4. Attività sismica

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65 4. Attività sismica Per cercare di valutare la potenzialità sismica di una zona è necessario avere una conoscenza più completa e dettagliata possibile dell’attività sismica passata. Questa informazione è di seguito suddivisa in sismicità storica e sismicità strumentale. La prima (paragrafo 4.1) si riferisce alle scosse principali avvenute dopo il 1000 nelle Marche, in Umbria e dintorni di queste Regioni. La magnitudo o l’intensità sotto la quale le informazioni mancano o sono molto incomplete non è ben definibile, anche se è presumibile che questa soglia si abbassi progressivamente con il procedere del tempo, per la maggiore disponibilità ed attendibilità delle fonti storiche ed archivistiche civili, religiose e private. La stessa considerazione si può fare per le possibili lacune dei cataloghi dei terremoti, che diventano sempre più improbabili avvicinandosi al periodo attuale. Anche l’incertezza sulla localizzazione delle scosse nello spazio e nel tempo risente ovviamente della lontananza temporale. Questo vale in modo particolare per la profondità dei terremoti, che può essere molto difficilmente stimata senza un adeguato complesso di registrazioni strumentali attorno alla zona epicentrale. Per questo motivo, per la maggior parte delle scosse i cataloghi sismici non riportano la profondità dell’ipocentro. E questo è anche il motivo per cui una parte dell’informazione sulla sismicità è riportata in un paragrafo a parte (4.2) sotto il nome di sismicità strumentale. Questo tipo di notizie, disponibile solo per il periodo successivo al 1980, offre un quadro molto più completo dell’attività sismica, in quanto riporta anche scosse di magnitudo molto piccola e fornisce anche informazioni attendibili sui dati ipocentrali, compresa la geometria della sorgente sismica (meccanismo focale) per i terremoti più importanti. Quest’ultima informazione, descritta nel paragrafo 4.3, è poi confrontata con le indicazioni ottenute dalle misure geodetiche. 4.1 Sismicità storica Attualmente, il catalogo nazionale più aggiornato è il CPTI11 (Rovida et alii, 2011), che deriva dai precedenti Cataloghi Parametrici dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 2001 e 2004). Tali prodotti sono stati preceduti da altre raccolte, tuttora fonti di informazioni utili, come il Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI), a cura di ING SGA (Boschi et alii, 1995, 1997, 2000), i cataloghi NT del GNDT (Camassi e Stucchi, 1997) ed anche il meno recente catalogo del Progetto Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985). Sono inoltre da considerare le informazioni e le analisi storiografiche riportate in alcuni studi specifici (Guidoboni e Comastri, 2005). I dati usati in questa relazione derivano principalmente dal catalogo CPTI11, con alcune integrazioni prese dagli altri cataloghi e lavori citati sopra. Una prima sintetica informazione sull’att ività sismica nelle Marche e in Umbria è fornita dall’elenco dei terremoti di M 5.0 avvenuti dopo il 1000 (Tab. 4.1.1), che mette in evidenza come questa zona possa essere classificata tra le regioni più sismiche dell’Italia. Ben 37 eventi hanno una magnitudo maggiore o uguale a 5.5 con 15 eventi che eguagliano o superano la magnitudo 6 L’intervallo medio tra le scosse principali (M ≥ 5.5) è circa 18 anni. Tale informazione è comunque poco significativa, poiché l’intervallo tra le scosse suddette varia da qualche ora come accaduto nella crisi sismica del Novembre Ottobre 1997 sino ad un secolo e mezzo (la distanza che separa le scosse della Valtiberina del 1458 e 1599). Questo implica che qualsiasi previsione sullo sviluppo dell’attività sismica futura unicamente basata sull’analisi statistica della storia conosciuta sarebbe associata ad un’incertezza estremamente elevata. Inoltre, la frequenza di scosse forti è ben diversamente distribuita all’interno della zona in esame, per esempio è maggiore nella dorsale appenninica rispetto al resto del territorio (Tab. 4.1.1). Questa constatazione ha contribuito a definire i contorni di specifiche zone sismogenetiche per l’ Umbria-Marche, come descritto nel seguito. La pericolosità sismica delle Marche e dell’Umbria è poco influenzata dalle scosse forti che avvengono fuori dai confini regionali poiché, a parte la zona costiera del pesarese che risente soprattutto della sismicità del riminese, tutto il territorio è sede di eventi con intensità superiore a quelli avvenuti nelle regioni circostanti.

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4. Attività sismica

Per cercare di valutare la potenzialità sismica di una zona è necessario avere una conoscenza

più completa e dettagliata possibile dell’attività sismica passata. Questa informazione è di seguito

suddivisa in sismicità storica e sismicità strumentale. La prima (paragrafo 4.1) si riferisce alle

scosse principali avvenute dopo il 1000 nelle Marche, in Umbria e dintorni di queste Regioni. La

magnitudo o l’intensità sotto la quale le informazioni mancano o sono molto incomplete non è ben

definibile, anche se è presumibile che questa soglia si abbassi progressivamente con il procedere del

tempo, per la maggiore disponibilità ed attendibilità delle fonti storiche ed archivistiche civili,

religiose e private. La stessa considerazione si può fare per le possibili lacune dei cataloghi dei

terremoti, che diventano sempre più improbabili avvicinandosi al periodo attuale. Anche

l’incertezza sulla localizzazione delle scosse nello spazio e nel tempo risente ovviamente della

lontananza temporale. Questo vale in modo particolare per la profondità dei terremoti, che può

essere molto difficilmente stimata senza un adeguato complesso di registrazioni strumentali attorno

alla zona epicentrale. Per questo motivo, per la maggior parte delle scosse i cataloghi sismici non

riportano la profondità dell’ipocentro. E questo è anche il motivo per cui una parte

dell’informazione sulla sismicità è riportata in un paragrafo a parte (4.2) sotto il nome di sismicità

strumentale. Questo tipo di notizie, disponibile solo per il periodo successivo al 1980, offre un

quadro molto più completo dell’attività sismica, in quanto riporta anche scosse di magnitudo molto

piccola e fornisce anche informazioni attendibili sui dati ipocentrali, compresa la geometria della

sorgente sismica (meccanismo focale) per i terremoti più importanti. Quest’ultima informazione,

descritta nel paragrafo 4.3, è poi confrontata con le indicazioni ottenute dalle misure geodetiche.

4.1 Sismicità storica

Attualmente, il catalogo nazionale più aggiornato è il CPTI11 (Rovida et alii, 2011), che deriva

dai precedenti Cataloghi Parametrici dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 2001 e 2004).

Tali prodotti sono stati preceduti da altre raccolte, tuttora fonti di informazioni utili, come il

Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI), a cura di ING SGA (Boschi et alii, 1995, 1997, 2000),

i cataloghi NT del GNDT (Camassi e Stucchi, 1997) ed anche il meno recente catalogo del Progetto

Finalizzato Geodinamica (Postpischl, 1985). Sono inoltre da considerare le informazioni e le analisi

storiografiche riportate in alcuni studi specifici (Guidoboni e Comastri, 2005). I dati usati in questa

relazione derivano principalmente dal catalogo CPTI11, con alcune integrazioni prese dagli altri

cataloghi e lavori citati sopra.

Una prima sintetica informazione sull’attività sismica nelle Marche e in Umbria è fornita

dall’elenco dei terremoti di M ³ 5.0 avvenuti dopo il 1000 (Tab. 4.1.1), che mette in evidenza come questa zona possa essere classificata tra le regioni più sismiche dell’Italia. Ben 37 eventi hanno una

magnitudo maggiore o uguale a 5.5 con 15 eventi che eguagliano o superano la magnitudo 6

L’intervallo medio tra le scosse principali (M ≥ 5.5) è circa 18 anni. Tale informazione è

comunque poco significativa, poiché l’intervallo tra le scosse suddette varia da qualche ora come

accaduto nella crisi sismica del Novembre – Ottobre 1997 sino ad un secolo e mezzo (la distanza

che separa le scosse della Valtiberina del 1458 e 1599). Questo implica che qualsiasi previsione sullo

sviluppo dell’attività sismica futura unicamente basata sull’analisi statistica della storia conosciuta

sarebbe associata ad un’incertezza estremamente elevata. Inoltre, la frequenza di scosse forti è ben

diversamente distribuita all’interno della zona in esame, per esempio è maggiore nella dorsale

appenninica rispetto al resto del territorio (Tab. 4.1.1). Questa constatazione ha contribuito a

definire i contorni di specifiche zone sismogenetiche per l’ Umbria-Marche, come descritto nel

seguito.

La pericolosità sismica delle Marche e dell’Umbria è poco influenzata dalle scosse forti che

avvengono fuori dai confini regionali poiché, a parte la zona costiera del pesarese che risente

soprattutto della sismicità del riminese, tutto il territorio è sede di eventi con intensità superiore a

quelli avvenuti nelle regioni circostanti.

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Per mettere in evidenza il quadro complessivo della sismicità in rapporto alla geologia della

zona in oggetto, gli epicentri dei terremoti con M ≥ 4 sono riportati sulla figura 4.1.1. Inoltre, per

indagare possibili relazioni tra sismicità e lineamenti morfologici, la figura 4.1.2 mostra gli

epicentri suddetti su un modello topografico digitale di un’area comprendente le Marche e

l’Umbria.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1246 0 0 Spoleto 42.73 12.74 5.4 7.5

1269 9 0 Ancona 43.56 13.56 5.6 8 24

1270 0 0 Sansepolcro 43.57 12.14 5.4 7.5 -

1276 5 22 Orvietano 42.72 12.09 5.6 8 (8.5) 6

1277 0 0 Spoleto 42.73 12.74 5.6 8 1

1279 4 30 Camerino 43.09 12.87 6.3 9 (10) 2

1298 12 1 Reatino 42.58 12.90 6.2 9.5 (10) 20

1328 12 1 Norcia 42.86 13.02 6.4 10 30

1352 12 25 Monterchi 43.47 12.13 6.4 9 24

1353 1 1 Sansepolcro 43.57 12.13 6.0 G 9 -

1389 4 0 Fano 43.84 13.02 5.1 7 36

1389 10 18 Bocca Serriola 43.53 12.30 6.0 9 1

1458 4 26 Val Tiberina 43.46 12.24 5.8 8.5 69

1458 5 1 Città di Castello 43.46 12.24 4.7 6 (7) -

1474 8 18 Ancona 43.60 13.51 5.1 7 16

1477 2 3 Foligno 42.95 12.70 4.9 6.5 (7.5) 2

1480 0 0 Monteprandone 42.92 13.84 4.9 6.5 (7.5) 3

1484 0 0 Sansepolcro 43.57 12.14 5.1 7 4

1489 0 0 Sansepolcro 43.57 12.14 5.1 7 5

1502 9 6 Cupramontana 43.46 13.09 4.7 6 (7) 14

1558 2 9 Alta Valtiberina 43.51 12.19 5.1 7 (7.5) 55

1592 11 24 Trevi 42.88 12.75 5.1 7 35

1593 4 23 Gubbio 43.27 12.68 5.4 7.5 -

1599 11 6 Valnerina 42.72 13.02 6.0 9 7

1612 10 14 Fossato di Vico 43.25 12.85 5.1 7 13

1626 5 12 Macerata Est 43.33 13.50 5.1 7 14

1627 7 0 Accumoli 42.69 13.25 5.4 7.5 1

1631 2 25 Annifo 43.05 12.85 5.1 7 4

1667 0 0 Spoleto 42.73 12.74 5.1 7 36

1690 1 29 Foligno 42.95 12.70 5.1 7 23

1690 12 23 Anconetano 43.58 13.59 5.6 8.5 1

1693 2 24 Alta Valtiberina 43.45 12.34 4.9 6.5 (7) 2

1695 6 11 Bagnoregio 42.61 12.11 5.7 8.5 (9) 2

1702 10 18 Norcia 42.83 13.08 5.1 7 7

1702 11 14 Spello 42.92 12.67 5.1 7 -

1703 1 14 Appennino Umbro Reatino 42.71 13.07 6.7 11 -

1703 6 29 Spoleto 42.75 12.75 5.1 7 -

1704 5 20 Spoleto 42.75 12.75 5.1 7 1

1707 3 24 Acquasparta 42.70 12.62 5.1 7.5 3

1712 3 28 Frontone 43.51 12.73 4.9 6.5 (7.5) 5

1714 0 0 Narni 42.52 12.52 5.4 7.5 2

1716 10 4 Cascia 42.75 13.00 5.1 7 3

1719 6 27 Alta Valnerina 42.88 13.05 5.5 8 3

1721 6 18 Annifo 43.05 12.85 5.1 7 2

1725 4 17 Alta Valtiberina 43.45 12.43 4.9 6.5 (7.5) 4

1727 12 14 S.Lorenzo in Campo 43.61 12.82 5.2 7 3

1730 5 12 Valnerina 42.75 13.12 5.9 9 2

1730 10 23 Gubbio 43.35 12.58 5.4 7.5 -

1738 7 19 Bagnoregio 42.63 12.10 4.9 6.5 (7.5) 8

1741 4 24 Fabrianese 43.42 13.01 6.2 9 3

1743 1 21 Bagnoregio 42.61 12.07 5.0 7 2

1745 3 0 Spoleto 42.73 12.74 5.1 7 (8) 2

1747 4 17 Nocera Umbra 43.20 12.77 5.9 9 2

1747 9 22 Campodonico 43.28 12.85 5.3 7.5 -

1751 6 11 S. Gemini 42.59 12.59 5.1 7 4

1751 7 27 Appennino Umbro-Marchigiano 43.22 12.74 6.3 10 -

1753 5 26 San Gemini 42.62 12.55 5.1 7 2

1766 12 25 Umbria 42.75 12.92 5.1 7 14

1767 6 5 Spoletino 42.82 12.75 5.4 7.5 -

1781 6 3 Cagliese 43.60 12.51 6.4 10 14

1785 5 3 Alta Valle del Chienti 43.07 12.95 5.1 7 (8) 4

1785 10 9 Umbria Meridionale 42.54 12.79 5.7 8.5 -

1789 9 30 Val Tiberina 43.51 12.22 5.8 9 4

Page 3: 4. Attività sismica

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1791 10 11 Appennino Umbro 42.95 12.86 5.5 8 2

1792 7 20 Ferentillo 42.63 12.73 5.1 7 1

1793 4 21 Afrile 43.02 12.81 5.4 7.5 1

1799 7 28 Appennino Marchigiano 43.19 13.15 6.1 9 (9.5) 6

1809 8 25 Macerata Est 43.33 13.5 5.1 7 10

1815 9 3 Valnerina 42.83 13.02 5.5 8 6

1832 1 13 Valle del Topino 42.98 12.60 6.3 10 16

1832 12 4 Alta Valle del Chienti 43.01 13.07 5.3 7.5 1

1838 1 5 Valnerina 42.76 12.79 5.0 7 5

1838 2 14 Valnerina 42.84 12.91 5.3 8 -

1853 9 22 Spoleto 42.68 12.67 5.1 7 16

1854 2 12 Valle del Topino 43.03 12.58 5.6 8 0

1859 8 22 Norcia 42.83 13.10 5.5 8.5 6

1861 5 9 Citta' della Pieve 42.99 11.99 4.9 6.5 (7) 2

1865 9 21 Umbria Settentrionale 43.28 12.31 5.1 7 4

1870 2 8 Numana 43.55 13.47 5.1 7 4

1873 3 12 Marche Meridionali 43.09 13.24 6.0 8 (9) 3

1878 9 15 Valle del Clitunno 42.84 12.68 5.4 8 6

1879 2 23 Valnerina 42.77 13.04 5.6 8 -

1882 8 16 Grottammare 42.98 13.88 5.0 7 3

1883 11 7 Accumoli 42.67 13.26 5.1 7 1

1884 8 15 Visso 42.93 13.08 5.1 7 1

1895 5 20 Baiano 42.75 12.70 5.1 7 11

1897 1 19 S.Anatolia 42.75 12.88 5.1 7 2

1897 9 21 Adriatico Centrale 43.71 12.97 5.5 7 1

1897 12 18 Appennino Umbro-Marchigiano 43.50 12.38 5.1 7 (7.5) -

1898 8 25 Visso 42.91 12.97 5.0 7 1

1900 5 19 Arrone 42.58 12.77 4.4 6 2

1910 6 29 Mucciafora 42.74 12.93 4.9 7 (8) 10

1910 12 22 Accumoli 42.70 13.25 5.1 7 -

1914 7 31 Gualdo Tadino 43.20 12.80 5.1 7 4

1915 3 15 Alta Valle del Chienti 43.01 12.89 4.9 7 1

1915 11 11 Stroncone 42.53 12.65 4.7 6 (7) 1

1916 7 4 Monti Sibillini 42.82 13.23 5.0 6.5 (7) 1

1916 11 16 Reatino 42.65 13.17 5.5 8 -

1917 4 26 Valtiberina 43.47 12.13 5.9 9.5 -

1917 5 12 Ternano 42.59 12.64 5.1 7.5 -

1917 11 5 Numana 43.51 13.59 5.1 6 (6.5) -

1919 10 25 Monterchi 43.57 12.13 5.0 6 2

1921 8 28 Sarnano 43.12 13.25 4.8 7 2

1924 1 2 Medio Adriatico 43.74 13.14 5.4 7.5 2

1930 10 30 Senigallia 43.66 13.33 5.8 8 (8.5) 7

1936 12 9 Caldarola 43.15 13.22 4.8 6.5 (7.5) 6

1940 7 2 Bastia 43.08 12.57 5.0 - 4

1941 11 3 Deruta 43.00 12.43 5.1 7 1

1943 3 25 Offida 43.07 13.58 5.0 6 1

1943 10 3 Marche Meridionali-Abruzzo 42.91 13.65 5.8 8.5 (9) 1

1949 10 27 Labro 42.53 12.80 5.0 6.5 6

1950 3 12 Accumoli 42.70 13.25 5.1 7 0

1951 9 1 Sarnano 43.03 13.29 5.3 7 1

1957 7 19 Castel Ritaldi 42.77 12.65 5.1 7 6

1957 12 6 Castel Giorgio 42.71 12.03 4.9 7 (7.5) -

1961 3 23 Gubbio 43.36 12.54 4.5 7 3

1964 8 2 Preci 42.67 13.20 5.1 6 (7) 3

1968 1 29 Ancona 43.60 13.50 4.7 - 3

1969 8 11 Trasimeno 43.04 12.23 4.9 7 2

1971 10 4 Norcia 42.82 13.06 5.0 6.5 2

1972 2 5 Medio Adriatico 43.64 13.41 4.5 7 -

1972 11 26 Montefortino 42.97 13.45 5.4 8 1

1974 12 2 Valnerina 42.81 12.93 4.8 7.5 (8) 2

1979 9 19 Valnerina 42.71 13.07 5.9 8.5 5

1980 2 28 Valnerina 42.80 12.97 5.0 - -

1984 4 29 Gubbio 43.26 12.52 5.7 7 4

1990 9 12 Castel Ritaldi 42.80 12.64 5.0 - 6

1997 5 12 Massa Martana 42.76 12.53 4.8 6 (7) 7

1997 9 26 Appennino Umbro-Marchigiano 43.02 12.89 5.7 7.5 -

1997 9 26 Appennino Umbro-Marchigiano 43.01 12.85 6.0 8.5 (9) -

1997 9 26 Appennino Umbro-Marchigiano 43.16 12.80 5.3 - -

1997 10 3 Appennino Umbro-Marchigiano 43.04 12.82 5.3 8 -

1997 10 6 Appennino Umbro-Marchigiano 43.03 12.85 5.5 7.5 -

1997 10 12 Appennino Umbro-Marchigiano 42.91 12.92 5.2 - -

1997 10 14 Appennino Umbro-Marchigiano 42.90 12.9 5.7 7.5 (8.5) -

1997 10 14 Appennino Umbro-Marchigiano 42.96 12.87 5.3 - -

Page 4: 4. Attività sismica

68

1997 10 15 Appennino Umbro-Marchigiano 42.93 12.92 5.2 - -

1997 10 16 Appennino Umbro-Marchigiano 42.94 12.91 5.1 - -

1997 10 16 Appennino Umbro-Marchigiano 42.87 13.01 5.3 - -

1997 10 19 Appennino Umbro-Marchigiano 42.97 12.85 5.2 - -

1997 11 10 Valnerina 42.83 12.96 5.0 - -

1998 3 21 Appennino Umbro-Marchigiano 42.95 12.91 5.0 6 -

1998 3 26 Appennino Umbro-Marchigiano 43.15 12.81 5.3 6 -

1998 4 3 Appennino Umbro-Marchigiano 43.19 12.76 5.1 5.5 (6.5) -

Tab. 4.1.1. Elenco dei terremoti con M ³ 5 o Imax ≥ 7 avvenuti nelle Marche e Umbria dopo il 1000 (Rovida et alii,

2011). La magnitudo riportata in tabella corrisponde al parametro Maw descritto nel catalogo CPTI11, T è l’intervallo

di tempo trascorso dall’evento precedente. In grassetto i terremoti con M≥5.5. L’intensità macrosismica è espressa

nella scala Mercalli Cancani Sieberg (MCS). La lettera G accanto alla magnitudo indica un evento descritto da

Guidoboni e Comastri (2005).

Fig. 4.1.1. Sismicità storica di Umbria, Marche e dintorni dall’anno 1000, riportata sulla Carta Strutturale d’Italia (Bigi

et alii, 1990) Per le scosse più forti (M ≥ 5.5, simboli rossi) è stato riportato l’anno e l’intensità MCS. I simboli blu

indicano le scosse con 5.0 ≤ M < 5.5 (Rovida et alii, 2011). Alcune informazioni provengono da Guidoboni e Comastri

(2005) e Mariotti e Guidoboni (2006). In rosso le linee di costa e in viola i confini delle Regioni coinvolte.

Page 5: 4. Attività sismica

69

Le due figure viste sopra mostrano che gli epicentri dei terremoti principali sono tutti

localizzati all’interno della catena appenninica, lungo la serie di fosse tettoniche che la interessano,

e soprattutto nella sua parte meridionale al contatto con la Piattaforma Laziale–Abruzzese.

L’anconetano, che comunque genera eventi con intensità molto minore, è l’unica zona sismica che

si sviluppa al bordo con la placca adriatica nelle due regioni in oggetto.

4.2 Sismicità strumentale

I dati disponibili, prevalentemente costituiti da eventi sismici di bassa o bassissima magnitudo,

avvenuti dal 1981 all’Agosto 2013, provengono in dalle banche dati dell’ INGV (http://istituto.ingv.it/l

ingv/archivi e banche dati/). Sebbene la determinazione dei parametri ipocentrali sia basata su un

modello di velocità piuttosto semplice (unidimensionale), il gran numero di stazioni sismografiche

della rete nazionale permette di ottenere residui molto bassi (spesso < 1s) dall’inversione dei tempi

di primo arrivo delle onde P (Chiarabba et alii, 2005; Castello et alii, 2006). Questo implica che

l’errore sulla profondità dell’ipocentro non dovrebbe superare 2-4 km per gran parte dei dati, ed in

particolare per le scosse più importanti (M>2.5, Pasquale et alii, 2010). Questa indicazione,

combinata con il numero elevato di dati disponibili (oltre 90000 dal 1981 nell’area considerata),

suggerisce che la sismicità strumentale può fornire un’informazione non trascurabile sulla

distribuzione delle faglie sismogenetiche nella zona in esame.

Il quadro complessivo della sismicità strumentale (Fig. 4.2.1) mostra che la maggior parte delle

scosse è situata nella catena appenninica: nella sua parte assiale a nord e quindi dalla latitudine di

Ancona la sismicità strumentale interessa tutta la catena, comprese le falde più esterne del

pedeappennino marchigiano da Cingoli ad Ascoli Piceno e la zona più interna fino alla Bassa

Valtiberina. L’unica eccezione riguarda i settori dell’offshore anconetano e fermano dove si

registra un certo rilascio di energia sismica con scosse anche di magnitudo 5, mentre a nord di

Ancona si ha poca attività sismica, concentrata soprattutto tra 6 e 10 Km, Siccome tali zone sono

state colpite da numerose scosse anche intense in epoca storica (Tab. 4.1.1, Figg. 4.1.1 e 4.1.2), la

scarsa attività recente non è facilmente spiegabile.

La sismicità è ancora più ridotta nel pedeappennino pesarese: la zona del cagliese, interessata

dal terremoto del 1781 (M=6.4), stranamente non è tra quelle maggiormente interessate dalla

Fig. 4.1.2. Caratteristiche morfologiche e

orografiche dell’Appennino Tosco Emiliano

Romagnolo (I simboli circolari indicano i

terremoti con M ³ 5.0 avvenuti dall’anno

1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Mariotti

e Guidoboni, 2006; Rovida et alii, 2011). In

blu i confini regionali.

Page 6: 4. Attività sismica

70

sismicità strumentale.

Le scosse più intense dal 1981, caratterizzano quasi esclusivamente la dorsale della catena,

quasi a costituire una prosecuzione della sismicità dell’aquilano.

La distribuzione delle scosse per fasce di profondità dell’ipocentro (Fig. 4.2.2a-m) suggerisce

alcune considerazioni:

La sismicità più intensa, in accordo con quella storica, interessa quasi esclusivamente la parte

centrale della catena appenninica e l’aquilano, dove la maggiore concentrazione di scosse e il

massimo rilascio di energia sismica avviene tra 0 e 10 km di profondità, mentre nelle strutture

adriatiche dell’anconetano e fermano, arriva fino a 20 Km.

Nell’offshore marchigiano e nella maggior parte delle zone di catena affiorante la sismicità,

compresa quella più intensa, è prevalentemente localizzata nei primi 15 km. Attività non

trascurabile, si estende anche in profondità dove però oltre i 20 Km interessa soprattutto le zone

dell’Ascolano e dell’Appennino umbro-marchigiano dove nel 1998 è stata registrata una scossa

(M=5.3) a 45 Km di profondità. Per il resto della zona in esame, la sismicità appare molto dispersa

pur interessando sempre le stesse strutture. Da notare la quasi assoluta mancanza di sismicità a tutte

le profondità nelle zone della Maiella, del Gran Sasso esterno ed in parte del bacino della Laga.

Fig. 4.2.1. Distribuzione delle scosse strumentali avvenute nel periodo 1981-2013 in Umbria, Marche e dintorni,

riportata sulla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990). Dati sismici da Castello et alii (2006), Bollettino della

Sismicità strumentale INGV (http://bollettinosismico.rm.ingv.it/), ISIDe Working Group (http://iside.rm.ingv.it/iside/).

In viola le linee di costa ed i confini delle regioni implicate. Altre informazioni come in figura 4.1.2.

Page 7: 4. Attività sismica

71

Page 8: 4. Attività sismica

72

Page 9: 4. Attività sismica

73

Page 10: 4. Attività sismica

74

Page 11: 4. Attività sismica

75

Page 12: 4. Attività sismica

76

Fig. 4.2.2. Distribuzione della sismicità strumentale nella crosta e mantello superiore, sulla base della posizione

dell’ipocentro all’interno di intervalli di 5 km di profondità: a) 0 5 km, b) 6 10 km, c) 11 15km, d) 16 21 km, e) 21 25

km, f) 26 30 km, g) 31 35 km, h) 36 40 km, i) 41 45 km, l) 46 50 km m) > 50 km. Altre indicazioni come nella didascalia

di figura 4.2.1.

Altre informazioni sulla distribuzione della sismicità strumentale si possono ottenere da sezioni

verticali parallele, sia longitudinali che trasversali rispetto all’andamento della catena, illustrate

nelle figure 4.2.3 e 4.2.4. In queste figure si può notare che la sismicità presenta una zona di

approfondimento massimo (circa 40-45 km) prevalentemente localizzata sotto la parte meridionale della catena emersa.

La distribuzione degli ipocentri sulle sezioni longitudinali NO – SE, mette in evidenza che:

- Nell’ offshore marchigiano e nella zona costiera, c’è una diffusa sismicità fino a 30-35 Km ma

senza particolari concentrazioni a parte davanti a Porto S.Giorgio (sez B) dove il raggruppamento è

dato soprattutto dalla crisi sismica del 1987 con un terremoto di M=5.1. Anche la zona intorno ad

Ancona, nonostante la crisi sismica del Luglio 2013 comprendente un evento di M=4.9 non appare

particolarmente interessata dalla sismicità.

- La sismicità comincia ad essere molto frequente nel pedeappennino marchigiano (sez.D) tra le

valli del Fiume Esimo e la Montagna dei Fiori, concentrandosi tra le valli dei fiumi Chienti e Tenna

dove raggiunge i 35 Km. La distribuzione degli epicentri sembra indicare due strati sismici: uno

fino a 10 Km e l’altro tra 20 e 30-35 Km che è particolarmente evidente procedendo verso la

montagna dei Fiori.

- Interessante appare la sez. E, dove la sismicità termina bruscamente all’interno dei Monti della

Laga a Sud e diminuisce considerevolmente a Nord nel Montefeltro da Cagli all’Appennino

forlivese.

Dalle sezioni trasversali alla catena (Fig.4.2.4) orientate da SO a NE, appare molto evidente che

la sismicità interessa quasi esclusivamente l’Appennino: dapprima solo la sua parte centrale e poi

Page 13: 4. Attività sismica

77

procedendo verso sud tutta la catena. La profondità si mantiene intorno ai 25-30 Km nella parte

centro settentrionale della catena per poi arrivare ai 40-45 Km sotto la parte meridionale.

Viene anche evidenziato che sotto i 10 Km le zone tra la catena e l’Adriatico mostrano una

sismicità maggiore (o almeno più distribuita) rispetto alla parte interna alla catena dove, a parte

singole zone, c’è una sismicità molto scarsa.

Inoltre, nelle sez. da 7 ad 11, nella parte esterna della catena appare una concentrazione di

sismicità tra 20 e 30 Km ed oltre forse dovuta a deformazioni all’interno della placca adriatica. Si

notano anche delle concentrazioni di terremoti, separate dalla sismicità della catena come a Cingoli

(sez.6) Macerata (sez.7), M.ti Sibillini (sez. 8 e 9) ed infine Porto San Giorgio (sez. 9).

Fig. 4.2.3. Sezioni verticali parallele alla catena,

fino a profondità di 50 km, con ipocentri della

sismicità strumentale. Tracce delle sezioni

nell’inserto.

Page 14: 4. Attività sismica

78

Fig. 4.2.4. Sismicità strumentale lungo sezioni verticali trasversali alla catena, le cui tracce sono indicate nell’inserto

di Fig. 4.2.3. Altre indicazioni come nella didascalia di figura 4.2.2.

Page 15: 4. Attività sismica

79

5. Possibili zone sismogenetiche dell’Umbria e delle Marche

La ricostruzione della storia sismica si avvale della documentazione disponibile per la zona

considerata e può coprire diversi secoli per le regioni di più antica civilizzazione, come la Cina, il

Mediterraneo orientale e l’Italia (e.g., Wang, 2004; Guidoboni et alii, 2007; Ambraseys, 2009).

Negli ultimi decenni, le indagini paleosismologiche hanno permesso di riconoscere alcuni eventi

sismici forti avvenuti in Italia nel passato preistorico, sino a circa 20000 anni fa (Galli et alii, 2008).

Tali informazioni, incomplete e riferite ad un intervallo di tempo relativamente breve, non

permettono tuttavia di definire un quadro attendibile dell’attività sismica a lungo termine (e.g., Stein

e Swafford, 2007). Come descritto nel Capitolo 2, l’attuale regime sismotettonico dell’Appennino è

cominciato nel Pleistocene inferiore-medio - circa 1 milione di anni fa. Si comprende facilmente

come la storia sismica conosciuta permetta di identificare solo una piccola parte delle faglie che si

sono sviluppate durante questa fase dell’evoluzione tettonica dell’Appennino. Pertanto, definire la

potenzialità sismogenetica della zona solo in base alle caratteristiche della sismicità storica può

condurre a valutazioni poco realistiche. Quest’ultima possibilità è suggerita dal fatto che molti

terremoti distruttivi, sia in Italia che nel resto del mondo, hanno interessato zone precedentemente

indicate come a bassa pericolosità, secondo le indicazioni fornite dalle stime fondate sull’analisi

statistica della documentazione storica (e.g., Stein et alii, 2012 e riferimenti). Per superare tale problema (o almeno attenuarlo), è necessario tener conto non solo della storia

sismica ma anche di tutte le altre informazioni disponibili, allo scopo di riconoscere potenziali

strutture sismogenetiche anche dove non sono documentati terremoti forti. L’analisi del quadro

sismotettonico dell’Appennino settentrionale, descritto nel Capitolo 2 e riportato nella figura 5.1, è

dunque alla base della proposta di zonazione sismica dell’area umbro-marchigiana descritta nel

seguito.

L’analisi della distribuzione spaziale dell’attività sismica storica e strumentale (esaminata nel

Capitolo 4) in rapporto ai lineamenti tettonici riconosciuti nell’area in esame (discussi nei Capitoli 1

Fig. 5.1. Schema sismotettonico

dell’Appennino settentrionale. I

cerchi rossi indicano gli

epicentri dei terremoti principali

avvenuti dall’anno 1000

(Guidoboni e Comastri, 2005;

Rovida et alii, 2011). Le frecce

bianche grandi definiscono la

direzione della spinta trasmessa

dalla Piattaforma laziale-

abruzzese, mentre le frecce

piccole indicano in modo

schematico lo spostamento dei

vari settori dell’area umbro-

marchigiana. Sigle e altri

simboli come in figura 2.7.

Page 16: 4. Attività sismica

80

e 2) ha suggerito la definizione di 7 zone sismogenetiche nell’area umbro-marchigiana (Figg. 5.2 e

5.3): Alta Val Tiberina, Cagliese, Anconetano, Dorsale Marchigiana, Dorsale Umbra, Valle Umbra

e Orvietano. A queste si affiancano le zone sismogenetiche Riminese (che ricade nella Regione

Emilia-Romagna) ed Aquilano (appartenente alla Regione Abruzzi), la cui attività sismica storica

ha causato risentimenti significativi nei settori adiacenti dell’Umbria e delle Marche. Come

discusso in Mantovani et alii (2012, 2013), si assume che la potenzialità sismogenetica sia uniforme

all’interno delle zone suddette. Per definire tale potenzialità a ciascuna zona è assegnata una

intensità massima attesa (Imax), che deriva dalle informazioni storiche disponibili eventualmente

integrate da considerazioni sull’assetto sismotettonico (Molin et alii, 1996; Mantovani et alii, 2012,

2013).

