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4. Il transistore BJT 4.1 Generatore di corrente controllato in corrente Una funzione essenziale nella maggior parte dei circuiti elettronici ` e rappresentata dal generatore controllato. Un generatore controllato ` e un dispositivo a due porte, quindi con quattro terminali, che si riducono tuttavia nella maggior parte dei casi a tre, perch´ e due sono in comune tra ingresso e uscita. Prendiamo inizialmente in considerazione il generatore di corrente controllato in corrente, perch´ e questo pu` o essere approssimato tramite il transistore bipolare a giunzione (Bipolar Junction Transistor, BJT). In forma ideale tale generatore pu` o essere rappresentato con lo schema che segue. v s v 1 A i 1 v 2 i 1 R S R L i 2 La quantit` a A che rappresenta il rapporto tra la corrente di uscita e quella di ingresso viene definita “guadagno di corrente”. Notiamo che l’impedenza di ingresso ` e stata scelta volutamente nulla in modo che la corrente di ingresso sia massima. Notiamo anche che il dispositivo ` e unidirezionale, cio` e che le grandezze elettriche eventualmen- te applicate all’uscita non influenzano in alcun modo quelle in ingresso. Possiamo facilmente calcolare il rapporto tra la tensione v s e quella v 2 di uscita: i 1 = v s R S v 2 = Ai 1 R L = AR L R S v s . Se AR L /R S ` emaggioredell’unit`a |v 2 | > |v s | e si ha quindi un’amplificazione di tensio- ne. Se inoltre A> 1, come di solito accade in pratica, si ha anche un’amplificazione di corrente. Se il prodotto del guadagno di tensione per quello di corrente, A 2 R L /R S ` e maggiore dell’unit`a si ha un’amplificazione di potenza: significa quindi che` e possibile controllare con un piccolo segnale un segnale di potenza maggiore. Proprio questo effetto rappresenta la caratteristica peculiare dei cosiddetti “componenti attivi”, dei quali il BJT sar` a il primo esempio che esamineremo. ` E importante sottolineare fino da ora che la potenza in pi` u che si presenta all’uscita rispetto a quella in ingresso proviene dalla sorgente di alimentazione, che ` e sempre necessaria per il funzionamen- to dei dispositivi attivi. L’amplificazione di potenza ` e di fondamentale importanza non solo nel trattamento dei segnali analogici, ma anche in campo digitale, perch´ e, insieme con la propriet` a di unidirezionalit`a, consente la realizzazione di interruttori comandati che controllano correnti pi` u grandi di quella di comando e quindi di reti che non danno luogo a degrado dei livelli logici. Una descrizione molto utile del comportamento di un generatore comandato si ottiene tramite la rappresentazione grafica delle caratteristiche di ingresso e di uscita, sotto la forma di famiglie di curve. Le caratteristiche di ingresso vengono tracciate sul piano v 1 -i 1 e rappresentano il legame tra tali grandezze in funzione di una delle grandezze di uscita. Nel caso particolarmente semplice considerato non ha 30

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4. Il transistore BJT

4.1 Generatore di corrente controllato in corrente

Una funzione essenziale nella maggior parte dei circuiti elettronici e rappresentatadal generatore controllato. Un generatore controllato e un dispositivo a due porte,quindi con quattro terminali, che si riducono tuttavia nella maggior parte dei casia tre, perche due sono in comune tra ingresso e uscita. Prendiamo inizialmente inconsiderazione il generatore di corrente controllato in corrente, perche questo puoessere approssimato tramite il transistore bipolare a giunzione (Bipolar JunctionTransistor, BJT). In forma ideale tale generatore puo essere rappresentato con loschema che segue.

v s

v 1A i 1

v 2

i 1RS

RL

i 2

La quantita A che rappresenta il rapporto tra la corrente di uscita e quella di ingressoviene definita “guadagno di corrente”. Notiamo che l’impedenza di ingresso e statascelta volutamente nulla in modo che la corrente di ingresso sia massima. Notiamoanche che il dispositivo e unidirezionale, cioe che le grandezze elettriche eventualmen-te applicate all’uscita non influenzano in alcun modo quelle in ingresso. Possiamofacilmente calcolare il rapporto tra la tensione vs e quella v2 di uscita:

i1 =vsRS

v2 = −Ai1RL = −ARL

RSvs.

Se ARL/RS e maggiore dell’unita |v2| > |vs| e si ha quindi un’amplificazione di tensio-ne. Se inoltre A > 1, come di solito accade in pratica, si ha anche un’amplificazione dicorrente. Se il prodotto del guadagno di tensione per quello di corrente, A2RL/RS emaggiore dell’unita si ha un’amplificazione di potenza: significa quindi che e possibilecontrollare con un piccolo segnale un segnale di potenza maggiore. Proprio questoeffetto rappresenta la caratteristica peculiare dei cosiddetti “componenti attivi”, deiquali il BJT sara il primo esempio che esamineremo. E importante sottolineare finoda ora che la potenza in piu che si presenta all’uscita rispetto a quella in ingressoproviene dalla sorgente di alimentazione, che e sempre necessaria per il funzionamen-to dei dispositivi attivi. L’amplificazione di potenza e di fondamentale importanzanon solo nel trattamento dei segnali analogici, ma anche in campo digitale, perche,insieme con la proprieta di unidirezionalita, consente la realizzazione di interruttoricomandati che controllano correnti piu grandi di quella di comando e quindi di retiche non danno luogo a degrado dei livelli logici.

Una descrizione molto utile del comportamento di un generatore comandatosi ottiene tramite la rappresentazione grafica delle caratteristiche di ingresso e diuscita, sotto la forma di famiglie di curve. Le caratteristiche di ingresso vengonotracciate sul piano v1-i1 e rappresentano il legame tra tali grandezze in funzione diuna delle grandezze di uscita. Nel caso particolarmente semplice considerato non ha

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significato tracciare le caratteristiche di ingresso, dato che v1 e sempre nulla. Perquanto riguarda invece le caratteristiche di uscita, queste vengono rappresentate sulpiano v2-i2, in funzione di una delle due grandezze di ingresso, in questo caso la i1 (perun numero discreto di valori della i1). Per il generatore di corrente ideale controllatoin corrente, le caratteristiche di uscita sono molto semplici: in corrispondenza di ognivalore della i1 si ha una retta parallela all’asse delle ascisse e da esso distante Ai1,visto che la corrente di uscita e proporzionale a i1 e indipendente dal valore di v2.

2i

11iA

12iA

13iA

14iA

15iA

15i

14i

13i

12i

11i

v2

Se prendiamo in considerazione un circuito come quello di seguito rappresentato, incui sull’uscita e collegato un generatore di tensione VAA tramite un resistore R2,possiamo indicare la relazione tra v2 e i2 imposta dalla rete esterna per mezzo di unaretta di carico, che puo essere riportata sul piano delle caratteristiche. La presenzadel generatore VAA puo sembrare a questo stadio artificiosa, dato che comporta sem-plicemente l’aggiunta di un valor medio alla tensione di uscita. Vedremo piu avanticome, nel caso di un dispositivo reale, questa sia invece indispensabile per fornirel’energia necessaria al suo funzionamento.

v 1A i 1

v 2

i 1 i 2 RL

VAA

Cerchiamo ora di determinare l’andamento della tensione di uscita in funzione dellacorrente i1. Al variare di i1 il punto di lavoro si sposta lungo la retta di carico:rappresentiamo la corrente i1 in funzione del tempo a lato della caratteristica diuscita e, per ogni valore di i1, andiamo a individuare la corrispondente caratteristicaI2–V2 e la relativa intersezione con la retta di carico. In questo modo otteniamo ilvalore all’istante corrispondente della v2 e lo possiamo riportare in un grafico postosotto alle caratteristiche di uscita. Notiamo che la forma d’onda d’uscita e una replicaamplificata, invertita di fase e traslata di quella di ingresso.

31

,( )

21

3 4 5

1

2

3

4

5

2i

15i

14i

13i

12i

11i

AAV

AAV

RL

14i

13i

12i

v2

v2

QI

QV

t

t

4.2 Il principio di funzionamento del BJT

Il transistore bipolare a giunzione consiste di due giunzioni pn poste una di seguitoall’altra e orientate in senso inverso: si tratta quindi di tre regioni consecutive, unap, una n e una p nel caso di un dispositivo pnp e una n, una p e una n nel caso deidispositivi npn. La caratteristica fondamentale che distingue il transistore da duegiunzioni pn in serie “back-to-back” e rappresentata dallo spessore estremamenteridotto della zona centrale (non rappresentato correttamente in scala nel disegnosottostante), che, come vedremo, da luogo all’interazione tra le due giunzioni, allabase dell’“effetto transistor”.

p n p n p n++

L’elettrodo centrale viene definito base, mentre gli altri due sono denominati emetti-tore e collettore. Il drogaggio delle due regioni esterne non e uguale: in un transistorela zona di emettitore e significamente piu drogata di quelle di base e di collettore; siindica infatti con p+ nei transistori pnp e con n+ nei transistori npn. Nella trattazio-ne del modello fisico del transistore tutte le correnti vengono di solito scelte con versoentrante. I transistori vengono indicati negli schemi circuitali con i simboli sottoin-dicati, che differiscono, tra pnp e npn, solo per il verso della freccia dell’emettitore.

pnp npn

Dal punto di vista costruttivo i BJT non vengono realizzati connettendo insieme pezziseparati di silicio con diverso drogaggio, anche perche in tal modo sarebbe ben difficileriuscire a ottenere gli spessori di base estremamente ridotti che sono richiesti per ilcorretto funzionamento. Un processo tecnologico standard per la fabbricazione dei

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transistori e quello planare, illustrato di seguito e basato sulla successiva realizzazionedi strati con diverso drogaggio. L’esempio preso in considerazione e quello di untransistore npn.

