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Laura Gobbi Andrea Grippa

Il sistema ambienteAspetti caratteristici, impatti e sistemi di gestione

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–3255–8

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I edizione aggiornata: ottobre 2010

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Indice

09 Capitolo IIl sistema ambiente

1.1. Il sistema ambiente, 9 – 1.2. Definizione di ecosistema, 11 – 1.2.1. Biomi, 14 – 1.2.2. La biodiversità, 15 – 1.2.3. La perdita della biodiversità, 17 – 1.3. Modelli, indicatori ed indici, 18 – 1.3.1. Il modello PSR, 19 – 1.3.2. Il modello DPSIR, 21

23 Capitolo 2Lo Sviluppo Sostenibile

2.1. Lo Sviluppo Sostenibile, 23 – 2.2. Conferenze internazionali, 25 – 2.3. Il concetto di Sostenibilità ed il concetto di Sviluppo, 26 – 2.3.1. Le teorie dello sviluppo, 27 – 2.4. I Principi dello Sviluppo Sostenibile, 29 – 2.4.1. Principio di Equità infra e inter-generazionale, 31 – 2.4.2. Principio inter-tem-porale, 31 – 2.4.3. Principio inter-regionale, 32 – 2.5. Agenda 21, 32 – 2.5.1. Agenda 21 Locale, 34 – 2.6. Il Vertice di Johannesburg del 2002, 36 – 2.7. La Conferenza di Nairobi, 37 – 2.8. La Politica Ambientale, 40 – 2.8.1. Caratteristiche della Politica Ambientale, 43 – 2.8.2. La Politica Ambientale Co-munitaria, 45 – 2.8.3. L’Agenzia Europea per l’Ambiente, 47 – 2.8.4. Quinto Programma d’Azione in materia di Ambiente: “Verso lo sviluppo sostenibile” , 48 – 2.8.5. Sesto Programma d’Azione in materia di Ambiente: “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta”, 52 – 2.8.6. Settimo Programma d’Azione in materia di Ambiente, 53 – 2.8.7. La Politica Ambientale in Italia, 54 – 2.9. Strumenti per lo Sviluppo Sostenibile, 59

69 Capitolo 3L’atmosfera

3.1. Introduzione, 69 – 3.2. Definizione di atmosfera e inquinanti, 70 – 3.2.1. Che cos’è l’atmosfera?, 70 – 3.2.2. La definizione italiana di inquina-

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mento, 71 – 3.2.3. La definizione europea di inquinamento, 71 – 3.2.4. Fonti naturali ed antropiche, 72 – 3.2.5. Inquinanti primari e secondari, 73 – 3.3. La scala spaziale dei fenomeni di inquinamento atmosferico, 73 – 3.3.1. Emissioni in atmosfera, 74 – 3.4. Il Protocollo di Kyoto, 78 – 3.4.1. I mecca-nismi di flessibilità, 81 – 3.4.2. Certificati Verdi, 83 – 3.4.3. Certificati Bianchi, 84 – 3.5. I principali effetti atmosferici, 86 – 3.5.1. L’effetto serra, 86 – 3.5.2. L’anidride carbonica, 90 – 3.5.3. Il buco dell’ozono, 93 – 3.5.4. Le piogge acide, 97 – 3.5.5. Gli ossidi di azoto, 100 – 3.5.6. Gli ossidi di zolfo, 102 – 3.5.7. Lo smog fotochimico, 104 – 3.5.8. I composti organici volatili, 105 – 3.5.9. Il particolato, 107 – 3.5.10. Il benzene, 108 – 3.5.11. Gli ossidi di carbonio, 109 – 3.5.12. Gli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), 111 – 3.5.13. I metalli pesan-ti, 112 – 3.6. Quadro normativo sulla qualità dell’aria, 112 – 3.6.1. D.P.R. 203/88 – Quadro normativo e successive integrazioni, 112

123 Capitolo 4Il suolo

4.1. Indicatori, 125 – 4.1.1. Evoluzione fisica e biologica, 125 – 4.1.2. Con-taminazione, 129 – 4.1.3. Qualità del suolo, 130 – 4.1.4. Uso del territorio, 131 – 4.2. Foreste, 133 – 4.2.1. Lo stato delle foreste, 133 – 4.2.2. Le foreste in Italia, 135 – 4.3. L’Inventario Forestale Nazionale, 136 – 4.4. Il nuovo INFC Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi di Carbonio , 138 – 4.5. Gli indicatori di stato delle foreste, 140 – 4.6. I rifiuti, 141 – 4.6.1. La normativa, 142 – 4.6.2. Il Decreto Ronchi, 143 – 4.7. Il ciclo dei rifiuti urbani, 145 – 4.8. Interramento controllato in discarica, 154 – 4.8.1. Criteri di pro-gettazione della discarica controllata per r.u., 155 – 4.8.2. Caratteristiche tec-niche costruttive, 156 – 4.9. Il Decreto Legislativo n. 152 del 3 Aprile 2006, 157 – 4.9.1. Gli aspetti caratteristici della norma, 162 – 4.10. Tracciabilità dei rifiuti – SISTRI, 165 – 4.10.1. Riferimenti normativi sulla tracciabilità, 166

