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Keywords: seismic response, non-ductile structures, reinforced concrete, cultural heritage ABSTRACT Le strutture in calcestruzzo armato non duttile, costruite in zona sismica prima dell’introduzione della relativa norma, sono una importante componente del patrimonio edilizio italiano e ne condizionano la vulnerabilità. Tra questi edifici si collocano anche casi che, per le loro caratteristiche architettoniche e storiche, sono considerati di interesse quali beni culturali e, come tali, presentano particolarità sia per la valutazione della vulnerabilità sismica sia, soprattutto, per l’individuazione di eventuali interventi di miglioramento sismico. Il lavoro esamina il caso della torre Velasca di Milano. I dati disponibili hanno consentito di svolgere analisi comparative per i carichi e per le forze orizzontali considerati nel progetto e per quelli attualmente indicati dalle normative. L’analisi sismica spettrale ha fornito una prima valutazione della sua adeguatezza per il livello di sismicità ora riconosciuto al sito e ha permesso di esprimere alcune osservazioni di carattere generale sulla considerazione degli edifici storici in calcestruzzo armato in zona sismica . 1 INTRODUZIONE Le strutture in calcestruzzo armato costruite prima del riconoscimento della sismicità del sito e dell’imposizione di normative sismiche per il progetto sono una importante componente del patrimonio edilizio italiano. Attualmente in Italia si stima che il 60% degli edifici esistenti siano stati costruiti in zone all’epoca classificate come non sismiche. Inoltre, gran parte di tali edifici costruiti in calcestuzzo armato risalgono per lo più al trentennio post-bellico e hanno quindi raggiunto e superato la loro vita utile convenzionale di servizio; ciò potrebbe comportare l’insorgere di problemi di degrado e decadimento anche delle proprietà meccaniche degli elementi strutturali. Tra questi edifici si collocano anche numerosi casi di costruzioni che, per le loro caratteristiche architettoniche e storiche, sono considerate di interesse quali beni culturali e, come tali, presentano particolarità sia. per la valutazione della vulnerabilità sismica sia, soprattutto, per l’individuazione di eventuali interventi di miglioramento sismico. All’interno di un programma di ricerca su questo tema, in questo lavoro si sono analizzate le normative di riferimento per gli edifici di tale periodo, le tipologie e le caratteristiche prestazionali dei materiali utilizzati all’epoca della costruzione, le prassi costruttive del tempo e le possibili conseguenze del degrado e dell’invecchiamento sul comportamento della struttura. Il riferimento ad un caso studio presentato in questo lavoro e che fa riferimento alla torre Velasca di Milano, permette di concretizzare questi aspetti su un edificio storico che è importante anche per le sue caratteristiche strutturali, innovative per l’epoca di costruzione. I dati disponibili hanno consentito di svolgere analisi comparative per i carichi e per le forze orizzontali considerati nel progetto e per quelli Maria Adelaide Parisi, Elisa Maggio, Carlo Marini Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito, ABC Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32, 20133 Milano. Valentina Sumini Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, DAStU Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32, 20133 Milano. Edifici storici in calcestruzzo armato in zona sismica: valutazione delle risorse

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Keywords: seismic response, non-ductile structures, reinforced concrete, cultural heritage

ABSTRACT Le strutture in calcestruzzo armato non duttile, costruite in zona sismica prima dell’introduzione della relativa norma, sono una importante componente del patrimonio edilizio italiano e ne condizionano la vulnerabilità. Tra questi edifici si collocano anche casi che, per le loro caratteristiche architettoniche e storiche, sono considerati di interesse quali beni culturali e, come tali, presentano particolarità sia per la valutazione della vulnerabilità sismica sia, soprattutto, per l’individuazione di eventuali interventi di miglioramento sismico. Il lavoro esamina il caso della torre Velasca di Milano. I dati disponibili hanno consentito di svolgere analisi comparative per i carichi e per le forze orizzontali considerati nel progetto e per quelli attualmente indicati dalle normative. L’analisi sismica spettrale ha fornito una prima valutazione della sua adeguatezza per il livello di sismicità ora riconosciuto al sito e ha permesso di esprimere alcune osservazioni di carattere generale sulla considerazione degli edifici storici in calcestruzzo armato in zona sismica .

