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1 3$57(35,0$ &$3,72/2 /¶$87275$6325721(//$&(( ,OVLVWHPDFRPXQLWDULRGHLWUDVSRUWL Con il termine trasporto si indica il trasferimento, cioè il superamento di uno spazio da parte di persone, animali o cose da un luogo ad un altro con o senza veicolo. Il trasporto può quindi essere definito anche come l’atto mediante il quale viene soddisfatto il bisogno di mobilità delle persone e dei beni e, quindi, esso assicura la mobilità anche dei fattori di produzione e dei prodotti, favorendo così l’intensificazione degli scambi e dei rapporti sociali (funzione sociale dei trasporti). Costituisce uno dei requisiti essenziali per la crescita e lo sviluppo dell’economia e il progredire della civiltà; infatti l’efficienza delle vie di comunicazione e l’organizzazione dei trasporti di una nazione sono un indice significativo del suo grado di civiltà. Il trasporto può anche essere visto come una parte della logistica, intesa come processo, che copre, pianificando e controllando tutto il ciclo produttivo, dall’acquisto della materia prima alla consegna al cliente; e ne è una parte importante. Il trasporto pesa infatti per oltre il 40% sul costo

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Con il termine trasporto si indica il trasferimento, cioè il superamento di

uno spazio da parte di persone, animali o cose da un luogo ad un altro con

o senza veicolo.

Il trasporto può quindi essere definito anche come l’atto mediante il quale

viene soddisfatto il bisogno di mobilità delle persone e dei beni e, quindi,

esso assicura la mobilità anche dei fattori di produzione e dei prodotti,

favorendo così l’intensificazione degli scambi e dei rapporti sociali

(funzione sociale dei trasporti).

Costituisce uno dei requisiti essenziali per la crescita e lo sviluppo

dell’economia e il progredire della civiltà; infatti l’efficienza delle vie di

comunicazione e l’organizzazione dei trasporti di una nazione sono un

indice significativo del suo grado di civiltà.

Il trasporto può anche essere visto come una parte della logistica, intesa

come processo, che copre, pianificando e controllando tutto il ciclo

produttivo, dall’acquisto della materia prima alla consegna al cliente; e ne

è una parte importante. Il trasporto pesa infatti per oltre il 40% sul costo

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logistico totale e cioè il 6-7% del valore delle vendite e, in riferimento al

prezzo dei prodotti venduti, il 5%.

L’industria dei trasporti ha un ruolo importante nella Comunità Europea, di

cui rappresenta il 7% circa del PNL, il 7% dei posti di lavoro (occupa più

di 6 milioni di persone), il 40% degli investimenti realizzati dagli Stati

membri e il 30% del consumo energetico.

Il trasporto, mercato non autonomo ma derivato e quindi trainato e

condizionato da fattori esterni al suo controllo, è il collante tra produzione

e consumo indispensabile per l’economia di qualunque Paese.

Ma prima di iniziare ad analizzare più in particolare il mercato dei trasporti

occorre tracciare una grande distinzione tra trasporto persone e trasporto

merci.

La mia analisi è focalizzata sul trasporto merci in generale e

sull’autotrasporto merci in particolare per cui viene tralasciata l’indagine

sul trasporto passeggeri.

Trasporto merci che nasce, come detto, dall’esigenza di collegare le fonti

di approvvigionamento delle materie prime e dei semilavorati con i poli in

cui avvengono i processi di trasformazione produttiva, e questi ultimi con

il mercato e i centri di commercializzazione e distribuzione, allo scopo di

rendere disponibili i beni richiesti dalla comunità dei consumatori.

0(5&$72�'(/�75$632572

Mentre l’analisi e la definizione dei mercati delle merci non pongono

problemi particolari, è diverso per i servizi; inoltre i servizi di trasporto

presentano delle anomalie specifiche. Le più importanti tra esse

riguardano:

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− le esternalità ambientali, cioè l’inquinamento atmosferico, acustico e

visivo;

− le infrastrutture: i trasporti “dipendono” dalle infrastrutture e quindi il

ruolo strategico che possono giocare è rilevante, inoltre il più delle volte

esse vengono decise e costruite dagli Stati;

− il fenomeno della congestione dovuto al fatto che il trasporto, essendo

un servizio, non si può immagazzinare e quindi quando la domanda è

superiore all’offerta si ha questo inconveniente;

− il problema dei “viaggi di ritorno a vuoto”: le varie domande di trasporto

riguardano itinerari diversi, ed anche sullo stesso itinerario sono

difficilmente equilibrate nei due sensi.

Queste anomalie hanno avuto per conseguenza un intervento generalizzato

dello Stato in questo settore, che ha così generato altre particolarità.

Anche il mercato dei trasporti è però caratterizzato, come tutti i mercati,

dal gioco della domanda e dell’offerta.

'20$1'$�',�75$632572

La domanda di trasporto è la quantità dello stesso richiesta dagli

utilizzatori di questo servizio; è una domanda derivata, rispecchia in modo

quasi speculare l’andamento della domanda di beni; è inoltre direttamente

influenzata dal costo complessivo del trasporto stesso e dalla sua, relativa,

incidenza sul prezzo finale dei beni trasportati nello spazio.

La domanda di trasporto è una variabile dipendente dal reddito delle

famiglie ed è quindi strettamente legata al PIL con un’elasticità che va da 1

a un po’ più di 1, probabilmente in ragione di due diversi fattori. Il primo è

favorevole: si tratta della crescita in volume e della complessità del ciclo di

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produzione; i prodotti ad alto valore aggiunto passano per numerose fasi di

intermediari. Il secondo è sfavorevole: si tratta del rallentamento relativo

del settore primario (agricoltura, prodotti minerari, eccetera) che fa

diminuire il tonnellaggio trasportato.