169 Capitolo 5L’acqua

5.1. Introduzione, 169 – 5.2. La Risorsa Idrica, 170 – 5.2.1. L’ambiente ma-rino, 171 – 5.2.2. Le acque dolci, 174 – 5.3. Il fabbisogno idrico, 175 – 5.4. Il consumo di acqua, 177 – 5.5. Gli usi dell’acqua, 179 – 5.6 La politica dell’acqua, 180 – 5.7. L’inquinamento idrico, 181 – 5.7.1. L’eutrofizzazione, 184 – 5.8. Indicatori dell’acqua, 185 – 5.9. La normativa, 187

193 Capitolo 6Gli agenti fisici

6.1. L’inquinamento elettromagnetico, 193 – 6.1.1. La classificazione delle onde elettromagnetiche, 194 – 6.1.2. La normativa, 198 – 6.1.3. La Legge Qua-dro n°36 del 22 febbraio 2001, 199 – 6.1.4. Decreto del Presidente del Consiglio Dei Ministri 8 Luglio 2003, 202 – 6.1.5. Le principali fonti di inquinamento elettromagnetico, 204 – 6.1.6. L’inquinamento da ECM, 209 – 6.2. L’inqui-namento acustico, 215 – 6.2.1. Effetti dell’inquinamento acustico: il rumore, 216 – 6.2.2. Sorgenti di rumore, 219 – 6.2.3. Impatto sull’uomo, 220 – 6.2.4.

7Indice

Principali strumenti per la riduzione dell’inquinamento acustico, 222 – 6.2.5. Normativa di riferimento, 223 – 6.3. L’inquinamento indoor, 230 – 6.3.1. Fonti di inquinamento, 232 – 6.3.2. Agenti Inquinanti, 232 – 6.3.3. Normativa, 235 – 6.3.4. Inquinamento indoor in casa, 235 – 6.3.5. Inquinamento indoor in ufficio, 236 – 6.3.6. Inquinamento indoor nella scuola, 236 – 6.3.7. Inquina-mento indoor nei mezzi di trasporto, 237 – 6.4. L’inquinamento da Radon, 238 – 6.5. L’inquinamento luminoso, 241

247 Capitolo 7I settori produttivi

7.1 L’agricoltura, 247 – 7.1.1. Indicatori agroambientali, 249 – 7.1.2. La Poli-tica Agricola Comunitaria (PAC), 265, 7.2. Pesca, 268 – 7.3. L’industria, 270 – 7.3.1. Indicatori industriali, 272 – 7.4. “Energia” (di Carlo Amendola), 280 – 7.4.1. Le fonti energetiche tradizionali, 280 – 7.4.2. La situazione energetica internazionale: la domanda e offerta di energia, 280 – 7.4.3. Il petrolio, 284 – 7.4.4. I prezzi delle fonti energetiche, 292 – 7.4.5. Combustibili solidi: il carbone, 294 – 7.4.6. Gas naturale, 298 – 7.4.7. L’energia da fonti rinnovabili, 303 – 7.4.8. Indicatori per l’energia, 320 – 7.5. I trasporti, 322 – 7.5.1. Indicatori, 324 – 7.5.2. Biocarburanti, 327 – 7.6. Il turismo, 336 – 7.6.1. Indicatori, 336

339 Capitolo 8I Sistemi di Gestione AmbientaleLa norma ISO 14000

8.1. Introduzione, 339 – 8.2. Sistemi di Gestione Ambientale, 340 – 8.3. Perché introdurre un SGA, 340 – 8.4. Le norme di riferimento, 343 – 8.4.1. Dalla norma BS 7750 alla norma internazionale ISO 14001, 344 – 8.4.2. Le norme internazionali ISO 14000, 345 – 8.5. Fasi di un Sistema di Gestione Ambientale, 352 – 8.5.1. Riesame ambientale iniziale, 355 – 8.5.2. Politica ambientale, 357 – 8.5.3. Pianificazione, 358 – 8.5.4. Realizzazione ed opera-tività, 360 – 8.5.5. Controlli ed azioni correttive, 364 – 8.5.6. Riesame della Direzione, 367 – 8.6. Vantaggi conseguibili mediante un SGA, 368 – 8.7. Iter di certificazione, 369 – 8.7.1. Organismi di certificazione – ACCREDIA, 371 – 8.7.2. Uso della certificazione e del marchio, 373 – 8.8. ISO 14001/2004, 373 – 8.9. Dalla certificazione ISO 14001 alla registrazione EMAS, 377