C EB

pp n

p

substrato p

+ n +

+

Si parte da un substrato di silicio monocristallino di tipo p sul quale viene ottenutouno strato n che rappresenta il collettore. Si realizza poi uno strato estremamentesottile di tipo p, che costituisce la base e infine viene ottenuta una regione n+ cherappresenta l’emettitore. Lateralmente vengono realizzate delle regioni p+ che hannofunzione di isolamento dai transistori adiacenti. La definizione laterale delle varieregioni viene ottenuta tramite tecniche litografiche. Con opportune procedure siottengono anche dei contatti elettrici che raggiungono le tre regioni del transistore erappresentano la connessione con il resto del circuito.

Passiamo ora a intraprendere uno studio piu dettagliato del funzionamento delBJT. Nella nostra trattazione supporremo che, eccetto che nelle zone di svuotamen-to, la concentrazione di portatori nelle tre regioni sia sufficiente per poter conside-rare nulla la caduta di tensione attraverso ciascuna delle regioni stesse: le correntiche attraversano il transistore sono dunque tutte correnti di diffusione. Conside-riamo la modalita di funzionamento piu tipica, cioe quella nella quale la giunzionebase-emettitore viene polarizzata direttamente, mentre quella base-collettore risultapolarizzata inversamente. In conseguenza della polarizzazione diretta tra base edemettitore, una corrente di lacune viene iniettata dall’emettitore nella base, mentreuna corrente di elettroni passa dalla base all’emettitore. Dato che, come gia sottoli-neato, l’emettitore e molto piu drogato della base, la corrente di lacune iniettata inbase sara molto piu grande di quella di elettroni iniettata dalla base nell’emettitore,che puo essere trascurata. Se la regione di base fosse lunga, la corrente di lacuneiniettata dall’emettitore, darebbe luogo a una concentrazione in eccesso di lacune,che decaderebbe esponenzialmente con la distanza dalla zona di svuotamento, inconseguenza della progressiva ricombinazione con gli elettroni. Essendo pero la basecorta rispetto alla lunghezza di ricombinazione per le lacune (la distanza media sullaquale una lacuna si ricombina), solo poche lacune riescono a ricombinarsi, mentre lamaggior parte raggiunge la zona di svuotamento tra base e collettore, dove le lacu-ne vengono trascinate verso il collettore dal campo elettrico favorevole. Una grossaparte della corrente di lacune iniettata nella base dall’emettitore raggiunge quindi ilcollettore, mentre solo una piccola frazione da luogo a ricombinazione in base.

La corrente di base e quindi sostanzialmente costituita dal flusso di elettroni chedanno luogo alla ricombinazione delle lacune. Essendo la frazione di lacune iniettatedall’emettitore che si ricombina in base molto piccola, la corrente di base e molto piupiccola di quelle di emettitore e di collettore e a esse proporzionale. Una variazionepercentuale della corrente di base si ripercuote dunque in modo proporzionale sullacorrente di collettore, dando luogo a un comportamento corrispondente a quello diun generatore di corrente controllato in corrente.

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B

p

h

e e

h

n p

corr. di lacune iniettate

corr. di ricombinazione

corrente inversa (trascurabile)corrente di elettettroni

iniettata (trascurabile)

E C

+

Le correnti all’interno di un transistore pnp possono dunque essere elencate nelmodo seguente:

- corrente di lacune iniettata dall’emettitore nella base- corrente di elettroni iniettata dalla base nell’emettitore (trascurabile)- corrente di elettroni in base, corrispondente alla ricombinazione di una frazionecostante delle lacune.

- corrente inversa attraverso la giunzione base-collettore (trascurabile)- corrente di lacune inviata nel collettore, corrispondente alla frazione della cor-rente proveniente dall’emettitore che non si ricombina in base.

4.3 Le equazioni di Ebers-Moll

E possibile definire un modello matematico che descrive il comportamento pergrandi segnali del transistore BJT, includendo tutte le componenti di corrente sopramenzionate. Tale modello, definito modello di Ebers-Moll dai nomi di coloro che loproposero, e necessariamente non lineare e rappresenta il transistore come costituitoda due giunzioni pn contrapposte con l’aggiunta di generatori di corrente comandati,che descrivono la porzione della corrente di emettitore trasferita al collettore oppurequella della corrente di collettore trasferita all’emettitore, nel caso che il transistorevenga fatto funzionare con la giunzione base-emettitore in polarizzazione inversa equella base-collettore in polarizzazione diretta.

αRICD

IE

IC

IB

αF

ICD

IED

IED

Dallo schema sopra rappresentato, valido per un transistore pnp, otteniamo le cosid-dette equazioni di Ebers-Moll:

IE =IED − αRICD = IES

(

eVEBVT − 1

)

− αRICS

(

eVCBVT − 1

)

IC =ICD − αF IED = −αF IES

(

eVEBVT − 1

)

+ ICS

(

eVCBVT − 1

) ,

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dove αF rappresenta la frazione della corrente di emettitore che raggiunge il collettore,mentre αR rappresenta la frazione della corrente di collettore (in caso di polarizza-zione diretta della giunzione base-collettore) che viene trasferita all’emettitore. SiaαR sia αF risultano minori dell’unita (rappresentando una frazione di una quantitatotale) e sono legati tra loro dalle cosiddette condizioni di reciprocita per il transi-store:

αF IES = αRICS .

Per i transistori normalmente realizzati, nei quali la regione di emettitore e moltopiu drogata delle altre due regioni, si ha 0.98 ≤ αF ≤ 0.998 e 0.4 ≤ αR ≤ 0.8. Lecorrenti IES e ICS sono dell’ordine di 10−15 A nei transistori al silicio. La correnteIB puo essere immediatamente ricavata dalle equazioni di Ebers-Moll applicando lalegge di Kirchhoff ai nodi:

IB = −(IE + IC).

Nel caso di un transistore npn il circuito equivalente di Ebers-Moll deve esseremodificato, in modo da tenere in considerazione il diverso segno delle tensioni e dellecorrenti:

αRICD

IE

IC

IB

αF

ICD

IED

IED

Le equazioni di Ebers-Moll per un transistore npn diventano:

IE =− IES

(

e−VEB

VT − 1

)

+ αRICS

(

e−VCB

VT − 1

)

IC =αF IES

(

e−VEB

VT − 1

)

− ICS

(

e−VCB

VT − 1

) .

Sulla base del modello di Ebers-Moll possiamo definire le quattro zone di fun-zionamento possibili per il transistore:

a) Zona attiva diretta, con la giunzione base-emettitore polarizzata direttamente equella collettore-base polarizzata inversamente. Questa e la condizione di fun-zionamento piu utilizzata e quella in cui si hanno buone prestazioni dal puntodi vista dell’amplificazione.

b) Zona attiva inversa, con la giunzione base-emettitore polarizzata inversamentee quella collettore-base polarizzata direttamente. Dato che il transistore non esimmetrico, le prestazioni sono in questo caso molto degradate rispetto a quellein zona attiva diretta e pertanto i transistori non vengono quasi mai utilizzati inzona attiva inversa.

c) Zona di interdizione, con ambedue le giunzioni polarizzate inversamente. Inquesto caso le correnti che attraversano il transistore sono estremamente piccolee quindi lo stesso puo considerarsi come un circuito aperto. Questo modo di

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funzionamento puo essere utilizzato in applicazioni di tipo digitale per emulareun interruttore aperto.

d) Zona di saturazione, con ambedue le giunzioni polarizzate direttamente. Inquesto caso la caduta di tensione tra collettore ed emettitore e molto piccola(pochi decimi di volt) e il comportamento del transistore assomiglia a quellodi un corto circuito. Questo modo di funzionamento puo essere impiegato incircuiti digitali per emulare un interruttore chiuso.

4.4 Caratteristiche a emettitore comune

Ci occuperemo ora della determinazione delle caratteristiche I − V del transistorenpn quando questo sia connesso nella configurazione a emettitore comune, vale a direcon l’emettitore a comune tra ingresso e uscita, la base sulla porta di ingresso e ilcollettore su quella di uscita. In tale configurazione le grandezze di ingresso sono laVBE e la IB , mentre quelle di uscita sono la VCE e la IC .

