dovrebbeessere ovvio che la condizione per queste possibilità intermedie è costituita dalla misura in cui nel propriopensare e volere si sia già realizzata, vivendo, oggettivamente (questo « oggettivamente » va sottalineato), uncerto distacco dal complesso individuale naturalistico avente per base il corpo e l'esperienza del mondo fisico.Prendiamo qualcuno di questi casi intermedi. Uomini, tutta la vita e la condotta dei quali sia stata ferreamentedominata da un unico ideale, da essi posto al di sopra della loro persona, e a cui essi tutto hanno subardinato,istinti, affetti, felicità - costoro, senza saperlo, hanno creato indirettamente una certa base oggettiva per lasopravvivenza. La natura ed il valore di quell'ideale, come si comprende, poco importa: importa soltanto che

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esso abbia avuto il potere di effettuare una certa «autotrascendenza». Su ciò, si è già detto (vol I, cap. VI pp.156 sgg.). Un altro caso è la dedizione. Tipicamente, una donna che si sia data tutta ad un altro, in un rappartodi amore e di sacrificio, in un «vivere per lui» o un «bruciarsi per lui», ha già alimentato una «trascendenza»,che può aiutarla a conservare una continuità in quell'«alterazione», che è la morte - epperò ad assicurarsi ungrado di effettiva sapravvivenza. Lo stesso si dica per un analogo rapporto, riferito però a Dio - non con parole,preci e devozioni, ma con uno slancio e in un riferimento costante che lo ponga sopra ogni altra cosa. Anchequi bisogna mantenere il punta di vista oggettivo: non interessa se «Dio» esista come una teologia teistica loconcepisce. L'importante non sta nell'oggetto della dedizione o nei fondamenti razionali di una fede: sta invece,e soltanto, nel fatto di un orientamento che determina nella compagine occulta dell'essere umano una certamodificaziane strutturale, efficace nei riguardi della morte. Un altro caso è la conversione in punto di morte.Nello stato di estrema instabilità psichica dovuta ai sentimenti che prorompono all'approssimarsi della morte,l'atto di concentrarsi assolutamente, o di disperatamente credere in un punto di luce, che come «Dio» èl'imagine stessa dello stato trascendente, può aver l'effetto di una iniziazione, e staccare la coscienza daquell'appoggio, del quale, con la dissoluzione del corpo, essa altrimenti potrebbe partecipare il destino. Asuperare lo schematismo di una alternativa troppo rigida, l'accenno a queste prospettive potrà bastare. Lasopravvivenza, dunque, assicurata integralmente dall'iniziazione (dall'iniziazione che riesca, beninteso), puòanche esser conquistata parzialmente, senza proposito, mediante modi di vita e atteggiamenti cheindirettamente determinano certi processi sottili ( modi di vita e atteggiamenti che presentano perfino unacoloratura idealista): la dedizione completa ad una idea, ad un altro essere, a «Dio» (sia da vivi chenell'estremo momento) sono valichi che conducono a forme intermedie situate fra il «regno dei morti» e 1'«isoladegli Eroi»". Da un punto di vista alchimistico, queste situazioni intermedie (che si verificano ovviamente anche quandol'iniziazione conduce solo a una realizzazione parziale) equivalgono a casi nei quali, per la scarsità dell'energiaa disposizione, solo una parte dello zolfo e del mercurio reagiscono a formare il sale. L'anonimo scrittore delsaggio precedente non si sofferma sul problema se, in tali casi intermedi, sia possibile una reincarnazione.Tuttavia non c'è motivo di non ammetterlo e la conferma si ha nel fascicolo B della Miriam, dove Kremmerz, tra il caso estremo dell'uomo materializzato per il quale non può che verificarsi la disgregazione dell'individualità e il caso altrettanto estremo di chi ha attuato pienamente la palingenesi, e per il quale perciò può parlarsi dieffettiva immortalità, ammette, come caso frequente, forme intermedie di sopravvivenza, conducenti di solitoproprio