379 Capitolo 9Il regolamento EMAS (Eco Management Audit Scheme)

9.1. Il regolamento comunitario n. 1836/93: EMAS I, 379 – 9.1.1. Obiettivi del regolamento n. 1836/93, 380 – 9.1.2. Elementi peculiari del regolamento, 381 – 9.1.3. Percorso attuativo del Regolamento EMAS, 384 – 9.2. Il regola-mento comunitario n. 761/2001: EMAS II, 388 – 9.2.1. Novità e differenze tra i due regolamenti EMAS, 390 – 9.2.2. Entità registrabili in EMAS, 391 – 9.2.3. Aspetti diretti ed ambientali, 394 – 9.2.4. Confronto EMAS II – ISO 14001, 394 – 9.3. Il regolamento comunitario n. 1221/2009: EMAS III, 400 – 9.3.1. Tavola delle novità, 405

407 Capitolo 10Certificazione Ambientale di Prodotto“Ecolabel”

10.1. Regole di funzionamento del sistema di marchiatura ecologica in-trodotto dal Reg. CEE n. 880/92, 412 – 10.2. Scelta del gruppo di prodotti e dei criteri ecologici, 414

415 Bibliografia

8 Indice

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1.1. Il sistema ambiente

L’ambiente rappresenta l’insieme delle condizioni fisiche (tem-peratura, pressione, luce…), chimiche (concentrazione di sali e composti) e biologiche (presenza di esseri viventi) in cui si può svolgere la vita di comunità di organismi (animali e vegetali).

Fin dai tempi più antichi l’uomo ha cacciato, pescato, disbosca-to e sfruttato le risorse della terra allo scopo di migliorare le pro-prie condizioni di vita; così facendo ha sfruttato le risorse naturali1 e l’ambiente in generale che, tuttavia, è sempre stato in grado di autoregolarsi. Due secoli fa, con la prima rivoluzione industriale ha avuto inizio quello sviluppo industriale ed economico che ha portato come conseguenza principale il miglioramento delle con-dizioni di vita, l’aumento della popolazione mondiale, segnando però l’insorgere delle problematiche ambientali generate da un progressivo, eccessivo sfruttamento dell’ambiente stesso.

1. Risorse naturali: esauribili: sono quelle che non possono essere ricostituite in tempi storici e sono quindi presenti in quantità relativamente limitate; rinnovabili: sono quelle che invece vengono ricostituite continuamente o che per la loro grande disponibilità possono considerarsi inesauribili. Risorse e riserve: risorsa: si deve inten-dere la disponibilità fisica totale di un materiale in natura, cioè la quantità totale di materiale potenzialmente utilizzabile; riserva: materiale presente in natura estraibile, o comunque ottenibile, con le moderne tecnologie e con costi tali da costituire un materiale economicamente competitivo, in altre parole la frazione utilizzabile delle risorse.

Capitolo I

Il sistema ambiente

10 Il sistema ambiente

Il complesso dei vari ambienti costituisce la biosfera ed i rap-porti esistenti tra di essi e con gli organismi, che in essi vivono, sono oggetto di studio dell’ecologia.

Con il termine “Ecologia”, definizione utilizzata per la prima volta dal biologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919), si intende la “scienza dei rapporti fra gli esseri viventi e l’ambiente fisico circo-stante”; l’ecologia analizza infatti i cicli naturali degli elementi, i rapporti alimentari (produttori, consumatori, fase di decomposi-zione), la dinamica delle popolazioni vegetali e animali, ecc.

Particolare attenzione viene dedicata al dibattito ecologico che riguarda i limiti della Terra. Il concetto di “limite” era già presente negli studi economici fin dal XIX secolo quando, alcuni studiosi indicarono che le risorse naturali usate dagli esseri umani per le attività produttive un giorno sarebbero potute essere insufficien-ti o addirittura esaurirsi. I capostipiti di questo movimento sono stati Thomas Malthus (1766-1834)2, John Stuart Mill (1806-1873) e più tardi William Stanley Jevons (1835-1882) che sollevò il problema dell’esaurimento delle riserve inglesi di carbone. Nel secolo scorso il movimento si tradusse in una denuncia del rapido (“eccessivo”) aumento della popolazione mondiale, rispetto alla disponibilità di cibo, acqua, risorse. Si tratta infatti di una diretta conseguenza del principio, rigorosamente ecologico, dell’esistenza di una capacità portante, di una carrying capacity, limitata in qualsiasi ecosistema, locale o planetario. Già negli anni sessanta erano apparsi libri che denunciavano la necessità di controllare la crescita della popola-zione mondiale, ma il momento di massima attenzione si è avuto nel 1972, con la pubblicazione del libro, intitolato “I limiti dello svi-luppo”, da parte del Club di Roma. L’invito a porre dei limiti alla crescita della popolazione e dei consumi e al conseguente degrado ed esaurimento delle risorse naturali, sollevò un vasto dibattito.