+

+

− −

VCE

VBE

I

I

B

C

Le caratteristiche di uscita a emettitore comune descriveranno quindi la relazione traIC e VCE in funzione di IB e saranno costituite da una famiglia di curve sul pianoVCE − IC , ciascuna per un diverso valore della corrente IB .

In zona di funzionamento attiva diretta, osservando le equazioni di Ebers-Mollnotiamo che la corrente di emettitore IE e sostanzialmente pari a −IES exp(VBE/VT ),data la condizione di polarizzazione diretta della giunzione BE, che rende trascura-bile l’unita rispetto all’esponenziale, e di polarizzazione inversa della giunzione BC,che rende trascurabile il termine contenente il contributo della ICS . La corrente dicollettore IC e invece sostanzialmente corrispondente al termine dovuto all’iniezionedi elettroni dall’emettitore in base, αF IES exp(VBE/VT ), quindi possiamo anche scri-vere che IC = −αF IE .

L’espressione della corrente di base risulta quindi, dall’applicazione del principiodi Kirchhoff ai nodi,

IB = −(IE + IC) = −(1− αF )IE .

Sostituendo nella precedente equazione a IE la sua espressione in funzione di ICotteniamo

IB = (1− αF )ICαF

,

quindi

IC =αF

1− αFIB = βF IB ,

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dove βF e definito come

βF =αF

1− αF

ed e di solito indicato dai costruttori come hFE (si noti che il pedice FE e maiuscoloe quindi questo paramentro non deve essere confuso con hfe che sara introdotto piuavanti e avra tutt’altro significato).

Proviamo a costruire il grafico delle caratteristiche di uscita, nell’ipotesi di βF

costante. In realta βF ha una certa dipendenza da IC , per cui le caratteristiche nonsono equispaziate.

Co

rren

te

I C(m

A)

Tensione (V)VCE

I B Aµ= 5

AµI B = 10

AµI B = 15

AµI B = 20

AµI B = 25

AµI B = 30

AµI B = 35

AµI B = 40

0 2 4 6 8 10 12 14

12

14

2

0

4

6

10

8

16

E importante ricordare che, poiche VCE = VCB + VBE , se VBE viene mantenutaal valore Vγ dal circuito di polarizzazione di base, quando VCE scende al di sottodi Vγ , la giunzione CB comincia a essere polarizzata direttamente, per cui usciamodalla zona attiva diretta propriamente detta. Al descrescere di VCE al di sotto diVγ inizialmente non viene osservata una significativa variazione di comportamentodella corrente di collettore (poiche la giunzione CB, pur essendo gia polarizzatadirettamente, non conduce ancora in modo significativo), ma quando VCE risultaminore di 0.3 - 0.4 V, la conduzione della giunzione BC fa sı che il relativo terminenell’equazione di Ebers-Moll non sia piu trascurabile (siamo quindi decisamente inzona di saturazione) e la corrente di collettore scende al di sotto del valore −αF IE .Per valori ancor minori di VCE , quando si raggiunge il cosiddetto valore VCEsat (disolito assunto pari a 0.2 V, ma in realta dipendente dal tipo di transistore e variabiletra 0.1 e 0.25 V), le diverse caratteristiche collassano l’una sull’altra e si perde quindiil controllo della corrente di collettore da parte di quella di base. In saturazione iltransistore si comporta dunque come l’equivalente di un interruttore chiuso connessotra emettitore e collettore, visto il piccolissimo valore di tensione ( VCEsat ) chesussiste tra questi due elettrodi.

Nelle caratteristiche di un transistore BJT reale, come quelle riportate di seguito,notiamo subito un’importante differenza rispetto a quanto visto finora: la correntedi collettore in zona attiva diretta non rimane costante al crescere della VCE , masubisce un incremento, che e la conseguenza del cosiddetto effetto Early. Da unpunto di vista grafico tale incremento risulta visibile nella forma di un’inclinazioneverso l’altro delle caratteristiche, per tutta la zona attiva diretta.

Tale effetto e il risultato dell’allargamento della regione di svuotamento dellagiunzione base-collettore quando VCE (e conseguentemente la polarizzazione inversadi tale giunzione, VCB) viene aumentata. A causa di tale allargamento il tratto dellabase all’interno del quale puo effettivamente avvenire la ricombinazione dei portatori

37

Co

rren

te

I C(m

A)

Tensione (V)VCE

AµI B = 40AµI B = 35

AµI B = 30

AµI B = 25

AµI B = 20

AµI B = 15

AµI B = 10

I B Aµ= 5

0 2 4 6 8 10 12 14

12

14

2

0

4

6

10

8

16

iniettati dall’emettitore (lunghezza efficace di base) risulta ridotto. Pertanto unapercentuale piu piccola di portatori (elettroni in un transistore npn) si ricombina inbase e una piu grande riesce a raggiungere il collettore e a formare una IC che epertanto maggiore.

Dunque, per valori di VCB (e quindi di VCE) piu elevati la corrente di collettoreaumenta a parita di corrente di base e quindi ciascuna delle curve corrispondenti allecaratteristiche di uscita risulta inclinata verso l’alto.

Se tracciamo le caratteristiche di uscita in modo inconsueto, scegliendo come pa-rametro la tensione VBE invece della IB , osserviamo che anch’esse mostrano l’effettoEarly e che prolungando verso sinistra con delle semirette il tratto rettilineo del-le caratteristiche si ottiene un’unica intersezione comune con l’asse delle ascisse, incorrispondenza della cosiddetta “tensione di Early” (VA), in genere compresa tra−50 e −100 V. In realta, se come effettivamente avviene, l’effetto della tensionecollettore-emettitore sulle caratteristiche di ingresso (di cui parleremo di seguito) eestremamente piccolo, c’e una relazione pressoche indipendente da VCE tra VBE eIB , per cui anche i prolungamenti delle caratteristiche di uscita a IB costante (chein questo caso non sono altro che una particolare scelta delle caratteristiche a VBE

costante) si intersecano nello stesso punto.

VBE VBE1

VBE VBE2

I C(m

A)

(V)VCE

VA

VBE VBE3

VBE VBE4=

VBE VBE5=

0 5 10 15 20

=

=

25 30−5−10−15−20−25−30−35−40−45−50

=

Le caratteristiche di ingresso a emettitore comune forniscono la relazione tra IB e VBE

in funzione della VCE . Esse rappresentano il comportamento della giunzione base-emettitore e hanno quindi un andamento esponenziale simile a quello di un diodo;risentono inoltre dell’effetto Early. In particolare, se si incrementa VCE , la lunghezzadi base efficace diminuisce, causando una minore ricombinazione e, di conseguenza,una diminuzione della corrente di base. Nella figura seguente sono rappresentate lecaratteristiche di ingresso a emettitore comune per un transistore npn ed e possibilevedere chiaramente il risultato dell’effetto Early, accentuato per renderlo piu evidente.

38

VBE (V)

I B(

A)

µ VCE

= 5 V

VCE

= 0 V VCE

= 10 V

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.40

2

4

6

8

10

Le caratteristiche di ingresso e di uscita dei transistori pnp sono del tutto analoghe(con gli opportuni cambiamenti di segno) a quelle degli npn. Tali caratteristiche,riportate di seguito, si ottengono da quelle presentate per i transistori npn sostituendoIB con −IB , VBE con −VBE , VCE con −VCE , IE con −IE e IC con −IC .

AµI B = −40AµI B = −35

AµI B = −30

AµI B = −25

AµI B = −20

AµI B = −15

AµI B = −10

I B Aµ= −5

0 2 4 6 8 10 12 14

12

14

2

0

4

6

10

8

16

Co

rren

te

−I

(mA

)

Tensione (V)−V

C

CE

VCE

= −5 V

VCE

= 0 V VCE

= −10 V

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.40

2

4

6

8

10

−I

( A

−V (V)

B

BE

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5. I transistori a effetto di campo

5.1 Generatore di corrente controllato in tensione

Nei transistori a effetto di campo, come suggerisce il nome stesso, il flusso di correnteviene controllato tramite un campo elettrico e, quindi, attraverso il valore della ten-sione applicata a un opportuno elettrodo di comando. Pertanto, cosı come nel casodei BJT avevamo introdotto una rappresentazione idealizzata del funzionamento permezzo di un generatore di corrente controllato in corrente, per lo studio dei tran-sistori a effetto di campo introduciamo il concetto di generatore ideale di correntecontrollato in tensione, la cui rappresentazione circuitale e indicata in figura.

v 2

i 2

v 1

i 1

g v1m

La quantita gm rappresenta il rapporto tra la corrente di uscita e la tensione iningresso. Dimensionalmente e quindi l’inverso di una resistenza ed e espressa in A/Vo, piu comunemente, in mA/V.