Fig. 5.2. Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l’area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti

principali (M³4.0) avvenuti dall’anno 1000 (Guidoboni e Comastri, 2005; Rovida et alii, 2011). 1) Alta Val Tiberina 2)

Cagliese 3) Anconetano 4) Dorsale Marchigiana 5) Dorsale Umbra 6) Valle Umbra 7) Orvietano. Le lettere A e B

indicano rispettivamente le zone sismogenetiche Rininese ed Aquilano, esterne al territorio delle Regioni Umbria e

Marche. I criteri adottati per la scelta dei contorni delle zone sono descritti nel testo. I confini regionali sono indicati in

viola. Lo sfondo è costituito dalla Carta Strutturale d’Italia (Bigi et alii, 1990).

Page 17: 4. Attività sismica

81

Fig. 5.3. Configurazione delle 7 zone sismogenetiche proposte per l’area umbro-marchigiana ed epicentri dei terremoti

registrati dalla Rete Simica Italiana dal 1981 al 2013. Informazioni prese da Castello et alii (2006), Bollettino della

Sismicità strumentale INGV (http://bollettinosismico.rm.ingv.it/), ISIDe Working Group (http://iside.rm.ingv.it/iside/).

Altre informazioni come in figura 5.2.

Nel seguito sono descritte le evidenze e le considerazioni su cui è basata la scelta della

configurazione di ciascuna zona sismogenetica. Prima di cominciare tale esposizione, è opportuno

osservare che il confronto tra le ultime due figure fornisce un chiaro esempio della possibile

discrepanza tra attività sismica a lungo e breve termine, discussa all’inizio del capitolo. Infatti,

mentre nel corso di un millennio tutte le zone sismogenetiche considerate hanno prodotto terremoti

forti (Fig. 5.2), nelle ultime tre decadi solo due zone (Dorsale Umbra ed Aquilano) hanno subito

attivazioni sismiche significative (Fig. 5.3). In particolare, l’attività sismica recente delle zone

Cagliese e Dorsale Marchigiana non presenta scosse con M>4. Pertanto, se si fossero considerate le

sole informazioni fornite dalla sismicità strumentale (come avviene nei Paesi che non dispongono di

un consistente patrimonio storico-archivistico), avremmo trascurato molte sorgenti sismogenetiche

importanti, ottenendo una valutazione distorta ed inaffidabile della pericolosità sismica.

Page 18: 4. Attività sismica

82

5.1 Zona sismogenetica 1: Alta Val Tiberina

Siccome questa zona si estende anche in Toscana (Fig.5.3) è stata considerata come una

sismogenetica di quella Regione da Mantovani et alii (2012), cui si rimanda per la descrizione

dettagliata dell’attività sismica storica e strumentale, dell’assetto strutturale e dei lineamenti

tettonici. Qui si riporta l’elenco dei terremoti principali (M³5 o I ≥ 7) e la posizione dei relativi

epicentri (Tab. 5.1.1 e Fig. 5.1.1 e 5.1.2).

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1269 6 17 Badia Sucastelli 43.59 12.06 5.4 7.5

1270 0 0 Sansepolcro 43.57 12.14 5.4 7.5 -

1352 12 25 Monterchi 43.47 12.13 6.4 9 83

1353 1 1 Sansepolcro 43.57 12.13 6 9 -

1389 10 18 Bocca Serriola 43.53 12.3 6 9 37

1458 4 26 Val Tiberina 43.46 12.24 5.8 8.5 69

1458 5 1 Città Di Castello 43.46 12.24 4.7 6 (7) -

1484 0 0 Sansepolcro 43.57 12.14 5.1 7 26

1489 0 0 Sansepolcro 43.57 12.14 5.1 7 5

1558 2 9 Alta Valtiberina 43.51 12.19 5.1 7 (7.5) 69

1559 4 11 Alta Valtiberina 43.62 12.09 5.3 8 1

1693 2 24 Alta Valtiberina 43.45 12.34 4.9 6.5 (7) 134

1694 4 8 Alta Valtiberina 43.62 12.09 5.1 7 (7.5) 1

1731 3 29 Pieve Santo Stefano 43.67 12.04 5.4 7.5 37

1789 9 30 Val Tiberina 43.51 12.22 5.8 9 58

1897 12 18 Appennino

Umbro Marchigiano 43.5 12.38 5.1 7 (7.5) 108

1917 4 26 Valtiberina 43.47 12.13 5.9 9.5 19

1919 10 25 Monterchi 43.57 12.13 5 6 2

1948 6 13 Valtiberina 43.6 12.13 5.1 7 29

Tab. 5.1.1. Elenco dei terremoti principali (M ≥ 5.0 o Imax ≥ 7° MCS) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 1

(Alta Val Tiberina). In grassetto gli eventi con M ≥5.5 o con Imax ³ 8.5 (Riferimenti come Fig.5.2). T è l’intervallo di

tempo trascorso tra una scossa e la successiva..

Come indicato in Mantovani et alii (2012), la configurazione suggerita per questa zona è basata

sulla distribuzione spaziale dei terremoti (Fig. 5.1.1 e 5.1.2), sulla ubicazione dei principali sistemi

di faglie attive (Fig. 5.1.3 e considerazioni nel Capitolo 1) e sulle caratteristiche del meccanismo

sismotettonico proposto per l’Appennino settentrionale (Fig. 5.1 e discussione nel Capitolo 2).

L’esame della storia sismica della zona (Tab. 5.1.1) mostra che dall’anno 1000 sono avvenute

19 scosse principali (M≥5.0 o I≥7), di cui ben 6 con I≥8.5. L’intensità massima risentita in questa

zona è Imax=9.5 relativa al terremoto del 1917. Occorre notare che gli intervalli di tempo tra gli

eventi riportati in tabella sono molto irregolari, potendo variare da meno di un anno ad oltre un

secolo. Per le sorgenti sismiche di tale zona è piuttosto arduo supporre regolarità di comportamento,

Fig. 5.1.1. I cerchi rossi indicano i

terremoti avvenuti dall’anno 1000. La

dimensione dei simboli è proporzionale alla

magnitudo delle scosse, in accordo con la

scala riportata a destra (M≥4). Il contorno

proposto per la zona sismogenetica 1 (Alta

Valtiberina) è indicato in blu. I contorni

delle zone adiacenti sono in nero a

tratteggio. I confini regionali sono indicati

in viola. Riferimenti e altre informazioni

come in fig. 5.2.

Page 19: 4. Attività sismica

83

connesse a concetti teorici come il “ciclo sismico” ed il “terremoto caratteristico” (e.g., Mulargia e

Geller, 2003). Pertanto, sarebbe imprudente usare la sola storia sismica per le valutazioni della

pericolosità.

Fig. 5.1.3. Principali sistemi di faglie dell’Alta Val Tiberina (da Brozzetti et alii, 2009, modificato e riportato in

Mantovani et alii, 2012). Il bacino intermontano di Sansepolcro-Città di Castello è indicato in grigio; il tratteggio

mette in evidenza i depositi fluvio-lacustri del Pleistocene inferiore-medio. Gli epicentri dei terremoti strumentali e

storici sono rispettivamente indicati dai cerchi e dai quadrati. Per le scosse storiche più forti sono indicati anche

l’anno e l’intensità massima. Per i terremoti più recenti (indicati dalle stelle) è riportata la data, la magnitudo ed il

meccanismo focale. Le linee ab e cd sono le tracce delle sezioni verticali riportate sotto la carta. Faglie principali:

CdCF=Città di Castello, FF=M. Favalto, MF=Monterchi, PF=Parnacciano, SF= Sansepolcro, SMTF= M. Santa

Maria Tiberina. Per ulteriori dettagli sulla stratigrafia e l’assetto strutturale della zona si rimanda ai Fogli 278-Pieve

Santo Stefano, 289-Città di Castello e 299-Umbertide della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000

(http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html).

Fig. 5.1.2. I cerchi rossi indicano i

terremoti avvenuti dall’anno 1000 La

dimensione dei simboli è proporzionale

all’intensità delle scosse, in accordo con

la scala riportata a destra. Altre

informazioni come in figura 5.1.1.

Page 20: 4. Attività sismica

84

Le informazioni discusse sopra suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona

può essere descritta da Imax=8° MCS. Adottando lo stesso criterio seguito per la la Toscana e

l’Emilia-Romagna (Mantovani et alii, 2012, 2013), si assume che una scossa di pari intensità possa

avvenire in qualsiasi punto della zona sismogenetica considerata.

5.2 Zona sismogenetica 2: Cagliese

La tabella 5.2.1 riporta l’elenco delle scosse più importanti avvenute nella zona (M ³ 5 o I ≥ 7).

In questo caso l’unico evento significativo è il fortissimo terremoto del 1781, che ha raggiunto

l’intensità 10.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1781 6 3 Cagliese 43.6 12.5 6.4 10 -

Tab. 5.2.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 2 (Cagliese).

Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.

Le figure 5.2.1 e 5.2.2 mostrano la posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali

(M≥4), rispettivamente rappresentati in base alla magnitudo ed all’intensità macrosismica.

Fig. 5.2.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni

come in fig. 5.1.1.

Fig. 5.2.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nel Cagliese. Riferimenti e altre informazioni

come in fig. 5.1.2.

La geologia dell’area compresa tra Urbino e Cagli (Fig. 5.2.3) è caratterizzata dal fronte di

sovrascorrimento delle unità torbiditiche mioceniche sulla successione calcareo-marnosa umbro-

marchigiana. Ad est di tale lineamento, affiorano estesamente i termini torbiditici silicoclastici delle

Page 21: 4. Attività sismica

85

avanfosse minori marchigiane e la successione post-evaporitica del Bacino adriatico. La

distribuzione degli affioramenti suddetti, cui si intercalano le esposizioni delle più antiche

formazioni del Bacino umbro-marchigiano, segue l’andamento NO-SE degli assi strutturali.

Fig. 5.2.3. Geologia dell’area compresa tra l’Alta Val Tiberina, Urbino e Cagli (modificata dallo schema di

inquadramento regionale riportato nel Foglio 267-San Marino della Carta Geologica d’Italia 1:50000). Ulteriori

dettagli stratigrafici e strutturali sono reperibili sui Fogli 279-Urbino, 280-Fossombrone, 290-Cagli e 291-Pergola

della stessa Carta.

L’assetto della zona in esame (Fig. 5.2.4) è infatti controllato dalle strutture compressive

(pieghe anticlinali e sinclinali e sovrascorrimenti) orientate in senso NO-SE, sviluppate durante le

fasi tettoniche del Miocene superiore-Pliocene. A differenza delle zone poste ad ovest (Alta Val Ti-

berina e bacino di Gubbio), dove la tettonica recente e attiva è dominata da sistemi di faglie normali

(Figg. 5.1.2 e 5.2.3), nell’area attorno a Cagli non sono riconosciute importanti strutture di questo

tipo. Si pone quindi il problema della natura della sorgente responsabile del forte terremoto del

1781.

Fig. 5.2.4. Assetto tettonico del

settore delle Marche che include

la zona sismogentica 2

(modificato dallo schema

geologico strutturale riportato

nel nei Foglio 281-Senigallia

della Carta Geologica d’Italia

alla scala 1:50000, rielaborato

da Mazzoli et alii, 2002). Per

ulteriori informazioni sulla

stratigrafia e la tettonica si veda

il Capitolo 1 ed i Fogli della

Carta Geologica d’Italia

1:50000, citati nella didascalia

della figura 5.2.3.

Page 22: 4. Attività sismica

86

Nell’archivio DISS delle sorgenti sismogenetiche italiane, a cura dell’Istituto Nazionale di

Geofisica e Vulcanologia (http://diss.rm.ingv.it/diss/), si legge che “The macroseismic field of the

1781 Cagli earthquake is characterised by a wide felt area which suggests a rather deep

hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation can be done for the

other three events (i.e. 1741 Fabriano; 1799 Camerino; 1873 Sarnano), depicting so a lateral

continuity of seismic release on deep structures. We propose that the 1781 source is located

between 17 and 20 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic

coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998;

Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004).” Tale ipotesi implica quindi l’attività una struttura

compressiva relativamente profonda, connessa al sottoscorrimento dell’Adriatico rispetto alla

catena appenninica. Tuttavia, i deboli vincoli geologici e geofisici non permettono di escludere

l’ipotesi alternativa, ovvero l’attivazione di una faglia normale confrontabile con le strutture

presenti nelle fosse dell’Alta Val Tiberina e di Gubbio, ancorchè non osservata in superficie. Sia in

Italia che nel resto del mondo, è infatti suggerita la presenza di faglie normali sepolte o “cieche”,

che pur essendo sismogenetiche non presentano ancora una chiara manifestazione superficiale (e.g.,

Cucci et alii, 1996; Chen et alii, 2010; Ganas et alii, 2013). A tale proposito, occorre ribadire che lo

sviluppo dell’assetto tettonico attuale dell’Appennino (vedi Capitolo 2 e figura 5.1) risale al

Pleistocene medio ed è quindi piuttosto recente in termini geologici. Nell’area in esame, la tettonica

estensionale e transtensiva ha interessato prima il settore umbro più occidentale, generando ampie

fosse come la Val Tiberina e la Valle Umbra, poi la Dorsale umbro-marchigiana con la formazione

di più piccoli bacini intramontani (Gubbio, Gualdo Tadino, Colfiorito ed altri). E’ quindi plausibile

che l’ulteriore sviluppo della deformazione transtensiva (connesso alla migrazione del cuneo

orogenico umbro-marchigiano indicata nella figura 5.1) interessi il settore marchigiano ad est della

Dorsale appenninica principale, e quindi anche il Cagliese.

In ogni caso, le scarse informazioni disponibili impongono che la geometria della zona in

esame sia definita in relazione alla posizione dell’epicentro dei pochi terremoti registrati, compresa

la scossa del 1781 (Figg. 5.2.1 e 5.2.2). La storia sismica esigua, del resto, non permette di fare

valutazioni sull’intervallo di tempo medio tra le scosse principali. Sulla base degli effetti osservati

nel corso del fortissimo terremoto del 1781 (Tab. 5.2.1), possiamo attribuire Imax=10 alla zona

sismogenetica in oggetto.

5.3 Zona sismogenetica 3: Anconetano

Le scosse più importanti avvenute nella zona sono indicate nella tabella 5.3.1.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1269 9 0 Ancona 43.56 13.56 5.6 8.0

1474 8 18 Ancona 43.6 13.51 5.1 7.0 205

1690 12 23 Anconetano 43.58 13.59 5.6 8.5 216

1870 2 8 Numana 43.55 13.47 5.1 7.0 179

1917 11 5 Numana 43.51 13.59 5.1 6.0 (6.5) 48

1930 10 30 Senigallia 43.66 13.33 5.8 8.0 (8.5) 13

1972 1 25 Medio Adriatico 43.74 13.46 4.6 7.0 41

1972 2 4 Medio Adriatico 43.72 13.44 4.9 8.0 -

1972 2 4 Medio Adriatico 43.73 13.37 4.6 7.5 -

1972 2 5 Medio Adriatico 43.74 13.37 4.5 7.0 -

1972 2 5 Medio Adriatico 43.64 13.41 4.5 7.0 -

1972 2 6 Medio Adriatico 43.71 13.43 4.5 7.0 -

1972 6 14 Medio Adriatico 43.65 13.6 4.6 8.0 -

Tab. 5.3.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 3 (Anconetano).

Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.

Anche se nessun evento ha raggiunto magnitudo elevate, si è spesso osservato un

danneggiamento significativo, relativo ad intensità di 8 ed 8.5. Ciò vale anche per le scosse della

sequenza del 1972, a fronte di una magnitudo modesta (sempre inferiore a 5) ed alla ubicazione

Page 23: 4. Attività sismica

87

fuori costa degli epicentri (Console et al., 1973; Crescenti et al., 1977). I tre eventi con M≥5.5 sono

separati da intervalli di tempo molto lunghi (rispettivamente 421 e 240 anni), mentre dalla scossa di

Senigallia del 1930 sono trascorsi ben 83 anni.

La distribuzione degli epicentri delle scosse elencate in tebella è illustrata nelle figure 5.3.1 e

5.3.2. Gli eventi della sequenza del 1972 sono collocati tra Ancona e Senigaliia, a nord di Falconara

Marittima (coordinate epicentrali di Rovida et al., 2011).

Fig. 5.3.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nell’Anconetano. Altre informazioni come in

Fig.5.1.1.

Fig. 5.3.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nell’Anconetano. Altre informazioni come in

Fig. 5.12.

Le caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell’area in esame sono descritte nei Fogli 281-

Senigallia, 282-Ancona e 293-Osimo della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000, consultabili

sul relativo sito (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). Il lineamento morfologico

più evidente è costituito dal promontorio del Monte Conero, il cui rilevo raggiunge quasi 600 m

s.l.m. Come ricordato nel Capitolo 1, tale settore è caratterizzato dall’affioramento di vari termini

della Successione umbro-marchigiana dal Cretaceo al Miocene (Maiolica-Marne a Fucoidi-Scaglia

Page 24: 4. Attività sismica

88

variegata, rosata, bianca e cinerea-Bisciaro-Schlier-Formazione Gessoso Solfifera-Argille a

Colombacci), che nell’immediato entroterra sono sepolti sotto cospicui spessori di depositi

quaternari (Fig. 5.3.3). Tale alto strutturale è connesso anche a significative anomalie gravimetriche

e magnetiche (Figg. 1.6.1 ed 1.6.2; e.g., Maesano et al., 2013).

Fig. 5.3.3. Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1:250000 per il settore tra Senigallia, Jesi,

Osimo e Numana (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 2) Depositi detritici e corpi

di frana (Olocene-Pleistocene superiore) 4) Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 7)

Depositi da litorali a continentali: sabbie e conglomerati (Pleistocene superiore-inferiore) 8, 9, 10) Depositi di

piattaforma e di transizione: pelitici, pelitico-arenacei ed arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore) 12) Depositi

arenaceo-pelitici di ambiente non definito (Pleistocene inferiore) 13a) Depositi epibatiali pelitici (Pleistocene

inferiore) 16) Depositi torbiditici (pelitico-arenacei o siltosi) di ambiente profondo (Pleistocene inferiore-Pliocene

medio) 17b) Depositi pelitici neritici (Pliocene superiore-inferiore) 37) Argille a Colombacci (Messiniano superiore)

52) Schlier (Messiniano inferiore-Burdigaliano) 55) Scaglia variegata-Scaglia rosata-Scaglia bianca (Priabonano-

Cenomaniano). Le linee rosse indicano la traccia di faglie affioranti o presunte. Per ulteriori informazioni si veda

Centamore (1986).

Poiché i principali lineamenti tettonici sono sepolti, l’interpretazione del settore in esame è

basata sulla documentazione raccolta per la ricerca di idrocarburi (stratigrafia sismica e perforazioni

profonde). Tali informazioni suggeriscono che il bordo esterno del cuneo orogenico dell’Appennino

settentrionale (Fig. 5.1) si estende dal Pedeappennino marchigiano all’Adriatico ed è formato da

una serie di fasci di strutture compressive sepolte (sovrascorrimenti e pieghe), più o meno parallele

tra loro ed alla linea di costa (Fig. 5.3.4). La formazione di tali strutture è cominciata circa 5 milioni

di anni fa, tra la fine del Messiniano e l’inizio del Pliocene. Peraltro, secondo Maesano et al. (2013) i sovrascorrimenti fuori costa sarebbero più antichi e meno attivi (con velocità media di slittamento

<1 mm/anno). Invece, le strutture dell’entroterra del fronte del Conero-Tortoreto sarebbero

relativamente più recenti (da circa 2.6 Ma) e più mobili (velocità media di slittamento >1

mm/anno).

Page 25: 4. Attività sismica

89

L’andamento dei fronti di sovrascorrimento sopra descritti, possibilmente connessi a sorgenti

sismogenetiche e con particolare riferimento al fronte Conero-Tortoreto (e.g., Artoni, 2013;

Maesano et al., 2013), giustifica la geometria adottata per la zona sismica in oggetto. Le sue

dimensioni sono invece suggerite dalla distribuzione delle scosse principali (Figg. 5.3.1 e 5.3.2).

Fig. 5.3.4. Assetto strutturale del settore centrale delle Marche, dal pedeappennino al Mar Adriatico (da Artoni, 2013).

A) Schema tettonico. Le strutture compressive sono indicate dalle linee con con triangoli (sovrascorrimenti) e losanghe

(pieghe). Dall’Adriatico al Pedeappennino si incontrano quattro fasci di strutture sepolte, indicati con i colori celeste

(Elga-Adriatico secondo Artoni, 2013), giallo (Conero-Tortoreto), rosso (Jesi-Nereto-Zaccheo) e blu (Strada-

Roccafinadamo). Esino 1, Monsano 1 ed Elga 1 sono i nomi di perforazioni profonde per la ricerca di idrocarburi. La

linea nera spessa indica la traccia della sezione verticale illustrata in B. CM=unità tettonico-stratigrafiche pre-

messiniane, LPI=unità del Pliocene superiore, Ple=unità del Pleistocene. AN=Ancona. B) Sezione verticale lungo la

traccia indicata in A. La sezione è basata sulla geologia superficiale, sulle indagini di stratigrafia sismica e sui dati

delle perforazioni profonde. 1,2,3) Depositi torbiditici di mare profondo (Pliocene-Pleistocene) 4,5,6,7,8) Depositi

continentali, costieri e di piattaforma (Pliocene-Pleistocene) Pre, Ev, p-ev1, p-ev2) Unità pre-evaporitica, unità

evaporitica, unità post-evaporitiche (Tortoniano superiore-Messiniano) CM) Cretaceo inferiore-Miocene TC) Triassico

superiore-Cretaceo inferiore Bas) Basamento paleozoico-Triassico. Fronti di sovrascorrimento principali:

CA=Adriatico centrale, CT=Conero-Tortoreto, E=Elga-Adriatico, JN=Jesi-Nereto-Zaccheo, MAF=Monte Acuto-

Montagna dei Fiori, SR=Strada-Roccafinadamo.

Per quanto riguarda l’analisi della sismicità recente, occorre dire che i dati sismologici

confermano solo in parte l’attività delle strutture compressive sopra citate. Per esempio, il

meccanismo focale della scossa principale della sequenza sismica del 1972 è di tipo transpressivo

(Fig. 5.3.5a). Inoltre, la ricostruzione del regime di sforzo (Fig. 5.3.5b) indica che le scosse di tale

sequenza sono compatibili con un regime trascorrente con un asse di massima compressione

orientato ENE-OSO ed un asse di minima compressione orientato NNO-SSE. Nell’ambito di tale

regime è favorito lo slittamento sia di faglie trascorrenti sinistre dirette NO-SE (circa parallele ai

sovrascorrimenti sepolti), sia di faglie destre NE-SO (trasversali alle strutture compressive). Le

faglie sinistre potrebbero indicare una convergenza obliqua tra il cuneo orogenico appenninico e

l’avampaese adriatico, mentre le faglie destre rappresenterebbero l’attivazione di fratture trasversali

Page 26: 4. Attività sismica

90

alla catena orogenica sepolta. In effetti, la disposizione degli epicentri delle scosse della sequenza

del 1972 (Figg. 5.3.1 e 5.3.2; Console, 1973, Crescenti et al., 1977) sembra più in accordo con

quest’ultima possibilità. L’attivazione sismica di fratture trasversali alla catena è stata suggerita da

Cello e Tondi (2011) e Sarti e Coltorti (2011), sulla base della distribuzione degli epicentri della

sismicità minore (in particolare le sequenze del 1973, 1974 e 1975), nonché sul riconoscimento di

strutture trasversali nell’entroterra anconetano, come il lineamento del F. Esino (Fig. 5.3.3).

Occorre comunque ricordare che tali presunte fratture trasversali, dedotte in base ad osservazioni

geologiche e geomorfologiche (e.g., Coltorti et al., 1996) sono scarsamente documentate dalle più

recenti analisi della stratigrafia sismica (Fig. 5.3.4, e.g. Artoni, 2013; Maesano et al., 2013).

Anche l’interpretazione della recente scossa del Conero, avvenuta nel Luglio 2013 (M=4.9)

presenta alcune ambiguità. I vari enti sismologici hanno infatti pubblicato meccanismi focali sia

trascorrenti (Fig. 3.5.5c) che compressivi (Fig. 3.5.5d). L’elemento comune alle due interpretazioni

è la direzione NE-SO dell’asse di massimo raccorciamento orizzontale, simile ma non identica a

quella osservata per le scosse del 1972 (Fig. 5.3.5a,b).

Fig. 5.3.5. Sintesi delle informazioni sismologiche disponibili per la zona anconetana. A) Meccanismo focale della

scossa principale della sequenza sismica del 1972 (4 Febbraio, M=4.9). In bianco i quadranti con polarità

dilatazionale, in nero i quadranti con polarità compressionale (da Gasparini et al., 1985). B) Regime di sforzo dedotto

dai meccanismi focali delle scosse della sequenza del 1972. Le direzioni di massima e minima compressione orizzontale

sono indicate rispettivamente dalle frecce convergenti e divergenti. s1, s2 e s3 sono gli assi principali di sforzo minimo,

intermedio e massimo (da Boncio e Bracone, 2009). C) Meccanismo focale trascorrente del terremoto del Conero del

21 Luglio 2013 (M=4.9). Il meccanismo è trascorrente, con P e T rispettivamente l’asse principale di raccorciamento e

di allungamento (dal sito www.ingv.it). D) Meccanismo focale compressivo ottenuto per lo stesso terremoto dall’Istituto

GFZ di Potsdam (Germania) e dall’Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste (dal sito

http://tersiscio.blogspot.it/2013/07/il-terremoto-del-conero.html#links). Si noti che l’asse di massimo allungamento

(orizzontale in C) è verticale per questa soluzione.

In definitiva, le informazioni sismologiche concordano nell’indiduare un asse di massimo

raccorciamento orientato da ENE-OSO a NE-SO, mentre presentano delle discrepanze riguardo alla

cinematica delle strutture attivate (faglie inverse, trascorrenti destre o sinistre).

Page 27: 4. Attività sismica

91

In assenza di vincoli più stringenti sulle possibili sorgenti sismiche dell’area in esame, si può

attribuire Imax=8-9 all’intera zona sismogenetica, in base ai risentimenti prodotti dai terremoti

storici (Tab. 5.3.1).

5.4 Zona sismogenetica 4: Dorsale Marchigiana

I terremoti più importanti avvenuti nella zona (M³5 o I≥7) sono elencati nella tabella 5.4.1. Pur

essendo la storia sismica di questo settore relativamente breve (meno di tre secoli), si notano tre

forti scosse con magnitudo elevata e forte danneggiamento (M³6 e I³9). Tali eventi sono avvenuti nell’arco di 132 anni, un intervallo di tempo minore di quello trascorso dalla scossa del 1873.

Considerata la scarsa documentazione e la distanza temporale assai irregolare tra i terremoti forti,

per questa zona la definizione del “tempo di ritorno medio” è poco significativa.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io(Imax)

T

(anni)

1741 4 24 Fabrianese 43.42 13.01 6.2 9

1799 7 28 Appennino Marchigiano 43.19 13.15 6.1 9 (9.5) 58

1873 3 12 Marche Meridionali 43.09 13.24 6 8 (9) 74

1921 8 28 Sarnano 43.12 13.25 4.8 7 13

1936 12 9 Caldarola 43.15 13.22 4.8 6.5 (7.5) 15

1951 9 1 Sarnano 43.03 13.29 5.3 7 15

Tab. 5.4.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 4 (Dorsale

Marchigiana). Altre informazioni come in Tab.5.1.1.

La posizione degli epicentri dei terremoti storici e strumentali (M≥4) è mostrata nelle figure

5.4.1 e 5.4.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all’intensità

macrosismica.

Fig. 5.4.1 (sinistra) e 5.4.2 (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella Dorsale

Marchigiana. Altre informazioni come nelle Fig. 5.1.1 e 5.1.2.

Informazioni sulla stratigrafia e sulla tettonica dell’area considerata sono riportate nei Fogli

292-Jesi, 302-Tolentino, 303-Macerata e 314-Montegiorgio della Carta Geologica d’Italia alla scala

1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). La più evidente caratteristica

geomorfologica della zona in esame è la dorsale montuosa che si estende circa NNO-SSE con vari

rilievi tra 1000 e 1500 m s.l.m., tra cui il Monte San Vicino, il Monte Letegge ed il Monte Fiegni

Page 28: 4. Attività sismica

92

(Fig. 1.2.3). Tale dorsale è bordata da due depressioni morfologiche, ad ovest il Bacino di Fabriano-

Matelica-Camerino e ad est il Bacino di Tolentino-Amandola (Figg. 5.4.1 e 5.4.2).

La geologia dell’area (Fig. 5.4.3) mette in evidenza le differenze stratigrafiche e strutturali tra i

settori sopra indicati.

Fig. 5.4.3. Particolare della Carta Geologica delle Marche alla scala 1:250000 per il settore tra Jesi, Fabriano,

Page 29: 4. Attività sismica

93

Matelica, Camerino, Tolentino e Cingoli (da Centamore, 1986). 1) Depositi alluvionali attuali e recenti (Olocene) 4)

Depositi alluvionali terrazzati antichi (Pleistocene superiore-medio) 6) Depositi lacustri e fluvio-lacustri delle conche

tettoniche (Pleistocene superiore-medio) 15) Depositi torbiditici di mare profondo: corpi prevalentemente arenacei o

arenaceo-pelitici (Pleistocene inferiore-Pliocene medio) 17b) Depositi epibatiali pelitici (Pliocene superiore-inferiore)

27) Depositi non differenziati (Pliocene inferiore) 29) Depositi torbiditici batiali: corpi sabbioso-pelitici o pelitico-

sabbiosi (Pliocene inferiore) 30) Depositi torbiditici batiali: corpi conglomeratici (Pliocene inferiore) 31) Depositi

pelitici batiali (Pliocene inferiore) 32) Depositi conglomeratici di “delta conoide” (Messiniano superiore) 33) Depositi

arenaceo-pelitici o pelitico-arenacei di “delta conoide” (Messiniano superiore) 34) Depositi torbiditici in strette

depressioni sottomarine: corpi arenacei prevalentemente canalizzati (Messiniano superiore) 35) Depositi torbiditici in

strette depressioni sottomarine: corpi arenaceo-pelitici o pelitico-arenacei non canalizzati (Messiniano superiore) 37)

Depositi pelitici di laguna o di “lago-mare”: Argille a Colombacci (Messiniano superiore) 38) Depositi evaporitici:

Formazione Gessoso Solfifera (Messiniano medio) 40) Depositi torbiditici canalizzati in strette depressioni: corpi

arenacei (Messiniano inferiore-Tortoniano) 42, 43, 44) Depositi torbiditici non canalizzati in strette depressioni: corpi

arenaceo-pelitici, pelitico-arenacei e pelitici (Messiniano inferiore-Tortoniano) 51) Emipelagiti o facies di scarpata

con intercalazioni di torbiditi calcaree: Marne con Cerrogna (Tortoniano medio-Burdigaliano) 52) Emipelagiti

pelitiche: Schlier (Messiniano inferiore-Burdigaliano) 54) Emipelagiti marnose: Scaglia Cinerea (Oligocene) 55)

Pelagiti calcaree: Scaglia variegata-Scaglia rosata-Scaglia bianca (Priabonano-Cenomaniano) 56) Emipelagiti

marnose: Marne a Fucoidi (Cenomaniano-Aptiano) 57) Pelagiti calcaree: Maiolica (Aptiano-Titoniano superiore) 59)

Pelagiti carbonatiche: Calcari diasprini umbro-marchigiani, Calcari e marne del Sentino, Formazione del Bosso

(Titoniano inferiore-Toarciano) 60) Pelagiti carbonatiche: Corniola (Pliensbachiano-Lotharingiano) 61) Depositi di

piattaforma carbonatica: Calcare massiccio (Sinemuriano-Trias superiore). Le linee rosse corrispondono alla traccia di

faglie affioranti o presunte (i triangoli indicano i sovrascorrimenti). Per ulteriori informazioni si veda Centamore (1986).

________________________________________________________________________________________________

La dorsale montuosa è formata dai termini pre-neogenici della Successione umbro-marchigiana

(dal Triassico all’Oligocene: Calcare massiccio, Corniola, Calcari diasprini, Maiolica, Marne a

Fucoidi ed i vari tipi di Scaglia). Le adiacenti depressioni sono invece riempite in prevalenza dai

depositi di avanfossa, spesso di tipo torbiditico, del Miocene superiore (Tortoniano-Messiniano).

Come anticipato nel Capitolo 1, l’alternanza di bacini e dorsali in questo settore delle Marche è

una conseguenza della strutturazione dell’Appennino umbro-marchigiano in un fascio di pieghe e

sovrascorrimenti sub-paralleli, formati dal Miocene superiore (Fig. 5.4.4).

Fig. 5.4.4. Assetto tettonico del settore delle

Marche che include la zona sismogenetica 4

(modificato dallo schema geologico

strutturale riportato nel nei Foglio 281-

Senigallia della Carta Geologica d’Italia

alla scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli

et alii, 2002). La linea nera spessa è la

traccia della sezione verticale riportata

nella figura 5.4.5

Page 30: 4. Attività sismica

94

Nell’area in esame si riconoscono: una piega sinclinale nel bacino di Matelica-Camerino, una

piega antiforme su cui è impostata la dorsale montuosa, un sovrascorrimenti affioranti ed una

sinclinale nel bacino di Tolentino, nonché anticlinali e faglie transpressive nella più esterna dorsale

di Cingoli. L’assetto strutturale dell’area è ancora meglio chiarito dalla sezione verticale riportata in

figura 5.4.5.

In definitiva, l’assetto strutturale della zona in oggetto è chiaramente dominato da lineamenti

compressivi (sovrascorrimenti e pieghe) orientati in senso NNO-SSE. Sono però scarse le tracce di

Fig. 5.4.5. Sezione verticale attraverso la porzione settentrionale della zona sismogenetica considerata, secondo la

traccia riportata nella figura 5.4.4 (da Mazzoli et alii, 2002). Le linee rosse indicano i sovrascorrimenti. Le linee celesti

e viola identificano le faglie normali (rispettivamente del Giurassico e del Miocene) generate prima del coinvolgimento

della crosta nell’orogenesi appenninica.

tettonica attiva che possano suggerire delle connessioni con le sorgenti sismiche dei terremoti

elencati nella tabella 5.4.1. D’altra parte, la ridotta attività sismica recente non ha permesso di

raccogliere dati sismologici sufficienti per vincolare la geometria e la cinematica delle sorgenti

suddette. Pertanto, le ipotesi sulle fratture responsabili dei forti terremoti storici della zona sono per

lo più basate sulla documentazione macrosismica, ovvero sulla distribuzione spaziale dei

danneggiamenti osservati nei centri abitati dell’area. A tale proposito è conveniente riportare le

considerazioni sulle scosse del 1741, 1799 e 1873, presenti nell’Archivio delle sorgenti sismiche

italiane (http://diss.rm.ingv.it/dissNet/): “The northern Marche internal region is presently affected

only by low seismic activity, but damaging earthquakes struck this area in the last two centuries

(e.g. in 1741 Fabriano; in 1781 Cagli; in 1799 Camerino; and in 1873 Sarnarno). The

macroseismic field of the 1741 Fabriano earthquake is characterised by a wide felt area which

suggests a rather deep hypocenter probably located between 15 and 20 km. The same observation

can be done for the other three events (i.e. 1781 Cagli; 1799 Camerino; 1873 Sarnarno), depicting

so a lateral continuity of seismic release on deep structures… We propose that the 1741 source is

located between 14 and 17 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic

coastline. This thrust is well imaged in the CROP03 seismic reflection profile (Barchi et al., 1998;

Finetti et al., 2001; Lavecchia et al., 2004). … We propose that the 1799 source is located between

14 and 16 km on the deeper segment of a major thrust emerging along the Adriatic coastline…We

propose that the 1873 source is located between 14 and 17 km on the deeper segment of a major

thrust emerging along the Adriatic coastline.”