1 INTRODUZIONE Le strutture in calcestruzzo armato costruite

prima del riconoscimento della sismicità del sito e dell’imposizione di normative sismiche per il progetto sono una importante componente del patrimonio edilizio italiano. Attualmente in Italia si stima che il 60% degli edifici esistenti siano stati costruiti in zone all’epoca classificate come non sismiche. Inoltre, gran parte di tali edifici costruiti in calcestuzzo armato risalgono per lo più al trentennio post-bellico e hanno quindi raggiunto e superato la loro vita utile convenzionale di servizio; ciò potrebbe comportare l’insorgere di problemi di degrado e decadimento anche delle proprietà meccaniche degli elementi strutturali. Tra questi edifici si collocano anche numerosi casi di costruzioni che, per le loro caratteristiche architettoniche e storiche, sono considerate di interesse quali beni culturali e, come tali, presentano particolarità sia.

per la valutazione della vulnerabilità sismica sia, soprattutto, per l’individuazione di eventuali interventi di miglioramento sismico.

All’interno di un programma di ricerca su questo tema, in questo lavoro si sono analizzate le normative di riferimento per gli edifici di tale periodo, le tipologie e le caratteristiche prestazionali dei materiali utilizzati all’epoca della costruzione, le prassi costruttive del tempo e le possibili conseguenze del degrado e dell’invecchiamento sul comportamento della struttura. Il riferimento ad un caso studio presentato in questo lavoro e che fa riferimento alla torre Velasca di Milano, permette di concretizzare questi aspetti su un edificio storico che è importante anche per le sue caratteristiche strutturali, innovative per l’epoca di costruzione. I dati disponibili hanno consentito di svolgere analisi comparative per i carichi e per le forze orizzontali considerati nel progetto e per quelli

Maria Adelaide Parisi, Elisa Maggio, Carlo Marini Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito, ABC Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32, 20133 Milano.

Valentina Sumini Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, DAStU Politecnico di Milano, piazza Leonardo da Vinci, 32, 20133 Milano.

Edifici storici in calcestruzzo armato in zona sismica: valutazione delle risorse

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attualmente indicati dalle normative. L’analisi sismica spettrale ha fornito una prima valutazione della sua adeguatezza per il livello di sismicità ora riconosciuto al sito e ha permesso di esprimere alcune osservazioni di carattere generale sulla considerazione degli edifici storici in calcestruzzo armato in zona sismica.

2 EDIFICI IN C.A. PRE-NORMA SISMICA

Gli edifici in calcestruzzo armato non duttile costituiscono in tutto il mondo una significativa fonte di rischio sismico, a causa della loro vulnerabilità e della loro numerosità. La crisi di tali strutture può determinarne il collasso globale con gravi danni economici e possibile perdita di vite umane. La limitata capacità di identificare situazioni critiche che possono portare al collasso le diverse tipologie di questi edifici e gli alti costi degli interventi di adeguamento insieme alle incertezze legate alla loro efficacia definiscono ulteriormente la gravità del problema. Molti progetti di ricerca a livello internazionale sono attualmente rivolti a questo tema, per il quale si riconosce la necessità di definire procedure aggiornate che permettano di stimare la vulnerabilità di tali edifici facendo riferimento a vari livelli di accuratezza e per diversi tipi di applicazione. Questi spaziano da strumenti che non richiedono analisi numeriche, quali semplici indicatori di collasso per il riconoscimento di situazioni critiche, fino allo sviluppo di indicatori più raffinati basati sulla definizione di procedure di analisi nonlineare (Elwood et al., 2012).

Il problema di valutare il comportamento sismico di edifici in c.a. progettati per carichi verticali è stato affrontato da numerosi studi in Italia, con notevole contributo fino dall’inizio degli anni 2000 (ad esempio, Cosenza 2000, De Luca 2000, Verderame et al. 2001a e 2001b, Calvi et al. 2001, Vona et al. 2004). Su queste basi sembra particolarmente interessante ed utile costruire procedure di valutazione di vulnerabilità orientate alle caratteristiche delle costruzioni italiane.

2.1 Gli edifici pre-norma in Italia

Allo scopo di quantificare l’ammontare delle strutture che appartengono alla categoria di interesse, si sono esaminati i dati del censimento ISTAT 2001, che individuano l’incidenza delle

tipologie delle abitazioni, le diverse fasce d’età, la classificazione sismica e l’anno di classificazione.