Possiamo anche in questo caso rappresentare le caratteristiche di uscita, sulpiano v2-i2, ottenendo una famiglia di curve in funzione del parametro costituitodalla tensione di ingresso. Tali curve altro non sono che rette parallele all’asse delleascisse, poiche la corrente in uscita non dipende dalla tensione v2, ma soltanto dallav1. Per questo tipo di generatore comandato possiamo pensare a una configurazionein cui sono presenti un generatore di alimentazione esterno V22 e una resistenza dicarico RL, come quella rappresentata nella figura sottostante.

v 2

i 2

v 1

i 1

22V

LR

g v1m

E possibile tracciare sul piano delle caratteristiche di uscita una retta di carico, la cuipendenza corrisponde a −1/RL e che interseca l’asse delle ascisse in corrispondenzadi V22, come indicato sulle caratteristiche di seguito rappresentate.Al variare della tensione v1 applicata in ingresso, il punto di lavoro si spostera quindilungo la retta di carico, dando luogo a una variazione della tensione di uscita v2 cherappresenta una replica amplificata e invertita di fase della tensione di ingresso. Sele caratteristiche fossero equispaziate come quelle rappresentate in figura, la tensionedi uscita presenterebbe una relazione perfettamente lineare con quella di ingresso;

40

2i

15v

14v

13v

12v

11v

22V

22V

v2

RL

vedremo che in realta i dispositivi a effetto di campo sono caratterizzati da unadipendenza quadratica della corrente di uscita dalla tensione di ingresso, per cui illoro comportamento puo considerarsi lineare solo per piccoli segnali.

5.2 Il transistore MOS

L’idea alla base del funzionamento del transistore MOS (Metal-Oxide-Semiconductor)e abbastanza semplice: si crea uno strato di cariche mobili in prossimita della super-ficie di un semiconduttore, tramite l’applicazione di un campo elettrico per mezzodi un elettrodo di gate metallico, che “attira” le cariche verso la superficie stessa.Una descrizione appropriata del funzionamento del transistore MOS richiederebbeconcetti avanzati di meccanica quantistica che esulano da questa trattazione, quindisfrutteremo una descrizione intuitiva, ancorche non rigorosa. La struttura di un ti-pico transistore MOS a canale n e rappresentata nella figura seguente: in un bloccodi silicio p vengono realizzate, a una certa distanza tra loro, due diffusioni di tipo n+

che rappresentano gli elettrodi di source e di drain; sopra la superficie del silicio vieneottenuto un sottile strato di ossido di silicio (dell’ordine della decina di nanometri o,piu recentemente, dei nanometri) che funge da isolante; al di sopra dello strato iso-lante e tra source e drain viene realizzato uno strato metallico (o piu recentemente disilicio policristallino fortemente drogato, in modo da renderlo conduttore) che fungeda gate.

SB G D

n

p

n+ +

Se si applica una tensione positiva al gate rispetto al silicio p sottostante, vengonorichiamati elettroni in prossimita della superficie, cosicche si ha, in un sottilissimostrato subito sotto la superficie stessa, un fenomeno di inversione: il silicio diventa

41

localmente di tipo n, dando quindi luogo alla formazione di un canale conduttore chemette in connessione source e drain. Il transistore MOS ha percio 4 elettrodi: source,drain, gate e il quarto, denominato bulk, che corrisponde al silicio di substrato, quellonel quale si forma il canale. Nei dispositivi MOS non integrati l’elettrodo di bulk edi solito internamente collegato al source.

Il canale di portatori minoritarı comincia a formarsi alla superficie quando latensione tra gate e bulk supera un valore di soglia indicato con VT . Poiche neidispositivi discreti il bulk e di solito collegato con il source (come sopra accennato),la tensione tra gate e bulk corrisponde con la VGS e come tale la indicheremo nelseguito. E importante sottolineare che la tensione VT per i MOS non ha nulla ache fare con la VT che abbiamo considerato nello studio dei BJT (pari a kT/q): lacoincidenza dei nomi e del tutto fortuita. Per valori piccoli (inferiori a qualche decimodi volt) della VDS , il canale del transistore MOS ha un andamento uniforme tra sourcee drain, con uno spessore, e conseguentemente una conducibilita, che cresceranno alcrescere della VGS . In questa condizione il MOS puo quindi essere utilizzato come unaresistenza variabile, controllata tramite la tensione VGS , dando luogo a caratteristichelineari sul piano VDS − ID.

=2 V

D

VDS

V =5 V

VGS=4 V

V =3 V

VGS

GS

GS

I

Se VDS e maggiore di qualche decimo di volt, il comportamento del canale non epiu quello di una resistenza lineare, poiche l’ampiezza verticale dello stesso verra adipendere dalla posizione considerata tra source e drain, come rappresentato nellafigura seguente.

p

n+ n+

B SG

D

VDS

VGS

42

L’effettiva tensione tra gate e substrato dipende dalla posizione lungo il canale: sarapari a VGS in corrispondenza del source e diminuira avvicinandosi al drain. Se VGS−VDS < VT esistera un punto in cui la tensione tra gate e substrato risulta pari a VT (latensione di soglia per la formazione del canale) e oltre tale punto risulta inferiore a VT ,quindi il canale scompare o, come si suol dire, viene strozzato. Per VGS − VDS = VT

la strozzatura si trova in corrispondenza dell’estremita di drain; all’aumentare di VDS

si sposta verso sinistra, ma di una quantita piccola relativamente alla lunghezza delcanale, almeno per i valori di VDS normalmente utilizzati. Quindi si ha un trattodi canale di lunghezza x1 pari quasi alla distanza tra drain e source, ai capi delquale, una volta superata la VDS per cui VGS −VDS < VT , esiste una tensione pari aVGS − VT , sostanzialmente indipendente da ulteriori variazioni di VDS . La correnteche lo attraversa e quindi anch’essa pressoche indipendente da VDS e raggiunge ladiffusione di drain attraverso la zona strozzata. Sul piano delle caratteristiche diuscita questo corrisponde ad avere caratteristiche pressoche orizzontali al di sopradel valore di VDS per cui avviene lo strozzamento. Questa zona delle caratteristicheviene definita “zona di saturazione”; si noti che l’uso del termine “saturazione” inquesto caso non ha nulla a che fare con quello che si ha nel caso del transistoreBJT. La saturazione nel caso del BJT indica una condizione di funzionamento incui tutte e due le giunzioni sone polarizzate direttamente e la corrente di base nonha quasi piu alcuna influenza su quella di collettore; nel caso del transistore MOSla saturazione corrisponde alla condizione di funzionamento attivo che consente diottenere un’amplificazione.Vediamo ora una rappresentazione grafica di quanto e stato fin qui descritto.

S G D

x1

canalepunto di strozzatura

ossido di silicion+ n+

All’aumentare di VDS , la distanza x1 si riduce, anche se di poco, e questo fatto daluogo all’inclinazione delle caratteristiche di uscita (ai capi di un canale di lunghezzaridotta e quindi di resistenza ridotta e presente la stessa tensione V ′, pressoche paria VGS−VT . Dato che tale riduzione e piuttosto piccola e che la tensione V ′ e pratica-mente costante, la corrente IDS si puo considerare, almeno in prima approssimazione,indipendente da VDS nella zona di saturazione.

In condizioni di saturazione la corrente e data da

ID = k

(

W

L

)

(VGS − VT )2,

dove k rappresenta un parametro di processo, W e la larghezza in direzione perpen-dicolare al disegno e L e la lunghezza del canale, cioe la distanza tra drain e source.Il parametro di processo k ha le dimensioni di una corrente divisa per una tensioneal quadrato e puo essere espresso come

k = µnCox

2,

43

dove Cox e la capacita dell’ossido per unita di superficie (Cox = ε/Tox), con ε pari allacostante dielettrica dell’ossido e Tox pari allo spessore dell’ossido) e µn e la mobilitadei portatori interessati alla conduzione tra source e drain, in questo caso elettroni.Tale espressione e valida non solo per VDS = VGS −VT , ma anche per valori superioridi VDS , se facciamo l’ipotesi di corrente in zona di saturazione indipendente da VDS .Poiche all’entrata in saturazione VDS = VGS − VT , possiamo ricavare facilmentel’espressione della curva che separa sul piano delle caratteristiche di uscita, la regionecosiddetta “triodo” (per VDS minore di quella di saturazione) e quella di saturazione:si tratta di una parabola descritta dall’equazione

ID = k

(

W

L

)

V 2DS .

Le caratteristiche di uscita cosı ottenute sono rappresentate nella figura seguente,nella quale la parabola appena citata e stata tracciata con una linea tratteggiata.

V = 1.5 VGS

V = 1.75 VGS

V = 2 VGS

V = 2.25 VGS

GSV = 1.25 V

I D (

mA

)

0 2 4 6 8 100

20

40

60

80

100

V (V)DS

Se, nell’espressione della corrente in saturazione, vogliamo includere anche l’effettodi accorciamento del canale all’aumentare della VDS , che da luogo a una leggerainclinazione verso l’alto delle caratteristiche di uscita, possiamo usare l’espressione ditipo fenomenologico

ID = k

(

W

L

)

(VGS − VT )2(1 + λVDS),

dove il parametro λ rappresenta l’inverso di una tensione, che viene di solito chiamatatensione di Early, in analogia a quanto accade nei BJT, anche se in questo caso il feno-meno fisico che porta all’inclinazione delle caratteristiche di uscita e completamentediverso da quello della riduzione della lunghezza efficace di base dei BJT.

