5.0.0 Emergenze dell’assetto geologico, geomorfologico ed ... · la forza erosiva di altri agenti...

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55 5.0.0 Emergenze dell’assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico. 5.1.0 Generalità Il sistema dell’assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico, ai sensi dell’art. 3.02 delle NTA del PUTT/Puglia si articola nei seguenti sottosistemi: geologico; dei rilievi o geomorfologico; delle acque o idrogeologico. Per quanto riguarda il territorio molfettese, non comprendente aree versanti e crinali, poiché strutturalmente è da confidarsi una zona pianeggiante, i sottosistemi di cui sopra individuano i seguenti ambiti: sottosistema geologico: ambito costiero; sottosistema geomorfologico: cigli di scarpate, ripe fluviali, doline e cave; sottosistema idrogeologico: lame e linee superficiali di impluvio. 5.2.0 L’ambito costiero molfettese. Il territorio del Comune di Molfetta ricade nelle aree costiere del nord barese. Morfologicamente si configura come una serie di ripiani disposti a differente altezza, raccordatesi con la zona costiera, attraverso una serie di terrazzi subverticali dotati di modesta altezza. Si tratta essenzialmente di terrazzi di origine marina. Il presente studio geomorfologico ha mirato alla individuazione tipologica della costa esistente nell’ambito territoriale, fatta esclusione della zona immediatamente interessata dal nucleo urbano. 5.2.1 Morfostruttura della costa Il litorale molfettese, a grande scala, non risulta particolarmente articolato e questo è dovuto essenzialmente alla modesta alternanza di promontori e cale, peraltro di modeste dimensioni, come del resto la costa “alta” (falesia) che per molti tratti è mancante. Quasi tutte le cale presenti a livello territoriale, sia quelle che si sviluppano nella zona di levante che quelle della zona di ponente, sono rappresentate dalla confluenza, verso mare, delle “lame”. Le più importanti sono la “lama Martina” che confluisce nell’area di levante (in corrispondenza della “Prima Cala”) e la “Lama Marcinase”, posta nell’area di ponente in adiacenza alla Zona

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5.0.0 Emergenze dell’assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico. 5.1.0 Generalità Il sistema dell’assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico, ai sensi dell’art. 3.02 delle NTA del PUTT/Puglia si articola nei seguenti sottosistemi: • geologico; • dei rilievi o geomorfologico; • delle acque o idrogeologico.

Per quanto riguarda il territorio molfettese, non comprendente aree versanti e crinali, poiché strutturalmente è da confidarsi una zona pianeggiante, i sottosistemi di cui sopra individuano i seguenti ambiti: • sottosistema geologico: ambito costiero; • sottosistema geomorfologico: cigli di scarpate, ripe fluviali, doline e cave; • sottosistema idrogeologico: lame e linee superficiali di impluvio.

5.2.0 L’ambito costiero molfettese. Il territorio del Comune di Molfetta ricade nelle aree costiere del nord barese. Morfologicamente si configura come una serie di ripiani disposti a differente altezza, raccordatesi con la zona costiera, attraverso una serie di terrazzi subverticali dotati di modesta altezza. Si tratta essenzialmente di terrazzi di origine marina. Il presente studio geomorfologico ha mirato alla individuazione tipologica della costa esistente nell’ambito territoriale, fatta esclusione della zona immediatamente interessata dal nucleo urbano.

5.2.1 Morfostruttura della costa Il litorale molfettese, a grande scala, non risulta particolarmente articolato e questo è dovuto essenzialmente alla modesta alternanza di promontori e cale, peraltro di modeste dimensioni, come del resto la costa “alta” (falesia) che per molti tratti è mancante. Quasi tutte le cale presenti a livello territoriale, sia quelle che si sviluppano nella zona di levante che quelle della zona di ponente, sono rappresentate dalla confluenza, verso mare, delle “lame”. Le più importanti sono la “lama Martina” che confluisce nell’area di levante (in corrispondenza della “Prima Cala”) e la “Lama Marcinase”, posta nell’area di ponente in adiacenza alla Zona

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Artigianale e Piccolo Industriale e nella Zona ASI, che sbocca in corrispondenza della “Cala S. Giacomo”. Tutta l’area investigata è interessata da un generale arretramento della parete rocciosa (ben visibile solo in alcune aree) con piccoli crolli della falesia e riduzione dell’ampiezza della battigia. L’altezza della falesia è un elemento variabile e va da pochi metri fino a circa 6.50 m (zona immediatamente a ridosso della 1^ cala). La stessa è costituita da materiali calcareo - terrigeni, stratificati, disposti con inclinazioni verso la linea di spiaggia (stratificazione generale a franapoggio). Il piede della falesia è in qualche punto protetto dagli stessi blocchi crollati dalle parti superiori, mentre per tutte le altre zone rimane esposta all’azione del moto ondoso, per cui la velocità di arretramento è un elemento estremamente variabile da zona a zona

5.2.2 Analisi degli effetti sull’ammasso roccioso Il tratto di costa studiato è caratterizzato in affioramento dal “Calcare di Bari”, complesso carbonatico di età Cretacea. La roccia, risulta interessata da una serie di fattori che, a luoghi, la rendono “scadente” ed incapace di resistere, nel tempo, ad ulteriori sollecitazioni. Tali fattori possono essere suddivisi in tre classi : 1) fattori geotettonici; 2) fattori meteomarini ed erosivi; 3) fattori antropici. Nella prima categoria sono compresi i caratteri insiti ed acquisiti della roccia quali: 1a) condizioni strutturali e tessiturali (granulometria, rapporti stratigrafici, giacitura degli strati, immersione ed inclinazione degli stessi riferiti al pendio); 1b) condizioni tettoniche p.d. che comprendono tutti gli “accidenti” che si sono succeduti nei diversi tempi geologici. In zona sono costituiti essenzialmente dalla presenza delle superfici di fratturazione caratterizzate da proprie condizioni geometriche (spaziatura, persistenza, orientazione, inclinazione, riempimenti ecc.); 1c) condizioni carsiche legate essenzialmente all’attività espletata dall’acqua che, attaccando i carbonati e trasformandoli in bicarbonati, ha solubilizzato parte dell’ammasso creando cariature diffuse, cavità interstratali ed intrastratali di dimensioni differenti.