Fare il punto sulla domanda di trasporto e poi prevedere la sua evoluzione

futura è necessario anche per organizzare il sistema di trasporto. Con il

miglioramento delle basi di dati, i metodi di previsione dell’evoluzione

della domanda sono diventati più ambiziosi e si sono adattati a nuovi

obiettivi. E’ così, per esempio, che gli studi attuali non si limitano

generalmente a prevedere l’evoluzione tendenziale, ma esaminano anche le

possibilità di influire sui trasporti per mezzo di diversi scenari di misure.

2))(57$��',�75$632572

L’offerta di trasporto è la quantità di trasporto realizzata e si tratta della

capacità produttiva di servizi attribuibile a una o più modalità in un

determinato momento.

Essa può essere misurata in:

• TKTP (tonnellate chilometro teorico pratiche) che esprimono l’offerta

virtuale o capacità teorico pratica; vale a dire, in termini più semplici,

tutti i mezzi con relativi carichi utili che sono disponibili, cioè pronti a

partire a richiesta;

• TKO (tonnellate chilometro offerte) invece indicano l’offerta reale, cioè

quella effettivamente immessa sul mercato (le unità di trasporto

effettivamente prodotte);

• TKT (tonnellate chilometro trasportate) che rappresentano la domanda

soddisfatta.

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Della situazione dell’offerta di autotrasporto merci si parlerà diffusamente

nel capitolo dedicato al caso aziendale, nel quale si esaminerà un’azienda

di autotrasporto merci italiana e la si inquadrerà nel contesto

concorrenziale nel quale si trova ad operare.

Il trasporto merci sta attraversando un momento di riassetto strutturale

globale dovuto a una serie di fenomeni:

1- /LEHUDOL]]D]LRQH�GHO�0HUFDWR�8QLFR�(XURSHR

Gli effetti indotti dal completamento del processo di integrazione europea

hanno determinato una situazione di accresciuta concorrenza.

2 - 5XROR�GHL�3DHVL�GHOO¶(XURSD�&HQWUDOH�H�2ULHQWDOH

Il passaggio attuale dall’economia pianificata a quella di mercato che è in

atto nei paesi dell’Europa Orientale, inciderà sicuramente sui traffici di

merci della Comunità, quanto meno, gli scambi con i paesi dell’Est

tendono a far aumentare le percorrenze medie.

Sono stati fatti diversi studi per prevedere l’evoluzione futura del traffico

di merci Est-Ovest, ma gli scarti importanti tra le diverse stime illustrano le

difficoltà ancora esistenti nell’analisi e nella previsione dello sviluppo

economico in Europa Orientale, soprattutto per quanto riguarda l’ampiezza

e il ritmo di questo sviluppo. Si può comunque tracciare un bilancio

generale secondo il quale il traffico Est-Ovest crescerà più rapidamente

degli altri flussi di traffico europei e raggiungerà un volume che

modificherà sensibilmente la struttura attuale del trasporto di merci in

Europa.

3 - &DPELDPHQWL�LQGXVWULDOL��ORJLVWLFL�H�WHFQRORJLFL

Per quanto riguarda i cambiamenti industriali, come già detto, si ha un

aumento degli scambi di prodotti sofisticati che richiedono diverse fasi di

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lavorazione, e quindi diversi trasferimenti, prima di essere distribuiti ai

consumatori.

I cambiamenti logistici invece sono conseguenza dell’evoluzione del ruolo

dei trasporti nel processo di produzione. Il trasporto è sempre meno inteso

come pura e semplice vezione e sempre di più come offerta integrata di

tutti i servizi annessi e connessi al trasporto stesso.

Dal punto di vista logistico la domanda di trasporto è cambiata

notevolmente soprattutto per l’affermarsi in modo sempre più rilevante di

una filosofia logistica che determina una sostanziale modifica delle

esigenze di trasporto: il just in time (JIT).

Esso consiste nello snellimento di tutte le fasi del ciclo produttivo e nella

conseguente riduzione delle scorte.

I richiedenti il servizio di trasporto fanno quindi sempre più attenzione e

ricercano un servizio di una certa qualità dando particolare importanza a

determinati aspetti qualitativi del trasporto (affidabilità, tempi di resa,

flessibilità, sicurezza) piuttosto che ad aspetti quantitativi.

I risultati che finora emergono in Europa dall’applicazione di questa

tecnica sono ben diversi da quelli ottenuti dai giapponesi.

In Europa e in Italia l’obiettivo del JIT è la riduzione delle scorte, in

particolare la riduzione al minimo dei tempi di attesa dei materiali e dei

componenti, facendoli giungere sulle linee di produzione al momento più

opportuno e adeguato rispetto all’andamento del processo produttivo. In

questo modo diventa superflua la necessità di immagazzinare i materiali,

con notevole diminuzione del capitale immobilizzato. L’obiettivo dei

giapponesi è invece più complesso: riguarda l’incremento generale della

produttività degli addetti, diretti o indiretti, serve a individuare i colli di

bottiglia esistenti nel processo produttivo e a trovare il modo per risolverli.

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Nel nostro caso quindi occorre fare attenzione perché - al limite - il JIT

rischia di configurarsi come un semplice trasferimento di costi dallo

stoccaggio al trasporto, se non si interviene con una serie di altri supporti

(tra cui l’informatizzazione del processo produttivo) e sulle condizioni di

mercato.