Direttamente legato alla consapevolezza dei “limiti” è il dibatti-to, più recente, sulla “sostenibilità”. L’osservazione della violenza e dei danni ambientali ha ben presto portato molti a riconoscere la fonte di tali danni nelle attività economiche e produttive e nelle

2. Teoria di Malthus: nel saggio “An essay on the principle of population” del 1798 egli sostenne la tesi che “la popolazione si accresce secondo una progressione geometrica e le risorse alimentari in progressione aritmetica”, cosicché la terra rap-presenterebbe un fattore di produzione limitante per la crescita della popolazione.

111. Il sistema ambiente

stesse regole “dell’economia” (Oikos = “casa” o “posto per vivere”; nòmos = “gestione”: è la gestione del posto in cui si vive).

Una storia dei rapporti fra “economia” e “ecologia” potrebbe mettere in evidenza il dibattito fra e con gli economisti che hanno reagito cercando di rimettere ordine nei termini, come il reale si-gnificato di parole quali crescita, sviluppo, PIL. La difesa dell’am-biente dai nuovi attentati presuppone non solo l’applicazione del-le leggi già esistenti, ma l’elaborazione di una nuova teoria del diritto capace di formulare nuove leggi e di dare indicazioni di comportamento ai governi. Bisogna osservare che spesso le solu-zioni a cui si ricorre oggi sono rielaborazioni di tecniche già lar-gamente usate nel passato. Oggi si parla tanto di processi tecnici per il riciclo dei materiali usati e delle scorie, spesso dimenticando che sempre, in passato, per motivi “economici”, le imprese han-no cercato di recuperare e riciclare tutto quanto era possibile. Le tecniche “ecologiche”, sono quelle che assicurano la produzione di merci con minore consumo di energia, con minore consumo di materie prime e con minore emissione di sostanze inquinanti.

1.2. Definizione di ecosistema

Per ecosistema s’intende l’insieme delle relazioni tra esseri vi-venti e ambiente fisico-chimico.

Un sistema consiste di una componente vivente (comunità biotica) e di una componente non vivente (abiotica) collegate tra di loro. La scienza che si occupa dello studio dei sistemi ecologici, o ecosistemi, intesi come l’insieme delle relazioni tra organismi viventi e l’ambiente fisico-chimico in cui vivono, si definisce eco-logia (deriva dal greco oikos = casa e logos = discorso).

Il campo di indagine dell’ecologia è la biosfera, uno strato rela-tivamente sottile che comprende il suolo, le acque e lo strato basso dell’atmosfera in cui è possibile la vita. La biosfera è suddivisa in varie zone che, caratterizzate da particolari condizioni climatiche, permettono la vita a certi organismi e la negano ad altri. Queste zone, dette biomi, sono identificate in base al tipo di vegetazione dominante, poiché dalle piante deriva la vita degli animali (bioma polare, tundra, foresta di conifere, foresta decidua, foresta di sem-pre verdi o macchia mediterranea, prateria, foresta pluviale, de-serto, bioma marino e bioma di acqua dolce). Nel proprio bioma,

12 Il sistema ambiente

ogni essere vivente occupa uno spazio ristretto, ossia un ambiente limitato detto ecosistema, a cui è perfettamente adattato ed in cui sopravvive grazie ai rapporti che instaura con gli altri organismi.

Un ecosistema è, quindi, un complesso sistema ecologico basa-to sulla interazione di comunità biotica e ambiente inorganico:

– animali o/e vegetali;– il flusso di energia: sole, calore, energia sussidiaria delle ma-

ree, dell’uomo;– i cicli di materiali: ciclo del carbonio, dell’azoto, dell’acqua,

dello zolfo, ecc.

Oggi l’ambiente viene sempre più percepito come realtà viva, fragile e complessa che emerge dal sistema di rapporti che si ven-gono a intrecciare tra tutti i fattori che formano la struttura di un livello dell’organizzazione della vita sul pianeta: cellula, indi-viduo, popolazione, comunità.

Se si considera l’ecosistema come livello di organizzazione che esprime le relazioni che uniscono i diversi suoi comparti, è facile evidenziare alcune sue caratteristiche fondamentali:

– un sistema è aperto, poiché riceve dall’esterno e cede all’esterno materia ed energia (per cui non segue le leggi della termodinamica classica, limitata ai sistemi chiusi);

– un sistema è complesso, poiché la sua descrizione, anche sommaria, richiede parecchie variabili di stato;

– un sistema è ordinato, perché, nella sua evoluzione, è anda-to incontro ad una gerarchizzazione nelle sue parti;

– un sistema è dinamico, perché in continuo cambiamento, verso un naturale stadio di “maturità”.

