4.2 Fenomeni di trasporto - Treccani, il portale del sapere · e come conseguenza il formalismo...

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223 VOLUME V / STRUMENTI 4.2.1 Introduzione Più della metà della letteratura attinente l’ingegneria chimica è inerente ai fenomeni di trasporto. Sotto questo nome sono infatti raccolti tutti quei problemi nei quali una determinata grandezza fisica, come massa, energia o quantità di moto, viene trasferita da un punto all’altro dello spazio. Il loro stu- dio consente, per esempio, di calcolare: a) le perdite di cari- co subite da un fluido in moto in un condotto; b) il profilo di velocità assunto da un fluido che scorre in un condotto; c) la lunghezza di condotto necessaria per riscaldare sino a una tem- peratura desiderata un fluido che lo percorre; d) la quantità di calore dissipata da una superficie in contatto con un fluido che la lambisce; e) la superficie di contatto necessaria tra due fasi per trasferire una desiderata quantità di materia in un tempo definito. In questo capitolo verranno analizzati i problemi relativi al trasferimento di quantità di moto, energia e massa in assen- za di reazioni chimiche. Per la trattazione dell’interazione esi- stente tra fenomeni di trasporto e reazioni chimiche, v. capp. 5.1 e 6.3. L’oggetto di studio della termodinamica classica sono i sistemi all’equilibrio, mentre i fenomeni di trasporto si occu- pano di sistemi lontani dall’equilibrio nei quali sono presen- ti gradienti di grandezze intensive, quali la velocità, la tem- peratura e le concentrazioni. Dal punto di vista microscopi- co i fenomeni di trasporto sono dovuti ai movimenti caotici delle molecole e dei loro aggregati nel moto turbolento, in conseguenza dei quali i sistemi evolvono verso le condizio- ni di equilibrio. A tale evoluzione sono associati processi dis- sipativi che vengono fenomenologicamente identificati mediante resistenze responsabili delle dissipazioni stesse. Pertanto le relazioni fenomenologiche sviluppate nel corso degli anni per descrivere i differenti flussi (ossia la quantità di grandezza trasferita per unità di superficie e di tempo) sono di fatto correlate ai suddetti gradienti con forme funzionali più o meno complesse. Lo studio dei fenomeni di trasporto ebbe inizio verso la fine del 19° secolo, con l’avvento delle applicazioni di tipo ingegneristico legate alla realizzazione di macchine termi- che e alla costruzione di impianti industriali. Inizialmente, le relazioni sviluppate furono quelle dei bilanci macrosco- pici, ossia inerenti una porzione finita dello spazio. L’origine di queste equazioni macroscopiche di bilancio è difficile da individuare; esse comunque, unitamente alle assunzioni e alle approssimazioni insite nella loro formulazione, sono ormai di uso consolidato non solo in ingegneria chimica ma anche in quella civile, meccanica e aeronautica. Anzi, molti contributi sono stati sviluppati nell’ambito di quest’ultime discipline e solo in un secondo tempo sono stati mutuati nel- l’ambito chimico (per esempio, le teorie della turbolenza o dello strato limite fluidodinamico dovute a Ludwig Prandtl). Una volta assodata l’importanza delle equazioni macrosco- piche di bilancio, emerse la necessità di capire i meccanismi coinvolti e di formulare schemi operativi che rendessero più agevole l’applicazione di tali equazioni. Pertanto, vennero costruiti grafici che riportavano gli andamenti desiderati in funzione delle variabili fisiche principali, compendiate sotto forma di gruppi adimensionali. Si pensi per esempio ai dia- grammi del fattore di attrito in funzione del numero di Rey- nolds (impiegati per il calcolo delle perdite di carico nei con- dotti) oppure a quelli del numero di Sherwood in funzione del prodotto dei numeri di Reynolds e di Schmidt, ciascuno elevato a un opportuno esponente (impiegati per il calcolo del coefficiente di scambio di materia). Questa trattazione si sviluppò nell’ambito della fisica dei sistemi continui e le pro- prietà dei fluidi s’identificarono con opportune grandezze introdotte fenomenologicamente quali la viscosità, la con- ducibilità termica e la diffusività materiale, tutte misurabili sperimentalmente. Parallelamente, lo sviluppo delle teorie cinetiche di tipo molecolare permise di fornire giustificazioni ai vari coeffi- cienti fenomenologici precedentemente introdotti, con conse- guente grande impatto sulla loro stima per via teorica, parten- do dalla conoscenza delle proprietà delle molecole. A tale pro- posito, vanno menzionati i lavori di Chapman ed Enskog sulla teoria dei gas monoatomici e quelli di Chapman e Cowling (1939) sulle miscele gassose binarie, sino all’estensione ai siste- mi multicomponente di Hirschfelder et al. (1954), il cui con- tributo costituisce una pietra miliare nell’esame degli aspetti molecolari. Benché storicamente lo studio del trasferimento di massa, energia e quantità di moto si sia sviluppato indipendentemen- te, oggi più che mai è importante analizzare i fenomeni di tra- sporto nel loro insieme, per due motivi: i meccanismi di tra- sporto delle diverse grandezze sono, infatti, spesso i medesimi 4.2 Fenomeni di trasporto

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223VOLUME V / STRUMENTI

4.2.1 Introduzione

Più della metà della letteratura attinente l’ingegneria chimicaè inerente ai fenomeni di trasporto. Sotto questo nome sonoinfatti raccolti tutti quei problemi nei quali una determinatagrandezza fisica, come massa, energia o quantità di moto,viene trasferita da un punto all’altro dello spazio. Il loro stu-dio consente, per esempio, di calcolare: a) le perdite di cari-co subite da un fluido in moto in un condotto; b) il profilo divelocità assunto da un fluido che scorre in un condotto; c) lalunghezza di condotto necessaria per riscaldare sino a una tem-peratura desiderata un fluido che lo percorre; d) la quantità dicalore dissipata da una superficie in contatto con un fluidoche la lambisce; e) la superficie di contatto necessaria tra duefasi per trasferire una desiderata quantità di materia in untempo definito.

In questo capitolo verranno analizzati i problemi relativial trasferimento di quantità di moto, energia e massa in assen-za di reazioni chimiche. Per la trattazione dell’interazione esi-stente tra fenomeni di trasporto e reazioni chimiche, v. capp.5.1 e 6.3.

L’oggetto di studio della termodinamica classica sono isistemi all’equilibrio, mentre i fenomeni di trasporto si occu-pano di sistemi lontani dall’equilibrio nei quali sono presen-ti gradienti di grandezze intensive, quali la velocità, la tem-peratura e le concentrazioni. Dal punto di vista microscopi-co i fenomeni di trasporto sono dovuti ai movimenti caoticidelle molecole e dei loro aggregati nel moto turbolento, inconseguenza dei quali i sistemi evolvono verso le condizio-ni di equilibrio. A tale evoluzione sono associati processi dis-sipativi che vengono fenomenologicamente identif icatimediante resistenze responsabili delle dissipazioni stesse.Pertanto le relazioni fenomenologiche sviluppate nel corsodegli anni per descrivere i differenti flussi (ossia la quantitàdi grandezza trasferita per unità di superficie e di tempo) sonodi fatto correlate ai suddetti gradienti con forme funzionalipiù o meno complesse.

Lo studio dei fenomeni di trasporto ebbe inizio verso lafine del 19° secolo, con l’avvento delle applicazioni di tipoingegneristico legate alla realizzazione di macchine termi-che e alla costruzione di impianti industriali. Inizialmente,le relazioni sviluppate furono quelle dei bilanci macrosco-pici, ossia inerenti una porzione finita dello spazio. L’origine

di queste equazioni macroscopiche di bilancio è difficile daindividuare; esse comunque, unitamente alle assunzioni ealle approssimazioni insite nella loro formulazione, sonoormai di uso consolidato non solo in ingegneria chimica maanche in quella civile, meccanica e aeronautica. Anzi, molticontributi sono stati sviluppati nell’ambito di quest’ultimediscipline e solo in un secondo tempo sono stati mutuati nel-l’ambito chimico (per esempio, le teorie della turbolenza odello strato limite fluidodinamico dovute a Ludwig Prandtl).Una volta assodata l’importanza delle equazioni macrosco-piche di bilancio, emerse la necessità di capire i meccanismicoinvolti e di formulare schemi operativi che rendessero piùagevole l’applicazione di tali equazioni. Pertanto, vennerocostruiti grafici che riportavano gli andamenti desiderati infunzione delle variabili fisiche principali, compendiate sottoforma di gruppi adimensionali. Si pensi per esempio ai dia-grammi del fattore di attrito in funzione del numero di Rey-nolds (impiegati per il calcolo delle perdite di carico nei con-dotti) oppure a quelli del numero di Sherwood in funzionedel prodotto dei numeri di Reynolds e di Schmidt, ciascunoelevato a un opportuno esponente (impiegati per il calcolodel coefficiente di scambio di materia). Questa trattazione sisviluppò nell’ambito della fisica dei sistemi continui e le pro-prietà dei fluidi s’identificarono con opportune grandezzeintrodotte fenomenologicamente quali la viscosità, la con-ducibilità termica e la diffusività materiale, tutte misurabilisperimentalmente.

Parallelamente, lo sviluppo delle teorie cinetiche di tipomolecolare permise di fornire giustificazioni ai vari coeffi-cienti fenomenologici precedentemente introdotti, con conse-guente grande impatto sulla loro stima per via teorica, parten-do dalla conoscenza delle proprietà delle molecole. A tale pro-posito, vanno menzionati i lavori di Chapman ed Enskog sullateoria dei gas monoatomici e quelli di Chapman e Cowling(1939) sulle miscele gassose binarie, sino all’estensione ai siste-mi multicomponente di Hirschfelder et al. (1954), il cui con-tributo costituisce una pietra miliare nell’esame degli aspettimolecolari.

Benché storicamente lo studio del trasferimento di massa,energia e quantità di moto si sia sviluppato indipendentemen-te, oggi più che mai è importante analizzare i fenomeni di tra-sporto nel loro insieme, per due motivi: i meccanismi di tra-sporto delle diverse grandezze sono, infatti, spesso i medesimi

4.2

Fenomeni di trasporto

e come conseguenza il formalismo matematico impiegato perla loro descrizione è lo stesso.

In conclusione, i fondamenti dei fenomeni di trasporto pote-vano dirsi ben posti già alla metà del 20° secolo, come testi-monia il testo di Bird et al. (1960) divenuto di riferimento nelsettore. Nello stesso periodo inoltre divennero disponibili letraduzioni dal russo dei testi di Landau e Lifshitz (1959) e diLevich (1962). Oggi circolano decine di testi dedicati ai feno-meni di trasporto, da quelli a carattere più introduttivo a quel-li inerenti gli aspetti più innovativi. Sovente, gli esempi utiliz-zati nella trattazione sono scelti in funzione dell’utente e quin-di, per esempio, vi sono volumi specificatamente dedicati aingegneri chimici, ingegneri metallurgici, ingegneri biomedi-ci e così via.

4.2.2 Visione macroscopicae molecolare

Da quanto sopra emerge che, in senso generale, con l’e-spressione fenomeni di trasporto s’intende il trasferimento digrandezze fisiche all’interno di un sistema o attraverso il suocontorno. Le grandezze prese in esame nei sistemi che inte-ressano la chimica e l’ingegneria sono la massa, la quantitàdi moto e l’energia, mentre i sistemi possono manifestare ungrado di complessità assai diversificato, come illustrato daalcuni esempi riportati in fig. 1. Si passa così dai sistemi omo-genei, nei quali è presente una sola fase, ai sistemi eteroge-nei dove è presente una molteplicità di fasi. Ciascuna fasepuò poi essere monocomponente o multicomponente, a secon-da del numero di specie chimiche che la compongono. Spes-so una delle fasi presenti è un fluido in moto, per cui la com-plessità del problema è acuita da variazioni discontinue dicomportamento, come nel caso della transizione dal motolaminare a quello turbolento o a quella esistente tra moto sub-sonico e supersonico. Altri esempi caratteristici di transizioni

di moto sono presenti per esempio nei fluidi bifase, di cuisono note una decina di configurazioni di moto differenti, aseconda della velocità relativa delle due fasi e del loro rap-porto volumetrico.

Un sistema può essere analizzato a diverse scale, ciascu-na caratterizzata da una propria dimensione caratteristica. Intermini generali, il sistema, o più propriamente la sua porzio-ne d’interesse, è considerato come un mezzo continuo e quin-di questa caratteristica è estesa anche a tutte le grandezze inten-sive ed estensive usate per la sua descrizione.

Su scala macroscopica, lo studio è condotto su dimensio-ni finite, alle quali il volume di controllo comprende tutto ilsistema, e la variazione del valore delle sue grandezze è otte-nuta scrivendo equazioni di bilancio che contengono le quan-tità entranti e uscenti nell’unità di tempo. In prima approssi-mazione, si possono attribuire valori uniformi alle variabiliintensive in diverse regioni del sistema. Questo approccio vienedefinito a parametri ‘concentrati’. La formulazione dei bilan-ci dal punto di vista matematico porta alla scrittura di equa-zioni algebriche se il sistema è in condizioni stazionarie, o dif-ferenziali ordinarie se il sistema è in condizioni transitorie. Lalunghezza caratteristica del sistema s’identifica con una dellesue dimensioni e quindi può variare dai centimetri ai metri. Inquesta impostazione, le proprietà di trasporto sono espressetramite i coefficienti di scambio che, come sarà visto in segui-to, esprimono in forma mediata sia il contributo delle proprietàdel mezzo sia quello del regime di trasporto.

Lo studio del medesimo sistema su scala intermedia impli-ca l’analisi e la descrizione dei fenomeni che avvengono suuna lunghezza caratteristica, compresa tra il micrometro e ilcentimetro. Matematicamente è opportuno descrivere i feno-meni coinvolti fruendo di un volume elementare significativo,che però, con un’astrazione al limite, viene assimilato a infi-nitesimo. Dato che le dimensioni in esame sono assai maggioridi quelle delle molecole contenute, è spesso lecito considera-re il sistema continuo. La scrittura delle equazioni di bilancio

MOTO DEI FLUIDI

224 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

A

B

C Da bolle a tappi a schiuma anulare

fig. 1. Alcuni esempi di sistemi che s’incontranonello studio dei fenomeni di trasporto in un condotto. A, moto di un fluidomonofase in regimelaminare; B, moto di un fluidomonofase in regimeturbolento; C, moto bifase (gas-liquido o liquido-liquido); D, instabilità del moto bifase (regime a bolle,regime a tappi,regime a schiuma, regime anulare).

porta a equazioni differenziali alle derivate parziali rispetto atre coordinate spaziali e una temporale, quali variabili indi-pendenti. Le equazioni così ottenute, se vengono integrate sututto il sistema, forniscono i campi di moto, temperatura ecomposizione. Come sarà descritto in dettaglio in seguito, lascrittura delle equazioni di bilancio implica la conoscenza dialcuni parametri, identificabili quali proprietà fenomenologi-che e che comprendono la conducibilità termica, la diffusività,la viscosità o la tensione superficiale del mezzo costituente ilsistema in esame. In realtà, dal punto di vista matematico, esseriflettono l’impiego di un’approssimazione lineare nelle rela-zioni che legano i flussi locali delle proprietà trasportate ai gra-dienti delle corrispondenti grandezze intensive. In una visio-ne strettamente fenomenologica, i gradienti vengono identifi-cati con le forze motrici del trasporto, mentre il flusso nelladirezione opposta a detto gradiente costituisce l’effetto da essecausato. Tali parametri devono essere misurati sperimental-mente.

Su scala molecolare, infine, si deve tenere conto dei mec-canismi che sovrintendono al trasporto sulla base delle pro-prietà delle molecole stesse costituenti il mezzo in esame. Inaltre parole, analizzando il problema del trasporto su questascala si vuole stimare il valore delle menzionate proprietà feno-menologiche dalle proprietà ultime della materia. In questocaso, la dimensione caratteristica s’identifica con un ragione-vole intorno delle dimensioni molecolari ed è quindi contenu-ta nell’intervallo compreso tra il nanometro e il micrometro.

Nel seguito i fenomeni di trasporto saranno anzitutto ana-lizzati considerando il mezzo continuo e quindi derivando leespressioni delle equazioni differenziali di conservazione aparametri distribuiti, le cosiddette equazioni indefinite di bilan-cio. Sino al decennio scorso, la loro integrazione costituiva unproblema spinoso, per cui i testi sui fenomeni di trasporto esa-minavano un elevato numero di casi semplificati per i quali erapossibile ottenere delle soluzioni analitiche, talora approssi-mate. La ricostruzione del comportamento del sistema venivapoi ottenuta per esempio anche come combinazione degli anda-menti asintotici così determinati. Oggi, il progresso dei meto-di di calcolo e soprattutto dei calcolatori elettronici permettel’uso di programmi altamente affidabili che consentono l’in-tegrazione delle equazioni di conservazione su domini geo-metrici complessi, considerando anche sistemi polifasici, conleggi fenomenologiche di trasporto fortemente non lineari, perregime di moto sia laminare sia turbolento.