Il JIT nel trasporto si basa infatti su due fattori determinanti che sono

l’intermodalità e l’informazione: l’intermodalità perché qualsiasi passaggio

di merci da terra a bordo e viceversa deve essere fatto in “flusso teso”, cioè

senza attese; l’informazione perché solo con un adeguato sistema di

tracking e tracing si ha la possibilità di realizzare un flusso teso anche nei

trasporti. Ciò evidentemente ha forti ricadute non solo sul costo del

trasporto, ma anche sulla produttività a monte e a valle del trasporto stesso.

I cambiamenti tecnologici consistono invece nell’applicazione sempre più

diffusa ai trasporti dell’informatica e della telematica (sistema di

interscambio di dati informatizzati EDI).

Per dare una dimensione quantitativa a questa evoluzione basti dire che nel

1991, i trasporti di merci assicurati in Europa Occidentale dai mezzi di

superficie (trasporti stradali, ferrovia, navigazione fluviale e condotte) si

sono elevati a circa 1.350 miliardi di tonnellate-chilometri1, ciò

rappresenta una crescita del 60% in rapporto al 1970. In media annuale,

questa crescita raggiunge il 2,2%; essa è dunque leggermente inferiore alla

crescita del PIL dell’Europa Occidentale che raggiunge il 2,5%.

Questo è dovuto soprattutto al fatto che negli ultimi 20 anni la domanda di

trasporto ha registrato una crescita pressoché ininterrotta (2,3% l’anno per

1 La tonnellata-chilometro (t/km) è un’unità di misura che esprime la percorrenza di un chilometro da parte di una tonnellata di merce. Per ulteriori dettagli si rimanda ai capoversi successivi.

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le merci) ma essa si è ripartita in modo profondamente ineguale tra i

diversi modi di trasporto.

7DEHOOD������Ripartizione modale del traffico di merci nell’Unione Europea

(miliardi di tonnellate-chilometri)

Modi di trasporto1 Ferrovia Strada Navigazione fluviale

Oleodotti Totale

Paesi 1970 1991 1970 1991 1970 1991 1970 1991 1970 1991 Austria 9,9 12,9 2,9 7,1 1,3 1,5 3,6 6,7 17,7 28,2 Belgio 7,9 8,2 13,1 34,1 6,7 5,2 0,3 1,1 28,0 48,6 Danimarca 1,9 1,9 7,8 9,0 9,7 10,9 Finlandia 6,3 7,6 12,4 23,8 4,4 3,6 23,1 35,0 Francia 67,6 51,5 66,3 117,2 12,7 6,8 28,2 22,7 174,8 198,2 Germania Ovest 70,5 62,0 78,0 187,7 48,8 55,0 15,1 13,5 212,4 318,2 Grecia 0,7 0,6 7,0 11,9 7,7 12,5 Irlanda 0,6 0,6 - 5,1 - 5,7 Italia 18,1 21,7 58,7 182,8 0,4 0,1 9,1 11,8 86,3 216,4 Lussemburgo 0,8 0,7 0,1 0,6 0,3 0,3 1,2 1,6 Paesi Bassi 3,7 3,0 12,4 23,3 30,7 34,8 4,1 5,4 50,9 66,5 Portogallo 0,8 1,8 - 10,8 - 12,6 Regno Unito 24,5 15,3 85,0 127,2 0,3 0,2 2,7 11,1 112,5 153,8 Spagna 10,3 10,8 51,7 157,2 1,0 4,8 63,0 172,8 Svezia 17,3 18,8 17,8 25,4 35,1 44,2 Svizzera 6,6 8,1 4,2 10,0 0,2 0,2 1,2 1,2 12,2 19,5 Unione Europea2 247,5 225,5 417,4 933,2 105,8 107,7 65,3 78,3 834,6 1344,7 1 Esclusi la navigazione marittima e il trasporto aereo. 2 Esclusa la Germania dell’Est. )RQWH: CEMT, DIW.

Le previsioni del Comitato Europeo dei ministri del trasporto indicano una

crescita del 40% del volume del trasporto su strada entro il 2000, e

addirittura il raddoppio entro il 2015; è evidente che ciò comporta un

radicale cambiamento nel modo di operare e nella struttura delle imprese di

trasporto.

6,67(0$�'(,�75$63257,

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Il sistema comunitario dei trasporti è costituito dall’insieme dei modi di

trasporto che dovrebbero essere tra di loro coordinati. Il condizionale è

d’obbligo perché la notevole disponibilità odierna di modi di trasporto, in

condizioni economiche e di esercizio diverse, ha portato ad una sensibile

concorrenza fra i modi stessi in quei casi nei quali il medesimo servizio

può essere indifferentemente reso da due o più di essi. Oltre però alla

concorrenza che, se non raggiunge i limiti della concorrenza selvaggia, può

sicuramente essere positiva, oggi si verifica anche una irrazionale

distribuzione dei servizi di trasporto, così che i vantaggi sociali, che il

notevole progresso tecnico avrebbe dovuto consentire in questo campo,

non sono stati completamente realizzati.

L’Europa ha tutt’oggi uno dei più frammentati sistemi di trasporto del

mondo civilizzato.

C’è chi nella definizione di sistema comunitario dei trasporti include anche

le infrastrutture. In questo senso si può allora dire che l’Unione Europea

(UE) sta cercando di superare questa frammentazione con il progetto delle

reti transeuropee (TEN).

Una modalità di trasporto consiste nei metodi di realizzazione di un

trasporto che utilizza un solo tipo di infrastrutture e/o veicoli.

Sono essenzialmente 4 i modi di trasporto utilizzati in Europa come nel

mondo; la ripartizione percentuale dei traffici però, soprattutto quelli di

merci, tra le diverse modalità varia da paese a paese. Ogni paese infatti

dispone di un sistema di trasporto che è influenzato dalle modalità

disponibili, dal loro grado di efficienza, dalle forme di gestione dei servizi.

