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IN SINTESI I procarioti hanno avuto un ruolo cruciale nell'evoluzione. Gli animali, incluso l'uomo, ospitano complesse comunità microbiche, la cui composizione concorre a determinare lo stato di salute dell'ospite. I batteri associati ad animali e piante possono avere localizzazioni extra- ed intracellulari. In diversi casi, i batteri intracellulari associati a invertebrati risultano necessari perché l'ospite possa completare il proprio ciclo biologico. Lo studio di batteri intracellulari associati alle filarie ha permesso di sviluppare strategie per il controllo delle malattie causate da questi parassiti. Negli ultimi anni, indagini sulle zecche hanno portato alla prima descrizione di un batterio intramitocondriale. 102 LE SCIENZE 1111r 4OF BIOLOGIA Un batt Quando la scienza incontra la fantascienza: la scoperta di un batterio simbionte che vive nei mitocondri delle zecche offre una nuova prospettiva da cui guardare alla coevoluzione di procarioti e organismi superiori di Luciano Sacchi e Claudio Bandi I batteri sono stati le prime forme di vita a com- parire sul nostro pianeta, e molto probabil- mente saranno gli ultimi a scomparire, dopo che tutti gli altri esseri viventi se ne saranno anda- ti. Presenti sulla Terra da quasi quattro miliardi di anni, hanno «inventato» le principali vie metabo- liche: la fermentazione, la fotosintesi, il metabo- lismo ossidativo, biotecnologie miniaturizzate al- la base di tutte le forme di vita. Hanno costruito il mondo come lo vediamo: si stima che il 20 per cento dell'ossigeno atmosferico sia il prodotto di centinaia di milioni di anni di fotosintesi batteri- ca, e il passaggio dall'atmosfera riducente - quel- la ancestrale - a quella ossidante ha condizionato l'evoluzione di tutte le forme di vita successive. Dopo aver occupato «in solitudine» la scena del- la vita per oltre 2 miliardi di anni, i procarioti han- no realizzato la loro impresa più grandiosa: la co- struzione della cellula eucariotica. La teoria della «simbiosi seriale» sviluppata da Lynn Margulis a partire dagli anni sessanta spiega come sia stato possibile arrivare a questo risultato per condivisio- ne di genomi di batteri con diverse specializzazio- ni. La traccia più evidente dell'origine simbiotica A della cellula eucariotica è riscontrabile nei mito- 2 condri, organelli presenti in quasi tutte le cellule eucariotiche, che mostrano un'incontestabile na- tura batterica (in questo articolo useremo i termini ‘.'2 procarioti e batteri come sinonimi). . EiN 4n1 LA ZECCA E IL BATTERIO. La zecca Ixodes ricinus, portatrice della malattia di Lyme, è protagonista di una singolare interazione simbiotica con una nuova specie di batterio, Midichloria mitochondrii, che vive nei mitocondri dell'artropode sfruttandoli come fonte di nutrimento e come nicchia riproduttiva. , - . 4 ". • em~...... n -.71— r ad. ; 4141b- 1109, :1"4S1

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IN SINTESI• I procarioti hanno avuto un

ruolo cruciale nell'evoluzione.

Gli animali, incluso l'uomo,

ospitano complesse

comunità microbiche, la cui

composizione concorre

a determinare lo stato

di salute dell'ospite.

• I batteri associati ad animali

e piante possono avere

localizzazioni extra- ed

intracellulari. In diversi casi, i

batteri intracellulari associati

a invertebrati risultano

necessari perché l'ospite

possa completare

il proprio ciclo biologico.

• Lo studio di batteri

intracellulari associati alle

filarie ha permesso di

sviluppare strategie per il

controllo delle malattie

causate da questi parassiti.

Negli ultimi anni, indagini

sulle zecche hanno portato

alla prima descrizione di un

batterio intramitocondriale.