Da tali informazioni non è quindi possibile definire in modo approfondito alcun parametro di tipo strutturale; restano però individuate alcune importanti caratteristiche tipologiche di massima, quali tipologia strutturale prevalente ed età. Per evitare errori di interpretazione dei grafici si pone l’attenzione sulla differenza esistente tra “edifici” ed “abitazioni”, infatti per “edificio” si intende l’organismo strutturale completo, il quale a sua volta può contenere una o più “abitazioni”, ovvero unità abitative separate.

Per definire le varie fasce d’età delle costruzioni, si è fatto riferimento alle seguenti normative specifiche relative al c.a.:

• Regio Decreto 18 Novembre 1939, N. 2229. Norme per l’esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato.

• Legge 5 Novembre 1971, N. 1086. Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica.

• D.M. 30 Maggio 1972. Norme tecniche per l’esecuzione delle opere in cemento armato normale, precompresso e per le strutture metalliche. • D.M. 26 Marzo 1980. Norme tecniche per l’esecuzione delle opere in cemento armato normale, precompresso e per le strutture metalliche. Per quanto riguarda invece le normative sismiche adottate nel corso degli anni, si può fare riferimento a:

• Regio Decreto Legge 22 Novembre 1937, N. 2105. Norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti. • Legge 25 Novembre 1962, N. 1684. Provvedimenti per l’edilizia con particolari prescrizioni per le zone sismiche. • Legge 2 Febbraio 1974, N. 64. Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche.

• D.M. 3 Marzo 1975. Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche.

È importante ricordare che le norme sismiche sono state inizialmente applicate a zone limitate del territorio nazionale; le zone di interesse venivano aumentate in successive versioni della

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zonazione, che si è poi notevolmente estesa a partire dai primi anni '80, a seguito della vasta opera di riclassificazione sismica del territorio. Incrociando le varie epoche di vigenza delle normative sopra riportate sono stati individuati i seguenti anni fondamentali, che separano cioè epoche in cui si differenziano i modi di progettare ed eseguire le costruzioni in c.a., (in zona sismica o meno): 1940, 1962, 1972, 1975, 1980. Le elaborazioni condotte sui dati ISTAT e riassunte nei grafici qui riportati sono relative alla distribuzione delle abitazioni per tipologia (figura 1), al numero di edifici in c.a. costruiti nelle diverse epoche (figura 2), al numero di edifici in c.a. costruiti in zone classificate come sismiche nella OPCM n.3273 del 19 Marzo 2003, suddivisi in edifici costruiti con normativa antisismica o meno, e per diverse epoche (figura 3).

Figura 1. Incidenza delle tipologie strutturali sulle abitazioni in Italia

La figura 1 evidenzia il peso notevole degli

edifici in c.a. sul numero di abitazioni complessivo. Circa 13 milioni di abitazioni hanno struttura portante in c.a. mentre le abitazioni con struttura portante in muratura sono pari a circa 10 milioni. È evidente, già in questa prima grossolana suddivisione, l’importanza del problema della valutazione della vulnerabilità sismica degli edifici realizzati con struttura in c.a.

Dalla figura 2 si evince come circa 8.5 milioni

di abitazioni, pari al 60% delle abitazioni in c.a. in Italia, siano state realizzate in epoche in cui la normativa di riferimento era il R.D. del 1939, e quindi in una fase iniziale della storia del c.a., utilizzando procedure, mezzi di calcolo e soprattutto prassi costruttive diverse, e tendenzialmente inadeguate agli standard prestazionali attuali.

Figura 2. Abitazioni con struttura in c.a. costruite in epoche diverse

Nella figura 3, infine, è riportato un quadro

sintetico, su base nazionale, della distribuzione riferita all’anno di costruzione, delle abitazioni in c.a. localizzate in zone dichiarate sismiche nel 2003, progettate e costruite con o senza riferimenti normativi antisismici.

Figura 3. Distribuzione degli edifici in c.a. ora in zona sismica, con riferimento ai requisiti normativi all’epoca di costruzione

È significativo ed interessante osservare che,

in zone classificate sismiche al 2003, quasi il 60% delle abitazioni (circa tre milioni) sono costruite senza riferimento a criteri antisismici imposti da una normativa. Inoltre, occorre considerare che le normative sismiche precedenti impostavano il problema della sicurezza in termini diversi e con obiettivi meno espliciti rispetto alla situazione attuale, che vede un chiaro riferimento agli stati limite di danno e di collasso e una esplicita trattazione del comportamento post-elastico. Ne consegue in termini generali un più basso livello di protezione. Quindi il problema della sicurezza degli edifici in c.a. alle azioni sismiche è probabilmente molto più esteso

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di quanto scaturisca dall’analisi dei dati ISTAT, e potrebbe riguardare anche gli edifici in c.a. progettati e realizzati con normative sismiche ormai obsolete e gli edifici in c.a. progettati a soli carichi verticali in zone non ancora ufficialmente riconosciute come sismiche.