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Nella seconda classe sono riportati i fattori meteomarini invece sono legati all’azione del mare; la forza erosiva di altri agenti esogeni (principalmente il vento) hanno contribuito ad indebolire ulteriormente il costone roccioso. L’intervento di questi ha prodotto essenzialmente cavità interstratali ad opera delle escursioni di marea, scalzamento al piede per moto ondoso ed arretramento della parete per disgregazione meccanica. Questa si è sviluppata specie ad opera dei venti dominanti della zona. I condizionamenti antropici sono dovuti esclusivamente alla realizzazione di opere edilizie ed infrastrutturali immediatamente a ridosso della falesia studiata, legati alla presenza di strade, muretti a secco, manufatti edilizi ecc. Tutti i fattori sopra menzionati, con differente peso, hanno contribuito a creare delle condizioni di malessere diffuso dell’ammasso roccioso. 5.2.3. Geostruttura e carsismo. La zona costiera, presenta in affioramento rocce calcaree di età Cretacea, stratificate e fratturate. La direzione prevalente della stratificazione è EW , con immersione di pochi gradi a N -NE. Gli strati hanno dimensioni variabili da pochi centimetri a qualche decimetro e sono evidenziati da interposti livelli di materiale carbonatico. La struttura del banco viene complicata dall’esistenza di almeno due sistemi di fratturazione, subverticali, circa perpendicolari. Uno, il più importante, è quello che si sviluppa grosso modo parallelo alla linea di costa, con direzione N40W, l’altro è invece ortogonale al precedente con sviluppo N50E. Questi subiscono delle divagazioni per quanto riguarda la loro direzione. Su un piano di fratturazione appartenente al sistema principale, si è probabilmente impostata (per dislocazioni passate) la falesia. Le loro condizioni geometriche, spaziatura, persistenza, intensità, hanno determinato la suddivisione della roccia in diedri con dimensioni medie del decimetro cubo. Le condizioni generali dell’ammasso roccioso riflettono e rispondono alla frequenza di tali superfici. In certi punti l’intensità dei piani di fratturazione ne risulta esaltata; il prodotto finale è l’affioramento di zone in cui la roccia si presenta fortemente diaclasata. Le condizioni geostrutturali della roccia sono legate essenzialmente alle condizioni idrogeologiche della zona e alle oscillazioni del livello di base carsico e a quelle del livello marino. Nelle rocce solubili quali risultano quelle carbonatiche, le fenditure sono altrettante vie di attacco da parte delle acque di infiltrazione e da quelle marine di invasione continentale.

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Queste, nel loro percorso, allargano progressivamente le fratture lungo le quali discendono, penetrando in profondità. In alcuni punti oltre alle fenditure allargate è presente anche una cavernosità diffusa con dimensioni delle stesse come elemento variabile e connesso alla resistenza offerta dalla roccia (si passa dai vacuoli alle cariature e quindi a “grotte” l.s.). Le rocce fessurate possiedono una permeabilità in “grande”, dovuta al fatto che, in luogo di una rete estremamente fitta di pori piccolissimi si ha una rete più o meno densa in cui l’acqua circola (nel caso in esame ha circolato) muovendosi con facilità tanto maggiore quanto più larghe sono le fenditure. Queste possono essere classificate come primarie e secondarie, di larghezza così diversa da offrire tutti i passaggi. Si passa da fenditure beanti, o ampliate dalla corrosione, a fenditure capillari in cui l’acqua incontra resistenze analoghe a quelle dei mezzi porosi, fino a giungere, sotto forti pressioni, a fenditure così strettamente richiuse da impedire all’acqua di attraversarle. Tali acque sono convogliate in profondità, in galleggiamento sull’acqua salata di invasione continentale, e sboccano a mare come sorgenti carsiche subacquee. La concentrazione più elevata di tali “polle” di acqua dolce si rinviene in prossimità di Torre Calderino. Molti condotti carsici e/o fratture, almeno per quelle rilevate lungo il costone roccioso studiato, sembrano da tempo isolate dalla vascolarizzazione carsica, però non si può escludere la presenza, all’interno dell’ammasso, di vie carsiche ancora attive. Modesta è nella zona la concentrazione di terra rossa (invero presente in forma abbondante e diffusa nei tratti contermini). La rete carsica fossile presente nella zona d’intervento è però ancora in collegamento con la falda acquifera salata presente, laddove i condotti non risultano intasati da terra rossa e/o da materiale detritico carbonatico. Primaria importanza assume, negli interventi di qualsivoglia opera di consolidamento e/o di contenimento, quello della realizzazione di opere capaci di allontanare dal costone l’arrivo di abbondanti acque meteoriche ruscellanti sulle superfici asfaltate delle strade, e provenienti dalle quote più elevate.

5.2.4. Fattori meteomarini La particolare configurazione di questo tratto della costa fa in modo che ai piedi della falesia, laddove esistente, in diverso grado (collegato anche all’ampiezza della spiaggia ciottolosa), si risenta l’azione del moto ondoso, ed in maniera particolare quella delle mareggiate più intense.

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In queste occasioni l’onda frangente risale la spiaggia ed impatta ai piedi della falesia con energia ancora sufficiente a determinare un indebolimento della stessa. Le onde battono contro la costa, e vengono riflesse. Davanti ad una parete verticale che si immerge in acque profonde, tale riflessione può essere totale. L’onda incidente e l’onda riflessa interferiscono componendosi in un moto oscillante. Solitamente si verifica che le onde, urtando sotto costa si frangono per l’improvviso arresto dei movimenti orbitali di tutte le loro molecole, le quali vengono respinte contro le sopravvenienti. In particolare nella costa alta, rocciosa, l’attacco si svolge in più modi : 1) moto diretto delle onde frangenti e delle lame d’acqua che ricadono, con effetti meccanici poderosi, pressione delle onde sulle rocce, sull’acqua e sull’aria imprigionate nella fenditura e quindi sulle pareti di queste. 2) Azione erosiva della risacca, urti ed azione logorante di materiali caduti o strappati. 3) Azioni concomitanti di dissoluzione e di disfacimento dinamico. L’attacco si svolge verticale con la massima energia nella zona normalmente battuta dalle onde, che si incava formando il “solco del battente”; questo via via si approfondisce finché la roccia scalzata al piede, frana. In un primo tempo i materiali cadono e costituiscono una sorta di scogliera di difesa contro il progredire dell’attacco, ma finiscono per essere spazzati via dai frangenti e dalla risacca. Un nuovo solco del battente si incava ed il processo continua con un maggiore arretramento della linea di costa, anche per l’innalzamento progressivo del livello del mare. Contro questo tipo di erosione è indispensabile la realizzazione di dighe frangiflutti, al largo, che smorzino l’energia del moto ondoso e quindi dei frangenti sottocosta, contribuendo anche ad un sostanziale ripascimento delle zone costiere poste sotto vento. 5.2.5. Fattori minori della disgregazione meccanica della roccia Fra i fattori minori che contribuiscono, in maniera puntuale, alla disgregazione meccanica dell’ammasso roccioso carbonatico, si possono richiamare l’azione esplicata dalle radici e l’effetto della deflazione. L’azione divaricatrice delle radici sulle fenditure aprentesi nella roccia è dovuta al turgore cellulare ed alla pressione osmotica del protoplasma. Tale pressione supera di frequente, nelle piante legnose, valori di 10 - 15 kg/cmq. Valori sensibilmente minori sono da attribuire ad

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essenze cespugliose, che sono quelle più rappresentate nell’area oggetto di studio. Per tale azione non si deve comunque esaltarne l’importanza, poiché si limita all’allargamento di fratture preesistenti. L’allontanamento di tali specie ne elimina l’azione nel tempo. Ben altro è l’effetto generale della deflazione che comporta la denudazione. La conseguenza è l’ininterrotto procedere dell’attacco da parte degli agenti degradatori contro le rocce affioranti. Agendo in ogni direzione il vento non solo contribuisce a svuotare le nicchie di disfacimento, asportandone i residui dell’alterazione, ma si insinua tra le rocce, nelle fenditure, tra i blocchi, asportandone le particelle. Alla corrasione eolica non si può porre rimedio, ricordando però che i suoi effetti sono secondari rispetto a quelli sopra menzionati.

