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    LA REGOLARIT STRUTTURALENELLA PROGETTAZIONE DI EDIFICI IN ZONA SISMICA

    Aurelio Ghersi

    Istituto di Scienza delle costruzioni, Universit di Catania

    SommarioSi prende in esame linfluenza della regolarit degli edifici sulla scelta del modello strutturale esul comportamento elastico ed inelastico della struttura soggetta ad eventi sismici.

    Introduzione

    Per ottimizzare il rapporto tra prestazioni e costi, le indicazioni progettuali di

    ogni normativa sismica sono basate su obiettivi differenziati in funzione dellaprobabilit di occorrenza dellevento sismico. Nel caso di un evento che ha altaprobabilit di verificarsi durante la vita delledificio (quindi di intensit nonparticolarmente elevata) necessario garantire che la struttura rimanga sostan-zialmente in campo elastico e che gli elementi non strutturali (elementi di fini-tura, impianti, ecc.) subiscano al pi danni limitati; in tal modo il costo di ripa-razione non sar sproporzionato rispetto al valore dellopera stessa. Per un e-vento sismico che ha bassa probabilit di verificarsi durante la vita delledificio(quindi molto pi forte del precedente) si mira solo ad evitare che la strutturacrolli; si ritiene cio inevitabile che essa superi il limite elastico e subisca danni

    anche molto rilevanti, perfino tali da renderne pi economico labbattimentoanzich la riparazione.Nelluno e nellaltro caso, il comportamento di un edificio reale viene e-

    saminato definendo opportuni modelli. Occorre innanzitutto definire un model-lo strutturale, cio lo schema da utilizzare nel calcolo, per il quale necessarioindicare anche quali elementi considerare e quali trascurare, nonch le ipotesisemplificative utilizzabili nel passare dalla realt allo schema. Occorre poi de-finire un modello per le azioni. Noi possediamo la registrazione di numerosieventi sismici, ma per progettare una struttura dobbiamo prevedere quelleche saranno le azioni future che essa dovr sopportare; dobbiamo quindi defini-re i terremoti di progetto, ovvero gli spettri di risposta elastico e di progetto.

    Occorre infine definire un modello di comportamento, cio indicare in che mo-do valutare la risposta della struttura allazione sismica. Ci pu essere fattocon analisi al passo, in regime inelastico o in regime elastico, o con metodi pisemplici quali lanalisi modale e lanalisi statica.

    La scelta dei modelli legata agli obiettivi che lanalisi si pone, ma for-temente condizionata anche dalla regolarit delledificio che si vuole esamina-re. Le considerazioni che seguono cercheranno di chiarire quale sia linfluenzadella regolarit, o della mancanza di regolarit, e come essa condizioni in parti-colare la scelta del modello strutturale, il comportamento elastico (risposta asismi deboli) e quello inelastico (risposta a sismi forti).

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    Regolarit

    La regolarit di un edificio e della sua struttura importante in generale, anchequando esso soggetto esclusivamente a carichi verticali, ma diventa partico-larmente rilevante in zona sismica. La regolarit condiziona infatti la capacitdi prevedereil comportamento della struttura, la qualitdel suo comportamen-to, il costonecessario per renderla accettabile.

    Il termine regolarit racchiude due concetti distinti, anche se spesso as-sociati lun laltro: semplicit strutturalee uniformit. Col primo ci si riferisceallesistenza di percorsi chiari e diretti per la trasmissione delle azioni (carichiverticali o azioni sismiche), dal punto in cui sono applicate fino alla fondazio-ne, attraverso i diversi elementi, strutturali e non, che compongono ledificio.La semplicit strutturale consente una facilit di dimensionamento, di modella-zione della struttura, di analisi (risoluzione dello schema), di definizione dei

    dettagli costruttivi. Col secondo si intende contemporaneamente una uniformedistribuzione dei carichi (verticali o sismici) ed una uniforme distribuzione de-gli elementi resistenti o, per lo meno, una stretta relazione tra distribuzione deicarichi e distribuzione degli elementi resistenti. In particolare in zona sismicaoccorre curare luniformit delle masse, perch lazione sismica proporziona-le alle masse presenti, delle rigidezze, perch in fase elastica lazione sismica sidistribuisce tra gli elementi in proporzione alle rigidezze, delle resistenzee del-le duttilit, perch queste condizionano il comportamento quando si supera lafase elastica.

    Regolarit e modello strutturaleNello schematizzare un edificio si effettuano di solito una serie di ipotesi, quali trascurare gli elementi non strutturali (tramezzi e tompagni); considerare ciascun impalcato come infinitamente rigido nel proprio piano; assumere uno schema geometrico di telaio spaziale o di insieme spaziale di

    telai piani; considerare la struttura incastrata al piede ed analizzare separatamente la

    fondazione, soggetta alle azioni di incastro.Queste ipotesi possono essere inficiate, in misura minore o maggiore, dallamancanza di regolarit.