alla reincarnazione.E veniamo alla polemica con l'antroposofia. Steiner dice nel III cap. de "La Scienza Occulta": "Quando sonostati deposti il corpo fisico e il corpo eterico, e, dopo la purificazione, anche quella parte del corpo astrale che èrivolta verso i desideri del mondo fisico, allora tutto ciò che dal mondo spirituale fluisce verso l'Io esercita unaazione, non soltanto di miglioramento, ma anche di riorganizzazione. E dopo un determinato tempo, di cuiparleremo più oltre in questo libro, si foggia intorno all'Io un nuovo corpo astrale, atto ad abitare un corpoeterico e un corpo fisico simile a quello che è proprio dell'uomo fra nascita e morte". Come si può vedere,Steiner usa una nomenclatura diversa da quella di Evola, giacchè chiama "Io" il principio sulfureo oscurato,mentre chiama "corpo astrale" il mercurio, cioè il demone antarabhava. Steiner afferma che l'Io abbandonatutta la parte del corpo astrale, che durante la vita terrena era rivolta verso i desideri del mondo fisico. Ora ciòconduce a tre possibilità distinte:1) Tutto il corpo astrale era rivolto verso ciò che è terreno. In tal caso, il nuovo corpo astrale assunto prima dellanuova manifestazione dell'Io è completamente diverso dal precedente e perciò tutta l'individualità precedentepuò dirsi annichilita.2) Solo una parte del corpo astrale era rivolto verso ciò che è terreno. L'altra parte sopravvive legata all'Io.Allora, nella sua nuova manifestazione, l'Io dovrà assumere un corpo astrale che solo parzialmente è nuovo.3) Nel caso di un adepto perfettamente realizzato, neppure una "briciola" del corpo astrale era rivolto verso ciòche è terreno. E' allora evidente che, nelle successive manifestazioni, il corpo astrale rimarrà per sempre lostesso.Fatte le differenze di terminologia, Steiner dice le stesse cose di Evola (e di Kremmerz): dunque si deveconcedere a Scaligero che egli aveva ragione riguardo alla sostanziale identità delle due vedute. Ma alloraperchè Evola critica Steiner? Secondo Evola, Steiner aveva il torto di mettere troppo in evidenza i risultati dellesue veggenze personali. Veggenze che, secondo la concezione magica dell'universo, non hannonecessariamente il valore di una realtà oggettiva e universale, dipendendo, in buona parte, proprio dall'attomagico e dalla portata del suo effetto, cioè dal metodo seguito. Dice infatti Evola nel saggio "Cosa vuolel'Antroposofia di R. Steiner" (n° 6-7 1925 della rivista Ignis): "...Steiner dà dei metodi, seguendo i quali, ognunopuò anche lui riuscire a vedere quel che l'altro vede. Con il che la quistione è semplicemente spostata: poichèuna tale visione non è immediata e universale ma per giungere ad essa occorre un certo processo, non vi sonoargomenti dimostrativi per affermare che quanto ad essa corrisponde non sia creato da questo processostesso." Si può essere d'accordo con Evola, ma bisogna tener conto dell'ambiente nel quale Steiner ebbe adoperare: un ambiente cristiano (e perciò potenzialmente rosacrociano) influenzato dalle suggestioni delteosofismo anglo-indiano, il quale faceva proseliti proprio ostentando l'uso della veggenza. Steiner, facendoaltrettanto, impedì che molte persone seguissero una strada orientaleggiante che presentava due difetti: nonc'erano, almeno allora, maestri orientali qualificati in Europa e i metodi orientali spesso non si confacevanoall'uomo occidentale moderno. Ma che Steiner avesse una visione magica dell'esistenza, dietro a quella