Tali considerazioni suggeriscono l’attivazione sismica di faglie inverse appartenenti ad un

fascio di strutture orientate in senso NNO-SSE, relativamente poco inclinate (circa 20°) verso sud-

Page 31: 4. Attività sismica

95

ovest, analoghe a quelle identificate con la stratigrafia sismica nel settore marchigiano esterno

(Artoni, 2013 e riferimenti citati). L’ipocentro proposto (tra 15 e 20 km) è però relativamente

profondo e collocherebbe le sorgenti suddette all’interno del basamento cristallino adriatico. Il

confine tra copertura sedimentaria e basamento è infatti più superficiale (<5km), come indicato

dalla sezione verticale descritta nella figura 5.3.4b. La magnitudo stimata per le tre scosse principali

dovrebbe corrispondere a fratture lunghe tra 10 e 20 km (e.g., Wells e Coppersmith, 1994).

Le considerazioni sopra esposte, associate alla distribuzione spaziale degli epicentri,

giustificano la forma e le dimensioni della zona proposta (Fig. 5.4.1 e 5.4.2). Inoltre, tenendo conto

dei dati macrosismici descritti in tabella 5.4.1, è ragionevole attribuire una intensità massima

Imax=9°-10° MCS alla zona sismogenetica in oggetto.

5.5 Zona sismogenetica 5: Dorsale Umbra

La tabella 5.5.1 elenca gli eventi sismici più significativi che hanno colpito l’area in esame

(M³5 o I≥7). In questo caso, la storia sismica copre oltre sette secoli con 51 scosse importanti.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io(Imax)

T

(anni)

1279 4 30 Camerino 43.09 12.87 6.3 9 (10)

1328 12 1 Norcia 42.86 13.02 6.4 10 50

1599 11 6 Valnerina 42.72 13.02 6 9 271

1627 7 0 Accumoli 42.69 13.25 5.4 7.5 28

1631 2 25 Annifo 43.05 12.85 5.1 7 4

1639 10 7 Amatrice 42.64 13.26 5.9 9.5 (10) 9

1702 10 18 Norcia 42.83 13.08 5.1 7 63

1703 1 14 App.Umbro-Reatino 42.71 13.07 6.7 11 -

1716 10 4 Cascia 42.75 13 5.1 7 14

1719 6 27 Alta Valnerina 42.88 13.05 5.5 8 3

1721 6 18 Annifo 43.05 12.85 5.1 7 2

1730 5 12 Valnerina 42.75 13.12 5.9 9 9

1747 4 17 Nocera Umbra 43.2 12.77 5.9 9 17

1751 7 27 App. Umbro-Marchigiano 43.22 12.74 6.3 10 4

1791 10 11 Appennino Umbro 42.95 12.86 5.5 8 40

1793 4 21 Afrile 43.02 12.81 5.4 7.5 2

1815 9 3 Valnerina 42.83 13.02 5.5 8 22

1838 2 14 Valnerina 42.84 12.91 5.3 8 22

1859 8 22 Norcia 42.83 13.1 5.5 8.5 22

1879 2 23 Valnerina 42.77 13.04 5.6 8 20

1883 11 7 Accumoli 42.67 13.26 5.1 7 5

1898 8 25 Visso 42.91 12.97 5 7 15

1910 12 22 Accumoli 42.7 13.25 5.1 7 12

1914 7 31 Gualdo Tadino 43.2 12.8 5.1 7 4

1915 3 15 Alta Valle del Chienti 43.01 12.89 4.9 7 1

1916 11 16 Reatino 42.65 13.17 5.5 8 2

1950 3 12 Accumoli 42.7 13.25 5.1 7 33

1963 7 21 Amatrice 42.62 13.32 4.9 7 13

1964 8 2 Preci 42.67 13.2 5.1 6 1

1971 10 4 Norcia 42.82 13.06 5 6.5 7

1974 12 2 Valnerina 42.81 12.93 4.8 7.5 (8) 3

1979 9 19 Valnerina 42.71 13.07 5.9 8.5 5

1980 2 28 Val Nerina 42.8 12.97 5 - -

1980 5 14 Valnerina 42.81 13.01 4.5 - -

1997 9 26 App. Umbro-Marchigiano 43.02 12.89 5.7 7.5 17

1997 9 26 App. Umbro-Marchigiano 43.01 12.85 6 8.5 (9) -

1997 9 26 App. Umbro-Marchigiano 43.16 12.8 5.3 - -

1997 10 3 App. Umbro-Marchigiano 43.04 12.82 5.3 8 -

1997 10 6 App. Umbro-Marchigiano 43.03 12.85 5.5 7.5 -

1997 10 12 App. Umbro-Marchigiano 42.91 12.92 5.2 - -

1997 10 14 App. Umbro-Marchigiano 42.9 12.9 5.7 7.5 (8.5) -

1997 10 14 App. Umbro-Marchigiano 42.96 12.87 5.3 - -

1997 10 15 App. Umbro-Marchigiano 42.93 12.92 5.2 - -

1997 10 16 App. Umbro-Marchigiano 42.94 12.91 5.1 - -

1997 10 16 App. Umbro-Marchigiano 42.87 13.01 5.3 - -

1997 10 19 App. Umbro-Marchigiano 42.97 12.85 5.2 - -

1997 11 10 Valnerina 42.83 12.96 5 - -

1998 3 21 App. Umbro-Marchigiano 42.95 12.91 5 6 -

1998 3 26 App. Umbro-Marchigiano 43.15 12.81 5.3 6 (6.5) -

1998 4 3 App. Umbro-Marchigiano 43.19 12.76 5.1 5.5 (6.5) -

Tab. 5.5.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 5 (Dorsale

Umbra). Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.

Page 32: 4. Attività sismica

96

Una parte considerevole di tale insieme è costituita dai 19 terremoti più distruttivi (M≥5.5 o

con I³8.5). Per tali eventi l’intervallo di tempo medio è di circa 40 anni, anche se la distribuzione

dei dati è assai irregolare. Si passa infatti da un’attesa di quasi tre secoli, tra le scosse del 1328 e

1599, ai pochi giorni che separano i terremoti della sequenza del 1997. Pertanto, nonostante la

disponibilità di una storia sismica più estesa, anche per questa zona la definizione del “tempo di

ritorno” medio tra due terremoti forti appare problematica.

La distribuzione degli epicentri terremoti storici e strumentali (M≥4) è mostrata nelle figure

5.5.1 e 5.5.2, dove i dati sono rappresentati rispettivamente in base alla magnitudo ed all’intensità

macrosismica.

.

Fig. 5.5.1. I cerchi rossi indicano i

terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella

zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra).

Altre informazioni come in Fig. 5.1.1.

Fig. 5.5.2. I cerchi rossi indicano i

terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella

zona sismogenetica 5 (Dorsale Umbra).

Altre informazioni come in Fig. 5.1.2.

Page 33: 4. Attività sismica

97

Molte informazioni sull’assetto stratigrafico e strutturale dell’area considerata sono contenute

nella Guida Geologica Regionale dedicata all’Appennino umbro-marchigiano, curata dalla Società

Geologica Italiana (Passeri, 1994). Il settore meridionale della zona è descritto nel Foglio 326-

Spoleto della Carta Geologica d’Italia (1:500000)

(http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html) e nella relativa Nota illustrativa (Damiani

et al., 2011).

La zona sismica in oggetto, orientata da NO a SE come indicato nelle figure 5.5.1 e 5.5.2,

copre un settore piuttosto vasto a cavallo tra Umbria, Marche e Lazio settentrionale (Reatino). Il

territorio è prevalentemente montuoso, con numerose cime poste tra 1000 e 2000 m s.l.m., come i

monti Cavallo, Coscerno, Igno, Fema, Penna, Pennino, Primo e Tolentino (Fig. 1.2.3). Una delle

principali caratteristiche geomorfologiche è la presenza di conche intermontane, riempite di

sedimenti fluvio-lacustri quaternari, che interrompono la continuità dei rilievi (e.g., Gualdo Tadino,

Colfiorito, Norcia, Cascia e Leonessa in Fig. 1.2.3). La presenza di tali depressioni ha importanti

implicazioni per la valutazione del rischio sismico, poiché le conche intermontane sono bordate da

importanti faglie attive (Fig. 1.5.1) e, inoltre, sono stati colpite da forti terremoti storici e recenti

(Fig. 1.5.2). Come descritto nel Capitolo 1, l’assetto strutturale dell’area è dominato dai lineamenti

compressionali (pieghe e sovrascorrimenti) che nel periodo Miocene superiore-Pliocene hanno

determinato l’orogenesi appenninica (Figg. 1.4.3, 1.4.7, 1.4.8 e 1.4.9). Complessivamente, tali

lineamenti delineano degli archi strutturali convessi verso Est, compresi tra il fronte di

accavallamento interno della Valnerina ed il fronte esterno dei Monti Sibillini (Fig. 5.5.3).

Fig. 5.5.3. Assetto tettonico del settore dell’Appennino umbro-marchigiano che include la zona sismogenetica 5

(modificato dallo schema geologico strutturale riportato nel Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla

scala 1:50000, rielaborato da Mazzoli et alii, 2002).

Page 34: 4. Attività sismica

98

D’altra parte, gli elementi compressivi sopra citati sono dislocati da più recenti sistemi di faglie

normali e transtensive, prevalentemente orientate da NO-SE a NNO-SSE (Fig. 5.5.4). La

descrizione della geometria e cinematica di tali sistemi di fratture è riportata in numerosi lavori, una

parte dei quali è citata nel paragrafo 1.5. A tale abbondante bibliografia si può aggiungere il recente

lavoro di Pasqui (2013), che apporta nuovi dati di campagna e presenta una esauriente discussione

dei modelli geodinamici proposti per l’interpretazione delle evidenze geologico-strutturali. Come

indicato nel Capitolo 1 (Fig. 1.5.1), la lunghezza dei principali sistemi di faglie attive dell’area può

raggiungere 30 km, valore compatibile con la generazione di terremoti di magnitudo sino ad M=6.7

(e.g., Wells e Coppersmith, 1994). Tuttavia, è opportuno notare che tali sistemi sono costituiti da

vari segmenti relativamente brevi, non sempre allineati e paralleli (Figg. 1.5.1 e 5.5.4). La

complessità geometrica dei sistemi di fratture appenninici rende meno probabile l’attivazione

simultanea di un intero complesso di fratture, a causa delle interazioni tra i segmenti di faglia (e.g.,

Wesnousky, 2006; Pizzi e Galadini, 2009). Ciò spiega, almeno in parte, perché la storia sismica di

questa parte dell’Appennino settentrionale presenti un solo evento fortissimo (1703, M=6.7),

mentre la magnitudo di gran parte delle scosse principali è compresa tra 5.5 e 6 (Tab. 5.5.1). In ogni

caso, la possibilità di rotture eccezionali, capaci di generare terremoti con M>6.5, non può essere

sottovalutata.

Fig. 5.5.4. Sistemi di faglie normali e transtensive nell’Appennino umbro-marchigiano, con attività recente ed attuale

(linee a pettine). I lineamenti compressivi precedenti, spesso dislocati dalle fratture estensionali, sono indicati dalle

linee con triangoli (da Pasqui, 2013).

Page 35: 4. Attività sismica

99

Una dettagliata rappresentazione del complesso di fratture presenti nella zona in esame è

mostrata nella figura 5.4.5, dove si riconosce l’associazione tra i lineamenti tettonici, le conche

intermontane quaternarie (di fatto delle piccole fosse tettoniche del tipo graben, semi-graben e pull-

apart) e la distribuzione degli eventi sismici più importanti.

Fig. 5.5.5 Complesso delle principali fratture riconosciute nel settore dell’Appennino centro-settentrionale tra

Colfiorito e L’Aquila, in relazione alle conche intermontane (in grigio) ed alla sismicità storica. I numeri accanto alle

località indicano la quota in metri sul livello del mare (da Tondi, 2000).

Ulteriori informazioni sulla tettonica dell’area derivano dai dati sismologici raccolti in

occasione dei terremoti avvenuti nell’ultimo trentennio (localizzazioni ipocentrali, distribuzione

spazio-temporale delle scosse di replica, meccanismi focali e analisi dei campi di sforzo e

deformazione). La cospicua mole di informazioni disponibili, in gran parte relativa alla crisi

sismica del 1997-1998, è descritta nei lavori citati nel paragrafo 1.5, cui possiamo aggiungere

Alberti (2006) e Ciaccio et alii (2006). I meccanismi focali delle scosse principali sono

prevalentemente di tipo estensionale (Fig. 5.5.5). L’asse di massimo allungamento, sempre

suborizzontale e orientato circa NE-SO, implica l’attivazione di faglie normali a direzione NO-SE.

La presenza di una modesta componente orizzontale rende talora lo slittamento obliquo. A tale

proposito, l’attività di faglie normali con cinematica transtensiva sinistra è stata descritta ed

interpretata da Pasqui (2013), in base ad un dettagliato rilevamento geologico-strutturale di vari

lineamenti presenti nella zona in esame. Per quanto riguarda la posizione delle sorgenti sismiche, si

nota che spesso l’ipocentro dell’evento principale è collocato tra 5 e 10 km di profondità (Fig.

5.5.5). Talora la distribuzione dell’ipocentro delle scosse di replica consente di definire la giacitura

della probabile superficie di faglia responsabile del terremoto. In particolare, questo è il caso delle

Page 36: 4. Attività sismica

100

scosse di Colfiorito del Settembre ed Ottobre 1997, che si possono associare a faglie normali

immergenti a sud-ovest con una inclinazione di 30-40° (riquadri F e G in figura 5.5.5).

Fig. 5.5.6. Meccanismo focale delle scosse principali avvenute nell’Appennino umbro-marchigiano nel periodo 1979-

2001 e localizzazione delle scosse di replica. Le linee rosse sulla carta sono le tracce delle sezioni verticali riportate

nei riquadri A-I, che mostrano la distribuzione degli ipocentri delle scosse principali e delle repliche. ATF=Faglia

Tiberina, CC=Città di Castello, Co=Colfiorito, Fo=Foligno, GT=Gualdo Tadino, Gu=Gubbio, MM=Massa Martana,

No=Norcia, SS=Sansepolcro (da Ciaccio et alii, 2006).

L’analisi dei dati sismologici ha innescato un dibattito sulla configurazione geometrica delle

sorgenti sismiche della Dorsale umbra, con particolare attenzione alla posizione dell’ipocentro dei

terremoti. Nell’area in esame la porzione più superficiale della crosta è distinta in copertura

sedimentaria (Quaternario-Triassico superiore) e basamento (Triassico inferiore-Paleozoico), sulla

base dell’andamento della velocità delle onde sismiche P ed S nelle rocce (e.g., Mirabella et alii,

2008a e riferimenti citati). La copertura sedimentaria, la cui stratigrafia è descritta nel Capitolo 1,

termina con uno strato di rocce anidritiche/dolomitiche (Anidridi di Burano), il cui spessore

raggiunge i due chilometri. La parte sommitale del sottostante basamento è invece costituita da

arenarie e peliti del Permiano-Triassico inferiore, debolmente metamorfosate (Gruppo del

Verrucano). Sotto a questo livello filladico, spesso 1-2 km, giace il vero e proprio basamento

cristallino, peraltro mai raggiunto dalle perforazioni condotte nell’area. Le implicazioni per la

sismogenesi derivano dal fatto che l’ipocentro delle principali sorgenti sismiche si colloca tra le

Anidridi di Burano e il Gruppo del Verrucano. Per quanto riguarda il terremoto di Colfiorito del

1997, Calamita et alii (2000) suggeriscono che l’ipocentro cada all’interno delle filladi del

basamento, ben al disotto della formazione di Burano (Fig. 5.5.7a). Tuttavia, elaborazioni più

recenti (Mirabella et alii, 2008a,b) presentano un sostanziale approfondimento del confine

Page 37: 4. Attività sismica

101

copertura/basamento, per cui l’ipocentro della scossa suddetta ricade entro le Anidridi di Burano

(Fig. 5.5.7b). Quest’ultima interpretazione identifica dunque la formazione di Burano come un

livello chiave per la mobilità della copertura sedimentaria appenninica. Ciò è in accordo con quanto

suggerito dal modello geodinamico e cinematico dell’Appennino settentrionale (Fig. 5.1), proposto

da Mantovani et alii, (2011, 2012, 2013) e Cenni et alii (2012). Tale interpretazione prevede

appunto che la mobilità orizzontale del cuneo crostale Romagna-Marche-Umbria derivi dal

disaccoppiamento tra copertura e basamento, causata dalla presenza delle evaporiti triassiche.

Inoltre, è importante ricordare che gli ipocentri tendono ad approfondirsi passando dal settore

settentrionale della zona considerata (Colfiorito) alla porzione meridionale (Norcia), delineando una

inclinazione verso SSE del confine copertura-basamento (Mirabella et al., 2008a). Ciò è in linea con

la geometria del cuneo Romagna-Marche-Umbria proposta da Mantovani et alii (2012) e da Cenni

et al. (2012).

Fig. 5.5.7. Assetto strutturale e sorgenti sismiche nell’area interessata dalla crisi sismica del 1997-1998 (modificato da

Mirabella et alii, 2008a). Le sezioni verticali, orientate da OSO a ENE, seguono una traccia corrispondente ai profili

F e G in figura 5.5.6. A) Interpretazione di Calamita et alii (2000). L’ipocentro della scossa principale della sequenza

(26/9/1997, M=6) è collocata nella parte sommitale del basamento crostale. B) Interpretazione di Mirabella et alii

(2008a,b). L’ipocentro della scossa principale è posto alla base della copertura sedimentaria, all’interno delle

Anidridi di Burano.

Le informazioni geologiche e geofisiche sopra descritte permettono di giustificare la scelta

della geometria proposta per la zona in esame (Fig. 5.4.1 e 5.4.2). Tenendo conto della distribuzione

delle fratture riconosciute (Figg. 5.5.4, 5.55 e 5.5.6) e dei dati macrosismici descritti in tabella 5.4.1,

è opportuno attribuire una intensità massima Imax=10 all’intera zona sismogenetica in oggetto.

5.6 Zona sismogenetica 6: Valle Umbra

I terremoti più importanti che hanno interessato la zona in esame (M³5 o I≥7) sono riportati nella tabella 5.6.1. In un lasso di tempo di oltre 700 anni si contano 21 scosse che hanno prodotto

risentimenti significativi. Di queste, solo 5 si possono definire distruttive (M≥5.5 o I³8.5).

Page 38: 4. Attività sismica

102

L’intervallo medio tra gli eventi sismici di questo tipo è di circa 144 anni, sebbene possa variare da

poco più di 20 anni a quasi 3 secoli. La maggiore concentrazione di scosse forti si è avuta tra la fine

del ’700 e la metà dell’800, con tre terremoti di cui uno (1832) ha raggiunto la magnitudo M=6.3 e

l’intensità macrosismica I=10. Si può anche notare che dall’ultima scossa forte (1854) sono

trascorsi 159 anni, mentre l’ultimo evento degno di nota è avvenuto 56 anni fa. L’attività sismica

descritta nella tabella 5.6.1 delinea un’area meno pericolosa della vicina Dorsale Umbra (descritta

nel paragrafo precedente) e tuttavia soggetta a sporadici eventi distruttivi.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1246 0 0 Spoleto 42.73 12.74 5.4 7.5

1277 0 0 Spoleto 42.73 12.74 5.6 8 31

1298 12 1 Reatino 42.58 12.9 6.2 9.5 (10) 22

1592 11 24 Trevi 42.88 12.75 5.1 7 294

1667 0 0 Spoleto 42.73 12.74 5.1 7 74

1702 11 14 Spello 42.92 12.67 5.1 7 36

1703 6 29 Spoleto 42.75 12.75 5.1 7 1

1704 5 20 Spoleto 42.75 12.75 5.1 7 1

1745 3 0 Spoleto 42.73 12.74 5.1 7 (8) 41

1767 6 5 Spoletino 42.82 12.75 5.4 7.5 22

1785 10 9 Umbria Meridionale 42.54 12.79 5.7 8.5 18

1792 7 20 Ferentillo 42.63 12.73 5.1 7 7

1832 1 13 Valle del Topino 42.98 12.6 6.3 10 39

1838 1 5 Valnerina 42.76 12.79 5 7 6

1854 2 12 Valle del Topino 43.03 12.58 5.6 8 16

1878 9 15 Valle del Clitunno 42.84 12.68 5.4 8 25

1885 6 17 Poggio Bustone 42.52 12.84 4.9 7 7

1895 5 20 Baiano 42.75 12.7 5.1 7 10

1900 5 19 Arrone 42.58 12.77 4.4 6 (7) 5

1949 10 27 Labro 42.53 12.8 5 6.5 49

1957 7 19 Castel Ritaldi 42.77 12.65 5.1 7 8

Tab. 5.6.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 6 (Valle

Umbra). Altre informazioni come in Tab.5.1.1.

Le figure successive indicano la distribuzione degli epicentri terremoti storici e strumentali

(M≥4). I dati sono rappresentati sia in base alla magnitudo (Fig. 5.6.1) che all’intensità

macrosismica (Fig. 5.6.2).

Fig. 5.6.1 (sinistra) e 5.6.2 (destra). I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona

sismogenetica 6 (Valle Umbra). Altre informazioni come nelle Fig.5.1.1 e 5.1.2.

Page 39: 4. Attività sismica

103

Le caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area considerata sono descritte nella

Guida Geologica Regionale dedicata all’Appennino umbro-marchigiano (Passeri, 1994), contenente

un’ampia bibliografia. Da segnalare anche il Foglio 324-Foligno della Carta Geologica d’Italia alla

scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html).

La zona in esame fa parte del cosiddetto Preappennino umbro (Fig. 1.4.1), caratterizzato

dall’affioramento di unità tettonico-stratigrafiche di tipo torbiditico come la formazione Marnoso-

Arenacea, descritta nel Capitolo 1. Nelle depressioni, tali unità sono coperte da potenti depositi

plio-pleistocenici (Fig. 1.3.6). Invece, presso i rilievi più elevati, come i Monti di Gubbio, i

Massicci Perugini, la Dorsale Narnese-Amerina ed i Monti Martani, affiorano le sottostanti unità

della Successione umbro-marchigiana (in verde nella Fig. 5.6.3).

Fig. 5.6.3. Assetto tettonico della parte dell’Umbria che include la zona sismogenetica 6 (modificato dallo schema

geologico strutturale riportato nel nei Foglio 281-Senigallia della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000,

rielaborato da Mazzoli et alii, 2002).

Page 40: 4. Attività sismica

104

L’assetto strutturale dell’area è segnato dalle strutture compressive (pieghe e sovrascorrimenti),

prodotte nella fase orogenica del Miocene superiore-Pliocene. Tali strutture sono tagliate da più

recenti sistemi di faglie estensionali e transtensive, che hanno controllato la formazione delle

principali depressioni (Figg. 1.4.1 e 5.6.3).

La zona in oggetto è parte di un vasto sistema di depressioni morfologiche noto come Bacino

tiberino, la cui forma peculiare ricorda una Y rovesciata (e.g., Basilici, 1997). Tale sistema, che si è

sviluppato dal Pliocene inferiore, supera i 100 km di lunghezza in senso meridiano e copre un’area

di oltre 1800 km2 (circa un quinto del territorio dell’Umbria). Il substrato del Bacino tiberino è

prevalentemente costituito dalle torbiditi mioceniche (Fig. 5.6.3), mentre il riempimento consiste di

depositi lacustri e fluviali plio-pleistocenici, il cui spessore raggiunge i 2 km a sud-ovest dei Monti

Martani. Il settore settentrionale del Bacino tiberino, corrispondente all’alto corso del F. Tevere,

comprende le fosse di Anghiari-Sansepolcro e Città di Castello-Perugia (Fig. 5.6.4). Il ramo sud-

occidentale del bacino è noto come depressione Deruta-Terni, mentre il ramo sud-orientale

corrisponde alla Valle Umbra o depressione Foligno-Spoleto. Essa comprende la piccola fossa

secondaria di Bastardo (Fig. 5.6.4).

Fig. 5.6.4. Configurazione del sistema di depressioni che formano il Bacino tiberino (in grigio). AS=Anghiari-

Sansepolcro, Ba=Bastardo, CP=Città di Castello-Perugia, DT=Deruta-Terni, VU=Valle Umbra.

Come ricordato sopra, il Bacino tiberino è formato da varie depressioni di natura tettonica,

bordate da faglie normali e transtensive del tipo graben, semi-graben e pull-apart. La complessità

del quadro tettonico ha condotto a differenti interpretazioni sul meccanismo di apertura delle fosse,

nel più generale contesto della deformazione recente ed attiva dell’Appennino settentrionale. Uno

dei modelli più diffusi (Boncio e Lavecchia, 2000) suggerisce che le fosse sopra ricordate, tra cui la

Valle Umbra, sono il risultato di una tettonica controllata da faglie normali orientate in senso

“appenninico” (circa NO-SE), sotto un regime di sforzo puramente estensionale con asse di minima

compressione NE-SO (Fig. 5.6.5). In tale interpretazione assume un ruolo centrale la cosiddetta

Faglia tiberina, una superficie di debolezza che borda il fianco orientale delle fosse Città di

Castello-Perugia e Valle Umbra ed immerge verso NE con bassa inclinazione (e.g., Collettini e

Barchi, 2002; Chiaraluce et alii, 2007). Tale frattura rappresenterebbe la faglia maestra di una parte

Page 41: 4. Attività sismica

105

del Bacino tiberino, sulla quale convergono numerose faglie normali antitetiche, con immersione a

SO ed elevata inclinazione.

Fig. 5.6.5. Lineamenti tettonici e regime di sforzo nel Bacino tiberino e dintorni (da Boncio e Lavecchia, 2000). La

linea AB indica la traccia della sezione verticale riportata nella figura 5.6.6.

In particolare, la sismicità più intensa sarebbe legata alle sorgenti sismiche collocate alla

intersezione delle suddette faglia antitetiche con la Faglia tiberina (Fig. 5.6.6). In tale contesto, la

potenzialità sismica della Valle Umbra potrebbe essere limitata dal fatto che, in quel settore, la

Faglia tiberina è più superficiale rispetto a quanto previsto per le zone sismiche adiacenti (Fig.

5.6.6). Per esempio, sotto la Valle Umbra l’intersezione tra la Faglia tiberina e le fratture antitetiche

si trova a meno di 4 km di profondità, mentre l’ipocentro del terremoto di Colfiorito (1997) è

collocato a 6-8 km nella crosta. Considerate le note relazioni tra la superficie di faglia e la

magnitudo (e.g., Wells e Coppersmith, 1994) è plausibile che nella zona in esame i terremoti più

forti raggiungano al più M=6.5, come suggerito anche dalla storia sismica (Tab. 5.6.1).

La possibilità che la Faglia tiberina possa costituire essa stessa un’importante sorgente

sismogenetica è ancora dibattuta. Secondo Calamita et alii (1999), tale lineamento sarebbe

sostanzialmente inattivo dal Pleistocene medio, essendo la deformazione sismotettonica interamente

controllata dalle faglie antitetiche. Tuttavia, l’analisi della sismicità strumentale registrata negli

ultimi decenni indica un lento e costante slittamento lungo la superficie della Faglia tiberina (Barchi

e Collettini, 2002; Chiaraluce et alii, 2007). Ciò ha suggerito la possibilità di un comportamento

Page 42: 4. Attività sismica

106

asismico della frattura, che pur essendo attiva sarebbe incapace di accumulare sforzi sufficienti per

generare terremoti significativi (Bennett, 2006).

Fig. 5.6.6. Sezione verticale schematica dalla Valle Umbra alla zona di Colfiorito, lungo la traccia AB riportata nella

figura 5.6.5 (da Boncio e Lavecchia, 2000). Le linee sottili indicano i principali sovrascorrimenti, dislocati dalle più

recenti faglie normali (linee spesse). I cerchi piccoli rappresentano gli ipocentri delle scosse di replica del terremoto di

Colfiorito del 1997.

Per quanto riguarda i dati sismologici, è opportuno ricordare che tali informazioni mancano per

i forti terremoti storici della Valle Umbra (Tab. 5.6.1). D’altra parte, i meccanismi focali dei

terremoti generati dalle vicine sorgenti sismiche dei Monti Martani e di Colfiorito, illustrati nella

figura 5.5.6, indicano una deformazione estensionale con asse di allungamento circa NE-SO.

Il modello di evoluzione del Bacino tiberino proposto da Bonini (1997, 1998) presenta

importanti differenze rispetto al meccanismo puramente estensionale sopra descritto. Secondo tale

interpretazione, il Bacino tiberino è il prodotto della successione di quattro fasi tettoniche, avvenute

dal Pliocene inferiore all’Attuale, ognuna caratterizzata da uno specifico regime di sforzo. Le

strutture tettoniche formate in ciascuna fase sono state riattivate nella fase successiva, spesso con

cinematica diversa a causa del cambiamento nel regime di sforzo. Ciò spiega la complessità del

quadro tettonico, costituito da vari insiemi di fratture che difficilmente si potrebbero formare

nell’ambito di un singolo regime estensionale, come proposto da Boncio e Lavecchia (2000). In

particolare, dal Pleistocene medio sussisterebbe un regime di sforzo trascorrente o transtensivo,

caratterizzato da assi di massima e minima compressione orizzontale rispettivamente orientati a

NO-SE e NE-SO (Fig. 5.6.7a). In tale contesto, alcune faglie generate nelle fasi precedenti si sono

riattivate con importanti slittamenti orizzontali sinistri, permettendo la formazione di bacini

transtensivi (pull-apart). E’ questo il caso, per esempio, delle Faglie martana, sabina e di Spoleto,

nonché delle fratture che bordano le fosse di Terni, Rieti e Foligno (Fig. 5.6.7a,b). In tal modo,

anche la Valle Umbra risulta essere una struttura complessa formata da due bacini principali

(Foligno e Spoleto) e dalla depressione minore di Bastardo, separata dalla conca di Foligno dall’alto

strutturale di Montefalco (Fig. 5.6.7b).

La peculiarità del modello di Bonini (1997, 1998) consiste dunque nell’ipotesi di una

compressione più o meno parallela alla catena appenninica, associata ad una estensione in direzione

ortogonale o “antiappenninica”. Tale ipotesi sembra essere peraltro confortata da alcune evidenze

geomorfologiche osservate nella Valle Umbra e dintorni. Coltorti e Pieruccini (1997) hanno

analizzato la distribuzione dei terrazzi fluviali e le discordanze tra le varie unità stratigrafiche,

concludendo che questa parte dell’Umbria ha subito un cospicuo sollevamento quaternario,

particolarmente accentuato dal Pleistocene medio, che ha più che compensato la subsidenza indotta

dalle faglie normali che bordano le depressioni. La concomitanza di forte sollevamento ed

assottigliamento della crosta non è facilmente spiegata da un meccanismo di pura estensione,

Page 43: 4. Attività sismica

107

mentre si può interpretare nell’ambito di un regime che preveda una compressione parallela alla

catena (e.g., Cenni et alii, 2012; Mantovani et alii, 2011, 2012, 2013).

Fig. 5.6.7. Interpretazione del Bacino tiberino come risultato della successioni di fasi tettoniche, secondo Bonini (1997,

1998). A) Quadro tettonico della porzione meridionale del Bacino tiberino nella fase Pleistocene medio-Attuale. Le

frecce grandi convergenti e divergenti, riportate nel riquadro a sinistra in basso, indicano rispettivamente la direzione

della massima e minima compressione orizzontale. In grigio sono indicati i depositi fluviali e lacustri plio-pleistocenici.

B) Schema strutturale della Valle Umbra e dintorni per la fase tettonica Pleistocene medio-Attuale. 1) Faglie normali e

transtensive 2) faglie di trasferimento 3) depositi della conca Foligno-Spoleto 4) depositi fluvio-lacustri plio-

pleistocenici 5) substrato pre-pliocenico 6) direzione di minima compressione 7) direzione di massima compressione.

Le considerazioni sopra esposte sulle evidenze geologiche e geofisiche disponibili giustificano

la forma e le dimensioni proposte per la zona sismogenetica in oggetto (Fig. 5.6.1 e 5.6.2).

Considerando anche i dati macrosismici riportati in tabella 5.6.1, si considera ragionevole attribuire

all’intera zona una intensità massima Imax=10.

5.7 Zona sismogenetica 7: Orvietano

La tabella 5.6.1 descrive gli eventi sismici più importanti che hanno colpito la zona in oggetto

(M³5 o I≥7). In quasi 7 secoli di storia sismica, solo 6 scosse hanno prodotto danneggiamenti

apprezzabili, di cui 3 eventi si possono classificare come distruttivi (M≥5.5 o I³8.5). Occorre notare che tali scosse sono separate da lunghi intervalli di tempo (rispettivamente 70 e 349 anni) e che

oltre 3 secoli sono trascorsi dall’ultima scossa distruttiva (1695). L’ultimo evento degno di nota

(1957) è peraltro avvenuto quasi 60 anni fa. Tali informazioni suggeriscono che l’attività sismica

della zona considerata, seppur modesta, è tuttavia segnata da sporadiche scosse capaci di provocare

danni considerevoli. Il territorio in esame è del resto alquanto vulnerabile, poiché comprende centri

come Orvieto e Civita di Bagnoregio, dotati di un notevole patrimonio storico-artistico, ma

caratterizzati da accentuata instabilità dei versanti ed esposti a frane indotte da terremoti (e.g.,

Cencetti et al., 2005; Di Buduo et al., 2012).

Page 44: 4. Attività sismica

108

La distribuzione degli epicentri dei terremoti è illustrata dalle figure 5.7.1 (con indicazione

della magnitudo) e 5.7.2 (con indicazione dell’intensità).