    Elementi non strutturali

    I pannelli in muratura inseriti nelle maglie di un telaio (tramezzi o tompagni)possono essere schematizzati con diverso grado di precisione. Il modello pisofisticato, agli elementi finiti, consiste nel suddividere il pannello in un insie-me di lastre, collegate in pi punti alla maglia di telaio; ci consente di analiz-zare anche pannelli con aperture, ma occorre superare problemi non indifferentise si vuole tenere conto dellunilateralit del contatto muratura-telaio, dellani-sotropia della muratura dovuta allalternarsi di pietre o mattoni e malta, dellasua scarsa resistenza a trazione. Unalternativa pi semplice consiste nel consi-derare il pannello come una singola lastra, collegata alla maglia di telaio nei

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    quattro vertici; i problemi citati e leffetto dei fori vengono per persi, a menodi non introdurre nuovi modelli di lastra che ne tengano conto. Il modello picomune, infine, quello di pendolo, disposto nella diagonale compressa, avente

    unopportuna larghezza B scelta in modo da ottenere una buona rispondenzacon modelli teorici pi sofisticati o con dati sperimentali. A tale proposito sipossono citare gli studi sperimentali svolti da Stafford Smith et al.1012, che for-niscono valori diBcompresi tra 0.15 lde 0.30 ld (essendo ldla lunghezza delladiagonale); la formulazione proposta da Pagano8che mette in relazione Bconlarea Adel pannello di muratura (B=0.5A/ ld) e fornisce valori compresi tra0.20 ld e 0.25 ld ; la normativa per le riparazioni ed il rafforzamento degli e-difici danneggiati dal sisma nelle Regioni Basilicata, Campania e Puglia1 checonsiglia di assumere cautelativamente una larghezza pari a 0.10 ld .

    La scelta se includere o no i pannelli in muratura nel modello strutturale

    legata alla comprensione del comportamento fisico del sistema e quindi alla va-lutazione dellentit degli effetti indotti su travi e pilastri dalla presenza deitompagni. Pensando al modello pi semplice, di pendolo, si capisce facilmenteche la componente verticale della forza assiale che esso assorbe induce sforzonormale nei due pilastri adiacenti. Tenendo poi presente che in realt il pannel-lo murario ha un contatto diffuso con le aste e non trasmette la forza diretta-mente nel nodo, si comprende che allestremit dei pilastri nasce un taglio, chepu cautelativamente essere considerato pari alla componente orizzontale dellaforza nel pannello, ed un momento flettente, convenzionalmente valutato ipo-tizzando che la forza di taglio sia applicata a una distanza dal nodo pari a undecimo dellaltezza del pilastro. Analoghe variazioni si hanno ovviamente an-che per le caratteristiche di sollecitazione nelle travi.

    I pannelli murari assorbono unaliquota dellazione sismica che in molticasi pu andare dal 10 al 50% (Ghersi e Lenza5) e ci comporta una corrispon-dente riduzione delle caratteristiche di sollecitazione nelle aste della strutturaintelaiata. Se i pannelli murari presentano una distribuzione regolare, cio sonoin numero adeguato e disposti con uniformit in pianta, lincremento di solleci-tazioni su travi e pilastri dovuto alleffetto locale di interazione minore dellariduzione globale. Occorre per fare attenzione a due problemi strettamente le-gati alle peculiarit dellazione sismica. Innanzitutto, la presenza di pannellimurari comporta un irrigidimento dello schema e quindi una riduzione del suo

    periodo proprio; ci ne condiziona la risposta dinamica elastica e pu provoca-re un incremento dellazione sismica, specialmente quando la struttura nuda molto deformabile, cio ha un periodo proprio elevato. In secondo luogo, lamuratura ha un comportamento fragile; ci ha influenza sulla risposta inelasti-ca, perch quando avviene la rottura dei pannelli, laliquota di azione sismicaportata da essi si scarica istantaneamente sulla struttura, col rischio di un col-lasso improvviso di questa. In definitiva, trascurare il contributo di tramezzi etompagni, quando essi sono disposti con regolarit, effettivamente a vantag-gio di sicurezza purch la struttura sia di per s sufficientemente rigida e siprendano opportuni accorgimenti per conferire agli elementi strutturali una re-

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    sistenza maggiore dei pannelli murari ad essi adiacenti (con adeguate armaturelongitudinali e soprattutto con una forte staffatura).

    Se la distribuzione di tramezzi e tompagni non regolare, il comporta-

    mento strutturale pu peggiorare sotto diversi punti di vista. Quando nelledifi-cio sono presenti pochi tompagni molto robusti, lincremento di sollecitazionidovuto alleffetto di interazione locale maggiore della riduzione globale; i pi-lastri e le travi ad essi adiacenti possono andare in crisi prima di quando avver-rebbe per una struttura nuda. Quando la distribuzione planimetrica dei pannellimurari irregolare, il comportamento della struttura viene modificato e si pos-sono riscontrare incrementi anche notevoli di sollecitazione sugli elementi pieccentrici; particolarmente fuorviante il caso di edifici con struttura simmetri-ca o bilanciata (baricentro delle masse coincidente con quello delle rigidezze)ed elementi non strutturali dissimmetrici. Entrambe le situazioni (irrigidimenti

    concentrati o planimetricamente irregolari) possono poi accentuare i problemidi resistenza e rigidezza degli impalcati, discussi pi avanti. Infine, una distri-buzione irregolare dei tompagni in pianta o lungo laltezza pu accentuare iproblemi di risposta dinamica in campo elastico ed inelastico, anchessi affron-tati nel seguito sotto la voce irregolarit in pianta ed irregolarit in elevazione.