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apparente teosofico-contemplativa, lo dimostrano certi episodi della sua attività, come il (sia pur fallito) tentativomagico (del quale riferisce Scaligero in "Dallo Yoga alla Rosacroce"), al quale partecipò lo stesso Colazza, didare diverso decorso a quegli eventi, che poi storicamente "precipitarono" nella I Guerra Mondiale. AncheKremmerz si trovò ad operare in un ambiente nel quale spiritismo e teosofismo facevano proseliti. Mentre Evolae Reghini assunsero un atteggiamento intransigente e di aperta critica nei confronti di tali ambienti, Kremmerz,analogamente a Steiner, preferiva entrare in maniera più sottile in essi (non senza usare la sua tipica bonariaironia) per poi volgerli verso una più alta verità. Infatti, se l'atteggiamento di Evola e Reghini è atto a crearemanipoli di fedelissimi (che, in qualche caso, però scadono nel fideismo: ci sono evoliani ed evolomani, dicevalo stesso Evola) allontana a volte, per il tono intransigente, anche persone potenzialmente qualificate e crea(come avvenne) discordie interne a volte insanabili. Quadreracles: In fondo, comunque, parlare di reincarnazione, di trasmigrazione o di metempsicosi non mi parecosì importante. Importanti sono le nostre azioni ed i nostri pensieri in questa vita e la convinzione che solamente da essidipende il nostro procedere spirituale. Occhi di Ifà: Aver sviscerato in questo forum gli argomenti relativi a reincarnazione e trasmigrazione non èstato affatto un atto trascurabile e ciò per due buoni motivi. Come ha mostrato Sadescan, l'opus alchimico e lacondizione post-mortem sono strettamente correlati e spiegabili con la medesima simbologia. In entrambi i casi,la perfetta condizione si ha quando lo zolfo (o sole) realizza le nozze chimiche con il mercurio e i due diventanoindissolubili. All'opposto, quando il sole si stacca completamente dal mercurio si ha il completo annichilimentodella precedente individualità. Ovviamente vi è poi tutta una serie di possibilità intermedie. Da quanto detto,risulta evidente ad es. la totale diabolicità (proprio nel senso etimologico del termine: vedere quanto dice inproposito "Pietro Negri") dello "pseudo-corpus totius magiae", secondo il quale il "separando solare" cioè laseparazione del sole da tutti "i corpi" umani, compreso quello mercuriale, è la condizione suprema. Al contrario,essa è quella infima. Turba Philosophorum: Certamente essa è infima nel post-mortem. Durante l'opus alchimico, può peròrivestire il ruolo di una momentanea "dissociazione dei misti", di un "solve" che precede un successivo"coagula", cioè un nuovo e più proficuo riassetto dei rapporti tra i quattro "corpi".Occhi di Ifà: Il secondo motivo, certo più umano, ma nel momento storico attuale, non meno importante è chesiamo veramente stufi di udire sedicenti guenoniani ripetere fideisticamente le parole di Guenon, anche quandosono palesemente errate; e, come se non bastasse, in base a tali errori, "pontificare" su vie iniziaticheoccidentali, per le quali, proprio scegliendo l'Islam e simili, dimostrano di non avere alcuna qualificazione eperciò nessun diritto a parlarne. Naturalmente, valgono anche per loro gli auguri che abbiamo fatto poco fa. Ma,nel caso che l'exoterismo cattolico dovesse perire, faremo in modo che non sia certo l'altrettanto pedanteexoterismo islamico a sostituirlo.Quadreracles: Neppure a me sono molto simpatici certi guénonisti, quelli per intenderci che diventano quasiidrofobi a sentir parlare di Evola. Però vi sono anche guénoniani ragionevoli. Comunque tra Evola e Guénonnon vi sono differenze sostanziali sull'argomento reincarnazione. Ve ne sono invece su altri punti come adesempio quello dell'iniziazione o della preminenza tra azione e contemplazione. Evola stimava molto anche ilKremmerz se su Krur ha potuto scrivere: "Ci riserviamo di dire in un'altra occasione ciò che pensiamo soprala scuola di Giuliano Kremmerz; che in ogni modo è da considerarsi come la più seria e la più competente fraquante oggi coltivino in Italia gli studi ermetici, nella dottrina e nella prassi." Malgrado tiutto quindi questi treautori condividevano gran parte della visione spirituale. L'esoterismo cattolico invece è perito già dal medioevo e comunque secondo me tra i vari esoterismi non visono sostanziali differenze poichè la verità è una solamente. Poi, che