Successivamente, saranno esaminate le teorie su scalamolecolare che permettono la stima delle proprietà fenome-nologiche, quali la viscosità, la conducibilità termica e la dif-fusività.

Infine, saranno presi in esame alcuni casi di particolareinteresse, quali la determinazione del profilo di velocità in con-dotti, lo studio dello sviluppo dello strato limite (di velocità,termico e di concentrazione) in un fluido che lambisce unaparete, la distribuzione di temperatura attraverso una paretecomposita, la dinamica di riscaldamento di un solido e la dif-fusione in un solido o in un fluido stagnante, il trasporto dimateria attraverso interfacce e alcuni aspetti della convezionenaturale.

4.2.3 Relazioni fenomenologiche

Grandezze fisiche quali quelle qui esaminate (massa, energiae quantità di moto) si possono trasferire da una parte all’altra

del sistema in due modi assolutamente differenti tra di loro.Una esemplificazione di questi meccanismi è riportata infig. 2. La prima modalità di trasporto è legata al movimentomacroscopico del fluido ed è detta convezione. Le molecoledel fluido si muovono all’interno del sistema trasportando,oltre alla massa, tutte le proprietà a loro associate. La con-vezione può essere provocata esternamente, ossia tramite mac-chine atte a movimentare il fluido (agitatori, pompe, com-pressori); in tal caso si parla di convezione forzata. In alter-nativa, il moto d’insieme di un fluido può essere dovuto, comesi è visto, alla presenza di gradienti di variabili intensive alsuo interno. Qualora essi superino un valore critico s’inne-scano fenomeni circolatori all’interno del fluido stesso e siparla allora di convezione naturale. La seconda modalità ditrasporto identifica invece un modo di trasferimento al qualenon è associato alcun moto d’insieme di materia. Nel tra-sporto di energia questo meccanismo è indicato con il termi-ne conduzione ed è associato alla presenza di gradienti ditemperatura, mentre nel trasporto di massa, ovvero la diffu-sione, e di quantità di moto è associato rispettivamente ai gra-dienti di concentrazione e di velocità.

Per completare la descrizione sulle diverse modalità ditrasporto è necessario esaminare anche il modo con il qualeavviene il moto di un fluido. Facendo riferimento per sem-plicità a un fluido monofase, ci può essere un caso in cui lesingole particelle del fluido seguono traiettorie ben definitecostituite da linee regolari praticamente stazionarie all’inter-no della massa in moto (i cosiddetti filetti fluidi). Se, peresempio, il fluido si muove all’interno di un condotto le sueparticelle si muovono in direzione parallela alle pareti delcondotto e sono assenti componenti di velocità ortogonaliall’asse del condotto stesso, in questo caso si parla di motoin regime laminare. Il moto può avvenire anche secondo traiet-torie irregolari, tortuose e continuamente variabili. In questosecondo caso la perturbazione del moto viene detta turbo-lenza e indica quella componente del moto che si sovrappo-ne a quella principale di trasporto lungo l’asse del condotto.Quindi, a un dato istante esistono componenti del moto siain direzione parallela sia ortogonale all’asse del condotto,che identifica la direzione principale del moto. Se però siosserva il sistema per un intervallo di tempo non troppo brevele componenti di velocità in direzione ortogonale presenta-no un valor medio locale nullo. Al contrario, la componente

FENOMENI DI TRASPORTO

225VOLUME V / STRUMENTI

diffusione(moto molecolare

caotico con velocità c)

convezione(moto d’insieme con velocità v)

profilo divelocità

uvc

fig. 2. Esemplificazione dei meccanismi di trasporto: convezione (moto d’insieme su lungo raggio), diffusione (corto raggio).

parallela presenta un valor medio non nullo ed è responsabi-le del trasporto d’insieme del fluido. Si parla in questo casodi moto in regime turbolento.

Pertanto, nel caso di moto in regime laminare il trasportoin direzione ortogonale alla direzione del moto può avvenireunicamente per collisione molecolare e quindi questo mecca-nismo è responsabile dei trasporti di natura conduttiva e dif-fusiva. Nel caso di moto turbolento, benché la media tempo-rale su lungo periodo delle velocità trasversali sia nulla, pereffetto delle fluttuazioni istantanee si ha l’attivazione di unmeccanismo di trasporto molto efficace che si sovrappone aquello molecolare, indicato come trasporto turbolento.

Flussi convettiviPrendendo in esame un elemento di fluido che si muove

uniformemente con velocità d’insieme u, il flusso convetti-vo J indica la quantità di una data grandezza che nell’unitàdi tempo fluisce attraverso l’unità di superficie di riferimen-to per effetto del trasporto d’insieme. Matematicamente, ciòcorrisponde al prodotto della velocità dell’elemento di flui-do per una grandezza intensiva che identifica la quantità digrandezza per unità di volume. Quindi, per la massa, la quan-tità di moto e l’energia le tre espressioni risultano essere rispet-tivamente:

[1]

[2]

[3]

dove r, wi, U, F e u2/2 indicano, rispettivamente, la densità, lafrazione massica e i contributi specifici all’unità di massa perl’energia interna, potenziale e cinetica. Benché quanto riporta-to nella [3] corrisponda rigorosamente al flusso dell’energia tota-le, nei sistemi chimici i due ultimi contributi sono solitamenteinferiori di alcuni ordini di grandezza a quello dell’energia inter-na e quindi risultano trascurabili. Nel seguito si farà pertantoriferimento solo al termine dovuto all’energia interna, conve-nientemente espresso come UU°rCV T, dove °, CV e Tindicano, rispettivamente, il valore di riferimento, il calore spe-cifico a volume costante e la differenza di temperatura esisten-te tra il valore locale e quello dello stato di riferimento.

Flussi diffusivi ed equazioni costitutivePer analizzare la genesi dei flussi di origine diffusiva è

necessario prendere in esame una direzione ortogonale almoto del fluido. Per sua stessa natura e definizione, il tra-sporto di natura diffusiva in una direzione non deve infattiessere associato a un trasporto d’insieme (ossia convettivo)nella medesima direzione. In linea di principio, ognuno deidiversi gradienti presenti nel sistema, quali quelli di compo-sizione, temperatura, pressione, potenziale di un campo diforze esterne e quantità di moto, fornisce un contributo al tra-sporto diffusivo della grandezza considerata. La forma fun-zionale più semplice per considerare tutti questi contributi èuna loro combinazione lineare. Non tutti i gradienti elencatiforniscono però un contributo numericamente significativoe quindi nella pratica è d’uso considerare solo i più impor-tanti di essi.

Le espressioni per i flussi di massa, energia e quantità dimoto vengono dette ‘leggi’ o più correttamente, in accezionemoderna, equazioni costitutive poiché esprimono il legame esi-stente tra la forza motrice del fenomeno e l’azione conseguente.

Per semplicità di trattazione, nel seguito, si supporrà ilmezzo isotropo, così da poter definire un unico valore che iden-tifichi la proprietà del mezzo di trasferire la grandezza in esameindipendentemente dalla direzione considerata. Ovviamente èfacile rimuovere quest’ipotesi qualora si considerino mezzi nonisotropi.

Flusso diffusivo di massaIn presenza di sola diffusione molecolare il trasporto di

massa è indotto dai contributi di diffusione ordinaria Ni(ord)

(dovuto ai gradienti di composizione), di diffusione termicaNi

(T ) (dovuto ai gradienti di temperatura), di diffusione per pres-sione Ni

(P) (dovuto ai gradienti di pressione) e di diffusione pereffetto di campi di forza esterni Ni

(F), quale per esempio quel-lo elettromagnetico, che agiscono selettivamente su alcune spe-cie. In prima approssimazione, ognuno di essi è proporziona-le alla forza che lo provoca, identificabile con l’opposto delgradiente di una grandezza, tramite un coefficiente che pren-de il nome di coefficiente di diffusione. In definitiva, il flussodiffusivo di massa sarà quindi espresso dalla somma di tutti icontributi precedenti: Ni

(tot)Ni(ord)Ni

(T)Ni(P)Ni

(F).Per il contributo della diffusione ordinaria, di gran lunga

il più importante, vale la legge di Fick:

[4]

dove Di,m è il coefficiente di diffusione ordinaria o diffusivitàdella specie i-esima nella miscela, espresso in m2/s. I valori deicoefficienti di diffusione sono dell’ordine di 0,5-2105 m2/sper i gas a pressione atmosferica e a temperatura ordinaria, di108-109 m2/s per i liquidi a temperatura ordinaria e di 1011-1013 m2/s per la diffusione attraverso solidi. Affinché esistaun gradiente di concentrazione, il sistema deve ovviamentecontenere almeno due specie chimiche e quindi più corretta-mente si dovrebbe parlare di coefficiente di diffusione bina-rio. In alternativa si può fare riferimento a sistemi dove sianopresenti due isotopi della stessa specie; in tal caso si parla dicoefficiente di autodiffusione. È importante notare che nel casodi due specie chimiche A e B, dato che la diffusione non devedare origine a un moto d’insieme, si verifica il fenomeno dellacontrodiffusione equimolecolare. In altri termini, il flusso dellaprima specie attraverso la seconda risulta uguale e contrario aquello della seconda specie attraverso la prima:

[5]

È facile verificare che, essendo wB1wA, ciò porta all’im-portante conseguenza dell’uguaglianza dei due coefficienti didiffusione binari (DABDBA). La trattazione della dipendenzadalla composizione in sistemi multicomponente si complicaulteriormente, divenendo i flussi materiali delle diverse specietutti interconnessi tra loro (v. par. 4.2.5).

Il contributo della diffusione termica, noto come effettoSoret, è legato al gradiente del logaritmo della temperatura. Ladifferenza di temperatura induce trasporti di materia signifi-cativi solo nel caso di elevati gradienti e significative diffe-renze di peso molecolare nelle specie presenti nel sistema. Ilsuo effetto è quello di trasportare le specie ‘pesanti’ nelle zonepiù fredde e, viceversa, quelle ‘leggere’ nelle zone più calde.Anche in questo caso è definito un coefficiente di diffusionetermica Di

(T ):

[6]

Il contributo di diffusione termica è solitamente trascurabi-le nei sistemi chimici ordinari, dove i gradienti di temperatura

N iT

iTD T( ) ( ) ln= − ∇r

N NAord

Bord( ) ( )+ = 0

N iord

i m iD( )

,= − ∇r ω

J uE U u= + +

⋅Φ2

2r

J up = ⋅ruJ ui i= rω

MOTO DEI FLUIDI

226 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

sono modesti. Tuttavia, nei reattori impiegati nelle tecnolo-gie microelettroniche per la deposizione di film sottili nonè raro trovare gradienti di temperatura dell’ordine di 30.000K/m e quindi questo contributo diviene numericamente signi-ficativo.

Il contributo della diffusione di pressione è dovuto al fattoche è possibile ottenere un movimento della specie i-esima seall’interno del sistema è presente un gradiente di pressione esinteticamente può essere espresso come:

[7]

dove Di(P) indica il coefficiente di diffusione di pressione e R

la costante dei gas. La tendenza di una miscela a separarsi intali condizioni è però molto piccola e solitamente questo con-tributo è ampiamente trascurabile, a eccezione che nelle cen-trifughe nelle quali è possibile ottenere valori elevatissimi digradiente di pressione.

Il contributo della diffusione di campo dipende dalle pro-prietà delle forze in esame. Nei sistemi chimici, il contributopiù importante è quello dovuto all’azione del campo elettricosugli ioni presenti in una soluzione:

[8]

dove zi, zi, NA e E indicano rispettivamente la carica elettri-ca dello ione espressa in unità della carica elettrica e dell’e-lettrone, la sua mobilità ionica, il numero di Avogadro e il gra-diente del potenziale elettrico. Il prodotto eNA è pari alla costan-te di Faraday, ℑ. La mobilità ionica zi è legata alla diffusivitàdello ione tramite la relazione di Nernst-Einstein:

[9]

Flusso diffusivo di energiaAnalogamente a quanto esaminato per il trasporto di

massa, anche per quello di energia dovrebbero essere presiin esame tutti i contributi precedentemente esaminati, manella sostanza, in assenza di forze di campo selettive, in unsistema monocomponente, il contributo rilevante è solo quel-lo dovuto alle differenze di temperatura esistenti nel siste-ma. In un sistema multicomponente deve essere considera-to anche il contributo indotto dalla presenza di diffusionemateriale, dato che a ogni molecola è indissolubilmente lega-to il suo contenuto energetico. Qualora il trasporto di massasia indotto da un gradiente di temperatura (diffusione ter-mica), il conseguente trasporto di energia è noto come effet-to Dufour. Il trasporto di energia per meccanismo diffusivoè detto conduzione.

L’espressione del flusso conduttivo risulta allora pro-porzionale al gradiente di temperatura tramite un coefficientekT che prende il nome di conducibilità termica, espressain W/mK; la legge costitutiva corrispondente è nota comelegge di Fourier:

[10]

Valori tipici della conducibilità termica sono dell’ordinedi 10-300 W/mK per i metalli, 0,1-0,5 W/mK per i liquidi, 0,05-2 W/mK per i solidi e circa 102 W/mK per i gas. Le ragionidi tali diversità nei valori saranno comprensibili quando laconducibilità termica sarà correlata alle proprietà molecola-ri. È utile definire una grandezza correlata alla precedente,che assume le medesime dimensioni della diffusività di mate-ria e che per analogia viene detta diffusività termica:

[11]

dove CP è il calore specifico a pressione costante.Nei sistemi multicomponente, il contributo al trasporto di

energia indotto dalla presenza dei flussi diffusivi di materia èdato da:

[12]

dove H°i indica l’entalpia massica di formazione della specie i.

Flusso radiativo di energiaUn oggetto materiale come conseguenza della sua tem-

peratura emette radiazione elettromagnetica. Questa moda-lità di trasmissione non necessita di alcun mezzo per avereluogo, e quindi la propagazione può avvenire anche nel vuoto.Per sua stessa natura è un contributo rilevante solo a tempe-rature elevate. Ai fini ingegneristici, per la conoscenza delflusso è sufficiente conoscere la differenza di temperaturaesistente tra le due superfici interessate allo scambio e appli-care la legge di Stefan-Boltzmann. Facendo riferimento a duecorpi grigi, il flusso radiante uscente da un corpo grigio èuguale alla somma del flusso radiante emesso dal corpo e delflusso radiante riflesso. Tenendo conto che l’emissività di uncorpo ei è uguale alla sua assorbenza ai, è possibile dimo-strare la seguente espressione per il flusso di energia radia-tivo tra due superfici, rispettivamente di area Ai e alla tem-peratura Ti:

[13]

dove sSB e F12 indicano, rispettivamente, la costante di Stefan-Boltzmann e il fattore di vista tra le due superfici. Quest’ulti-mo è un fattore geometrico che, come mostrato in fig. 3, espri-me la proiezione della prima superficie sulla seconda.

Si noti che la [13] non contiene alcuna proprietà del mezzose non le emissività delle due superfici. Questo contributo per-tanto non interviene direttamente nella scrittura delle equa-zioni di bilancio energetico, nelle quali sono presenti solo icontributi di volume. Esso è però presente, a livello di princi-pio, nelle condizioni al contorno, anche se praticamente divie-ne rilevante solo alle alte temperature.

q( )

( )

rad SB T Tee F

A ee A

=−( )

−+ +

−σ

1

4

2

4

1

1 12

1 2

2 2

1 1 1

q Nxii iH( ) = ∑ °

α =kCT

Pr

q = − ∇k TT

ζiiD

RT=

N iF

i i i Az e N E( ) = − ⋅( ) ∇ζ ωr

N iP i

PDRT

P( )

( )

= − ∇

FENOMENI DI TRASPORTO

227VOLUME V / STRUMENTI

A1

A1A2A1 A2 pr2

T1

θ1

A2

T2

θ2

F12F21 dA1dA21

cos1 cos2

fig. 3. Fattore di vista tra due superfici (q angolotra la normale alla superficiee la congiungente l’altra superficie).