Le 4 modalità sono:

1. Modalità marittima e per via d’acqua interna.

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2. Modalità aerea.

3. Modalità ferroviaria.

4. Modalità stradale.

Oggi si parla inoltre con sempre più insistenza dell’intermodalità che,

come dice la parola stessa, coinvolge più modi; essa viene vista come

principale alternativa al trasporto su strada e dovrebbe favorire nei vari

percorsi quanto più possibile l’impiego del modo più economico2.

In certi settori del mercato, il problema della concorrenza intermodale non

si pone: il trasporto aereo è senza rivali sulle lunghe distanze; non ci sono

alternative alla navigazione marittima per i trasporti di merci pesanti oltre

mare.

Per altre componenti della domanda ci sono almeno in principio delle

possibilità di concorrenza intermodale.

Un dibattito animato ha luogo in Europa per sapere se bisogna

incoraggiare la concorrenza o favorire l’integrazione modale, creando delle

“catene intermodali” di trasporto, come ad esempio l’intermodalità nel

trasporto ferroviario di merci, utilizzando la ferrovia sulle lunghe distanze

e la strada per la distribuzione (ferroutage) eventualmente con estensione

alla navigazione marittima.

Le intermodalità tra il camion e l’aereo esistono già, ma è chiaro che

interessano essenzialmente la ferrovia perché questa non è in grado, se non

eccezionalmente, di fornire dei servizi porta a porta. Anche il trasporto

aereo soffre dello stesso tipo di problema della rotaia, ma è poco esposto

alla concorrenza sulle distanze per le quali è il modo dominante.

2 Il modo più economico dovrebbe essere l’autotrasporto fino a 600 km, la ferrovia sopra i 600 km e il combinato per le tratte superiori ai 1000 km.

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La ferrovia invece è sistematicamente “integrata” con l’autocarro o il

camion sulle corte distanze e non è in grado di concorrere sulle medie se

non con i treni a grande velocità.

Per spiegare meglio l’importanza dei diversi modi di trasporto è sufficiente

vedere le quote che essi hanno nel trasporto merci espresse in

tonnellate/chilometri (t/km).

)LJXUD��

,/�75$632572�0(5&,�,1�(8523$

Strada72%

Rotaia15%

Vie navigabili7%

Oleodotti6%

)RQWH��elaborazione ANFIA su dati CEMT 1993.

Se le t/km sono l’unità di misura principalmente usata per le statistiche c’è

però da dire che sono diversi gli studiosi che ne propongono altre, in

particolare il fatturato, i veicoli/chilometri o le tonnellate.

Basti citare il francese Christian Gerondeau3 e l’italiano Alberto Russo

Frattasi4, i quali sostengono che questa unità di misura non è indicativa

3 GERONDEAU C., ,�WUDVSRUWL�LQ�(XURSD, Torino, 1996, cap 3. 4 RUSSO FRATTASI A., 3UHYLVLRQH�H�ULSDUWL]LRQH�PRGDOH�GHO�WUDIILFR�PHUFL in “Trasporti Industriali”, n° 424, luglio/agosto 1994, pag. 86.

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dell’importanza che i vari modi rivestono perché non ha né un significato

economico né fisico5.

���0RGDOLWj�PDULWWLPD�H�SHU�YLD�G¶DFTXD�LQWHUQD

Dopo il primo mezzo di trasporto che fu l’uomo, sicuramente vanno

annoverati i veicoli fluviali. Nel passato il mare e i corsi d’acqua interni

hanno svolto un ruolo fondamentale per il trasporto delle persone e

soprattutto delle merci.

Dal XVII secolo - quando i corsi d’acqua naturali sono stati completati con

una rete di canali che ha collegato tra loro i diversi bacini di molti fiumi -

alla metà del XIX secolo in molti Paesi i corsi d’acqua hanno costituito la

principale via per i trasporti terrestri pesanti.

Mare e corsi d’acqua svolgono ancora oggi un ruolo essenziale nel

trasporto di merci tra l’Europa e il resto del mondo e assorbono una parte,

seppur modesta, del traffico tra i Paesi europei.

La situazione è però molto diversa nei vari Paesi; infatti mentre in paesi

come ad esempio l’Italia la navigazione per via d’acqua interna è molto

ridotta, in altri, come la Germania, assume un certo rilievo.

Il trasporto marittimo internazionale è, per definizione, un’attività

liberalizzata; se così non fosse, nessuno potrebbe beneficiare della

5 Per esprimere la loro funzione sul piano economico, cioè del servizio reso alla collettività, Gerondeau pensa sia più indicativo misurare il “fatturato” dei diversi modi di trasporto, cioè le somme che gli utenti pagano per avere il servizio di trasporto. Dal punto di vista fisico invece sarebbe più corretto, per evidenziare l’ingombro delle reti, utilizzare i veicoli/km, che indicano il volume del veicolo che trasporta invece del volume del prodotto trasportato, e che spesso non hanno nessun rapporto con le t/km. In questo modo Gerondeau stima che si avrebbe un quasi-monopolio del trasporto stradale e che lo stesso non può esser ridotto incoraggiando gli altri modi di trasporto. L’italiano Alberto Russo Frattasi sostiene invece che le previsioni di sviluppo del trasferimento di aliquote di merci da un modo di trasporto a un altro devono essere fatte sui valori quantitativi (t) e non su quelli dei traffici (t/km), in quanto ciò serve a ridimensionare l’euforia sul combinato e a riportare il peso dello stesso rispetto al traffico tradizionale nelle giuste dimensioni. La linea di pensiero sostenuta da questi studiosi va assolutamente contro quella ufficiale (dei diversi governi e degli organismi comunitari) che si basano appunto su statistiche espresse in t/km.