pullulino oggi una miriade di pseudoesoterismi completamente fasulli con collegamenti di fantasia a ordini, riti e organizzazioni dell'antichità èun'altra cosa.Ea: Credo che perlomeno su questo punto non vi siate capiti. Occhi di Ifà parlava infatti di exoterismo (oessoterismo con la doppia "s") cattolico, che di certo esiste ancora, anche se un po' "malconcio". MentreQuadreracles parla di esoterismo (con una sola "s") cattolico che (forse) è perito già dal medioevo. Unadifferenza terminologica che dovreste conoscere entrambi, visto che è di uso comune da parte degli studiosi diesoterismo (Evola e Guenon inclusi), oltre che risalire alla tradizione greca. Il "forse" è doveroso, perchèbisognerebbe spiegare come mai proprio esoteristi cattolici facessero parte del Gruppo di Ur: ad es. Guido DeGiorgio e Nicola Moscardelli, con Girolamo Comi in veste di "trait d'union" tra antroposofi e cattolici.Qudreracles: In effetti non ho letto bene. Il messaggio di occhi_di_ifa non l'ho ricevuto con la mia posta, non soperchè, dato che tutti gli altri li ricevo regolarmente. L'ho scoperto per caso in un'altra ML dove qualcuno dibuona volontà ogni tanto pubblica i messaggi del gruppo-di-Ur. Era scritto molto in piccolo e la mia vista sulcomputer va sempre peggio. Chiedo venia. Ida La Regina: Sicuramente Guenon stimava Evola e ancor più sicuramente Evola stimava Kremmerz, ma laproprietà "transitiva" in tal caso non è applicabile, per la pretesa guenoniana di giudicare tutti "ex cathedra" ed"ex tripode", sulla base anche di conoscenze piuttosto superficiali. Scriveva infatti Guenon a Reghini (letteradatata Parigi, 19 Giugno 1924), dopo aver conosciuto il pensiero di Kremmerz, in relazione alla sua operaL'Errore dello Spiritismo: " Il professor Banti mi ha inviato i numeri di "O Thanatos" che gli avevo richiesto,purtroppo non ho avuto tempo per leggerli. In base a ciò che ho visto sfogliandoli, Kremmerz non sembra avercompreso molto bene il mio punto di vista, per quanto abbia riconosciuto che "l'Erreur Spirite" sia un libro molto

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diverso da tutto ciò che si pubblica ordinariamente contro lo spiritismo. Se avesse letto la mia introduzione, dicui sembra che ne ignori anche l'esistenza, mi avrebbe probabilmente capito meglio. In ogni caso pare chevoglia attribuirmi un punto di vista specialmente francese, il che in assoluto non mi appartiene e che non rientraaffatto nelle mie intenzioni. D'altronde Egli considera lo spirito secondo modalità che non sono le piùappropriate. Infine pare essere particolarmente vincolato all'idea reincarnazionista e non credo che vi possaessere peggio di questo per chi abbia pretese di voler fare esoterismo". Dunque Guenon valutava gli altri (è luiche lo dice) non dopo attenta lettura, ma dopo una sommaria "sfogliata" e li giudicava in base al fatto che essicredessero o meno nella reincarnazione e non in base al loro metodo o alla loro realizzazione. Ma cosa maipossono averci trovato di valido i guenoniani in Guenon?Qudreracles: Beh, i meriti di Guénon sono indiscussi. Lo stesso Evola, se non mi sbaglio, parla di lui daqualche parte come di un 'Maestro senza pari' della nostra epoca. Il suo parlare 'ex cathedra' era dovuto alfatto che si sentiva investito di una missione; quella di smascherare il falso spiritualismo da pseudo iniziati (cosache gli creò non pochi nemici e di cui penso avrebbe fatto volentieri a meno), di denunciare la crisi di valori delmondo occidentale e il suo 'abbandono del cielo per inseguire la terra' e, specialmente, possedeva la raraqualità di saper scorgere, al pari di Evola, i retroscena occulti della storia e l'azione invisibile delle forzedella contro-iniziazione. Per i demeriti non mi pronuncio visto che su questa ML sono già in molti adevidenziarli. Quadreracles: In "Maschera e volto" Evola, riferendosi all'atma vedantina oppure all'anima