102 LE SCIENZE

1111r 4OFBIOLOGIA

Un battQuando la scienza incontra la fantascienza:la scoperta di un batterio simbionteche vive nei mitocondri delle zecche offre unanuova prospettiva da cui guardare allacoevoluzione di procarioti e organismi superiori

di Luciano Sacchi e Claudio Bandi

I

batteri sono stati le prime forme di vita a com-parire sul nostro pianeta, e molto probabil-mente saranno gli ultimi a scomparire, dopo

che tutti gli altri esseri viventi se ne saranno anda-ti. Presenti sulla Terra da quasi quattro miliardi dianni, hanno «inventato» le principali vie metabo-liche: la fermentazione, la fotosintesi, il metabo-lismo ossidativo, biotecnologie miniaturizzate al-la base di tutte le forme di vita. Hanno costruitoil mondo come lo vediamo: si stima che il 20 percento dell'ossigeno atmosferico sia il prodotto dicentinaia di milioni di anni di fotosintesi batteri-ca, e il passaggio dall'atmosfera riducente - quel-la ancestrale - a quella ossidante ha condizionatol'evoluzione di tutte le forme di vita successive.

Dopo aver occupato «in solitudine» la scena del-la vita per oltre 2 miliardi di anni, i procarioti han-no realizzato la loro impresa più grandiosa: la co-struzione della cellula eucariotica. La teoria della«simbiosi seriale» sviluppata da Lynn Margulis apartire dagli anni sessanta spiega come sia statopossibile arrivare a questo risultato per condivisio-ne di genomi di batteri con diverse specializzazio-ni. La traccia più evidente dell'origine simbiotica A

della cellula eucariotica è riscontrabile nei mito- 2

condri, organelli presenti in quasi tutte le celluleeucariotiche, che mostrano un'incontestabile na-tura batterica (in questo articolo useremo i termini ‘.'2procarioti e batteri come sinonimi).

.

EiN

4n1

LA ZECCA E IL BATTERIO. La zecca Ixodes

ricinus, portatrice della malattia di Lyme,

è protagonista di una singolare interazione

simbiotica con una nuova specie di batterio,

Midichloria mitochondrii, che vive nei mitocondri

dell'artropode sfruttandoli come fonte di

nutrimento e come nicchia riproduttiva.

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1109,

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Tutti gli abitantidi una cellulaInsetti come le blatte (a) e la termite Mastotermes

darwiniensis ospitano migliaia di batteri simbionti

in cellule specializzate (i batteriociti) presenti nel corpo

grasso, un tessuto adiposo che circonda gli organi

interni (b, ingrandimento al microscopio ottico 400x).In questa immagine si osservano cellule sferiche

con citoplasma punteggiato per la presenza

di una ricca popolazione batterica. Il dettaglio (c) di una

di queste cellule, ingrandito al microscopio

elettronico (20.000x), mostra gruppi di batteri (B)

sparsi nel citoplasma.

noi

Anche oggi, se volgiamo la nostra attenzione alpanorama della vita rinunciando alla nostra pre-sunzione antropocentrica, non possiamo non ri-conoscere che i batteri, e non altre forme di vita,sono i veri dominatori del pianeta. I batteri sonopresenti in tutti gli ambienti, anche quelli più ostilialla vita. Per fare un esempio, nella crosta terrestresono stati rinvenuti batteri termofili fino a centi-naia di metri di profondità, dove le pressioni so-no maggiori di quella atmosferica e le temperaturesuperano i 100 gradi Celsius.

Stime recenti indicano che i batteri superereb-bero tutti gli altri esseri viventi non solo in termi-ni numerici, ma anche in termini di biomassa. Sepoi prendiamo come riferimento il corpo umano, ilnumero sterminato delle cellule che lo compongo-no (10 x 1012, ovvero 10.000 miliardi) è poca cosain confronto al numero di batteri che vivono den-tro e sopra di noi (150 x 10 12), e questo senza tenerconto di quei batteri - che chiamiamo mitocondri- presenti in tutte le nostre cellule.