5.2.6. Morfogenetica del tratto costiero La morfogenesi costiera è strettamente dipendente dai caratteri geologici, strutturali e geomeccanici della roccia. Fortemente condizionanti sono la giacitura degli strati, la fratturazione, la presenza di dislocazioni, il profilo costiero, l’altezza della falesia (ove presente), l’orientazione della linea di costa rispetto al moto ondoso, l’esposizione in funzione della direzione dei venti, la batimetria ecc. A questi si aggiunge l’azione marina sia sotto forma di energia del moto ondoso e sia quella dovuta alle correnti subacquee condizionate dal regime dei venti. Meno importanti, ma non trascurabili, risultano le azioni continentali (precipitazioni, escursioni termiche, ecc.) che preparano la roccia alla successiva aggressione marina, contribuendo in tal modo alla sua demolizione. Tale fenomeno si sviluppa di preferenza laddove esistono particolari situazioni strutturali; nel caso specifico laddove la roccia , coerente, mostra superfici di discontinuità preesistenti, molto profonde, oppure laddove è presente un notevole infittimento delle discontinuità, variamente intersecantesi, delimitanti blocchi rocciosi di differente dimensioni. Per quanto riguarda il fenomeno dell’arretramento di cui sono riconoscibili i segni e le modalità di attuazione, il bilancio complessivo delle osservazioni svolte porta a concludere che tutto il tratto esaminato è in arretramento, ma esso risulta particolarmente intenso e rapido solo in alcuni tratti (cale), piuttosto che in altri (promontori). Nei tratti in forte arretramento si concentrano tutti quegli elementi che individuano una concentrazione di “debolezza” in genere, in cui il processo si manifesta mediante crolli di vario tipo. Nelle zone studiate è possibile osservare diversi stadi di arretramento:

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- fase di intensa fratturazione; - allargamento ed approfondimento del sistema di fratture con graduale

allontanamento dei bordi; - distacco parziale dei blocchi; - caduta dei blocchi che si depositano al piede della falesia e/o della costa terrazzata

e che in parte vengono rimossi in occasione delle forti mareggiate.

5.2.7. Variazioni del livello mare Il livello del mare si sta progressivamente innalzando, con forti variazioni di anno in anno e sul quale interviene la pressione atmosferica ed in misura minore la marea. Grazie ai dati forniti dal mareografo di Trieste (fig. 20), è possibile affermare che, seppur con fluttuazioni di circa 22 anni, è in atto una netta risalita del livello del mare, pari a circa 13.36 cm. in 100 anni.

Anche la batimetria costiera con lo studio della diffrazione e della rifrazione dei treni d’onda servono alla progettazione di qualsiasi opera marittima. 5.2.8 Classificazione tipologica La classificazione tipologica dei diversi tipi di costa insistenti nel territorio molfettese è stata eseguita secondo quanto indicato dal Piano di Utilizzo delle Coste (P.U.C.) Regionale. Criteri di Pianificazione dell’uso del Demanio Marittimo con finalità Turistico – Ricreative (Delibera di G.R. 23.12.1998 n. 4247, Delibera di G.R. 21.9.1999 n. 1326 e L.R. 4.8.1999 n. 25). Premesso che il passaggio da un tipo di costa ad un altro, nell’ambito territoriale studiato, non è mai netto e improvviso ma avviene in maniera graduale, atteso che la costa analizzata non presenta caratteri distintivi tipologici ben precisi, sono state individuate le seguenti tipologie:

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- Tipo 1 – Coste alte a versante; - Tipo 2 – Coste alte a terrazzo; - Tipo 3 – Coste a fasce litoranee strette

3.1 Coste a piede nudo; 3.2 Costa rocciosa a piede coperto;

- Tipo 4 – Coste basse di pianura; 4.1 Cale con estensione oltre i 150m; 4.2 Cale con estensione sino a 150 m; 4.3 Spiagge con sedime di passaggio a ciottoli.

5.2.9. Descrizione ambiti litoranei omogenei Per comodità operativa il territorio studiato è stato suddiviso geograficamente in due zone :costa di levante e costa di ponente, separate, nella parte centrale, dall’agglomerato urbano. Il tutto viene rappresentato nelle figg. 21a e 21b. In queste la costa viene suddivisa per tipologia ed inoltre si riportano i punti di scatto delle foto.

fig. 21a

fig. 21b

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5.2.9.1 Zona di levante

Da Limite Amministrativo a 1. Costa tipo 2. Area che si sviluppa dal confine amministrativo del Comune di Giovinazzo. Area caratterizzata dall’alternanza di strati e banchi a giacitura suborizzontale. Lo spessore degli strati è un elemento variabile (foto n. 10). Più potenti nella parte alta della serie calcarea affiorante. Presenza di fratture subverticali. Foto n.10.

Foto n. 11.

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Foto n. 12a: Cavità di interstrato sono presenti al piede del 1° terrazzo. Man mano che si procede verso ovest i terrazzi divengono più ampi e più profonda si presenta la battigia. Meno importanti sono i salti di pendenza. In prossimità di torre Gavetone è ben visibile il solco di battigia operato dall’azione erosiva del mare. In tale tratto gli strati calcarei risultano leggermente piegati. Presenza sulla spiaggia di qualche blocco crollato dalle porzioni retrostanti. Nella parte più elevata, che comprende anche la torre, è presente un’ampia spianata di abrasione. Una faglia di modeste dimensioni è individuabile nella porzione antistante Torre Gavetone dove si osserva materiale diaclasato e fratturato. In tale area gli strati presentano una leggera immersione verso mare. Quindi si presenta una “lingua rocciosa” (fig. 12b) che si protende verso mare, con una cavità che si apre alla base, formata per effetto dell’azione erosiva del moto ondoso.