dell'esserereintegrato dice: "In terra, in ogni caso, non torna che ciò che apartiene alla terra. L'anima non viene da altricorpi ma da altri mondi, cioè da altre condizioni di esistenza, e non va in altri corpi, ma, se scampa agli 'inferni'conformandosi al suo fine sovrannaturale, va in altri di questi mondi. Il ripetuto passaggio dell'anima (non diquesto o di quel composto psichico di cui essa sia composta coma anima di uomo mortale) sotto la condizionedi un corpo umano, rappresenta un caso assolutamente eccezionale. Per l'anima può esservi dunquetrasmigrazione: cosa affatto distinta dalla reincanazione, che può verificarsi solo per principi inferiori, dimassima collettivi ed impersonali, del composto umano". Il che mi sembra avvicinarsi parecchio a quanto affermano il Guénon ed il Vedanta. Questo mi pare il senso incui Evola nega la reincarnazione, cioè solamente in riferimento all'atma vedantina. Per la quale poi uncambiamento di stato non va inteso 'di attimo in attimo' ma di condizione, di 'mondo' per dirla con Evola (nelcaso dell'uomo l'intero mondo comprensivo di ogni forma in esso vivente). Questo perchè, se anche perquest'anima le azioni comportano dei mutamenti legati all'agire, questi mutamenti seguono dei binari precisi ecaratteristici, così come una quercia può produrre ghiande ma non noci, fino ad identificarsi, al termine del suoviaggio con il brahman universale, fusa, ma non confusa, in esso. Ovviamente del tutto diversa è la situazionedell'individuo comune, privo di un 'centro', e che segue gli impulsi di un 'io' soltanto apparente. Ida La Regina:Al contrario, Evola afferma che la dottrina più vicina alla concezione "teosofista" della reincarnazione è proprioquella vedantina, ma che tale dottrina si riferisce a condizioni umane, non più attuali già all'epoca dellacomparsa del Buddha. Ricitando ciò che è già stato citato da altri, Evola dice testualmente: "L'idea più prossimaalla rincarnazione quale la professano i teosofisti, si trova forse nel Vedanta. Ma il Vedanta, a ciò ha una base:ha la teoria del Sé, dell'atma immortale e eterno, identico al Brahman, al principio metafisico d'ogni cosa.Questa teoria si riferisce ad uno stato spirituale della coscienza dell'uomo, il quale non è più da ritrovarsi nondiciamo negli uomini d'oggi, ma già nell'umanità del periodo buddhistico".La visione che Guenon ed Evola avevano del Vedanta era notevolmente diversa ed anzi si può dire che unadelle maggiori polemiche tra questi due autori "scoppiò" proprio su tale argomento. Che essi avessero unacerta stima reciproca non implica che la pensassero allo stesso modo. Alcuni studiosi italiani della secondametà del secolo appena terminato si sono immaginati una sorta di "asse Evola-Guenon", che esisteva perl'appunto solo nella loro immaginazione. Infatti Guenon non ha mai fatto mistero di non apprezzare l'ItalicaSchola, nè antica (sottovalutava la civiltà greco-romana), nè moderna (sottovalutava ad es. Cagliostro eKremmerz). Inutile dire che Evola, Reghini e sostanzialmente tutto il Gruppo di Ur la pensassero in manieradiametralmente opposta. Del resto di che utilità può mai essere per l'Occidente un autore che, pur massone,riconosceva alla massoneria (tutta) una iniziazione soltanto virtuale (mentre personaggi come AmedeoArmentano dimostravano il contrario) e che comprendeva così poco l'esoterismo occidentale, da sentir lanecessità di farsi islamico? E non sono certo solo io a pensarla così, ma lo conferma un autore non soltantoislamico, ma addirittura della stessa scuola di Guenon. Nell'opera "Considerazioni sull'Opera di Renè Guenon "(Losanna 1984), Frithiof Schuon scrive in riferimento a Guenon: "Quando si dice all'Occidentale che ignoratutto, che non ha la minima idea di niente, e poi gli vengono presentati , ad es., trattati di Sufismo, si senteattonito, deluso e indignato, lui che conosce Plotino, Maestro Eckart e Angelo Silesio, per non citarne