Identità e interazioneDa queste considerazioni sorgono interrogativi

circa l'effettiva identità dell'uomo e degli anima-li in generale. Laddove due o più partner vivonoin associazione, l'integrazione e l'interdipenden-za dei diversi genomi possono diventare inestrica-bili Definire con precisione i limiti di un organi-smo diventa impossibile. Ci si può anche chiederese, in alcuni casi, la comunità microbica ospitatada un animale non possa condizionare l'evoluzionedell'ospite a proprio vantaggio, superando la forzadella selezione esterna operante sull'ospite.

E a questo punto possiamo anche porci un inter-rogativo filosofico siamo noi umani che ci portia-mo appresso una sterminata popolazione di micror-ganismi che mescolano i loro genomi con il nostroe interagiscono (in positivo o in negativo) con mol-te nostre funzioni vitali, o sono i batteri che, do-po aver costruito tutti gli scenari della vita, hanno«creato» anche l'uomo, che usano come loro parti-colarissimo ambiente di vita? Parafrasando RichardDawkins, potremmo anche chiederci se i corpi nonsiano altro che i mezzi attraverso cui le comunitàmicrobiche perpetuano la propria esistenza.

Si ritiene che le poche migliaia di specie batteri-che descritte finora rappresentino meno dell'I percento dell'effettiva diversità del mondo microbico.Ciò è dovuto al fatto che solo una minima parte deiprocarioti è isolabile con le metodologie classicheper la coltura dei microrganismi, che differisconodi poco da quelle introdotte da Louis Pasteur e Ro-bert Koch alla fine del XIX secolo. L'introduzionedi metodologie biomolecolari per la rilevazione e

BATTERIDI FAMIGLIAL'interazione tra batteri e animali, o

tra batteri e piante, ha portato a

innumerevoli relazioni simbiotiche tra

eucarioti e procarioti. Ecco qui di

seguito qualche esempio.

La maggior parte delle termiti dipende

in parte, per la degradazione della

cellulosa, dai simbionti che vivono

nell'intestino. Questi comprendono

protozoi (flagellati degli ordini

Trichomonadida e Hypermastigida)

e batteri. La flora batterica

comprende generi della famiglia

Enterobacteriaceae ed altri generi, fra

cui Bacteroides, Bacillus, Streptococcus,Staphylococcus. Sono inoltre presenti

spirochete e batteri metanogeni. Una

particolarissima associazione simbiotica

è presente nella termite australiana

Mastotermes darwiniensis (foto),che alberga nell'intestino un protozoo

simbionte (Mbrotricha paradoxa)che vive a sua volta in associazione

con spirochete e altri batteri.

Nel rumine dei bovini risiede una ricca

comunità simbiotica, costituita da

protozoi cigliati e batteri. In particolare

sono presenti batteri (principalmente

Gram-negativi) appartenenti a oltre

200 specie diverse, e la loro biomassa

totale può superare il chilogrammo di

peso. L'attività batterica concorre alla

degradazione della cellulosa e innesca

i processi fermentativi a carico dei

carboidrati. Inoltre i batteri simbionti

sintetizzano vitamine del gruppo B,

vitamina Ce vitamine liposolubili. I

simbionti del rumine sono trasmessi

dalla vacca al vitello con la saliva.

l'identificazione dei microrganismi, in particolarele metodologie di amplificazione, clonaggio e se-quenziamento dei geni codificanti per l'RNA ribo-somale, ha consentito di ampliare in modo inat-teso la conoscenza delle comunità microbiche e,soprattutto, ha permesso di identificare specie dibatteri non coltivabili, aprendo la strada allo stu-dio di quelle strette interazioni tra procarioti ed eu-carioti che costituiscono l'affascinante mondo del-la simbiosi endocellulare. Oltre alle tecniche dellabiologia molecolare, un contribuito essenziale allostudio della simbiosi endocellulare è derivato dal-l'applicazione di tecniche avanzate di microscopiaconfocale ed elettronica, che hanno consentito dilocalizzare i diversi microrganismi negli ospiti e dievidenziare a livello ultrastrutturale le interazionicon le cellule eucariotiche.