Quando questa normale successione ecologica è alterata da gra-vi interferenze, di origine per lo più antropica, o da grossi cataclismi naturali e le oscillazioni “fisiologiche” nei rapporti di equilibrio tra componente biotica e abiotica superano la possibilità di recupero dell’intero sistema, s’innescano processi di degrado con regressioni a forme biocenotiche meno evolute. Se non viene raggiunto il li-vello di collasso ambientale, cioè di allontanamento definitivo dal-lo stato originario, azioni di recupero o di risanamento ambientale possono indurre una reversibilità in tali processi. In altri termini, un

131. Il sistema ambiente

certo ambiente fisico (o la componente biotica in esso presente), è stabile se i cambiamenti che subisce sono tali (lenti, di lieve entità, ecc.) da consentire alle comunità dei viventi di adattarsi ad essi; viceversa, se le alterazioni sono rilevanti e il cambiamento è rapi-do, possono innescarsi fenomeni di estinzione o di sostituzione di comunità con altre più adatte alle nuove condizioni. Le esperienze di questi ultimi anni portano a ritenere che tutti gli ecosistemi non definitivamente compromessi, una volta cessate le cause di pertur-bazione, tornino alla condizione di equilibrio ecologico, cioè a una condizione di stabilità dinamica risultante da forze e pressioni tra loro contrastanti (ad esempio produzione/consumo delle biomas-se, ecc.), con un tempo loro caratteristico (resilienza). In genere, ogni ecosistema presenta, a parità di fattori d’interferenza, livelli di criticità, cioè livelli di degrado conseguenti alla pressione cui sono sottoposti, differenti in relazione alla vulnerabilità intrinseca e alla sensibilità per i diversi agenti perturbanti.

La definizione della criticità di un’area, nei confronti della prevedibile incidenza delle perturbazioni di origine antropica, non può avvenire in senso assoluto, ma deve essere relaziona-ta alla struttura degli ecosistemi, naturali e non, alla natura dei processi che ne regolano il funzionamento, alla loro potenzia-le suscettibilità nei confronti di occasioni di nocività ripetute o croniche. Questo per evitare quanto si è verificato molte volte (le cosiddette “bombe ecologiche”), allorquando si è continua-to a immettere in un determinato ecosistema limitate quantità di una certa sostanza, convinti di non provocare danni, vista la modica quantità del rilascio (o, peggio, convinti del rispetto di leggi che impongono standard di riferimento identici per tutto il territorio nazionale). Il monitoraggio della situazione confer-mava queste convinzioni fintantoché, improvvisamente, il col-lasso del sistema riconduceva il problema nei più corretti ter-mini della definizione della ricettività ambientale, ovvero del-le caratteristiche proprie del particolare ecosistema in esame. Da un punto di vista ambientale, ma anche etico, contenere i livelli di nocività al di sotto di una soglia stabilita si è rivelato insufficiente quando le sorgenti inquinanti da controllare sono territorialmente diffuse; d’altra parte oggi si conoscono meglio i meccanismi di trasferimento degli inquinanti nei diversi comparti ambientali, le sinergie tra loro, la minore o maggiore capacità ri-cettiva degli ecosistemi o di alcuni loro segmenti. Si cerca quindi

14 Il sistema ambiente

di prevedere il comportamento degli ecosistemi o di simularne alcune funzioni, utilizzando dei “modelli”, consapevoli comun-que che queste astrazioni riproducono la complessità ambientale, necessariamente, in maniera semplificata.

1.2.1. Biomi

La comunità biotica, animale o vegetale, è distinta in un in-sieme di popolazioni; per popolazione intendiamo un gruppo di organismi della stessa specie che occupano una data area e costi-tuiscono una parte della comunità.

La comunità biotica (da bios = vita) è strettamente legata all’am-biente in cui vive in quanto ‘rispecchia’ determinate caratteristi-che o fattori tipici di un ecosistema, in altre parole è adattata alla quantità di acqua, luce, temperatura disponibili in quell’ambien-te. Però gli organismi non solo si adattano all’ambiente, ma fanno sì che anche l’ambiente si adatti a loro: tale ipotesi formulata da Lovelock nel 1979 è conosciuta come Gaia Ipotesi.

La componente abiotica è costituita da: temperatura, acqua, luce, pressione e suolo:

– Temperatura: la temperatura sulla superficie terrestre dimi-nuisce gradualmente man mano che si va dall’equatore ai poli e man mano che si sale dal livello del mare: può raggiun-gere limiti estremi di + 70°C e - 60°C. Ogni specie animale o vegetale vive bene entro un certo intervallo di temperatu-ra; a temperature troppo basse i processi vitali rallentano o vengono temporaneamente sospesi, mentre a temperature troppo elevate si arrestano in modo definitivo. Inoltre ogni specie possiede una propria temperatura. I mammiferi e gli uccelli hanno una temperatura corporea costante indi-pendentemente dalla temperatura dell’ambiente e vengono detti omeotermi; invece la temperatura dei pesci, rettili ed anfi bi varia con le condizioni climatiche, sono eterotermi. Gli omeotermi sopportano meglio le variazioni di tempera-tura dell’ambiente. Anche le piante hanno una temperatura propria che dipende dall’ambiente in cui vivono.