chealcuni." E continua: "nel suo libro sul Teosofismo, Guenon dichiara che non vi è niente in Oriente che rassomiglida vicino o da lontano all'idea di reincarnazione; non ha dunque mai letto il Manava-Dharma-Shastra? E'estremamente penoso dal momento che non abbiamo alcun interesse a disapprovare Guenon - abbiamo avutoal contrario interesse ad approvarlo a priori - dover constatare che i suoi avversari sono meglio informati e avolte anche più comprensivi di lui; ed è ancora più penoso che non siano stati loro ad iniziare la zuffa.Comunque sia, ciò che a noi interessa non è il prestigio di tale autore, ma la Verità, ed è lo stesso Guenon adinsistere espressamente su questo distinguo!". Come si può notare "l'ultimo" Schuon assume una posizioneassai più netta e favorevole alla reincarnazione, di quanto non facesse nell'opera L'Unità Trascendente delleReligioni (vedi ), nella quale, come dice nell'inciso, aveva, nei confronti di Guenon, ancora "interesse ad

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approvarlo a priori".Quadreracles: Beh, la concezione del post mortem nel Vedanta, almeno secondo il Guènon, è quella dellatrasmigrazione (passaggio ad uno stato diverso) e non quella della 'reincarnazione' (ritorno nel medesimostato). Evola qui parla di reincarnazione per usare lo stesso termine dei teosofi, ma poi, nel brano che riprendodice: "Per l'anima può esservi dunque trasmigrazione: cosa affatto distinta dalla reincanazione, che puòverificarsi solo per principi inferiori, di massima collettivi ed impersonali, del composto umano". A meno di volerconsiderare un'accettazione della reincarnazione quella che può verificarsi per questi 'principi inferiori', cosa chenon credo, non mi pare perciò che Evola consideri minimamente la possibilità della reincarnazione. Ovviamentequesta è la mia lettura di Evola e ciascuno comprende le opere di questo autore per quello che gli è dato dicomprendere nella fase di sviluppo interiore in cui è giunto. Non sono certo qui a pretendere di aver ragione. Hai detto che: "La visione che Guenon ed Evola avevano del Vedanta era notevolmente diversa". Era diversanel senso che Evola per 'Atma' intende la coscienza. Coscienza in grado di attraversare il post mortem senzasprofondare nel nulla, e quindi attraversare le varie esistenze succedentisi come un filo di seta attraversa unacollana di perle (ciò implica, detto per inciso, di mantenere la presenza cosciente durante i sogni e nel sonnoprofondo). Guènon, se ho ben compreso, quest'Atma la attribuiva indistintamente a tutti gli uomini che peròpossono dirigerla verso la luce o verso le tenebre con le loro azioni. Ora dirigerla verso le tenebre sembrerebbeuno sprofondamento nella confusione e nell'ignoranza, che non è altro che una perdita di coscienza. Percui non saprei dire se vi è proprio tutta questa differenza tra le due visioni. Dove sarebbe scoppiata la polemicasu questo argomento? Io non ricordo. Ea: Riguardo alla polemica Evola-Guenon sul Vedanta, conto di postarla prossimamente, magari a puntate, nelforum.Qudreracles: Grazie se vorrai pubblicare la polemica sul Vedanta. Non ricordo di averla mai letta, salvoqualche accenno di Evola su "Lo Yoga della potenza".Quadreracles: Guénon considerava la 'magia' qualcosa di deleterio, in grado di paralizzare ogni sviluppospirituale, e ne aveva ben ragione, considerati gli attacchi psichici che ebbe a subire nella sua vita (a volteanche 'materializzati' come sembra, nella forma di un orso nero del quale portava sul collo il segno di unmorso). Ma quella del Kremmerz (a differenza di alcuni suoi seguaci) a mio avviso era principalmente 'teurgia',che il Guénon non condanna. Guènon si fece 'islamico' perchè considerava quella sufica una delle pocheorganizzazioni iniziatiche raggiungibili dalla Francia. Ciò non gli impedì di tenere una fitta corrispondenza sia colReghini, sia con Armentano, che si recò a trovarlo a