    Impalcato

    Col termine impalcato si intende linsieme di solai e travi posti ad una stessaquota; il termine usato in particolare quando li si considera soggetti ad azioniorizzontali ed in tal caso la parte resistente di questo elemento , principalmen-te, la soletta del solaio. Per quanto riguarda leffetto dei carichi verticali, in ge-nere si considera separatamente il solaio come trave continua appoggiata sulletravi (o vincolata con incastro parziale) e le travi come appartenenti al telaiospaziale e caricate con lazione uniforme trasmessa dal solaio. Per valutare ilcontributo dellimpalcato nei confronti delle azioni orizzontali, lo si potrebbeschematizzare come un insieme di lastre, collegate ai nodi del telaio spaziale.Ci consentirebbe di tenere conto della deformabilit dellimpalcato nel suopiano, ma aumenterebbe notevolmente la complessit numerica dello schema. quindi prassi comune considerarlo come un elemento infinitamente rigido nelsuo piano e quindi un vincolo mutuo tra i nodi del telaio spaziale. In presenzadi azioni sismiche quindi necessario verificare la rigidezza e la resistenza

    dellimpalcato. La prima verifica necessaria solo se si formulata lipotesi diimpalcato infinitamente rigido nel suo piano; essa richiede di analizzarelimpalcato estratto dalla struttura e soggetto ad un insieme di azioni equilibra-te, calcolarne la deformazione (con schema di lastra o, se una dimensione predominante, con schema di trave deformabile a taglio) ed infine confrontarele deformazioni relative tra impalcati adiacenti con gli spostamenti relativi for-niti dalla risoluzione del telaio spaziale. La seconda invece sempre necessa-ria; anchessa parte dallanalisi dellimpalcato estratto dalla struttura e soggettoad un insieme di azioni equilibrate (eventualmente utilizzando azioni ottenutemediante schemi limite per tenere conto di elementi trascurati nello schema ri-solutivo, quali i pannelli murari) e consiste nel calcolarne lo stato tensionale

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    (con uno degli schemi gi citati) e confrontare le tensioni con i valori ammissi-bili (o le caratteristiche di sollecitazione con i valori limite), valutando lade-guatezza della sezione in calcestruzzo e leventuale necessit di armature ag-

    giuntive per garantire la resistenza.Nel caso dellimpalcato sono causa principale di irregolarit una forma

    poco compatta e la presenza di grosse rientranze o parti mancanti nellimpalca-to, che riducono localmente la resistenza e rendono possibili grosse deforma-zioni localizzate. Il suo comportamento pu essere peggiorato dalla presenza diun numero molto basso di elementi resistenti verticali (singole pareti o nucleiirrigidenti), perch per riportare lazione sismica a tali elementi nascono solle-citazioni e deformazioni rilevanti, e dalla brusca variazione della rigidezza de-gli elementi resistenti verticali (telai e soprattutto pareti) tra un piano e laltro,che comporta la necessit di trasferire azioni rilevanti da un punto allaltro

    limpalcato. Inoltre anche la presenza di elementi non strutturali, trascurati nelmodello geometrico perch a vantaggio di sicurezza per travi e pilastri, pu darluogo ai problemi innanzi elencati; quindi necessario tenerne sempre conto,anche con semplici schemi limite, nella verifica di resistenza dellimpalcato(Ghersi e Lenza6).

    Schema geometrico di telaio

    Luso di sezioni molto diverse, la presenza di travi che scaricano su altre travi odi pilastri che scaricano su travi ed altre irregolarit geometriche analoghe cre-ano sia problemi di comportamento (cattiva trasmissione delle azioni da un e-lemento allaltro) che difficolt di modellazione (perch lo schema di telaio,piano o spaziale, richiede che gli assi delle aste che si uniscono in un nodoconvergano in un punto). Alcune situazioni possono rendere inaccettabile lusodi modelli strutturali comunemente adottati, quale quello di insieme spaziale ditelai piani. il caso, ad esempio, della mancanza di alcune aste verticali checomporta rilevanti spostamenti verticali di alcuni nodi ed inficia il modello, inquanto esso trascura la congruenza verticale dei telai ortogonali nei punti dicontatto; oppure la non ortogonalit di alcune travi che rende non pi trascura-bile la interazione flesso-torsionale tra i telai ortogonali.

    Separazione tra struttura e fondazione

    Lipotesi di struttura incastrata al piede accettabile se la rigidezza degli ele-menti di fondazione maggiore di quella delle travi e dei pilastri. Questo si puottenere facilmente se le aste in elevazione hanno rigidezze tra loro comparabi-li. La presenza di alcune aste molto pi rigide (ad esempio pareti in c.a.) rende-rebbe necessario conferire una rigidezza molto elevata agli elementi di fonda-zione. Ci pu essere anche non sufficiente, a causa della inevitabile deforma-bilit del terreno, a meno di non realizzare una fondazione scatolare estrema-mente rigida.

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    Regolarit e comportamento elastico

    La risposta di uno schema a comportamento elastico ad un assegnato moto delterreno di base pu essere valutata, con differente grado di precisione, mediantediversi tipi di analisi: analisi al passoin regime elastico, analisi modale, analisistatica.

    Lanalisi al passo consiste nel risolvere con procedimenti numerici le e-quazioni del moto (equilibrio dinamico) in modo da ottenere la storia dellarisposta, cio i valori assunti da tutte le grandezze (spostamenti, caratteristichedella sollecitazione, ecc.) istante per istante. Tra i numerosi procedimenti pro-posti, si pu citare: scomposizione dellaccelerogramma in singoli impulsi; leffetto di ciascun

    impulso fornito dallintegrale di Duhamel e la risposta complessiva valu-tata come somma dei contributi dei singoli impulsi;

    espressione della deformata generica come combinazione lineare delle de-formate modali; in questo modo le equazioni del moto si semplificano, pas-sando da un sistema completo ad un insieme di equazioni disaccoppiate(ciascuna analoga a quella di un oscillatore semplice) e la risposta comples-siva valutata come combinazione dei risultati delle singole equazioni;

    metodo di Newmark, cio unanalisi numerica che ipotizza noto (costanteoppure lineare) landamento dellaccelerazione nel singolo passo.