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funzione che tale modo di trasporto assolve nello sviluppo del commercio

internazionale. Tuttavia, il cabotaggio marittimo è stato progressivamente

introdotto solo a decorrere dal 1° gennaio 1993 per fasi successive stabilite

nel 1992; quello fluviale dovrebbe esserlo invece dal 1° gennaio 2000.

���0RGDOLWj�IHUURYLDULD�

L’invenzione della ferrovia, preceduta dalla costruzione della macchina a

vapore da parte dell’inglese Watt nel 1769, segnò per il mondo occidentale

l’inizio dell’era industriale. Da quel momento le ferrovie ebbero uno

sviluppo impressionante e una diffusione pressoché capillare in Europa.

In molte nazioni, a causa degli elevati capitali necessari per la costruzione

delle linee ferroviarie, fu lo Stato a finanziarle. Ciò ha portato, esempio

eclatante l’Italia, alla gestione di questa modalità di trasporto con criteri,

quelli delle aziende pubbliche, che non hanno permesso per esempio la

soppressione delle linee ferroviarie a scarso traffico, i cosiddetti “rami

secchi”, o l’adozione di prezzi razionalmente legati ai costi, con la

conseguenza che le FS hanno accumulato disavanzi enormi nonostante

peraltro gli ingenti finanziamenti di cui hanno goduto.

Proprio per introdurre la concorrenza nei servizi ferroviari e porre così fine

a questa situazione i Ministri dei Trasporti dell’Unione Europea, durante il

Consiglio del 20 giugno 1991, hanno deciso di mettere fine al monopolio

degli enti ferroviari con la Direttiva 91/440/CEE, che prevede la

separazione della gestione delle infrastrutture ferroviarie dall’espletamento

dei servizi. Soltanto le prime devono rimanere pubbliche. Queste misure

dovrebbero rendere i servizi più competitivi, potendo le imprese

concorrenti fare circolare dei treni su una rete ferroviaria essenzialmente

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pubblica come è il caso dei trasporti stradali. Tecnicamente però la

separazione dell’infrastruttura e dei servizi è una operazione molto

complessa: i treni non circolano “liberamente” e il progresso tecnologico

fa sì che nel futuro essi saranno ancora più “pilotati” per mezzo di sistemi

di telecomunicazioni e di sicurezza molto evoluti.

Inoltre le compagnie ferroviarie, pubbliche e sovvenzionate non sono

spinte a farsi concorrenza le une le altre, ma più spesso esse si alleano

contro dei “nemici comuni” come il trasporto stradale.

Ne risulta una estrema resistenza alla Direttiva Comunitaria 91/440; per

adesso infatti questa direttiva non ha avuto seguito.

Al contrario di questa immagine d’insieme negativa, tre Paesi hanno (in

modo parziale e autonomo) lanciato un processo di separazione tra le

infrastrutture e i servizi (Regno Unito, Svezia e Germania). La Francia,

l’Italia e la Spagna sembrano invece opporsi a intraprendere concretamente

una tale separazione. (In Italia è però da segnalare un tentativo di recupero

dell’economicità delle ferrovie stesse con la loro privatizzazione.)

���0RGDOLWj�DHUHD

I voli in Europa ebbero inizio nel 1906; solo però dalla seconda metà del

XX secolo, con l’invenzione del reattore e del turbo propulsore, il trasporto

aereo iniziò a dare il suo contributo al soddisfacimento dei bisogni delle

economie moderne e alla rivoluzione delle condizioni di scambio sulle

distanze medio/lunghe. O meglio, i primi traffici aerei commerciali ebbero

inizio nel 1919 e poi in pochi decenni assunsero dimensioni rilevantissime.

A causa però delle caratteristiche tecniche dell’aeromobile, che rendono

estremamente costoso il trasporto del carico pagante, sono oggi trasportate

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con questa modalità quasi esclusivamente le merci ricche, quelle deperibili

e i carichi postali.

Le misure di liberalizzazione che l’Unione Europea prende già da un certo

tempo, hanno portato le compagnie aeree a costituire dei cartelli, aiutate in

questo dal fatto che numerosi aeroporti sono di proprietà pubblica e che

queste compagnie beneficiano di importanti interventi finanziari in loro

favore. Il trasporto aereo europeo può così essere classificato nella

categoria dei settori oligopolistici.

La politica comunitaria di liberalizzazione in questa materia ha avuto

inizio nel 1980 e si è svolta in tre fasi, l’ultima delle quali, il cosiddetto

“terzo pacchetto aereo”, è entrata in vigore il 1° gennaio 1993. Il

cabotaggio è diventato definitivo con il 1° aprile 1997.

����$XWRWUDVSRUWR�PHUFL�

In Europa occidentale le cifre dei trasporti sono più che raddoppiate tra il

1970 e il 1990, tanto per quel che riguarda i passeggeri quanto per quel che

riguarda le merci.

La ferrovia però, non ha praticamente beneficiato di questa crescita

globale, anzi ha perso quote importanti nel settore merci e quindi questa

crescita si è fatta esclusivamente a profitto di un solo modo di trasporto: la

strada. E’ il trasporto stradale di merci che ha conosciuto la più forte

espansione con un ritmo medio di crescita che si è collocato al 3,7%

annuo: nello stesso periodo, questa parte del mercato è passata dal 50 al

70%.