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1276 5 22 Orvietano 42.72 12.09 5.6 8 (8.5)

1349 9 9 Viterbese Umbria 42.52 11.93 5.9 8.5 73

1695 6 11 Bagnoregio 42.61 12.11 5.7 8.5 (9) 346

1738 7 19 Bagnoregio 42.63 12.1 4.9 6.5 (7.5) 43

1743 1 21 Bagnoregio 42.61 12.07 5 7 5

1957 12 6 Castel Giorgio 42.71 12.03 4.9 7 (7.5) 27

Tab. 5.7.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica 7 (Orvietano).

Altre informazioni come in Ta. 5.1.1.

Fig. 5.7.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre

informazioni come in Fig. 5.1.1.

Fig. 5.7.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica 7 (Orvietano). Altre

informazioni come in Fig. 5.1.2.

Page 45: 4. Attività sismica

109

Informazioni dettagliate sulla stratigrafia e sulla tettonica dell’area sono contenute nelle Guide

geologiche regionali dell’Appennino umbro-marchigiano (Passeri, 1994) e del Lazio (Cosentino et

alii, 1992), da segnalare anche per l’ampia bibliografia.

La zona sismogenetica considerata, collocata a cavallo tra l’Umbria occidentale ed il Lazio

settentrionale, è parte del settore più interno dell’Appennino umbro-marchigiano. La morfologia

dell’area (Fig. 1.2.3) è caratterizzata da rilievi modesti, più accentuati sul lato orientale (M. Peglia e

Dorsale narnese-amerina) rispetto al bordo occidentale, dominato dal complesso vulcanico dei

Monti Vulsini con la grande caldera del Lago di Bolsena. L’ampia depressione che separa i suddetti

rilievi corrisponde all’attuale media valle del F. Tevere. Le forme del rilievo rispecchiano la

geologia del sottosuolo, che vede la giustapposizione di differenti domini disposti in senso NO-SE

(Fig. 5.7.3). Al bordo nord-orientale affiorano le strutture del Preappennino umbro, la cui continuità

è peraltro interrotta da fosse tettoniche come il Bacino tiberino (descritto nel paragrafo 5.6) e la

conca di Rieti. A sud-ovest della Dorsale narnese-amerina, le unità appenniniche sprofondano

bruscamente sotto una coltre di depositi plio-quaternari (spessa da 300 a 1000 m), che formano il

riempimento del cosiddetto Graben del Paglia-Tevere (Fig. 5.7.3). Si tratta di una struttura

estensionale formata a partire dal Pliocene inferiore attraverso varie fasi tettoniche che hanno

prodotto una configurazione piuttosto articolata (e.g., Mancini et al., 2003-2004). L’attuale fossa

tettonica è peraltro solo una parte dell’intera struttura, essendo il settore occidentale completamente

ricoperto dalle vulcaniti laziali del Pleistocene (Fig. 5.7.3).

Fig. 5.7.3. Geologia dell’area comprendente la zona sismogenetica 7, collocata nella porzione settentrionale della

carta (da Mancini et alii, 2003-2004). 1) Depositi di ambiente marino, costiero, deltizio, fluviale e travertini (Pliocene

inferiore-Quaternario) 2) successioni vulcaniche e vulcano-sedimentarie (Pliocene superiore-Pleistocene superiore) 3)

depositi dei bacini intermontani appenninici (Pliocene medio-Quaternario) 4) successione del Dominio umbro

(Triassico-Miocene) 5) successioni del Dominio ligure e del Dominio toscano (Triassico-Miocene) 6) faglie normali 7)

faglie normali sepolte 8) faglie trascorrenti 9) orli di caldere vulcaniche.

Page 46: 4. Attività sismica

110

Alla fine del Pliocene il Graben del Paglia-Tevere si estendeva sino al Tirreno mediante bacini

laterali separati da alti strutturali come il M. Razzano, Cesano ed il M. Soratte (Fig. 5.7.4a).

Successivamente, la paleogeografia dell’area è cambiata in modo drastico, sia per la messa in posto

della coltre vulcanica laziale che per una generale tendenza al sollevamento (Fig. 5.7.4b). In effetti,

le caratteristiche sedimentologiche dei depositi del Paglia-Tevere (e.g., Girotti e Mancini, 2003;

Mancini et alii, 2003-2004; Baldanza et alii, 2011) permettono di distinguere due distinti cicli di

sedimentazione. Il primo ciclo, esteso dal Pliocene inferiore alla base del Pleistocene inferiore, è

dominato dalla presenza di depositi marini, costieri e deltizi in un ambiente fortemente subsidente.

Nella seconda fase (dal Pleistocene inferiore all’Attuale), una intensa attività vulcanica accompagna

la deposizione continentale (sedimenti fluviali e travertini), in un contesto di forte sollevamento

regionale testimoniato dalla erosione dei precedenti depositi sia del Paglia-Tevere che del Bacino

tiberino (Figg. 5.7.4a,b).

Fig. 5.7.4. Schemi paleogeografici dell’area comprendente la zona sismogenetica 7 (da Mancini et alii, 2003-2004).

A) Situazione al Pliocene superiore: a) substrato meso-cenozoico b) depositi alluvionali e lacustri dei bacini

intramontani appenninici c) depositi deltizi e costieri d) depositi marini e) vulcaniti f) quota s.l.m. dei fori di organismi

litofagi g) conoidi deltizie h) direzione delle paleocorrenti fluviali i) progradazione deltizia l) faglie normali m) faglie

trascorrenti. B) Situazione al Pleistocene medio: a) substrato meso-cenozoico b) depositi dei bacini intramontani

soggetti ad erosione c) depositi marini emersi soggetti ad erosione d) depositi fluviali e) vulcaniti f) lave ultramafiche

con età g) principali colate piroclastiche o laviche con età h) direzione delle paleocorrenti fluviali i) progradazione

deltizia l) faglie normali m) faglie trascorrenti n) cratere o caldera.

Vari studi sull’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Bossio et alii, 1996; Coltorti e Pieruccini,

1997; Calamita et al., 1999) hanno messo in evidenza che dal Pleistocene inferiore-medio c’è stata

una stretta connessione tra la tettonica estensionale/transtensiva, il sollevamento generale dell’area

ed il vulcanismo tosco-umbro-laziale (Fig. 5.7.5). Un forte sollevamento quaternario caratterizza

anche l’Appennino tosco-emiliano (e.g., Argnani et alii, 2003; Bartolini, 2003; Boccaletti et alii,

2010). Una plausibile interpretazione di queste ed altre evidenze implica che l’Appennino

settentrionale sia sollecitato da una compressione longitudinale (parallela alla catena) associata ad

estensione perpendicolare, come proposto dal modello sismotettonico riassunto all’inizio di questo

capitolo e descritto in Mantovani et alii (2009, 2012, 2013) e Cenni et alii (2012).

Page 47: 4. Attività sismica

111

Fig. 5.7.5. Sezione schematica attraverso l’Appennino umbro-marchigiano, tracciata in direzione SO-NE dalla costa

tirrenica alla costa adriatica (modificata da Coltorti e Pieruccini, 1997). Lo schema geologico-geomorfologico si

riferisce all’intervallo Pleistocene medio-Attuale. 1) Unità appenniniche deformate 2) depositi pliocenici: a) conoidi

alluvionali b) sedimenti marini e fluvio-lacustri 3) depositi continentali e marini del Pleistocene inferiore 4) depositi

continentali delle conche intramontane 5) superfici di spianamento 6) riattivazione di sovrascorrimenti principali (a) e

secondari (b) 7) faglie normali 8) movimenti verticali (sollevamenti).

Per quanto riguarda il rapporto tra tettonica e vulcanismo quaternario nella fascia tirrenica,

studi recenti (e.g., Marra, 2001; Milia e Torrente, 2003; Acocella e Funiciello, 2002; 2006; Brogi e

Fabbrini, 2009; Tibaldi et alii, 2010) suggeriscono che un regime di tipo transtensivo possa aver

favorito la risalita dei magmi nella crosta, lo sviluppo dei condotti vulcanici e la formazione delle

strutture di collasso (caldere). In particolare, i Monti Vulsini (Fig. 5.7.3 e 5.7.4b) sono formati da

prodotti lavici e piroclastici di chimismo basico (alcalino-potassico), eruttati tra 800000 e 150000

anni fa. Il complesso, formato da almeno 4 apparati principali (Bolsena, Latera, Montefiascone e

Bagnoregio) ha la morfologia di un altopiano a causa della intensa erosione dei depositi piroclastici

e del collasso strutturale dei crateri. L’elemento dominante è infatti la caldera di Bolsena, che ospita

l’omonimo lago ed è bordata da faglie normali di notevole rigetto (Fig. 5.7.6).

Fig. 5.7.6. Assetto strutturale della caldera di Bolsena (modificato da Faraone e Stoppa, 1988). A sinistra è riportata la

carta dei lineamenti tettonici principali, mentre a destra è illustrata la sezione verticale schematica che attraversa la

caldera lungo la traccia AB. 1) Bordo della copertura vulcanica vulsina 2) bordo delle strutture calderiche 3) faglie

nornali (in carta ed in sezione) 4) centri di emissione locale 5) intrusioni magmatiche 6) vulcaniti.

E’ importante ricordare che nell’area vulsina, come in altre parti del complesso vulcanico

tosco-laziale, accanto alle faglie normali orientate a NO-SE o “appenniniche” sono state individuate

importanti faglie NE-SO (trasversali o “anti-appenniniche). Tali lineamenti, con cinematica

presumibilmente trascorrente o transtensiva, sembrano aver in parte controllato l’attività eruttiva,

come indicato dall’allineamento delle bocche di emissione (Fig. 5.7.7).

Page 48: 4. Attività sismica

112

Fig. 5.7.7. Schema strutturale della parte settentrionale dei Monti Vulsini (modificato da Acocella e Funiciello, 2002).

Si può notare l’allineamento delle bocche eruttive lungo fratture disposte sia in senso NO-SE che NE-SO.

Per quanto riguarda le possibili strutture sismogenetiche dell’area in esame, si può notare dalla

storia sismica in tabella 5.7.1 che i terremoti più forti non raggiungono la magnitudo M=6.

Supponendo che quest’ultimo valore sia indicativo della potenzialità sismica della zona, le relazioni

di scala tra magnitudo e dimensioni delle faglie indicano una lunghezza di circa 12 km (Wells e

Coppersmith, 1994). Tale dimensione è compatibile con le fratture osservate sia nel Graben del

Paglia-Tevere che all’interno del complesso vulcanico vulsino (Figg. 5.7.3 e 5.7.7). Inoltre, come

ricordato all’inizio del paragrafo, anche eventi sismici di magnitudo minore possono produrre danni

significativi a causa della instabilità dei versanti che formano il bordo del complesso vulcanico.

Sono inoltre possibili amplificazioni locali dello scuotimento sismico, legate alla bassa profondità

degli ipocentri ed alle proprietà meccaniche dei depositi vulcanici e sedimentari. A tale proposito è

opportuno ricordare gli effetti del terremoto del 6 Febbraio 1971 (e.g., Margottini, 1983). Sebbene

tale evento cada fuori della zona in esame, l’epicentro è collocato nell’area dei Monti Vulsini tra

Arlena di Castro e Tuscanica, solo pochi chilometri a sud del Lago di Bolsena. A fronte di una

magnitudo modesta, probabilmente inferiore a 5, il sisma ha prodotto ingenti danni al centro storico

ed al patrimonio artistico di Tuscania, causando ben 31 vittime.

Sebbene per la zona sismogenetica considerata sia disponibile un’ampia documentazione

geologica, geomorfologia e vulcanologia, scarse sono le informazioni di tipo sismologico che

permettano di vincolare la geometria e la cinematica delle possibili sorgenti sismiche. Ciò vale in

particolare per i terremoti storici riportati nella storia sismica della zona (Tab. 5.7.1). Pertanto, la

forma e l’estensione della zona in esame sono state definite in base alla posizione degli epicentri

delle scosse, dedotti in modo approssimativo dai dati macrosismici. Tali informazioni hanno anche

suggerito di fissare una intensità massima Imax=9 per l’intera zona sismogenetica.

5.8 Zona sismogenetica A: Riminese

La zona in esame, che ricade interamente nel territorio dell’Emilia-Romagna è stata definita da

Mantovani et alii (2013) per la valutazione della pericolosità sismica di quella Regione. Si rimanda

pertanto a tale pubblicazione per una discussione completa dell’attività sismica storica e

strumentale, dell’assetto strutturale e dei lineamenti tettonici. La tabella 5.8.1 e le figure 5.8.1 e

5.8.2 riportano rispettivamente l’elenco dei terremoti principali (M³5 o I ≥7) e la distribuzione degli

epicentri.

Page 49: 4. Attività sismica

113

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(°N)

Longitudine

(°E)

Magnitudo

(Maw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni

1308 1 25 Rimini 44.06 12.57 5.4 7.5

1472 Rimini 44.06 12.57 5.1 7 164

1672 4 14 Riminese 43.94 12.58 5.6 8 200

1786 12 25 Riminese 43.99 12.57 5.6 8 115

1875 3 17 Romagna Sud-Orientale 44.21 12.57 5.9 8 88

1911 3 26 Rimini 44.06 12.51 5.0 5 (6) 36

1916 5 17 Alto Adriatico 44.14 12.73 6.0 8 5

1916 8 16 Alto Adriatico 44.03 12.78 6.1 8 -

Tab. 5.8.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica A (Riminese).

Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.

Fig. 5.8.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica A (Riminese). Altre

informazioni come in Fig. 5.1.1.

Fig. 5.8.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica A (Riminese). Altre

informazioni come in Fig. 5.1.2.

Le principali caratteristiche stratigrafiche e tettoniche dell’area in esame sono descritte nei

Fogli 256-Rimini, 267-San Marino e 268-Pesaro della Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50000.

Come descritto da Mantovani et alii (2013), per questo settore del fronte esterno dell’Appennino

settentrionale le informazioni sulla tettonica attiva sono limitate e controverse, le strutture più attive

Page 50: 4. Attività sismica

114

essendo sepolte e ubicate fuori costa. Inoltre, il fatto che nelle ultime decadi non siano avvenute

scosse forti (Tab. 5.8.1), implica la mancanza di vincoli sismologici significativi come il

meccanismo di sorgente dei terremoti. Pertanto, la scelta della geometria di questa zona è

prevalentemente basata sulla distribuzione degli epicentri delle scosse storiche (Figg. 5.8.1 e 5.8.2).

La storia sismica della zona (Tab. 5.8.1) indica che dall’anno 1000 sono avvenute 8 scosse

principali (M≥5.0 o I≥7), di cui 5 con I=8. L’intensità massima risentita in questa zona è dunque

Imax=8. L’ultima coppia di scosse forti (1916) risale a 97 anni fa. Gli intervalli di tempo tra gli

eventi riportati in tabella variano da meno di un anno a due secoli, indicando una scarsa regolarità

nell’attivazione delle sorgenti sismiche della zona. C’è anche da notare che le due scosse del

Riminese, avvenute nel 1916 a distanza di pochi mesi, possono essere inquadrate nella crisi sismica

che ha investito l’intero Appennino settentrionale nel periodo 1916-1920. Tale crisi sismica,

peculiare nella storia sismica di questo settore dell’Appennino, è stata interpretata come un effetto

della perturbazione di sforzo e deformazione indotta dal forte terremoto (Fucino, M=7) che colpito

l’Appennino centrale nel Gennaio del 1915 (Viti et alii, 2012, 2013).

Le informazioni sopra descritte suggeriscono che la potenzialità sismogenetica di questa zona

possa essere adeguatamente rappresentata da Imax=8. Come per le altre zone sismogenetiche, si

assume che una scossa di pari intensità possa avvenire in qualsiasi punto della zona in oggetto.

5.9 Zona sismogenetica B: Aquilano

Sebbene la zona in oggetto appartenga interamente alla Regione Abruzzo, i forti terremoti che

caratterizzano la sua storia sismica (Tab. 5.9.1) possono causare danneggiamenti significativi

nell’Alto Lazio (Reatino), nell’Umbria sud-orientale (Ternano) e nelle Marche sud-occidentali

(Ascolano). Tale possibilità è confermata dall’analisi dei dati macrosismici relativi ai terremoti

storici (Locati et alii, 2011).

Nell’arco di quasi sette secoli si contano 13 scosse significative (M≥5.0 o I≥7), di cui 5

particolarmente distruttive (M≥5.5 o I³8.5), compreso il recente terremoto del 6 Aprile 2009 che ha

provocato 308 vittime ed ingenti danni all’Aquila ed nei paesi vicini. Gli eventi distruttivi non sono

dunque particolarmente frequenti, essendo l’intervallo di tempo medio tra le scosse di circa 173

anni. La distanza temporale tra i terremoti forti è comunque piuttosto variabile, dai 59 anni che

separano gli eventi del 1703 e 1762 a ben 247 anni (dal 1762 al 2009). Per quanto in questa zona i

terremoti forti siano sporadici, la magnitudo stimata e soprattutto i risentimenti macrosismici

osservati (che raggiungono intensità 10) mettono in evidenza la pericolosità dell’area.

Anno Mese Giorno Zona epicentrale Latitudine

(N°)

Longitudine

(E°)

Magnitudo

(Mw)

Intensità

Io (Imax)

T

(anni)

1315 12 3 Castelli dell'Aquila 42.36 13.40 5.6 8 (9.5)

1461 11 27 Aquilano 42.31 13.54 6.4 10 146

1703 2 2 Aquilano 42.43 13.29 6.7 10 242

1762 10 6 Aquilano 42.31 13.59 6 9 (9.5) 59

1786 7 31 L'Aquila 42.36 13.40 4.9 6 (7) 24

1791 1 0 L'Aquila 42.36 13.40 5.4 7.5 5

1958 6 24 L'Aquila 42.34 13.48 5.2 7.5 167

2009 4 6 Aquilano 42.34 13.38 6.2 9 51

2009 4 6 Gran Sasso 42.46 13.38 5 - 0

2009 4 7 Valle dell’Aterno 42.30 13.49 5.4 - 0

2009 4 9 Gran Sasso 42.49 13.35 5.1 - 0

2009 4 9 Gran Sasso 42.50 13.35 5 - 0

2009 4 13 Gran Sasso 42.50 13.38 5 - 0

Tab. 5.9.1. Elenco dei terremoti principali (M≥5.0 o I≥7) avvenuti all’interno della zona sismogenetica B (Aquilano).

Altre informazioni come in Tab. 5.1.1.

Le figure seguenti indicano la distribuzione spaziale degli epicentri dei terremoti storici e

strumentali (M≥4). Nella figura 5.6.1 i dati sono rappresentati in base alla magnitudo, mentre nella

figura 5.6.2 si considera l’intensità macrosismica.

Page 51: 4. Attività sismica

115

Fig. 5.9.1. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica B (Aquilano). Altre

informazioni come in Fig. 5.1.1.

Fig. 5.9.2. I cerchi rossi indicano i terremoti avvenuti dall’anno 1000 nella zona sismogenetica B (Aquilano). Altre

informazioni come in Fig. 5.1.2.

La stratigrafia e l’assetto strutturale dell’area considerata sono descritti nei Fogli 349-Gran

Sasso d’Italia, 358-Pescorocchiano, 359-L’Aquila e 360-Torre dei Passeri della Carta Geologica

d’Italia alla scala 1:50000 (http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html). Molte

informazioni di tipo geologico e geomorfologico sono inoltre contenute nella Guida geologica

regionale dedicata all’Abruzzo (Crescenti et alii, 2003), corredata da un’ampia bibliografia.

Come descritto nel Capitolo 1, l’evoluzione stratigrafica e tettonica dell’Appennino centrale

(cui appartiene la zona in esame) presenta sensibili differenze rispetto alla parte settentrionale della

catena. Prima dell’orogenesi appenninica, l’area era caratterizzata da alti e bassi strutturali (ereditati

dalla estensione mesozoica del margine occidentale della placca adriatica), su cui erano impostate

piattaforme carbonatiche e bacini pelagici (Fig. 1.3.1). L’intensa fase compressiva, cominciata dal

Miocene superiore, ha prodotto cospicui raccorciamenti sia del basamento crostale che della

copertura sedimentaria (Fig. 1.4.14), con la formazione di strutture arcuate come l’arco del Gran

Sasso (e.g., Satolli e Calamita, 2008). Dal Pliocene superiore la parte interna di tali archi strutturali

è stata interessata da una deformazione estensionale, controllata da importanti sistemi di faglie

normali (e.g., Galadini e Messina, 2004). Ciò ha determinato lo sviluppo di bacini intermontani

fluvio-lacustri, la cui blanda topografia contrasta con le elevate dorsali montuose circostanti. Anche

la zona in esame è centrata sul bacino dell’Aterno-L’Aquila, compreso tra le dorsali del Gran Sasso

e del M. D’Ocre-M. Sirente (Fig. 5.9.3).

Page 52: 4. Attività sismica

116

Fig. 5.9.3. Schema geologico dell’Appennino centrale (da EMERGEO Working Group, 2009). Il rettangolo mette in

evidenza l’area dell’Aquilano. 1) Depositi di bacino (Meso-Cenozoico) 2) piattaforma carbonatica laziale-abruzzese

(Meso-Cenozoico) 3) piattaforma carbonatica apula (Meso-Cenozoico) 4) depositi torbiditici di avanfossa (Miocene

superiore-Pliocene inferiore) 5) depositi dei bacini formati in regime compressivo (Messiniano-Pliocene inferiore) 6)

sedimenti marini (Pliocene) 7) vulcaniti (Pleistocene medio-superiore) 8) depositi marini e continentali (Pliocene-

Quaternario) 9) sovrascorrimenti 10) faglie normali e trascorrenti.

E’ importante osservare che attorno al Pleistocene medio l’Appennino centrale ha subito un

importante cambiamento nel regime di deformazione (e.g., Galadini, 1991; Piccardi et alii, 1999).

Contemporaneamente alla migrazione verso Est del fronte esterno compressivo ed al

progressivamento arcuamento delle strutture appenniniche, la cinematica delle faglie dei bacini

intramontani è infatti cambiata da puramente normale a transtensiva sinistra (Fig. 5.9.4). Tale

evidenza, riscontrata anche nell’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Piccardi et alii, 2006; Elter et

al., 2012; Pasqui, 2013), è compatibile con l’ipotesi della compressione longitudinale della catena,

che determina in ultima l’analisi l’attività sismotettonica dell’Appennino (e.g., Mantovani et alii,

2009, 2012, 2013).

Fig. 5.9.4. Cambiamento del regime di deformazione nell’Appennino centrale dal Pleistocene medio (modificato da

Galadini, 1991). Nella fase precedente (a sinistra), i bacini intramontani sviluppati ad ovest del fronte compressivo

esterno dell’Appennino sono bordati da sistemi faglie normali. Nella fase successiva (a destra), prevale un regime

transtensivo sinistro con lo sviluppo di faglie normali a rigetto obliquo e faglie trascorrenti a rigetto orizzontale. Tale

regime transtensivo perdura anche nell’Attuale (e.g., Piccardi et al., 1999) ed è similare alla deformazione attiva

osservata nell’Appennino umbro-marchigiano (e.g., Piccardi et al., 2006).

Page 53: 4. Attività sismica

117

Le principali faglie attive dell’Appennino centrale, riconosciute dall’analisi di una vasta mole

di dati geologici (e.g., Galadini e Galli, 2000; Galadini e Messina, 2001), possono essere

raggruppate in due sistemi sub-paralleli ed orientati circa NO-SE (Fig. 5.9.5). Il sistema più interno

comprende la Val di Sangro ed il bacino del Fucino, mentre il sistema più esterno abbraccia i bacini

di Sulmona e del Medio ed Alto Aterno, compresa la conca dell’Aquila. Si può notare che la

lunghezza delle singole fratture e compresa per lo più tra 10 e 20 km. Secondo le note relazioni

empiriche tra i parametri geometrici delle faglie (e.g., Wells e Coppersmith), tali dimensioni sono

compatibili con la generazione di terremoti di magnitudo M=6-6.5. La storia sismica riportata nella

tabella 5.9.1 è in accordo con tale indicazione, se si eccettua il fortissimo terremoto del 1703 che ha

raggiunto M=6.7. Peraltro, per quest’ultima crisi sismica sembra plausibile l’attivazione simultanea

di più segmenti di faglia contigui (e.g., Cello et al., 1798; Galadini e Pizzi, 2009).

Per quanto riguarda l’Aquilano, molte conoscenze sono state apportate dai numerosi studi

condotti sulla crisi sismica dell’Aprile 2009. Data la cospicua mole di informazioni, si rimanda alla

relativa letteratura, di cui si fornisce un elenco rappresentativo ancorché parziale. E’ conveniente

raggruppare i lavori in base all’argomento: evoluzione tettonica ed identificazione delle faglie attive

(e.g., Messina et al., 2009; Vezzani et alii, 2009; Galli et alii, 2010); effetti del terremoto sul

territorio (EMERGEO Working Group, 2009; Galli et alii, 2009); analisi sismologiche (e.g.,

Walters et alii, 2009; Pondrelli et alii, 2010; Falcucci et alii, 2009; Chiaraluce et alii, 2011); studio

dei dati geodetici GPS ed InSAR (e.g., Anzidei et alii, 2009; Attori et alii, 2009; Cheloni et alii,

2010; Guerrieri et al., 2010; Cenni et al., 2012; D’Agostino et al., 2012; Serpelloni et alii, 2012);

effetti di sito e microzonazione sismica (Celebi et alii, 2010; Gruppo di Lavoro MS-AQ, 2010).

Fig. 5.9.5. Principali faglie attive nell’Appennino centrale (da Crescenti, 2003). Il sistema di faglia interno (Val di

Sangro- Fucino) comprende le fratture numero 5, 6, 7, 8, 9 e 13. Il sistema di faglie esterno (Sulmona-Aterno-L’Aquila)

comprende le fratture numero 1, 2, 3, 4, 10, 11, 12 e 14. Come riferimento, il confine della Regione Abruzzo è indicato

in grigio.

Page 54: 4. Attività sismica

118

La conca dell’Aquila è una fossa intramontana posta tra 500 e 900 m s.l.m., appartenente al

bacino idrografico del F. Aterno-Pescara e colmata di depositi fluvio-lacustri dal Pliocene

superiore/Pleistocene inferiore. La morfologia è piuttosto complessa, in quanto la conca è formata

da una serie di piccole depressioni (Barete-Pizzoli, Scoppito, Preturo, Monticchio, Onna-Paganica,

Barisciano, Caporciano e Navelli) per una lunghezza complessiva di 40 km ed un’ampiezza di 10

km al più. Le forme del rilievo sono in gran parte controllate dalle faglie normali che bordano le

depressioni (Fig. 5.9.6 e 5.9.7). L’andamento prevalente delle fratture è NO-SE, anche se non

mancano lineamenti orientati NNO-SSE ed E-W. La crisi sismica del 2009 ha messo in evidenza la

potenzialità sismogenetica delle faglie aquilane, con almeno tre scosse di M≥5.5 e numerose

repliche di magnitudo inferiore. L’osservazione dei numerosi effetti sul terreno prodotti dale scosse

maggiori della sequenza ha permesso di stabilire quali faglie sono state attivate dai terremoti (Fig.

5.9.6). In particolare, la scossa principale del 6 Aprile è connessa ad una frattura che taglia la

superficie in corrispondenza della cosiddetta faglia di Paganica. Si deve comunque osservare che

l’epicentro del terremoto è situato ad almeno 10 km a sud-ovest della traccia di tale faglia, mentre

l’ipocentro è posto a circa 10 km di profondità (e.g., Chiaraluce et alii, 2011). Uno dei motivi del

forte danneggiamento subito dalla città dell’Aquila è proprio l’ubicazione della sorgente sismica,

posta quasi sulla verticale del centro abitato (e.g., Gruppo di Lavoro MS-AQ, 2010).

Fig. 5.9.6. Morfologia e sistemi di faglie della conca aquilana e dintorni (da EMERGEO Working Group, 2009). Le

stelle indicano l’epicentro delle scosse principali avvenute durante la crisi sismica dell’Aprile 2009. I triangoli viola

indicano i siti in cui sono stat i osservati effetti sul terreno prodotti dalle scosse suddette.

I dati sismologici raccolti durante la crisi sismica del 2009 indicano che i terremoti sono stati

generati dall’attivazione di faglie normali, con componenti molto modeste di slittamento orizzontale

(Fig. 5.9.7). Per ulteriori informazioni sulle sorgenti sismiche implicate si rimanda alla vasta

letteratura sopra indicata. A tale proposito si può notare il ruolo giocato dalle osservazioni

Page 55: 4. Attività sismica

119

geodetiche (GPS ed InSAR), che hanno permesso un’accurata ricostruzione della geometria e

cinematica delle faglie sismogenetiche, nonché la determinazione del campo di velocità prima,

durante e dopo la crisi sismica. In effetti, la disponibilità numerose stazioni geodetiche permanenti

ha permesso di acquisire una mole di informazioni impensabile sino a dieci anni fa, quando lo

studio dei terremoti era centrato sull’analisi delle registrazioni sismografiche. Questa tendenza è

naturalmente destinata a rafforzarsi, man mano che nuove porzioni del territorio nazionale vengono

coperte reti geodetiche sempre più fitte (e.g., Cenni et alii, 2012, 2013).

Fig. 5.9.7 Meccanismo focale dei principali terremoti avvenuti nell’Aquilano durante la crisi sismica dell’Aprile 2009

(da Walters et alii, 2009). Le sigle BW, GCMT e USGS BW si riferiscono alla scossa del 6 Aprile, il cui meccanismo è

fornito da tre fonti differenti (rispettivamente Walters et alii 2009, www.globalcmt.org e www.usgs.gov). Le sigle 7th e

9th indicano le scosse del 7 e 9 Aprile, di cui è riportato il meccanismo focale fornito da www.globalcmt.org. Il

rettangolo tratteggiato rappresenta la proiezione orizzontale della presunta sorgente sismica, la cui intersezione con la

superficie corrisponde alla faglia di Paganica. Le faglie principali, riportate nella cartografia geologica, sono indicate

in rosso.

Per quanto riguarda la potenzialità sismica della zona in esame, occorre dire che secondo

l’approccio probabilistico il verificarsi di forti scosse nell’immediato futuro è poco plausibile.

Come già detto sopra, l’intervallo di tempo medio tra le scosse principali (M≥5.5) è di circa 173

anni. Tale valore può essere usato per stimare la probabilità che almeno una scossa con M≥5.5

colpisca la zona in oggetto nei 10 anni successivi all’ultima crisi sismica, ossia nell’intervallo

Aprile 2009-Aprile 2019. A tale scopo è conveniente usare la distribuzione di probabilità di

Poisson, su cui è fondata la procedura corrente per la stima della pericolosità sismica (e.g., Stucchi

et alii, 2011). Un semplice calcolo relativo a tale distribuzione (e.g., http://robitex.wordpress.com/

2011/02/09/il-terremoto-come-fenomeno-poissoniano-il-tempo-di-ritorno/) mostra che la probabi-

lità in oggetto è minore del 6%.

Anche se tale stima può apparire rassicurante, è importante notare che la procedura

probabilistica è basata su ipotesi molto discutibili (discusse in dettaglio da Mantovani et alii 2011,

2012, 2013), come la casualità dei terremoti e l’indipendenza delle sorgenti sismiche. Inoltre, la

Page 56: 4. Attività sismica

120

conoscenza delle possibili strutture sismogenetiche è tuttora assai ridotta, per cui non si può

escludere che altre faglie dell’Aquilano siano prossime al cedimento, nonostante il cospicuo rilascio

di energia sismica avvenuto nel 2009. Tali considerazioni portano ad una valutazione assai più

cauta della pericolosità e, in particolare, suggeriscono di assegnare all’intera zona una intensità

massima compatibile con i danneggiamenti più intensi registrati nella storia sismica (Tab. 5.9.1).

Pertanto, suggeriamo di attribuire alla zona sismogenetica in oggetto il valore Imax=10.

Page 57: 4. Attività sismica

121

6. Intensità massima attesa nei comuni dell’Umbria e delle Marche

La progettazione di un nuovo manufatto, o la messa in sicurezza di un’opera già esistente,

richiedono la definizione della cosiddetta azione sismica, ovvero il complesso delle sollecitazioni

che si possono ragionevolmente attendere nel corso di un terremoto (e.g., Ministero Delle

Infrastrutture e dei Trasporti, 2009). Per definire in modo rigoroso l’azione sismica, sarebbe

necessario conoscere la risposta del manufatto alla sollecitazione imposta da un determinato

scuotimento sismico, tenendo conto delle caratteristiche del terreno di fondazione. Per cercare di

risolvere tale complesso problema, sono state adottate procedure semplificate per definire lo spettro

di risposta del manufatto, ovvero la distribuzione dei parametri di scuotimento attesi (accelerazioni,

velocità e spostamenti) in funzione della frequenza di vibrazione propria del manufatto (e.g.,

Newmark e Hall, 1982; Solomos et alii, 2008). Tuttavia, tali procedure presuppongono la conoscenza

di quantità di solito poco note, come lo spettro di scuotimento del suolo nella zona implicata, che può

essere notevolmente influenzato dalle condizioni stratigrafiche, topografiche e strutturali locali

(e.g., Holzer, 1994; Romeo, 2007; Bommer et alii, 2010).

Evidenze dirette sullo scuotimento sismico provengono dai dati registrati nelle stazioni

accelerometriche e sismografiche attualmente operanti. A tale proposito si ricorda l’istituzione

dell’archivio di dati ITACA che contiene registrazioni provenienti da 742 stazioni accelerometriche

per il periodo 1972-2009 (http://itaca.mi.ingv.it, Paolucci et alii, 2010). Per quanto riguarda il

controlllo del territorio, il Dipartimento della Protezione Civile gestisce le attività della Rete

Accelerometrica Nazionale, attualmente composta da 503 postazioni poste in cabine di Enel

Distribuzione o situate in terreni pubblici. Ciascuna postazione comprende un accelerometro, un

digitalizzatore, un modem/router con un'antenna per trasmettere i dati digitalizzati via GPRS ed un

ricevitore GPS per associare al dato il tempo universale UTC e per misurare la latitudine e

longitudine della postazione. I dati elaborati, reperibili al sito www.mot1.it/randownload, comprendono

vari parametri di scuotimento tra cui il massimo valore di accelerazione, velocità e spostamento del

suolo (rispettivamente PGA, PGV e PGD) e le intensità di Arias e di Housner, che tengono conto della

durata del moto del terreno durante il terremoto (e.g., Ye et al., 2011). Inoltre, dal Gennaio 2008 è

pubblicato con cadenza mensile il Bollettino accelerometrico

(http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/ran.wp). Tuttavia, la distribuzione non uniforme delle

sorgenti sismiche ed il numero ancora limitato di stazioni accelerometriche fanno si che vaste zone

del territorio nazionale siano ancora prive o quasi di dati di scuotimento. Inoltre, il periodo coperto

dai dati accelerometrici (cioè gli ultimi 30-40 anni) è ancora troppo breve per fornire una

rappresentazione attendibile dello scuotimento sismico (e.g., Strasser e Bommer, 2009). Per

esempio, dal 1950 l’area umbro-marchigiana è stata colpita solo da 6 terremoti forti con magnitudo

compresa tra M=5.5 e 6, di cui quattro avvenuti durante la crisi sismica del Settembre-Ottobre 1997

(Rovida et al., 2011). Nel territorio delle Regioni Umbria e Marche sono rispettivamente installate

80 e 40 stazioni accelerometriche (Tab. 6.1), che in complesso corrispondono al 24% della rete

nazionale. Tuttavia, il catalogo ITACA mostra che solo 38 stazioni umbre e 22 stazioni marchigiane

presentano almeno una registrazione accelerometrica (Tab. 6.1a).