Sulla base delle espressioni finora derivate e anche possibile tracciare la trans-caratteristica ingresso-uscita per un transistore MOS: si tratta di una parabola cheinizia per VGS = VT . Di solito si trascura la dipendenza della transcaratteristicadalla VDS e si traccia un’unica curva, indipendentemente dal valore di VDS .

Per i transistori MOS esistono versioni complementari a canale p, nelle qualiil substrato e di tipo n e le diffusioni di source e di drain sono di tipo p+. Intali transistori il trasporto tra source e drain e ottenuto tramite una corrente dilacune, che vengono indotte alla superficie tramite l’applicazione di una tensionenegativa tra gate e bulk. Pertanto le caratteristiche di un transistore a canale psono equivalenti a quelle di un transistore a canale n, purche si scambino i segni

44

VGS (V)

I D(m

A)

V T

1 1.2 1.4 1.6 1.8 2 2.2 2.4 2.60.80

20

40

60

80

100

di correnti e tensioni. I MOS a canale p hanno prestazioni inferiori, a parita dialtre caratteristiche, rispetto ai corrispondenti transistori a canale n, in conseguenzadella ridotta mobilita delle lacune rispetto a quella degli elettroni. Si puo compensareperaltro tale ridotta mobilita con un aumento della larghezza di canale W , cosa che sifa molto frequentemente, dato che la disponibilita di transistori MOS complementarie alla base della tecnologia CMOS, che rappresenta, come vedremo piu avanti, unodei motori trainanti dell’attuale industria microelettronica.

I transistori MOS finora visti sono di tipo ad arricchimento (o enhancement),poiche per tensione di gate nulla il canale non esiste e la sua formazione e unaconseguenza dell’arricchimento di portatori del tipo opportuno operato tramitel’applicazione di una tensione di gate. Esistono anche transistori di tipo diverso,nei quali il canale e preesistente, ottenuto tramite impiantazione di droganti nellostrato superficiale e lo si puo far scomparire con l’applicazione di un’opportuna ten-sione di gate. Tali transistori si definiscono a svuotamento (o depletion). Nel casodel transistore depletion a canale n la tensione di soglia VT risulta quindi negativae la transcaratteristica ingresso-uscita risulta traslata all’indietro rispetto a quelladell’equivalente enhancement:

VGS (V)

I D(m

A)

V T

0.2 0.6 0.80

20

40

60

80

100

−0.6−0.8 −0.4 0.4 10−0.2

Le caratteristiche di uscita sono praticamente equivalenti a quelle del transistoreenhancement, con l’unica variante dei valori di tensione VGS corrispondenti a ciascunadi tali caratteristiche, che risultano traslati verso il basso.

Rovesciando i segni di correnti e tensioni possono facilmente ottenersi le carat-teristiche dei transistori a canale p, sia enhancement sia depletion.

45

Esistono diversi simboli circuitali per i transistori MOS. Quelli piu comunemen-te usati non danno informazioni sul tipo (ad arricchimento o a svuotamento), maindicano soltanto se il canale e p o n:

S

D

G

canale n canale p

S

D

G

Si utilizza talvolta anche un simbolo ancor piu generale, valido sia per MOS a canalen sia per MOS a canale p:

S

D

G

Esistono infine dei simboli, molto poco usati, che distinguono tra MOS ad arricchi-mento (a sinistra) e MOS a svuotamento (a destra):

S

D

G B

S

D

G

46

5.3 Il transistore JFET

Il transistore JFET (Junction Field Effect Transistor) e il primo transistore a effettodi campo che fu realizzato e contiene, come e chiaro dal nome, una giunzione p-n. Prendiamo dapprima in considerazione il transistore JFET a canale n, il cuifunzionamento puo essere compreso in base allo schema di principio riportato nellafigura che segue.

p +

p +

nS D

G

G

La corrente scorre tra l’elettrodo di source e quello di drain attraverso un pezzodi semiconduttore drogato n, nel quale sono realizzate due diffusioni di tipo p+,che costituiscono l’elettrodo di gate. Essendo le diffusioni di gate piu drogate, lazona di svuotamento si estende prevalentemente nella regione n. Se supponiamodi applicare una tensione molto piccola tra drain e source e una tensione negativaVGS tra gate e source, in modo da polarizzare inversamente la giunzione, la correntescorrera in un canale con dimensione verticale variabile al variare di VGS , compresotra i bordi delle due zone di svuotamento dovute alle diffusioni p+. Per piccoli valoridella tensione VDS applicata tra drain e source, il JFET si comporta quindi in modosimile a quanto gia visto per il MOS, come una resistenza il cui valore puo esserevariato per mezzo della VGS : in questo caso tanto piu grande e in modulo il valoredella VGS tanto maggiore risulta il valore di resistenza presente tra drain e source.Tutto cio puo essere rappresentato tramite le caratteristiche di uscita nella regioneper VDS piccola, che sono sostanzialmente delle rette che confluiscono nell’origine,come illustrato nella figura seguente. La pendenza della caratteristica corrispondeall’inverso della resistenza e diminuisce all’aumentare in modulo della VGS .

ID

VDS

V =0 V

VGS=−0.5 V

V =−1 V

VGS

GS

GS

=−1.5 V

47

Per VGS abbastanza negativa le due zone di svuotamento si congiungono e il canalescompare, per cui la corrente si annulla: il valore di VGS per il quale questo avvienesi definisce tensione di pinch-off e si indica con VP . Per tensioni VGS in modulomaggiori di VP il transistore JFET si comporta come un interruttore aperto.

Quando si applica invece una VDS non trascurabile (superiore a qualche decimodi volt), il comportamento del dispositivo non puo piu essere assimilato a quello diuna resistenza lineare: per una VDS significativa, la differenza di potenziale tra draine canale risulta maggiore in modulo di quella tra source e canale, per cui le zonedi svuotamento che definiscono il canale stesso assumono una forma asimmetrica,risultando piu ampie in corrispondenza della regione di drain.

p +

p +

S D

G

G

n

Al crescere di VDS , il canale diviene sempre piu stretto fino a risultare strozzatoin corrispondenza del drain. In questa condizione il canale si estende dall’estremitadi source fino al punto dove inizia la strozzatura. Si ha in tal caso un fenomeno disaturazione del tutto analogo a quello gia visto per i transistori MOS. Si ha quindi uncomportamento che approssima quello del generatore ideale di corrente controllatoin tensione. Le caratteristiche corrispondenti a valori equispaziati della tensione VGS

non sono pero equispaziate: si puo dimostrare che in saturazione la corrente di drainID in un JFET ha una dipendenza quadratica dalla tensione VGS , secondo la seguenteequazione:

ID = IDSS

(

1−VGS

VP

)2

,

dove IDSS e la corrente di drain che si ha per VGS nulla. Tale relazione rappresentala transcaratteristica ingresso-uscita e puo essere riportata graficamente sul pianoVGS-ID.

V P

IDSS

ID

VGS

In prima approssimazione possiamo assumere che la transcaratteristica sia indipen-dente dal valore di VDS (cosa che faremo in tutte le applicazioni numeriche), che

48

corrisponde ad assumere, come abbiamo fatto in precedenza, orizzontali le caratteri-stiche di uscita in saturazione. In realta queste non sono perfettamente orizzontali, acausa del fatto che il punto in cui inizia la strozzatura si sposta leggermente verso ilsource all’aumentare della tensione VDS , per cui la stessa tensione VC (tensione tra ilpunto di strozzamento e il source) viene applicata a un canale di lunghezza minore,dando cosı luogo a una corrente di drain maggiore. L’andamento delle caratteristichedi uscita in zona di saturazione e percio inclinato, in modo simile a quanto accadenei BJT a causa dell’effetto Early. Le caratteristiche di uscita di un JFET a canalen hanno percio l’aspetto sotto rappresentato.

V = −2 VGS

V = −1.5 VGS

V = −1 VGS

V = −0.5 VGS

GSV = −2.5 V

I D (

mA

)

0 2 4 6 8 100

20

40

60

80

100

V (V)DS

La giunzione tra gate e canale e polarizzata inversamente, quindi viene attraversatada una corrente molto piccola di valore compreso tra le decine di picoampere e qualchenanoampere, a seconda dell’area di giunzione e della temperatura. Per VDS elevatala tensione inversa applicata sulla giunzione tra gate e canale puo superare il valoredi breakdown e si assiste in tal caso a un rapido aumento della corrente di drain. Eda notare che il breakdown avviene per valori di VDS tanto minori quanto piu grandee, in modulo, la VGS . Questo perche la tensione effettivamente presente ai capi dellagiunzione nell’area di drain risulta pari a VDS − VGS .