Parigi prima di trasferirsi in Brasile. Non solo i loro rapportierano cordiali, ma il Guènon vedeva in personaggi come loro i possibili rapprentanti di quella élite intellettualeche auspicava. Quanto all'iniziazione mi sembra che il Guénon considerasse quella massonica un'iniziazione ai'piccoli misteri' mentre quella sufica ai 'grandi misteri' ma non saprei dire se 'virtuale od effettiva'. In ogni modoanche un'iniziazione virtuale può, se si verificano certe condizioni, esser resa effettiva. Su questo argomento,come certo saprai, vi fu polemica con Evola. Schuon, pur essendo un personaggio da non sottovalutare,entrò in conflitto col Guènon quando si autoattribuì il potere di istruire discepoli, potere che non gli erastato conferito, così come non era stato conferito al Guénon stesso, che infatti non ne aveva ( la suafunzione essendo un'altra ). In una lettera Guènon afferma che se Schuon fosse tornato a trovarlo al Cairo. eglinon l'avrebbe più ricevuto. Tutto questo non significa che il Guénon fosse infallibile. Aveva i suoi punti deboli ea volte, secondo me, esagerava un tantino nella categoricità delle sue affermazioni. P.s. Nemmeno io ho mai letto, nè sentito nominare, il Manava.Dharma-Shastra. Di che si tratta? Sadescan: Il Manava Dharma Shastra sono semplicemente le Leggi di Manu. Schuon avrebbe potutonaturalmente citare altre opere. La scelta delle Leggi di Manu è però dimostrativamente la migliore, per ben tremotivi:1) E' un testo venerato da tutta la tradizione indù;2) Guenon lo cita a volte nelle sue opere;3) Trattandosi di Leggi, il testo è stato scritto per essere inteso in senso letterale e perciò Guenon non potrebbericorrere all'espediente, utilizzato ad es. nel caso dei Vangeli, di dire che sembra favorevole alla reincarnazione,ma che simbolicamente vuol dire altra cosa.Sadescan: Qudreracles ha detto che: "tra Evola e Guénon non vi sono differenze sostanziali sull'argomentoreincarnazione". Ma è così vero? Ce lo vedete Guenon che afferma che: "L'idea più prossima alla rincarnazionequale la professano i teosofisti, si trova forse nel Vedanta."? E l'affermazione evoliana "Secondo il buddhismo,l'uomo che non ha raggiunto il risveglio e l'illuminazione spirituale, con i suoi pensieri, le sue parole e le sueazioni (karma), ha tuttavia generato un altro essere o «demone» (chiamato antarabhava o anche vijnana),sostanziato con la sua immedicata brama di vita, il quale ne riceve le tendenze fondamentali. Questo esseresopravvive, in genere, alla morte. La forza fatale delle inclinazioni di cui è composto e che ora nessuna volontàpiù frena, lo riconduce in terra, verso un corpo e una vita conformi alla sua natura;" avrebbe mai potuto esserepronunciata da un Guenon, che aveva capito piuttosto pochino del buddhismo delle origini e che modificòsuccessivamente, per segnalazione di A. K. Coomaraswamy, talune sue arrischiate affermazioni? E viceversa, ce lo vedete Evola che vi parla delle rappresentazioni geometriche spiraliformi della PossibilitàUniversale, lui che aveva detto nella monografia "Sul sapienziale e l'eroico e sulla tradizione occidentale" (Ur11-12 novembre-dicembre 1928): "Nel suo Erreur Spirite egli (Guenon) afferma ripetutamente che il criteriodell'impossibile per lui è il logicamente assurdo (e non viceversa) e che non è all'esperienza, cioè alla realtà difatto, ma alla deduzione a priori da un insieme di princìpi che si deve chiedere il vero criterio. In ciò vi è sin