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Foto n. 12b. In tale tratto sono evidenti modesti accumuli di terra rossa occludenti superfici di fratturazione subverticali. Gradualmente si riduce l’altezza della parete rocciosa.

1 – 2. Costa tipo 3.2 Zona che si estende fino alla Terza Cala (foto n.13).

Foto n. 13

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Passaggio graduale dalla costa a terrazzo a costa a fascia litoranea stretta a “piede coperto” (foto n. 14).

Foto n. 14 Contemporaneamente si osserva una riduzione della spiaggia p.d. I blocchi costituenti la spiaggia sono di natura calcarea e caratterizzati da dimensioni differenti. Questi sono sia il prodotto di disfacimento degli affioramenti insistenti sulla spiaggia che materiale ivi scaricato in epoca storica. Man mano che si procede in direzione ovest la costa si immerge nell’entroterra, assumendo la configurazione di una modesta insenatura. 2 – 3. Costa Tipo 4.2 Zona della Terza Cala (foto n. 15) Foto n. 15.

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Costa bassa di pianura (foto n. 16). Foto n. 16.

Mare dotato di scarsa profondità. Zona che rappresenta lo sbocco della “Lama Reddito” che si sviluppa a monte da quote di circa + 50.00 m. s.l.m. al limite amministrativo tra il territorio comunale di Molfetta e quello di Giovinazzo. Il ponte sottostante la SS16 è costituito da archi atti a favorire il rapido smaltimento delle acque meteoriche ivi corrivanti in concomitanza di precipitazioni particolarmente intense. Il mare è vicinissimo a tale struttura e durante forti mareggiate la raggiunge e supera. 3 – 4. Costa Tipo 3.1 Passaggio da coste basse di pianura a coste con fasce litoranee strette, di relativa estensione e con profilo regolare. La costa rocciosa è a piede nudo (foto n. 17).

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Foto n. 17. Qualche blocco si rinviene solo a livello mare. Presenza di piccoli “vuoti” interstratali. La direzione degli strati calcarei è N40W, mentre l’immersione è di qualche grado verso NE. I piani di fratturazione hanno direzione NS e N70E, entrambi subverticali. 4 – 5. Costa Tipo 3.2 Passaggio netto tra le due sottozone per la presenza di blocchi che caratterizzano la costa rocciosa a piede coperto (foto n. 17 precedente). Larghezza della battigia estremamente ridotta. 5 - 6. Costa Tipo 3.1 Area fortemente antropizzato e trasformata per la presenza dello stabilimento balneare “Alga Marina”. La cementificazione subita maschera la reale configurazione costiera.

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Foto n. 18. 6 - 7. Costa Tipo 2. Al passaggio tra l’Alga Marina e la 2^ Cala si passa ad una costa alta a terrazzo con dislivello veramente modesto (foto n. 19).

Foto n. 19.

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7 - 8. Costa Tipo 4.2 Rimessaggio Squeo (foto n. 19). Presenza di blocchi sulla linea di spiaggia interrotto dalla zona occupata da “Marina Piccola”. Presenza di materiale discaricato sulla spiaggia. Rappresenta la zona di confluenza a mare di un’altra lama. 8 - 9. Costa Tipo 2 Marina Piccola (foto n. 20). Direzione della stratificazione sempre secondo N60W ma con immersione contraria verso SW, probabilmente imputabile a modesti accidenti tettonici che si sono verificati nel passato. Presenza di cavità al piede della parete rocciosa.

Foto n. 20 9 – 10. Costa Tipo 4.2 Si ritorna alla configurazione di cala (foto n. 20). Zona che si trova in corrispondenza di una piccola lama che attraversa la zona di “C.da Schiffo”. Presenza della sede viaria della ex SS 16, immediatamente a ridosso della battigia.

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10 – 11. Costa Tipo 3.1 Zona di Lido Belvedere (foto n. 21). Costa a piede nudo. Anche in tale area la cementificazione maschera, in parte, la reale conformazione della spiaggia. La direzione della stratificazione è secondo N70W ed immersione di pochi gradi a NE.

Foto n. 21. 11 – 12. Costa Tipo 3.2 Piccolo tratto di costa con piede coperto, intercluso tra due zone analoghe (foto n. 22). Foto n. 22: alternanza di costa a piede nudo e a piede coperto.

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12 – 13. Costa Tipo 3.1 La costa riprende la conformazione a piede nudo (foto n. 22). 13 – 14. Costa Tipo 2 Passaggio a costa alta a terrazzo, man mano che si procede verso la prima cala (foto n. 23). Alternanza monotona di strati e banchi calcarei. Per alcuni tratti si osserva l’assenza di spiaggia, con presenza, alla base, del solco di battigia.

Foto n. 23 14 – 15. Costa Tipo 3.2 Piccola fascia di costa a piede coperto con ciottoli calcarei (foto n. 24).

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Foto n. 24 15 – 16. Costa Tipo 2 Passaggio a coste alte a terrazzo (foto n. 25).

Foto n. 25

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16 – 17. Costa Tipo 1 Zona antistante IPSIAM Presenza di grotte carsiche alla base del costone roccioso formate ad opera dell’azione marina combinata (moto ondoso e correnti). Zone in aggetto prospiciente il mare (foto n. 25). 17 – 18. Costa Tipo 3.1 Coste a piede nudo (foto n. 26).

Foto n. 26 18 – 19. Costa Tipo 4.1 Prima cala Zona di sbocco della lama Martina. Spiaggia ampia costituita quasi essenzialmente da ciottoli di natura calcarea. Nella zona adiacente lo stadio comunale si rinviene un cumulo di materiale di riporto misto a terreno vegetale, ivi conferito in epoche storiche.

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Foto n. 27 19 – 20. Costa Tipo 3.1 Zona colonia (foto n. 28). Costa bassa a piede nudo. Affioramento della faccia di strato della roccia calcarea.

Foto n. 28

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20 – 21. Costa Tipo 4.3 Zona retrostante il Campo Sportivo (foto n.29). Spiaggia larga costituita da ciottoli calcarei.

Foto n. 29

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21 – 22. Costa Tipo 3.1 Lungomare Colonna (foto n. 30). In questo tratto non sono presenti fenomeni macroscopici di arretramento della costa mente esistono fenomeni di erosione alla base delle opere esposte all’azione del moto ondoso. In tale zona esistono blocchi frangiflutti atti allo smorzamento dell’energia del moto ondoso, che ad oggi risultano di fatto insufficienti ed inadeguati. Questi mascherano la reale morfologia del tratto costiero.

Foto n. 30

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5.2.9.2 Costa di Ponente 23 – 24. Costa Tipo 3.1 Madonna dei Martiri (foto n. 31).

