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64 MOSCA e SPINNING 3/2015 tecnica eging L L a a s s e e p pp p i i a a ca. Ho quindi pensato che potesse essere importante di- vulgare certe nozioni tramite la rivista, a beneficio di tutti gli appassionati, e l’idea è stata accolta con entusiasmo da Ferruccio, che ha di seguito riassunto i punti nodali del seminario. la vista nella seppia La pesca ai cefalopodi (polpi, seppie e calamari) cui inten- diamo riferirci è quella di derivazione nipponica denomi- nata con il termine eging e che viene praticata, sia da terra che dalla barca, con il gambero artificiale, il cosiddetto egi. Tutto quello che segue non intende entrare nel merito del- le varie tecniche di pesca, bensì fornire alcune informazio- ni su aspetti della biologia della visione dei cefalopodi, con particolare riferimento alla seppia, che giocoforza hanno importanti implicazioni per loro pesca. L’eging alle seppie è basato sul principio biologico che questi animali caccia- no le loro prede (soprattutto granchi, gamberi e pesci) sfruttando essenzialmente le loro capacità visive. È noto infatti che l’evoluzione ha dotato questi molluschi di un occhio estremamente complesso e funzionale. L’attività predatoria delle seppie si svolge nelle seguenti sette fasi: D a diversi anni ormai, la pesca alla sep- pia è diventata una sorta di ‘tradizio- ne’ lungo le nostre coste, tanto che verso la fine della stagione estiva molti pescatori mettono da parte le proprie attrezzature preferite per dedicarsi esclusivamente all’insidia di questi ce- falopodi, preparando le lenze a mano o imbobinando i mulinelli con nuovi monofili o trecciati di vari diametri e colori, controllando lo stato del resto dell’attrezzatura e verificando le scatole dei propri artificiali, spesso aggiun- gendo nuovi modelli all’ormai ragguardevole scorta pos- seduta. Proprio in relazione a quelle particolari esche arti- ficiali che sono denominate egi, si è recentemente tenuto presso il Circolo Nautico La Madonnina di Viareggio un seminario – organizzato anche dal Centro Ricerca sui Ce- tacei (CE.TU.S.) – dal titolo La pesca sportiva delle seppie: come vengono percepite le esche artificiali?, una sorta di le- zione universitaria di Viareggio tenuta da Ferruccio Mal- tagliati, biologo marino dell’Università di Pisa, nonché ap- passionato pescatore sportivo. L’incontro, come era da prevedere, si è rivelato ricco di interessanti informazioni di carattere scientifico, probabilmente ignote a molti pe- scatori, anche a quanti si dedicano da anni a questa tecni- AMEDEO LEONARDO DINELLI e FERRUCCIO MALTAGLIATI [ [email protected] - ferruccio.maltagliati@ unipi.it ] e e l l a a r rc c o o b b a a l l e e n no o FOTO MASSIMO CERINO

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ca. Ho quindi pensato che potesse essere importante di-vulgare certe nozioni tramite la rivista, a beneficio di tuttigli appassionati, e l’idea è stata accolta con entusiasmo daFerruccio, che ha di seguito riassunto i punti nodali delseminario.

la vista nella seppiaLa pesca ai cefalopodi (polpi, seppie e calamari) cui inten-diamo riferirci è quella di derivazione nipponica denomi-nata con il termine eging e che viene praticata, sia da terrache dalla barca, con il gambero artificiale, il cosiddetto egi.Tutto quello che segue non intende entrare nel merito del-le varie tecniche di pesca, bensì fornire alcune informazio-ni su aspetti della biologia della visione dei cefalopodi, conparticolare riferimento alla seppia, che giocoforza hannoimportanti implicazioni per loro pesca. L’eging alle seppieè basato sul principio biologico che questi animali caccia-no le loro prede (soprattutto granchi, gamberi e pesci)sfruttando essenzialmente le loro capacità visive. È notoinfatti che l’evoluzione ha dotato questi molluschi di unocchio estremamente complesso e funzionale. L’attivitàpredatoria delle seppie si svolge nelle seguenti sette fasi:

Da diversi anni ormai, la pesca alla sep-pia è diventata una sorta di ‘tradizio-ne’ lungo le nostre coste, tanto cheverso la fine della stagione estiva moltipescatori mettono da parte le proprieattrezzature preferite per dedicarsiesclusivamente all’insidia di questi ce-

falopodi, preparando le lenze a mano o imbobinando imulinelli con nuovi monofili o trecciati di vari diametri ecolori, controllando lo stato del resto dell’attrezzatura everificando le scatole dei propri artificiali, spesso aggiun-gendo nuovi modelli all’ormai ragguardevole scorta pos-seduta. Proprio in relazione a quelle particolari esche arti-ficiali che sono denominate egi, si è recentemente tenutopresso il Circolo Nautico La Madonnina di Viareggio unseminario – organizzato anche dal Centro Ricerca sui Ce-tacei (CE.TU.S.) – dal titolo La pesca sportiva delle seppie:come vengono percepite le esche artificiali?, una sorta di le-zione universitaria di Viareggio tenuta da Ferruccio Mal-tagliati, biologo marino dell’Università di Pisa, nonché ap-passionato pescatore sportivo. L’incontro, come era daprevedere, si è rivelato ricco di interessanti informazionidi carattere scientifico, probabilmente ignote a molti pe-scatori, anche a quanti si dedicano da anni a questa tecni-

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1. individuazione visiva della preda;2. avvicinamento;3. lancio dei tentacoli per afferrare la preda (i due lunghiche terminano con le mazze tentacolari);4. trasferimento della preda verso la bocca;5. avvinghiamento della preda con le braccia tentacolari(le otto più corte) per evitare una sua eventuale fuga;6. sminuzzamento della preda col potente becco;7. ingestione.Nella pesca a eging, quindi, è estremamente importante,per non dire determinante, la fase 1, cioè quella dell’indi-viduazione visiva dell’egi da parte del cefalopode. Ne deri-va che il pescatore debba ‘presentare’ visivamente l’escanel miglior modo possibile. Per far ciò, risulta di fonda-mentale importanza capire come le seppie vedono la pre-da, perché non è detto (e di fatto non lo è) che questi ani-mali vedano nello stesso modo in cui vediamo noi.Chi non conosce Paul Newman, Keanu Reeves, Bill Clintone Mark Zuckenberg? Si tratta di quattro celebrità che nondistinguono (o distinguevano) i colori. Non per questo sipuò dire che essi non siano riusciti a essere uomini di suc-cesso. Ebbene sì, anche le nostre amiche seppie hanno lostesso problema, vale a dire non sono capaci di distinguere icolori. Ciò non ha impedito a queste creature marine diavere avuto un grande successo evolutivo. Forse la cecità aicolori dei cefalopodi suonerà strana per molti amici pesca-

tori e per molti altri apparirà addirittura una baggianata.Tra i pescatori sportivi a eging, chi non ha mai sentito pro-nunciare frasi del tipo: «oggi mangiano il verde», «le hoprese tutte con l’arancione», oppure «la mattina presto civuole l’azzurro, poi bisogna cambiare con il rosso». Tuttequeste affermazioni si basano sull’esperienza o sulle sensa-zioni personali dei pescatori, che molte volte ci informanosu determinate verità, ma in altri casi possono condurre aconclusioni fuorvianti. Il caso dell’importanza della colora-zione delle esche artificiali nella pesca dei cefalopodi, misento di affermare, rientra nella seconda categoria. Da bio-logo marino e pescasportivo, tengo comunque a sottolinea-re che i vecchi pescatori professionisti e ricreativi spesso nesanno più di noi biologi su certi aspetti del comportamento,dell’ecologia e della biologia di molte specie marine non an-cora sufficientemente studiate sperimentalmente dallascienza. Faccio un esempio: i pescatori professionisti chepraticano la pesca a strascico conoscono perfettamentequali sono le aree e i periodi di riproduzione del nasello odello scampo. La biologia marina è di fatto una scienza rela-tivamente moderna, estremamente eterogenea e comples-sa, in cui esistono ancora moltissime lacune da colmare. Siconsideri che per biologo marino s’intende sia il microbio-logo, che tratta organismi marini invisibili a occhio nudo,sia il cetologo, che studia le balenottere, cioè animali di ol-tre 15 metri di lunghezza e più di 100 tonnellate di peso…