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troppo per giustificare l'accusa di razionalismo". ?E mentre Guenon, come altri ha indicato, giudicava Kremmerz dall'alto della sua “grandeur francés", Evola, inMaschera e Volto rilevava giustamente: "A base della dottrina sta la relazione fra integrazione magica econquista dell'immortalità. La premessa è quella stessa del positivismo (Kremmerz), e dal positivismo vengontratti gli argomenti che convincono della impossibilità della sopravvivenza di ogni coscienza personale. Gli autoriin parola ammettono, sì, che parti o elementi fondamentali del composto umano sopravvivano ed anche si"reincarnino" nel senso da noi stessi già chiarito. Ma ponendo il problema non per ciò che è impersonale ederivato, bensì per l'anima come personalità vera e propria, pensano che per essa la morte - come dice ilKremmerz - possa effettivamente essere uno "spirare", cioè un restituire lo spirito ad una massa omogenea incui esso è destinato a dissolversi quasi come aria nell'aria".Ma allora come è nato tutto l'equivoco e da chi? Schuon, nell'opera da altri già citata, dice giustamente che fuGuenon ad iniziare la "zuffa"; io direi anzi a "montare la zuffa", ricorrendo ad un espediente dialettico alquantosubdolo. Esso consiste nel costruire una dottrina simile a quella che si vuole demolire, ma decisamente piùfallace e nell'attribuire questa versione addomesticata all'avversario, allo scopo di ridicolizzarlo. Il procedimentonel caso della reincarnazione è piuttosto semplice. Si può infatti intendere la reincarnazione in due maniere: laprima, alquanto grossolana, consiste nel ritenere che lo stesso complesso animico che animò un certoindividuo (cioè, come dice Evola, l'anima come personalità vera e propria) vada così com'era ad animarne unaltro. La seconda (quella corretta) consiste nel ritenere che, in genere, solo una parte di tale complesso animicovada a reincarnarsi. Tale parte è tanto più estesa (in senso simbolico e non spaziale) quanto più l'individuo siavvicina alla perfezione (a causa della integrazione magica) e tanto più piccola quanto più se ne allontana. Laprima concezione può sorgere al massimo in un exoterista, che concepisca dualisticamente esemplicisticamente l'uomo come composto da anima e corpo. Tale concezione non fu mai professata, nè daglispiritisti, nè tanto meno dai teosofisti e nella maniera più assoluta da Steiner (sulla dottrina del quale si è giàdetto ampiamente). Eppure è proprio la concezione che (subdolamente) Guenon attribuisce non solo a loro, maaddirittura a Kremmerz, reo di averlo giustamente punzecchiato, in relazione a queste sue malefatteideologiche.Quadreracles: Sì. Le divergenze forse stanno nell'attribuire a questo 'demone' una personalità. Cosa sullaquale il Guénon non concordava. Anche il fatto di aver equivocato sulla dottrina buddhista dell'anatta nondepone a favore del Guénon. Coomaraswamy in "Induismo e Buddhismo" scovò alcuni passi del canonebuddhista in cui si fa riferimento all'anima e quindi appare evidente che l' "atta" del canone pali che secondo ilBuddha è illusoria, non è la stessa cosa dell' "atman" del vedanta. La prima è l'oggetto dell'affermazioneegoica, l'io illusorio, la seconda è invece il soggetto, il Sè, che, sempre secondo il vedanta 'trasmigra' e recacon se come l'impronta delle azioni dell'uomo. A proposito di 'arrischiate affermazioni' : nell'edizione italiana de"L'uomo ed il suo divenire secondo il vedanta" è curiosamente 'scomparso' il capitolo XI, sul buddhismo, cheinvece esisteva nell'edizione francese del 1925 (Editions Brossard). Sarei curioso di sapere se questasoppressione è stata voluta dallo stesso Guénon, se qualcuno lo sa. Concordo comunque con quanto afferminel tuo messagio, salvo il fatto che non credo che il Guénon fosse stato in malafede nelle sue critiche; se cosìfosse tutta la sua opera sarebbe stata una costruzione puramente individualistica. Ea: Per completezza di pensiero, aggiungerei a coloro che tendono a cadere erroneamente nella primaconcezione, di cui parla Sadescan, quegli spiritisti (vi sono infatti molte forme di spiritismo) che concepiscono ilperispirito (così chiamano il principio intermedio tra anima e corpo) così "aderente" all'anima che, nonostantepartano da una concezione tripartita dell'essere umano, ricadono in pratica nella suddetta divisione dualistica inanima e corpo.