    Lanalisi modale una semplificazione del secondo metodo di analisi alpasso; anzich valutare il contributo delle singole deformate modali ad ogni i-stante, si determina il massimo contributo di ciascuna leggendone il valore da

    uno spettro di risposta elastico(determinato dallo studio numerico di oscillato-ri semplici); i diversi contributi massimi si combinano in maniera statistica conmetodi quali lSRSS (square root sum of squares = radice quadrata della som-ma dei quadrati) o, in caso di modi con periodi molto prossimi lun laltro, ilCQC (complete quadratic combination). Lanalisi modale fornisce solo i valorimassimi della risposta, ma questi sono effettivamente molto prossimi a quelliesatti, ottenuti mediante lanalisi al passo.

    Lanalisi statica unapprossimazione dellanalisi modale, ottenuta con-siderando solo il primo modo (di uno schema piano) ed ipotizzando un anda-mento della deformata modale lineare lungo laltezza del telaio. Se il primomodo effettivamente prevalente (il che avviene per strutture con periodo non

    troppo alto, cio non molto deformabili) ed il comportamento sostanzialmen-te piano (schemi con dissimmetrie planimetriche piuttosto piccole) i risultatidellanalisi statica sono cautelativi, in quanto forniscono spostamenti e solleci-tazioni maggiori rispetto a quelli dellanalisi modale, con scarti in genere com-presi tra il 10 e il 30%.

    Tra le analisi citate, lanalisi al passo ha grande importanza a livello di ri-cerca e costituisce il termine di paragone per le altre due. Essa per applicabi-le per singoli accelerogrammi e quindi potrebbe essere usata in pratica solo perverificare il comportamento di una struttura per un terremoto gi verificatosi.Volendola utilizzare in fase di progetto, sarebbe necessario definire un insieme

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    di possibili terremoti ed analizzare statisticamente la risposta della struttura atale insieme. Ai fini pratici si utilizzano, quindi, lanalisi modale o quella stati-ca, facendo riferimento a spettri di risposta elastica di progetto forniti dalla

    normativa, ricavati mediante una analisi statistica degli eventi sismici passati(figura 1).

    Storicamente, lanalisi statica stata la prima ad essere utilizzata ed an-cora oggi adottata dalla maggior parte dei progettisti di strutture antisismiche,anche se le difficolt numeriche che un tempo ne limitavano luso sono oggidel tutto superate grazie alluso di personal computer. Tuttavia, nellutilizzarelanalisi modale anzich quella statica occorre chiarire bene la filosofia chesta sotto a tale scelta. C chi vede lanalisi modale come un mezzo per rispar-miare, quasi un premio per i progettisti pi bravi, partendo dalla considerazioneche essa fornisce risultati sostanzialmente esatti, sulla cui base possibile

    qualche riduzione di sezioni o armature (grazie al 10-30% di scarto gi citato).Altri invece (tra cui alcune importanti normative sismiche di stati extraeuropei)la considerano un mezzo per essere pi prudenti, grazie a cui conoscere in ma-niera pi precisa la distribuzione di azioni tra i diversi elementi e i vari pianidello schema (cosa utile in particolare per strutture irregolari), ma ritengonoche i suoi risultato debbano essere scalati in maniera tale da ottenere alla basedel telaio lo stesso taglio valutato mediante lanalisi statica. Se si considera larisposta elastica dello schema ad un singolo sisma reale, la prima posizione ap-pare indubbiamente pi corretta. Bisogna per ricordare che lo spettro di pro-getto che si usa per un sisma futuro, pur essendo basato sullesame di sismipassati, in buona parte convenzionale, dovendo tra laltro tenere conto anche

    del fatto che in caso di sisma molto forte la struttura andr in campo plastico, eche tarato sperimentalmente sulla base dellesame del comportamento distrutture esistenti (fino ad ora progettate con lanalisi statica) durante sismi reali.

    0.0

    0.5

    1.0

    1.5

    2.0

    2.5

    0 1 2 3 4 T(s)

    R

    suolo A

    suolo C

    suolo B

    Figura 1 - Spettri di risposta elastica proposti dallEurocodice 8.

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    Nella valutazione del comportamento elastico, la scelta del tipo di analisi condizionata, in maniera anche rilevante, dalla presenza di irregolarit. In par-ticolare, opportuno esaminare linfluenza di irregolaritin elevazione, cio lun-

    go laltezza delledificio, separatamente da quello delle irregolaritin pianta.

    Irregolarit in elevazione

    Si considerano irregolarit in elevazione tutte le brusche variazioni di rigidezzao di massa. Esse possono essere dovute al cambiamento della pianta architetto-nica da un piano allaltro, a brusche variazioni degli elementi strutturali (pila-stri o pareti che cambiano sensibilmente dimensioni, o si interrompono, da unpiano allaltro), alla diversa consistenza degli elementi non strutturali (ad e-sempio un piano terra a pilotis o con negozi con grandi vetrine ed assenza quasitotale di tompagnature perimetrali), alla variazione di massa (ad esempio per la

    diversa destinazione duso o per la presenza di elementi particolari, quali pisci-ne o giardini pensili).A causa di queste irregolarit, la deformata modale pu assumere forme

    insolite rendendo meno verosimili i risultati dellanalisi statica. In questi casiluso dellanalisi modale fortemente consigliato, anche se lanalisi statica ri-sulta ancora cautelativa, almeno nella grande maggioranza dei casi.