ID

VDS

GSV = −2.5 V

V = −2 VGS

V = −1.5 VGS

V = −1 VGS

V = −0.5 VGS

zona di breakdown

Finora abbiamo parlato di transitori JFET con canale n e gate realizzato con unadiffusione p+; e possibile avere anche una realizzazione di tipo complementare, concanale p e diffusioni di gate di tipo n+. Il funzionamento e del tutto analogo, con lasola differenza che tutte le tensioni e le correnti avranno segno invertito: la tensioneVGS dovra essere positiva, mentre la VDS sara negativa. Le prestazioni dei transistoriJFET a canale p differiscono, a parita di drogaggi e di caratteristiche geometriche,da quelle dei JFET a canale n, a causa della diversa mobilita delle lacune rispetto

49

agli elettroni. In genere le prestazioni dei JFET a canale n sono dunque migliori, ede questo il motivo per cui essi risultano molto piu utilizzati.

Il simbolo circuitale del JFET e sotto rappresentato, sia per il tipo a canale nsia per quello a canale p.

canale n canale p

S

D

G

S

D

G

50

6. Reti di polarizzazione

6.1 Reti di polarizzazione per transistori BJT

La rete di polarizzazione piu semplice possibile da un punto di vista concettuale equella di seguito riportata:

+

−+

BBVBEV

CCV

CEV

BR

CR

I

I

B

C

Le quantita incognite sono VCE , IC , VBE , IB . Abbiamo quindi la necessita di quattroequazioni che legano tra loro queste quantita. Tali equazioni possono essere ricavatedalle relazioni tra le varie grandezze imposte dal circuito esterno e dalle relazioniimposte dal transistore stesso.

VBE =g(IB , VCE)

IC =f(IB , VCE)

VBB =RBIB + VBE

VCC =RCIC + VCE ,

dove le prime due equazioni rappresentano le caratteristiche del transistore (rispet-tivamente di ingresso e di uscita) e le altre sono semplicemente le equazioni alle duemaglie dalle quali il circuito e costituito. Se le caratteristiche di ingresso corrispon-denti a diversi valori di VCE non differiscono significativamente tra loro, possiamodeterminare il valore di riposo IBQ della IB tracciando sul grafico delle caratteristichedi ingresso stesse la retta di carico definita dalla terza equazione.

VBB

VBB

RB

V

I

BEQ

I BQ

B

VBE

3

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14

0 0.5 1 1.5 2 2.50

51

A questo punto possiamo costruire la retta di carico corrispondente alla Eq. (4) sulpiano delle caratteristiche di uscita e individuare i valori di riposo della ICQ dellaIC e VCEQ della VCE dall’intersezione di tale retta con la caratteristica relativa allaIBQ prima determinata, completando cosı la determinazione del punto di lavoro deltransistore:

I C

VCE

I B3

I B2

I B5

I B4 I BQ

VCEQ

I CQ

CCV / RC

CCV

I B8I B7

2 4 6 8 10 12 14

I B1

=

I B6

0

La procedura seguita puo essere semplificata notando che in zona attiva diretta laVBE non si discosta da Vγ piu di 0.1-0.15 V, per cui possiamo assumere, senza com-mettere errori significativi, VBE ≃ Vγ . In tal caso non e piu necessario ricorrere allecaratteristiche di ingresso. Dalla equazione delle cadute di tensione sulla maglia diingresso otteniamo direttamente

IB =VBB − Vγ

RB,

e per il resto si procede nel modo gia visto.Il circuito di polarizzazione esaminato presenta il vantaggio della facilita di ana-

lisi, ma ha anche gravi inconvenienti, tali da renderlo raramente utilizzato in pratica.Gli inconvenienti consistono nel fatto che il punto di lavoro e fortemente legato aiparametri del dispositivo e, soprattutto, varia al variare della temperatura. Infat-ti, se per esempio la temperatura aumenta, diminuisce la VBE necessaria per avereuna data IB . Di conseguenza aumenta la corrente di base e quindi anche quelladi emettitore, causando un ulteriore incremento della temperatura della giunzione.Si ha quindi un meccanismo che conduce a forti scostamenti dal punto di riposo epuo portare anche alla distruzione del dispositivo. Inserendo una resistenza in serieall’emettitore si ottiene un notevole miglioramento, perche un eventuale incrementodi corrente porta a un aumento della caduta sulla resistenza di emettitore e quindi auna diminuzione della VBE , che contrasta l’originario aumento di corrente:

+

−+

BBVBV

CCV

CEV

BR

ER

CR

I

I

B

C

52

Il calcolo del punto di riposo in presenza di una resistenza di emettitore e piu comples-so, poiche le due maglie, quella di uscita e quella di ingresso, non sono piu disaccop-piate, quindi non e piu possibile calcolare la IB indipendentemente dalla conoscenzadella IC . Per una valutazione esatta del punto di riposo bisogna ricorrere a proceduregrafiche abbastanza complesse o a procedure numeriche iterative, che non prenderemoin esame. Considereremo invece un caso particolarmente semplice, che corrispondealla maggioranza delle situazioni che si incontrano nella pratica.

Innanzitutto va detto che nei circuiti di polarizzazione visti finora e necessariodisporre di due generatori distinti: VBB e VCC . Cio rappresenterebbe in pratica ungrosso problema e si cerca invece di avere un unico generatore di alimentazione permolti transistori. Vediamo come si puo passare da due generatori di alimentazione auno soltanto nel circuito appena considerato: basta utilizzare VCC al posto di VBB

e variare RB opportunamente, in modo da ottenere la stessa corrente di base che sisarebbe ottenuta con VBB . Definiamo R′

B la nuova RB .

+

−+

BVCCV

CEV

BR’

ER

ICCR

IB

L’altro inconveniente prima citato consiste nel fatto che il punto di lavoro dipendefortemente dalle caratteristiche intrinseche del transistore, le quali possono variarenotevolmente, a causa della dipendenza da parametri costruttivi come la larghezzadi base che non possono essere controllati con grande precisione. Il circuito che piuspesso si utilizza per la polarizzazione dei BJT risolve anche questo problema e sibasa sull’impiego di un partitore “pesante” per fissare la tensione di base.Per partitore pesante si intende un partitore realizzato con resistenze tali da farpassare una corrente molto maggiore (almeno 20 volte) di quella che da tale partitoreviene derivata, in questo caso particolare la corrente di base. In una tale situazionela tensione che si ottiene con il partitore e sostanzialmente determinata dal rapportodelle resistenze. Perche questa approssimazione sia valida e necessario che la correntenelle resistenze sia almeno venti volte piu grande di quella di base. Di solito, nellarisoluzione dei circuiti, si fa l’ipotesi di partitore pesante e poi si verifica al terminese la IB trovata e consistente con l’ipotesi stessa.

Nell’ipotesi partitore pesante possiamo dunque scrivere che la tensione VB dellabase rispetto a massa e data da

VB = VCCR2

R1 +R2

.

53

+

−+

BVCCV

CEV

ER

IB

1R

2R

IR2

IR1

IC

IE

CR

Se supponiamo che la tensione VBE sia pari a Vγ , possiamo subito determinare VE :VE = VB − Vγ . Quindi

IE =VB − Vγ

RE.

Si noti che in questo caso IE e stata scelta come uscente dall’emettitore, in modo cheabbia segno positivo, per una maggiore comodita nei calcoli. Facciamo ora l’ipotesi,anch’essa da verificare al termine, che IB ≪ IC . In tal caso IE ≃ IC e quindipossiamo calcolare la caduta su RC utilizzando il valore di IE che abbiamo ottenuto:

VC = VCC −RCIC ≃ VCC −RCIE .

DunqueVCE = VCC −RCIC − VB + Vγ .

Essendo a questo punto note VCE e IC , possiamo determinare IB dalle caratteri-stiche di uscita a emettitore comune, individuando il punto di riposo identificatoda tali valori e ottenendo la IB corrispondente per interpolazione. Dobbiamo oraverificare che siano effettivamente soddisfatte le disuguaglianze relative alle ipotesiprecedentemente fatte:

IB ≪ IR1

IB ≪ IC .

Si noti che per soddisfare la prima delle due disuguaglianze non si puo incremen-tare arbitrariamente IR1, diminuendo il valore delle resistenze del partitore, perchealtrimenti avremmo un eccessivo consumo di corrente e un’eccessiva dissipazione dipotenza sul partitore. Sottolineiamo anche il fatto che con l’ipotesi di partitore pe-sante sovrastimiamo la corrente di base (poiche ipotizziamo un valore di VB maggioredi quello reale, che, assumendo comunque una VBE pari a Vγ , porta a una VE piugrande, conseguentemente a una maggiore IE e dunque IC , ottenendo pertanto unpunto di lavoro con IB maggiore), quindi non c’e il rischio che la verifica a posterio-ri ci tragga in inganno (l’effettiva corrente di base sara comunque minore di quellastimata).