2.2 Gli edifici storici Un aspetto finora poco esplorato a riguardo

delle costruzioni in c.a. pre-norma sismica riguarda il fatto che tra di esse vi sono edifici che, per la loro rilevanza storica o architettonica, sono considerati appartenenti all’ambito dei beni culturali. Se a questa definizione si associano abitualmente tipologie in muratura ed opere più remote, occorre considerare che comunque per gli edifici pubblici ed ecclesiastici, che hanno superato i 70 anni dalla costruzione, e per edifici anche più recenti di interesse particolare è necessaria l’autorizzazione della Sovrintendenza dei Beni Architettonici per eseguire interventi (Legge 128, 2004). Per molti di essi, eventuali interventi dovranno essere eseguiti nell’ottica della conservazione e del miglioramento in campo sismico, secondo modalità più difficilmente individuabili, rispetto al caso di altre tipologie per le quali si è raccolta maggiore esperienza. Risulta quindi particolarmente importante poter disporre di studi su edifici di questa categoria sui quali poter definire criteri e procedure adeguati. Questo aspetto riguarda in particolare anche la valutazione della possibile risposta sismica. In questa prospettiva è qui analizzato un caso studio che fa riferimento alla Torre Velasca di Milano, che risale agli anni cinquanta del XX secolo ed è vincolata per interesse culturale dal 2011.

3 EDIFICI STORICI IN C.A.: UN ESEMPIO L’edificio Torre Velasca di Milano fu costruito

negli anni 1956-58 su progetto dello studio di architettura e urbanistica BBPR (architetti G.L. Banfi, L. Belgioioso, E. Peressutti e N. Rogers) e con progettazione strutturale di Arturo Danusso. Il gruppo di progettisti, che nel dopoguerra intraprese una ricerca espressiva attenta ai problemi ambientali e all’inserimento nei centri storici, definendo un linguaggio in continuità con la tradizione e in opposizione all’accettazione passiva dell’International Style, ideò questa costruzione isolata a torre inserendola armonicamente in un tessuto caratterizzato invece

da un continuum di palazzi urbani; l’edificio, concepito come sintesi tra le posizioni teoriche del Movimento Moderno, le analisi attente della situazione locale e lo sviluppo della città in tale periodo, con l’innalzamento dell’altezza media dell’edilizia corrente, che tendeva ad annullare le emergenze tipiche della città storica, divenne presto un riferimento del panorama urbano (Cecchi, 1957; Fiori 1982, Grecchi, 2010).

L’aspetto caratteristico con l’allargamento della pianta nei piani della parte superiore è dovuto a motivazioni urbanistiche e storiche. Dal punto di vista strutturale, tuttavia, l’interesse della Torre Velasca risiede primariamente nella concezione di un sistema di controvento basato sulle pareti del nucleo scale-ascensori che si colloca nella zona centrale della pianta, cui si aggiunge il telaio tridimensionale di facciata che costituisce un vero e proprio reticolo che avvolge completamente tutto l’edificio in una delle prime realizzazioni dello schema “tube-in-tube”. Occorre anche ricordare che la Torre Velasca è uno dei primi edifici al mondo in calcestruzzo armato a spingersi all’altezza di 106 metri.

Figura 4. La Torre Velasca di Milano

3.1 Distribuzione dell’edificio

L’edificio è costituito da 29 piani, due dei quali interrati, e può considerarsi suddiviso in diversi settori sovrapposti: due piani sotterranei quasi completamente occupati dalle centrali degli impianti tecnologici; un piano terreno destinato a negozi, occupato in parte dagli androni di accesso; i piani fino al decimo destinati ad uffici;

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sette piani destinati a studi con abitazione; un piano (il 18) che separa il basamento della torre dalla espansione sovrastante, occupato in parte dagli impianti tecnologici; otto piani (dal 19 al 26) destinati ad abitazioni. Le piante si sviluppano intorno a una parte centrale, che contiene gli elementi di distribuzione verticale (ascensore e scale), e che costituisce il nucleo della Torre; questo nucleo e’ costituito da pareti in calcestruzzo continue ed articolate, cui è affidata la funzione di controvento.