    Irregolarit in pianta

    Sostanzialmente, si considera irregolarit in pianta la non coincidenza tra bari-centro delle masse e baricentro delle rigidezze. Questa dovuta principalmentealla mancanza di simmetria della pianta architettonica, anche se un corretto di-mensionamento delle sezioni degli elementi strutturali dovrebbe mirare a ren-dere lo schema bilanciato, cio a far coincidere i due centri anche in assenzadi simmetria. Occorre inoltre tenere presente che anche in caso di piante so-stanzialmente simmetriche i pannelli murari possono non rispettare tale simme-tria; ci si verifica, ad esempio, nel caso di edifici costruiti in adiacenza, neiquali le tompagnature lungo le pareti cieche hanno una rigidezza diversa daquelle di facciata, abbondantemente sfinestrate. A maggior ragione nel caso diedifici asimmetrici la disposizione dei pannelli murari pu annullare gli sforzidel progettista di rendere lo schema bilanciato; ci si verifica in particolarequando il contorno della pianta molto frastagliato.

    A causa delleccentricit tra centro delle masse e centro delle rigidezze, ilcomportamento dinamico della struttura presenta un notevole contributo rota-zionale che non viene colto correttamente dallanalisi statica, anche quandoquesta viene effettuata utilizzando uno schema strutturale tridimensionale. Larotazione indotta dinamicamente pu essere infatti ben diversa da quella provo-cata da forze statiche, specialmente nel caso di strutture deformabili torsional-mente.

    Il comportamento del sistema governato da un numero limitato di pa-rametri: raggio dinerzia delle rigidezze rk e delle masse rm , eccentricit tra icentri di massa e di rigidezza es, periodo traslazionale disaccoppiato (cio in as-

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    senza di eccentricit) T. Tra questi assumono particolare importanza il rapportotra le frequenza traslazionale e rotazionale disaccoppiate =rk/rme leccen-tricit es. Un confronto esemplificativo dellinfluenza di questi parametri for-

    nito dalla figura 2, che riporta per uno schema ad un solo piano la deformatamodale (che ha andamento curvilineo in quanto inviluppo di pi deformate) equella fornita dallanalisi statica. Per sistemi torsionalmente rigidi, cio con sufficientemente maggiore dellunit, lanalisi statica fornisce risultati cautela-tivi dal lato rigido ma sottostima lo spostamento dal lato flessibile (a). Quando pari a uno, lanalisi statica sottovaluta nettamente anche lo spostamentodel lato rigido (b). Infine, per sistemi torsionalmente deformabili, cio con minore dellunit, lerrore commesso nel lato rigido diventa veramente rilevan-te (c) e per piccoli valori delleccentricit la deformata statica fornisce indica-zioni addirittura opposte rispetto a quelle dellanalisi modale (d).

    La via pi corretta da seguire nel caso di strutture planimetricamente irre-golari consiste indubbiamente nellapplicare lanalisi modale ad uno schematridimensionale che includa, ove necessario, anche gli elementi non strutturali.Daltro canto si pu facilmente intuire che una esaltazione della rotazione puessere ottenuto anche nel caso di analisi statica, purch si sposti il punto di ap-plicazione delle forze di unopportuna quantit e, che potremmo chiamare ec-centricit correttivaper evidenziare il fatto che essa serve a correggere i risul-tati dellanalisi statica rendendoli comparabili con quelli dellanalisi modale.Essa pu essere determinata imponendo che lanalisi statica cos corretta forni-sca gli stessi spostamenti dellanalisi modale nei punti estremi dellimpalcato

    analisi statica

    inviluppo modale

    = 1.3es= 0.10L (a)

    analisi statica

    inviluppo modale

    = 1.0es= 0.10L (b)

    analisi staticainviluppo modale

    = 0.8es= 0.10L

    (c)

    analisi statica

    inviluppo modale

    = 0.8es= 0.02L (d)

    Figura 2 - Influenza del rapporto tra le frequenza traslazionale e rotaziona-

    le disaccoppiate e delleccentricit essulle deformate staticae modale (periodo disaccoppiato T=1 s, spettro EC8 suolo A).

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    analisi statica

    inviluppo modale

    = 1.3es= 0.10L (a)

    correzione cone = 0.051L

    analisi statica

    inviluppo modale

    = 1.0es= 0.10L (b)

    correzioni cone = 0.029Le = +0.181L

    analisi statica

    inviluppo modale

    = 0.8es= 0.10L

    (c)

    correzione cone = 0.156L

    = 0.8es= 0.02L

    analisi statica

    inviluppo modale

    (d)

    correzione con e = 0.049L

    Figura 3 - Eccentricit correttiva per equiparare analisi statica e modale.

    (figura 3). Nel caso di schemi torsionalmente rigidi, leccentricit correttiva hasempre verso opposto a quello delleccentricit propria ese non assume mai va-lori estremamente alti (a). Quando prossimo allunit sempre necessariolutilizzo contemporaneo di due eccentricit (b). Per sistemi torsionalmente de-formabili la correzione ancora possibile, ma lentit di e in genere elevata,

    perfino maggiore di es(c, d). I valori delleccentricit correttiva necessaria co-stituiscono una superficie nello spazio -es-ee possono essere rappresenta-te in un piano -esmediante curve di livello (figura 4).