Dai risultati ottenuti nell’analisi del circuito di polarizzazione con partitore pe-sante risulta evidente come il punto di lavoro sia fissato, eccetto che per la IB , daivalori delle quattro resistenze utilizzate e dipenda molto poco dalle caratteristiche in-trinseche del transistore, risolvendo quindi il problema che era stato precedentementemesso in evidenza, legato alla dispersione dei parametri dei dispositivi.

54

6.2 Reti di polarizzazione per transistori a effetto di campo

La polarizzazione dei transistori a effetto di campo si ottiene con reti molto semplici,grazie al fatto che l’assorbimento di corrente da parte del gate e trascurabile e cheil problema della fuga termica non si pone. Prendiamo innanzitutto in esame que-st’ultimo punto: avevamo visto che nel caso dei BJT la resistenza di emettitore eraindispensabile per ottenere una stabilizzazione del punto di lavoro del transistore.Questa era la conseguenza del fatto che nel BJT la corrente e trasportata preva-lentemente da portatori minoritarı, la cui concentrazione dipende fortemente dallatemperatura. Nel caso dei transistori a effetto di campo la corrente viene trasportatada portatori maggioritarı la cui concentrazione e praticamente indipendente dallatemperatura e la cui mobilita diminuisce all’aumentare della temperatura. Pertantonei transistori a effetto di campo la corrente tende a diminuire all’aumentare dellatemperatura, con una conseguente stabilizzazione termica intrinseca.

Per polarizzare un transistore JFET sarebbe quindi sufficiente uno schema deltipo riportato in figura, dove VDD fornisce la tensione di polarizzazione necessariaper il drain e VG fornisce l’opportuna tensione negativa al gate (la presenza dellaresistenza RG e necessaria per evitare di cortocircuitare l’eventuale generatore disegnale connesso al gate).

VGG

VDD

R D

RG

Un tale circuito non risulta pero conveniente dal punto di vista pratico, perche con-tiene due generatori di tensione, uno dei quali deve fornire una tensione negativarispetto a massa e non puo quindi essere realizzato con una semplice partizione del-la tensione di alimentazione VDD. Per tale motivo questo circuito non e quasi maiutilizzato in pratica e al suo posto si realizza quello riportato di seguito, consistentenella cosiddetta autopolarizzazione del JFET:

R S

RG

VDD

R D

In questo circuito la resistenza RS da luogo a una caduta di tensione corrisponden-te alla VGS necessaria per la polarizzazione (si parla proprio per questo motivo di

55

autopolarizzazione), mentre la RG ha la funzione di fissare il gate al potenziale dimassa, senza peraltro cortocircuitare il gate stesso a massa. La RG puo anche averedei valori piuttosto elevati, dell’ordine dei megaohm, senza che su di essa si mani-festi una caduta di tensione misurabile, dato il piccolissimo valore della corrente digate (che ricordiamo corrisponde alla corrente attraverso una giunzione polarizzatainversamente). Possiamo scrivere un’equazione molto semplice:

ID = −VGS

RS,

che e rappresentata, sul piano della transcaratteristica ingresso-uscita, da una retta,passante per l’origine e con pendenza pari a −1/RS . Il punto di lavoro corrisponderaall’intersezione tra tale retta e la transcaratteristica stessa. Per quanto riguarda lamaglia di uscita e possibile scrivere un’altra semplice equazione, che ci permette dicalcolare la VDS :

VDD = ID(RD +RS) + VDS .

V P

IDSS

ID

VGS

IDQ

VGSQ

E quindi possibile realizzare un circuito che approssima un generatore ideale di cor-rente utilizzando semplicemente un transistore JFET e una resistenza, come nelloschema di seguito riportato. Il valore della corrente erogata dipendera dalla transca-ratteristica del dispositivo e dal valore della resistenza di source.

56

VDD

R D

R S

R2

R1

Per la polarizzazione dei transistori MOS si ricorre a schemi di analoga semplicita.Consideriamo per esempio il caso di un transistore MOS a canale n ad arricchimento.Il partitore formato da R1 e R2 consente di applicare al gate del transistore MOS unatensione VG pari a VDDR2/(R1+R2). Poiche VGS = VG− IDRS , avremo l’equazione

ID = −1

RSVGS +

VG

RS,

che rappresenta una retta sul piano della transcaratteristica ingesso-uscita. L’inter-sezione tra tale retta e la transcaratteristica individuera il punto di riposo cercato.

VGVT

ID

IDQ

VGSQ VGS

E chiaro che, almeno dal punto di vista del funzionamento in continua, si puo farea meno senza problemi della resistenza di source RS , dato che la tensione VGS devecomunque essere positiva per questo tipo di dispositivo e non esistono problemi distabilizzazione termica.

57

7. Funzionamento linearizzato per piccoli segnali

7.1 Modello linearizzato per transistori BJT

Come nel caso gia visto per il diodo, e possibile sviluppare un modello linearizzatoanche per i componenti attivi e, in particolare, anche per i transistori BJT. Questomodello e valido soltanto per piccoli spostamenti intorno al punto di lavoro, tali dapoter approssimare il comportamento del transistore considerando i soli termini delprimo ordine dello sviluppo in serie (nel caso del transistore si tratta, a differenza deldiodo, dello sviluppo in serie di funzioni di piu variabili).

Il transistore e un quadripolo, quindi il suo modello linearizzato dovra essere rap-presentabile con un quadripolo lineare. Il comportamento elettrico di un quadripololineare puo essere completamente definito tramite le relazioni tra quattro grandezze:i1, v1, i2, v2, le quali sono scelte con i versi illustrati nella figura seguente:

2i1

v1 v2

+

+

i

Eccetto che in casi particolari, e di solito possibile esprimere due a scelta delle quattrograndezze in funzione delle due rimanenti. Le relazioni tra tali grandezze risulterannoanch’esse lineari. Scegliamo di esprimere v1 e i2 in funzione di i1 e v2 (questa e lascelta di solito fatta per la rappresentazione linearizzata dei transistori). Otterremo:

v1 =h11i1 + h12v2

i2 =h21i1 + h22v2.

I parametri hij che definiscono questo modello sono detti parametri ibridi (perche legrandezze indipendenti sono di tipo tra loro diverso: una tensione e una corrente) esi indicano con la lettera h da “hybrid”.

Esaminiamo in dettaglio ciascuno dei parametri h, individuando le relative di-mensioni:

h11 =hi(input) =v1i1

v2=0

[Ω]

h12 =hr(reverse) =v1v2

i1=0

rapporto adimensionale

h21 =hf(forward) =i2i1

v2=0

rapporto adimensionale

h22 =ho(output) =i2v2

i1=0

[Ω−1]

La notazione con pedici letterali indica l’effetto connesso a ciascuno dei parametri h:hi esprime il rapporto tra la tensione e la corrente in ingresso, quindi una quantitarelativa alla sola maglia di ingresso; hr indica l’azione della tensione di uscita suquella di ingresso, quindi un effetto di tipo inverso; hf rappresenta il rapporto trala corrente nella maglia di uscita e quella nella maglia di ingresso, dunque l’effetto

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diretto e desiderato; ho infine esprime il rapporto tra la corrente e la tensione di uscitaed e quindi relativo alla sola maglia di uscita. Di solito viene preso in considerazioneil quadripolo corrispondente al montaggio del transistore a emettitore comune, valea dire con l’emettitore a comune tra l’ingresso e l’uscita. In questa configurazionev1 = vbe, v2 = vce, i1 = ib e i2 = ic. Per specificare che i parametri h si riferiscono almontaggio a emettitore comune si aggiunge un secondo pedice e:

vbe =hieib + hrevce

ic =hfeib + hoevce.

Poiche le relazioni appena viste definiscono un quadripolo lineare, possiamo rap-presentare tale quadripolo con un circuito equivalente, cercando di identificare ilsignificato fisico dei parametri ibridi:

1/

ie

v be

h reh fe

v ce

ib

ib

ic

oeh

h

Fino a ora abbiamo rappresentato i parametri ibridi come rapporti tra le grandezzedinamiche, vale a dire come rapporti tra piccole variazioni delle grandezze totali.Possiamo quindi anche indicarli e calcolarli come limite dei rapporti incrementalidelle grandezze totali e, di conseguenza, come derivate parziali di tali grandezze(nelle equazioni che seguono useremo, per conformita con l’uso comune, la notazionecon simbolo e pedice maiuscolo per indicare le grandezze totali, anche se sarebbe piucorretto indicarle con simbolo minuscolo e pedice maiuscolo, come si fa in generalenell’analisi dei circuiti). Per esempio, possiamo scrivere hfe come:

hfe = limδIB→0

δICδIB

VCE=VCEQ

=∂IC∂IB

VCE=VCEQ

,

dove la derivata parziale viene valutata per VCE costante e pari al valore nel punto diriposo, che corrisponde ad assumere una variazione nulla rispetto al punto di riposo,e quindi una vce nulla.