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con differenti combinazioni di colori.Per farla breve, i due autori concluse-ro affermando che le seppie non di-stinguono i colori, ma sono ben capacidi rilevare i contrasti di colore, se diuna certa rilevanza. Una decina di an-ni dopo, un gruppo di ricerca ameri-cano condotto dalla biologa Lydia M.Mäthger portò avanti ricerche, i cuirisultati furono pubblicati sulla rivista«Vision Research», anch’esse basatesulle capacità mimetiche delle seppiein differenti combinazioni di coloridel substrato. Essi confermarono lacecità ai colori nelle seppie e aggiun-sero che questi animali sono in gradodi risolvere contrasti di colore inferiorial 15%. Un paio di anni più tardi, nel2008, lo stesso gruppo di ricerca, con-

dotto da Alexandra Barbosa, pubblicò su «Vision Resear-ch» che la risoluzione dei contrasti nella seppia è di circa il5%, un valore abbastanza basso, che indica come questaspecie riesca a distinguere assai bene i contrasti di colore.Si consideri che l’uomo è in grado di distinguere contrastifino al 2% e il gufo, animale notturno dalle capacità visiveeccezionali, fino all’1%.Ad oggi sono stati studiati i pigmenti visivi solo di alcunespecie di cefalopodi; tra quelli studiati, tutti posseggonoun solo pigmento visivo nella retina, che è in accordo conuna loro visione monocromatica. Esiste però un’eccezio-ne. Il ‘calamaro lucciola’ del Pacifico occidentale, la Wata-senia scintillans, possiede tre pigmenti visivi nella retina.Si tratta dell’unica specie di cefalopodi ‘sospettata’ di pos-sedere capacità distintive dei colori.Ma allora polpi, seppie, calamari e totani devono essereconsiderati organismi ‘ipovedenti disabili’? Assoultamen-te no, tutt’altro. In un articolo pubblicato nel 2011 sulla ri-vista «Philosphical Transactions of the Royal Society B»da un gruppo di ricercatori australiani facenti capo a N.Justin Marshall, viene riportato come l’ambiente acquati-co sia ricco di stimoli polarizzati che possono fornireinformazioni importanti agli animali che sono sensibili aquesto tipo di radiazione elettromagnetica. Senza entrarenel merito della biologia della visione della luce polarizza-ta, né tantomeno della complessa fisica di questo tipo diradiazione elettromagnetica, riporto soltanto che questotipo di sensibilità è stata dimostrata sia nei cefalopodi chenei pesci. Tuttavia, questi due gruppi di animali la utiliz-zano per finalità diverse, con i cefalopodi che se ne servo-no sia per comunicare tra loro che per l’individuazione diprede e predatori; mentre i pesci la usano soprattutto perla navigazione e l’orientamento. In particolare, nei cefalo-podi è stato riscontrato che le risposte agli stimoli polariz-zati sono qualitativamente comparabili con quelle ottenu-te dai forti contrasti rilevabili con la visione ‘normale’. Ciòsuggerisce che la sensibilità alla luce polarizzata rappre-senta un canale visivo autosufficiente che aumenta le capa-cità visive totali e quindi migliora la percezione dell’am-biente circostante da parte del cefalopode.

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AMEDEO LEONARDO DINELLI E FERRUCCIO MALTAGLIATI • LA SEPPIA E L’ARCOBALENO

Ritornando alla visione delle seppie, tempo fa mi vennein mente l’idea di approntare un esperimento finalizzatoa verificare le ‘credenze cromatiche’ dalla maggior partedei pescatori a eging. Professionalmente non mi occupodi biologia della visione e quindi, da ignorante in questocampo, la prima cosa che ho fatto è stata quella di andarea spulciare nei database della mia università la letteraturascientifica prodotta sulla visione dei cefalopodi. Con sor-presa, ho scoperto che, a partire dalla fine degli anni Cin-quanta ad oggi, numerosi studi sperimentali, effettuatisoprattutto sul polpo (Octopus vulgaris) e sulla seppia(Sepia officinalis), hanno inequivocabilmente dimostratoche i cefalopodi non sono capaci di distinguere i colori.Ho abbandonato pertanto l’idea di svolgere un nuovostudio sperimentale, in quanto gli aspetti che mi interes-savano erano già stati ampiamente indagati da colleghimolto più esperti di me in quel campo. Tuttavia, spintodalla curiosità scientifica, ma soprattutto da quella di pe-scasportivo, mi sono scaricato i formati elettronici dei va-ri articoli scientifici e me li sono studiati con attenzione.Riporto di seguito un sunto delle informazioni che hoestratto dagli articoli che ho ritenuto più rilevanti ai finidella pesca a eging.I primi studi scientifici sulla visione dei cefalopodi risalgo-no alla fine degli anni Cinquanta, quando due studiosiamericani che lavoravano alla Stazione Zoologica di Na-poli, Paul K. Brown e Patricia S. Brown, pubblicarono sul-la prestigiosa rivista «Nature» i risultati di una loro ricer-ca. Questi biologi osservarono che nella retina dell’occhiodelle seppie e dei polpi è presente un unico pigmento visivo,la rodopsina. È da rilevare che gli animali che distinguonoi colori hanno almeno due pigmenti (l’uomo ne possiedetre). I due biologi, però, in quel lavoro non trassero con-clusioni sulla visione monocromatica dei cefalopodi. Suc-cessivamente è degno di nota lo studio di altri due biologi,N. Justin Marshall e John B. Messenger, anch’esso pubbli-cato su «Nature», ma una quarantina di anni più tardi, nel1996. Questi studiosi effettuarono esperimenti basati sullecapacità mimetiche delle seppie. Venivano rilevati i pat-tern mimetici mostrati su substrati sperimentali impostati