L’analisi dei dati tabulati si presta ad alcune considerazioni. Per quanto riguarda l’Umbria, si

nota che in 15 stazioni è stata registrata una PGA considerevole, pari ad almeno un decimo

dell’accelerazione di gravità. Tuttavia, gran parte dei dati in oggetto si riferisce a siti ubicati

nell’area epicentrale della sequenza sismica 1997-1998, come Annifo, Foligno, Nocera Umbra e

Sellano (stazioni ANNI, ASS, CLC, CSA, NCB, NCM, NCR, NCR2, NOCE, SELE, SELW). Le

eccezioni sono costituite dalle stazioni presso Cascia e Norcia (CSC, CSR, NRC), che hanno

risentito della scossa del 1979 e Pietralunga presso Gubbio (PTL), che ha registrato lo scuotimento

del terremoto del 1984. Per quanto riguarda i valori di PGA, è importante ricordare che il dato

riportato per il sito di Colfiorito Casermette (CLC), pari al 72% dell’accelerazione di gravità, è il

più elevato contenuto nel catalogo ITACA. In tal caso, il forte scuotimento osservato è imputabile

più alla vicinanza della stazione all’epicentro - meno di 2 km - che alla magnitudo della scossa

Page 58: 4. Attività sismica

122

(M=4.5). Comunque, evidenze indipendenti basate sulla disposizione di frammenti di roccia presso

Annifo, nell’area epicentrale del terremoto del 26 Settembre 1997, confermano il raggiungimento di

accelerazioni orizzontali e verticali dell’ordine di 1g (Bouchon et al., 2000).

Anche per quanto riguarda le Marche, la maggioranza delle 7 stazioni che hanno registrato un

considerevole scuotimento (PGA>1g) è situata nella zona colpita dalla crisi sismica 1997-1998:

Serravalle di Chienti (CESM, CESV e CLF) e Matelica (MTL). Tuttavia, elevati valori di PGA,

sino a 0.5g, caratterizzano le registrazioni relative ai terremoti che hanno colpito Ancona nel 1972

(ANP, ANR) e Sirolo (SRL) presso il M. Conero nel 1986.

(A)

Regione Umbria

Sigla Nome stazione Comune N PGA (PGA/g) Evento (ML) D

AME Amelia Amelia 1 - 06/12/2010 (3.4) 55.4

ANNI Annifo Foligno 12 216.232 (0.220) 17/11/1997 (3.5) 2.5

ASS Assisi Assisi 60 184.427 (0.188) 06/10/1997 (5.4) 20.5

BVG Bevagna Bevagna 13 77.536 (0.079) 26/09/1997 (5.8) 21.8

CLC Colfiorito Casermette Foligno 55 712.093 (0.726) 16/10/1997 (4.5) 1.7

CSA Castelnuovo (Assisi) Cannara 13 168.885 (0.172) 26/09/1997 (5.8) 21.5

CSC Cascia Cascia 16 198.317 (0.202) 19/09/1979 (5.5) 9.3

CSD Castel Viscardo Castel Viscardo 5 27.478 (0.028) 09/02/1994 (3.2) 13.6

CSR Cascia-Petrucci Cascia 5 128.974 (0.131) 28/02/1980 (4.8) 5.9

CTC Città di Castello Città di Castello 1 48.885 (0.050) 29/04/1984 (5.2) 38.1

CTS Città di Castello-Regnano Città di Castello 5 10.261 (0.010) 15/04/2010 (3.8) 16.5

FHC Forca Canapine (Arquata Tronto) Norcia 5 64.107 (0.065) 14/10/1997 (5.5) 29.7

FOC Foligno-Cfd-Umbr Foligno 2 1.286 (0.001) 15/12/2009 (4.3) 35.5

FOS Foligno Seggio Foligno 3 11.238 (0.011) 28/08/2010 (4.1) 24.9

GBB Gubbio Gubbio 12 81.652 (0.083) 26/09/1997 (5.8) 43.2

GBP Gubbio Piana Gubbio 13 95.894 (0.098) 26/09/1997 (5.8) 39.6

GLT Gualdo Tadino Gualdo Tadino 12 39.260 (0.040) 16/04/2001 (3.2) 1.5

GNU Giano dnell’Umbria Massa Martana 1 - 13/10/2010 (3.0) 24.6

NCB Nocera Umbra Biscontini Nocera Umbra 44 361.905 (0.369) 06/10/1997 (5.4) 9.0

NCM Nocera Umbra Salmata Nocera Umbra 11 171.747 (0.175) 06/10/1997 (5.4) 14.1

NCR2 Nocera Umbra 2 Nocera Umbra 62 520.700 (0.531) 06/10/1997 (5.4) 10.6

NCR Nocera Umbra Nocera Umbra 46 492.165 (0.502) 26/09/1997 (5.8) 12.1

NOCE Nocera Umbra P.I. Nocera Umbra 14 528.365 (0.539) 03/04/1998 (5.3) 7.8

NOR Norcia Le Castellina Norcia 110 19.139 (0.020) 08/02/2007 (3.8) 6.8

NRC Norcia Norcia 24 188.121 (0.192) 28/02/1980 (4.8) 10.6

NRN Narni Narni 5 54.759 (0.056) 16/12/2000 (4.1) 5.5

PRG Perugia Perugia 1 7.325 (0.007) 15/12/2009 (4.3) 12.4

PTL Pietralunga Pietralunga 4 174.289 (0.178) 29/04/1984 (5.2) 26.1

SELE Sellano Est Sellano 15 140.771 (0.143) 21/03/1998 (4.4) 6.7

SELW Sellano Ovest Sellano 32 189.235 (0.193) 21/03/1998 (4.4) 6.9

SLO Sellano Sellano 3 7.478 (0.008) 29/11/1999 (3.8) 50.8

SPC Spoleto (Cantina) Spoleto 20 44.650 (0.046) 05/01/2006 (3.6) 1.3

SPL Spoleto Spoleto 2 41.372 (0.042) 20/09/1981 (3.5) 4.8

SPM Spoleto (Monteluco) Spoleto 6 47.922 (0.049) 26/09/1997 (5.6) 35.3

SPO Spoleto Spoleto 18 44.524 (0.045) 05/01/2006 (3.6) 1.7

TOD Todi Todi 3 4.300 (0.004) 15/12/2009 (4.3) 31.3

TRN Terni Terni 1 65.083 (0.066) 16/12/2000 (4.1) 4.2

UMB Umbertide Umbertide 2 31.773 (0.032) 29/04/1984 (5.2) 25.8

Regione Marche

Sigla Nome stazione Comune N PGA (PGA/g) Evento (ML) D

ANP Ancona - Palombina Ancona 8 402.405 (0.410) 21/06/1972 (4.0) 25.9

ANR Ancona - Rocca Ancona 3 530.888 (0.541) 14/06/1972 (4.7) 7.7

ARQ Arquata del Tronto Arquata del Tronto 3 74.342 (0.076) 19/09/1979 (5.5) 21.0

CAG Cassignano Serravalle di Chienti 10 84.582 (0.086) 03/04/1998 (5.3) 15.7

CESM Cesi Monte Serravalle di Chienti 33 175.507 (0.179) 14/20/1997 (5.5) 11.8

CESV Cesi Valle Serravalle di Chienti 29 180.986 (0.184) 16/10/1997 (4.5) 4.6

CGL Cagli Cagli 2 19.589 (0.020) 26/09/1997 (5.8) 60.6

CLF Colfiorito Serravalle di Chienti 28 331.805 (0.338) 26/09/1997 (5.8) 2.8

FORC Forcella Serravalle di Chienti 12 82.333 (0.084) 12/10/1997 (5.1) 6.6

LRP Loro Piceno Loro Piceno 3 1.902 (0.002) 02/02/2010 (3.5) 7.4

MCR Macerata Feltria Sassocorvaro 5 3.778 (0.004) 13/10/2010 (4.2) 45.3

MCT Macerata Macerata 1 1.495 (0.001) 02/02/2010 (3.5) 21.5

Page 59: 4. Attività sismica

123

MNF Monte Fiegni (Fiastra) Fiastra 6 31.171 (0.032) 26/09/1997 (5.8) 27.5

MPP Montappone Montappone 1 7.682 (0.008) 02/02/2010 (3.5) 7.6

MTL Matelica Matelica 9 114.078 (0.116) 26/09/1997 (5.8) 29.0

PGL Peglio Peglio 3 67.959 (0.069) 26/09/1997 (5.8) 80.9

PTI Petritoli Petritoli 2 0.339 (-) 02/02/2010 (3.5) 22.0

SBT S. Benedetto San Benedetto del Tronto 3 2.304 (0.002) 20/09/2009 (4.6) 63.0

SER Serravalle di Chienti Serravalle di Chienti 4 31.019 (0.032) 14/10/1997 (5.5) 19.7

SNG Senigallia Senigallia 2 44.568 (0.045) 26/09/1997 (5.8) 80.4

SNO Sarnano San Ginesio 8 17.256 (0.018) 20/09/2009 (4.6) 41.3

SRL Sirolo Sirolo 5 134.644 (0.137) 22/06/1986 (3.7) 11.7

(B)

Regione Umbria Regione Marche

Sigla Nome stazione Comune Sigla Nome stazione Comune

APO0 Sant’Apollinare Temporanea Marsciano ANB Ancona 2 Ancona

BCC Borgo Cerreto-Campo Sportivo Norcia ANC Ancona Ancona

BCT Borgo Cerreto-Torre Cerreto di Spoleto ANT0 Ancona - Torre D’Ago Ancona

CCT Città di Castello (Triestina) Città di Castello CADA Capodarco Fermo

CDRV1 C. di Spoleto Cedrav1 (Master) Cerreto di Spoleto CIMA Civitanova Marche Civitanova Marche

CDRV2 C. di Spoleto Cedrav2 (SlaveA) Cerreto di Spoleto CRM1 Castelraimondo Castelraimondo

CDRV3 C. di Spoleto Cedrav3 (Last) Cerreto di Spoleto FIU1 Fiuminata Fiuminata

CRR1 C. di Spoleto-Comune 1 Cerreto di Spoleto LRP0 Loro Piceno Loro Piceno

CRR2 C. di Spoleto-Comune 2 Cerreto di Spoleto MDAR Montedaria Serrapetrona

CRR3 C. di Spoleto-Palazzo Nobili Cerreto di Spoleto MMUR Monte Murano Serra San Quirico

CSC1 C. di Spoleto-Conservatorio 1 Cerreto di Spoleto MPP0 Montappone Montappone

CSC2 C. di Spoleto-Conservatorio 2 Cerreto di Spoleto MTL1 Matelica Matelica

CST1 C. di Spoleto-Teatro 1 Cerreto di Spoleto RQT Arquata del Tronto Arquata del Tronto

CST2 C. di Spoleto-Teatro 2 Cerreto di Spoleto SEF1 Sefro Sefro

CST3 C. di Spoleto-Teatro 3 Cerreto di Spoleto SENI Senigallia Senigallia

CSAD Castelnuovo (Assisi) Cannara SSM1 San Severino Marche S. Severino Marche

CSI Cascia – Pronto Intervento Cascia TLN Tolentino Tolentino

CSV0 Castiglione della Valle Marsciano TRE1 Treia Treia

CTR0 Castel Ritaldi Castel Ritaldi

FOC0 Foligno CFD Foligno

FSMI Foligno S. Maria Infraportas Foligno

MGAB Montegabbione Montegabbione

MVB Marciano Monte Vibiano Marsciano

MVBA Marsciano Marsciano

NRA Norcia - Altavilla Norcia

NRCA Norcia Norcia

NRI Norcia – INA Casa Norcia

NRM Norcia - Mulino Norcia

NRO Norcia - Orelli Norcia

NRP Norcia - Panificio Norcia

NRZI Norcia – Zona Industriale Norcia

PAN Panicale Panicale

PIE0 Pietralunga Pietralunga

PIL0 Pilorico Materno Perugia

PRCI Preci Preci

SBI0 San Biagio della Valle Marsciano

SNI San Gemini San Gemini

SPI0 Marsciano Spina Marsciano

VFC Valfabbrica – Diaz C. Valfabbrica

VFF Valfabbrica – Diaz F. Valfabbrica

VFP Valfabbrica – Piano Terra Valfabbrica

VFS Valfabbrica – Sottot. Valfabbrica

Tab. 6.1. Stazioni accelerometriche ubicate in Umbria e nelle Marche, con registrazioni (A) e senza registrazioni (B).

N=numero di registrazioni, PGA=valore più grande registrato della massima accelerazione orizzontale del terreno

(Peak Ground Acceleration o PGA, in cm s-2

e, tra parentesi, rispetto all’accelerazione di gravità, g = 981 cm s-2

),

ML=magnitudo locale del terremoto che ha prodotto la massima PGA osservata, D=distanza della stazione

dall’epicentro del terremoto (km). Dati presi dal Catalogo ITACA (http://itaca.mi.ingv.it).

Quanto sopra descritto per l’area umbro-marchigiana porta a ribadire le conclusioni tirate da

Mantovani et alii (2012, 2013) per la Toscana e l’Emilia-Romagna, ovvero che l’ancora limitato

Page 60: 4. Attività sismica

124

patrimonio di dati strumentali fa si che ogni nuovo forte terremoto può cambiare in modo

significativo il quadro dello scuotimento sismico (e.g., Strasser e Bommer, 2009). Pertanto, definire

la pericolosità sismica in base alle registrazioni dello scuotimento di terremoti del passato è ancora

una strada impraticabile. La valutazione dello scuotimento atteso da terremoti futuri deve quindi

avvalersi di informazioni ricavabili dalle descrizioni dei danni provocati da terremoti passati. La mole

di dati contenuta nelle fonti storiche, di cui la regione italiana è particolarmente ricca, è sintetizzata

dal valore dell’intensità macrosismica massima stimata (Imax), di solito espressa nella scala

Mercalli-Cancani-Sieberg o MCS (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004; Stucchi et alii, 2007; Locati et

alii, 2011; Rovida et alii, 2011).

E’ importante ricordare che le informazioni relative ad ogni altro parametro dei terremoti

storici (come epicentro, magnitudo e scuotimento) sono necessariamente derivate dalle notizie sul

danneggiamento e, in particolare, dalla distribuzione spaziale dei dati macrosismici. E’ noto però

che il danneggiamento dipende, oltre che dall’energia del terremoto (magnitudo), anche dalla

profondità dell’ipocentro e dalle condizioni geomorfologiche locali, informazioni non disponibili

per terremoti storici. Pertanto stime di parametri diversi dall’intensità, dedotte in modo indiretto da

notizie storiche, sono senz’altro affette da maggiore incertezza. Occorre considerare anche il

problema della conversione nella scala MCS di dati espressi in altre scale di intensità (e.g., Musson

et alii, 2010). Inoltre, com’è noto, la valutazione dell’intensità è basata sugli effetti dello

scuotimento sismico su oggetti di uso comune, manufatti ed esseri viventi (e.g., Grünthal, 1998).

Pertanto, la stima dell’intensità macrosismica rende conto della risposta complessiva del terreno e

dei manufatti allo scuotimento prodotto dalla scossa (e.g., Klugel, 2007). L’intensità è dunque

l’unico parametro disponibile che fornisce, sia per i terremoti recenti che per le scosse storiche, una

valutazione del livello del danneggiamento piuttosto che della sola pericolosità (possibile livello di

scuotimento).

L’attendibilità delle valutazioni sul danneggiamento è ovviamente condizionata dalla ricchezza

ed estensione temporale della documentazione storica disponibile per la zona considerata.

Nonostante queste e altre limitazioni, la distribuzione delle Imax nel territorio in esame rimane

comunque l’informazione più importante, tra quelle disponibili, per tentare una valutazione

realistica della pericolosità sismica. Ciò è particolarmente vero per la regione italiana, caratterizzata

da un cospicuo patrimonio archivistico e storiografico che copre molti secoli. Come accennato

sopra, i parametri dei terremoti avvenuti prima della creazione della attuale rete sismografica

nazionale sono dedotti, con varie procedure, dalla distribuzione dei risentimenti macrosismici (e.g.,

Gasperini et alii, 1999; Gruppo di Lavoro CPTI, 2004; Rovida et alii, 2011). Per cui, anche le stime

ufficiali di pericolosità sismica (Gruppo di Lavoro MPS, 2004), che considerano la magnitudo

piuttosto che l’intensità dei terremoti, dipendono in ultima analisi dalla distribuzione e qualità dei

dati macrosismici e, per quanto detto in precedenza, sono affette da maggiori incertezze.

Com’è noto, le indagini basate su procedure di tipo probabilistico hanno prodotto carte

nazionali di pericolosità, che riportano i valori di accelerazione orizzontale del terreno che

potrebbero essere raggiunti nelle prossime decadi (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004; Stucchi et

alii, 2011). I molteplici problemi teorici e pratici di tale procedure, discussi da Mantovani et alii

(2011, 2012a,b, 2013) ed altri Autori (e.g., Castanos e Lomnitz, 2000; Klugel 2007; Stein et alii,

2012) sono aggravati dal fatto che gli scuotimenti calcolati si riferiscono al caso ideale di roccia

rigida pianeggiante e quindi non tengono conto né dei contrasti topografici né delle coperture

sedimentarie recenti, poco consolidate e con alto contrasto di impedenza sismica rispetto al

substrato roccioso sottostante (e.g., Mulargia et alii, 2007; Romeo, 2007).

La possibilità che le stime probabilistiche sottovalutino in modo significativo il moto reale del

terreno è stata messa in evidenza da analisi condotte per vari terremoti avvenuti in Italia ed

all’estero, come le recenti scosse distruttive in Algeria (2003), Marocco (2004), Cina (2008), Haiti

(2010), Nuova Zelanda (2010 e 2011) e Giappone (2011) (e.g., Albarello et alii, 2008; Reyners et

alii, 2011; Stein et alii, 2012). Un esempio in tal senso è la scossa dell’Aquila (2009), dove la PGA

osservata attorno all’epicentro ha largamente superato il valore che aveva una bassa probabilità di

Page 61: 4. Attività sismica

125

essere raggiunto nei prossimi 50 anni (0.275g, Gruppo di Lavoro MPS, 2004,

http://zonesismiche.mi.ingv.it), oltrepassando 1g in almeno una stazione accelerometrica (Celebi et

alii, 2010).

Analoghe considerazioni si possono fare per la crisi sismica emiliana del 2012. Le stime

probabilistiche (Meletti et alii, 2012) prevedevano una PGA in calo da sud verso nord, ovvero di

0.150-0.175g nell’area compresa tra Modena e l’alto strutturale di Mirandola, 0.125-0.150g nella

zona epicentrale e 0.075-0.125g nel Mantovano e nel Rovighese. I dati raccolti dalla Rete

Accelerometrica Nazionale, commentati in Mantovani et alii (2013), indicano che tali valori sono

stati più volte superati nel corso della crisi sismica, in particolare nelle stazioni di Castelmassa nel

Rovighese (0.133g), Mirandola nel Modenese (0.309g) e Moglia nel Mantovano (0.245g).

Sulla base delle considerazioni sopra riportate e di quanto discusso in Mantovani et alii (2011,

2012a,b, 2013), riteniamo che la procedura per stimare la pericolosità sismica debba tenere

prioritariamente conto dei dati macrosismici, senza alterare questa preziosa e unica informazione di

base con analisi probabilistiche fondate su ipotesi poco realistiche circa il comportamento sismico e

la presunta configurazione delle strutture coinvolte, in linea con le critiche espresse da Stein et alii (2012).

Inoltre, è evidente che la storia sismica disponibile (completa solo per gli ultimi secoli) è molto

limitata rispetto al periodo geologico (dell’ordine del milione di anni) in cui si sono sviluppate le

fratture esistenti nell’ambito del quadro geodinamico e sismotettonico descritto nel Capitolo 2.

Riteniamo pertanto necessario integrare i dati macrosismici con informazioni derivate dalle

conoscenze acquisite sul quadro tettonico attuale, al fine di tentare un riconoscimento delle zone del

territorio umbro e marchigiano dove lo sviluppo dei processi deformativi attuali può portare

all’attivazione di fratture che non sono associate a forti terremoti storici. Un tentativo di tenere

conto di questo problema è stato fatto anche dalla procedura probabilistica (Gruppo di Lavoro MPS,

2004; Stucchi et alii, 2011), ma la geometria adottata per le presunte zone sismogenetiche (Meletti

et alii (2008) è scarsamente compatibile con l’assetto tettonico attuale, come discusso da Mantovani

et alii (2012a, 2013) per la Toscana e l’Emilia-Romagna.

Nel seguito è descritto il risultato ottenuto dall’analisi sopra citata, sintetizzato da varie

tabelle e da una carta che riporta il valore della intensità massima attesa per ciascun comune

dell’Umbria e delle Marche. I dati macrosismici utilizzati provengono dalla raccolta

attualmente più aggiornata, ovvero il catalogo DBMI11 (Locati et alii, 2011,

http://emidius.mi.ingv.it/DBMI11/).

Per rendere possibile l’inserimento delle conoscenze sul quadro tettonico attuale nella stima

delle intensità massime di ogni comune abbiamo adottato la procedura di seguito descritta. Partendo

dal presupposto che in ognuna delle sette zone sismiche interne e due esterne mostrate in figura 6.1

l’evento più intenso documentato si possa verificare in qualsiasi punto dell’area considerata, l’Imax

adottata per quella zona è assegnata a tutti i comuni compresi, anche se non totalmente, nella zona

implicata. Per calcolare gli effetti che un terremoto interno ad una zona può produrre sui comuni

situati all’esterno sono state utilizzate le relazioni empiriche di attenuazione dell’intensità con la

distanza, ricavate per l’area italiana (e.g., Berardi et alii, 1993; Gomez-Capera, 2006; Pasolini et

alii, 2006). La distanza considerata per il calcolo dell’attenuazione è quella che separa la zona

considerata dal baricentro del comune in oggetto.

Il risultato di quest’analisi è riportato nelle tabelle 6.2-6.8, riferite alle 2 province dell’Umbria e

alle 5 province delle Marche. Al fine di offrire una documentazione più completa possibile sugli

elementi utilizzati per le scelte effettuate, per ogni comune sono riportate varie informazioni. Oltre

alla Imax da noi proposta, è indicata, per confronto, la Imax presa dal catalogo macrosismico

DBMI11. La scelta di questo catalogo è dovuta al fatto che tale raccolta tiene conto delle

informazioni fornite da cataloghi precedenti (Baratta, 1983; Postpischl, 1985; Boschi et alii, 1995,

1997, 2000; Camassi e Stucchi, 1997; Monachesi e Stucchi, 1997; Stucchi et alii, 2007). E’ utile

chiarire che il valore riportato in tabella si riferisce all’intero territorio del comune considerato e

non al solo capoluogo, come invece risulterebbe dalla consultazione in rete delle storie sismiche del

catalogo DBMI11 per i comuni interessati.

Page 62: 4. Attività sismica

126

Fig. 6.1. Sismicità storica (vedi Fig. 4.1.1) e geometria delle zone sismiche definite nel capitolo 5, sovrapposte ai

confini dei comuni dell’Umbria e delle Marche. In verde sono indicati i confini provinciali. Il numero riportato in ogni

comune corrisponde a quello delle tabelle 6.2-6.8.

Per dare la possibilità di confrontare la Imax da noi proposta con quella fornita da un

precedente tentativo, le tabelle riportano anche i valori di Imax suggeriti da Molin et alii (1996) in

base al giudizio esperto degli autori e all’uso dei dati disponibili all’epoca.

Per agevolare il controllo della consistenza, e quindi dell’affidabilità e robustezza della storia

sismica disponibile per ogni comune, le tabelle riportano anche la numerosità dei risentimenti

documentati, suddivisi per varie fasce di intensità a partire dal grado 5 della scala MCS.

Nell’assegnazione della Imax ad ogni comune abbiamo rispettato la condizione che il valore da

noi proposto non sia mai inferiore a quello effettivamente risentito (documentato dal catalogo

DBMI11). Nei casi in cui la Imax da noi proposta è sensibilmente più elevata (più di un grado della

scala MCS) rispetto al valore riportato nel catalogo DBMI11, vengono spiegate le considerazioni

che hanno portato a tale decisione.

Page 63: 4. Attività sismica

127

Regione Umbria

Provincia di Perugia

Per alcuni comuni di questa ed altre province il dato di intensità massima (colonna DB in

Tab.6.2) è riferito a località e frazioni piuttosto che al capoluogo comunale. Per completare

l’informazione riportiamo di seguito i nomi delle frazioni in questione, tra parentesi dopo il nome

del comune di appartenenza: Assisi (Capodacqua), Campello sul Clitunno (Acera, Agliano), Cascia

(Chiavano, Opagna), Città di Castello (Cerbara, Grumale, Lugnano, Turicchio), Collazzone

(Casalalta), Deruta (Ripabianca), Foligno (Budino), Gualdo Tadino (Busche, Caprara, Crocicchio,

Grello, Margnano, Piagge), Gubbio (Padule), Marsciano (Castiglione della Valle), Monteleone di

Spoleto (Ruscio, Vetranola), Norcia (Paganelli), Perugia (Colombella Bassa, Pieve Pagliaccia,

Ripa), Piegaro (Collebaldo), Pietralunga (Castel Guelfo), Poggiodomo (Mucciafora, Roccatamburo),

San Giustino (Lama, Selci), Sellano (Montesanto), Todi (Pantalla), Vallo di Nera (Paterno).

PERUGIA Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Assisi 10 8 9 1832 1 15 7 17 33

2 Bastia Umbra 9.5 9 9 1832 1 3 5 3 10

3 Bettona 9.5 8 8 1832 1 2 2 6

4 Bevagna 10 9 9 1832 1 2 6 8

5 Campello sul Clitunno 10 10 8 1838 2 5 6 12

6 Cannara 10 8 10 1832 1 1 1 2 12

7 Cascia 10.5 10 10.5 1703 18 14 43 57 14 13

8 Castel Ritaldi 10 9 8 1832-78 4 2 11

9 Castiglione del Lago 7 8 5 1984- 97-98

4

10 Cerreto di Spoleto 10 10 9 1328-1703 7 7 27 14 9

11 Citerna 9.5 9 9 1917 1 2 2 7

12 Città della Pieve 7 7 7 1861 1 1 6

13 Città di Castello 9.5 9 9 1789-1917 4 11 21 33 21

14 Collazzone 9 7 7.5 1832 3 1 6

15 Corciano 7.5 7 6 1919 2 7

16 Costacciaro 8 8 7.5 1751 1 4 12

17 Deruta 9 8 8 1832 1 2 12

18 Foligno 10 10 10 1832 1 1 29 51 22 18

19 Fossato di Vico 9.5 9 8.5 1747 2 1 6 6

20 Fratta Todina 8.5 7 5 1832-

1979-97 3

21 Giano dell’Umbria 9.5 9 6.5 1918 5 8

22 Gualdo Cattaneo 9.5 8 7 1703 1 3 7

23 Gualdo Tadino 10 10 10 1751 6 11 10 10 17 12

24 Gubbio 8.5 8 8 1751 1 33 17 13

25 Lisciano Niccone 7 7 6 1997 3 4

26 Magione 7 7 6 1969 1 3

27 Marsciano 8 8 7 1969 1 6 5

28 Massa Martana 9 9 7 1703-1997 2 6 6

29 Monte Castello di Vibio 8.5 7 5.5 1997 3

30 Monte Santa Maria Tiberina 9.5 9 9 1352-1917 3 4 1 10

31 Montefalco 10 9 8 1832-78 5 1 5 9

32 Monteleone di Spoleto 10 10 10 1298-1703 2 2 5 1 7

33 Montone 8.5 8 7.5 1458 3 5 4

34 Nocera Umbra 10 9 9 1279-1747 1 8 17 23 17

35 Norcia 11 10 11 1703 1 7 19 31 28 12 12

36 Paciano 7 7 6 1969 1 1

37 Panicale 7 7 6.5 1861-1969 3 4

38 Passignano sul Trasimeno 7 7 5.5 1997 5

39 Perugia 8 8 8 1832 3 15 21 32

40 Piegaro 7.5 7 6.5 1940 2 2

41 Pietralunga 9 9 9 1389 1 4 5 9

42 Poggiodomo 10 10 9 1703 2 3 11 4 4

43 Preci 10 10 10 1328-1703 3 2 28 33 14 10

Page 64: 4. Attività sismica

128

44 San Giustino 9.5 10 9 1789 2 9 8 7 3

45 Sant’Anatolia di Narco 10 10 6.5 1979 6 6

46 Scheggia e Pascelupo 8 8 8 1751 1 2 7 9

47 Scheggino 10 10 7 1703-1979 4 4 10

48 Sellano 10 10 10 1328 1 1 7 29 18 17

49 Sigillo 8.5 9 8 1751 1 3 4

50 Spello 10 9 8.5 1832 4 3 7 6

51 Spoleto 10 10 8 1277-98-1703-45 5 13 17 23

52 Todi 8.5 7 8 1832 1 1 4 10

53 Torgiano 9 8 6.5 1997 2 5

54 Trevi 10 10 8 1832 9 5 10 13

55 Tuoro sul Trasimeno 7 7 5.5 1997 1

56 Umbertide 8.5 8 7 1917-84 3 5 9

57 Valfabbrica 9.5 8 7.5 1741-51 7 14 11

58 Vallo di Nera 10 10 8 1703 1 1 10 3

59 Valtopina 10 9 8 1997 1 3 2 15

Tab. 6.2. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Perugia. NP=intensità

massima da noi proposta sulla base dei dati macrosismici e delle conoscenze sul quadro tettonico; MO=intensità

massima proposta da Molin et alii (1996); DB=Intensità massima ricavata dal catalogo DBMI11 (Locati et alii, 2011).

Per ogni comune sono anche riportati l’anno del terremoto che ha prodotto l’intensità massima riportata nel catalogo

DBMI11 (Anno) e il numero dei risentimenti per varie fasce di intensità.

Come si può notare dalla Tab.6.2, in molti comuni il dato di intensità massima riportato dal

catalogo DBMI11 è sensibilmente più basso (più di un grado MCS) del valore da noi proposto. Le

considerazioni che hanno portato a tale decisione sono spiegate di seguito.

Per il comune di Bettona è proposta una Imax=9.5 poiché esso è adiacente alla zona

sismogenetica Valle Umbra, caratterizzata da Imax=10.

Per il comune di Campello sul Clitunno è proposta una Imax=10, perché è in parte compreso

nella zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10) ed è inoltre adiacente alla zona sismogenetica

Dorsale Umbra (Imax=10). Le stesse considerazioni valgono per il comune di Sant’Anatolia di

Narco.

Anche il comune di Trevi, al quale abbiamo attribuito una Imax=10, è in parte compreso nella

zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10); inoltre confina con due comuni (Foligno e Sellano) in

cui sono documentati, dal catalogo DBMI11, risentimenti di Imax=10.

I comuni di Castel Ritaldi, Montefalco e Scheggino (dove è proposta una Imax =10) fanno

parte, per tutta la loro estensione, della zona sismogenetica Valle Umbra.

Nel comune di Castiglione del Lago, il basso valore dei risentimenti riportati dal catalogo

DBMI11 (Imax=5) è dovuto agli effetti dei terremoti di Gubbio (1984, I=7) e dell’Appennino

Umbro-Marchigiano (1997, I=7.5 e I=8.5; 1998, I=6), ma noi abbiamo proposto il valore di

Imax=7, per la vicinanza di tale comune alla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5), e al

comune di Perugia, che ha risentito con I=8 l’evento del 1832 (Valle del Topino, I=10).

Analoghe considerazioni possono essere fatte per i comuni di Passignano sul Trasimeno e

Tuoro sul Trasimeno, ancora più vicini di Castiglione del Lago, alla zona Alta Valtiberina.

Nel comune di Umbertide è stata da noi proposta una Imax=8.5, poiché questo comune dista

appena 10-20 km dalla zona sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5) ed inoltre confina con

quello di Città di Castello, dove sono documentati, dal catalogo DBMI11, risentimenti di Imax=9.

Nel comune di Collazzone, l’intensità proposta (Imax=9) tiene conto del fatto che esso è

localizzato, rispetto all’epicentro del terremoto del 1832 (I=10), a una distanza compresa tra 10 e

20 km.

Nel comune di Corciano, il risentimento documentato nel catalogo DBMI11 si riferisce al

terremoto del 1919 (Lago Trasimeno, I=6), ma questo comune è distante circa 25-30 Km

dall’evento del 1832 (Valle del Topino, I=10), ed è adiacente al comune di Perugia (I=8 secondo il

catalogo DBMI11), per cui noi abbiamo attribuito una Imax=7-8.

I bassi valori dei risentimenti nei comuni di Fratta Todina e Monte Castello di Vibio (I=5 e

I=5.5 rispettivamente), documentati dal catalogo DBMI11, derivano da terremoti nella Valle del

Page 65: 4. Attività sismica

129

Topino e nella Dorsale Umbra (1832, 1979, 1997). Il valore da noi proposto è più elevato

(Imax=8.5), essendo questi comuni situati ad una distanza di 15-20 km dalla zona Valle Umbra

(Imax=10).

Per quanto riguarda i comuni di Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo, il valore di intensità da

noi proposto (Imax=9.5), sensibilmente più elevato rispetto a quello riportato dal catalogo DBMI11

(rispettivamente Imax=6.5 e 7), è dovuto al fatto che questi comuni sono adiacenti alla zona

sismogenetica Valle Umbra (Imax=10).

Al comune di Massa Martana è stata da noi attribuita una Imax=9, in quanto esso è interposto

fra i due più estesi comuni di Spoleto, che appartiene quasi completamente alla zona sismogenetica

Valle Umbra (Imax=10), e Todi, che ha risentito con I=8 del terremoto del 1832 (I=10) localizzato

nella stessa zona.