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Anche nei paesi dell’Europa Centrale e Orientale dove l’apertura

economica e politica si è già tradotta in una crescita degli scambi di merci

e di servizi, si assiste a una indesiderabile evoluzione che si traduce in un

abbandono della ferrovia a vantaggio della strada: nel corso degli ultimi tre

o quattro anni, le ferrovie dei paesi in transizione hanno visto le loro

prestazioni di trasporto di merci (espresse in tonnellate-chilometri)

abbassarsi in media dal 30 al 50%.

Il trasporto merci su strada, nella sola Unione Europea, arriva a 800

miliardi di t/km.

Il trasporto merci su gomma che quindi, in base a queste cifre, può dirsi

essere, dal punto di vista dei trasporti, il settore portante dell’economia

europea, fin dagli inizi degli anni ‘70 è stato interessato da una serie di

profonde trasformazioni i cui effetti hanno radicalmente modificato il

contesto competitivo delle imprese di autotrasporto.

Esso sta ancora attraversando una fase di evoluzione, per adeguarsi sia alla

domanda creata dai nuovi assetti logistici dell’industria e della

distribuzione (primo fra tutti il just in time), sia alla situazione di

accresciuta concorrenza sviluppata dalla liberalizzazione del Mercato

Unico Europeo.

L’offerta di trasporto di merci in particolare ha conosciuto un’autentica

rivoluzione per effetto dei grandi progressi dei veicoli da trasporto su

strada (in termini di carico utile, di potenza dei veicoli e di velocità media)

e della creazione della rete autostradale che copre ormai quasi tutto il

territorio europeo. Il settore evolve verso una crescente integrazione

verticale dominata, per i servizi complessi, per le lunghe distanze, eccetera,

da imprese che controllano le “catene di trasporto” e i mercati, anche se

continuano ad esistere una miriade di piccoli trasportatori.

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I principali vantaggi dell’autotrasporto merci sono sicuramente:

• buon rapporto costo-efficienza rispetto alle altre modalità almeno sulle

brevi distanze. Sulle lunghe distanze l’autotrasporto “vince” per le

inefficienze degli altri modi di trasporto;

• grande capacità di penetrazione;

• spiccata flessibilità;

• velocità;

• collegamento che fornisce tra modi di trasporto diversi.

L’efficienza dall’autotrasporto di merci per conto terzi è stata sicuramente

raggiunta in parte rilevante grazie al fatto che questo è un settore

concorrenziale.

Inoltre occorre sottolineare che la strada offre flessibilità e convenienza nei

concetti moderni della velocità di servizio e della riduzione degli stock

nelle fabbriche, resa possibile dal rifornimento continuo e frazionato.

I fattori limitativi della crescita di questo settore, non sufficientemente

tenuti presenti negli anni passati, ai quali oggi si dà invece una sempre

maggiore importanza, sono l’ambiente e la congestione della rete, oltre a

un fenomeno del quale spesso si tendono a sottovalutare i costi, cioè gli

incidenti stradali. L’autotrasporto dovrà, quindi, ricercare un miglior

equilibrio fra l’indispensabile miglioramento della sua produttività,

realizzabile soprattutto tramite l’informatica e la teleinformatica, e questi

fattori; anche se occorre sottolineare che i camion hanno fatto grandi

progressi nell’abbattimento delle emissioni, nella sicurezza e nel comfort

per gli autisti.

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Il progresso tecnico potrebbe giocare un ruolo in materia, in primo luogo

con le tecnologie dell’informazione che permettono di controllare i veicoli

in movimento e di migliorare l’interfaccia tra l’offerta e la domanda. In

secondo luogo, il controllo del livello delle emissioni (filtri diesel),

riducendo l’impatto ambientale, può affievolire le pressioni dell’opinione

pubblica su questo settore.

Un altro elemento importante è la possibilità di accrescere i carichi

trasportati (doppio rimorchio), nel quadro delle limitazioni regolamentari

della circolazione (circolazione notturna solo nei centri di distribuzione e

sulle autostrade), senza aumentare il carico per asse. Tuttavia la resistenza

a questo tipo di innovazione è notevole e proviene o dagli ecologisti o

dalle società ferroviarie.

Le preoccupazioni per i problemi che l’autotrasporto genera, fondano

sempre più il convincimento che non è più sufficiente ricorrere a soluzioni

tampone ma è indispensabile agire in profondità modificando il modello,

agendo direttamente sugli aspetti più delicati quali quello economico pur

di pervenire a risultati di integrazione dei trasporti. Modificare il modello

significa, secondo alcuni, spingersi fino a prevedere di limitare le

possibilità di trasporto.

Sarebbe questa una notevole inversione di tendenza, in un organismo quale

la Commissione Europea che ha fatto del liberismo e del “vinca il mercato”

il suo slogan e il suo credo.

E’ sicuro comunque che ai nostri giorni non si domanda più alla politica

dei trasporti di reagire a posteriori alle evoluzioni, ma si richiede alla

stessa di dare prova di creatività fondandosi su basi solide.

Concludendo si può quindi dire che l’autotrasporto merci ha dimostrato, e

continua a dimostrare, una capacità straordinaria di rispondere alla

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domanda, tanto sul piano della qualità che dei volumi e dei prezzi, ma con

un “non rispetto” crescente della regolamentazione e con dei costi esterni

molto elevati.

In quale misura questi costi esterni sono coperti dalle tasse?

E’ una questione controversa, ma evidentemente, i costi di congestione non

sono internalizzati e sono estremamente rilevanti in certe zone e in certi

periodi. Le numerose infrazioni alla regolamentazione sui carichi, sulle ore

di guida e sulla velocità confermano che altre esternalità non sono del tutto

compensate.