Foto n. 31 Piccole zone scoperte in un ampio tratto costituito da piede coperto della costa rocciosa. Essenzialmente la costituzione del materiale che ricopre la costa è di natura calcareo ma non mancano materiali di altra origine. Sono quasi essenzialmente materiali di risulta, anche se parzialmente modellati per effetto del moto ondoso. Presenza notevole anche di rifiuti. Tale zona presenta una notevole estensione ed attraverso l’alternanza di piccole insenature e promontori (Tiro a Segno) termina in prossimità della Cala san Giacomo. La stratificazione è fittissima. Modesti accumuli sabbiosi si rinvengono sulla spiaggia p.d. Si tratta di sabbie calcaree e sono il prodotto del disfacimento di blocchi e ciottoli calcarei.

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24 – 25. Costa Tipo 4.1 Cala S. Giacomo (foto n. 32). Zona di sbocco della lama Marcinase. Spiaggia costituita da ciottoli e da materiale sabbioso qui fluitati dalla lama in concomitanza di precipitazioni intense.

Foto n. 32

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25 – 26. Costa Tipo 3.2 Spiaggia con piede coperto (foto n. 33). Sulla battigia presenti blocchi disarticolati ed allontanati dal banco calcareo. Sono ciclicamente emergenti e sommergenti per effetto delle maree.

Foto n. 33

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26 – 27. Costa Tipo 2 Costa alta a terrazzo, degradante verso mare (foto n. 34). Piccola stradina sulla porzione sommitale e a ridosso esiste un muretto a secco.

Foto n. 34 27 – 28. Costa Tipo 3.2 Zona in cui è di difficile lettura la vecchia stradina di accesso, che corre parallelamente alla linea di riva. Sulla spiaggia si rinviene pezzame calcareo caotico, che ricopre, in parte, la battigia. La spiaggia in prossimità del mare è scoperta. Presente anche un piccolo manufatto realizzato in conci tufacei in evidente stato di degrado ed abbandono (foto n.35).

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Foto n. 35 28 – 29. Costa Tipo 4.3 Piccola cala forse foce di una piccola lama (foto n. 36). Lembi sabbiosi sono evidenti sulla riva. Immediatamente a ridosso esiste un muretto a secco, prerogativa questa di quasi tutta la spiaggia di ponente della costa molfettese.

Foto n. 36

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29 – 30. Costa Tipo 3.2 Materiali assortiti osservabili sulla battigia che il mare non ha ancora avuto modo di rielaborare (foto n. 37).

Foto n. 37 30 – 31. Costa Tipo 4.3 Piccola cala con ciottoli (foto n. 38). Presenti materiali di risulta e rifiuti di ogni genere.

Foto n. 38

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31 – 32. Costa Tipo 3.2 Costa con piede coperto (parte di sx della foto n. 38). 32 – 33. Costa Tipo 4.3 Nuovamente una cala di modeste dimensioni con ciottoli ben arrotondati di dimensioni diversificate (foto n. 39). Scarico delle acque reflue dell’impianto di depurazione del Comune di Molfetta.

Foto n. 39 33 – 34. Costa Tipo 3.2 Materiali discaricati sulla spiaggia. Presenza di blocchi cementizi a difesa della strada. Qualcuno di questi è già finito a mare (foto n. 40).

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Foto n. 40 34 – 35. Costa Tipo 4.2 Pregevole cala con ciottoli a ridosso dello scarico delle acque reflue degli impianti di depurazione dei Comuni di Terlizzi e Ruvo di Puglia (foto n. 41). All’atto dei sopralluoghi effettuati la portata risultava modestissima.

Foto n. 41

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35 – 36. Costa Tipo 2 Zona di Torre Calderino (foto n. 42). Scarico a ridosso della torre. Presenza sulla spiaggia di blocchi franati dalle porzioni retrostanti. Larghezza ridotta della battigia.

Foto n. 42 36 – 37. Costa Tipo 4.3 Piccola spiaggia con ciottoli (foto n. 43).

Foto n. 43

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37 – 38. Costa Tipo 3.2 Costa con piede coperto (foto n. 44)

Foto n. 44 38 – 39. Costa Tipo 4.3 Piccola spiaggia con ciottoli (foto n. 45).

Foto n. 45

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5.2.10. Rilievo geostrutturale 5.2.10.1. Orientazione dei sistemi di fratturazione L’allineamento e l’asse delle discontinuità assecondano la direzione di deflusso delle acque di precipitazione e facilitano il decadimento delle caratteristiche di resistenza della roccia secondo linee preferenziali che provocano quindi il distacco di masse rocciose dalla retrostante parete stabile ed il conseguente crollo per richiamo gravitativo. Nel sito sono state effettuate numerose misurazioni sulle direzioni preferenziali dei sistemi di fratturazione; le postazioni sono indicate nelle fig. 22 che segue. I sistemi più importanti sembrerebbero quelli secondo N10W e N80W. Divagazioni rispetto a queste direzioni sono osservabili un po’ in tutta l’area.

fig. 22 5.2.10.2 Superfici di stratificazione Anche per la direzione delle superfici di stratificazione sono state effettuate delle misurazioni. L’andamento generale è secondo N40W, circa parallela alla linea di costa, con immersione a NE di pochi gradi (quasi mai si raggiungono i 10°). L’impostazione e la direzione principale delle superfici di fratturazione non è affatto casuale ma ha seguito quella della direzione della stratificazione. 5.2.10.3. Diagrammi Le misurazioni geostrutturali effettuate in campagna e riferite sia alla stratificazione che alla fratturazione, sono state elaborate e riportate nel diagramma equiareale polare di Schmidt ed in quello equiangolare di Wulff. I rispettivi dati sono riportati nelle tabelle 11 e 12 e nelle figg. 23, 24 e 25.

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In particolare nel diagramma di Schmidt i piani di discontinuità sono rappresentati attraverso i loro poli (intersezione perpendicolare del piano con la sfera). Tale rappresentazione stereografica, essendo equiareale, e quindi rispettando il valore tra le aree proiettate, consente di effettuare un’analisi statistica della distribuzione dei poli. Dall’esame del diagramma si rileva come i poli delle superfici di stratificazione siano addensati nella parte centrale (a motivo della bassa inclinazione degli strati) e posizionati nel 2° quadrante, quello di NE. E’ chiaro che parlando dei poli, il riferimento del diagramma è posto all’immersione degli strati. Quindi la loro direzione è essenzialmente N40 - 50W. Differente è il discorso dei poli dei piani di fratturazione. Questi sono essenzialmente addensati sulla circonferenza poiché sono subverticali. Gli addensamenti maggiori si rilevano nei settori NE e NW. Le stesse considerazioni possono essere estrapolate dall’analisi del reticolo di Wulff dove vengono visualizzate le immersioni dei giunti di stratificazione e di quelli di fratturazione. L’andamento generale della costa è N40W.