Nel comune di Torgiano è stato assunto un valore di Imax=9 poiché esso si trova ad una

distanza di circa 10-15 Km dall’epicentro del terremoto del 1832 (Valle del Topino, I=10).

Ricordiamo che il comune di Perugia, più lontano, ha risentito di una I=8 per la stesso evento.

Per il comune di Valfabbrica è stata proposta una Imax=9.5, in quanto esso è in parte

compreso nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10), nonostante alcuni risentimenti

relativi al terremoto del 1751 (Appennino Umbro-Marchigiano, I=10), localizzato nel comune

adiacente (Gualdo Tadino), siano di valore nettamente più basso (I=7.5).

Il comune di Vallo di Nera, essendo limitrofo alle due zone sismogenetiche Dorsale Umbra e

Valle Umbra (Imax=10), potrebbe trovarsi in una situazione analoga a quella del comune di

Monteleone di Spoleto, che ha risentimenti documentati di Imax=10.

Infine per il comune Valtopina è stato proposto il valore di Imax =10, in quanto esso è in gran

parte compreso nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10).

Provincia di Terni

Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in

Tab.6.3 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Acquasparta (Cisterna, Colle

Campo, Firenzuola), Arrone (Buonacquisto), Terni (Piediluco).

Come si può notare dalla Tab.6.3, la differenza fra i valori di Imax da noi proposti e quelli

riportati nel catalogo DBMI11 in molti casi è superiore a 1 grado MCS. I risentimenti documentati,

in circa la metà dei comuni, hanno valori che non superano l’Imax=6. Tuttavia non si può trascurare

il fatto che alcuni forti terremoti sono avvenuti in questa zona (Orvietano, 1276, Imax=8.5;

Bagnoregio, 1695, Imax=9; Umbria Meridionale, 1785, I=8.5) e, per alcuni comuni, la notevole

vicinanza alla zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10).

Qust’ultima considerazione vale, per esempio, per il comune di Aquasparta, distante circa 10

km dalla suddetta zona, per cui abbiamo assunto in questo comune una Imax=9.

I comuni di Avigliano Umbro, Montecastrilli, San Gemini e Stroncone sono localizzati ad una

distanza leggermente superiore (15-20 km) rispetto alla zona sismogenetica Valle Umbra

(Imax=10), per cui abbiamo loro attribuito una Imax=8.5.

Il comune di Allerona deve il suo valore di Imax=6, riportato nel catalogo DBMI11, al

terremoto del 1957, localizzato nella zona sismogenetica Orvietano. Poiché l’attivazione di questa

zona può generare terremoti di maggiore intensità (Imax=8-9), come indicano i terremoti del 1296

(I=8) e del 1695 (I=8.5), i loro risentimenti nel comune suddetto (distante da 5 a 15 km circa)

potrebbero raggiungere una Imax=7.5, che è il valore da noi assunto. Nella stessa condizione si

trovano il comune di Parrano (dove è proposta una Imax=7.5) e il comune di Castel Viscardo per i

quale, essendo ancora più vicino alla suddetta zona, viene assunto un valore di Imax=8.

Anche il comune di Ficulle, che deve al terremoto del 1940 (Radicofani, I=7.5) l’Imax=6

riportata nel catalogo DBMI11, è localizzato alla stessa distanza del comune di Castel Viscardo

dalla zona Orvietano, per cui anche per questo comune noi proponiamo una Imax=8.

Per i comuni di Montegabbione e Monteleone d’Orvieto, più distanti (circa 10-15 km) dalla

zona sismogenetica Orvietano rispetto ai comuni di Allerona e Parrano, si assume una Imax=7.

Page 66: 4. Attività sismica

130

Anche il comune di San Venanzo è molto vicino alla zona sismogenetica Orvietano nel suo

settore più occidentale, mentre in quello orientale esso si trova ad una distanza di circa 25-30 Km

dall’epicentro del terremoto del 1832 (Valle del Topino, I=10), per cui si ritiene opportuno

assegnare a questo comune una Imax=8.

Il comune di Baschi è localizzato sul lato orientale della zona Orvietano, ad una distanza di

circa 5-15 km, ed è adiacente al comune di Orvieto, che ha risentimenti osservati di Imax=8.5.

Tenendo conto di questa configurazione, abbiamo attribuito a questo comune una Imax=8.

TERNI Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Acquasparta 9 9 7.5 1707 3 2 12

2 Allerona 7.5 7 6 1957 1 2

3 Alviano 7.5 7 5.5 1997 5

4 Amelia 8 7 7 1915 1 6

5 Arrone 10 10 8.5 1785 2 6 5 2

6 Attigliano 7 7 4.5 1997

7 Avigliano Umbro 8.5 7 5.5 1997 5

8 Baschi 8 7 5.5 1957-98 6

9 Calvi dell’Umbria 8 8 6 1979 1 3

10 Castel Giorgio 8 8 7.5 1957 1 1 1

11 Castel Viscardo 8 7 6.5 1957 2 1

12 Fabro 7.5 7 6.5 1861 1 4

13 Ferentillo 10 10 7.5 1785 1 15 4

14 Ficulle 8 7 5.5 1940 6

15 Giove 7 7 5 1979 1

16 Guardea 8 7 5 1979-97 4

17 Lugnano in Teverina 7 7 5 1997 2

18 Montecastrilli 8.5 7 7 1915 1 9

19 Montecchio 8 7 4.5 1997-98

20 Montefranco 10 10 7 1785-1915 2 2 3

21 Montegabbione 7 7 5 1997-98 2

22 Monteleone d’Orvieto 7 7 5.5 1940 3

23 Narni 8 8 7.5 1714 1 4 7

24 Orvieto 8.5 8 8.5 1276 1 6 13 3

25 Otricoli 8 8 6 1979-97 2 2

26 Parrano 7.5 7 6 1957 1 1

27 Penna in Teverina 7 7 5 1997 2

28 Polino 10 10 8 1703 1 3 2

29 Porano 8.5 8 7.5 1695 2 1 6

30 San Gemini 8.5 9 7 1751 1 1 4

31 San Venanzo 8 7 5.5 1997 4

32 Stroncone 8.5 9 7 1915 1 2 4

33 Terni 9 9 8.5 1785 2 19 17 18

Tab. 6.3. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Terni (vedi didascalia

di Tab.6.2) .

Partendo dal comune di Baschi e procedendo verso sud, ad una distanza crescente rispetto alla

zona Orvietano fino a circa 20 km, si trovano i comuni di: Montecchio, Guardea, Alviano, Lugnano

in Teverina, Attigliano, Giove, Penna in Teverina, quindi per questi comuni è stata proposta una

intensità massima progressivamente decrescente da Imax=8 (per i primi due), a Imax=7.5 (per il

terzo), fino a Imax=7 (per i rimanenti comuni).

Per i comuni di Arrone, Ferentillo, Montefranco e Polino, il valore proposto di Imax=10 deriva

dal fatto che essi fanno parte della zona sismogenetica Valle Umbra (Imax=10) e sono molto vicini

all’epicentro del terremoto del 1298 (Reatino, Imax=10), i cui effetti sui comuni considerati non

sono documentati nel catalogo DBMI11.

I comuni di Calvi dell’Umbria e Otricoli distano dalla zona Valle Umbra circa 20-25 km,

mentre i risentimenti massimi (Imax=6) documentati dal catalogo DBMI11 si riferiscono a

terremoti più distanti (nella zona Dorsale Umbra). Per questi motivi è stato assunto in tali comuni il

Page 67: 4. Attività sismica

131

valore di Imax=8.

Regione Marche

Provincia di Ancona

Ancona Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Agugliano 7.5 8 7 1930-72 3 1

2 Ancona 8.5 8 8 1269-1690-1930-72 8 24 3 13

3 Arcevia 8.5 8 7.5 1279 3 7 7

4 Barbara 8 7 6 1930-72 2 8

5 Belvedere Ostrense 7.5 8 7.5 1741 4 3

6 Camerano 8.5 8 7 1741-

1930-72 4 1 7

7 Camerata Picena 8 8 7.5 1930 3 2

8 Castelbellino 7.5 8 7.5 1741 1 7

9 Castel Colonna 7.5 8 7 1972 2 2 5

10 Castelfidardo 8 7 7 1930 1 4 3

11 Castelleone di Suasa 7.5 7 7 1972 2 4 2

12 Castelplanio 8 8 6.5 1741 3 6

13 Cerreto d'Esi 9 9 7 1741 1 3 7

14 Chiaravalle 8 8 7 1930 1 2 2

15 Corinaldo 7.5 8 7 1897-1972 3 5 3

16 Cupramontana 8 8 8 1741 1 1 5 3

17 Fabriano 9.5 10 9.5 1751 2 3 19 19 27

18 Falconara Marittima 8.5 8 7.5 1930 9 2 3

19 Filottrano 7.5 7 6.5 1972 5 2

20 Genga 9 9 8.5 1741 3 3 4

21 Jesi 7 8 7 1741-1930 3 5 11

22 Loreto 7.5 7 7 1930 1 3 6

23 Maiolati Spontini 8 8 8 1741 1 1 2 2

24 Mergo 9 9 9 1741 1 3 4

25 Monsano 7 8 6 1930 1 2

26 Montecarotto 8 8 7.5 1741 1 3 9

27 Montemarciano 8.5 8 8 1930 1 2 1 2

28 Monterado 7.5 8 7.5 1741 3 2 4

29 Monte Roberto 7.5 8 7 1741 1 1 1

30 Monte San Vito 7.5 8 7 1741-1930 2 1 5

31 Morro d'Alba 7.5 8 7.5 1741-1972 3 1 4

32 Numana 8.5 8 8 1269-1930 2 2 4 2

33 Offagna 7.5 8 7 1930 1 1 1

34 Osimo 8 8 8 1741-1972 2 4 4 8

35 Ostra 7.5 7 7 1930-72 2 5 4

36 Ostra Vetere 7.5 8 7.5 1741 3 4 3

37 Poggio San Marcello 8 8 6.5 1997 3 6

38 Polverigi 7.5 8 7 1930-72 3 1 2

39 Ripe 8 8 8 1741 1 2 1

40 Rosora 8.5 8 7 1741 1 3

41 San Marcello 7.5 8 7 1972 2 2 1

42 San Paolo di Jesi 7.5 8 6 1979 1 3

43 Santa Maria Nuova 7 8 7 1741 1 3 4

44 Sassoferrato 8.5 8 7.5 1997 6 3 13

45 Senigallia 8.5 9 8.5 1930 4 13 8 13

46 Serra de' Conti 8 7 6 1930 1 3

47 Serra San Quirico 9 9 9 1741 2 3 3 3

48 Sirolo 8.5 8 8.5 1690 2 1 4 1

49 Staffolo 7.5 8 6 1930-51-79 3 5

Tab. 6.4. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Ancona (vedi

didascalia di Tab. 6.2) .

Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in

Page 68: 4. Attività sismica

132

Tab.6.4 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Camerata Picena (Cassero),

Fabriano (Belvedere), Falconara Marittima (Castelferretti), Genga (San Fortunato, Monticelli,

Pierosara), Sassoferrato (Crescenti).

Per i comuni di Barbara e Serra dei Conti, il catalogo DBMI11 riporta una Imax=6 che deriva

da terremoti avvenuti nella zona Anconetano (1930, 1972), ma noi proponiamo un valore più

elevato (Imax=8) in quanto il terremoto del Fabrianese (1741, I=9) è avvenuto a minore distanza

(intorno ai 10-15 km), paragonabile a quella del comune di Maiolati Spontini, che ha risentito

questo evento con I=8.

I comuni di Castelplanio e Poggio San Marcello sono adiacenti a Maiolati Spontini

(risentimento documentato di Imax=8), alla stessa distanza di tale comune dal terremoto del 1741,

quindi anche per essi si propone Imax=8.

Il comune di Rosora si trova in una posizione intermedia tra i comuni precedentemente descritti

e quello di Mergo, che ha risentito con I=9 il terremoto del 1741. Per questo motivo abbiamo

attribuito a Rosora una Imax=8.5. In questo comune, come anche in quello di Castelplanio, citato

sopra, noi proponiamo un valore di Imax più elevato di quelli del catalogo DBMI11 (Imax=7 e 6.5),

nonostante questi ultimi derivino proprio dai dati macrosismici del 1741. Questa scelta può essere

giustificata dal fatto che i danni provocati da questo terremoto sono stati considerevoli anche a

distanze maggiori di quelle che ci si potevano aspettare in base alle normali leggi di attenuazione

(risentimenti di I=8.5, 8 e 8 rispettivamente nei comuni di Fratte Rosa (PU), Ripe (AN) e Osimo

(AN), a distanze di circa 25, 25-30 e 30-40 km). Sembra dunque legittimo pensare che in alcuni

comuni vicino all’epicentro gli effetti possano essere stati sottovalutati.

I comuni di San Paolo di Jesi e Staffolo sono localizzati a circa 15 km dall’epicentro del

terremoto del 1741, come il comune di Castelbellino, dove lo stesso terremoto ha causato

risentimenti di I=7.5. Per questa ragione noi proponiamo per essi una Imax=7.5.

Per il comune di Camerano assumiamo Imax=8.5 poiché è compreso nella zona sismogenetica

Anconetano (Imax=8.5), è molto vicino all’epicentro del terremoto del 1690 (I=8.5), e adiacente al

comune di Sirolo, dove la Imax osservata è 8.5.

Per il comune di Cerreto d’Esi viene proposto il valore di Imax=9 in quanto esso è in parte

compreso nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana. Inoltre esso è adiacente al comune di

Fabriano, che ha risentito di Imax=9.5 a causa del terremoto del 1751 (Appennino Umbro-

Marchigiano, I=10).

Provincia di Ascoli Piceno

Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in

Tab.6.5 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Arquata del Tronto (Pescara del

Tronto), Castignano (San Venanzo), Folignano (Castelfolignano).

Ascoli Piceno Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Acquasanta Terme 9 8 8 1943 1 4 10

2 Acquaviva Picena 7.5 8 7.5 1972 2 1 6

3 Appignano del Tronto 8.5 8 8 1943 1 1

4 Arquata del Tronto 10 9 9 1703 1 4 3 6

5 Ascoli Piceno 8.5 8 7.5 1972 2 7 16

6 Carassai 7 7 7 1943 1

7 Castel di Lama 8 8 8 1943 1 1 6

8 Castignano 9 8 9 1943 1 2 2 4

9 Castorano 8 8 8 1943 1 2 2

10 Colli del Tronto 8 8 8 1943 1 1 4

11 Comunanza 8.5 8 7 1943 1 6

12 Cossignano 7.5 8 7.5 1915 2 2 3

13 Cupra Marittima 7 7 7 1882 1 3 3

14 Folignano 8 8 8 1943 1 1 1 5

15 Force 8 8 8 1943 1 3

16 Grottammare 7 7 7 1882 1 1 8

Page 69: 4. Attività sismica

133

17 Maltignano 8 8 8 1943 1 4

18 Massignano 7 7 7 1943 1 1 3

19 Monsampolo del Tronto 7.5 8 7.5 1943 1 3

20 Montalto delle Marche 8 8 8 1943 3 1 9

21 Montedinove 8 8 7 1943 1 2 2

22 Montefiore dell'Aso 7 7 6 1943 1 2

23 Montegallo 9.5 8 7 1943 1 5

24 Montemonaco 10 8 6 1897-

1943-51-97 4 6

25 Monteprandone 7.5 8 7.5 1480 2 2 3

26 Offida 8 8 8 1943 1 2 7

27 Palmiano 8 8 7 1951 1 3 5

28 Ripatransone 7 8 7 1943 1 1 12

29 Roccafluvione 8.5 8 7 1943 1 3 3

30 Rotella 8 8 7 1943 1 5

31 San Benedetto del Tronto 7 7 7 1882 1 1 8

32 Spinetoli 7.5 8 7 1943 1 2 2

33 Venarotta 8 8 7 1943 1 2 6

Tab. 6.5. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Ascoli Piceno (vedi

didascalia di Tab. 6.2) .

Per i comuni di Comunanza e Roccafluvione, i valori di Imax documentati nel catalogo

DBMI11 (I=7) derivano dal terremoto del 1943 (Marche Meridionali-Abruzzo, I=8.5). Tuttavia, la

storia sismica di tali comuni, limitata agli ultimi 70 anni, non da informazioni sugli effetti dei forti

terremoti avvenuti prima di questo periodo nelle zone sismogenetiche vicine (Dorsale Umbra,

Imax=10, e Dorsale Marchigiana, Imax=9), ed in particolare sul terremoto del 1703 (Appennino

Umbro Reatino, I=11). In base alla distanza di quest’ultimo evento da tali comuni (circa 30-40 km),

abbiamo proposto per essi una Imax=8.5.

Il comune di Montegallo è localizzato ad una distanza inferiore, rispetto ai precedenti comuni,

dalla zona Dorsale Umbra (circa 10-15 km), e dall’epicentro del terremoto del 1703 (circa 20-30

km). Questa posizione è compatibile, in base alle leggi di attenuazione dell’intensità con la distanza,

con il valore di Imax=9.5 che noi assumiamo per tale comune.

Per il comune di Montemonaco si può notare il brusco salto tra i valori di Imax documentati dal

catalogo DBMI11 per questo comune (I=6), e quelli relativi al comune di Norcia (PG) ad esso

adiacente (I=11). Poiché una parte del territorio di Montemonaco (quella più occidentale) è ancora

più vicina alla Dorsale Umbra (I=10) del comune di Montegallo, citato sopra, abbiamo attribuito al

primo il valore di Imax=10.

Provincia di Fermo

A differenza delle altre province considerate, in nessuna frazione sono stati riscontrati danni

superiori a quelli dei relativi capoluoghi comunali, per cui a questi ultimi si riferiscono i dati di

intensità massima riportati nella colonna DB in Tab.6.6.

Fermo Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Altidona 7 7 6 1972 1

2 Amandola 8.5 8 7 1799-1873-1943 3 4 11

3 Belmonte Piceno 7 8 7 1943 1 8

4 Campofilone 7 7 7 1987 1 1

5 Falerone 7 7 7 1943 1 2 4

6 Fermo 7 7 7 1943 1 6 12

7 Francavilla d'Ete 7 7 7 1943 1 1 2

8 Grottazzolina 7 7 6 1943 1 7

9 Lapedona 7 7 7 1987 1 1

10 Magliano di Tenna 7.5 8 7.5 1943 1 2 5

11 Massa Fermana 7.5 7 7 1943 1 1 4

12 Monsampietro Morico 7 7 7 1943 1 3 3

13 Montappone 7.5 7 7 1943 1 4 2

Page 70: 4. Attività sismica

134

14 Monte Giberto 7 7 7 1943 1 1 6

15 Monte Rinaldo 7.5 7 6.5 1943 1 1

16 Monte San Pietrangeli 8 8 8 1972 1 2 3

17 Monte Urano 7 8 7 1943 1 2 3

18 Monte Vidon Combatte 7 8 7 1915-1943 1 1 5

19 Monte Vidon Corrado 7 7 7 1943 1 1 3

20 Montefalcone Appennino 8 8 6.5 1943 2 2

21 Montefortino 9 8 8 1972 1 1 1 9

22 Montegiorgio 7 8 7 1943 4 5 6

23 Montegranaro 7 7 6 1943 1 2

24 Monteleone di Fermo 7 7 7 1943 1 1

25 Montelparo 7.5 7 7 1943 1 1 5

26 Monterubbiano 7 7 6.5 1943 2 1

27 Montottone 7 7 6 1943 1 7

28 Moresco 7 7 6 1987 1 3

29 Ortezzano 7.5 7 6.5 1943 2 4

30 Pedaso 7 7 6.5 1987 2 3

31 Petritoli 7 7 7 1943 2 1 7

32 Ponzano di Fermo 7 7 7 1943 1 1 2

33 Porto San Giorgio 7 7 7 1987 1 2 2

34 Porto Sant'Elpidio 7 7 6 1987 1

35 Rapagnano 7 7 6.5 1943 1 3

36 Sant'Elpidio a Mare 7 7 7 1943 1 4 5

37 Santa Vittoria in Matenano 7.5 7 7.5 1943 1 1 5

38 Servigliano 7.5 7 7 1943 1 3

39 Smerillo 8 8 7 1943 1 3

40 Torre San Patrizio 7 8 7 1943 1 2 4

Tab. 6.6. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Fermo (vedi didascalia

di Tab. 6.2) .

Per il comune di Amandola abbiamo ipotizzato un valore di Imax=8.5 tenendo conto del fatto

che esso è adiacente al settore più meridionale della zona sismogenetica Dorsale Marchigiana

(Imax=9), mentre invece i risentimenti massimi documentati nel Catalogo DBMI11 (Imax=7) si

riferiscono a terremoti più distanti (vedi Tab. 6.6). Inoltre è da notare il brusco salto nei valori di

intensità risentite in conseguenza del terremoto del 1799 (Appennino Marchigiano, I=9) nel comune

in esame (I=7) e nel comune limitrofo a nord di esso, cioè Sarnano (MC), con valori di I=8.5.

Al comune di Montefalcone Appennino abbiamo attribuito una Imax=8 poiché in esso è

localizzato l’epicentro del terremoto del 1972 (I=8), anche se i massimi effetti di questo terremoto

hanno interessato il vicino comune di Montefortino. Una caratteristica peculiare è che anche il

comune di Monte San Pietrangeli, situato a circa 25 km dal suddetto terremoto, ha risentito questo

evento con I=8. Nel comune in esame, il valore di Imax riportato dal Catalogo DBMI11 (I=6.5) è

dovuto invece al terremoto del 1943 (Marche Meridionali-Abruzzo, I=8.5), il cui epicentro è

localizzato più lontano (circa 15 km), nella provincia di Ascoli-Piceno.

Provincia di Macerata

Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in

Tab.6.7 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Castelraimondo (Torricella),

Fiastra (San Marco), Fiuminata (Casale delle Macchie), Muccia (Vallicchio), San Ginesio (Morello,

Serrone), San Severino Marche (Cagnore, Cesolo, Elcito, Gagliannuovo, Granali, Stigliano Capo),

Sarnano (San Casciano), Serrapetrona (Villa d’Aria), Treia (Chiesanuova, Passo di Treia), Visso

(Chiusita, Mevale, Valiano).

Per i comuni di Acquacanina, Bolognola e Camporotondo di Fiastrone il valore di intensità da

noi proposto (Imax=9) deriva dal fatto che essi sono in parte compresi nella zona sismogenetica

Dorsale Marchigiana, caratterizzata da terremoti con I=9 (Fabrianese, 1741; Appennino

Marchigiano, 1799). Ricordiamo inoltre che vicino ai suddetti comuni (meno di 5 km), si trova il

comune di Cessapalombo, che ha risentito il terremoto del 1799 con I=9.5.

Page 71: 4. Attività sismica

135

Macerata Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Acquacanina 9 8 6 1997 3 9

2 Apiro 9 8 8 1741 1 7

3 Appignano 7.5 7 6.5 1741 1 6

4 Belforte del Chienti 9 9 8.5 1799 1 6 3

5 Bolognola 9 8 7 1951 1 3 4

6 Caldarola 9 9 8 1799 1 2 8 7

7 Camerino 9 9 9 1799 5 7 8 17 12

8 Camporotondo di Fiastrone 9 9 6.5 1936-97 7 5

9 Castelraimondo 9 9 9 1799 1 2 5 9

10 Castelsantangelosul Nera 10 9 7 1730-1972 4 5 6

11 Cessapalombo 9.5 9 9.5 1799 1 4 9

12 Cingoli 8 8 7.5 1279-1741 2 9 9

13 Civitanova Marche 7 7 6 1930-72(2)-87 5 10

14 Colmurano 8.5 8 6.5 1741 2 3

15 Corridonia 7.5 7 7 1741 1 5 5

16 Esanatoglia 9 9 7 1612-

1747-99 3 6 4

17 Fiastra 9 8 8 1873 1 3 9

18 Fiordimonte 9 8 7.5 1972 1 1 1

19 Fiuminata 10 9 8 1997 1 2 9 8

20 Gagliole 9 8 6.5 1997 7 6

21 Gualdo 8.5 8 8 1799 1 3 2

22 Loro Piceno 8 8 6.5 1943 3 5

23 Macerata 7.5 7 7 1741-1951 2 7 11

24 Matelica 9 8 7.5 1279 3 4 12

25 Mogliano 7.5 7 6.5 1943 1 4

26 Montecassiano 7.5 7 6.5 1930-1943 3 5

27 Monte Cavallo 10 9 7.5 1997 6 5 6

28 Montecosaro 7 7 5 1997 1

29 Montefano 7.5 7 7 1741 1 5 5

30 Montelupone 7 7 7 1943 1 2 5

31 Monte San Giusto 7 7 6.5 1741-

1943-97 5 1

32 Monte San Martino 8 8 7.5 1972 1 1 3

33 Morrovalle 7 7 6.5 1741-

1930-43 4 3

34 Muccia 9.5 9 8 1799 1 3 6 10

35 Penna San Giovanni 8 8 6.5 1943 4 3

36 Petriolo 7.5 7 6.5 1943-97 5 4

37 Pievebovigliana 9 8 7.5 1832 2 3 9

38 Pieve Torina 9.5 9 7.5 1832 1 8 7

39 Pioraco 9 9 8 1799 1 3 6 7

40 Poggio San Vicino 9 8 6 1997 1 4

41 Pollenza 8 7 6 1997 1 7

42 Porto Recanati 8 7 6 1930-43-72(2) 4

43 Potenza Picena 7 7 6 1943-87 2 6

44 Recanati 7.5 7 7 1741 1 3 4

45 Ripe San Ginesio 8.5 9 6 1943 1 5

46 San Ginesio 9 9 9 1799-1873 2 6 1 4 5

47 San Severino Marche 9 8 9 1799 6 3 3 8 15

48 Sant'Angelo in Pontano 8 8 6.5 1943 4 4

49 Sarnano 9 8 8.5 1799 2 1 5 9

50 Sefro 9.5 9 7 1997 2 2 10

51 Serrapetrona 9 9 9 1799 1 7 6

52 Serravalle di Chienti 10 10 10 1279 1 1 6 6 8 7

53 Tolentino 8.5 8 7 1951 1 10 8

54 Treia 8 7 7 1972(2) 3 4 7

55 Urbisaglia 8 8 6 1943 1 5

56 Ussita 9.5 9 7 1730-1832-1951 8 12 8

57 Visso 10 10 10 1703 3 1 7 19 15 14

Tab. 6.7. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Macerata (vedi

didascalia di Tab. 6.2) .

Page 72: 4. Attività sismica

136

Al comune di Castelsantangelo sul Nera è stato da noi attribuito un valore di Imax=10,

notevolmente superiore a quello riportato nel Catalogo DBMI11 (Imax=7), tenendo conto del fatto

che questo comune è confinante con quello di Norcia, dove sono documentati risentimenti di I=11,

causati dal terremoto del 1703, nell’Appennino Umbro-Reatino.

I comuni di Colmurano e Ripe San Ginesio si trovano ad una distanza di circa 5-10 km dal

settore meridionale della zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9), e il comune di

Tolentino è adiacente ad essa. Quindi, per tali comuni viene proposta una Imax=8.5.

Poco più distante dalla suddetta zona (circa 10-15 km) sono localizzati i comuni di Loro

Piceno, Penna San Giovanni, Pollenza, Sant’Angelo in Pontano e Urbisaglia, a cui è attribuito il

valore di Imax=8. Per tali comuni i valori di Imax riportati dal Catalogo DBMI11, compresi tra

Imax=6 e 7, si riferiscono in maggioranza ai terremoti del 1741 o del 1943, più distanti da loro

(circa 20-30 km). In particolare, il comune di Tolentino ha risentito, con Imax=7, del terremoto di

Sarnano (1951, I=7), il quale è localizzato nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana. In questo

caso si è verificato che uno dei terremoti di minore intensità nella zona suddetta ha prodotto in un

comune situato a circa 15-20 km (Tolentino) una intensità pari a quella epicentrale, e quindi, nel

caso di un evento più intenso, come quelli che caratterizzano questa zona, i danni potrebbero essere

più rilevanti.

Il comune di Matelica, localizzato ad una distanza tra 15 e 30 km dal terremoto del 1279, nella

zona Dorsale Umbra (Camerino, I=9), ha risentito questo evento con Imax=7.5 (catalogo DBMI11).

Noi invece proponiamo il valore di Imax=9 tenendo conto che questo comune è in parte compresa

nella zona sismogenetica Dorsale Marchigiana (Imax=9).

Il comune di Poggio San Vicino fa interamente parte della suddetta zona sismogenetica, per cui

gli abbiamo attribuito il valore di Imax=9. Questo è notevolmente diverso dal valore di Imax

riportato nel catalogo DBMI11 (I=6), che però è dovuto al terremoto del 1997, localizzato ad una

distanza di circa 40 km da questo comune.

Il comune di Esanatoglia confina ad est con quello di Matelica, a cui è attribuita Imax=9, per i

motivi citati sopra, e ad ovest con quello di Fabriano (AN), che ha risentito con I=9.5 il terremoto

del 1751 (Appennino Umbro-Marchigiano, I=10). La localizzazione intermedia del comune di

Esanatoglia ci porta a ritenere che il suo valore di Imax non sia molto diverso da quello dei comuni

confinanti, e cioè Imax=9. Inoltre questo valore è anche giustificato dalla distanza del comune

considerato (5-15 km) dalla zona sismogenetica Dorsale Umbra, caratterizzata da Imax=10.

Quest’ultima considerazione può essere applicata anche ai comuni di Fiordimonte e

Pievebovigliana, ai quali, come il comune precedentemente esaminato, viene attribuita una Imax=9.

Lungo il bordo orientale della zona Dorsale Umbra (Imax=10) si trovano i comuni di Muccia,

Pieve Torina, Sefro e Ussita, per i quali viene assunta Imax=9.5. Due di essi (Muccia e Ussita) sono

adiacenti a comuni (rispettivamente Serravalle di Chienti e Visso) con risentimenti documentati di

I=10.

Per i comune di Fiuminata e Montecavallo si è assunto il valore di Imax=10, in quanto essi

sono in parte compresi nella zona sismogenetica Dorsale Umbra (Imax=10). Per tali comuni i

risentimenti documentati nel catalogo DBMI11 (Imax=8 e 7.5 rispettivamente) sono dovuti a

terremoti localizzati nella stessa zona sismogenetica, ma non i più intensi (1997, I=8.5 e I=7.5).

Per il comune di Montecosaro, il basso valore di Imax (I=5) riportato nel catalogo DBMI11 si

riferisce al terremoto del 1997 nella Dosale Umbra, ma si può ipotizzare un valore più elevato a

causa della presenza di altri forti terremoti a distanze più ravvicinate, come quelli della zona

Dorsale Marchigiana o del 1943 nelle Marche meridionali-Abruzzo. Quest’ultimo evento, in

particolare, ha provocato risentimenti di I=7 in un comune (Montelupone), situato a distanza

leggermente più elevata di quello in esame (Montecosaro), suggerendo quindi di attribuire a

quest’ultimo una Imax=7.

Infine, per il comune costiero di Porto Recanati, la Imax che noi proponiamo (I=8) tiene conto

del fatto che il settore settentrionale di tale comune è adiacente alla zona sismogenetica Anconetano

(Imax=8.5) e confina con un comune (Numana, AN), che ha risentito i forti terremoti di questa zona

Page 73: 4. Attività sismica

137

(1269, 1930) con I=8.

Provincia di Pesaro-Urbino

Le frazioni da cui è stato preso il dato di intensità massima riportato nella colonna DB in

Tab.6.8 sono indicate tra parentesi dopo il comune di appartenenza: Acqualagna (San Lorenzo in

Canfiagio), Auditore (Castelnuovo), Belforte all’Isauro (Torriola), Cagli (Monte l’Abbate, Naro),

Cantiano (Ara Vecchia, Chiaserna, Palcano), Fossombrone (Montalto Tarugo), Gradara (Fanano,

Granarola), Isola del Piano (Castelgagliardo), Mercatello sul Metauro (Pieve dei Graticcioli, San

Cristoforo), Mondavio (Sant’Andrea di Suasa), Montefelcino (Montemontanaro), Montelabbate

(Montecchio), Pergola (Fenigli, Montaiate, Montevecchio), Pesaro (Boncio, Casteldimezzo,

Fiorenzuola di Focara, Montecorbino), Piandimeleto (Santa Maria, Viano), San Giorgio di Pesaro

(Montecucco), Sant’Angelo in Lizzola (Montecchio), Sant’Angelo in Vado (Sant’Andrea), Urbania

(Montiego, Ravignana Vecchia).

Pesaro-Urbino Intensità massima Numero di risentimenti (da DBMI11)

N Comune NP MO DB Anno ≥11 10≤I<11 9≤I<10 8≤I<9 7≤I<8 6≤I<7 5≤I<6

1 Acqualagna 9.5 10 9.5 1781 1 2 2 1 3

2 Apecchio 10 9 9 1389-1781 2 3 1 1 5

3 Auditore 8 7 8 1672 1 2 3

4 Barchi 8 7 7 1727-41 2 1

5 Belforte all'Isauro 8 8 7 1781 1 3

6 Borgo Pace 9 8 6 1897 1 6

7 Cagli 10 10 9.5 1781 3 6 16 3 11

8 Cantiano 9 9 9 1781 3 3 4 3 10

9 Carpegna 7.5 8 5 1987-97(2) 3

10 Cartoceto 7.5 8 7 1916-30 3 4 7

11 Colbordolo 8 8 7.5 1916 1

12 Fano 8 8 8 1303 1 6 9 3

13 Fermignano 8.5 10 7 1727-81 4 1 3

14 Fossombrone 8.5 9 8.5 1781 1 3 2 8

15 Fratte Rosa 8.5 9 8.5 1741-81 2 1

16 Frontino 8 8 7 1781 1 1 2

17 Frontone 9 9 8 1781 1 2 2 3

18 Gabicce Mare 8 8 8 1916 2 2 1 1

19 Gradara 8 8 8 1916 2 3 1

20 Isola del Piano 8 8 7 1781 1 1 5

21 Lunano 8 8 7.5 1781 1 5

22 Macerata Feltria 8 7 5 1997(3)-2000-01 5

23 Mercatello sul Metauro 9 9 8.5 1781 3 5 9

24 Mercatino Conca 8 8 5 2000 1

25 Mombaroccio 7.5 7 7 1672-

1916-30 3 3

26 Mondavio 8 8 7 1781-1930 2 8 3

27 Mondolfo 8 8 8 1930 2 3 2 2

28 Montecalvo in Foglia 8 7 5 1948-97(2) 3

29 Monte Cerignone 7.5 7 4 1948-87

30 Monteciccardo 7.5 8 7 1875-1916 2 2 2

31 Montecopiolo 7.5 7 5 1987 1

32 Montefelcino 7.5 8 6.5 1781 1 3

33 Monte Grimano Terme 7.5 7 5 1998 1

34 Montelabbate 8 7 7.5 1930 3 4

35 Montemaggiore al Metauro 7.5 8 3.5 2001

36 Monte Porzio 7.5 8 6.5 1930 1 1

37 Orciano di Pesaro 7.5 7 6.5 1727-41 5 3

38 Peglio 9 10 7 1781 1 5

39 Pergola 8.5 9 8.5 1781 6 8 8 5

40 Pesaro 8 8 8 1916 4 16 11 10

41 Petriano 8 7 7 1916 2 4 8

42 Piagge 7.5 8 5.5 1998 2

43 Piandimeleto 8 8 7 1781 2 2

44 Pietrarubbia 8 7 5 1997-2000 4

Page 74: 4. Attività sismica

138

45 Piobbico 10 10 10 1781 2 1 2 4

46 Saltara 7.5 8 7 1916-30 3 3 3

47 San Costanzo 8 8 8 1930 1 1 4 6

48 San Giorgio di Pesaro 7.5 8 7.5 1916 1 1

49 San Lorenzo in Campo 8 9 7.5 1741-81 7 3 2

50 Sant'Angelo in Lizzola 8 7 7.5 1930 1 1 4

51 Sant'Angelo in Vado 10 10 9 1781 1 7 3 2 6

52 Sant'Ippolito 8.5 9 8.5 1781 1 2 2 2

53 Sassocorvaro 8 8 7 1781 1 6

54 Sassofeltrio 8 7 4 1987-2001

55 Serra Sant'Abbondio 8.5 9 8.5 1781 2 1 2 6

56 Serrungarina 7.5 8 7 1916 1 2

57 Tavoleto 8 7 4.5 1997(2)-98-2000

58 Tavullia 8 8 7 1916 1 4

59 Urbania 10 10 10 1781 2 2 2 2 6 8

60 Urbino 8.5 8 8 1741 1 4 11 8

Tab. 6.8. Intensità massima e altre informazioni macrosismiche per i comuni della Provincia di Pesaro-Urbino (vedi

didascalia di Tab.6.2 ) .