Flusso diffusivo di quantità di motoSe per la definizione dei trasporti diffusivi di massa e di

energia è indifferente considerare sistemi in moto o in quie-te, per definire un trasporto molecolare di quantità di motoè ovviamente necessario prendere in esame un sistema inmoto. Si consideri quindi un fluido in moto laminare, doveil moto si sviluppa in un condotto per filetti paralleli. Il flus-so di quantità di moto di natura diffusiva s’identifica con losforzo di taglio (shear stress). Sforzo di taglio e gradientedi velocità (shear rate) sono tra loro correlati dalla relazio-ne fondamentale della reologia, che, qualora esista solo unacomponente di velocità in direzione x e si voglia esprimereil flusso diffusivo di quantità di moto in direzione y, assumela forma:

[14]

dove il coefficiente di proporzionalità è una proprietà del flui-do che prende il nome di viscosità dinamica (o semplicementeviscosità) ed è espressa in Pas. Questa relazione è chiamatalegge di Newton della viscosità. Benché originariamente intro-dotta come il più semplice legame tra lo sforzo e il gradien-te di velocità, essa si è rivelata valida per una larga classe difluidi, in particolare per tutti i gas e i liquidi con peso mole-colare inferiore a circa 5.000. Pertanto, questa classe di flui-di è detta dei fluidi newtoniani; per converso, i fluidi che nonrispettano questa semplice legge sono detti fluidi non newto-niani. Esempi di fluidi non newtoniani sono i polimeri liqui-di, le sospensioni, le paste, i fanghi e altri fluidi complessi.Valori tipici della viscosità sono dell’ordine di 105 Pas peri gas, 103-10 Pas per i liquidi. Anche in questo caso è con-veniente introdurre una grandezza omogenea con la diffusi-vità di materia, detta viscosità cinematica (o diffusività dellaquantità di moto molecolare), definita come

[15]

L’espressione del flusso di quantità di moto così ricavata èevidentemente troppo semplice per poter essere impiegata perconfigurazioni di moto qualsivoglia, ancorché laminare. In ungenerico sistema fluido in moto sono infatti presenti tutte e trele componenti di velocità, ciascuna delle quali è funzione delletre coordinate spaziali. Questa generalizzazione non è imme-diata e sono stati necessari circa 150 anni per passare dalla for-mulazione semplice indicata da Newton alla relazione più gene-rale. Non è qui il caso di sviluppare il dettaglio della sua dimo-strazione, di cui verranno indicate solamente le ipotesi di base.Dato che le tre componenti di velocità dipendono ciascunadalle tre coordinate è evidente che saranno presenti in totalenove componenti di sforzo τij. Inoltre, in aggiunta agli sforzidi tipo tangenziale, indotti dalle forze viscose, saranno presentianche quelli normali, associati alla pressione P. In termini gene-rali può quindi essere introdotta una componente molecolaredi sforzo che include entrambi i contributi sopra menzionati,definita come segue:

[16]

dove dij è il simbolo di Kronecker, che assume valore nullose ij e unitario se ij. Gli sforzi con indici identici sonoindicati come sforzi normali, mentre gli altri sono detti ditaglio. Fisicamente, pij può essere associato a due diversisignificati tra loro equivalenti. Nel primo caso, rappresenta

la forza in direzione j agente su di un’area ortogonale a essa.Nel secondo, rappresenta il flusso della componente j dellaquantità di moto in direzione i. La prima interpretazione èsolitamente impiegata quando si vogliano analizzare le forzeesercitate da un fluido su di una superficie, mentre la secon-da è più indicata quando l’attenzione è focalizzata sugli aspet-ti di moto del fluido. Matematicamente pp e tt sono tensori delsecondo ordine, detti, rispettivamente, tensore degli sforzimolecolari e tensore degli sforzi viscosi. In generale, assu-mendo che ogni componente di sforzo viscoso sia funzionelineare di tutti i gradienti di velocità, il tensore risultante ha81 componenti, che in linea di principio originano 81 diver-si coefficienti di viscosità. Se però si assumono valide le pro-prietà di simmetria e il fluido è considerato isotropo, l’e-spressione del tensore degli sforzi viscosi in notazione ten-soriale compatta si riduce a:

[17]

dove dd è il tensore unitario, ∇u è il tensore del gradiente divelocità, (∇u)t è il suo trasposto e ∇u è la divergenza del vet-tore velocità. In dettaglio, le singole componenti del tensoreassumono la forma seguente:

[18]

La generalizzazione qui riportata coinvolge due coeffi-cienti per caratterizzare le proprietà del fluido. Il primo, m, èla viscosità, mentre il secondo, κ, è la seconda viscosità (visco-sità dilatazionale). Solitamente, la conoscenza di questo secon-do coefficiente non è strettamente necessaria. Infatti κ è nulloper i gas ideali, mentre per fluidi incomprimibili ∇u0 e quin-di tutto il secondo termine scompare. Questo coefficiente èimportante qualora si voglia descrivere la trasmissione delsuono in gas poliatomici o qualora si analizzi la fluodinamicadi liquidi contenenti gas.

Fluidi non newtonianiPer i fluidi non newtoniani il concetto di viscosità, quale

proprietà chimico-fisica del fluido, perde significato, in quan-to il suo valore non dipende unicamente dal fluido e dalle con-dizioni esterne quali pressione e temperatura, ma anche dalmoto. Per mantenere il formalismo sin qui adottato si introdu-ce allora una viscosità apparente h che è funzione anche dellostato di sforzo locale:

τ µ µ κijj

i

i

j

xux

ux

ux

=− +

+ −

+

23

uy

uz

y zij+

d

tt dd= − ∇ + ∇ + −

∇ ⋅( )µ µ κu u u( )t2

3

π τij ij ijP= +d

υ µ=r

Np z yxxdudy,

= = −tt µ

MOTO DEI FLUIDI

228 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

t

g.

t

g.

t

g.

h

g.

h

g.

h

g.

newtoniano Bingham

pseudoplastico

pseudoplastico

newtoniano Bingham dilatante

dilatante

fig. 4. Illustrazione schematica del comportamento reologico dei fluidi newtoniani e non newtoniani.

[19]

avendo indicato con.gg la cosiddetta velocità del tensore di

deformazione che identifica la dissipazione. Come illustratoin fig. 4, la dipendenza della viscosità apparente da

.gg identi-fica i fluidi non newtoniani. Se la viscosità apparente dimi-nuisce all’aumentare della dissipazione viscosa si parla difluidi pseudoplastici, altrimenti, di fluidi dilatanti. Per esem-pio, i polimeri liquidi tendono a comportarsi prevalentemen-te come fluidi pseudoplastici in quanto al crescere dello statodi sforzo (o equivalentemente del gradiente di velocità) lemacromolecole tendono a estendersi e a districarsi lungo ladirezione del moto, così da opporre minore resistenza al motostesso. Comportamento analogo è fornito anche dalle solu-zioni colloidali, nelle quali le micelle tendono a orientarsi inmodo da favorire il moto. I grassi alimentari e gli amidi sicomportano invece come fluidi dilatanti, dato che lo sforzoda applicare per mantenerli in moto aumenta con la loro velo-cità. Per completezza è importante citare un’altra categoriadi fluidi non newtoniani, ossia i fluidi alla Bingham; in que-sti sistemi, per indurre il moto è necessario che lo sforzo supe-ri un valore soglia, al di sotto del quale il fluido si comportarigidamente.

Per descrivere molti dei comportamenti complessi dei flui-di non newtoniani sono stati proposti differenti modelli, qualiper esempio quelli di Bingham, di Ostwald-De Waële, di Eyringe di Reiner-Philippof. All’atto pratico è invalso l’uso ingegne-ristico di riferirsi prevalentemente al semplice modello diOstwald-De Waële, meglio noto come legge di potenza, perdescrivere con buona approssimazione il loro comportamentoreologico:

[20]

dove m e n sono i parametri del fluido. È facile verificare chese n1 il fluido è newtoniano e il coefficiente m s’identificacon la viscosità m, se n1 il fluido è dilatante e infine se n1è pseudoplastico.

Analogia tra i trasporti diffusiviOsservando le tre relazioni costitutive sin qui riportate, si

nota che esse presentano la medesima struttura. L’analogia neitrasporti diffusivi molecolari di massa, energia e quantità dimoto non deve sorprendere, in quanto tali relazioni trovanoragion d’essere negli stessi principi fisici. Per evidenziare ciò,è utile raggruppare le tre grandezze omogenee, diffusività,viscosità cinematica e diffusività termica, in due raggruppa-menti adimensionali detti rispettivamente numero di Schmidte di Prandtl:

[21]

[22]

È facile verificare che essi rappresentano il rapporto tra duetempi caratteristici e pertanto identificano l’importanza rela-tiva dei diversi meccanismi di trasporto. Il numero di Schmidtstabilisce l’importanza relativa della diffusione materiale rispet-to alla diffusione della quantità di moto. Quello di Prandtl inve-ce rappresenta l’importanza relativa della conduzione di calo-re rispetto alla diffusione della quantità di moto. Per i gas, iltrasporto su lunga distanza di energia, materia e quantità dimoto avviene mediante lo stesso meccanismo. La molecola

che si muove nello spazio, tra una collisione e l’altra, traspor-ta la sua quantità di moto, la sua energia e la sua massa. Quin-di è ragionevole presumere che le tre diffusività assumanoall’incirca lo stesso valore (uDa) e conseguentementeScPr1. Per i liquidi è invece importante distinguere traquelli ordinari e i metalli liquidi. Infatti, per quest’ultimi, il tra-sporto per conduzione risulta particolarmente favorito a causadell’attivazione del meccanismo elettronico, assai più effica-ce per il trasporto di energia che non quello collisionale e vibra-zionale; quindi per essi, Pr1. Per i liquidi ordinari, vicever-sa, il trasporto più efficace è quello di quantità di moto, men-tre risulta più ostacolato quello di materia; pertanto, essendouaD, risulterà che Pr 1 (con valori che variano da qual-che decina a 106 per liquidi polimerici) e Sc 1. Per i sistemisolidi, evidentemente i due numeri adimensionali precedente-mente definiti non hanno significato, dato che non ha sensoriferirsi alla viscosità cinematica (che al limite assume valoreinfinito). È importante però notare che per i sistemi solidi α D,dato che attraverso essi è più semplice trasferire il calore chenon la materia.

Coefficienti di scambioIn presenza di fluidi in moto, in generale, sono contempo-

raneamente presenti entrambi i meccanismi di trasporto, dif-fusivo e convettivo. Inoltre, la presenza del moto altera la formadel gradiente della grandezza in esame rispetto a quella delsistema stagnante. Pertanto nella pratica risulta opportuno intro-durre coefficienti che tengano conto di entrambi i contributi,esprimendo la forza motrice in termini lineari nelle espressio-ni dei flussi di tipo diffusivo. Questi coefficienti, detti coeffi-cienti di scambio, sono definiti come segue:

[23]

[24]

[25]

dove, kc, h e ( fru) indicano rispettivamente il coefficiente discambio materiale, termico e di quantità di moto, la cui defi-nizione, compatibilmente con il suo sviluppo storico, fa uso diun coefficiente f, noto come fattore d’attrito di Fanning. Gliapici e 0 indicano, rispettivamente, il valore della grandez-za in una zona ‘imperturbata’ del fluido e in corrispondenzadella superficie attraverso la quale si vuole calcolare il flus-so. Si noti inoltre che nelle condizioni ordinarie, la velocitàdi un fluido in corrispondenza di una parete è sempre nulla(condizioni di aderenza), per cui si ritrova l’espressione clas-sica tyxf ru2/2.

4.2.4 Equazioni indefinite di conservazione

Le equazioni di conservazione o di bilancio presentano tuttela medesima struttura matematica. Una volta identificato ilvolume oggetto di studio, che nel caso in esame ha dimensio-ni infinitesime, l’accumulo del valore della grandezza in esamenel volume è dato dalla differenza tra i valori in entrata e inuscita attraverso le superfici di contorno nell’unità di tempo,in aggiunta alla quantità eventualmente generata nel volume:

ttyxxuy

f u u u= − =

−( )∞ ∞µ

0

0

2r

q = − = −( )∞k Ty

h T TT

0

0

Ni i mi

c i i iDy

k= − = −( )∞, ,r r

ωω ω

0

0

Pr = =υα

µCkP

T

ScD Di m i m

= =υ µ, ,r

h=−

mn

γ1

2

tt tt tt= − ∇ + ∇ = −h h( ) ( ) ( )u u t γγ

FENOMENI DI TRASPORTO

229VOLUME V / STRUMENTI

[26]

dove i simboli X, RX, JX e NX indicano, rispettivamente, il valo-re specifico all’unità di volume della grandezza in esame (ossiala ‘concentrazione’della grandezza), il termine di sorgente spe-cifico al volume e i flussi convettivo e diffusivo della medesi-ma grandezza attraverso le superfici di contorno. La formula-zione qui riportata prende in esame un volume in posizionefissata rispetto a un sistema di riferimento esterno (ossia ilcosiddetto riferimento euleriano).

Per la scrittura delle equazioni di conservazione è utileindividuare le variabili intensive più idonee. Per identifica-re la quantità di materia contenuta all’interno di un volumesi fa solitamente riferimento alla concentrazione massica(prodotto della frazione massica dell’i-esima specie chimi-ca per la densità, rwi). Per la quantità di moto, la corri-spondente ‘concentrazione’ s’identifica con il prodotto trala densità e la velocità fluodinamica, ru. Per l’energia, infi-ne, trascurando il contributo dei termini di energia mecca-nica, e quindi considerando solo il contributo dell’energiainterna, tale grandezza s’identifica con il prodotto rU, doveU è l’energia interna per unità di massa. Il termine di accu-mulo rappresenta la variazione nel tempo della quantità digrandezza contenuta nel volume, ovviamente nulla in con-dizioni stazionarie. Il termine di sorgente RX identifica laquantità di grandezza generata, in senso algebrico, nell’u-nità di tempo e nell’unità di volume e dipende dalla naturadella grandezza analizzata. Nel caso della massa totale con-tenuta nel sistema, ovviamente non si ha termine di sorgente.Se però si considera la singola specie, per effetto delle rea-zioni chimiche tale contributo può essere presente qualoratali reazioni comportino il consumo o la scomparsa dellaspecie in esame. Nel caso di bilancio energetico i terminidi sorgente possono avere origine da effetti dissipativi (sipensi all’effetto Joule in conduttori percorsi da corrente elet-trica o al lavoro esercitato su di un fluido dalle forze mec-caniche agenti su di esso). Relativamente al bilancio di quan-tità di moto giocano un ruolo le forze meccaniche agenti sulsistema.

Per ottenere scritture compatte, nel seguito si farà ricorsoall’operatore di derivata sostanziale, definito come la sommadella derivata temporale e del prodotto scalare tra la velocitàdel fluido e il gradiente della grandezza in esame:

[27]

Tale derivata racchiude in sé sia gli effetti transitori siaquelli di trasporto convettivo. Così i termini che rimangonoesplicitamente nell’espressione dell’equazione di bilancio sonotutti inerenti ai contributi diffusivi.

Ognuna delle equazioni indefinite di bilancio dovrà poiessere completata con condizioni iniziali e al contorno pro-prie del sistema e del problema in esame. Generalmente, lacondizione iniziale, necessaria per i problemi in condizionitransitorie, s’identifica con il valore all’istante iniziale dellagrandezza su tutto il dominio d’integrazione. Le condizionial contorno possono essere di due tipi. La prima assegna ilvalore della grandezza sul contorno del sistema (condizionedi Cauchy-Dirichlet) mentre la seconda assegna il valore delflusso alla parete (condizione di von Neumann). Di solito,condizioni al contorno di questo secondo tipo sono più ade-renti alla realtà fisica.

Equazione indefinita di bilancio di massaL’equazione indefinita di bilancio materiale per la singola

specie chimica assume la forma:

[28]

dove con Ri è stata indicata la velocità di produzione della spe-cie (mol/m3s) per effetto delle reazioni chimiche presenti nelsistema e con Mi e wi il peso molecolare e la frazione massicadella specie considerata. La velocità di produzione della spe-cie è legata alla velocità delle singole reazioni chimiche, tra-mite la relazione (v. cap. 5.1):

[29]

dove νij e rj indicano, rispettivamente, il coefficiente stechio-metrico della specie i-esima nella j-esima reazione chimica ela velocità di quest’ultima. Se, come avviene sovente, il con-tributo rilevante al flusso diffusivo è quello ordinario [4], la[28] diviene:

[30]

L’equazione [28] può essere scritta per tutte le specie pre-senti. Anziché considerare le singole equazioni di bilanciomateriale, per molte applicazioni è conveniente ricorrere all’e-quazione di bilancio globale, ottenibile semplicemente som-mando le equazioni scritte per tutte le specie. Tenendo contoche l’insieme delle reazioni chimiche non modifica la massatotale (iMiRi0), così come l’insieme dei flussi di tipo dif-fusivo non produce trasporto netto di materia (iNi0), si ottie-ne la seguente espressione, indicata solitamente con il nomedi equazione di continuità:

[31]

Equazione indefinita di bilancio di quantità di motoL’equazione indefinita del moto di un fluido è ben nota

dalla meccanica dei fluidi. Unita all’equazione di continuitàfornisce un sistema di equazioni, che nel caso dei fluidi new-toniani è comunemente indicato come equazioni di Navier-Stokes. Trascurando i contributi di sforzo prodotti dai flussidiffusivi molecolari nei sistemi a molti componenti, si ha:

[32]

dove con P è stata indicata la pressione, mentre per il tensoredegli sforzi tt vale l’espressione [17].