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tab. 11:

giacitur

e dell

e discontinuit

à meccaniche misurate in campagna Legenda

s = piani di strato k = frattura principale j = frattura secondaria Giacitura del fronte del versante: immersione (°) : 230° inclinazione (°) : 90°

tipo immersione (°) inclinazione (°) tipo immersione (°) inclinazione (°) s 230 3 k 125 90 s 210 5 k 125 85 s 270 2 k 240 90 s 270 5 k 220 85 s 210 6 j 130 s 210 5 j 250 s 210 3 j 270 s 210 5 j 180 s 225 5 j 130 k 230 90 j 130 k 180 85 j 140 k 180 90 j 140 k 270 90 j 140 k 244 84 j 118 k 250 85 j 252 k 220 90 j 145 k 220 90 j 215 k 235 85 j 215 k 225 90 j 215 k 193 85 j 208 k 220 90 j 160 k 125 85 j 130 k 125 90

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Famiglia immersione (°) inclinazione (°) s 45 4 k 45 85 k 305 90 j 45 90 j 315 85 tab. 12: principali famiglie di discontinuità meccanica

Legenda s = piani di strato k = frattura principale j = frattura secondaria

Giacitura del fronte del versante: immersione (°) : 50° inclinazione (°) : 85°

cono d’attrito(°) : 35°

5.2.10.4 Considerazioni geostrutturali. Vengono qui nel seguito descritte alcune considerazioni effettuate nella zona in cui è presente la costa alta a falesia, che è quella che risulta potenzialmente la più vulnerabile. Nella tab. 13 si indicano le altezze della costa rilevate, mentre nella tab. 14 vengono elencate una serie di analisi condotte sulle stesse. Infine nella tab. 15 si riportano i rilievi effettuati circa le condizioni geostrutturali dei principali piani di fratturazione rilevati.

Punto di osservazione Altezze (m) 3 2.7 4 2.5 – 3 10 2.5 11 3 – 3.5 12 3 – 3.5 15 2.5 – 3.0 16 3.0

tab. 13 : coste alte a falesia

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Punto di osserv. Tipo di arretramento Osservazioni 2 Crolli, crolli delle volte

delle grotte, toppling Numerosi blocchi di grandi dimensioni si sono riversati in mare. Presenza di pareti verticali.

3 Crolli Superfici di taglio fresche segno di recenti fenomeni di crollo

4 Crolli, crolli delle volte delle grotte, toppling

Presenza di un’enorme frattura che ha creato, allargandosi, un’incisione; numerosi blocchi e grotte al piede della falesia.

5 Crolli Numerosi blocchi al piede della costa bassa 6 Crolli, toppling Presenza di un blocco roccioso staccatosi per

ribaltamento o toppling. 10 Crolli Blocchi sparsi ai piedi della falesia. 11 Crolli, crolli delle volte

delle grotte Erosione selettiva intensa alla base ed al tetto della falesia; strati molto fratturati.

12 Crolli, crolli delle volte delle grotte, toppling

Presenza di numerosi blocchi e ciottoli al piede della falesia che è molto articolata con numerose rientranze e piccole “geo”; intenso allargamento delle fratture per l’azione del mare; l’erosione selettiva è intensa.

15 Crolli, crolli delle volte delle grotte, toppling

Nicchia di distacco recente con alla base grossi e numerosi blocchi.

16 Crolli, crolli delle volte delle grotte, toppling

Grossi blocchi e presenza di fratture beanti; evidenti processi di ribaltamento.

tab. 14: arretramenti.

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Punto di osservaz.

Direzione set

maggiori

Assetto Orientamento rispetto alla linea di riva

Apertura Spaziatura Frequenza Tipo di riempimento

2 N10W N30E

A reticolo Obliquo e normale

Congiunti e disgiunti fino a

4 cm

In media 10 cm

Elevata Terroso

3 N20W A reticolo ed irregolare

Parallelo e normale

Congiunti e disgiunti fino a

5 cm

In media 30 cm

Media Terroso

4 N10W N85W

A reticolo e a losanga

0bliquo, normale e parallelo

Congiunti e disgiunti fino a

6 cm

In media 12 cm

Elevata Terra rossa e sabbia

5 N20W EW

A reticolo ed irregolare

Obliquo Congiunti e disgiunti fino a

10 cm

In media 10 cm

Elevata ---

6 N20E N85W

A reticolo ed irregolare

Obliquo Congiunti e disgiunti fino a

5cm

In media 7 cm

Elevata terroso

9 N10W N80W

A reticolo, a losanga ed irregolare

Parallelo ed obliquo

Congiunti e disgiunti fino a

4 cm

In media 10 cm

Elevata ---

10 N20W N50E

A reticolo Obliquo, parallelo e normale

Congiunti e disgiunti fino a

5 cm

In media 30 cm

media ---

11 N40E A reticolo Obliquo Congiunti e disgiunti fino a

5 cm

In media 12 cm

Elevata ---

12 N60W N30E

A reticolo Obliquo e normale

Congiunti e disgiunti fino a

4 cm

In media 10 cm

Elevata terroso

15 N10E N60W

A reticolo Parallelo e normale

Congiunti e disgiunti fino a

4 cm

In media 25 cm

Media terroso

16 N40E N80W

A reticolo e a losanga

Parallelo e normale

Congiunti e disgiunti fino a

10 cm

In media 30 cm

Media terroso

Tab. 15 : fratture 5.2.11. Evoluzione di potenziali fenomeni di dissesto. Gli elementi tettonici quali fratture, faglie, pieghe, giacitura ed inclinazione degli strati costituiscono la premessa fondamentale della genesi e della evoluzione delle forme carsiche. Le fratture, oltre a consentire alla roccia affiorante di offrire alle acque chimicamente attive ed alle acque marine ricche in sali una superficie totale di contatto di gran lunga più ampia, portano la dissoluzione all’interno della massa calcarea, condizionando così la distribuzione e la direzione di maggiore sviluppo delle cavità carsiche (anche di quelle ipogee). Oggi non esistono i