Batteri e celluleDa anni ci occupiamo dello studio di microrga-

nismi che vivono all'interno di cellule di animaliappartenenti a diversi gruppi sistematici. Nei mo-delli presi in esame, l'interazione che si è instaura-ta tra i batteri e le cellule ospiti è il punto di arrivodi un cammino coevolutivo durato milioni di an-ni. I microrganismi risultano quindi completamen-te dipendenti dall'ambiente endocellulare per le lo-ro funzioni vitali, come risulta dall'insuccesso deitentativi di coltura in vitro.

In molti casi, il livello di coadattamento rag-giunto dai due partner è tale da comportare una re-ciproca dipendenza: così come il microrganismonon può essere coltivato in vitro, l'animale ospi-te non è in grado di completare il proprio ciclo bio-logico se privato del microrganismo simbionte. Inquesti casi la simbiosi è indicata come obbligata,ed è generalmente interpretata come una forma di

mutualismo. La presenza del microrganismo sim-bionte è assicurata alla generazione successiva dal-la trasmissione verticale, che avviene generalmenteper via transovarica. In altri termini, analogamen-te a quanto accade ai mitocondri i batteri simbion-ti sono trasmessi per via materna alla progenie at-traverso l'uovo e risultano pienamente integrati neiprocessi di embriogenesi, come se fossero una nor-male componente cellulare dell'organismo ospite.

Le ricerche sulla simbiosi endocellulare in in-setti come le blatte e le termiti, le cui origini risal-gono all'inizio del Mesozoico (oltre 200 milioni dianni fa), hanno consentito agli autori di questo ar-ticolo di evidenziare l'esistenza di particolari cel-lule dove, oltre ai normali organuli cellulari, sonopresenti migliaia di batteri simbionti (si veda il boxin alto). Queste «supercellule», o batteriociti, hannoquindi un triplo corredo di DNA: nucleare, mito-condriale e batterico.

I dati molecolari, interpretati sulla base dei re-perti fossili, ci hanno consentito di datare l'originedi questa associazione simbiotica a oltre 150 milio-ni di anni fa un lungo percorso coevolutivo che hareso i microrganismi dipendenti dalla cellula ospite,trasformandoli in organuli cellulari in qualche mo-do analoghi ai mitocondri. Come i mitocondri, essivengono trasmessi alla generazione successiva conle uova (si veda il box a pp. 106-107) Infine, l'ana-lisi ultrastrutturale dei vari momenti dello svilup-po embrionale ci ha consentito di dimostrare che ibatteriociti derivano dai plasmatociti, cellule fago-citarie degli insetti che hanno una funzione di dife-sa nei confronti delle infezioni microbiche.

Lo studio della simbiosi endocellulare in un al-tro modello - le filarie, nematodi parassiti dell'uo-mo e degli animali - ci ha consentito non solo diampliare le conoscenze teoriche sull'argomento,

Negli animali marini sono diffusi batteri

luminescenti dei generi Vibri° ePhotobacterium. In particolare li

troviamo in pesci, cefalopodi e tunicati.

I batteri luminosi sono contenuti

all'interno di organi localizzati in varie

parti del corpo dell'ospite. Si ritiene che

servano a disorientare i predatori e a

trasmettere messaggi intraspecifici.

Nei cefalopodi (nella foto, Sepiaelegans) i batteri luminosi si possono

trovare anche nella tasca del nero,

quindi in caso di pericolo il calamaro

oltre a scaricare l'inchiostro scarica

anche batteri luminosi.