– Acqua: l’acqua è essenziale per tutti i viventi, anche se le esi-genze variano da specie e specie. Ogni organismo deve in-

151. Il sistema ambiente

trodurre la giusta quantità di acqua perché tutte le reazioni chimiche della vita avvengono in soluzione acquosa.

– Luce: la luce solare è la prima forma di energia per i viventi ed è considerata un fattore limitante per la vita.

– Pressione: la pressione che l’aria esercita sui viventi è impor-tante specialmente se associata ad altri fattori quali tempe-ratura e presenza di ossigeno.

– Suolo: anche il suolo condiziona la vita degli organismi. Se compatto e argilloso l’aria circola con difficoltà, le radici delle piante faticano a svilupparsi e gli animali scavatori non possono svolgere le loro abituali attività; i terreni friabili, sabbie e ghiaie, contengono molta aria ma poca acqua e non offrono condizioni adatte alla vita.

1.2.2. La biodiversità

La biodiversità indica una misura della varietà di specie ani-mali e vegetali nella biosfera; essa è il risultato di lunghi processi evolutivi. L’evoluzione è il meccanismo che da oltre tre miliardi di anni permette alla vita di adattarsi al variare delle condizioni sulla terra e che deve continuare a operare perché questa possa ancora ospitare forme di vita in futuro. La diversità della vita sulla terra è costituita dall’insieme degli esseri viventi che popolano il Pianeta. Questa diversità prende il nome di biodiversity, tale termine può essere tradotto “varietà della vita”. La biodiversità è intesa non solo come il risultato dei processi evolutivi, ma anche come il ser-batoio da cui attinge l’evoluzione per attuare tutte le modificazio-ni genetiche e morfologiche che originano nuove specie viventi. La biodiversità si può considerare almeno in tre livelli diversi:

– a livello di varietà genetica all’interno di una specie (o popo-lazione)

– a livello di varietà di specie– a livello di comunità ed ecosistemi al cui interno gli organi-

smi vivono e si evolvono.Le caratteristiche morfologiche, ovvero tutte le caratteristi-

che visibili degli esseri viventi come ad esempio il colore degli occhi e dei capelli dell’uomo, il colore del pelo dei gatti, sono esempi della varietà che esiste a livello di geni all’interno di ogni

16 Il sistema ambiente

singola specie. La varietà di specie di farfalle che frequentano il nostro giardino, l’incredibile numero di fiori diversi che posso-no essere trovati in un campo sono esempi della biodiversità a livello di specie. Infine, la varietà di ambienti in una determinata area naturale è l’espressione della biodiversità a livello di ecosi-stemi. La terra è popolata da numerosi esseri viventi, animali e vegetali che non conosciamo: oggi sono state classificate appe-na 1 750 000 specie, mentre le stime elaborate dai biologi vanno dai 5 agli 80 milioni. Diventa, quindi, ancora più urgente e im-portante occuparsi della conservazione di specie e ambienti che rischiano di sparire per sempre a causa dell’uomo, ancora prima di essere scoperti. È noto che alcuni biomi risultano più impor-tanti rispetto ad altri in termini di ricchezza di specie: le barriere coralline, gli estuari dei fiumi e le foreste tropicali che accolgo-no oltre la metà degli esseri viventi, pur ricoprendo il 6% della superficie terrestre, sono i più importanti. Perché la diversità nell’ambito di una comunità biologica possa essere considerata una risorsa deve essere caratterizzata da un adeguato numero di specie, da un’alta valenza ecologica e da un legame con le condi-zioni ambientali. Inoltre è necessaria un’uniforme e approfon-dita conoscenza dei dati di base e la disponibilità di dati recenti. La biodiversità è l’assicurazione sulla vita del nostro pianeta. Quindi la conservazione della biodiversità deve essere perseguita senza limiti poiché essa costituisce un patrimonio universale, che può offrire vantaggi immediati per l’uomo:

– mantenimento degli equilibri climatici sia a scala locale che pla-netaria; infatti le specie vegetali oltre ad essere l’unica fonte di ossigeno sul nostro Pianeta, hanno anche un ruolo fonda-mentale negli equilibri idrici e in quelli gassosi.

– fonte di materiale di studio: lo studio della Biodiversità per-mette di avere fondamentali conoscenze anche per com-prendere meccanismi biologici analoghi nell’uomo.

– uso sostenibile della flora per fini alimentari e medicinali: per quan-to riguarda l’uso della flora per l’alimentazione c’è da dire che oggi viene sfruttata solo una minima parte delle infinite possi-bilità alimentari fornite dalle piante. Invece utilizzando meglio tali risorse si potrebbero soddisfare i problemi di nutrizione in molte parti del mondo, senza alterare equilibri essenziali per l’ambiente.