���� 3ROLWLFKH� FRPXQLWDULH� H� OHJLVOD]LRQH� FKH� KD� SRUWDWR� DOOD�

OLEHUD�FRQFRUUHQ]D�QHO�VHWWRUH�GHOO¶DXWRWUDVSRUWR�PHUFL�

La libertà di circolazione delle merci è una delle quattro libertà perseguite

in campo comunitario che riguardano persone, servizi, capitali ed appunto

merci.

Il Trattato di Roma, istitutivo della Comunità Economica Europea (dal

1992 denominata Unione Europea), firmato nel 1957, voleva fare della

politica dei trasporti una politica comune, ma la realtà ne ha fatto per molto

tempo soltanto una politica comunitaria, cioè una politica limitata

all’armonizzazione e all’inquadramento delle politiche nazionali. Se la

consideriamo una politica comunitaria, vale a dire una politica che non

sostituisce, ma semplicemente inquadra le politiche nazionali, si può essere

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soddisfatti delle sue realizzazioni. Motivo di insoddisfazione è comunque

la sua lentezza.

Il ritardo nella realizzazione della politica dei trasporti è da collegare alla

contrapposizione dialettica che per lungo tempo ha caratterizzato i rapporti

tra la Commissione e il Consiglio europei. Il punto di svolta si è avuto nel

1985 con la condanna del Consiglio da parte della Corte di Giustizia

Europea per non aver compiutamente esteso la libertà di prestazione dei

servizi al comparto trasporti, come richiesto dall’articolo 75 del Trattato di

Roma, con la conseguente pubblicazione da parte della Commissione del

Libro Bianco sul completamento del mercato interno e con l’Atto Unico

Europeo del 1987.

Come già sottolineato nel primo paragrafo, i trasporti presentano diversi

aspetti peculiari e, proprio per questo, ad essi è dedicato nel Trattato di

Roma un apposito titolo (il titolo IV e cioè gli articoli dal 74 all’84), che

ha particolare riguardo per i trasporti terrestri, di preminente interesse per

l’area comunitaria.

E’ comunque acquisito, grazie all’autorevole intervento della Corte, il

principio secondo cui, salvo il caso di espresse deroghe, sono applicabili al

settore dei trasporti anche le regole generali del Trattato.

Lo sviluppo della politica comunitaria dei trasporti è stato carente per oltre

un quarto di secolo per la mancanza di una “sincronizzazione” mai attuata

con quelle di altri settori e per il protocollo dispersivo di organismi

istituzionali dell’Unione Europea, oltre che per il ritardo con cui i singoli

Stati membri recepivano le direttive comunitarie che, a differenza dei

regolamenti, non sono direttamente applicabili negli Stati membri, ma

devono essere ratificate.

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Si ritiene comunque che, se ci si poteva lamentare della lentezza nella

realizzazione della politica comune dei trasporti in passato, alla vista dei

risultati ottenuti nel corso degli ultimi anni, la politica condotta

dall’Unione Europea nel settore dei trasporti stradali si è rilevata

particolarmente efficace.

Già con l’Atto Unico, il trasporto merci non viene più semplicemente

considerato alla stregua di un mero servizio di supporto alle attività

produttive, funzionale all’attuazione del principio della libera circolazione

dei beni, ma è concepito come un settore economico autonomo, soggetto

alle regole ed alle logiche concorrenziali proprie di tutti gli altri settori

economici.

Per arrivare a un mercato comune dei trasporti stradali, quale dovrebbe

essere quello che si avrà con l’entrata in vigore del regime definitivo di

cabotaggio, erano necessarie norme comuni che garantissero:

a) il libero accesso alla professione di trasportatore;

b) l’armonizzazione delle condizioni di concorrenza;

c) il coordinamento delle infrastrutture dei trasporti e il ravvicinamento

della tariffazione concernente il loro uso.

a) Sono da citare a questo riguardo la Direttiva CEE 74/561 che disciplina

l’accesso alla professione di trasportatore di merci su strada nel settore dei

trasporti nazionali ed internazionali, la Direttiva CEE 77/796 riguardante il

riconoscimento reciproco dei diplomi, certificati ed altri titoli di

trasportatore di merci e di persone su strada, sostituite entrambe dalla

Direttiva 96/26 che dà una codificazione organica della materia.

Quest’ultima fissa per gli Stati membri i requisiti per le tre condizioni alle

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quali i candidati trasportatori devono rispondere, cioè l’onorabilità, la

capacità finanziaria e la capacità professionale; stabilisce inoltre che gli

Stati membri riconoscano come prova sufficiente gli attestati e i documenti

rilasciati da un altro Stato membro certificanti che queste condizioni sono

soddisfatte.

b) La caduta delle barriere doganali nel 1968 e l’entrata in vigore, con il 1°

gennaio 1988, della tariffa doganale comune (Taric) hanno posto le basi

perché si potesse formare all’interno della Comunità un mercato

concorrenziale. Il Regolamento 68/1017 ha ribadito tale intento degli

organismi comunitari. Esso infatti sostanzialmente vieta nei settori dei

trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili, le associazioni

d’impresa, le pratiche concordate tra imprese - ad eccezione di alcune

intese che contribuiscono a migliorare la produttività - e lo sfruttamento

abusivo di una posizione dominante.

L’Unione Europea ha cercato poi di armonizzare la concorrenza

intervenendo nell’ambito degli aspetti sociali, tecnici e fiscali con diversi

provvedimenti che saranno analizzati nel corso della trattazione quando si

farà riferimento a tali aspetti.

c) La politica delle reti transeuropee mira a trasformare le reti dei 15 Stati

membri in un’unica grande rete di dimensioni europee. Occorrerà pertanto

costruire i raccordi mancanti e migliorare i collegamenti esistenti. In

questo modo è previsto che anche le regioni periferiche e più lontane della

Comunità, oltre ai paesi dell’EFTA e ad altre zone dell’Europa, vengano

integrate in questo sistema.