FOTO HANS HILLEWAERT - CREATIVE COMMONS

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Che dire quindi della scelta dei colori dell’egi nella pescadei cefalopodi? Qual è il colore migliore? Beh, alla luce diquanto riportato, il colore in sé non è la variabile più rile-vante, mentre è importante il suo rapporto di contrastocon lo sfondo, oltre ai suoi disegni (striature, macchieecc.), senz’altro individuabili dal cefalopode. Rimane an-cora molto da capire sulla riflessione dell’egi nei confrontidella luce polarizzata, che potrebbe essere un aspetto ag-giuntivo assai importante per scatenare l’istinto predato-rio della seppia. A mio modesto avviso, comunque, l’asset-to dell’egi in acqua e il suo movimento sono gli aspetti datenere in maggiore considerazione in questo tipo di pesca.

conclusioniRiprendendo la parola, devo dire che avevo sempre ragio-nato come i pescatori citati da Ferruccio: ritenevo che fos-se di volta in volta ‘migliore’ un colore o l’altro, accettan-do tali preferenze come una sorta di dogma a cui non eranecessario trovare una risposta e limitandomi a proporreal cefalopode l’egi che in quel momento stimolava mag-giormente il suo attacco. Un po’ come quando proviamo apescare a galla con wtd o altre esche simili senza sentirenemmeno un attacco e poi, provando magari con un min-now affondante, cominciamo a catturare. Scopriamoquindi che quel giorno, a quell’ora e in quel determinatoposto, di mangiare a galla i nostri amici non ne voglionosapere. Ma non è poi che la stragrande maggioranza di noi

vada alla ricerca di una risposta: semplicemente ci limitia-mo a pensare che le giornate di pesca non sono tutteuguali, che così è da sempre e che così sarà pure in futuro.Grazie alle informazioni scientifiche riportate – anche serimangono ambiti da approfondire, come quelli relativialla luce polarizzata – possiamo invece cercare di sceglierei nostri egi con una certa razionalità: riprendendo le con-clusioni di Ferruccio, potremo preferire quelli che presen-tano forti elementi contrastanti nella loro colorazione –come le striature, le macchie o altre fantasie – o nel rap-porto fra questa e il fondo, in funzione della zona di pe-sca, della profondità a cui andremo a pescare, delle carat-teristiche e della composizione del fondale marino, dellaluce del sole e di tutte le altre componenti che caratteriz-zano e influenzano le nostre azioni di pesca, avendo sem-pre cura di effettuare presentazioni dell’esca ottimali, cu-randone l’assetto e il movimento. Mi sembra che tuttoquesto, in aggiunta alla nostra personale esperienza, siaun nuovo elemento di partenza su cui organizzare le pros-sime uscite a seppie.Colgo l’occasione per rivolgere un invito a tutti i lettori.Dato che la seppia vive mediamente non oltre due anni eche nel suo breve ciclo vitale deve aver modo di riprodur-si, se vi capita di prendere seppioline che stanno all’inter-no del palmo di una mano, rilasciatele. Oltre a dimostraredi essere persone rispettose dell’ambiente, darete loro lapossibilità di riprodursi, mantenendo quindi lo stock itti-co. Se avranno modo di vivere, ci verranno sicuramente atrovare la stagione successiva.

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