171. Il sistema ambiente

Riguardo ai fini medicinali dell’uso della flora invece c’è il ri-schio di perdere, prima ancora di scoprirle, piante che forniscono sostanze necessarie nella lotta contro patologie come il cancro e la leucemia.

– soddisfacimento della richiesta sempre crescente di spazi naturali: l’istituzione di aree protette per un turismo eco-compatibi-le, può soddisfare la richiesta crescente di spazi per effettua-re attività come l’escursionismo e il birdwatching.

1.2.3. La perdita della biodiversità

Le maggiori concentrazioni di biodiversità si trovano nelle re-gioni e nei paesi che hanno foreste pluviali tropicali, paludi, lito-rali lagunosi e barrire coralline. Per avere un’idea delle differenti concentrazioni di biodiversità, basti pensare che mentre in tutta l’Europa a Nord delle Alpi esistono 50 specie indigene di alberi, un’area forestale di appena 50 ettari in Malaysia ne contiene fino a 830 ed un solo ettaro in Perù fino a 300.

La distruzione delle foreste tropicali, che procede a ritmo in-tenso, provoca danni irreparabili alle specie vegetali e animali, ac-celerandone l’estinzione

Quando la foresta viene distrutta, sradicando o bruciando gli alberi,vengono distrutte praticamente tutte le specie animali e ve-getali che vivono in questo habitat; si perdono anche molte specie che potrebbero essere utili all’uomo nei diversi campi.

L’uomo, in tutta la sua storia, ha usato per nutrirsi solo una piccola frazione delle specie vegetali commestibili:circa 7000 su di un totale di oltre 30 000 piante utilizzabili ai fini nutrizionali. L’introduzione dei moderni metodi agricoli ha portato ad una riduzione del numero di piante usate per l’alimentazione: oggi il 95% del cibo consumato nel mondo deriva da appena 30 piante, 9 delle quali ne forniscono il 75%. Ciò ha provocato,dagli inizi del secolo ad oggi, la perdita di circa il 75% della diversità genetica delle colture agricole usate nel mondo. Negli Stati Uniti, l’85% delle 7000 varietà di mele che si coltivavano nel secolo scorso, è ormai estinto. In India si coltivano solo 30/40 varietà di riso, mentre in passato ve n’erano 30000; l’uniformità genetica, favori-

18 Il sistema ambiente

ta dalle monocolture praticate sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, espone la pianta a malattie distruttive.

1.3. Modelli, indicatori ed indici

La conoscenza dell’ambiente che ci circonda ha sempre rap-presentato uno degli obiettivi primari per l’uomo fin dalle più antiche civiltà. Passo dopo passo si è raggiunta la consapevolez-za, oggi divenuta una necessità, di operare attività di controllo e monitoraggio sugli ecosistemi al fine di conservare le risorse naturali.

A tale scopo, la tutela delle risorse avviene attraverso il con-trollo del rispetto delle norme, che non deve essere fine a se stes-so, ma deve permettere la comprensione della cause di degrado di un ambiente attraverso la raccolta di dati, ovvero per mezzo di un monitoraggio dell’ambiente periodico e costante tale da per-mettere la maggiore comprensione delle dinamiche ambientali, in modo da prevenire il danno irreversibile.

A tale scopo per il monitoraggio ci si avvale di strumenti fruibili in modo semplice quali gli indicatori e gli indici, che inseriti in mo-delli descrivono i vari aspetti antropici ed ambientali dei sistemi:

– “indicatori” (di stato, di accumulo, di sostenibilità ambien-tale, ecc.);

– “indici” di compatibilità delle azioni umane con la ricettivi-tà dell’ambiente.

La definizione oggi più adottata di indicatore è quella dell’OC-SE3 che definisce l’indicatore come “un parametro o un valore derivato da parametri, che indica/fornisce informazioni su/de-scrive lo stato di un fenomeno/ambito/area; inoltre esso ha un significato che va oltre le proprietà direttamente associate al valo-re del parametro” (OCSE, 1993).

L’indicatore deve essere uno strumento sintetico ma nello stes-so tempo efficace, in modo da fornire una descrizione del feno-meno più accurata possibile. Esso deve essere in grado di:

3. OCSE: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

191. Il sistema ambiente

– descrivere una situazione ambientale utilizzando un nume-ro limitato di parametri e misure rispetto a quello che gene-ralmente viene considerato per la descrizione puntuale del fenomeno;

– semplificare la comprensione del fenomeno in modo che il valore informativo scaturito dall’applicazione dell’indicato-re possa essere facilmente utilizzato anche dai “non addetti” alle tematiche scientifico-ambientali.

L’indicatore si riferisce ad un parametro o ad una specie (chi-mica, fisica o biologica) avente una stretta relazione con un feno-meno ambientale, in grado di fornire informazioni sulle caratte-ristiche dell’evento nella sua globalità, nonostante ne rappresenti solo una parte. Funzione principale dell’indicatore è la rappresen-tazione sintetica dei problemi indagati in modo però da conserva-re il contenuto informativo dell’analisi.