Rhizobium leguminosarum è un

batterio del suolo che stabilisce una

relazione simbiotica con le radici delle

leguminose fissando l'azoto

atmosferico in ammonio, assimilabile

dalle piante, che possono così

sfruttare l'azoto per la costruzione

degli amminoacidi. Il genoma del

batterio è stato sequenziato nel 2006

dal Sanger Institute.

ma ha aperto la strada a ricadute applicative perquanto riguarda la cura delle filariosi, che rientra-no fra le principali malattie parassitarie dell'uomo.Si stima che più di 300 milioni di persone, princi-palmente nei paesi tropicali, siano infestate da di-verse specie di filaria, alcune delle quali possonodeterminare gravi forme cliniche quali la cecità deifiumi (causata da Onchocerca volvulus) e l'elefan-tiasi tropicale (causata principalmente da Wuche-reria bancrofti). Nelle cellule delle filarie è stata ri-scontrata la presenza di batteri simbionti che studiultrastrutturali e molecolari condotti dagli autorihanno descritto come appartenenti al genere Wol-bachia (si veda il box a p. 107).

Identificando nel batterio simbionte delle fi-larle un possibile bersaglio per applicazioni tera-peutiche, è stato possibile sviluppare nuove stra-tegie per il controllo delle filariosi, basate sull'usodi comuni farmaci antibatterici quali le tetracicli-ne. Le nostre ricerche pubblicate nel 1998, 1999 enel 2002 ci hanno permesso di dimostrare che far-maci antibatterici attivi su Wolbachia (tetraciclinee derivati) hanno effetti deleteri sulle filarie ospiti,determinando il blocco dell'embriogenesi e l'arre-sto dello sviluppo.

Così le ricerche condotte su modelli animali dalnostro gruppo e dai ricercatori coordinati da AchimHoerauf, ora all'Università di Bonn, hanno aper-to la strada a studi clinici su popolazioni umane. Èstato provato che il trattamento con doxiciclina, underivato della tetraciclina, blocca la produzione dimicrofilarie da parte delle femmine di O. volvulus,impedendo la migrazione delle stesse agli occhi coni conseguenti esiti infiammatori che con il tempoportano alla cecità. Inoltre nel caso della filariosilinfatica il trattamento con un farmaco antibatte-rico come la doxiciclina riesce addirittura a porta-

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GLI AUTORI

LUCIANO SACCHI e CLAUDIO BANDIsono rispettivamente docenti diparassitologia e di malattieparassitarie presso la Facoltàdi scienze dell'Università di Paviae la Facoltà di veterinariadell'Università di Milano. Studianoda anni le simbiosi endocellulari indiversi modelli biologici, utilizzandometodologie ultrastrutturalie biomolecolari. Oltre alla primadescrizione di un batteriointramitocondriale, il loro lavoro siè concretizzato nei primi studisperimentali sul controllodelle filariosi attraverso terapiaantisimbiotica e sul ruolo diWolbachia nell'immunopatologia diqueste malattie. Una presentazionein video di alcuni dei modellidi simbiosi studiati dagli autori èliberamente accessibile al sito:http://www.ctu.unimi.it/topScienceSeminars.asp.

Il casofilariaAnche parassiti come le

filarie, una famiglia di vermi

nematodi (in a, esemplari di

Brugia malayi), ospitano

batteri simbionti. In b

(ingrandimento del rettangolo

rosso al microscopio

elettronico, 3000x) alcune

microfilarie uterine.

Ingrandendo ulteriormente

una microfilaria (rettangolo

giallo, c, 20.000x), è

possibile evidenziare (inazzurro) tre batteri simbionti.re alla morte i nematodi, con conseguente miglio-

ramento del quadro clinico dei pazienti. L'uso delladoxiciclina nel trattamento di queste filariosi rien-tra ormai fra le possibili strategie terapeutiche.

Il batterio che abita nei mitocondriL'aggettivo «stellare» è forse il più adatto per de-

scrivere un batterio simbionte endocellulare pre-sente in alcune specie di zecche. Alla descrizionedi questo nuovo batterio si è giunti a seguito diindagini finalizzate alla ricerca di microrganismipatogeni associati alla zecca Ixodes ricinus, con-dotte a partire dal 2002 da Tiziana Beninati, men-tre svolgeva il dottorato di ricerca sotto la guida diuno degli autori (Bandi).