Come si può notare dalle piante (figura 5) si ha così una costruzione che rispetta criteri di doppia simmetria, che ne costituirà una caratteristica importante nei confronti dell’azione sismica.

Il perimetro dell’edificio é costituito dai pilastri portanti, da tamponamenti in muratura tradizionale verso l’interno e in pannelli prefabbricati verso l’esterno.

Figura 5. Piani tipici della Torre Velasca: dall’alto, piano uffici, piano 18 e piani dal 19° per abitazioni.

Si noti che dal punto di vista statico i puntoni inclinati mettono in compressione travi e soletta del piano di arrivo (piano 15), mentre gli analoghi elementi del piano di partenza (piano 18), lavorano a trazione. Tale piano presenta travi armate con cavi pretesi per imbrigliare le forze dei puntoni; lo sforzo di compressione a cui è soggetto il solaio del piano 15 è la causa del suo maggior spessore rispetto a quelli degli altri piani adiacenti.

3.2 La situazione attuale

Interventi di manutenzione programmati per l’edificio sono attualmente in corso e riguardano elementi di facciata e non strutturali. Questa attività, insieme ad uno studio di rivisitazione delle opere di Arturo Danusso, hanno suggerito lo studio della Torre dal punto di vista dinamico all’interno del programma di ricerca sugli edifici in c.a. pre-norma. La principale informazione fornita dai progettisti dei lavori sta nella estrema cura visibile nella realizzazione della costruzione, che si riflette nella qualità dei dettagli; pur se gli interventi non riguardano gli elementi strutturali, hanno messo in luce la perfetta conservazione e condizione delle armature, protette da efficace copriferro. Le informazioni ottenibili da pubblicazioni e documenti dell’epoca per il progetto della torre riguardano sia le dimensioni geometriche degli elementi principali, sia i materiali, per cui sono stati reperiti i valori caratteristici, sia le ipotesi di carico richieste dalle norme dell’epoca, in particolare per quanto riguarda l’azione del vento. L’azione sismica non era appunto prevista. Non sono disponibili al momento i disegni esecutivi degli elementi strutturali. Su questa base, non è possibile realizzare se non un’analisi elastica senza riferirsi ad analisi nonlineari. Questa analisi, tuttavia, si è dimostrata molto utile a definire la situazione attuale della torre, come spiegato nel seguito.

3.3 La modellazione e le analisi

In base ai documenti reperiti è stato possibile

stimare l’entità dei carichi permanenti. Il fabbricato finito pesa circa 40000 tonnellate così ripartite:

- Calcestruzzi 26150 t = 65,5% - Laterizi per solai 1200 t = 3% - Acciaio 1050 t = 2,5%

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- Murature, tavolati e cementi decorativi 4600 t = 11,5%

- Intonaci, rivestimenti, pavimenti e massetti 3000 t = 7,5%

- Sovraccarichi vari 4000 t = 10% Ancora nelle unità di misura dell’epoca, i

pilastri hanno alla base un carico di oltre 1000 tonnellate ed una sezione di 1,10 m2 con il calcestruzzo che lavora sino a circa 80 Kg/cm2

(8MPa). Questa alta sollecitazione è stata ammessa dopo l’esito delle prove svolte presso l’ISMES ed in base all’alta qualità del calcestruzzo il cui carico di rottura è sempre risultato in tutte le prove superiore ai 300 Kg/cm2

(30MPa). L’accurata definizione dei carichi permanenti, che ha permesso di quantificare le masse, e la conoscenza della geometria degli elementi strutturali ha reso possibile la costruzione di un modello strutturale sufficiente-mente preciso ai fini dell’analisi modale (fig. 6) (Maggio e Marini 2013).

Figura 6. Modello per le analisi numeriche

L’analisi modale mette in luce la sostanziale

regolarità della costruzione, che deriva da una efficace distribuzione delle rigidezze. Di conseguenza non ha particolare effetto l’aumento di massa nella parte superiore.

Facendo riferimento alla Tabella 1, si nota innanzi tutto la buona isocronia nelle direzioni principali, che hanno periodo, e quindi rigidezza, molto simile e come i modi traslazionali e rotazionali siano totalmente distinti.