Nel comune di Borgo Pace è stato da noi proposto un valore di Imax=9, superiore a quello

documentato nel catalogo DBMI11 (Imax=6), in quanto questo comune è adiacente alla zona

sismogenetica Alta Valtiberina (Imax=9.5). Nel comune di Carpegna, così come in quelli di Monte Cerignone e Montecopiolo, i

risentimenti riportati nel catalogo DBMI11 (Imax=4 oppure 5) sono molto più bassi rispetto a quelli

che noi abbiamo assunto (Imax=7.5) tenendo conto della localizzazione di tali comuni, circa 25-30

km a nord dell’epicentro del terremoto del 1781 (Cagliese, I=10). Nonostante in questo settore, a

nord della Valle del Metauro, il terremoto del 1781 abbia dato luogo a intensità raramente superiori

a I=7, si può notare che, invece, i comuni ad est dell’epicentro hanno risentito di Imax=8.5 ad una

distanza da 20 a 35 Km (comuni di Fossombrone, Fratte Rosa, Sant’Ippolito), cioè di danni

addirittura superiori a quelli attesi in base alle leggi di attenuazione. Anche se ancora non sono

chiari i motivi di questa amplificazione degli effetti, questa evidenza ci induce a ritenere che i valori

di Imax nei comuni a nord dell’epicentro potrebbero essere sottostimati.

Tenendo sempre conto della distanza dall’epicentro del terremoto del 1781, nei comuni di

Macerata Feltria e Pietrarubbia, localizzati a circa 20-25 km dal suddetto evento, il valore da noi

proposto è Imax=8, notevolmente superiore a quello riportato dal catalogo DBMI11 (Imax=5),

riferito ad altri terremoti (1997, 2000,2001, vedi Tab.6.8).

Nei comuni di Fermignano e Peglio, distanti circa 10-15 km dal terremoto del 1781, il valore

documentato di Imax=7 (catalogo DBMI11) sembra essere poco compatibile con i risentimenti

provocati dallo stesso terremoto nell’adiacente comune di Urbania (Imax=10); per questi comuni è

stata quindi assunta una Imax=9.

I comuni di Mercatino Conca, Montecalvo in Foglia, Monte Grimano Terme, Sassofeltrio e

Tavoleto (valori del catalogo DBMI11 compresi tra Imax=4 e 5) sono tutti localizzati vicino alla

zona sismogenetica Riminese ed in particolare al terremoto del 1672 (I=8). Poiché la loro distanza

dal suddetto terremoto è paragonabile a quella del comune di Auditore, dove tale evento è stato

risentito con I=8, abbiamo attribuito ai comuni considerati lo stesso valore di Imax=8.

Nei comuni di Montemaggiore al Metauro e Piagge, i valori riportati nel catalogo DBMI11

(rispettivamente Imax=3.5 e 5.5) sono stati da noi aumentati a Imax=7.5. Qusta scelta tiene conto

del fatto che tali comuni sono circa alla stessa distanza di quello di San Giorgio di Pesaro dal

terremoto del 1916 (Alto Adriatico, I=8), dove tale evento è stato risentito con I=7.5.

Una sintesi in colore delle Imax da noi proposte per i comuni dell’Umbria e delle Marche

(colonne NP delle tabelle precedenti) è mostrata nella figura 6.2. Il confronto tra questa carta e

quella con i valori del catalogo DBMI11, riportati nelle colonne DB delle tabelle (Fig. 6.3), aiuta a

capire come la nostra proposta sia influenzata dalle implicazioni del quadro tettonico e da

Page 75: 4. Attività sismica

139

un’accurata analisi della coerenza interna e delle probabili lacune delle informazioni macrosismiche

per i vari comuni.

Per comodità del lettore e anche per rendere più semplice il confronto con la stima di

pericolosità fatta per le due regioni adiacenti, già considerate in studi analoghi precedenti, la fig. 6.4

illustra il quadro complessivo delle stime ottenute per le quattro regioni in oggetto.

Fig.6.2. Intensità massima MCS assegnata ai comuni dell’Umbria e delle Marche in base alla procedura descritta nel

testo (valori indicati nelle colonne NP delle tabelle 6.2-6.8). Il numero riportato in ogni comune corrisponde a quello

indicato nelle tabelle suddette.

Page 76: 4. Attività sismica

140

Fig.6.3. Sintesi in colore delle Imax MCS dei comuni dell’Umbria e delle Marche, prese dal Catalogo di dati

macrosismici DBMI11 (Locati et alii, 2011); i valori sono indicati nelle colonne DB delle tabelle 6.2-6.8. Il numero

riportato in ogni comune corrisponde a quello indicato nelle tabelle suddette.

Page 77: 4. Attività sismica

141

Fig.6.4. Sintesi in colore delle Imax MCS assegnate ai comuni della Toscana (Mantovani et alii, 2012), dell’Emilia-

Romagna (Mantovani et alii, 2013) e dell’Umbria e delle Marche (questa pubblicazione, figura 6.1).

Page 78: 4. Attività sismica

142

7. Precedenti stime dell’intensità massima e considerazioni su

pericolosità e classificazione sismica

Un ampio resoconto dell’evoluzione dei criteri adottati in Italia per la stima della pericolosità e

per la classificazione sismica è riportata in Mantovani et alii (2013), cui si rimanda per i dettagli ed

i riferimenti. Ulteriori informazioni per l’Umbria e le Marche possono essere reperite nei rispettivi

siti regionali (http://www.rischi.regione.umbria.it/mediacenter/FE/home.aspx e

http://rischiosismico.regione.marche.it/web/).

Le due Regioni in oggetto hanno visto ripetute modificazioni della classificazione sismica, tra

cui ricordiamo quella del 1937, del 1962 e del 1983 (Gasparini et alii, 1984). Nell’ultima revisione

citata l’intensità massima osservata in un dato comune (Imax) era considerata vincolante per

attribuire il comune stesso ad una delle due categorie sismiche allora previste. La validità della

procedura era peraltro inficiata dalle limitazioni del catalogo sismico allora disponibile (Carrozzo et

alii, 1973), relativo al periodo 1000 d.c.-1969, e caratterizzato da stime antiquate, ampie incertezze,

errori e lacune. In effetti, circa il 60% dei comuni italiani risultava non classificato (Gasparini et

alii, 1984).

Un altro tentativo in questa direzione è il rapporto di Molin et alii (1996), elaborato per conto

della Protezione Civile, che assegnava un valore di Imax a ciascun comune italiano. Tale valore

risultava dalla combinazione del “giudizio esperto” degli autori, da considerazioni di coerenza con

le Imax attribuite ai comuni vicini e dall’uso di relazioni empiriche di attenuazione dell’intensità

macrosismica con la distanza dall’epicentro.

Per quanto riguarda l’Umbria (Fig. 7.1), gli Autori suddetti attribuivano Imax elevate (pari a 8,

9 o ≥10 MCS) a 60 dei 92 comuni, compresi i due capoluoghi di provincia. Valori di Imax pari o

superiori al 10° MCS erano attribuiti a comuni situati all’estremo nord della regione (S. Giustino in

Alta Valtiberina), ad est di Perugia (Gualdo Tadino) e, in particolare, nel settore sudorientale del

territorio regionale, tra la Valle Umbra, la Val Nerina ed i Monti Sibillini (Arrone, Campello sul

Clitunno, Cannara, Cascia, Cerreto di Spoleto, Ferentillo, Foligno, Monteleone di Spoleto,

Montefranco, Norcia, Poggiodomo, Polino, Preci, Sant’Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano,

Spoleto, Trevi e Vallo di Nera). I comuni citati erano circondati da una fascia con Imax=9 MCS,

mentre alle porzioni centrale ed occidentale della regione, attorno alla Media e Bassa Val Tiberina,

erano attribuite Imax non superiori ad 8 MCS.

Fig. 7.1. Carta delle intensità massime MCS stimate per l’Umbria (a sinistra) e per le Marche (a destra) da Molin et

alii (1996). Sono indicati i confini e le sigle dei capoluoghi di provincia (si veda il sito http://emidius.mi.ingv.it/ per le

informazioni relative ai singoli comuni).

Page 79: 4. Attività sismica

143

Nelle Marche (Fig. 7.1), gli Autori suddetti attribuivano Imax considerevoli (pari ad 8, 9 o ≥10

MCS) a 168 dei 246 comuni, compresi i capoluoghi provinciali eccetto Macerata ed il capoluogo

della futura provincia di Fermo. Intensità massime pari o superiori al 10° MCS erano proposte per

comuni del Pesarese (Acqualagna, Cagli, Fermignano, Peglio, Piobbico, Sant’Angelo in Vado e

Urbania), dell’Anconetano (Fabriano) e del Maceratese (Serravalle di Chienti e Visso). In generale,

il settore occidentale prossimo al confine con l’Umbria era caratterizzato da Imax ben più elevate

rispetto ai settori pedemontano e costiero (con l’eccezione di Senigallia con Imax=9° MCS).

La proposta di Molin et alii (1996) presentava una certa continuità nella distribuzione

territoriale dell’intensità massima, che evitava salti bruschi tra comuni adiacenti, sempre difficili da

giustificare. I valori di Imax attribuiti ai comuni, inoltre, sono spesso più elevati rispetto a quanto

riportato nelle storie sismiche più aggiornate (catalogo DBMI11 di Locati et alii, 2011). Occorre

infine osservare che l’elaborazione di Molin et alii (la cui descrizione completa è consultabile al sito

http://emidius.mi.ingv.it/) non precisa i motivi che hanno condotto alla scelta della Imax per ciascun

comune, in particolare non è chiaro il ruolo che hanno giocato la conoscenza del contesto sismo-

tettonico e le personali convinzioni degli autori su questo aspetto. Inoltre, i dati considerati in quel

rapporto provenivano da fonti distinte, costruite con criteri differenti (Camassi et alii, 2000). Per

superare tali difficoltà, negli ultimi tre decenni è stata condotta una progressiva revisione della

storia sismica, che ha portato a cataloghi presumibilmente sempre più accurati ed affidabili, creando

le condizioni per determinazioni più realistiche dell’intensità massima (e.g., Stucchi et alii, 2007;

Locati et alii, 2011; Rovida et alii, 2011).

Dopo il tentativo sopra descritto, si è aperta una nuova fase nella valutazione dell’intensità

massima, legata all’adozione di procedure probabilistiche per la stima della pericolosità sismica. Gli

Enti di ricerca preposti hanno infatti ufficialmente adottato la metodologia Probabilistic Seismic

Hazard Assessment (PSHA), derivata dai lavori di Cornell (1968) e McGuire (1978) con vari

adattamenti e modifiche, di cui una sintesi è riportata in Mantovani et alii (2011, 2012a,b e 2013).

Questo approccio di solito è usato per valutare il livello di scuotimento sismico del terreno atteso

nel prossimo futuro in termini di Peak Ground Acceleration (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004).

Tuttavia, il risultato dell’analisi suddetta può essere espresso anche in termini di intensità massima

attesa (e.g., Slejko et alii, 1998; Albarello et alii, 2000, 2002; Gomez Capera, 2006; Gomez Capera

et alii, 2007, 2008, 2010). Il valore stimato con la procedura probabilistica è l’accelerazione

orizzontale o l’intensità MCS che ha solo una modesta probabilità (di solito 10%) di essere superata

nei prossimi decenni (di norma 50 anni).

Nell’ambito delle procedure probabilistiche è opportuno distinguere tra due approcci differenti,

descritti da Gomez Capera et alii (2010) cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Il primo tipo

di approccio (e.g. Slejko et alii, 1998) stima l’intensità massima mediante la procedura PSHA, che

prevede una serie di operazioni, come la scelta del catalogo sismico, la definizione di zone

sismogenetiche, l’analisi di completezza del catalogo, la stima del tasso di sismicità, la valutazione

dei parametri della relazione Gutenberg-Richter tra numero e magnitudo dei terremoti e la scelta di

funzioni di attenuazione dell’intensità macrosismica con la distanza epicentrale (e.g. Gomez

Capera, 2006; Gomez Capera et alii, 2008). E’ evidente che la valutazione probabilistica dell’Imax

risente dei punti deboli della procedura PSHA, elencati nel capitolo 6 e discussi in Mantovani et

alii, (2011, 2012a,b, 2013). Basti ricordare che la procedura suddetta ipotizza la sostanziale

casualità dei terremoti e la completa indipendenza tra le sorgenti sismiche, nonostante che le faglie

responsabili siano fratture in un mezzo solido (la crosta terrestre) e quindi meccanicamente

connesse l’un l’altra (e.g., Stein, 1999; Scholz e Gupta, 2000; Freed, 2005; Steacy et alii, 2005; Lou

e Liu, 2010). Un’altro problema cruciale di questo approccio è legato alla zonazione sismogenetica,

che ha subito sensibili modifiche dalla proposta originaria (ZS4, Meletti et alii, 2000) al modello

adottato attualmente (ZS9, Meletti et alii, 2008). Quest’ultimo prevede per l’Appennino

settentrionale alcune fasce molto allungate in senso NO-SE, tra cui le zone 917, 918, 919 e 920 che

attraversano l’Umbria e la Marche (Fig. 7.2). Si può notare che nelle zone suddette la distribuzione

Page 80: 4. Attività sismica

144

degli epicentri dei terremoti è tutt’altro che uniforme. Per esempio, la porzione meridionale della

zona 918 (il settore esterno dell’Appennino centro-settentrionale) contiene molti meno eventi

sismici della porzione settentrionale. Anche la zona 920 presenta una sismicità poco rilevante,

eccetto che presso l’intersezione con le adiacenti zone 919 e 923. Inoltre, occorre sottolineare che

ciascuna della zone sismogenetiche suddette abbraccia differenti lineamenti tettonici (Basili et alii,

2008), essendo la lunghezza delle zone (dell’ordine del centinaio di chilometri) ben maggiore della

spaziatura media tra i lineamenti suddetti (dell’ordine della decina di chilometri), come risulta

evidente confrontando la zonazione sismotettonica (Fig. 6.2.3) con gli schemi tettonici presentati

nel Capitolo 1 (Figg. 1.4.1, 1.5.1 e 1.5.2).

Fig. 7.2. Zone sismogenetiche dell’Italia centro-settentrionale previste dal modello ZS9 (Meletti et alii, 2008), adottato

per la stima della pericolosità sismica con la procedura PSHA (Gruppo di Lavoro MPS, 2004). I quadrati identificano

l’ipocentro dei terremoti. In rosso è riportato il confine regionale dell’Umbria e delle Marche.

Il secondo tipo di procedura probabilistica per l’assegnazione della Imax è definito come

“approccio di sito” e consiste nell’analisi statistica dei risentimenti macrosismici documentati per

ciascuno dei capoluoghi comunali (e.g., Albarello et alii, 2002; Gomez Capera et alii, 2010). Il

principale merito di questo tipo di approccio è quello di evitare le difficoltà e gli artifici connesse

con la procedura PSHA, come la definione delle zone sismogenetiche, rimanendo legato al dato

primario, ossia il danneggiamento registrato nelle cronache storiche. C’è però da considerare che

tale impostazione incorpora nella stima di Imax le incertezze e incompletezze della documentazione

macrosisimica e che, essendo unicamente basata sulla storia sismica, non prende in considerazione

il fatto che possono esistere ulteriori sorgenti sismiche oltre a quelle attivate dai terremoti storici

conosciuti. Informazione che il nostro approccio tenta invece di ricavare dalle conoscenze

attualmente disponibili sull’assetto sismotettonico della regione italiana in generale e

dell’Appennino umbro-marchigiano in particolare.

I risultati delle due metodologie probabilistiche sopra descritte, relativi all’intero territorio

nazionale, alla Toscana ed all’Emilia-Romagna, sono discussi in Mantovani et alii (2012b, 2013)

Page 81: 4. Attività sismica

145

cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. Tali analisi mettono in evidenza che nell’arco di un

decennio l’applicazione della procedura PSHA ha prodotto risultati alquanto diversi in termini di

Imax attesa nelle stesse località (Albarello et alii, 2000, 2002; Gomez Capera et alii, 2010). Ciò

suggerisce che la procedura in oggetto è assai sensibile alla qualità e quantità dei dati sismologici e

macrosismici (ed al loro continuo aggiornamento), nonchè alla configurazione delle zone

sismogenetiche adottate. La situazione per l’area umbro-marchigiana è riassunta dalla figura 7.3.

Fig. 7.3. Particolari per l’area umbro-marchigiana delle carte di pericolosità sismica ottenute con la procedura PSHA.

Tali carte sono espresse in termini dell’intensità macrosismica massima attesa (scala MCS come indicato dalla legenda

a fianco di ogni figura). I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla

realizzazione della carta. A) Carta di Albarello et alii (2000). Sono indicati i confini provinciali ed i relativi capoluoghi

(AN=Ancona, AP=Ascoli Piceno, MC=Macerata, PS=Pesaro, PG=Peru-gia, TN=Terni). I poligoni indicano le zone

sismogenetiche del modello ZS4 adottato per la stima PSHA (Meletti et alii, 2000). B) Carta di Albarello et alii (2002).

Anche per questo prodotto è stato usata la zonazione sismogenetica ZS4. C) Carta di Gomez Capera et alii (2010). Per

ottenere questa carta è stata adottata la zonazione sismogenetica ZS9 (Meletti et alii, 2008), indicata nella figura 7.2.

Page 82: 4. Attività sismica

146

Si può notare, per esempio, che nelle tre rappresentazioni la forma del dominio corrispondente

alla Imax = 9° MCS subisce un notevole cambiamento. Nella prima carta (Fig. 7.3a) tale dominio

comprende il settore sudorientale della provincia di Perugia e la porzione meridionale della

provincia di Macerata. Nella seconda carta (Fig. 7.3b), il dominio in oggetto abbraccia il lembo

orientale della provincia di Terni, circa un terzo della provincia di Perugia, gran parte della

provincia di Macerata e la metà occidentale della provincia di Ascoli Piceno. Infine, nella terza

mappa (Fig. 7.3c), il dominio suddetto si riduce ad un piccolo settore presso il punto d’incontro tra

le province di Perugia ed Ascoli Piceno. Commenti simili si potrebbero fare anche per la

distribuzione nelle tre mappe degli altri valori di Imax. C’è anche da notare che in nessuna delle

rappresentazioni mostrate in figura 6.3.3 è assegnata Imax=10° MCS all’area umbro-marchigiana.

Ciò costituisce una differenza rilevante rispetto alle carte di Molin et alii (1996), dove tale valore di

Imax è suggerito per molti comuni dell’Umbria e delle Marche (Fig. 7.1).

Un’ ulteriore ambiguità delle valutazioni probabilistiche è messa in evidenza dal confronto tra i

risultati della metodologia PSHA e quanto ottenuto dal cosiddetto “approccio di sito”. Le carte di

pericolosità ottenute con quest’ultima procedura (Fig. 7.4) sono infatti piuttosto diverse dai

corrispondenti prodotti PSHA, illustrati in figura 7.3.

Fig. 7.4. Particolari per l’area umbro-marchigiana delle carte di pericolosità sismica ottenute con la procedura

probabilistica detta “approccio di sito”. Le carte sono espresse in termini dell’intensità macrosismica massima attesa

(scala MCS come indicato dalla legenda). I valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni

successivi alla realizzazione della carta. A) Carta di Albarello et alii (2002). B) Carta di Gomez Capera et alii (2010).

Sono indicati i confini regionali e provinciali.

Confrontando le figure 7.3b e 7.4a (tratte da Albarello et alii, 2002), si nota una ben diversa

distribuzione dell’intensità massima attesa corrispondente al 9° MCS. Mentre nella carta PSHA il

dominio in oggetto si estende senza interruzioni a parte delle province di Perugia, Macerata ed

Page 83: 4. Attività sismica

147

Ascoli Piceno, nel risultato dell’approccio di sito si ha un insieme di piccole zone separate e

distribuite anche nella provincia di Ancona e di Pesaro, ove si raggiunge l’Imax=10° MCS nell’area

di Cagli. Considerazioni analoghe valgono anche per il confronto tra i prodotti più recenti, tratti da

Gomez Capera et alii (2010) e riportati nelle figure 7.3c e 7.4b.

Riassumendo, le procedure probabilistiche hanno prodotto carte di pericolosità che presentano

fra loro significative differenze (Figg. 7.3 e 7.4), come anche rispetto ai risultati di approcci

metodologicamente diversi (Fig. 7.1).

Sulla base di quanto esposto sopra, il lettore può confrontare la distribuzione dell’intensità

massima proposta in questo lavoro (Fig.6.2), che tiene conto dell’assetto sismotettonico mediante le

zone sismiche definite nel Capitolo 5, con i precedenti tentativi (Figg. 7.1, 7.3 e 7.4).

Le differenze tra i risultati ottenuti dall’approccio qui proposto e i più recenti, tra quelli citati

sopra, ottenuti dalla procedura statistica PSHA (Gomez Capera et alii, 2010, Fig.7.3c) sono messe

in evidenza nella figura 7.5.

Fig. 7.5. Confronto tra la carta delle intensità massime attese proposta in questo lavoro (colori indicati in legenda) e

la distribuzione delle Imax ottenute con la metodologia PSHA (Gomez-Capera et al., 2010). Per evitare confusione

nella figura, le zone previste dalla carta PSHA (Fig.7.3c) sono indicate da retini, su cui è riportata la Imax relativa.

Vedi commenti nel testo.

Page 84: 4. Attività sismica

148

Il confronto illustrato in figura 7.5 consente di fare alcune considerazioni:

- Nella maggior parte delle due Regioni qui considerate la carta PSHA prevede una bassa

probabilità (<10%) che l’Intensità 8 ( e anche 7 in alcune zone) sia superata nei prossimi 50 anni.

Solo per una piccola area compresa tra le province di Perugia (comuni di Cascia e Norcia) e Ascoli

Piceno (comuni di Arquata del Tronto e, in piccola parte, Acquasanta Terme) l’intensità massima

attesa sale a 9.

- E’ opportuno ricordare che un’intensità 8 implica danni limitati agli edifici, senza crolli delle

strutture (e quindi vittime), se non nei casi in cui gli edifici coinvolti abbiano una debolezza

superiore al normale. Quindi se il pericolo sismico fosse veramente questo significherebbe che per i

prossimi 50 anni gli interventi da fare sugli edifici non sarebbero poi così impegnativi. In

particolare, una persona che viva in un edificio costruito in epoca abbastanza recente non dovrebbe

temere di rimanere sepolto sotto le macerie. Purtroppo però, è molto difficile credere che il

problema sia così limitato. Questa preoccupazione è alimentata dal fatto che nella zona interessata

sono avvenute in passato scosse di intensità molto superiore a quelle previste dalle carte attuali, con

danni rilevati molto più gravi.

Uno potrebbe scacciare questo timore se ci fossero delle solide ragioni per ritenere molto

affidabile la procedura PSHA. Ma questa speranza purtroppo svanisce se si considerano tutte le

limitazioni di questa metodologia, discusse in precedenza. Alla luce di queste difficoltà, la cosa più

ragionevole e onesta che la comunità scientifica e le autorità responsabili possono fare è informare i

cittadini sulla reale potenzialità delle zone sismogenetiche nella zona di interesse, cioè dire

esattamente quello che potrebbe succedere, al di là di complicate e arbitrarie analisi statistiche. La

carta da noi proposta cerca di fornire questo tipo di informazione.

- Si può notare che la forma della zona dove la procedura PSHA prevede I=9 è condizionata dalla

geometria della zonazione adottata (Fig.7.2), che presenta aspetti poco comprensibili, Per esempio,

il confine tra due zone sismogenetiche (le zone 919 e 923) divide arbitrariamente in due settori la

fascia dove sono avvenuti i forti terremoti della dorsale umbro-marchigiana. Nella nostra ipotesi,

invece, la dorsale è considerata una zona sismogenetica omogenea (zona 5 in Fig. 5.2) sia per

meccanismo tettonico che per intensità dei terremoti storici (per esempio: 1279, I=9; 1328, I=10;

1730, I=9; 1741, I=9; 1751, I=10). Inoltre, a pochi km di distanza dal suo margine occidentale,

parallelamente alla zona 5, è localizzata la Valle Umbra, anch’essa sede di forti terremoti (per

esempio quello del 1832, I=10). Per questi motivi si è ritenuto opportuno attribuire a tutti i comuni

appartenenti a queste zone o a quelli interposti tra esse un valore di Imax=10.

- La carta della Imax proposta in questo lavoro risente in modo marcato degli effetti del terremoto

avvenuto nel Cagliese nel 1781 (I=10). Questo evento è stato risentito con intensità comprese tra

I=8-9 e 10 in una vasta area, comprendente quasi tutta la parte meridionale della provincia di

Pesaro-Urbino, a sud della Valle del Metauro. Gli effetti di questo terremoto sono ben documentati

e quindi non si può trascurare la possibilità che una scossa di queste dimensioni possa ripetersi nel

prossimo futuro. Nella nostra analisi, abbiamo assunto che la zona sismogenetica Cagliese sia

distinta da quella della Dorsale Marchigiana (Fabrianese-Appennino marchigiano, Imax=9), sia

perché le due zone riguardano fronti di sovrascorrimento non allineati tra loro (la zona del Cagliese

è più vicina alla zona appenninica in distensione), sia perché sono morfologicamente separate da

bacini intra-Appenninici di età Tortoniano-Messiniano, come quello di Matelica-Camerino. Infine è

necessario considerare che le Imax dei terremoti avvenuti nella Dorsale Marchigiana sono più

basse (I=9). Secondo la zonazione adottata nella procedura PSHA, invece, le due zone citate fanno

parte di un’unica zona (918 in Fig.7.2), che si estende molto più a sud, fino alla Maiella. La carta

PSHA prevede quindi una intensità massima uniforme (I=8) per la maggior parte del territorio

marchigiano oltre che, come si è discusso in precedenza, per quello umbro, prevedendo in molti casi

Imax più basse o molto inferiori a quelle risentite.

- Nella fascia costiera marchigiana a nord di Ancona, sono documentati dal catalogo DBMI11

risentimenti di Imax=8 e 8-9, come effetto di terremoti avvenuti nelle zone sismogenetiche

Page 85: 4. Attività sismica

149

dell’Anconetano (Imax=8-9) e Riminese (Imax=8). Tenendo conto di queste evidenze, e della

consapevolezza che il ripetersi di tali eventi non si può escludere, la nostra proposta sui valori di

Imax attesi ricalca quasi completamente i dati osservati. Nella carta PSHA, invece, i comuni della

fascia costiera sono inseriti nella zona dove sono previsti valori attesi di Imax=7.

- Nel settore nord-occidentale della provincia di Terni, la carta PSHA prevede un valore di I=7,

come in gran parte del settore interno della Toscana. La valutazione da noi proposta (Imax= 8

oppure 8-9) tiene conto dei forti terremoti avvenuti nella zona sismogenetica dell’Orvietano (zona 7

in Fig. 5.2), a cavallo tra Umbria e Lazio (1276, I=8; 1695, I=8-9). Nonostante ci sia un generale

accordo sul fatto che la zona interna della catena appenninica sia caratterizzata da un’attività

sismotettonica più limitata rispetto alla parte assiale della catena appenninica, è opportuno non

trascurare il possibile ruolo di alcune zone sismiche, come ad esempio quella Orvietana, che

evidenziano caratteristiche strutturali peculiari, come discusso nel capitolo 5, e permettono di

individuare aspetti locali della pericolosità sismica, non considerati dalla procedura PSHA.

Classificazione sismica attuale delle Marche e dell’Umbria

La classificazione sismica ufficialmente adottata da queste due Regioni è fondata sul livello di

scuotimento del terreno (Peak Ground Acceleration = PGA, come descritto nella normativa

vigente), in base al quale sono definite le classi sismiche di riferimento. Nel dettaglio, le zone

sismiche 1, 2, 3 e 4 sono separate dai valori di PGA = 0.25g, 0.15g e 0.05g (Ordinanza del

Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28/4/2006). L’attuale classificazione sismica

deriva dalla carta di pericolosità elaborata con la procedura PSHA (Fig. 7.6), che riporta i valori di

PGA (riferiti a suoli rigidi) che hanno il 10% di probabilità di essere superati nei prossimi 50 anni

(Gruppo di Lavoro MPS, 2004).

Fig. 7.6. Particolare per l’area umbro-marchigiana della carta di pericolosità sismica ottenute con la procedura PSHA

(Gruppo di Lavoro MPS, 2004). La carta è espressa in termini della PGA attesa, secondo la scala indicata a destra. I

valori riportati hanno la probabilità del 10% di essere superati nei 50 anni successivi alla realizzazione della carta.

Sono indicati i confini regionali.

Si può notare che la distribuzione dei valori attesi di PGA segue fedelmente la configurazione

delle zone sismogenetiche adottate (Fig. 7.2), come discusso sopra. Tale elaborato è stato usato dai

competenti organi regionali per definire la classificazione sismica su base comunale, come indicato

in figura 7.7.

Page 86: 4. Attività sismica

150

Fig. 7.7. Classificazione sismica dell’Umbria (a sinistra) e delle Marche (a destra). Per l’Umbria il documento di

riferimento è la deliberazione della Giunta Regionale n. 1111 del 18/9/2012 (Bollettino Ufficiale della Regione Umbria

n. 43 del 3/10/2012, supplemento 3). Le zone sismiche 1, 2 e 3 sono identificate rispettivamente da grigio scuro, grigio

chiaro e bianco (i valori di PGA che definiscono i confini tra le zone sono richiamati nel testo). Per le Marche la

normativa è definita dalla deliberazione della Giunta Regionale 1046 del 29/7/2003, successivamente modificata dalla

deliberazione n. 136 del 17/2/2004. Le zone sismiche 1, 2 e 3 sono identificate rispettivamente da rosso, verde e celeste.

In Umbria, 18 comuni (circa il 20% del totale) sono classificati nella zona 1, 53 comuni (57%)

nella zona 2 e 21 comuni (23%) nella zona 3. Si nota che le zone 1 e 3 sono disposte nei settori

orientale ed occidentale della Regione. Nelle Marche, 6 comuni (circa il 3% del totale)

appartengono alla zona 1, 221 comuni (92%) alla zona 2 e 12 comuni (5%) alla zona 3. La zona 1

riguarda solo la porzione meridionale della provincia di Macerata, mentre la zona 3 è confinata alla

parte meridionale della zona costiera delle province di Fermo ed Ascoli Piceno.

Si deve osservare che l’attuale situazione normativa è tutt’altro che chiara, a seguito della

entrata in vigore delle procedure da seguire per la progettazione di nuovi manufatti (edifici, ponti,

strade, dighe ecc.), cioè le cosiddette Nuove norme tecniche per le costruzioni (Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti, Circolare 2 Febbraio 2009 n. 617). Tali norme impongono che

l’azione sismica sui manufatti debba essere valutata in base ai valori di PGA determinati per i punti

di un reticolo regolare che copre il territorio nazionale. Tali valori costituiscono la cosiddetta

“pericolosità di base”, che usata assieme ad altri parametri permette di determinare lo spettro di

risposta elastico in accelerazione, alla base della stima delle sollecitazioni indotte dal terremoto.

Tutti i parametri necessari per la determinazione dello spettro, attribuiti ai punti del reticolo

nazionale, sono elencati nell’Allegato B delle Norme tecniche. Pertanto, gli aspetti ingegneristici

della prevenzione del rischio sismico dipendono dalle indicazioni contenute nelle Norme tecniche

piuttosto che da quanto prevederebbe la carta della classificazione sismica. Quest’ultima, in effetti,

può essere usata per scopi amministrativi (pianificazione urbanistica, programmazione delle

verifiche sul rispetto della normativa e così via) ma non più per attività di progettazione e

consolidamento dei manufatti. Tuttavia, la separazione tra le normative di classificazione e

progettazione può portare a risultati inattesi, poiché la revisione dell’una e dell’altra spesso non

Page 87: 4. Attività sismica

151

avviene in modo sincrono. Un esempio è fornito dalla Regione Marche, quando si considerino i

valori di PGA per ogni comune elencati nell’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri

n. 3907 del 13/10/2010, che disciplina i contributi per la prevenzione del rischio sismico. Tali valori

sono riportati per ogni comune marchigiano nella figura 7.8, che mostra come il livello di

scuotimento associato alla classe sismica 1 (PGA>0.25) sia previsto solo per un comune (Arquata

del Tronto, in blu nella figura in oggetto). Ciò è in netto contrasto con quanto indicato nella carta

ufficiale della classificazione sismica (Fig. 7.7), dove i comuni di Castelsantangelo sul Nera, Monte

Cavallo, Muccia, Pieve Torina, Serravalle di Chienti e Visso rientrano nella classe 1 (ma non

Arquata del Tronto!). Il cambiamento dei valori di riferimento per lo scuotimento sismico,

intervenuto tra l’elaborazione della carta di classificazione (2003) e l’OPCM n.3907 (2010), implica

la riduzione della priorità per interventi sul patrimonio abitativo nei sei comuni sopra citati.