Nel contesto di queste indagini, le analisi biomo-lecolari rilevavano la presenza pressoché ubiquita-ria nelle zecche femmine di una sequenza genicabatterica non ascrivibile ad alcuna specie nota. Lasuccessiva analisi ultrastrutturale, condotta pressol'Università di Pavia (Sacchi), portava a osservazio-ni inattese: il nuovo batterio, presente negli ova-ri di tutte le femmine di I. ricinus esaminate, era ingrado di invadere i mitocondri e di moltiplicarsi alloro interno (si veda il box a p. 108). In particola-re le nostre ricostruzioni indicano che il batterio silocalizza inizialmente nello spazio periplasmico si-tuato tra le membrane esterna e interna del mito-condrio. Successivamente il microrganismo va in-contro a un processo di moltiplicazione che portaalla degradazione della matrice mitocondriale. Inaltri termini, questo batterio usa i mitocondri comefonte di nutrimento e come nicchia riproduttiva.

Esistono batteri a vita libera, come Bdellovibriobacteriovorus che, similmente al nostro batterio in-tramitocondriale, dopo essere penetrati nel peripla-sma di batteri Gram-negativi che vivono nell'am-

biente acquatico, si accrescono e si moltiplicano alloro interno liberando alla fine una nuova genera-zione di predatori. In questa singolare interazionetra procarioti si rileva un'analogia con gli eventiche oltre un miliardo di anni fa avrebbero portatoall'acquisizione dei batteri destinati a diventare or-ganuli cellulari (mitocondri e cloroplasti) da partedella primitiva cellula eucariotica.

Le ricostruzioni filogenetiche indicano che i mi-tocondri si sarebbero evoluti da progenitori de-gli attuali proteobatteri del gruppo alpha, lo stes-so a cui appartengono sia batteri predatori similia Bdellovibrio sia il «nostro batterio» intramitocon-driale. Di recente, sulla base delle ricostruzioni filo-genetiche, è stato ipotizzato che sia i mitocondri siail batterio intramitocondriale abbiano seguito unpercorso evolutivo parallelo, a partire da antenatia vita libera. Secondo questa ipotesi, prima ancoradella comparsa della cellula eucariotica, entrambisi sarebbero comportati da predatori di altri batteri.

A questo punto i «meccanismi» proposti perspiegare l'origine della cellula eucariotica secon-do la teoria della simbiosi seriale potrebbero es-sere rivisti. Uno dei punti deboli della teoria risie-de nella difficoltà di ipotizzare che l'acquisizionedei simbionti destinati a diventare organuli cellu-lari possa essere avvenuta a seguito di processi difagocitosi. Infatti l'attività fagocitaria, tipica dellecellule eucariotiche, non è osservata nei procarioti,verosimilmente in relazione all'assenza di un'ade-guata struttura citoscheletrica in grado di interagi-re con la membrana plasmatica. Inoltre i batteri so-no generalmente provvisti di una rigida parete cheimpedisce i movimenti della membrana plasmati-ca richiesti nel processo della fagocitosi. Pertanto lacondivisione all'interno della stessa entità cellula-re di più genomi batterici (prima tappa della forma-

Come ti sfruttol'ospitalitàIn alcune specie, i batteri simbionti vengono trasmessi

alla progenie attraverso le uova: nella blatta,

per esempio, il cui ovario è schematizzato in figura a.

Ingrandendo un dettaglio dell'ovario stesso (b)

al microscopio elettronico (3000x) non è difficile

individuare gruppi di batteri (B) che si trovano

tra la cellula uovo (in basso) e le cellule follicolari

(in alto). Un ulteriore ingrandimento, effettuato

con un microscopio elettronico a scansione (c,

20.000x), mostra un gruppo di batteri (B) avvolto

in una rete di microvilli.

CECITÀ DEI FIUMI. Una piroga lungo il fiume Niger, in Mali.