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presupposti per la continuazione del fenomeno di vascolarizzazione carsico, però tale fenomenologia di attacco alla roccia viene perpetrato dalle acque di precipitazione ed in misura preponderante dall’azione erosiva del mare. L’allargamento selettivo delle fratture, operato in talune aree è tra l’altro accentuato dal fatto che le precipitazioni, oltre che ad essere ripartite nel corso dell’anno, sono piuttosto scarse (eccezion fatta per gli eventi meteorici di notevole entità che si verificano di rado) e, consequenzialmente, la quantità di acqua che si infiltra è tale da non essere sufficiente a riempire tutte le fratture presenti nella roccia. La circolazione idrica si esplica a favore di quelle fratture la cui apertura ed orientazione, rispetto alla direzione di deflusso delle acque, consentono un maggiore drenaggio. E’ in questi punti che l’ammasso roccioso si presenta più debole e laddove insistono altri fattori erosivi si possono verificare cedimenti e crolli delle parti sommitali. Inoltre, a parità di condizioni, il reticolo di fessure presenti in un calcare stratificato è in stretta relazione con lo spessore degli strati. Di norma, mentre gli strati meno spessi risultano interessati da un fitto reticolo di fessure più o meno sottili, quelli dotati di maggiore spessore hanno per contro fratture meno numerose ma più aperte. Non solo. Il potere erosivo delle acque marine ha favorito l’allontanamento del materiale di interstrato. Ne consegue che anche l’aggressione alla roccia calcarea da parte degli agenti erosivi è diversificata. Negli strati sottili e molto fratturati, che consentono un’infiltrazione ed un drenaggio in forma estremamente diffusa e che offrono all’acqua una vasta superficie di attacco, l’effetto della dissoluzione è quello della disgregazione della roccia in un gran numero di frammenti a spigoli più o meno smussati. Nei calcari dotati di strati a spessore maggiore si vengono a creare dei “centri” di attività con la formazione di cavità ben definite. E’ questo uno degli effetti che ha prodotto, in alcune zone, le cavità al piede della parete. Chiaramente unitamente a tale effetto erosivo vanno considerati altri fattori quali ad esempio quello della direzione ed immersione degli strati, esposizione della parete rocciosa, larghezza della linea di spiaggia ecc. 5.2.12. Geomeccanica dell’ammasso roccioso. Nelle aree sede di fenomeni erosivi di tipo carsico, i problemi nascono dalla difficile determinazione sia della disposizione, sia della forma e dimensioni di eventuali cavità presenti al di sotto del piano di posa delle fondazioni.

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La continuità laterale e verticale della roccia non è comunque quasi mai verificata né regolare, per la presenza di zone a luoghi più allentate e fratturate che, talvolta, potrebbero reagire in modo difforme sotto l’aspetto geostatico. Il confronto tra lo stato di fratturazione e lo sviluppo della rete carsica porta ad una caratterizzazione della roccia in sito che può essere ascritta al GRADO III (“Valutazione geologico-tecnica degli ammassi rocciosi carsificati”; F. ZEZZA, 1976). Cioè si tratta di ammasso mediamente carsificato. E’ una roccia che “presenta cavità diffuse collegate ai processi di erosione e di dissoluzione carsica”. Nel complesso l’ammasso è da ritenersi “discreto”. Per questo tipo di roccia l’indice di qualità della roccia (RQD) varia dal 50 al 75%. Tenendo conto delle incertezze relative alla conoscenza precisa e puntuale del sottosuolo è necessario prevedere la possibilità di impiegare opportuni interventi che possono avere come obiettivo, o il miglioramento delle caratteristiche meccaniche della porzione di terreno all’interno della quale gli incrementi delle sollecitazioni. 5.2.13. Problematiche connesse con gli affioramenti calcarei Gli affioramenti calcarei mostrano intercalazioni di terre rosse quale riempimento di giunti di strato e superfici di fratturazione. In alcuni casi tale materiale è stato eroso ed allontanato per effetto del moto ondoso. I caratteri strutturali delle formazioni rocciose superficiali in prossimità della superficie topografica riassumono molti effetti della loro storia postdeposizionale. In particolare le cause di tale specifico comportamento possono ricondursi ai seguenti aspetti:

- estrinsecazione dei fenomeni di rilassamento tensionale sia nei giunti di strato e di fessurazione che nei relativi materiali di riempimento;

- distorsioni e microfratturazioni indotte nella matrice rocciosa delle variazioni termiche e di contenuto di acqua;

- aggressione chimica da parte dei sali e dalle acque di precipitazione; carsismo; - azioni morfogenetiche esogene sia naturali che antropiche.

Sovrapponendosi ed agendo sui caratteri macrostrutturali, tessiturali e microstrutturali degli ammassi rocciosi, tali azioni esaltano proprietà marcatamente anisotrope, quali la permeabilità e

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la deformabilità, accelerando ulteriormente i processi alterativi e di disgregazione ed in modo particolare l’evoluzione delle fenomenologie carsiche superficiali. I caratteri macrostrutturali della roccia, in quest’area, sono generalmente definiti da una stratificazione regolare, con spaziatura variabile da qualche frazione di centimetro al metro, stratificazione orizzontale o blandamente inclinata verso mare per la presenza di dislocazioni di modesta entità, andamento a monoclinale ad ampio raggio; fratturazione secondo famiglie regolari. 5.2.14. Stabilità del fronte roccioso Come già detto in precedenza, si tratta di costa rocciosa con modesta altimetria. Per il calcolo dell’altezza critica della parete rocciosa costituita da calcari possono essere considerati i seguenti parametri fisico-meccanici : c = 30.0 t/ mq; φ = 35°; γ = 2.4 t/mc. Il valore della coesione assegnata è veramente riduttivo per tali rocce, ma opportunamente scelto, al fine della conduzione del calcolo a favore della sicurezza. Per un certo valore di c, l’altezza Hc critica di una parete rocciosa è data da:

Hc = Ns x c

γ

con Ns, detto fattore di stabilità, è un numero puro e dipende da Q (angolo del pendio). Con φ = 90° e φ = 25° (riduttivo rispetto alla realtà, a favore della sicurezza) si ha Ns = 6 per cui Hc = 75.0 ml. valore certamente superiore alla situazione reale. E’ chiaro che il valore dell’altezza critica viene calcolato in assenza di forze e/o fattori erosivi l.s. destabilizzanti. Nella situazione reale bisogna tener conto dell’esistenza di superfici di fratturazione parallele al pendio (condizione più sfavorevole) che favoriscono il distacco di volumi rocciosi dal fronte.