1.3.1. Il modello PSR

Nel 1989 l’OCSE avvia un programma di lavoro finalizzato a monitorare i progressi nella gestione dell’ambiente e ad assicura-re adeguata integrazione degli aspetti ambientali sia nelle politi-che di settore (trasporti, energia, agricoltura…), sia nelle politiche economiche; agli inizi degli anni ‘90, per sviluppare ed organizza-re gli indicatori, viene messo a punto il Modello Pressione-Stato-Risposta (PSR).

Questo portò ad:

– un accordo tra i Paesi membri circa l’utilizzo del Modello Pressione-Stato-Risposta (PSR) quale riferimento comune;

– all’individuazione e definizione di un insieme base (core set) di indicatori ambientali (integrato da insiemi di indicatori per i singoli settori), selezionati in relazione al livello di in-teresse da essi rappresentato per le politiche ambientali, alla loro solidità scientifica e alla possibilità di misurarli;

– alla raccolta e pubblicazione di dati sugli indicatori per l’uti-lizzo da parte dei Paesi membri.

20 Il sistema ambiente

Il Modello Pressione-Stato-Risposta (PSR) è basato sul concet-to di causalità: le attività umane esercitano pressioni sull’ambien-te e cambiano la qualità e la quantità delle risorse (vale a dire lo stato dell’ambiente).

La risposta della società a tali cambiamenti avviene attraverso politiche ambientali, economiche e settoriali; quest’ultima forma un ciclo retroattivo con le pressioni determinando altre attività umane e quindi altri impatti sull’ambiente.

Più in generale queste fasi fanno parte di un ciclo che inclu-de la percezione dei problemi, la formulazione delle politiche, il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia delle politiche. Il modello PSR ha quindi il vantaggio di mettere in luce questi collegamenti.

Indicatori del modello PSR. La generale tendenza a livello internazionale è quella di classi-

ficare gli indicatori in base allo schema Pressione-Stato-Risposta:

Figura 1. Il Modello Pressione - Stato - Risposta

211. Il sistema ambiente

– indicatori di pressione ambientale: le diverse attività umane che costituiscono fonti di pressioni sui vari comparti ambientali;

– indicatori di stato: la qualità dell’ambiente attuale e delle sue alterazioni;

– indicatori di risposta: si riferiscono alle misure prese dalla so-cietà per migliorare lo stato dell’ambiente.

1.3.2. Il modello DPSIR

Una variazione del modello PSR fu introdotta nel 1995 dall’Agenzia Europea per l’Ambiente e venne denominata DPSIR (Driving force, Pressure, State, Impact, Response).

Il modello DPSIR ha ampliato lo schema degli indicatori ag-giungendo:

– indicatori di Cause primarie: Driving force, i settori economi-ci e le attività umane che inducono le pressioni ambientali;

– indicatori di Impatto: Impact, che descrivono gli effetti sull’ecosistema e sulla salute umana derivanti dai fattori di pressione ambientale.

Indicatori del modello DPSIR Sono indicatori del modello DPSIR:

– le Cause generatrici primarie (Driving forces) che rappre-sentano le attività antropiche primarie, come l’agricoltura, l’industria, la flotta peschereccia, ecc.;

– le Pressioni (Pressures), come ad esempio gli scarichi nei corpi idrici, la produzione di rifiuti, ecc.;

– lo Stato (State) dell’ambiente ed in particolare della sua qua-lità, basti pensare ai mutamenti della qualità delle acque o della biodiversità di certi ecosistemi, come i laghi;

– gli Impatti (Impacts) sugli ecosistemi stessi ma anche sulla salute;

– le Risposte (Responses) che consistono in normative e piani d’intervento atti a ripristinare le condizioni di sostenibilità delle pressioni sull’ambiente, ovvero sono misure prese al fine di salvaguardare le risorse dell’ambiente senza danneg-giarle in modo irreversibile.

22 Il sistema ambiente

L’osservazione del sistema ambiente è stata condotta secondo quanto indicato dall’ISPRA ( Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale); sono stati utilizzati schemi, dati e definizioni ritenendo cosi’ di poter fornire ai lettori una viso-ne il più possibile corretta dei dati ambientali.L’osservazione ha preso spunto dall’analisi del modello DPSIR ed i capitoli sono stati trattati secondo tale modello.I capitoli riguardanti “Atmosfera”,” Risorsa Idrica”, “Suolo” ed “Agenti Fisici”, ri-entrano nei punti S–I–P; il capitolo dei “Settori Produttivi” nel D–P e la parte sui Sistemi di Gestione Ambientale tra R ed I

Figura 2. Il Modello Determinanti - Pressione - Stato - Impatti - Risposta.