Nella regione è particolarmente diffusa l'oncocercosi, una

forma di cecità provocata dalla filaria Onchocerca volvulus.Identificando nel batterio simbionte delle filarie un potenziale

bersaglio per applicazioni terapeutiche, è stato possibile

sviluppare nuove strategie per il controllo delle filariosi.

zione della cellula eucariotica) potrebbe essersi rea-lizzata come conseguenza delle attività predatoriedi batteri ai danni di altri batteri, e della successivaevoluzione dei predatori in endosimbionti. In par-ticolare, in concomitanza con l'aumento dell'ossi-geno atmosferico (prodotto dai batteri fotosinteticia partire da 3,5 miliardi di anni fa), i batteri aero-bi predatori sarebbero entrati in contatto con ospi-ti anaerobi che avrebbero fornito ai primi una nic-chia trofica, ricevendone in cambio la capacità divivere in un'atmosfera ricca di ossigeno.

Ma torniamo al batterio intramiticondriale, alquale abbiamo dato il nome di Midichloria mito-

chondrii. L'origine di questo nome, proposto nel2005 da Nathan Lo, a quel tempo post-doc pres-so uno dei nostri laboratori, va ricercata nel mon-do della fantascienza. Con il consenso di GeorgeLucas, abbiamo preso in prestito il nome dei mi-crorganismi simbionti dei cavalieri Jedi di Guer-re stellari. Questi simbionti, che Lucas ha chiamatoMidichlorian (forse combinando le parole mito-condrio e cloroplasto), conferirebbero ai Jedi laproprietà di comunicare con la «Forza». Il nostro

batterio (che pure non ha la proprietà di metterel'ospite in contatto con la «Forza»...), può comun-que evocare scenari fantascientifici. È infatti pos-sibile immaginare oceani primordiali dove, moltotempo prima della comparsa della cellula eucario-

tica, gli antenati di Midichloria predavano i pro-genitori a vita libera dei mitocondri, inseguendo-li poi all'interno delle nuove cellule eucariotiche inuna caccia che dura da miliardi di anni.

Tralasciando la fantascienza, dovremmo cerca-re di definire il significato della presenza di que-sta singolare entità batterica nella cellula eucario-

tica. Il ruolo biologico di Midichloria nella zecca I.ricinus è sconosciuto. Se ci limitiamo a esamina-re la relazione tra il batterio e il mitocondrio siamoinevitabilmente portati a considerarla una forma dipredazione. Se invece analizziamo le conseguen-ze di questa presenza batterica sull'artropode ospi-te (la zecca) non rileviamo alcun segno che indichiun ruolo predatorio o parassitario del microrgani-smo. Diverse osservazioni suggeriscono infatti chela presenza del batterio sia ben tollerata dalla zec-ca, in quanto: Midichloria è presente nel 100 per

cento delle femmine di I. ricinus; la presenza del

batterio non interferisce con il processo di ooge-nesi, che procede in modo del tutto regolare; Midi-chloria è presente in altre specie di zecche.

Tutto ciò farebbe pensare a un rapporto di tipocommensalistico/mutualistico. Anche se non ab-biamo elementi per definire la natura del rappor-to tra Midichloria e l'ospite, l'ampia diffusione nel-

le zecche e il raffinato meccanismo di trasmissione

transovarica - che garantisce il trasferimento ver-ticale del simbionte alla progenie - suggerisconoche la relazione tra i due partner sia il risultato diun cammino coevolutivo sfociato in un coadatta-mento reciproco di buon livello.