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5.2.15. Stato attuale della costa molfettese Tutta la costa è caratterizzata dalla presenza di opere ed infrastrutture poste immediatamente a ridosso della stessa. In generale sono presenti insediamenti turistici (stabilimenti balneari), residenziali e strade (statale e vicinali) che, di fatto, delimitano la fascia costiera. La strada vicinale, per alcuni tratti, risulta asfaltata, in altre zone è sterrata. La non manutenzione della stessa, unitamente all’azione marina la rendono, in alcune zone, non praticabile in sicurezza. L’arretramento costiero continuo (si pensi che nei prossimi dieci anni è previsto un innalzamento del livello del mare di poco al di sotto del metro) ha, in talune aree, raggiunto tale opera, aggredendola alla base. Specie in corrispondenza di Torre Calderino è ben visibile questa azione incisiva operata dal mare; parte dell’asfalto, come del resto la stradina è aggettante rispetto alla parte sottostante e costituisce un potenziale rischio per l’incolumità delle persone. Scarichi di acque reflue sono presenti nella costa di ponente in prossimità di Torre Calderino e sono quelli dell’impianto di depurazione del Comune di Molfetta (Ba) e quelli degli impianti di depurazione dei Comuni di Terlizzi – Ruvo di Puglia (Ba). Per l’emissario proveniente dall’impianto di depurazione del Comune di Molfetta è stato predisposto un progetto (POR 2000 – 2006) che ne prevede l’allontanamento dalla linea di costa e la sua traslazione verso l’entroterra; mentre per quello proveniente dai Comuni di Terlizzi - Ruvo di Puglia si sta provvedendo, per ampi tratti alla realizzazione di una condotta. Lo scorrimento avveniva prima in un canale a cielo aperto. E’ importante prima di tutto la valutazione biologica ed economica degli effetti che provocano le immissioni di tali “acque” in mare. Sarebbe auspicabile che tali immissioni siano trasferite più a largo attraverso la realizzazione di una condotta sottomarina che vada ad intercettare le correnti sottomarine, in grado di “diluire” tali afflussi ed abbattere sostanze ed elementi non graditi. L’intervento o gli interventi da realizzare sulla costa devono necessariamente essere diversificati, prendendo le due aree separate e denominate costa di levante e costa di ponente. Mentre per la prima area si tratta essenzialmente di interventi puntuali e localizzati, per la zona di ponente occorre intervenire in modo “pesante” e concreto. Il primo intervento prioritario in tale zona è costituito dalla rimozione dell’elemento “inquinante” che rende la maggior parte della zona “non balneabile”. In tal modo è opinabile la realizzazione di una condotta sottomarina. In seconda analisi si dovrebbe traslare l’attuale posizione della strada, laddove non esistono manufatti, e realizzarla più verso l’entroterra (almeno 10.00 ml) in modo tale da permettere l’ampliamento della spiaggia, altrimenti veramente assai ridotta.

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Quindi sui due tratti bisognerebbe intervenire con una serie di interventi che qui nel seguito vengono riportati e descritti.

5.2.16 Considerazioni conclusive sulla costa I danni osservati sul litorale studiato sono certamente stati aggravati da una molteplicità di “cattive” pratiche antropiche (realizzazione di manufatti ed opere infrastrutturali) che certamente esistono e che nel prossimo futuro devono essere inibite, ma deve essere chiaro che anche la loro eventuale totale eliminazione non risolve il problema dell’equilibrio tra controllo dell’erosione nell’entroterra ed apporto di materiale sulle spiagge che è e rimane un problema strutturale della gestione del territorio nell’attuale modello di sviluppo. A questo si deve aggiungere la mancanza di “manutenzione” ed opere atte alla salvaguardia ed alla preservazione della costa, specie nella zona di ponente. Rimane oramai la convinzione generalizzata che dal punto di vista strettamente legato alla difesa delle coste, le strutture di difesa “morbida” costituiscono una delle soluzioni più idonee sia per l’efficacia (dissipazione diffusa dell’energia), sia sotto l’aspetto funzionale (contenuta compromissione dei litorali sottoflusso), sia sotto l’aspetto ambientale (ricostituzione habitat preesistente). La maggiore e forse unica controindicazione è rappresentato dalle grandi quantità di materiali (incremento del traffico veicolare pesante) e dalla loro manutenzione, atteso che il loro costo (materiale di risulta di cava) è estremamente ridotto. Le azioni per ridurre gli aspetti quantitativi in termini globali, possono essere così inquadrate: a. verifica qualitativa e quantitativa dei litorali in erosione con individuazione puntuale di

eventuali cause in qualche modo rimovibili, sulla base di valutazioni costi – benefici; b. analisi dell’insieme dei litorali di cui si è avuto modo di appurare un fenomeno di

arretramento dovuto a cause strutturali e non rimovibili nel medio termine, al fine di selezionare i tratti di costa da lasciare erodere, secondo una classificazione articolata su diversi gradi e livelli di difesa; i criteri di scelta possono essere legati alla salvaguardia di infrastrutture strategiche o di elevato valore sociale (difesa a tutti i costi), alla salvaguardia di attività turistico – ricreative esistenti (difesa con partecipazione del privato) o alla salvaguardia di presenze minori o attività turistico – ricreative programmate (difesa con prevalente contributo privato);

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c. scelta, in relazione al grado ed al pregio della costa da difendere, della granulometria del materiale di ripascimento.

Con l’applicazione sistematica di tali azioni, è possibile raggiungere notevoli riduzioni delle quantità di materiale per il ripascimento. Un ultimo aspetto da considerare nell’ambito di una pianificazione della difesa della costa è un più esteso coinvolgimento finanziario di tutti i soggetti pubblici e privati interessati per affrontare gli oneri di costruzione, manutenzione e prevenzione. Per una realistica capacità di intervento su tutto il litorale, è opportuno inoltre estendere la compartecipazione dei privati anche agli oneri di manutenzione. Si delinea una situazione nuova che attribuisce ai comuni la responsabilità principale della manutenzione dei litorali e presuppone, ove siano presenti concessionari, che il Comune stesso provveda a calibrare una quota di partecipazione agli oneri a carico degli stessi con un coinvolgimento di tipo diretto ed una co-responsabilizzazione di questi ultimi nella difesa del litorale. Per la protezione dei litorali con particolari fattori di pregio naturali e paesaggistici, occorre inoltre attivare tutti i canali di finanziamento previsti nel settore specifico dalla Unione Europea, avviando le idonee procedure in merito. Occorre, però, per assicurare un effettivo sbocco a queste iniziative, una modifica profonda degli strumenti finanziari della UE che oggi non sembrano in grado di concorrere in modo adeguato alla salvaguardia del grande patrimonio ambientale costituito dalle spiagge italiane. Dall’analisi geostrutturale del tratto di costa studiato, facente parte del territorio del Comune di Molfetta, è emersa la bassa pericolosità che lo stesso possiede. Tale tratto è nella stagione estiva molto frequentato per cui primaria importanza riveste la salvaguardia e l’incolumità dei fruitori, attraverso una serie di opere di consolidamento diversificate a seconda delle emergenze, e descritte nel corpo della relazione e meglio presentate nel dettaglio nella relazione generale. In assenza di tutte le opere di previste, gli agenti erosivi continueranno in maniera costante alla destabilizzazione dell’ammasso roccioso ed al suo progressivo arretramento. Pertanto l’intervento proposto mira alla ricostituzione del fronte roccioso e ad aumentarne il grado di stabilità, anche in funzione delle infrastrutture pubbliche insistenti sullo stesso. Contemporaneamente verrà assicurato il sicuro accesso alla spiaggia senza alterare, in maniera rilevante, tutto questo tratto costiero dotato di un particolare pregio paesaggistico.