    Tutte le normative sismiche propongono formulazioni pi o meno sem-plificate per tale eccentricit, anche se i valori ottenuti mediante queste non so-no scevri da critiche (Calderoni et al.2-3). Particolarmente inaffidabile risulta, amio parere, la formula inserita nellEurocodice 8 che era stata ricavata da Mul-ler e Keintzel7con una ben limitata validit e poi arbitrariamente estesa ad uninsieme ben pi vasto di situazioni. Un semplice ma rigoroso algoritmo nume-rico e formulazioni pi semplici e nel contempo pi affidabili di quelledellEurocodice 8, ricavate dallesame di diagrammi quali quelli mostrati in fi-gura 4, possono essere trovate nei gi citati lavori di Calderoni et al.2-3. Inte-grando le loro conclusioni con ulteriori considerazioni numeriche, ritengo sipossa in definitiva proporre:

    per il lato flessibilequando

    1 { } e e Lf s= MIN . .15 0 05;

    quando 1 2 1 <

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    Figura 4 - Eccentricit correttiva per il lato flessibile efe per il lato ri-gido es , in funzione dei parametri ed es .

    per il lato rigidoquando

    < 11. { } e e Ls s= MIN . ( . )15 11;

    quando 11. es = 0

    Negli stessi lavori si trovano anche indicazioni circa il modo col quale valutareeccentricit e raggio dinerzia delle rigidezze nel caso di schemi multipiano.Questo problema solo in apparenza banale. Infatti, mentre per schemi mono-piano immediato definire la rigidezza come rapporto tra azione (forza o cop-pia) e corrispondente componente di movimento (spostamento o rotazione), perschemi multipiano si deve parlare a rigore di matrice di rigidezza, anche se hasenso parlare di rigidezza a ciascun piano purch la si metta in relazione ad unaassegnata distribuzione di azioni. Nei lavori suddetti viene proposto di risolverelo schema soggetto ad una distribuzione plausibile di forze (ad esempio quellevalutate mediante analisi statica) applicate nel centro di massa e, separatamen-te, soggetto a coppie pari al prodotto di tali forze per uneccentricit arbitrariae1 , uguale a tutti i piani. Detti vFFvMMlo spostamento del centro di massa ela rotazione provocate ad ogni piano dalle forze e dalle coppie, si possono cal-colare a tutti i piani le quantit

    e esF

    M

    = 1

    r e

    v

    ekF

    M

    F

    M

    =

    1

    1

    2

    Se queste grandezze non variano in maniera sensibile da piano a piano, esserappresentano leccentricit ed il raggio dinerzia cercati. In caso contrario loschema deve essere considerato irregolare contemporaneamente in elevazioneed in pianta ed inevitabile luso dellanalisi modale.

    es/Le /L

    L

    es

    L

    es

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    Regolarit e comportamento inelastico

    Quando la resistenza delle sezioni non sufficiente a garantire il mantenimentodi un comportamento elastico, la risposta di uno schema ad un assegnato motodel terreno di base viene sempre valutata mediante unanalisi al passo, usual-mente con il metodo di Newmark. Nellapplicarlo si ipotizza che la rigidezza diciascun elemento strutturale sia costante nellambito del passo (con valore paria quello di inizio passo) ed alla fine del passo si controlla se vi sono state va-riazioni di stato (plasticizzazioni o ritorni in campo elastico). Se ci avviene,oltre ad aggiornare la matrice di rigidezza si ricalcola lequilibrio a fine passoper la struttura variata e gli eventuali squilibri vengono portati in conto e corret-ti nel passo successivo. Tra tutti i parametri di risposta dei quali si determinacos la storia nel tempo assumono particolare importanza le deformazioni pla-stiche, quali le rotazioni plastiche delle sezioni di estremit delle aste. In parti-

    colare il rapporto tra la rotazione plastica massima di una sezione e la rotazioneper la quale essa inizia a plasticizzarsi viene denominato duttilit rotazionale.Si parla poi di duttilit disponibile quando si fa riferimento alla capacit dirotazione della sezione e di duttilit richiesta per indicare il valore fornito daunanalisi non lineare, intendendo cos che la sezione accettabile, cio nonraggiunge la rottura completa, se la duttilit disponibile maggiore di quellarichiesta. Questa definizione, introdotta con riferimento a carichi monotonica-mente crescenti, andrebbe affinata in presenza di deformazioni cicliche comequelle indotte da un sisma. In tale caso la rottura della sezione non legata soloal valore massimo della rotazione plastica ma anche allenergia dissipata neicicli, proporzionale alla somma di tutte le escursioni plastiche (rotazione cumu-lata). Attualmente sono disponibili pi formulazioni, come ad esempio quellaproposta da Park e Ang9per sezioni in cemento armato, che cercano di metterein relazione il collasso della sezione con lentit delle deformazioni plastiche ecumulate mediante indici di dannoche assumono il valore zero quando la se-zione elastica ed il valore uno quando si raggiunge la rottura.Lanalisi al passo uno strumento molto potente per valutare la risposta inela-stica di una struttura ad un assegnato terremoto. Fino a pochi anni orsonolonere computazionale richiesto era tale da limitarne luso ai gruppi di ricercapi avanzati. Oggi, grazie alla potenza di calcolo sempre maggiore dei compu-ter, sarebbe possibile utilizzarla anche in fase di progetto, per affinare progres-

    sivamente le sezioni definite mediante un dimensionamento preliminare; le in-certezze e le difficolt di modellazione, con il conseguente rischio di errori, nesconsigliano per un utilizzo comune. Occorre daltro canto notare che, a diffe-renza di quanto visto per le analisi elastiche, non esistono metodi semplificatiche consentono una stima approssimata della risposta inelastica di una struttu-ra. Per la progettazione ci si deve quindi basare sulla estrapolazione di risultatiottenuti dall'analisi di schemi ad uno o a pochi gradi di libert.