Vediamo ora come si determinano i parametri ibridi a emettitore comune a par-tire dalle caratteristiche del transistore, facendo riferimento, per semplicita, al caso diun transistore NPN. Consideriamo dapprima una procedura esclusivamente grafica,basata sulle caratteristiche di ingresso e di uscita.Dalla definizione, hie puo essere approssimato con il rapporto tra la variazione dellaVBE e quella della IB , per VCE costante e pari al valore di riposo. Si tratta quindidi prendere in considerazione la caratteristica di ingresso a emettitore comune perVCE = VCEQ e misurare la pendenza della tangente nel punto corrispondente a VBEQ.L’inverso di tale tangente corrisponde proprio a hie.

59

=

I

VBEQ

VBE

BIVCE

VCEQ

BQ

Dalla definizione, hre puo essere approssimato con il rapporto tra la variazione dellaVBE e quella della VCE , per IB costante e pari al valore di riposo. Si tratta quindidi prendere in considerazione le caratteristiche di ingresso a emettitore comune evalutare la differenza tra le VBE che si ottengono sommando o sottraendo δVCE/2 aVCEQ. Il rapporto tra tale variazione δVBE e quella della tensione di uscita δVCE cifornisce il valore di hre.

δ

I

VBE

BIVCE

VCEQ

=

VCE

VCEQ

VCE

=

2− V

CEVCEQ

VCE

=

2+

VBE

δ

δ

BQ

Il parametro hfe puo essere approssimato con il rapporto tra la variazione della ICe quella della IB , per VCE costante e pari al valore di riposo. Dobbiamo quindiprendere in considerazione le caratteristiche di uscita a emettitore comune e valutarela differenza tra le IC che si ottengono sommando o sottraendo δIB a IBQ. Il rapportotra tale variazione δIC e quella della corrente di ingresso δIB ci fornisce il valore dihfe.

δ

CE

CI

VCE

VCEQ

=

IB

IBQ

IB

IBQ

IB

IBQ

IB

IB

IC

=

2+

=

=

2−

δδ

δ

V

Infine il parametro hoe puo essere approssimato con il rapporto tra la variazione della

60

IC e quella della VCE , per IB costante e pari al valore di riposo. Dobbiamo quindiprendere in considerazione le caratteristiche di uscita a emettitore comune e valutarela pendenza della tangente alla caratteristica per IB = IBQ nel punto di riposo. Ilvalore di hoe corrispondera proprio a tale pendenza. Di solito la tangente e quasiorizzontale, dato il piccolo valore di hoe, quindi conviene considerare la variazione diIC su un intervallo molto ampio, per ottenere una precisione accettabile.

δ

CE

CI

VCE

VCEQ

=

IB

IC

IBQ

VCE

VCEQ

VCE

=

2+δ

VCE

VCEQ

VCE

=

2−δ

=

V

Nella pratica hoe e hfe si valutano effettivamente con la procedura vista, hre sipone di solito pari a zero e hie si valuta invece in modo diverso, perche le caratteri-stiche di ingresso sono raramente disponibili.

Innanzitutto dobbiamo precisare che hie e costituita da due componenti in serie,rbb′ e rb′e. La componente rbb′ corrisponde a una resistenza indesiderata, dovuta allaporzione di base che va dal contatto di ingresso alla zona attiva (base intrinseca).Tale resistenza parassita puo avere valori compresi tra pochi ohm e pochi kiloohm, aseconda delle caratteristiche costruttive del transistore (di solito e minore nei tran-sistori di potenza maggiore). La rb′e e invece l’effettiva resistenza associata con ilfunzionamento del transistore. Per calcolare rb′e consideriamo un modello per le va-riazioni per il transistore in cui introduciamo una resistenza differenziale re a comunetra la maglia di ingresso e quella di uscita:

r

erv be

ib ic

ibh fe

v ce

bb’

Tale resistenza differenziale e quella della giunzione base-emettitore, che puo esserevalutata a partire dalle equazioni di Ebers-Moll:

IE = IES

(

eVB′E/VT − 1)

≃ IESeVB′E/VT .

61

Il termine relativo al generatore comandato dalla corrente nel diodo di collettorenon e stato indicato data la polarizzazione inversa della giunzione collettore-base.Si puo inoltre trascurare l’unita rispetto a eVB′E/VT , dato che VB′E ≃ Vγ e quindi

eVB′E/VT ≫ 1.Possiamo quindi ottenere il reciproco di re derivando la corrente di emettitore

rispetto alla tensione base intrinseca-emettitore:

1

re=

∂IE∂VB′E

VB′E=VB′EQ

=IEQ

VT,

dove IEQ e la corrente di emettitore nel punto di lavoro. Inoltre, poiche IEQ ≃ ICQ,

re =VT

IEQ≃

VT

ICQ.

Uguagliamo la vbe nel circuito appena esaminato a quella nel circuito equivalente aparametri ibridi, semplificato trascurando hre e hoe:

v beh fe

v ce

ib

ib

ic

r bb’

r b’e

Per il circuito con re abbiamo:

vbe = [rbb′ + re(hfe + 1)]ib,

mentre per il circuito a parametri ibridi otteniamo:

vbe = (rbb′ + rb′e)ib.

Dal confronto tra queste due equazioni si ricava che

rb′e = re(hfe + 1) ≃VT

ICQ(hfe + 1) ≃

VT

ICQhfe.

L’ultima equazione ci permette di calcolare rb′e a partire dal valore di riposo dellacorrente di collettore e da quello di hfe. Per trovare hie sara sufficiente sommarerb′e e rbb′ , supponendo quest’ultima non dipendente dal punto di riposo, dato che elegata soltanto a parametri costruttivi del transistore.

Talvolta il generatore di corrente comandato in uscita viene rappresentato, inveceche come un generatore di corrente comandato in corrente, come un generatore dicorrente comandato in tensione, secondo lo schema sotto rappresentato.

b’e g

v ce

mvb’e

ib ic

r bb’

r b’e

v bev

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La tensione di controllo e vb′e, corrispondente alla differenza di potenziale presenteai capi della rb′e. E semplice determinare la relazione tra gm e i parametri prece-dentemente considerati, imponendo l’uguaglianza delle correnti di collettore nei duecircuiti:

hfeib = gmvb′e.

Dato che vb′e = rb′eib, otteniamo che gm = hfe/rb′e. Il parametro gm ha le dimensionidell’inverso di una resistenza, quindi Ω−1 o S (siemens). Spesso si utilizza come unitadi misura per gm l’ampere su volt (A/V) o il mA/V (dimensionalmente equivalentiall’inverso di una resistenza).

7.2 Modello linearizzato per transistori a effetto di campo

Si utilizza lo stesso modello linearizzato, molto semplice, per tutti i transistori aeffetto di campo (sia MOSFET sia JFET). Esso e costituito da un generatore dicorrente comandato in tensione, con in parallelo una resistenza rd, che rappresental’effetto dovuto al fenomeno di accorciamento del canale al crescere di VDS .

gm gsVdr

S

G D

S

Il valore della transconduttanza gm (dell’ordine di qualche mA/V per la maggior partedei transistori a effetto di campo) si puo ricavare dalla transcaratteristica fornita informa grafica determinando la pendenza della tangente alla stessa nel punto di lavoro,che corrisponde proprio a gm. Se la caratteristica e invece fornita in maniera analitica,gm si puo ottenere derivando ID rispetto a VGS . Per un JFET otteniamo

gm =−2IDSS

VP

(

1−VGS

VP

)

.

Questa formula e valida per JFET sia a canale p sia a canale n e da luogo a unvalore di gm sempre positivo. E importante sottolineare che se la caratteristica efornita in modo grafico e opportuno utilizzare il metodo della tangente per ricavaregm, invece di determinare VP e IDSS per poi procedere con l’espressione analitica.Quest’ultimo metodo, assai sconsigliabile, puo portare a risultati significativamentediversi da quello grafico perche la transcaratteristica non e esattamente una parabola(l’espressione analitica e soltanto un’approssimazione).

Il valore della resistenza differenziale rd si ricava andando a valutare la pendenzadella tangente alle caratteristiche di uscita in corrispondenza del punto di lavoro: rdcorrisponde all’inverso del coefficiente angolare di tale tangente.

Per quanto riguarda i transistori MOS, se la transcaratteristica e fornita in modografico si procede in modo analogo a quanto gia visto per i JFET. Se, invece, latranscaratteristica e data in forma analitica, la si deriva rispetto a VGS , ottenendo

gm = 2k

(

W

L

)

(VGS − VT ).

La rd dei transistori MOS si ricava come gia visto per i JFET se le caratte-ristiche di uscita sono disponibili in forma grafica. Se sono invece disponibili nella

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forma dell’espressione fenomenologica che include la tensione di Early, si ottiene comeinverso della derivata di tale espressione rispetto a VDS :

rd =

(

dIDdVDS

)

−1

=1 + λVDS

λID.

Se λVDS ≪ 1, abbiamo rd ≃ 1/(λID).

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