Equazione indefinita di bilancio di energiaCome premesso, l’espressione del bilancio di energia sarà

scritta omettendo i contributi dell’energia meccanica, per meglioevidenziare il contributo dell’energia interna, ossia quello nume-ricamente importante nei sistemi chimici:

[33]

dove il prodotto tra la pressione e la divergenza della velo-cità rappresenta l’aumento di energia interna dovuto alla com-pressione del fluido, mentre il doppio prodotto scalare (:) trail tensore degli sforzi viscosi e il gradiente di velocità indicala generazione di energia interna dovuta alle dissipazioniviscose (fenomeno irreversibile). L’ultimo contributo infine

rDUDt

Pxii i= −∇ ⋅ +( ) − ∇ ⋅ − ∇ + ⋅∑q q u u N g( ) :tt

r rDDt

Pu g= − ∇ ⋅ − ∇tt

DDtr

r= − ∇ ⋅u

r rDDt

D M Rii m i i i

ω ω=∇⋅ ∇( )+,

R ri ij jj=∑ ν

rDDt

M Rii i i

ω= −∇ ⋅ +N

DDt t

= + ⋅∇

u

Xt

RX X X= −∇ ⋅ +( ) +J N

MOTO DEI FLUIDI

230 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

è d’interesse solo quando gli eventuali campi di forze ester-ni agiscano in modo differenziato sulle specie presenti, comenel caso dei sistemi elettrochimici dove il campo elettricoinfluenza selettivamente il moto degli ioni presenti. Ovvia-mente, se si assume che l’unico campo esterno sia la gravitàquest’ultimo termine si annulla.

Nella pratica è più conveniente riferirsi alla funzione distato entalpia (HUP/r) per cui, in assenza di forze di campoesterne oltre la gravità, la [33] diviene:

[34]

Se si trascurano inoltre le dilatazioni termiche associatealle variazioni di pressione e i calori di dissipazione per i motiviscosi è possibile ottenere un’espressione ancora più semplice,ma comunque di ampia validità nei sistemi chimici ordinari.Solitamente questa equazione è espressa direttamente in ter-mini di temperatura e assume la forma:

[35]

In essa sono presenti i contributi dovuti alle reazioni chimichee quelli dovuti al trasporto diffusivo di energia causati dai gra-dienti di temperatura.

Numeri adimensionali deducibili dalle equazioniindefinite di bilancio

Le equazioni indefinite di bilancio contengono addendi lacui importanza relativa varia a seconda delle condizioni inesame. Per quantificare ciò è utile ricorrere a opportuni rag-gruppamenti di variabili, noti come numeri adimensionali.

Esaminando l’equazione di bilancio della quantità di motoè possibile definire i seguenti numeri adimensionali:

[36]

[37]

[38]

[39]

Il numero di Reynolds Re esprime l’importanza relativa trale forze inerziali e quelle viscose, mentre il rapporto esistentetra le forze di pressione e quelle inerziali è espresso dal nume-ro di resistenza NF. Il numero di Froude Fr e quello di GrashofGr indicano, rispettivamente, l’importanza relativa delle forzeinerziali rispetto a quelle gravitazionali e di quelle di Archi-mede (di galleggiamento) rispetto a quelle viscose.

Per contro, analizzando le equazioni indefinite di bilancioper la massa e l’energia, è possibile individuare due ulteriorinumeri adimensionali, entrambi definiti come numero di Péclet(rispettivamente materiale e termico), che esprimono il rap-porto tra il contributo di trasporto convettivo e diffusivo:

[40]

[41]

Relativamente all’equazione indefinita di bilancio mate-riale è infine quantificato il contributo delle reazioni chimi-che tramite il numero di Damkhöler Da, che esprime l’im-portanza relativa tra tali reazioni e il trasporto diffusivo dimateria:

[42]

Qualora la reazione chimica proceda tramite una sempli-ce cinetica del primo ordine, con costante di velocità di rea-zione k, l’espressione precedente diviene DakL2/Di,m.

Numeri adimensionali legati ai coefficienti di scambioLa forma funzionale dei numeri adimensionali contenen-

ti i vari coefficienti di scambio, ossia i contributi originati dallalinearizzazione delle leggi di trasporto diffusivo, identificasempre il rapporto tra il coefficiente di scambio e la proprietàdi trasporto d’interesse. Dato che il coefficiente di scambioesprime un opportuno valor medio sulla lunghezza caratteri-stica sulla quale è esaminato il fenomeno, nell’espressione delnumero adimensionale compare anche quest’ultimo contribu-to. Pertanto si definiscono i numeri di Sherwood Sh e di Nus-selt Nu, che si applicano, rispettivamente, nello studio del tra-sporto di materia e di calore:

[43]

[44]

Legami funzionali tra i numeri adimensionaliI numeri adimensionali ovviamente non sono tutti indi-

pendenti tra di loro dato che esprimono semplicemente dei rap-porti tra grandezze facenti parte di addendi diversi di un’e-quazione di bilancio. Solitamente, alcuni numeri adimensio-nali si considerano dipendenti da altri, assunti comeindipendenti. Tra quest’ultimi si annoverano Re, Sc, Pr, Gr,Fr, Da. Nella sostanza sono quei numeri che identificano ilfluido (tramite le sue proprietà), il tipo di moto presente nelsistema (laminare viscoso, laminare inerziale, turbolento, ecc.)e sono quelli direttamente definibili dai termini presenti nelleequazioni indefinite di bilancio. Di conseguenza, tipici nume-ri dipendenti sono Sh e Nu che esprimono il valore dei coeffi-cienti di scambio.

I legami tra i raggruppamenti adimensionali sono espres-si solitamente con delle forme monomie del tipo:

[45]

[46]

deducibili rigorosamente solo entro un intervallo ben limita-to dei parametri. Solitamente, queste espressioni, o una lorocombinazione lineare, sono utilizzate come relazioni empi-riche per esprimere i legami funzionali tra i numeri adimen-sionali e sono poi applicate nell’ingegneria pratica per sti-mare i valori dei coefficienti di scambio materiale e termico,necessari quando si analizzano i problemi di trasporto su scalamacroscopica.

Alcune relazioni di questo tipo saranno ricavate, insie-me all’esame di alcuni importanti casi tipici, nel par. 4.2.7.L’uso di queste relazioni funzionali per predire i valori deicoefficienti di scambio e quindi dei flussi relativi costituisce

Sh a Scb c= Re

Nu a b c= Re Pr

Nu hLkT

=

Sh k LD

c

i m

=,

DaM R LDi i

i m=

2

r,

Pe uLT = = ⋅

αRe Pr

Pe uLD

Scmi m

= = ⋅,

Re

Gr g TLT= r2 3

2

βµ∆

Fr ugL

=2

N PuF = ∆

r 2

Re = ruLµ

rC DTDt

H M R k TP ii i i T= − + ∇ ⋅ ∇( )∑ ( )°

rDHDt

DPDt

x= −∇ ⋅ +( ) − ∇ +q q u( ) :ττ

FENOMENI DI TRASPORTO

231VOLUME V / STRUMENTI

il cuore dell’applicazione pratica dei risultati dello studiodei fenomeni di trasporto in ingegneria. Sostanzialmente, laloro disponibilità consente di affrontare lo studio di sistemianche complessi alla scala maggiore possibile, ossia a quel-la macroscopica, facilitando notevolmente tutti gli aspettiprogettuali. È importante notare che gli esponenti non assu-mono un qualsivoglia valore: s’identificano infatti valoricaratteristici tipici del tipo di regime di moto in essere. Ciòè evidentemente dovuto al fatto che esiste un legame di tipochimico-fisico ben definito tra le grandezze in essi presen-ti. Tale legame è espresso dalle equazioni indefinite di con-servazione.

4.2.5 Aspetti molecolari

Verranno di seguito esaminate le teorie più accreditate per lastima dei coefficienti fenomenologici dalla conoscenza delleproprietà molecolari. L’esame dei fenomeni di trasporto a questascala consente la comprensione dei loro aspetti più fonda-mentali. Le proprietà di trasporto molecolari dipendono dallostato locale dei materiali, fluidi o solidi, e quindi dalla tempe-ratura, pressione e composizione, nonché dalle proprietà mole-colari quali la massa, le dimensioni delle molecole e le lorointerazioni (v. cap. 2.3).

Osservando i sistemi su scala molecolare, come illustratodalla fig. 2, è necessario evidenziare i moti molecolari di natu-ra caotica che si sovrappongono a quelli convettivi. In questitermini, la velocità del fluido è fornita dalla somma di questidue contributi. Benché ininfluente nel trasporto convettivo, lacomponente di velocità di natura caotica è quella sulla qualedeve essere focalizzata l’attenzione per la determinazione deicoefficienti di trasporto alla scala molecolare.

Per i sistemi gassosi, come illustrato schematicamente intab. 1, lo strumento di base per affrontare questi problemi èla teoria cinetica dei gas, che essendo però basata, nella sua

prima formulazione, sul concetto di libero cammino medio esull’impiego di sfere rigide elastiche, porta a correlazioni nondel tutto accurate. In quest’ambito, il libero cammino mediol identifica lo spazio percorso da una molecola tra due urtisuccessivi, il cui valore si può stimare dal prodotto della velo-cità media del moto molecolare c per il tempo di rilassamentot(ltc), mentre il flusso della grandezza generica Y risul-ta espresso semplicemente da NYnclY/z (n è la den-sità molecolare). Per migliorare il modello diviene quindinecessario introdurre i potenziali d’interazione tra le mole-cole, quali quello di Lennard-Jones (v. cap. 2.3). In que-st’approccio, il cammino di una molecola non è più rappre-sentabile mediante una successione di tratti rettilinei per lapresenza delle interazioni di tipo repulsivo. Di conseguenza,lo stesso concetto di libero cammino medio diviene più sfu-mato. Pertanto, la descrizione del sistema deve essere con-dotta fruendo di una funzione di distribuzione f(u,x,t) chefornisca la frazione di molecole che possiedono un determi-nato valore di energia, la cui forma può essere stimata inte-grando l’equazione di Boltzmann. Mediante quest’ultimoapproccio, la stima della viscosità, della conducibilità termi-ca e della diffusività binaria per i gas risulta notevolmentemigliorata. Emerge quindi che la presenza di una teoria uni-ficante (la teoria cinetica dei gas) permette di dimostrare l’in-terconnessione esistente tra il trasporto di diverse grandezzenell’ambito dello stesso meccanismo.

La teoria dei liquidi basata sul modello delle vacanze con-sente sviluppi similari anche se purtroppo caratterizzati da unlivello di accuratezza inferiore a quello ottenuto per i gas. Lanatura dei liquidi è infatti intrinsecamente più complessa diquella dei gas e quindi la loro descrizione teorica risulta gio-coforza meno precisa. Inoltre, esiste un’ulteriore complica-zione indotta dal tipo di liquido in esame (liquido ordinario,metallo liquido, liquido polimerico) per cui, all’atto pratico, siformulano teorie differenti in funzione del tipo di liquido conil quale si ha a che fare.

MOTO DEI FLUIDI

232 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

tab. 1. Esempi dei modelli molecolari di trasporto per i gas diluiti( f ° è la funzione di distribuzione del sistema in condizioni di equilibrio)

Punti massanon interagenti

Sfere rigidenon interagenti

Oggettiinteragenti

Le molecole non hanno volumee non interagiscono

Le molecole occupanoun volume e non interagiscono

Le molecole occupanoun volume, hanno formae interagiscono tra loro

Rappresentazione del moto

Equazione di stato(bcovolume, aparametrod’interazione)

Modello di trasporto –

Equazione di trasporto (della grandezza Yin direzione z)

PV

RT

= 1

PV

RT

V

V b

=

λ τ= c

N ncz

zΨΨ

, = − λ

N f t u duz z zΨ Ψ

,( , , )= ∫ u x

f

tf

f fcoll+ ⋅∇ = ≈

− °u Γ

τ

PV

RT

V

V b T

a T

RTV

=

−−

( )

( )

ViscositàIl sistema più semplice che può essere preso in esame è il

gas ideale monoatomico, per il quale è possibile adottare inprima approssimazione il modello a sfere rigide. In questo con-testo è possibile dimostrare che la viscosità m dipende dalladensità r, dal libero cammino medio l e dalla velocità mediacinetica delle molecole 33c:

[47]

dove 33c8RT/pM e lM/rNA2pd2, essendo R, NA, M e drispettivamente la costante dei gas, il numero di Avogadro, ilpeso molecolare e il diametro molecolare della specie in esame.In definitiva si ottiene la relazione seguente:

[48]

dalla quale si vede che la viscosità di un gas ideale monoato-mico risulta indipendente dalla pressione e dipende dalla radicequadrata della temperatura. La quantità pd2 è detta sezioned’urto collisionale della molecola. Questo risultato, trovato daJames Clerk Maxwell nel 1860, si mantiene valido nelle suelinee essenziali anche per i gas poliatomici in condizioni super-critiche sino a una pressione di circa 10 bar. In realtà, la pre-senza di forze intermolecolari rende gli urti tra le molecoleanelastici, con la conseguenza che l’esponente della tempera-tura si aggira intorno al valore 0,7.

Una teoria cinetica più rigorosa, basata sull’equazione diBoltzmann per i gas monoatomici a bassa densità, fu svilup-pata da S. Chapman e D. Enskog, introducendo un potenzialeintermolecolare. Oggi, convenientemente, si ricorre all’e-spressione di Lennard-Jones, che in funzione della distanzaintermolecolare r assume la forma:

[49]

dove s ed e sono rispettivamente il diametro collisionaledella molecola e la sua energia caratteristica. Essi possonoessere stimati in modo semiempirico dalla conoscenza delleproprietà del fluido (temperatura e volume molare) in con-dizioni critiche, o al punto di ebollizione normale o al puntodi fusione:

[50a] condizioni critiche

[50b] punto di ebollizione

[50c] punto di fusione

dove i pedici c, b, e m indicano, rispettivamente le condizionicritiche, di ebollizione normale e di fusione. In questi termi-ni, l’espressione della viscosità diviene:

[51]

dove Wm indica una grandezza adimensionale, nota col nomedi integrale collisionale per la viscosità, che esprime la devia-zione di comportamento da quello delle sfere rigide:

[52]

essendo T*kBT/e.

Il calcolo della viscosità di miscele gassose, in un’inter-pretazione rigorosa, è basato sull’estensione della teoria diChapman-Enskog; tuttavia si può convenientemente ricorrerea una correlazione semiempirica che fornisce una cosiddettaregola di miscelazione

[53]

dove

[54]

L’analisi svolta è valida per fluidi a bassa densità dovedl. Al diminuire del libero cammino medio essa perde divalidità e quindi non può essere estesa ai liquidi poiché in talcaso dl. Infatti, nei liquidi, la viscosità diminuisce anzichéaumentare con la temperatura.

Per la stima della viscosità dei liquidi, una teoria sempli-ce è stata sviluppata da Henry Eyring. L’ipotesi alla base dellatrattazione è di assumere che il moto delle molecole del liqui-do, a causa del piccolo valore del libero cammino medio, siasostanzialmente limitato alla vibrazione in un volume confi-nato dalla presenza delle molecole vicinali, che quindi costi-tuiscono una sorta di ‘gabbia’. Parallelamente, la struttura delliquido presenta una serie di ‘vacanze reticolari’, continua-mente in moto, che possono ospitare una molecola. Il trasferi-mento di una molecola dalla sua gabbia alla vacanza più atti-gua deve però superare una barriera di attivazione. La frequenzaν di questo trasferimento ‘gabbia-vacanza’ si può stimaremediante la seguente relazione:

[55]

dove h e DG0 sono, rispettivamente, la costante di Planck e

l’energia libera di attivazione del processo. Quest’ultimo valo-re è legato all’energia interna di vaporizzazione in corrispon-denza del punto di ebollizione normale (DG0

0,408 DUvap),il cui valore può essere stimato con la regola di Trouton(DUvapDHvapRTb9,4 RTb). In un fluido in moto, e quin-di in uno stato di sforzo, il valore di tale energia libera aumen-ta rispetto a quella di un fluido in quiete, per cui:

[56]

doveV, a e d sono, rispettivamente, il volume molare, la distan-

za da percorrere nel salto verso una vacanza e la distanza tradue piani molecolari. Solitamente si applica l’approssimazio-ne da. Il segno positivo significa che il salto è concorde conlo sforzo, viceversa per il segno negativo. Il valore della visco-sità può essere stimato supponendo che esista una variazionelineare della velocità del fluido tra i due strati molecolari;approssimando il secondo esponenziale in serie di Taylor, limi-tata al primo termine, dato che tyx

V/2RT1, si ottiene:

[57]

Questa espressione è in ottimo accordo con quella empi-rica solitamente impiegata per definire la dipendenza dalla tem-peratura della viscosità dei liquidi (mAeB/T). Ovviamente, nelcorso degli anni sono state sviluppate molte formule empiri-che che introducono parametri correttivi per meglio adattarsiai dati sperimentali.