    Le basi concettuali della progettazione di strutture che devono andare ol-tre il limite elastico possono farsi risalire agli studi svolti negli anni sessanta daNewmark sugli oscillatori semplici elasto-plastici, che misero in evidenza rela-

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    F

    risposta elastica

    risposta inelastica

    (a)

    F

    risposta elastica

    risposta inelastica

    (b)

    Figura 5 - Confronto schematico tra la risposta di oscillatori semplici e-

    lastici ed elasto-plastici.

    zioni tra il comportamento di questi e quello di schemi indefinitamente elastici.Nel caso di oscillatori con periodo proprio molto basso (pochi decimi di secon-do) si nota una equivalenza in termini energetici, cio di area sottesa dal dia-gramma forze-spostamenti (figura 5 a); per periodo maggiori si ha invece unasostanziale coincidenza dello spostamento massimo (figura 5 b). Con riferi-mento a questultimo caso si pu trarre la conclusione che possibile progetta-re lo schema con una resistenza pi bassa di quella necessaria per sopportare ilsisma in campo elastico, purch la riduzione di forza sia pari alla duttilit di-sponibile nello schema. Si pu cos definire uno spettro di progettoottenuto ri-ducendo le ordinate dello spettro di risposta mediante un coefficiente pari alladuttilit disponibile, salvo un tratto iniziale (per periodi molto bassi) nel qualela riduzione deve essere minore per garantire lequivalenza in termini energeti-ci. Nellestendere questa conclusione a schemi pi complessi occorre tenereconto della duttilit locale delle sezioni, della duttilit globale dello schema edanche della capacit dissipativa viscosa (smorzamento); il coefficiente riduttivoviene indicato nellEurocodice 8 col simbolo qe denominato in inglese beha-viour factor, termine tradotto in italiano con fattore di struttura o pi lette-ralmente fattore di comportamento (figura 6).In definitiva, il progetto di strutture che devono sopportare un sisma in campoplastico viene sempre effettuato mediante unanalisi elastica (statica o modale). evidente che questa analisi una semplificazione convenzionale che si regge

    sul presupposto che la duttilit richiesta non superi quella disponibile. Il coeffi-ciente q, tarato sulla base del comportamento di schemi semplici e regolari, de-ve essere modificato in tutti i casi in cui lo schema, discostandosi da talesemplicit e regolarit, pu presentare richieste di duttilit pi elevate. Si pudire in generale che tutto ci che causa un incremento locale di sollecitazioni ela plasticizzazione precoce di sezioni interferisce con il meccanismo di collassoduttile che si vuole ottenere e riduce quindi il fattore di struttura. Anche in que-sto caso comunque preferibile discutere linfluenza delle irregolarit in eleva-

    zioneseparatamente da quella delle irregolarit in pianta.

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    T(s)

    R

    suolo A

    suolo C suolo B

    0.0

    0.5

    1.0

    0 1 2 3 4 Figura 6 - Spettri di progetto proposti dallEurocodice 8, diagrammati

    per un coefficiente di struttura q=5.

    Irregolarit in elevazione

    Influiscono negativamente sul comportamento inelastico sia le brusche varia-zioni di resistenza degli elementi strutturali (ad esempio la forte riduzione diarmatura nei pilastri al passare da un ordine allaltro; oppure la presenza di pro-filati in acciaio allinterno dei pilastri dei soli ordini inferiori, tipica di molte

    costruzioni in c.a. in Giappone) che la distribuzione fortemente variabile lungolaltezza di sovraresistenze non previste nel calcolo (dovute tipicamente ai pan-nelli murari che possono mancare quasi del tutto in corrispondenza di piani apilotis o con negozi con grandi vetrine).

    Si tiene conto delle irregolarit in elevazione incrementando le forze diprogetto, ovvero riducendo il fattore di struttura q. Ad esempio lEurocodice 8prevede di moltiplicare per 0.8 i valori consueti di qquando la variazione di re-sistenze da un piano allaltro supera un assegnato limite. per importante ri-cordare nella fase di impostazione progettuale che certe situazioni, come la pre-senza di un piano debole (cio di un unico piano con resistenza nettamente in-feriore a quella di tutti gli altri), dovrebbero essere del tutto evitate. Esse pos-

    sono infatti stravolgere completamente il comportamento inelastico e portare arichieste di duttilit tanto elevate da richiedere incrementi di resistenza benmaggiori di quelli imposti dalle normativa sismiche.

    Si noti infine che anche le irregolarit di massa e di rigidezza possonoavere un certo ruolo, ma solo indirettamente come causa di concentrazioni disollecitazioni che rendono irregolare e non facilmente prevedibile la distribu-zione delle resistenze necessarie. Per questo motivo, e solo per questo, pu es-sere preferibile luso dellanalisi modale anzich di quella statica, nonostantequestultima porti in genere ad una maggiore resistenza complessiva dellastruttura.

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    Irregolarit in pianta

    La risposta rotazionale in regime inelastico in generale diversa da quella ela-stica e ci comporta un incremento di deformazioni (e di richiesta di duttilit)dalluno o dallaltro lato dello schema. Di conseguenza la presenza di eccentri-cit tra baricentro delle masse e delle rigidezze, le cui cause sono state discussein precedenza, si riflette sempre anche sul comportamento inelastico.