Una maggiore comprensione di questa forma disimbiosi è comunque auspicabile, e non solo ai fi-ni della ricerca di base. Avere la «chiave» per entra-re nel mitocondrio è una delle premesse necessarieper lo sviluppo di applicazioni terapeutiche che ab-biano come bersaglio il mitocondrio stesso. Rite-niamo pertanto che la conoscenza dei meccanismimolecolari attraverso i quali Midichloria aderisce e

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LE SCIENZE 107

Batteri stellariIn questa sequenza si può apprezzare il modo in cui

Midichloria mitochondrii colonizza le uova della zecca lxodesricinus (a). In b è raffigurato schematicamente un ovario di

zecca con il dettaglio di un uovo (reitangolo rosso) che al

microscopio elettronico mostra rispettivamente: una porzione

citoplasmatica dell'uovo (c) con mitocondri (M, in azzurrò ebatteri liberi (B), ma anche con mitocondri parassitati

(3000x); un dettaglio ingrandito (o) dell'immagine c, con un

batterio (B), verosimilmente appena penetrato nel mitocondrio

(M) (50.000x). Nell'immagine e si osservano due mitocondri

parassitati da un solo batterio e un grosso mitocondrio con

all'interno numerosi batteri (B) che hanno consumato quasi

completamente la matrice mitocondriale (MA) (10.000x).

imn LettuTransovarial Transmission ofSymbiotic Bacteria in Mastotermesdarwiniensis(lsoptera:Mastotermitidae): UltrastructuralAspects and Philogeneticimplications. Sacchi L. e altri, in «Annalsof Entomological Society of America», Vol.93, pp. 1308-1313,2000.

A Symbiont of the Tick Ixodes ricinusinvades and Consumes Mitochondriain a Mode Similar to that of theParasitic Bacterium Bdellovibriobacteriovorus. Sacchi L. e altri,in «Tissue and Cell», Vol. 36, pp. 43-53,2004.

«Candidatus Midichloria mitocondrii»an Endosymbiont of the Tick Ixodesricinuswith a Uniqueintramitochondrial Lifestyle. Sassera D.e altri, in «International Journal ofSystematic and Eyolutionary Microbiology»,Vol. 56, pp. 2535-2540,2006.

penetra nei mitocondri porterà a notevoli ricaduteapplicative, in relazione per esempio allo sviluppodi strategie per il mitochondrial drug delivery, il ri-lascio di farmaci a livello mitocondriale, e per la te-rapia genica mitocondriale. Infine non dobbiamodimenticare che alterazioni della membrana mito-condriale sono alla base di fenomeni di morte cel-lulare programmata, o apoptosi, di estremo interes-se per esempio in relazione alla cura dei tumori.

Nei mitocondri dei mammiferi?Ma c'è anche un'altra importante ricaduta ap-

plicativa che potrebbe scaturire dallo studio di Mi-dichloria. Le indagini molecolari condotte presso illaboratorio di Milano hanno recentemente rilevatola presenza di DNA di Midichloria nelle ghiando-le salivari di alcune specie di zecche (i risultati nonsono ancora stati pubblicati). Si può quindi ipotiz-zare che Midichloria possa essere trasmessa agliospiti su cui la zecca compie il pasto di sangue, co-me avviene per altri microrganismi patogeni qua-li Rickettsia e Borrelia. D'altra parte, frammenti di

DNA la cui sequenza presenta elevati valori di si-milarità con geni di Midichloria sono stati rileva-ti occasionalmente in campioni ematici di origineanimale e umana. Questi dati suggeriscono che Mi-dichloria circolerebbe nelle popolazioni animali eumane esposte alla presenza di zecche, verosimil-mente senza determinare specifiche patologie.

Naturalmente, data l'importanza della posta inpalio (la possibile invasività di Midichloria nei con-fronti dei mitocondri dei mammiferi), sono neces-sari studi più approfonditi per capire se Midichloriapossa effettivamente infettare gli ospiti vertebrati ese le infezioni siano transitorie e asintomatiche, ose possa invece rendersi responsabile di alterazio-ni patologiche. In questo senso, vale la pena riflet-tere sul fatto che la scoperta della malattia di Lymee l'identificazione del suo agente eziologico in unbatterio (Borrelia burgdorferi) trasmesso dalle zec-che risalgono a circa trent'anni fa, sebbene sia al-tamente probabile che questo microrganismo possaaver circolato all'interno delle popolazioni animalie umane per migliaia di anni. •

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