Tabella 1. Risultati dell’analisi modale Modo Periodo direzione-X direzione-Y

n (s) massa (%)

somma (%)

massa (%)

somma (%)

1 3,226 67,53 67,53 0,00 0,00 2 3,215 0,00 67,53 67,28 67,28 3 1,904 0,04 67,57 0,00 67, 28 4 0,637 17,37 84,94 0,00 67, 28 5 0,600 0,00 84,94 18,33 85, 61 6 0,513 0,31 85,25 0,000 85, 61 Le prime due forme modali sono rappresentate

in fig. 7, la terza, puramente torsionale, in fig. 8.

Figura 7. Prima e seconda forma modale, nelle direzioni x e y

Figura 8. Terza forma modale, vista in pianta

In termini di risposta alle azioni, le analisi

sono state svolte secondo le norme attuali. Per quanto riguarda le azioni orizzontali, si sono considerate e messe a confronto:

- l’azione del vento prevista nel progetto

originale - l’azione del vento attualmente imposta - l’azione sismica.

Si sono esaminate le seguenti combinazioni di carico:

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- Combinazione fondamentale, con vento

costante come accidentale predominante, - Combinazione fondamentale, con carico

da folla come accidentale predominante, - Combinazione sismica, nella direzione

prevalente x, - Combinazione sismica, nella direzione

prevalente y, - Combinazione fondamentale, con vento

lineare come accidentale predominante.

L’azione del vento attuale è risultata sostanzialmente simile, anche se solo di poco superiore, a quella inizialmente prevista nel progetto; per il sisma si è utilizzato lo spettro in figura 9 che comprende un fattore di struttura prudenzialmente preso pari a 2, non avendo accurate indicazioni sull’armatura delle sezioni. Il confronto tra le sollecitazioni e gli spostamenti massimi ottenuti per il vento, nella direzione più sfavorevole e anche applicato non uniformemente con distribuzione lineare in pianta a generare effetti torsionali, e per il sisma hanno indicato la prima azione come la più gravosa per la struttura. Anche considerando una vita utile della struttura maggiore di 50 anni, il risultato cambia di poco, per le caratteristiche della sismicità locale per cui la crescita dell’accelerazione di picco del terreno non è in proporzione all’aumento del periodo di ritorno.

Figura 9. Componenti orizzontale e verticale dello spettro al sito

Come sintesi dei risultati è significativo il confronto dei massimi tagli alla base e dei massimi spostamenti in sommità per i casi di vento nella direzione peggiore e di sisma, in ciascuna direzione principale e con il contributo previsto dalla norma per la direzione ortogonale, riassunti in Tabella 2.

Tabella 2. Sintesi dei risultati Taglio alla

base in x (t)

Taglio alla base in y

(t)

Spost. max sommità

(cm) Vento in y - 6543 6,7 Sisma in x 4451 1449 4,45 Sisma in y 4831 1335 4,57

4 CONCLUSIONI Con grande anticipo sui tempi, l’ingegner

Danusso, che aveva fatto parte della Commissione ministeriale istituita per la ricostruzione dopo il terremoto di Messina-Reggio Calabria del 1908, insisteva nei suoi testi sulla necessità di progettare le strutture in maniera tale da opporre alle forze d’inerzia del sisma un organismo strutturale sufficientemente rigido e privo di disuniformità geometriche, ma al tempo stesso in grado, grazie all’utilizzo di materiali adeguati, di sviluppare sufficiente duttilità da assorbire l’energia del sisma evitando casi di cedimenti o crolli istantanei (Danusso 1909). Dallo studio effettuato sulla Torre Velasca tali linee guida del pensiero dello strutturista si osservano realizzate nella pratica: la struttura si presenta infatti fortemente simmetrica, priva di disuniformità e con una distribuzione molto omogenea delle rigidezze. Anche nel piano diciottesimo, che presenta la particolarità dei tiranti precompressi, le difficoltà progettuali sono superate e la soluzione proposta con semplicità; i percorsi dei carichi sono sempre lineari e ben definiti; per quel che riguarda i materiali essi sono stati oggetto di prove che ne hanno certificato l’efficacia in esercizio. Infatti, il calcestruzzo usato per Torre Velasca venne sperimentato apposta per tale edificio, per il quale venne anche realizzato un modello fisico in scala 1/8 per verificarne il comportamento in fase di progetto. Ne è risultata una struttura robusta, che può rispondere alle nuove esigenze di carico che i più recenti requisiti di sicurezza impongono.

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