    Per comprendere fisicamente quale sia linfluenza delleccentricit, sipu osservare innanzitutto che la traslazione e la rotazione massima di un im-palcato sono condizionati in misura molto ridotta dalla resistenza dei singolielementi strutturali (Goel e Chopra6, Tso e Zhu13); ci per molti versi analogoa quanto constatato da Newmark per gli oscillatori semplici elasto-plastici. Sinota per contemporaneamente che, quando lo schema subisce forti deforma-zioni plastiche, la rotazione dellimpalcato abbastanza pi piccola di quella

    che si avrebbe se lo schema si mantenesse in regime elastico; ci dovuto siaalla continua variazione di posizione del centro istantaneo di rigidezza, causatadalla plasticizzazione degli elementi strutturali, che al contributo degli elementiortogonali alla direzione di massima eccitazione sismica, che si mantengonopi a lungo in campo elastico (Ghersi et al.4). A titolo esemplificativo si mo-strano gli spostamenti massimi degli schemi gi analizzati in regime elastico,differenti per rigidezza torsionale ed eccentricit, valutati come media della ri-sposta a 30 accelerogrammi italiani opportunamente scalati (figura 7) e norma-lizzati rispetto alla risposta media del corrispondente sistema bilanciato. Dalconfronto con la figura 2 si pu anche notare che la risposta elastica moltosimile a quella valutata mediante analisi modale.

    risposta inelastica

    risposta elastica

    = 1.3es= 0.10L (a)

    = 1.0es= 0.10L (b)

    risposta inelastica

    risposta elastica

    = 0.8es= 0.10L (c)

    risposta elastica

    risposta inelastica

    = 0.8es= 0.02L (d)

    risposta elastica

    risposta inelastica

    Figura 7 - Spostamenti massimi in regime elastico ed inelastico, come ri-

    sposta media a un insieme di 30 accelerogrammi storici.

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    Confrontando la deformata inelastica con quella prevista in fase di pro-getto si individuano chiaramente i punti in cui maggiore la richiesta di duttili-t, che corrispondono agli elementi strutturali per i quali lanalisi progettuale

    sottostima leffettivo spostamento. anche evidente che lentit della duttilitmassima e la posizione degli elementi in cui essa richiesta dipende dal tipo dianalisi svolta (modale o statica). Ci spiega lapparente discordanza delle con-clusioni tratte da vari ricercatori nellesaminare il comportamento di strutturedissimmetriche progettate secondo differenti normative sismiche.

    Il fatto che la massima richiesta di duttilit sia concentrata in pochi ele-menti rende poco conveniente affrontare il problema aumentando globalmentele forze di progetto. Migliori risultati si ottengono con una pi corretta stimadella deformata inelastica, che pu essere ottenuta come risultato di unanalisielastica nella quale il centro di massa sia spostato di una opportuna quantit che

    chiameremo eccentricit di progetto ed . Ricordando che la struttura deve esserein grado di sopportare in regime elastico azioni sismiche modeste e contempo-raneamente, in fase inelastica, azioni sismiche molto elevate (che per in fasedi progetto sono ridotte mediante il coefficiente di struttura e quindi sono so-stanzialmente equivalenti alle precedenti), la via progettuale pi corretta apparequella di assegnare a ciascun elemento strutturale la resistenza pi alta tra quel-la calcolata col centro di massa nella sua posizione reale e quella ottenuta spo-standolo della quantit ed . Entrambi i calcoli andrebbero effettuati usandolanalisi modale o, in alternativa, lanalisi statica modificata con le gi discusseeccentricit correttive.

    Il modo pi semplice per ottenere il risultato anzidetto quello di assu-

    mere uneccentricit di progetto uguale alleccentricit propria es , ovvero con-siderare come secondo schema di calcolo uno schema bilanciato, a comporta-mento traslazionale. Ci quanto viene proposto dalla normativa americana(UBC, cio Uniform Building Code) che richiede che quando si utilizza nelcalcolo della struttura un modello tridimensionale le caratteristiche di sollecita-zione di progetto non siano mai inferiori a quelle ottenibili mediante uno sche-ma piano. Occorre notare che questa prescrizione si trova non nella parte speci-ficamente relativa alle strutture antisismiche ma nella parte generale, riferita atutti gli edifici, e vi stata inserita molti anni addietro, quando iniziavano adessere disponibili programmi per il calcolo di schemi tridimensionali ma il pro-

    blema sismico inelastico di cui stiamo ora discorrendo era ben lungi dallessererisolto. Essa sembra quindi nascere pi da una sfiducia verso un metodo di cal-colo che dalla reale consapevolezza della sua utilit.

    Studi molto recenti (Ghersi et al.4) hanno esaminato in maniera sistemati-ca linfluenza delleccentricit di progetto edgiungendo a formulazioni, ancorain corso di affinamento, che legano il valore ottimale di essa alleccentricitpropria esed al rapporto tra frequenze traslazionale e rotazionale disaccoppiate:

    e k e ed s r= ( )

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    con ked erdipendenti principalmente da . Si nota in particolare che per sche-mi torsionalmente rigidi (>1) leccentricit di progetto minore dellec-centricit propria; la prescrizione dellUBC in tal caso cautelativa e luso di unaformula pi esatta, come quella proposta, pu servire solo per ottenere modesteriduzioni del costo strutturale. Per schemi torsionalmente deformabili (

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