µ =N hVA T Tb e

3 8, /

ν τ±

− ±=±k T

hB G RT a V RTyxe e

∆0

2/ / d

ν = − ±k ThB G RT

e∆

0/

Ψiji

j

i

j

i

j

MM

MM

= +

+

1 8 1

0 252

µµ

,

µ µmix

i i

j ijji

xx

= ∑∑ Ψ

Ωµ = + +1 16145 0 52487 2 161780 77320 2 43

, , ,* , ,*T Te e 7787T *

µσ µ

= 5

16 2

πMRTNAΩ

ε σ/ , ,,

/k T VB m m sol= =1 92 1 222 1 3

ε σ/ , ,,

/k T VB b b liq= =1 15 1 166 1 3

ε σ/ , , /k T VB c c= =0 77 0 841 1 3

ϕ ε σ σ( )rr r

=

4

12 6

µ = 2

3 1 5 2

MRTN dAπ ,

µ λ= 13

rc

FENOMENI DI TRASPORTO

233VOLUME V / STRUMENTI

Purtroppo, per il calcolo della viscosità di miscele liquide,il migliore approccio è quello di effettuare una serie di misu-re sperimentali di viscosità della miscela a diverse temperatu-re e descrivere i risultati con una relazione come la [57]. Unaregola di miscelazione usata sovente è:

[58]

Nell’ambito dei sistemi liquidi, ovviamente i polimeri e leloro miscele richiedono una trattazione più complessa dellaprecedente, a causa della loro struttura molecolare, che nonpuò essere assimilata a una sfera e che porta a un comporta-mento reologico di tipo non netwtoniano. L’obiettivo è di sti-mare i diversi coefficienti che compaiono nell’espressione deltensore degli sforzi. Le teorie cinetiche dei polimeri sono sostan-zialmente distinguibili in due classi, quella dei network e quel-la delle singole molecole. La prima teoria dei network è stataoriginariamente sviluppata per descrivere le proprietà mecca-niche delle gomme ed è stata poi estesa ai polimeri fusi e alleloro soluzioni concentrate. Le teorie basate sulle singole mole-cole sono state sviluppate in origine per descrivere le soluzio-ni diluite di polimeri, dove ogni molecola è rappresentata comeun insieme di molle che connettono alcune sfere, lasciate poilibere di muoversi all’interno della soluzione, dove su ciascu-na sfera agiscono le forze di attrito con il solvente. La teoria èstata quindi estesa ai polimeri fusi e alle soluzioni concentra-te, studiando il comportamento della singola molecola con unaapprossimazione di campo medio in grado di rappresentare inmodo efficace i suoi dintorni. In entrambi i casi si ottengonodelle espressioni comprendenti da 4 a 6 parametri, i cui valo-ri debbono essere determinati mediante il confronto con misu-re reologiche.

Gli ultimi casi da esaminare sono infine quelli relativi aisistemi eterogenei, ossia alle sospensioni e alle emulsioni. L’ap-proccio più conveniente è di assimilare il fluido eterogeneo aun sistema pseudoomogeneo, la cui viscosità dipenda da quel-la del mezzo continuo e dalle proprietà e dalla frazione volu-metrica della fase dispersa. La relazione capostipite è quelladerivata nel 1906 da Albert Einstein per sospensioni costitui-te da sfere dello stesso diametro:

[59]

dove meff, m0 e / sono rispettivamente la viscosità del fluidopseudoomogeneo, quella del mezzo e la frazione volumetricadel solido in sospensione. Questa equazione è stata oggetto dinumerose modifiche per poterla estendere a particelle non sfe-riche e a sospensioni concentrate (ossia con /0,05). In par-ticolare per sospensioni concentrate di sfere può essere usatal’equazione di Mooney:

[60]

dove /0 è una costante il cui valore è compreso tra 0,74 e 0,52in funzione del tipo d’impaccamento del sistema di sfere. Intutte queste relazioni, e in altre non riportate, la variazione dellaviscosità dipende dalla frazione volumetrica di solido e nondal diametro delle particelle solide. Per le emulsioni diluite, larelazione di Taylor prevede una combinazione della viscositàdei due liquidi, essendo il pedice 1 qui impiegato per identifi-care la fase dispersa:

[61]

Conducibilità termicaLa teoria cinetica dei gas, analogamente a quanto visto per

la viscosità, fornisce un valido strumento per la stima dellaconducibilità termica dei gas ideali monoatomici. In questocaso si dimostra che vale la seguente relazione:

[62]

essendo il calore specifico CV1,5 R/M. La semplice sostitu-zione delle espressioni del libero cammino medio e della velo-cità media delle molecole porta alla relazione:

[63]

dalla quale si evince che la conducibilità termica di un gas èindipendente dalla pressione mentre dipende dalla radice dellatemperatura. Anche in questo caso, la dipendenza dalla tem-peratura è sottostimata perché in un sistema reale gli urti tra lemolecole sono anelastici. La trattazione di Chapman-Enskogpermette di tenere conto di ciò fornendo:

[64]

dove l’espressione dell’integrale collisionale coincide con quel-la per la viscosità [52]. L’espressione [64] è molto simile a quel-la della viscosità [51]; dal confronto si vede che per un gasideale monoatomico kT2,5CVm. Per sistemi poliatomici, oltrealla componente traslazionale, sono presenti anche le compo-nenti rotazionale e vibrazionale dell’energia interna. La trat-tazione teorica, ovviamente più complessa, porta a una rela-zione dedotta originalmente per via empirica da Arnold Tho-mas Eucken nel 1913:

[65]

Infine, la conducibilità termica di una miscela gassosa puòessere stimata mediante la seguente regola di miscelazione,dove i coefficienti y hanno la medesima espressione di quel-li introdotti per la viscosità [54]:

[66]

Per descrivere il meccanismo della conduzione termica neiliquidi ordinari è utile riferirsi alla semplice teoria di Bridg-man, la quale assume che le molecole siano disposte rigida-mente in un reticolo cubico, caratterizzato da un parametroreticolare coincidente con la radice cubica del volume mole-colare (

V/NA)1/3 e che l’energia venga trasferita da un piano

reticolare all’altro alla velocità del suono us. Partendo dall’e-spressione della conducibilità dei gas ottenuta col modello asfere rigide [62], si ottiene:

[67]

Il calore specifico di un liquido monoatomico è pressochécoincidente con quello di un solido alle alte temperature, percui è possibile stimarlo con la relazione di Dulong e Petit (CV3R/M), ottenendo:

[68] k RM

CC

P VNT

P

V T A

=

2 80 3, rr

k C c C u VNT V V s

A

= =13

3r rλ

kx k

xT mixi T i

j ijji,

,= ∑∑ Ψ

k C RMT P= +

µ 5

4

k RMTN

CTA k

V= 25

32 2

/ πσ Ω

kMd

R TN

MRTN d

CTA A

V=

=2 2

32

1 5

2 2π π

,

k C cT V= 13

r λ

µµ

µ µµ µ

φeff

0

0 1

0 1

12 5

= +++

,

µµ

φφ φ

eff

0 0

2 5

1=

exp

,

/

µµ

φeff

0

1 52

= +

ln lnµ µmix i iix=∑

MOTO DEI FLUIDI

234 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

Il fattore 3 è stato sostituito da 2,80 per migliorare l’ac-cordo con i dati sperimentali e la velocità del suono è statavalutata in funzione del rapporto CP/CV e del coefficiente dicompressibilità isoterma (lnr/P)T. Per la stima della condu-cibilità delle miscele sono state proposte molte correlazioniche comunque hanno un livello di accuratezza comparabile,per cui si può far riferimento a quella più semplice:

[69]

Nei metalli liquidi, l’energia è essenzialmente trasportatadal moto degli elettroni liberi. Poiché il moto degli elettronitrasporta sia la carica elettrica sia il calore, esiste una strettaanalogia tra la conducibilità elettrica e quella termica. In par-ticolare, queste due grandezze risultano tra di loro proporzio-nali attraverso la costante di Lorentz L, il cui valore può esse-re considerato, con buona approssimazione, lo stesso per tuttii metalli:

[70]

dove se indica la conducibilità elettrica. La relazione [70] èvalida anche per i metalli allo stato solido. È importantenotare che i metalli con maggiore conducibilità elettrica (Al,Cu, Ag) sono anche quelli che presentano la maggiore con-ducibilità termica. Per contro, le leghe metalliche presenta-no una conducibilità elettrica inferiore a quella degli ele-menti costituenti.

La conducibilità termica dei solidi è di difficile predizio-ne poiché dipende da molti fattori (dimensione dei grani cri-stallini, orientazione, eventuale porosità, frazione volumetricadi amorfo, e così via) per cui è necessario ricorrere a misuresperimentali. Occorre notare che la natura del solido influen-za notevolmente il valore della conducibilità, che è molto bassaper i solidi inorganici porosi secchi (che sono ottimi isolanti)mentre è elevata per i metalli. In genere la conducibilità ter-mica dei materiali amorfi è inferiore a quella dei materiali cri-stallini. In genere, come prima approssimazione, è possibileassumere una relazione tra conducibilità elettrica e termica, inanalogia a quanto visto per i metalli (i refrattari sono infattianche cattivi conduttori di corrente).

È importante ricavare le relazioni che consentono la stimadella conducibilità termica per sistemi eterogenei, costituiti siada miscela di due solidi diversi sia da sistemi porosi. La rela-zione di base, dovuta a Maxwell, è valida per sistemi dove l’in-clusione di una fase nell’altra occupa una piccola frazione volu-metrica / del solido:

[71]

dove i pedici 0 e 1 indicano, rispettivamente, il solido costi-tuente la matrice e quello costituente l’inclusione. Per solidicontenenti inclusioni di gas (solidi porosi) gli effetti radiativipossono essere importanti, specialmente quando il solido deveessere impiegato come isolante alle alte temperature. In que-sto caso, la conducibilità termica efficace può essere stimatacon la seguente relazione:

[72]

dove kT,1, L e sSB sono, rispettivamente, la conducibilità ter-mica del gas, lo spessore del materiale nella direzione dellaconduzione e la costante di Stefan-Boltzmann.

DiffusivitàLa teoria cinetica dei gas consente stime della diffusività

binaria in fase gassosa con una approssimazione del 5% quan-do si faccia riferimento all’approccio più accurato di Chap-man-Enskog. Per illustrare i risultati principali della teoria èperò ancora una volta conveniente partire dalla teoria svilup-pata per sistemi di sfere rigide, limitandosi a considerare ilfenomeno dell’autodiffusione, ossia la diffusione di specie dellostesso tipo, come gli isotopi. In quest’ambito, il coefficientedi autodiffusione assume la forma:

[73]

La semplice sostituzione delle espressioni del libero cam-mino medio e della velocità media delle molecole porta allarelazione:

[74]

Da essa è possibile ricavare la formula per il coefficientebinario sostituendo al peso molecolare della specie quello ridot-to 2/(1/MA1/MB) e al diametro molecolare quello medio arit-metico 0,5(dAdB):

[75]

dalla quale si vede che la diffusività dipende linearmente dal-l’inverso della pressione (dipendenza della densità di un gasideale rMmixP/RT) e dalla temperatura con esponente 1,5.Mentre la dipendenza dalla pressione è corretta, quella dallatemperatura è sottostimata a causa dell’anelasticità degli urtinelle molecole reali, e in pratica l’esponente corretto è circa1,75. In base all’approccio di Chapman-Enskog, si possonoottenere valori accurati di DAB introducendo nella precedentegli integrali collisionali WD:

[76]

dove T*kBT/e. Nei calcoli si devono usare i valori medi cal-colati come sAB0,5(sAsB) e eAB(eAeB)0,5. Pertanto la rela-zione per la diffusività binaria diviene:

[77]

Benché questa relazione sia stata derivata per i gas idealimonoatomici si può applicare anche a quelli poliatomici. Con-frontando quest’ultima con l’analoga per la viscosità [51] siriscontra che esiste un legame tra viscosità cinematica e coef-ficiente di autodiffusione per sistemi gassosi:

[78]υ

µDAAD= 5

6

ΩΩ

D RTM M PABA B AB D

= +

3

16

2 1 1 13

2

( )

π σ Ω

ΩD TT= + +1 06036 0 19300 1 035

0 15610 0 47635

, , ,* , , *

e

887 1 764741 52996 3 89411e e, ,* *

,T T

+

DM M

RT

d dABA B

A B

=+

+

21 1

2

3 0 25

1

1 5 2π , , ( ) rNA

DM RTd NAAA

A A

=2

3 1 5 2π , r

D cAA =13

λ

kk k

kT L

k

T eff

T T

T

SB

T

,

, ,

, ,

0 1

0

3

0

1

1 4=

− + +

φ

φσ

−−1

kk k k

k k

T eff

T T T

T T

,

, , ,

, ,

0 1 0

1 0

1 32

= ++−

φ

φ

k TT e= Λ σ

12 2k kT

i

T ii

=∑ ω,

FENOMENI DI TRASPORTO

235VOLUME V / STRUMENTI

Poiché il rapporto tra gli integrali collisionali si mantieneall’incirca costante (Wm1,1 WD), risulta che DAA1,32 u, con-fermando che il numero Sc per i gas è dell’ordine dell’unità.

Lo studio teorico della diffusione nei liquidi non raggiun-ge un livello quantitativo paragonabile a quello dei sistemi gas-sosi. Sono però disponibili due modelli che possono esserepresi come riferimento per derivare relazioni semiempiricheche correlano la diffusività a proprietà facilmente misurabiliquali la viscosità o i volumi molari.

La prima teoria a disposizione per stimare la diffusività diuna miscela binaria liquida è quella idrodinamica, basata sul-l’equazione di Nernst-Einstein [9], originariamente sviluppa-ta per il moto di particelle in un fluido stagnante. Questa rela-zione correla la diffusività alla mobilità zA, essendo quest’ul-tima la velocità uA della particella in regime stazionario quandoè sottoposta all’azione di una forza costante FA (ossia zAuA/FA).Se il moto relativo tra particella (di diametro dA) e fluido (diviscosità mB) è un moto di puro scorrimento (Re1), è possi-bile dimostrare che:

[79]

dove bAB è il coefficiente di attrito radente tra particella efluido. Sono possibili due situazioni limite. Nella prima, sisuppone che il fluido aderisca perfettamente alla particella(condizioni di non scorrimento) e conseguentemente bAB.Viceversa, nella seconda si adottano condizioni di liberoscorrimento e conseguentemente bAB0. Sostituendo la [79]nella [9] si ottengono così le due espressioni limite per ladiffusività:

[80]

[81]

La prima delle due è nota come equazione di Stokes-Ein-stein e il suo uso è consigliato per la stima della diffusività dimolecole di grosse dimensioni in solventi a basso peso mole-colare. Se nella seconda si stimano le dimensioni molecolaridal volume molare, dA(

VA/NA)1/3, è possibile ottenere un’e-

spressione per l’autodiffusione che si è rilevata affidabile (incer-tezza inferiore al 12%) sia per liquidi ordinari (polari e apola-ri) sia per metalli liquidi:

[81a]

Un’espressione analoga è ottenibile mediante il secondomodello menzionato, dovuto a Eyring, che in analogia a quan-to visto per la stima della viscosità dei liquidi, assimila la dif-fusione a un processo monomolecolare attivato:

[82]

dove x è un parametro d’impaccamento che definisce il nume-ro di molecole di solvente ‘prime vicine’ della molecola chediffonde. Qualora si esamini il caso dell’autodiffusione, x2p,allora la formula di Eyring coincide sostanzialmente con la[81], nonostante la differenza concettuale esistente tra i model-li impiegati per derivarle.

A causa dei limiti degli approcci precedenti, solitamentela stima delle diffusività in fase liquida viene effettuata mediante

l’equazione empirica di Wilke e Chang che è in grado di sti-mare il coefficiente di diffusione in sistemi diluiti con unaincertezza inferiore al 10%:

[83]

dove YB è il parametro di associazione del solvente, i cui valo-ri sono 2,6 per l’acqua, 1,9 per il metanolo, 1,5 per l’etanolo e1,0 per benzene, etere, eptano e tutti gli altri solventi apolarinon associati.

In caso di soluzioni di elettroliti occorre stimare in mododifferente la diffusività degli ioni. È infatti evidente che le spe-cie cariche risentano anche del campo elettrico nel loro motoe quindi la loro diffusività è correlata alla conducibilità elet-trica. Pertanto, sostituendo la relazione che lega la mobilità allaconduttanza ionica equivalente dello ione li (liziℑ2z i) siottiene:

[84]

Inoltre, il vincolo di elettroneutralità impone la migrazio-ne accoppiata di anioni e cationi per cui la diffusività d’inte-resse è quella della coppia ionica nel solvente. La grandezzadirettamente misurabile è la conduttanza equivalente dell’e-lettrolita Le, somma delle conduttanze degli ioni costituenti(Lell), legata a sua volta alla conducibilità elettrica sedella soluzione dalla relazione:

[85]

dove z, ν e C sono, rispettivamente, la carica dello ione posi-tivo, il suo coefficiente stechiometrico nella reazione di dis-sociazione elettrolitica e la concentrazione molare del sale insoluzione.