Fig. 7.8. Carta degli scuotimenti attributi ai comuni delle Marche (espressi in termini di PGA/g) dall’Ordinanza della

Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3907 del 13/10/2010 (Allegato 7). Gli intervalli del rapporto PGA/g indicati

dai colori giallo, arancio, rosso e viola appartengono alla zona sismica 2 (PGA/g tra 0.15 e 0.25). L’intervallo indicato

dal colore blu appartiene alla zona sismica 1 (PGA>0.25). L’unico comune che ricade nella zona sismica 1 è Arquata

del Tronto (modificato da Achilli, 2012).

La discussione precedente solleva il problema dell’eventuale confronto tra i risultati di questo

lavoro (valori di Imax) e le valutazioni della pericolosità sismica espresse in termini di scuotimento

ed usate dagli Enti preposti come stime ufficiali. Per esempio, la Peak Ground Acceleration (PGA)

Page 88: 4. Attività sismica

152

descrive il livello di scuotimento orizzontale del terreno ed identifica la cosiddetta “pericolosità di

base” quando riferita ad un suolo formato da roccia rigida (e.g., Romeo, 2007). Attualmente tale

informazione è ottenuta attraverso procedure probabilistiche (e.g., Gruppo di Lavoro MPS, 2004) e

quindi non è direttamente comparabile con l’intensità macrosismica, relativa al livello di

danneggiamento. Come ricordato nel Capitolo 6 ed in Mantovani et alii (2013), l’effetto del

terremoto sui manufatti è determinato dalla complessa interazione di vari fattori, tra cui lo

scuotimento del terreno e le sue caratteristiche spettrali, i possibili effetti locali di amplificazione

del moto sismico, l’interazione terreno-struttura e la tipologia costruttiva dei manufatti. Inoltre, la

trasformazione dell’intensità macrosismica in un dato rappresentativo dello scuotimento (come la

massima accelerazione, velocità o spostamento orizzontale) presenta numerose difficoltà concettuali

e pratiche, come discusso in Mantovani et alii (2013). Per esempio, mentre la stima dell’intensità

incorpora l’effetto di tutte le componenti del moto sismico, la pericolosità di base si riferisce al solo

scuotimento orizzontale. D’altra parte, è noto da tempo come la componente verticale del moto

sismico possa contribuire in modo significativo al danneggiamento dei manufatti (e,g,, Papazoglu

ed Elnashai, 1996; Collier ed Elnashai, 2001). Peraltro, accelerazioni verticali maggiori della PGA

orizzontale (e a volte superiori alla stessa accelerazione di gravità) sono state ripetutamente

registrate nel corso di forti terremoti in Italia ed all’estero, soprattutto in prossimità dell’epicentro

(e.g., Bouchon et al., 2000; Bozorgna e Campbell, 2004; Aoi et alii, 2008; Xie et alii, 2010; De

Nardis et alii, 2014).

Pertanto, la conversione delle intensità massime in valori di PGA ed il confronto dei risultati

ottenuti con le stime ufficiali di scuotimento potrebbero apparire come operazioni non ben definite.

Tuttavia, occorre ricordare che lo studio della correlazione tra le quantità suddette è da tempo

oggetto di numerose indagini (e.g., Ambraseys, 1975; Margottini et alii, 1992; Decanini et alii,

1995; Wald et alii, 1999; Faccioli e Cauzzi, 2006; Gomez Capera et alii, 2007b; Linkimer, 2008;

Ocola, 2008; Faenza e Michelini, 2010, 2011). Inoltre, riteniamo che sia interessante conoscere

come le stime di danneggiamento massimo atteso, ottenute in questo lavoro, si traducano in

determinati (per quanto approssimati) livelli di scuotimento sismico. Infatti, l’eventuale discrepanza

tra tali scuotimenti ed i valori di pericolosità di base (come i dati riportati nella sopra citata OPCM

3907) può fornire preziose indicazioni sui possibili effetti di amplificazione locale nei comuni

implicati. Ovviamente tali indicazioni rappresentano solo un primo elemento di valutazione,

possibile premessa alle ben consolidate procedure di microzonazione sismica (e.g., Gruppo di

Lavoro MS, 2008; Facciorusso, 2012). Tali metodologie permettono infatti di mettere in luce il

contributo di ciascuna delle possibili cause dell’amplificazione dello scuotimento (stratigrafici,

topografici e strutturali), nonchè di identificare eventuali variazioni laterali degli effetti di sito

all’interno del comune considerato.

Per quanto riguarda la conversione dell’intensità macrosismica in PGA, la mancanza di un

modello fisico plausibile implica che il solo approccio praticabile sia la determinazione di relazioni

empiriche, dedotte dalla correlazione tra dati macrosismici e misure accelerometriche (Gomez

Capera et alii, 2007b). Peraltro, tale correlazione sembra essere statisticamente piuttosto debole,

forse a causa della differente natura delle quantità coinvolte. Basti pensare che la PGA è una

grandezza fisica espressa da numeri collocati in un intervallo continuo, mentre la scala

macrosismica è formata da un insieme discreto di numeri interi. Inoltre, le misure accelerometriche

si riferiscono a siti specifici, mentre l’intensità è valutata su porzioni estese del territorio. A ciò si

aggiunga il fatto che la suddetta correlazione è praticabile solo per i terremoti più recenti, per i quali

disponiamo di entrambi i tipi di informazione. Ciò limita in modo notevole l’ampiezza della base di

dati, riducendo la significatività e la robustezza delle valutazioni.

Le difficoltà sopra accennate comportano che l’uso di differenti relazioni di conversione può

portare a valori di PGA alquanto diversi per lo stesso grado di intensità macrosisimica (e.g., Gomez

Capera et al., 2007b e riferimenti). In linea di massima, le relazioni empiriche più affidabili

dovrebbero essere quelle di più recente pubblicazione, in quanto si avvalgono di dati più numerosi e

controllati e di tecniche di elaborazione più efficaci. Dopo un’accurata analisi delle caratteristiche e

Page 89: 4. Attività sismica

153

delle limitazioni presentate dalle relazioni di conversione presenti in letteratura (un elenco

indicativo delle quali è riportato sopra), si è ritenuto opportuno adottare - almeno sino alla

pubblicazione di valutazioni più realistiche - la relazione denominata GOR-DB4, ottenuta da

Gomez Capera et alii (2007b) ed illustrata dalla formula seguente:

IPGALog 28.084.1)(10 +-=

I valori di PGA, stimati con tale formula per le intensità dal 5° all’11° MCS e divisi per

l’accelerazione di gravità (g), sono riportati in tabella 6.3.1. La sigla GOR (Generalized Orthogonal

Regression) si riferisce alla metodologia impiegata per ottenere la relazione in oggetto, che presenta

vantaggi significativi rispetto alle procedure usuali di regressione lineare. In particolare, adottando

la GOR i parametri della relazione lineare PGA-I risultano piuttosto stabili, ovvero poco sensibili ad

eventuali cambiamenti della base di dati usata. La sigla DB4 indica appunto l’insieme di dati

macrosismici ed accelerometrici impiegati per ottenere la relazione sopra indicata, relativi a 32

terremoti (3.8≤M≤7.4) avvenuti nella regione italiana e dintorni dal 1976 al 2005 (Gomez Capera et

alii, 2007b).

Intensità MCS PGA/g

5 0.037011

5-6 0.051089

6 0.070523

6-7 0.097348

7 0.134378

7-8 0.185494

8 0.256053

8-9 0.353452

9 0.487900

0.910 0.673489

10 0.929674

10-11 1.283308

11 1.771458

Tab. 7.1. Conversione dell’intensità macrosismica MCS in PGA, secondo la relazione empirica GOR-DB4 (Gomez

Capera et alii, 2007b), riportata nel testo.

Adottando la relazione sopra descritta si è proceduto alla conversione in PGA delle intensità

massime stimate per i comuni dell’Umbria e delle Marche (Capitolo 6). I risultati di tale operazione

sono elencati nelle tabelle dell’Appendice, relative alle varie province delle regioni suddette. Ogni

tabella riporta la stima di Imax per ciascun comune della provincia considerata, il valore di PGA/g

ottenuto mediante la tabella 7.1 e la PGA/g attribuita al comune dalla legislazione vigente (ossia la

pericolosità di base riportata nelle OPCM 3907/2010, 400772012 e OCDPC 52/2013). Per mettere

in evidenza l’eventuale discrepanza tra le differenti stime, i comuni sono ordinati in base al valore

decrescente del rapporto (R) tra il dato dedotto dalla Imax e la pericolosità di base.

I dati riportati nell’Appendice si prestano a diversi commenti. Il primo riguarda i casi in cui la

stima di PGA derivata da Imax è inferiore alla pericolosità di base ufficiale (R<1). Si tratta di una

minoranza di comuni (59 su 373, pari a circa il 16%); la proporzione di tali casi è relativamente

elevata solo nella provincia di Fermo (25 comuni su 32). Occorre premettere che nei comuni ove la

pericolosità di base è indicata come ≤0.125g, il valore di R potrebbe essere sensibilmente maggiore

di quello riportato in tabella, in quanto in quel caso le ordinanze ministeriali sopra citate non

specificano il valore numerico della PGA. Per quanto riguarda gli altri comuni in cui R<1, si può

notare che appartengono tutti a zone in cui la pericolosità sismica è ritenuta moderata o bassa.

Infatti, per tutti i comuni suddetti l’Imax stimata è al più 7°-8° MCS, mentre la pericolosità di base

Page 90: 4. Attività sismica

154

è sempre inferiore a 0.2g. Pertanto, si può affermare che la situazione R<1 coinvolge comuni in cui

la difesa dai terremoti è meno preminente rispetto ad altri rischi di tipo ambientale.

Assai più interessante è l’analisi dei casi in cui R>1, che spesso sono associati a valori elevati

di Imax (≥8° MCS) e della pericolosità di base (≥0.2g). Tenendo conto del numero elevato di tali

situazioni (oltre 300 comuni) e delle incertezze associate alla conversione della Imax in PGA (sopra

discusse), limiteremo i commenti ai casi più significativi, in cui R>2.

In Umbria si contano ben 69 comuni per cui R>2, dei quali 42 nella provincia di Perugia e 27

in quella di Terni. Inoltre, 24 comuni perugini presentano 3<R<4 (Assisi, Bastia Umbra, Bettona,

Campello sul Clitunno, Cerreto di Spoleto, Citerna, Foligno, Fossato di Vico, Giano dell'Umbria,

Gualdo Cattaneo, Gualdo Tadino, Monte Santa Maria Tiberina, Monteleone di Spoleto, Nocera

Umbra, Poggiodomo, Preci, Scheggino, Sant'Anatolia di Narco, Sellano, Spello, Spoleto, Trevi,

Vallo di Nera e Valtopina), mentre per 5 comuni si ha 4<R<5 (Bevagna, Cannara, Cascia, Castel

Ritaldi e Montefalco). Spicca su tutti il caso di Norcia con R≈7. In provincia di Terni si ha 3<R<4

per Ferentillo, mentre 4<R<5 per Arrone, Polino e Montefranco.

Nelle Marche si notano 57 casi in cui R>2 (6 per la provincia di Ancona, 5 per Ascoli Piceno, 1

per Fermo, 33 per Macerata e 12 per Pesaro-Urbino). In particolare, possiamo segnalare Fabriano

(R>3) nell’Anconetano, nonché Arquata del Tronto (R>4) e Montemonaco (3<R<4) nell’Ascolano.

In provincia di Macerata spiccano Castelsantangelo sul Nera, Cessapalombo, Monte Cavallo, Sefro

Serravalle di Chienti e Visso con 3<R<4, mentre per Fiuminata R>4. Infine, nella provincia di

Pesaro-Urbino sono da segnalare Acqualagna con 3<R<4, Apecchio, Cagli, Piobbico e Sant'Angelo

in Vado con 3<R<4 ed infine Urbania con R>5. Per tali comuni, la stima di Imax (e quindi la PGA

da essa ottenuta) dipende in modo cruciale dal forte terremoto del 3/6/1781 (Cagliese), che invece

sembra avere uno scarso effetto sulla valutazione della pericolosità di base.

Per concludere, suggeriamo ai competenti uffici delle Regioni considerate un possibile impiego

operativo dei dati riportati nell’Appendice. Come già sottolineato, solo approfondite indagini di

microzonazione sismica possono identificare con ragionevole accuratezza le eventuali cause di

amplificazione del moto sismico. Considerando il costo di tali indagini (in termini di tempo,

personale e denaro), si propone di concentrare l’attenzione e le risorse disponibili sui comuni che

presentano le più ampie discrepanze tra la stima di PGA da Imax e la pericolosità di base. In

particolare, per ciascuna provincia si consiglia di dare la priorità alle indagini di microzonazione

(sia nuove investigazioni che il completamento di studi già avviati) nei comuni, nominati nel testo,

per cui R>3. Successivamente si potranno considerare i casi per cui 2<R<3, poi i valori 1<R<2 e

così via sino a coprire tutti i comuni della provincia. In tal modo si avrebbe i vantaggio di ottenere

per prime le microzonazioni dei comuni in cui è plausibile attendersi i danneggiamenti più rilevanti

a causa dei futuri terremoti forti.

Page 91: 4. Attività sismica

155

Appendice

Seguono le tabelle con le informazioni sulla PGA, relative ai comuni delle province

dell’Umbria e delle Marche. Per ogni comune è riportata l’intensità massima attesa nella scala MCS

(Capitolo 6 di questo lavoro), il rapporto PGA/g ottenuto dal valore di Imax con la relazione GOR-

DB4 (Gomez Capera et alii, 2007b) e la cosiddetta “pericolosità di base” (OPCM 3907-2010, 4007-

2012 e OCDPC 52-2013). L’ultima colonna riporta il rapporto (R) tra le cifre indicate nella terza e

quarta colonna; i comuni sono ordinati in base al valore decrescente di R.

(Nota: l’elenco dei comuni si riferisce alla situazione precedente alla data del 1/1/2014, che ha

segnato l’entrata in vigore dell’accorpamento di alcuni territori comunali nelle Marche).

REGIONE UMBRIA

PROVINCIA DI PERUGIA

Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM)

R

Norcia 11 1.7715 0.25892 6.8418

Cascia 10 1.2833 0.25856 4.9633

Bevagna 10 0.92967 0.21827 4.2592

Montefalco 10 0.92967 0.22073 4.2119

Castel Ritaldi 10 0.92967 0.22100 4.2067

Cannara 10 0.92967 0.22133 4.2003

Gualdo Tadino 10 0.92967 0.23275 3.9944

Spello 10 0.92967 0.23388 3.9750

Assisi 10 0.92967 0.23401 3.9728

Trevi 10 0.92967 0.23528 3.9514

Nocera Umbra 10 0.92967 0.23539 3.9495

Valtopina 10 0.92967 0.23565 3.9452

Spoleto 10 0.92967 0.23751 3.9142

Scheggino 10 0.92967 0.24020 3.8705

Foligno 10 0.92967 0.24083 3.8602

Campello sul Clitunno 10 0.92967 0.24282 3.8287

Sellano 10 0.92967 0.24600 3.7791

Sant'Anatolia di Narco 10 0.92967 0.24747 3.7567

Vallo di Nera 10 0.92967 0.24767 3.7536

Poggiodomo 10 0.92967 0.25206 3.6883

Cerreto di Spoleto 10 0.92967 0.25237 3.6838

Preci 10 0.92967 0.25301 3.6744

Monteleone di Spoleto 10 0.92967 0.25413 3.6583

Gualdo Cattaneo 9 0.67349 0.19939 3.3778

Giano dell'Umbria 9 0.67349 0.19973 3.3720

Bettona 9 0.67349 0.21140 3.1858

Monte Santa Maria Tiberina 9 0.67349 0.21562 3.1235

Fossato di Vico 9 0.67349 0.22296 3.0207

Citerna 9 0.67349 0.22392 3.0078

Bastia Umbra 9 0.67349 0.22412 3.0051

San Giustino 9 0.67349 0.22836 2.9492

Città di Castello 9 0.67349 0.22910 2.9397

Valfabbrica 9 0.67349 0.23343 2.8852

Massa Martana 9 0.48790 0.17573 2.7764

Collazzone 9 0.48790 0.17778 2.7444

Deruta 9 0.48790 0.18330 2.6617

Torgiano 9 0.48790 0.20424 2.3888

Monte Castello di Vibio 8 0.35345 0.15863 2.2282

Page 92: 4. Attività sismica

156

Fratta Todina 8 0.35345 0.15971 2.2131

Todi 8 0.35345 0.16568 2.1334

Pietralunga 9 0.48790 0.23035 2.1181

Sigillo 8 0.35345 0.20593 1.7164

Umbertide 8 0.35345 0.22431 1.5757

Montone 8 0.35345 0.23118 1.5289

Marsciano 8 0.25605 0.16774 1.5265

Gubbio 8 0.35345 0.23247 1.5204

Scheggia e Pascelupo 8 0.25605 0.20509 1.2485

Costacciaro 8 0.25605 0.21309 1.2016

Piegaro 7 0.18549 0.15552 1.1927

Perugia 8 0.25605 0.23080 1.1094

Corciano 7 0.18549 0.19096 0.97138

Città della Pieve 7 0.13438 0.14972 0.89752

Paciano 7 0.13438 0.15129 0.88822

Castiglione del Lago 7 0.13438 0.15431 0.87084

Panicale 7 0.13438 0.15453 0.86960

Tuoro sul Trasimeno 7 0.13438 0.16221 0.82841

Lisciano Niccone 7 0.13438 0.17266 0.77826

Passignano sul Trasimeno 7 0.13438 0.17686 0.75978

Magione 7 0.13438 0.18746 0.71684

PROVINCIA DI TERNI

Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM)

R

Montefranco 10 0.92967 0.20051 4.6366

Arrone 10 0.92967 0.21087 4.4089

Polino 10 0.92967 0.22516 4.1289

Ferentillo 10 0.92967 0.23510 3.9544

Acquasparta 9 0.48790 0.17767 2.7462

Terni 9 0.48790 0.18708 2.6080

Porano 8 0.35345 0.14455 2.4452

Orvieto 8 0.35345 0.15012 2.3545

Avigliano Umbro 8 0.35345 0.15703 2.2509

Montecastrilli 8 0.35345 0.16049 2.2024

San Gemini 8 0.35345 0.16200 2.1818

Stroncone 8 0.35345 0.16999 2.0793

Castel Giorgio 8 0.25605 0.14411 1.7769

Castel Viscardo 8 0.25605 0.14435 1.7738

Ficulle 8 0.25605 0.14716 1.7400

Parrano 8 0.25605 0.14883 1.7205

Montecchio 8 0.25605 0.15207 1.6837

Guardea 8 0.25605 0.15315 1.6719

Baschi 8 0.25605 0.15329 1.6704

Otricoli 8 0.25605 0.15404 1.6623

Calvi dell'Umbria 8 0.25605 0.15411 1.6615

Amelia 8 0.25605 0.15420 1.6606

San Venanzo 8 0.25605 0.15619 1.6393

Narni 8 0.25605 0.16069 1.5934

Allerona 7 0.18549 0.14445 1.2841

Fabro 7 0.18549 0.14632 1.2677

Alviano 7 0.18549 0.14815 1.2521

Giove 7 0.13438 0.14474 0.92839

Penna in Teverina 7 0.13438 0.14491 0.92733

Attigliano 7 0.13438 0.14538 0.92434

Monteleone d'Orvieto 7 0.13438 0.14788 0.90870

Lugnano in Teverina 7 0.13438 0.14883 0.90290

Montegabbione 7 0.13438 0.15045 0.89316

Page 93: 4. Attività sismica

157

REGIONE MARCHE

PROVINCIA DI ANCONA

Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM)

R

Fabriano 0.910 0.67349 0.21094 3.1928

Serra San Quirico 9 0.48790 0.17528 2.7835

Mergo 9 0.48790 0.17542 2.7813

Genga 9 0.48790 0.17579 2.7754

Cerreto d'Esi 9 0.48790 0.17834 2.7358

Rosora 8-9 0.35345 0.17575 2.0111

Arcevia 8-9 0.35345 0.17720 1.9946

Sirolo 8-9 0.35345 0.17779 1.9880

Numana 8-9 0.35345 0.17947 1.9694

Camerano 8-9 0.35345 0.18055 1.9577

Falconara Marittima 8-9 0.35345 0.18217 1.9403

Ancona 8-9 0.35345 0.18276 1.9340

Montemarciano 8-9 0.35345 0.18334 1.9278

Senigallia 8-9 0.35345 0.18500 1.9106

Sassoferrato 8-9 0.35345 0.18560 1.9043

Poggio San Marcello 8 0.25605 0.17795 1.4389

Serra de' Conti 8 0.25605 0.17877 1.4323

Cupramontana 8 0.25605 0.17891 1.4312

Castelplanio 8 0.25605 0.17896 1.4308

Montecarotto 8 0.25605 0.17898 1.4307

Maiolati Spontini 8 0.25605 0.18049 1.4186

Barbara 8 0.25605 0.18187 1.4079

Castelfidardo 8 0.25605 0.18243 1.4036

Camerata Picena 8 0.25605 0.18312 1.3982

Chiaravalle 8 0.25605 0.18323 1.3974

Osimo 8 0.25605 0.18359 1.3947

Ostra 8 0.25605 0.18501 1.3840

Ripe 8 0.25605 0.18504 1.3838

Belvedere Ostrense 8 0.25605 0.18520 1.3826

Staffolo 7-8 0.18549 0.17768 1.0440

San Paolo di Jesi 7-8 0.18549 0.17801 1.0420

Castelbellino 7-8 0.18549 0.18055 1.0274

Monte Roberto 7-8 0.18549 0.18068 1.0266

Loreto 7-8 0.18549 0.18146 1.0223

Castelleone di Suasa 7-8 0.18549 0.18161 1.0214

Offagna 7-8 0.18549 0.18281 1.0147

Agugliano 7-8 0.18549 0.18358 1.0104

Polverigi 7-8 0.18549 0.18363 1.0102

Filottrano 7-8 0.18549 0.18383 1.0090

Monte San Vito 7-8 0.18549 0.18387 1.0088

Morro d'Alba 7-8 0.18549 0.18444 1.0057

San Marcello 7-8 0.18549 0.18446 1.0056

Monterado 7-8 0.18549 0.18476 1.0039

Castel Colonna 7-8 0.18549 0.18482 1.0036

Ostra Vetere 7-8 0.18549 0.18529 1.0011

Corinaldo 7-8 0.18549 0.18569 0.99896

Santa Maria Nuova 7 0.13438 0.18369 0.73154

Monsano 7 0.13438 0.18400 0.73030

Jesi 7 0.13438 0.18463 0.72784

Page 94: 4. Attività sismica

158

PROVINCIA DI ASCOLI PICENO Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM)

R

Montemonaco 10 0.92967 0.22897 4.0602

Arquata del Tronto 10 0.92967 0.25588 3.6333

Montegallo 9 0.67349 0.23134 2.9113

Castignano 9 0.48790 0.17733 2.7513

Acquasanta Terme 9 0.48790 0.23726 2.0564

Appignano del Tronto 8 0.35345 0.17692 1.9978

Ascoli Piceno 8 0.35345 0.19639 1.7997

Comunanza 8 0.35345 0.19765 1.7883

Roccafluvione 8 0.35345 0.20441 1.7291

Colli del Tronto 8 0.25605 0.17644 1.4512

Castorano 8 0.25605 0.17650 1.4508

Montedinove 8 0.25605 0.17660 1.4499

Montalto delle Marche 8 0.25605 0.17678 1.4484

Castel di Lama 8 0.25605 0.17685 1.4479

Offida 8 0.25605 0.17696 1.4469

Maltignano 8 0.25605 0.17763 1.4415

Rotella 8 0.25605 0.17885 1.4316

Folignano 8 0.25605 0.17958 1.4258

Force 8 0.25605 0.18026 1.4205

Palmiano 8 0.25605 0.18390 1.3923

Venarotta 8 0.25605 0.18627 1.3746

Cossignano 7 0.18549 0.17641 1.0515

Spinetoli 7 0.18549 0.17664 1.0501

Monsampolo del Tronto 7 0.18549 0.17739 1.0457

Monteprandone 7 0.18549 0.17831 1.0403

Acquaviva Picena 7 0.18549 0.17901 1.0362

Carassai 7 0.13438 0.17804 0.75478

San Benedetto del Tronto 7 0.13438 0.17851 0.75278

Ripatransone 7 0.13438 0.17993 0.74685

Grottammare 7 0.13438 0.18017 0.74582

Cupra Marittima 7 0.13438 0.18126 0.74135

Massignano 7 0.13438 0.18131 0.74114

Montefiore dell'Aso 7 0.13438 0.18230 0.73713

PROVINCIA DI FERMO

Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM)

R

Montefortino 9 0.48790 0.20079 2.4299

Amandola 8 0.35345 0.19357 1.8259

Montefalcone Appennino 8 0.25605 0.17863 1.4334

Smerillo 8 0.25605 0.17949 1.4266

Monte San Pietrangeli 8 0.25605 0.17957 1.4259

Massa Fermana 7 0.18549 0.17478 1.0613

Montappone 7 0.18549 0.17494 1.0603

Monte Rinaldo 7 0.18549 0.17591 1.0545

Servigliano 7 0.18549 0.17596 1.0542

Ortezzano 7 0.18549 0.17597 1.0541

Montelparo 7 0.18549 0.17627 1.0524

Santa Vittoria in Matenano 7 0.18549 0.17744 1.0454

Magliano di Tenna 7 0.18549 0.17748 1.0451

Monte Vidon Corrado 7 0.13438 0.17492 0.76823

Belmonte Piceno 7 0.13438 0.17536 0.76628

Falerone 7 0.13438 0.17568 0.76491

Monsampietro Morico 7 0.13438 0.17572 0.76473

Monteleone di Fermo 7 0.13438 0.17580 0.76437

Page 95: 4. Attività sismica

159

Montottone 7 0.13438 0.17594 0.76376

Francavilla d'Ete 7 0.13438 0.17623 0.76251

Monte Vidon Combatte 7 0.13438 0.17638 0.76188

Monte Giberto 7 0.13438 0.17669 0.76055

Montegiorgio 7 0.13438 0.17716 0.75851

Grottazzolina 7 0.13438 0.17753 0.75693

Petritoli 7 0.13438 0.17830 0.75368

Ponzano di Fermo 7 0.13438 0.17882 0.75149

Rapagnano 7 0.13438 0.17947 0.74874

Monterubbiano 7 0.13438 0.18082 0.74315

Pedaso 7 0.13438 0.18104 0.74224

Porto San Giorgio 7 0.13438 0.18112 0.74192

Altidona 7 0.13438 0.18140 0.74080

Campofilone 7 0.13438 0.18167 0.73968

Porto Sant'Elpidio 7 0.13438 0.18223 0.73741

Lapedona 7 0.13438 0.18258 0.73600

Moresco 7 0.13438 0.18259 0.73597

Fermo 7 0.13438 0.18273 0.73540

Monte Urano 7 0.13438 0.18295 0.73450

Montegranaro 7 0.13438 0.18315 0.73372

Sant'Elpidio a Mare 7 0.13438 0.18316 0.73368

PROVINCIA DI MACERATA

Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM) R

Fiuminata 10 0.92967 0.22930 4.0544

Monte Cavallo 10 0.92967 0.24011 3.8719

Serravalle di Chienti 10 0.92967 0.24155 3.8489

Castelsantangelo sul Nera 10 0.92967 0.24865 3.7389

Visso 10 0.92967 0.24978 3.7220

Cessapalombo 9 0.67349 0.18646 3.6120

Sefro 9 0.67349 0.22218 3.0312

Muccia 9 0.67349 0.22741 2.9616

Pieve Torina 9 0.67349 0.23653 2.8474

Poggio San Vicino 9 0.48790 0.17392 2.8054

Apiro 9 0.48790 0.17502 2.7876

Ussita 9 0.67349 0.24237 2.7787

San Severino Marche 9 0.48790 0.17650 2.7644

Belforte del Chienti 9 0.48790 0.17743 2.7498

Camporotondo di Fiastrone 9 0.48790 0.17797 2.7415

Serrapetrona 9 0.48790 0.17963 2.7162

Gagliole 9 0.48790 0.18104 2.6950

Caldarola 9 0.48790 0.18398 2.6520

San Ginesio 9 0.48790 0.18484 2.6396

Matelica 9 0.48790 0.18760 2.6007

Esanatoglia 9 0.48790 0.19050 2.5612

Castelraimondo 9 0.48790 0.19195 2.5419

Sarnano 9 0.48790 0.19567 2.4935

Pioraco 9 0.48790 0.19981 2.4419

Bolognola 9 0.48790 0.20163 2.4198

Acquacanina 9 0.48790 0.20533 2.3761

Pievebovigliana 9 0.48790 0.21364 2.2838

Fiastra 9 0.48790 0.21450 2.2746

Camerino 9 0.48790 0.21727 2.2456

Fiordimonte 9 0.48790 0.22472 2.1712

Colmurano 8 0.35345 0.17520 2.0175

Ripe San Ginesio 8 0.35345 0.17544 2.0147

Tolentino 8 0.35345 0.17565 2.0122

Page 96: 4. Attività sismica

160

Gualdo 8 0.35345 0.17912 1.9733

Urbisaglia 8 0.25605 0.17478 1.4650

Loro Piceno 8 0.25605 0.17507 1.4626

Pollenza 8 0.25605 0.17521 1.4614

Sant'Angelo in Pontano 8 0.25605 0.17618 1.4533

Treia 8 0.25605 0.17725 1.4446

Penna San Giovanni 8 0.25605 0.17796 1.4388

Monte San Martino 8 0.25605 0.17842 1.4351

Cingoli 8 0.25605 0.17939 1.4274

Porto Recanati 8 0.25605 0.18065 1.4174

Petriolo 7 0.18549 0.17547 1.0571

Mogliano 7 0.18549 0.17629 1.0522

Appignano 7 0.18549 0.17993 1.0309

Corridonia 7 0.18549 0.18129 1.0232

Macerata 7 0.18549 0.18280 1.0147

Montecassiano 7 0.18549 0.18316 1.0127

Recanati 7 0.18549 0.18316 1.0127

Montefano 7 0.18549 0.18332 1.0118

Monte San Giusto 7 0.13438 0.18191 0.73869

Civitanova Marche 7 0.13438 0.18274 0.73534

Potenza Picena 7 0.13438 0.18284 0.73495

Morrovalle 7 0.13438 0.18300 0.73432

Montelupone 7 0.13438 0.18323 0.73338

Montecosaro 7 0.13438 0.18328 0.73319

PROVINCIA DI PESARO-URBINO

Comune Imax PGA/g

(GOR-DB4)

PGA/g

(OPCM)

R

Urbania 10 0.92967 0.17706 5.2508

Piobbico 10 0.92967 0.18612 4.9951

Sant'Angelo in Vado 10 0.92967 0.19213 4.8388

Cagli 10 0.92967 0.19841 4.6856

Apecchio 10 0.92967 0.21545 4.3150

Acqualagna 0.910 0.67349 0.17756 3.7930

Fermignano 9 0.48790 0.17601 2.7721

Frontone 9 0.48790 0.17848 2.7337

Peglio 9 0.48790 0.17874 2.7297

Cantiano 9 0.48790 0.20276 2.4063

Mercatello sul Metauro 9 0.48790 0.20493 2.3808

Borgo Pace 9 0.48790 0.22566 2.1621

Pergola 8-9 0.35345 0.17729 1.9936

Serra Sant'Abbondio 8-9 0.35345 0.17868 1.9782

Fratte Rosa 8-9 0.35345 0.18081 1.9548

Urbino 8-9 0.35345 0.18106 1.9521

Fossombrone 8-9 0.35345 0.18298 1.9317

Sant'Ippolito 8-9 0.35345 0.18301 1.9313

Macerata Feltria 8 0.25605 0.17521 1.4614

Sassocorvaro 8 0.25605 0.17585 1.4561

Lunano 8 0.25605 0.17697 1.4469

Monte Grimano Terme 8 0.25605 0.17707 1.4461

Auditore 8 0.25605 0.17722 1.4448

Pietrarubbia 8 0.25605 0.17735 1.4437

Mercatino Conca 8 0.25605 0.17772 1.4408

Sassofeltrio 8 0.25605 0.17875 1.4325

Tavoleto 8 0.25605 0.17949 1.4266

Frontino 8 0.25605 0.18024 1.4206

Petriano 8 0.25605 0.18081 1.4161

San Lorenzo in Campo 8 0.25605 0.18131 1.4123

Page 97: 4. Attività sismica

161

Piandimeleto 8 0.25605 0.18161 1.4099

Montecalvo in Foglia 8 0.25605 0.18162 1.4098

Belforte all'Isauro 8 0.25605 0.18165 1.4096

Isola del Piano 8 0.25605 0.18232 1.4044

Gabicce Mare 8 0.25605 0.18341 1.3960

Mondolfo 8 0.25605 0.18394 1.3920

Gradara 8 0.25605 0.18428 1.3895

Fano 8 0.25605 0.18463 1.3868

San Costanzo 8 0.25605 0.18464 1.3867

Tavullia 8 0.25605 0.18499 1.3842

Montelabbate 8 0.25605 0.18525 1.3822

Pesaro 8 0.25605 0.18540 1.3811

Sant'Angelo in Lizzola 8 0.25605 0.18552 1.3802

Mondavio 8 0.25605 0.18563 1.3794

Barchi 8 0.25605 0.18568 1.3790

Colbordolo 8 0.25605 0.18611 1.3758

Monte Cerignone 7-8 0.18549 0.17566 1.0560

Montecopiolo 7-8 0.18549 0.17781 1.0432

Carpegna 7-8 0.18549 0.18046 1.0279

Montefelcino 7-8 0.18549 0.18502 1.0026

Monte Porzio 7-8 0.18549 0.18520 1.0016

San Giorgio di Pesaro 7-8 0.18549 0.18528 1.0012

Piagge 7-8 0.18549 0.18528 1.0011

Cartoceto 7-8 0.18549 0.18530 1.0011

Mombaroccio 7-8 0.18549 0.18531 1.0010

Monteciccardo 7-8 0.18549 0.18539 1.0005

Saltara 7-8 0.18549 0.18546 1.0002

Serrungarina 7-8 0.18549 0.18567 0.99904

Montemaggiore al Metauro 7-8 0.18549 0.18584 0.99814

Orciano di Pesaro 7-8 0.18549 0.18613 0.99656

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