Un caso ancora più complesso è rappresentato dalle solu-zioni di polimeri in solventi a basso peso molecolare. Per que-sti sistemi è disponibile una teoria dettagliata che descrive ilpolimero come un insieme di N sfere connesse tramite N1molle elastiche in modo da costituire una catena. Ciascuna sferainteragisce con il solvente tramite un’interazione di tipo visco-so, perturbando il solvente anche nell’intorno delle sfere primevicine. In ordini di grandezza, questa teoria predice che la dif-fusività del polimero A nel solvente B è proporzionale all’in-verso della radice del peso molecolare del polimero stesso:

[86]

Per soluzioni di polimeri fusi, la trattazione è ancora piùcomplessa e i risultati sono approssimati. In genere, per l’au-todiffusione, si presenta ancora un legame col peso molecola-re del polimero:

[87]

con dipendenza quadratica (n2) nella trattazione teorica, men-tre nella pratica l’esponente può assumere anche valore 3 peralcuni tipi di polimero.

Ora, in una miscela liquida, le molecole interagiscono agruppi, e quindi tutte le espressioni sopra riportate, valide percondizioni di elevata diluizione, dovranno essere modificateper tenere in considerazione le interazioni presenti alle con-centrazioni più elevate. Una delle espressioni più ricorrenti pertenere conto di tali effetti è:

DMAA

An≈ 1

DMAB

A

≈ 1

Λee

z C=

+ +

σν

D RTzi

i

i

=ℑλ

2

DM TVABB B

B A

= ⋅ −2 95 10 8

0 6,

,

Ψµ

N DRT

NV

A AB B A

A

µξ

=

11 3

/

DRT N

NV

AA A

A

A

A

µ=

1

2

1 3

π

/

DRT N dAB B

A A

µ= 1

DRT N dAB B

A A

µ= 1

uF d

dd

A

AA

B A

B A AB

B A AB

= =++

ζ

µµ βµ β

1

3

6

MOTO DEI FLUIDI

236 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

[88]

dove gA e DAA sono, rispettivamente, il coefficiente di attivitàdel componente in soluzione e il suo coefficiente di autodif-fusione.

Per la diffusione attraverso solidi, vista la compattezza delreticolo da attraversare, è spontaneo aspettarsi valori molto pic-coli della diffusività. Il modello di riferimento è simile a quel-lo dei liquidi, dove lo spostamento del soluto da una posizio-ne all’altra è possibile solo se nelle sue vicinanze è presenteuna lacuna che crea lo spazio disponibile per il trasferimento.Le lacune sono difetti reticolari dei solidi cristallini, la cui den-sità numerale dipende da fattori termodinamici e cinetici. Inol-tre le lacune sono mobili e possono addirittura aggregarsi perdare origine a difetti di maggior dimensione (microvuoti). Inanalogia con le trattazioni viste per i liquidi, le resistenze almoto del soluto verso una lacuna attigua sono elevate, e per-ché esso avvenga la molecola di soluto deve poter superare unabarriera di energia potenziale. In altri termini, la diffusione inuna matrice solida è un fenomeno attivato e quindi l’espres-sione da utilizzare è:

[89]

dove il termine AD è legato alla frequenza di vibrazione degliatomi nel reticolo (che identifica la mobilità delle lacune), men-tre l’energia di attivazione è correlata all’energia di legame.

Per completare l’analisi degli aspetti molecolari è neces-sario anche fornire le relazioni per la stima delle diffusivitàper i processi derivanti dai gradienti di pressione e di tempe-ratura. Dato che questi fenomeni sono generalmente rilevan-ti solo per sistemi in fase gassosa, si farà direttamente riferi-mento alle espressioni ricavabili dalla teoria di Chapman eEnskog. Il coefficiente di diffusione termica è correlato a quel-lo ordinario tramite un fattore di diffusione termica ai

(T ) chetiene in considerazione la differenza di peso molecolare e didimensione delle specie. In un sistema binario questo legameassume la forma:

[90]

dove il fattore di diffusione termica può essere stimato trami-te la relazione di Liley e Gambill

[91]

anche se la sua espressione rigorosa è molto più complessa,dato che include la dipendenza dai parametri di Lennard-Jonestramite gli integrali collisionali (Hirschfelder et al., 1954).

Per la diffusione di pressione, in un sistema binario, la dif-fusività è correlata alla differenza tra la frazione volumetrica /Ae quella massica wA della specie in esame tramite la relazione:

[92]

Come evidenziato, per sistemi diluiti, la frazione volume-trica può essere stimata dal prodotto della frazione massica peril rapporto di densità tra soluzione e soluto (/AwAr/rA).

Come ultimo aspetto, è necessario considerare che nelleequazioni indefinite di bilancio si è impiegato il simbolo Di,mquale coefficiente di diffusione efficace della specie i-esimaper poter esprimere il flusso di materia ordinario in funzionedel gradiente di composizione della sola specie in esame. Èaltresì evidente che in un sistema binario a un flusso di una

specie in un senso corrisponde il flusso dell’altra specie indirezione opposta. Per tenere conto di questo fatto in terminimatematici generali si fa riferimento alle relazioni di Stefan-Maxwell, tramite le quali la forza motrice (wi), o diretta-mente il coefficiente di diffusione efficace Di,m, dipendonodai flussi diffusivi di tutte le specie presenti:

[93a]

[93b]

L’espressione [93b] può essere semplificata per alcuni casid’interesse pratico. Per esempio, dato che uno dei coefficien-ti di diffusione può essere scelto arbitrariamente, assumendoche Di,mDi,i, si ottiene una relazione detta di Blank:

[94]

che è sovente impiegata per la stima del coefficiente di diffu-sione efficace al posto delle più rigorose, ma anche computa-zionalmente più complesse, equazioni di Stefan-Maxwell [93].Un altro caso rilevante è quello che si verifica quando una spe-cie, tipicamente il solvente, è presente in grande quantità equindi può essere ragionevolmente considerata stagnante. Intal caso la diffusività si riduce al valore binario:

[95]

4.2.6 Ruolo della turbolenza

Nel moto turbolento, in contrapposizione a quello laminare, lelinee di corrente appaiono irregolari con brusche variazioni.Questo fatto ha una profonda influenza sui processi di trasporto.La turbolenza è un fenomeno analogo a un cambiamento difase: in un fluido in moto laminare, una volta raggiunta unavelocità critica, ha luogo una brusca transizione verso la tur-bolenza, analogamente a quanto si riscontra quando un liqui-do raggiunge la temperatura di ebollizione. Un fluido in regi-me turbolento dissipa più energia di quanta ne avrebbe dissi-pata in un ipotetico regime laminare con lo stesso valore delnumero di Reynolds.

Anche se nel moto turbolento i valori istantanei locali dellavelocità e della pressione sono soggetti a variazioni caotiche,

D Di m i B, ,=

D

D

i mi

j

i jj i

,

,

=−

≠∑

1 ωω

1 1

r

r

D

D

i m

i j i j j ij

i i mm,

,( / )

=−( )

−∑

∑ω ω

ω

N N

N N

∇ = −( )∑ω ω ωii j

j i j j iD1

,

N N

D D DAP

A A ABA

A AB( ) = −( ) ≈ −

φ ω ωr

r1

αAT B A

A B

M MM M

( ) = −+

105118

D DAT

AT

A B AB( ) ( )=α ω ω

D AAB DE RT= − ±e

/

D DAB AAA

A

= +

1

lnγω

FENOMENI DI TRASPORTO

237VOLUME V / STRUMENTI

u'uu

u

u

tempo

velo

cità

fig. 5. Schematizzazione delle fluttuazioni temporali della velocità di un fluido in regime turbolento.

è possibile identificare delle proprietà medie temporali bendefinite e significative. In altri termini, mentre non è assicu-rata la riproducibilità dei valori istantanei locali a causa dellanatura caotica del moto, è invece possibile una riproducibilitàin termini di media temporale (long time average):

[96]

dove A indica la grandezza d’interesse (velocità, concentra-zioni, temperatura e pressione) nella generica posizione x all’in-terno del sistema.

Prendendo ora in esame una grandezza fluttuante generi-ca come quella riportata in fig. 5, si può osservare che il suovalore istantaneo può essere espresso aggiungendo un contri-buto fluttuante a quello medio:

[97]

dove la media su un tempo sufficientemente lungo del con-tributo fluttuante è nulla (

_A0). Applicando questa defini-

zione alle equazioni indefinite di bilancio, e sfruttando le pro-prietà di linearità dell’operatore di media, è possibile dimo-strare che le equazioni di trasporto locali espresse in terminimedi mantengono la medesima struttura delle equazioni ori-ginali per il moto laminare purché si sostituiscano le gran-dezze istantanee (ωi, T, P, u) con le corrispondenti grandez-ze mediate (

33

wi, 33

T,33

P,33

u), e si aggiunga un contributo legato allafluttuazione turbolenta della velocità che presenta la struttu-ra comune (

3

u3 3333

3

A33

). Questo contributo rappresenta il flussodiffusivo di origine turbolenta della grandezza in esame. Perla scrittura di questi termini, è invalso l’uso di adottare delleespressioni analoghe a quelle delle condizioni laminari. Tut-tavia, mentre nei trasporti molecolari di fluidi newtoniani,viscosità, conducibilità termica e diffusività sono proprietàdel fluido e non dipendono dal campo di moto, in regime tur-bolento le corrispondenti grandezze ‘turbolente’ dipendonosostanzialmente da quest’ultimo. Non possono pertanto esse-re assimilate a proprietà scalari, ma dovrebbero essere rigo-rosamente considerate in tutte le componenti tensoriali. Inrealtà, viste le incertezze presenti nelle trattazioni del mototurbolento, non sono disponibili espressioni generalizzate erisulta opportuno applicare l’ipotesi di Boussinesq, secondola quale s’introducono grandezze scalari (ancorché dipendentidal campo di moto e dal tipo di turbolenza che s’instaura nelsistema) del tipo:

[98]

[99]

[100]

Risulta spontaneo pertanto riferirsi alle proprietà di trasportototali, somma dei contributi laminare e turbolento: m(tot)mm(t),D(tot)Di,mD(t), kT

(tot)kTkT(t). Per inciso, in regime turbo-

lento, tutte le specie chimiche hanno lo stesso coefficiente didiffusione turbolenta, che quindi viene indicato omettendo l’in-dice relativo al componente. Ancor più significative risultanole grandezze omogenee con la ‘diffusività’ turbolenta, quali laviscosità cinematica turbolenta u(t)m(t)r e la diffusività ter-mica turbolenta a(t)kT

(t)rCP. Dato che ogni meccanismo ditrasporto turbolento è associato alle fluttuazioni temporali dellegrandezze indotte dalle fluttuazioni di velocità, con buona appros-simazione sarà lecito considerare che lo stesso meccanismo ele-mentare governi tutte le proprietà di trasporto:

[101]

Qualche commento è necessario per le funzioni di gene-razione istantanea di materia e calore, che in prima approssi-mazione possono essere sostituite da funzioni delle grandez-ze mediate. È però importante capire i limiti di tale approssi-mazione, che nel caso delle reazioni chimiche può indurre errorianche di diversi ordini di grandezza, a causa della natura for-temente non lineare dell’espressione cinetica. Applicando infat-ti l’operatore di media [96] anche a una semplice cinetica delprim’ordine (rk0e

E/RTCi) si ottiene:

[102]

dalla quale appare che a seguito della turbolenza le reazionichimiche omogenee possono essere più veloci dei valori chesi calcolerebbero in base alla semplice sostituzione delle gran-dezze mediate nell’espressione cinetica (RK0e

E/R33

T33

Ci). Svol-gendo la derivata è possibile verificare che la correzione èimportante solo se E

33

T. Un caso ove ciò si verifica è rap-presentato dalle reazioni di combustione che avvengono conmeccanismo radicalico. In tal caso E/R

33

T20-30, per cui pos-sono verificarsi esaltazioni della velocità di reazione dell’or-dine di 400-1.000 volte il valore stimato con i valori medi.

In conclusione, con l’introduzione di tali definizioni leequazioni indefinite di bilancio assumono una forma analogaa quelle valide in regime laminare, tanto che sovente non siindicano nemmeno i soprassegni di media. Pertanto, le equa-zioni [28], [32] e [35] divengono:

[103]

[104]

[105]

Analisi dimensionale ed effetti di scalaSperimentalmente si è notato che l’intensità della turbo-

lenza, espressa dal valore assoluto della componente fluttuan-te della velocità, risulta proporzionale al valor medio della velo-cità stessa del fluido. In particolare, se ci si riferisce al motodi un fluido in un condotto si pone:

[106]

dove f è il fattore di attrito. Questa dipendenza può essere com-presa tramite una analisi dei tempi e delle lunghezze caratte-ristici della turbolenza. Come già evidenziato, oltre il valoresoglia di Re, il moto si destabilizza e cominciano a formarsidei vortici (eddies) responsabili della dissipazione energetica.In un vortice, dato che il numero Re è molto alto (Re105), icontributi inerziali sono prevalenti rispetto a quelli viscosi equindi la corrispondente dissipazione energetica risulta tra-scurabile. Pertanto è ipotizzabile un trasferimento di energiacon modesta dissipazione dai vortici di dimensione più eleva-ta a quelli via via più piccoli, che aumenta però quando ladimensione dei vortici diviene così piccola da rendere impor-tanti i termini viscosi.

In base a una classica trattazione di Andrej N. Kolmogorov,è utile identificare diverse scale l della turbolenza corrispondenti

u f u' ≈

rC DTDt

H M Rii i itot

P q= − − ∇ ⋅∑ ( )°

r rDDt

Ptotu g= − ∇ ⋅ − ∇tt

rDDt

M Rii i

ω= −∇ ⋅ +N i

tot

r C T r C T rTTi i( , ) ( , ) '≈ + 1

2

2

2

2

υ α( ) ( ) ( )t t tD≈ ≈

q( ) ( )tTtk T≈ − ∇

N it

it

iD( ) ( )≈ − ∇r ω

tt ijt t

iju( ) ( )≈ − ∇µ

A t A A t( , ) ( ) ( , )x x x= + '

AtA t dtt

( ) ( , )x x= ∫1

0∆

MOTO DEI FLUIDI

238 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

ciascuna alla dimensione media dei vortici. A ciascuna scala èassociata una ben definita intensità della turbolenza che cor-risponde alla velocità del vortice ul. Sulla base di queste duegrandezze è quindi possibile definire un numero di Reynoldscaratteristico dei vortici turbolenti, Rell ul/u. A ciascuno diquesti vortici corrisponde una potenza dissipata per unità divolume e che mediante l’analisi dimensionale si può correla-re al valore di Rel:

[107]

dove el è l’energia trasferita per vortice. Se si esaminano soloi comportamenti asintotici, si evidenziano due situazioni limi-te. Nella prima, con Re1, ricadono i macrovortici dove pre-valgono gli aspetti inerziali e quindi l’energia si trasferisce aivortici di scala inferiore senza dissipazione. Nella seconda, conRe1, si ricade nei microvortici dove sono prevalenti gli aspet-ti viscosi, e pertanto ha sostanzialmente luogo il processo dis-sipativo. Nel primo caso, quindi, l’energia dissipata deve esse-re indipendente dalla scala, per cui:

[108]

dove L indica la massima dimensione possibile dei macrovor-tici presenti nel sistema in esame e che quindi s’identifica conle dimensioni dell’apparato generatore della turbolenza. È pos-sibile stimare la velocità caratteristica dei vortici a una certascala a partire da quella alla scala massima uL:

[109]

Come già osservato, il trasferimento di energia tra i vorti-ci si arresta quando i fenomeni viscosi diventano prevalenti,ovvero quando Re assume valori dell’ordine dell’unità. In sostan-za, il trasferimento di energia si mantiene inalterato sino allascala dei microvortici per poi crollare repentinamente. Il valo-re della dimensione caratteristica dei microvortici l0 può esse-re stimato tramite la seguente relazione:

[110]

Gli aggregati di dimensione più piccola di l0 non sonoquindi in grado di trasferire energia ma solo di dissiparla.Esaminando i concetti sopra esposti relativamente al mototurbolento in un condotto, si evidenzia che i macrovorticiavranno una dimensione caratteristica dell’ordine del dia-metro del tubo (Ld ), mentre l’intensità della turbolenzacorrisponderà a circa il 10% della velocità media del fluidonel condotto. In termini numerici, per Re105, ReL0,1Rela dimensione massima dei microvortici risulterà l0103d.Se il condotto ha un diametro di 10 cm, la microscala dellaturbolenza è dell’ordine di 100 mm con un tempo caratteri-stico dell’ordine di 1 ms. Si noti che tale valore è comunquepiù grande del libero cammino medio delle molecole di ungas in condizioni ambiente (circa 0,1 mm) e pertanto, in lineadi principio, la simulazione di un moto turbolento (DNS,Direct Numerical Simulation) può essere ancora eseguitaconsiderando il sistema continuo e applicando le equazionidi Navier-Stokes, con l’accortezza di usare una suddivisio-ne del dominio d’integrazione avente le dimensioni dei micro-vortici e un passo temporale dell’ordine del ms. Si noti che

anche con i mezzi di calcolo attuali ciò rappresenta un com-pito assai arduo.

Le considerazioni in termini di ordini di grandezza appe-na svolte possono comunque essere usate per stimare il valo-re delle diffusività turbolente. Ricordando la [73], identificandoil libero cammino medio dei vortici con le loro dimensioni, ladiffusività turbolenta associata ai vortici di dimensione l saràallora:

[111]

per cui il valore medio che tenga conto del contributo di tuttii vortici di dimensione compresa tra l0 e L sarà:

[112]

La simulazione diretta della turbolenza è ancora un pro-blema la cui soluzione è molto onerosa; pertanto sono stati svi-luppati approcci alternativi. Uno di quelli oggi maggiormenteimpiegati è quello indicato come K-e, che aggiunge le equa-zioni dell’energia cinetica turbolenta K0,5u2 e della dissi-pazione turbolenta ε alle equazioni mediate [103-105]:

[113]

[114]

dove le tre costanti assumono i valori C00,09, C11,44 eC21,92, mentre la diffusività turbolenta viene calcolata diret-tamente in funzione delle due grandezze appena riportate:

[115]

4.2.7 Alcuni problemi tipici

La trattazione svolta sinora pone le basi per affrontare in lineadi principio un qualsiasi problema inerente i fenomeni di tra-sporto. Infatti, come già menzionato, è sufficiente integrarele equazioni indefinite di bilancio sul dominio d’interesse, unavolta definite le condizioni iniziali e al contorno, per ottene-re, nel caso più generale possibile, i campi di velocità, tem-peratura e composizione all’interno del dominio stesso. Conl’ausilio dei mezzi di calcolo attualmente a disposizione, taleprocedura è fattibile, sia per il moto laminare che turbolento,nell’ambito delle approssimazioni menzionate, per dominigeometrici qualsiasi e per un numero anche elevato di speciechimiche. A questa situazione si è arrivati gradualmente attra-verso la trattazione di un elevato numero di casi semplici peri quali è stato possibile ottenere soluzioni analitiche, ancor-ché semplificate. Nella sostanza, una parte consistente deiproblemi tipici consiste nell’uso delle equazioni indefinite dibilancio per ricavare le relazioni monomie tra i numeri adi-mensionali caratteristici del problema in esame. Tali relazio-ni possono poi essere applicate anche per affrontare la solu-zione di problemi simili negli aspetti fisici, anche con geo-metrie non propriamente identiche. Infatti, è possibile fareaffidamento sul principio di similitudine estesa, secondo ilquale le dipendenze funzionali tra i vari raggruppamenti adi-mensionali non risentono della geometria del sistema, a meno

D C Kt t t( ) ( ) ( )= = =υ αε0

2

DDt

C K C C K Cε υε

ε= ∇ +

+ ∇( ) +

0

2

1 0

2

2u εε 2

K

DKDt

C K K C K= ∇ +

+ ∇( ) −υ

ε εε

0

2

0

22

u

D u Lt t tL

( ) ( ) ( ) ,= = ≈υ α 0 14

D utλ λλ( ) = 1

3

λ0

3 4

L= ( )−ReL

/

u uLLλλ=

1 3/

λε ε

ε ε

λ

λ

λ

uLuL

L

L

3 3= =

=

costante

λελ

λλu

f3

= ( )Re

FENOMENI DI TRASPORTO

239VOLUME V / STRUMENTI

di piccoli aggiustamenti del coefficiente di proporzionalità inesse presente, il cui valore comunque è sempre prossimo all’u-nità. In altre parole, ciò significa che i fenomeni fisici allabase del caso in esame risentono solo marginalmente della suageometria. Pertanto, per la stima dei coefficienti di scambiomateriale o termico, così come pure per quella del coefficiented’attrito nel moto dei fluidi, è possibile riferirsi a relazioniricavate per configurazioni geometriche semplici, al limitecombinando alcuni comportamenti di tipo asintotico. Per que-sto motivo, una raccolta delle più comuni correlazioni in usoper la stima dei coefficienti di scambio materiale sopra citatiè riportata nella tab. 2.

Profilo di velocità di un fluido in un condottoSe si esamina un condotto a sezione circolare, percorso da

un fluido incomprimibile in moto laminare stazionario, è faci-le verificare che le equazioni [32] si riducono alla sola equa-zione relativa all’unica componente di velocità presente uz, cheè indipendente dalla coordinata assiale in virtù dell’equazionedi continuità [31] e da quella azimutale a conseguenza dellasimmetria cilindrica:

[116]

[117]

Assegnando valori nulli della velocità in corrispondenza allepareti e utilizzando la condizione di simmetria in corrispondenzadell’asse del condotto, l’integrazione della [116] fornisce il pro-filo di velocità in funzione del gradiente di pressione (P/L),della viscosità del fluido e del raggio del condotto R:

[118]

che mostra il classico andamento parabolico. È altresì facileverificare che, se invece di un fluido newtoniano se ne fosseconsiderato uno non newtoniano al quale si applica il model-lo reologico di Ostwald-De Waële [20], l’integrazione avreb-be portato all’espressione (con s1/n):

[119]

nella quale il valor medio della velocità è fornito da:

[120]

Ovviamente, se n1/s1, le equazioni precedenti ricado-no nel caso newtoniano. È altresì importante notare che lo sfor-zo nel fluido, massimo alla parete e nullo al centro, è indipen-dente dalla reologia del fluido stesso:

[121] τrzPL

r= −

∆2

u Rs

PLz med

s s

, =+

+1

31

2∆

µ

u u ss

rRz z med

s

= ++

+

+

,31

11

u PL

R rRz = −

∆ 2 2

41

µ

uzz =0

ruuz

Pz r r

rur

urz

z z z

=− +

+

µ 1 2

2

MOTO DEI FLUIDI

240 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

tab. 2. Esempi di alcune comuni relazioni di tipo monomio tra numeri adimensionaliper la stima dei coefficienti di scambio

Configurazionedel moto

Correlazione

Lastra piana orizzontale,convezione forzata

Laminare:

Turbolento:

Lastra piana verticale,convezione naturale

Laminare:

Turbolento:

Disco piano stazionario

Laminare:

Turbolento:

Disco piano rotante

Laminare:

Turbolento:

Moto attorno a sfere

Laminare:

Turbolento:

L

u

x

R

R

w

d

Sh ScL L= 0 646 1 2 1 3, / /Re

ShL L= 0 365 0 8, ,Re

Sh Gr Sc Scx = + −0 508 0 9521 4 1 2 1 4, ( , )/ / /

Sh Gr Sc Scx = + −0 249 1 0 4941 4 7 15 2 3 2 5, ( , )/ / / /

ShR = 8 / π

ShR R= 0 562 0 558, ,Re

Sh ScR R= 0 879 0 5 1 3, , /Re

ShR R= 0 365 0 8, ,Re

Sh Scd d= +2 0 60 1 3 1 3, / /Re

Sh Scd d= 0 347 0 62 1 3, , /Re

Un confronto dei profili di velocità, a parità di velocitàmediana, al variare del comportamento reologico del fluido èillustrato in fig. 6, dalla quale si vede che i fluidi pseudopla-stici (n1) tendono a un profilo a fronte piatto, mentre quellidilatanti (n1) tendono a uno lineare. Tenendo conto della [98],è facile verificare che il profilo di velocità in un moto turbo-lento tende ad assomigliare a quello di un fluido pseudopla-stico. Infatti, se si attribuisce al profilo di velocità in un mototurbolento un andamento universale, si osserva che l’esponenterisulta dell’ordine di 1/7, che corrisponde nella precedente trat-tazione a esponenti n dell’ordine di 0,1-0,2. In particolare, ilgradiente alla parete risulta ancora più ripido, tanto che nelleapplicazioni pratiche sovente s’identifica la velocità massimacon quella media (flusso a pistone).

Strato limite di velocità, termico e materialeSe un fluido newtoniano lambisce una parete di dimen-

sione lineare L con una velocità ux tale che Re 1, le forze iner-

ziali sono molto maggiori di quelle viscose e il flusso convet-tivo di quantità di moto è molto maggiore di quello diffusivo.Questa situazione non è però verificata in prossimità della pare-te. Come illustrato in fig. 7 A, è possibile identificare una regio-ne dello spazio, di spessore d, detta strato limite e introdottaper la prima volta da Prandtl nel 1904, ove si manifesta la pre-valenza delle forze viscose rispetto a quelle inerziali. Dato chela dissipazione viscosa è responsabile della resistenza incon-trata dal fluido nel suo moto, le conoscenze sulle caratteristi-che dello strato limite rivestono una notevole importanza tec-nologica. Nella sostanza il suo spessore identifica il luogo doveforze viscose e forze inerziali si bilanciano. All’interno dellostrato limite il profilo di velocità può essere considerato conottima approssimazione lineare.

Con riferimento al caso di un fluido che lambisce una lastrapiana posta parallelamente alla direzione del suo moto (v. anco-ra fig. 7 A), con velocità imperturbata ux

, le equazioni del motosi riducono a due equazioni per le componenti di velocità (ux,uy) e all’equazione di continuità per la pressione:

[122]

[123]

[124]

Le condizioni al contorno sulle componenti della velocitàsono: velocità nulla in corrispondenza della parete (y0),velocità ux

imperturbata e diretta solo parallelamente allaparete (uy0) a distanza infinita dalla parete; analogamenteper la pressione P. In corrispondenza dello strato limite, perdefinizione, deve verificarsi che il valore della velocità indirezione x s’identifica con quello imperturbato (ux(d)ux

).In termini di ordini di grandezza, l’equazione di continuità[124] sancisce quindi che uyux

d/x, ovvero che la velocità tra-sversale è molto inferiore a quella longitudinale, dato il pic-colo valore di d, e che l’ordine di grandezza della coordinata

ux

uy

x y+ =0

r uux

uuy

Py

ux

ux

yy

y y y

+

=− + +µ

2

2

2

yy2

r u ux

u uy

Px

ux

ux

xy

x x x

+

=− + +µ

2

2

2

yy2

FENOMENI DI TRASPORTO

241VOLUME V / STRUMENTI

velo

cità

nor

mal

izza

ta

0

0,5

0,2

0,5

1,0

1,0

1,5

2,5

2,0

2,0

3,0

5,0

n

r/R0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

fig. 6. Andamento del profilodi velocità di un fluido in un condotto circolare in condizioni stazionarie al variare del comportamentoreologico del fluido stesso.

y

dux(y)

ux

x

y

ddT

ux(y) T(y)

T

ux

x

y

A

B

C

ddC

ux(y) C (y)

C

ux

x

fig. 7. Rappresentazione schematica dell’insorgere dello strato limite nell’interazione di un fluido con una parete. A, strato limite di velocità; B, strato limite termico; C, strato limite di composizione.

longitudinale s’identifica con la lunghezza della parete. Con-frontando la [122] e la [123] si vede che

[125]

e pertanto è possibile trascurare la variazione della pressionelungo la coordinata trasversale e quindi la pressione in unpunto qualsiasi interno allo strato limite è uguale a quella nellazona imperturbata esterna a esso. Se si esamina nuovamentela [122] è facile verificare che i due termini convettivi al primomembro sono dello stesso ordine di grandezza, mentre il primodei due termini viscosi al secondo membro è molto più pic-colo del secondo. Imponendo quindi il bilanciamento del ter-mine convettivo con quello viscoso (definizione di strato limi-te) si ottiene:

[126]

o in altri termini:

[127]

avendo definito Rexruxx/m. Se si stima il gradiente trasver-

sale di velocità (ux/d) è possibile ricavare lo sforzo

txym(ux/y) e ricavare quindi l’espressione per il fattoredi attrito:

[128]

Quattro anni dopo la pubblicazione di Prandtl, il problemafu affrontato in modo più rigoroso da Heinrich Blasius, chedeterminò più accuratamente f0,64 Rex

0,5.Qualora il sistema non sia isotermo, è necessario aggiun-

gere alle equazioni [122-124] anche l’equazione di bilancioenergetico:

[129]

con i valori della temperatura al contorno T° in corrisponden-za della parete e T nella zona imperturbata. Anche in questocaso è possibile individuare una zona dello spazio, la cui esten-sione è piccola rispetto alle dimensioni della parete, all’inter-no della quale si manifestano le variazioni di temperatura, ilcosiddetto strato limite termico illustrato in fig. 7 B. Per deter-minare l’ordine di grandezza dello spessore dello strato limi-te termico dT si segue l’approccio precedentemente sviluppa-to. Si distinguono due casi, che dipendono dal valore del nume-ro di Reynolds, Re 1 e Re1.

Nel primo caso si osserva la formazione di due strati limi-te tra loro indipendenti, quello di velocità e quello termico,quest’ultimo interno o esterno a quello di velocità a secondadel valore del numero di Prandtl. In particolare, dTd se Pr1e viceversa se Pr1. Per piccoli valori di Pr, caso dei metalliliquidi, si trova che il fenomeno è controllato dal numero diPéclet termico (PeTRePr):

[130]

[131]

Se invece Pr1, caso dei liquidi ordinari, gli esponenti diRe e Pr sono diversi:

[132]

[133]

Nella pratica questi andamenti rimangono validi anche peri gas, per i quali Pr1. L’andamento di Nu (e conseguente-mente del coefficiente di scambio termico) segue quindi, indefinitiva, la combinazione di profili illustrata in fig. 8 A.

Se Re1, non si ha la formazione dello strato limite divelocità e quindi l’unico strato limite presente è quello di tem-peratura. Se anche Pe è piccolo, e quindi la convezione puòessere trascurata rispetto alla conduzione, Nu è costante e ilsuo valore è circa unitario. Se invece Pe è grande, si ottieneuna dipendenza da quest’ultimo:

[134]

[135]

L’andamento di Nu per Re1 segue pertanto la combinazionedi profili illustrata in fig. 8 B.

Poiché l’equazione di bilancio materiale [30] assume lastessa forma dell’equazione di bilancio energetico [129] conla sola sostituzione della diffusività termica con quella mate-riale, quanto sopra può essere trasferito anche all’esame deltrasporto di massa. In questo caso si definisce uno strato limite

Nu ≈ ⋅( )Re Pr1 3/

dTL

≈ ⋅( )−Re Pr1 3/

Nu ≈ Re Pr1/2 1 3/

dTL

≈ − −Re Pr1 2 1 3/ /

Nu L

T

= ≈ ⋅( )d

Re Pr0 5,

dTL

≈ ⋅( )−Re Pr0 5,

u Tx

u Ty

Tx

Tyx y

+ = +

α2

2

2

2

fuxy

x

= ≈ ( )∞

−2

2

0 5τr( )

,

Rex

d

x≈ ( )−Rex

0 5,

rd

( )ux

ux x∞ ∞

≈2

Py

u u

xPx

ux

x y x≈ ≈∞ ∞

r r( )2

MOTO DEI FLUIDI

242 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

Re 1

Nu.

Re

1/2

PrA B

Pr1/2

Pr1/3

1

Re1

Nu

PeT

Pe1/3

1

1

fig. 8. Andamento del numero di Nusselt in funzione dei valori dei numeri di Prandtl e Péclet. A, in presenza di strato limite di velocità (Re 1); B, in assenza di strato limite di velocità (Re1).

velocità

temperatura

composizione

fig. 9. Simulazione diretta dei campi di velocità, temperatura e composizione per un fluido che lambisce una parete parallelamente al suo moto (parete fredda, scambio di materia verso la parete).

detto materiale, illustrato in fig. 7 C, i cui andamenti sonoesattamente quelli illustrati nella fig. 8, con la sola sostitu-zione di Nu con Sh e di Pr con Sc. Naturalmente, la medesi-ma sostituzione si applica alle equazioni [130-135].

Quanto sopra esposto evidenzia che se Re1 esiste un’a-nalogia tra il trasporto di calore e di materia e quello di quan-tità di moto. Questo fatto è sancito dall’analogia di Chilton eColburn, che permette il calcolo di un coefficiente di scambiodalla conoscenza di uno qualunque degli altri due:

[136]

[137]

I risultati precedenti si possono attualmente verificare median-te l’integrazione delle equazioni di bilancio. La nascita deglistrati limite infatti è chiaramente illustrata nella fig. 9, dove ildettaglio dei campi di velocità, temperatura e composizione è

riportato per il caso di un fluido che lambisce una lastra piana,in analogia ai casi appena trattati.

Le analisi precedenti possono essere ripetute anche in regi-me turbolento dato che la struttura delle equazioni, ove si fac-cia riferimento alle grandezze medie, è identica a quelle delmoto laminare. Inoltre deve essere tenuto in conto che il tra-sporto ‘diffusivo’ è tutto dovuto alla turbolenza e che il valo-re delle tre diffusività turbolente è lo stesso. Pertanto, l’anali-si dello strato limite della velocità porta alla seguente relazio-ne per il coefficiente di attrito:

[138]

dalla quale, applicando l’analogia di Chilton e Colburn, si rica-vano le espressioni per Nu e Sh:

[139]

[140]

Da esse emerge che nel moto turbolento l’esponente di Pre Sc è unitario, a differenza di quanto accade nel moto lami-nare, dove vale 1/3.

Distribuzione di temperatura nei solidiIn condizioni stazionarie, come illustrato in fig. 10, all’inter-

no di una lastra piana di spessore finito si osserva un andamen-to di temperatura lineare e il flusso di calore che l’attraversa conmeccanismo conduttivo è qkTT/s. In questo caso infatti nel-l’equazione di bilancio energetico [35] la divergenza del flusso ènulla, ovvero kT2T0. Nel caso di pareti composte, lambite dadue fluidi, nella pratica è invalso l’uso di definire un coefficien-te globale di scambio termico che raccoglie tutte le ‘resistenze’presenti nella trasmissione di calore da un fluido all’altro:

[141]

[142]

dove h1 e h2 sono i coefficienti di scambio termico relativi aidue fluidi, mentre (kT)j sono le conducibilità termiche deimateriali solidi costituenti la parete, ciascuno di spessore sj.Per giustificare le due equazioni precedenti è sufficiente ugua-gliare le espressioni del flusso di calore attraverso ogni singo-la fase, imponendo la continuità delle temperature per le pare-ti di contatto.

In una parete formata da un unico materiale è importanteverificare la rilevanza relativa dello scambio esterno per con-vezione e di quello interno per conduzione. Questo rapporto èfornito dal numero di Biot:

[143]

Un altro caso d’interesse, illustrato nella fig. 11, riguardala conduzione del calore non stazionaria. Nel caso di una lastrasemiinfinita, per integrazione analitica dell’equazione di bilan-cio energetico si ottiene:

[144]

dove TW e T0 indicano la temperatura ‘di pelle’ della lastra equella iniziale (costante in ogni punto della lastra) e y la coor-dinata interna alla lastra stessa. È interessante individuare lospessore di penetrazione del calore dT che identifica il punto

T TT T

yt

W

W

−−

=

0 4

erfα

Bi hskT

=

1 1 1

1 2U h

s

k hj

T jj

= + ( ) +∑

q U T Tcalda fredda= −( )

Sh f Sc= ⋅0 5, Re

Nu f= ⋅0 5, Re Pr

f = −0 791 0 25, ,Re

Sh f Sc= ⋅0 5 1 3, /Re

Nu f R= ⋅0 5 1 3, /e Pr

FENOMENI DI TRASPORTO

243VOLUME V / STRUMENTI

fluidocaldo

T1Tcalda

T2

T3

T4T5

T6Tfredda

s1 s2 s3

fluidofreddo

fig. 10. Andamento delle temperature all’interno di una parete solida composita lambita da due fluidi a temperatura diversa.

TW

T0

t

dT

fig. 11. Andamento del transitorio della temperatura in una parete semiinfinita.

nel quale la temperatura assume un valore pari al 99% del valo-re asintotico. Invertendo la [144] si ottiene dT4at dalla qualesi può ricavare, per esempio, lo spessore di un solido che puòessere considerato semiinfinito se il fenomeno è esaminato pertempi inferiori a t.

Trasporto di massa attraverso le interfasiDato che l’equazione di bilancio materiale in assenza di

reazione chimica è identica a quella di bilancio energetico, la[144] descrive anche la penetrazione di una specie chimica inun solido o in un fluido stagnante, a patto di sostituire le tem-perature con le concentrazioni (o le frazioni massiche) e la dif-fusività termica con quella materiale:

[145]

In condizioni stazionarie, come mostrato in fig. 12, quandolo scambio di materia avviene attraverso un’interfase o inter-faccia tra due fasi differenti, la sua presenza introduce una discon-tinuità nel profilo di composizione. Solitamente si assume cheall’interfaccia siano valide le condizioni di equilibrio termodi-namico. Un esempio classico è costituito dallo scambio di massatra un gas e un liquido. In condizioni stazionarie, il flusso mate-riale dal ‘lato gas’ deve uguagliare quello dal ‘lato liquido’:

[146]

dove i pedici L e G indicano la fase liquida e quella gassosa,mentre l’asterisco identifica le condizioni d’interfaccia. Inol-tre, se si tiene conto delle condizioni di equilibrio di fase all’in-terfaccia, sinteticamente espresse tramite la costante di ripar-tizione Ki:

[147]

è possibile ricavare la seguente espressione del flusso di materia:

[148]

dove, analogamente allo scambio termico, si definisce un coef-ficiente globale di scambio materiale:

[149]

Poiché il coefficiente di scambio materiale in fase liquidaè molto più piccolo di quello in fase gassosa (si pensi al rap-porto tra le due diffusività Di,L/Di,G0,001), spesso si ponekL,i

effkL,i.

Convezione naturaleNella convezione naturale il moto del fluido è indotto

dalla presenza di gradienti di densità che possono essere ori-ginati sia da gradienti di temperatura sia da gradienti di com-posizione. In linea di principio, e con i mezzi di calcolo oggia disposizione, per trattare questi problemi è necessario dispor-re di un’equazione di stato che esprima la densità del fluidoin funzione della temperatura e della sua composizione. Èpossibile ottenere soluzioni analitiche approssimate di que-sto problema linearizzando l’equazione di stato, come pro-posto da Boussinesq:

[150]

dove bT è il coefficiente di dilatazione termica del fluido e ilpedice 0 indica le condizioni di riferimento. Occorre precisa-re che in presenza di gradienti di temperatura, solitamente ilprimo termine è quello predominante. La sua sostituzione nelleequazioni di bilancio permette di definire il numero di Gra-shof termico [39] e il suo omologo per quanto riguarda la con-centrazione. È importante notare che l’insorgere della conve-zione naturale si verifica solo per valori superiori a una sogliacritica. Un esempio si riscontra nel riscaldamento di un flui-do da una parete calda sottostante. Sino a che il flusso di calo-re è limitato (e conseguentemente sono limitati i gradienti ditemperatura e di densità nel fluido) il fluido si mantiene inquiete. Superata la soglia critica si osserva che il fluido si mettein moto con la formazione di celle di convezione naturale (celle

r rr= + − + −

∑0 0 0

1 βω

ω ωTi

i iiT T( ) ( )

,

1 1k k K kL ieff

L i

L

i G G i, , ,

= +r

r

N k Ki Leff

G i i L iL i= −( )r

, , ,/ω ω

ω ωG i i L iK,*

,*=

N k ki G i G G i G i L i L L i L i= −( )= −( ), , ,*

, ,*

,r rω ω ω ω

ω ωω ω

i i W

i i W i

yD t

−−

=

,

, ,0 4erf

MOTO DEI FLUIDI

244 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

interfaccia

w*G,i

w*G,iKiw*L,iwG,i

w*L,i

wL,i

trasferimento di materia

fraz

ione

mol

are

fig. 12. Andamento della composizione chimica nello scambio di materia attraverso un’interfaccia nella quale si stabiliscano condizioni di equilibrio termodinamico.

fig. 13. Andamento dei vorticiindotti dalla convezionenaturale per diverseconfigurazioni geometrichedel recipiente che contiene il fluido (fluido scaldato dal basso).

di Benard). L’estensione e il numero di queste celle dipendo-no dal rapporto tra la dimensione verticale e quella orizzon-tale del recipiente che contiene il fluido. Come illustrato infig. 13, se la dimensione verticale è predominante si osservala presenza o di un’unica cella che si estende su tutto il volu-me del fluido o di due celle controrotanti. Viceversa, se è ladimensione orizzontale a prevalere, ha luogo la formazione diun numero elevato di celle, dato che la massima estensionepossibile del vortice è quella verticale.

Un caso interessante, per il quale è possibile ricavare unasoluzione analitica, è quello di un fluido contenuto tra duepareti indefinite a diversa temperatura e tra loro parallele. Inquesto caso, essendo il condotto infinito, esiste una sola com-ponente di velocità diretta come l’asse del condotto che dipen-de dalla coordinata trasversale, uz(x). Analogamente, anche latemperatura del fluido tra le due pareti dipende unicamentedalla medesima coordinata, T(x). È facile verificare che l’e-quazione di bilancio energetico si riduce alla equazione diLaplace, ovvero kT2T0, che implica quindi un profilo ditemperatura lineare tra le due pareti. L’integrazione dell’e-quazione di conservazione delle quantità di moto per l’unicacomponente di velocità presente porta alla seguente espres-sione del profilo di velocità, somma di un profilo cubico amedia zero (componente dovuta alla convezione naturale) edi un profilo parabolico alla Poiseuille (componente dovutaalla convezione forzata):

[151]

dove Re è calcolato sulla velocità media dovuta alla convezio-ne forzata e b è la semidistanza tra le due pareti. Il fatto che ilprofilo di velocità sia la somma di due profili non deve sor-prendere, dato che le equazioni di partenza sono lineari. Qua-lora sia assente la componente forzata (Re0), il profilo divelocità diviene quello a media nulla, poiché la portata ascen-dente corrispondente a una metà del condotto uguaglia esatta-mente quella discendente corrispondente all’altra metà.

4.2.8 Conclusioni e sviluppi futuri

La ricerca inerente i fenomeni di trasporto è attualmente foca-lizzata sugli aspetti molecolari, grazie alla disponibilità dicodici di calcolo di dinamica molecolare che consentono disimulare il comportamento dei fluidi in condizioni sempre piùprossime a quelle reali. In particolare, la formulazione dimodelli affidabili per i liquidi polimerici rappresenta senzadubbio una delle frontiere nello studio dei fenomeni di tra-sporto, dal momento che non è stata ancora formulata una teo-ria molecolare sulla conduzione del calore nei polimeri. I mezzidi calcolo sono inoltre d’importante ausilio per lo studio deisistemi in moto turbolento, rendendo possibile effettuare simu-lazioni dirette del moto (direct numerical simulations) chepermettono, con le tecniche di media temporale (long timeaverage), di evidenziare le caratteristiche della turbolenza chesuccessivamente possono essere impiegate per formulare ade-guati modelli. L’applicazione dei fenomeni di trasporto a siste-mi di piccole dimensioni (microcanali) fa emergere fenome-ni di superficie che debbono essere introdotti nelle equazio-ni di bilancio. Benché tale correzione sia nota, teorie di tipofondamentale sulle interazioni di tipo interfacciale (interazio-ne fluido-solido, bagnabilità delle superfici) sono al momento

ancora lacunose. Infine, l’applicazione ai sistemi di natura bio-logica impone l’inclusione di meccanismi di trasporto che risen-tono della particolare natura delle membrane presenti negliorganismi cellulari, per le quali la semplice descrizione trami-te coefficienti di permeabilità risulta oltremodo riduttiva.

Bibliografia generale

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Levich V.G. (1962) Physicochemical hydrodynamics, EnglewoodCliffs (NJ), Prentice-Hall.

Elenco dei simboli

Ai area della superficie i-esimaa parametro reticolarea parametro d’interazione intermolecolareai assorbanza della superficie i-esimab covolumeCi concentrazione molare della specie i-esimaCV calore specifico a volume costanteCP calore specifico a pressione costante33

c modulo della velocità media dei moti caoticimolecolari

DAB coefficiente di diffusione binarioDi,m coefficiente di diffusione ordinaria della specie

i-esima nella miscelaDi

(T) coefficiente di diffusione termicaDi

(P) coefficiente di diffusione di pressioned diametro molecolareE potenziale elettricoE energia di attivazionee valore assoluto della carica elettrica dell’elettrone,

1,6021019 Cei emissività della superficie i-esima

u x b Gr xb

xb

z ( )

υ=

+

12

2

3

3

Re xxb

2

1

FENOMENI DI TRASPORTO

245VOLUME V / STRUMENTI

F12 Fattore di vista tra due superficiℑ costante di Faraday, 96.485 C/molf fattore d’attrito di Fanningg accelerazione di gravitàh coefficiente di scambio termicoh costante di Planck, 6,626 1034 m2kg/sJi flusso convettivo massivo della specie i-esimaJP flusso convettivo della quantità di motoJE flusso convettivo di energiaJX flusso convettivo della grandezza X attraverso le

superfici di contornoK energia cinetica turbolenta per unità di massakB costante di Boltzmann, 1,38 1023 J/KkT conducibilità termica del mezzokc coefficiente di scambio materialeL lunghezza caratteristicaMi massa molecolare della specie i-esimam, n parametri dell’equazione [20] – modello reologico

di fluido non newtonianoNA numero di Avogadro 6,023 1023 molecole/molNi

(tot) flusso diffusivo totale di materia della speciei-esima

Ni(ord ) flusso diffusivo di materia della specie i-esima

dovuto alla diffusione ordinariaNi

(T ) flusso diffusivo di materia della specie i-esimadovuto alla diffusione termica

Ni(P) flusso diffusivo di materia della specie i-esima

dovuto ai gradienti di pressioneNi

(F) flusso diffusivo di materia della specie i-esimadovuto ai campi di forze esterne

NX flusso diffusivo della grandezza X attraverso lesuperfici di contorno

P pressioneq flusso diffusivo di energiaq(x) flusso diffusivo di energia dovuto alla presenza dei

flussi diffusivi di materiaq(rad) flusso radiativo di energiaR costante universale dei gas, 8,313 J/molKRi velocità di produzione della specie i-esima per

effetto delle reazioni chimicheRX termine di sorgente della generica grandezza X

specifico al volumer distanza intermolecolarerj velocità della j-esima reazione chimicas spessore della pareteT temperatura termodinamicaTb temperatura di ebollizione normale di un liquidoU energia interna per unità di massaU coefficiente globale di scambio termicou vettore velocità del fluidouj componente di velocità nella j-esima direzioneus velocità del suonouλ velocità del vortice turbolentoV volume molareX valore specifico all’unità di volume della grandezza

in esamex,y,z coordinate cartesianexi frazione molare della specie i-esimazi carica elettrica dello ione

Lettere grechea diffusività termicaai

(T) fattore di diffusione termica

bT coefficiente di dilatazione volumetricabAB coefficiente di attrito radente tra particella e fluidoGcoll integrale di dissipazione collisionalegi coefficiente di attività della specie i-esima in

soluzione.gg velocità del tensore di deformazione∆G0

variazione di energia libera associata al processo ditrasferimento ‘gabbia-vacanza’ nei liquidi

∆Hvap variazione di entalpia associata al processo divaporizzazione di un liquido

∆T differenza di temperatura∆Uvap variazione di energia interna associata al processo

di vaporizzazione di un liquidod distanza tra due piani molecolarid spessore di strato limite di velocitàdC spessore di strato limite di concentrazionedT spessore di strato limite di temperaturadij componente dell’operatore di Kronekere energia caratteristica della molecola nel potenziale

di Lennard-Jonesel energia trasferita per vortice turbolentozi mobilità ionicah viscosità apparenteκ viscosità dilatazionale o seconda viscositàL costante di Lorentz (valore dipendente dal metallo

entro limiti ristretti)Le conduttanza equivalente dell’elettrolital libero cammino medio delle molecolel scala della turbolenzal,l conduttanza equivalente del catione e dell’anione

costituenti l’elettrolitam viscosità dinamica del fluidon frequenza di vibrazioneni coefficiente stechiometrico della specie i-esimax parametro d’impaccamento, v. equazione [82] F energia potenziale per unità di massa/ frazione volumetrica di solido in una sospensionef potenziale intermolecolarepp tensore degli sforzi molecolaripij componente del tensore degli sforzi molecolarir densità massicas diametro collisionale della molecola nel potenziale

di Lennard-Jonesse conducibilità elettricasSB costante di Stefan-Boltzmann, 5,67 108 W/m2K4

t tempo di rilassamento del sistematt tensore degli sforzi viscositij componente del tensore degli sforzi viscosiu viscosità cinematica del fluidoYB parametro di associazione del solvente, v. equazione

[83] Yij parametri delle regole di miscelazioneWk integrale collisionale per la grandezza k-esimawi frazione massica della specie i-esima

Apici e soprassegni° valore di riferimentot vettore o matrice trasposta(t) grandezza turbolenta valore imperturbato‘ grandezza fluttuante- grandezza media* condizioni di equilibrioeff valore efficace

MOTO DEI FLUIDI

246 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

PediciG fase gassosaL fase liquidai specie i-esimaW valore riferito alla parete

Numeri adimensionali

numero di Biot

numero di Damkholer

numero di Froude

numero di Grashof

numero di Nusselt

numero di Péclet materiale

numero di Péclet termico

numero di Prandtl

numero di Reynolds

numero di Schmidt

numero di Sherwood

Maurizio Masi

Dipartimento di Chimica, Materialie Ingegneria Chimica ‘Giulio Natta’

Politecnico di MilanoMilano, Italia

Shk L

Dc

i m

=,

ScDi m

r ,

Re = ruLµ

Pr =µCkP

T

Pe uLT = = ⋅

αRe Pr

Pe uLD

Scmi m

= = ⋅,

Re

NuhL

kT

=

Grg TLT=

r2 3

2

β

µ

Fru

gL=

2

DaM R L

Di i

i m

=2

r ,

Bihs

kT

=

FENOMENI DI TRASPORTO

247VOLUME V / STRUMENTI