La Commissione Europea ha elaborato un piano generale in cui sono

indicate le priorità dell’azione che prevede la realizzazione delle reti

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transeuropee entro il 2010 e i cui costi sono stati stimati attorno ai 400

miliardi di ECU6.

La OLEHUDOL]]D]LRQH� GHO� FDERWDJJLR� rappresenta comunque la chiave di

volta dell’intero panorama di liberalizzazione nella circolazione delle

merci.

Esso consiste nel fatto che il vettore stabilito in un determinato Stato

membro ha la possibilità di effettuare trasporti anche in uno Stato membro

diverso da quello in cui egli ha sede, senza dover necessariamente disporre

in quest’ultimo di una sede secondaria o di un altro stabilimento. I

vantaggi che potrebbero derivare dalla liberalizzazione completa e

definitiva del cabotaggio sono rilevanti; primo fra tutti l’aumento della

concorrenzialità tra le imprese in termini di riduzione dei costi e di

miglioramento della qualità dei servizi, oltre all’aumento delle possibilità

di occupazione e all’eliminazione o, quanto meno alla riduzione, dei

“ritorni a vuoto”. Esso ha però incontrato feroci opposizioni soprattutto da

parte dei paesi centrali della Comunità e in particolare dalla Germania. In

Germania infatti si è registrato il maggior utilizzo delle autorizzazioni di

cabotaggio e tale paese sarà il più esposto alle azioni commerciali da parte

degli olandesi.

In generale le resistenze opposte dai singoli Stati alla totale e definitiva

liberalizzazione del cabotaggio sono dettate da una parte da intenti

protezionistici a favore delle imprese nazionali, e dall’altra dalla

consapevolezza delle notevoli differenze operative e legislative ancora

esistenti tra i vari Stati membri. Proprio per questo il cabotaggio è stato

introdotto con progressività sin dal 1° luglio 1990 (Regolamenti CEE

6 Per una più approfondita conoscenza dei provvedimenti comunitari relativi alle reti transeuropee si vedano, in particolare, la Decisione CEE 93/6290 del Consiglio, la Decisione CEE 96/1692 del Parlamento Europeo e del Consiglio e il Regolamento CEE 95/2236 del Consiglio.

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89/4059, 91/296, 93/3118 e 94/3315) mediante autorizzazioni per veicolo

contingentate. Le autorizzazioni venivano accordate in funzione di una

quota predeterminata di viaggi disponibili per un certo tragitto in un

determinato periodo di tempo (detto contingente).

Al 1° gennaio 1994 le autorizzazioni risultavano 30.000. Tale numero è

stato aumentato annualmente del 30%, a partire dal 1° gennaio 1995. Dal

1° luglio 1998 il cabotaggio è stato completamente liberalizzato e da

questa data inizia il cosiddetto “regime definitivo”.

E’ quindi ormai finito il tempo che gli operatori del trasporto avevano per

prepararsi alla libera concorrenza anche in casa propria.

Anche durante il regime transitorio (periodo 1° gennaio 1994-30 giugno

1998), qualsiasi vettore di merci su strada per conto terzi, stabilito in uno

Stato membro conformemente alla legislazione nazionale di quest’ultimo e

abilitato ad effettuare trasporti internazionali di merci su strada dallo Stato

membro di stabilimento, era autorizzato, a titolo temporaneo, ad effettuare

trasporti nazionali di merci su strada per conto di terzi in un altro Stato

membro, senza disporvi una sede o un altro stabilimento. Questo però solo

nell’ambito del sistema di autorizzazioni e di contingenti comunitari.

7DEHOOD�����Numero delle autorizzazioni di cabotaggio (contingente)

����� ����� ���� �����

Quota base (Reg. 3118/93)

Quota addizionale

(1)

Totale (1995+ 30%)

(2)

(1996+ 30%)

Quota addizionale

(3)

Totale 1° sem. (1997+ 30%) (4)

Belgio 3.371 276 3.647 4.742 6.165 58 6.223 4.045 Danimarca 3.271 267 3.538 4.600 5.980 57 6.037 3.925 Francia 4.571 373 4.944 6.428 8.357 79 8.436 5.484 Germania 5.528 452 5.980 7.774 10.107 96 10.203 6.632 Grecia 1.490 122 1.612 2.096 2.725 26 2.751 1.789 Irlanda 1.520 125 1.645 2.139 2.781 27 2.808 1.826 Italia 4.576 374 4.950 6.435 8.366 79 8.445 5.490 Lussemburgo 1.570 129 1699 2209 2872 27 2.899 1.885 Paesi Bassi 4.761 389 5.150 6.695 8.704 82 8.786 5.711

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Portogallo 1.983 162 2.145 2.789 3.626 35 3.661 2.380 Regno Unito 2.868 235 3.103 4.034 5.245 50 5.295 3.442 Spagna 3.495 286 3.781 4.916 6.391 61 6.452 4.194 Finlandia - 1.774 1.774 2.307 3.000 29 3.029 1.969 Svezia - 2.328 2.328 3.028 3.936 37 3.973 2.583 Austria - - - - 4.168 40 4.208 2.736 Totale 39.004 7.292 45.296 60.191 82.423 783 83.206 54.091

(1) L’adesione al cabotaggio di Finlandia e Svezia ha determinato un adeguamento dell’8,16% della quota base. (2) Aumento del 30% (come per il ‘97 e il ‘98) previsto dal Regolamento 93/3118. (3) L’adesione dell’Austria ha comportato un’addizionale dello 0,94% sui valori del 96. (4) Le quote del ‘98 sono relative solo al 1° semestre, poiché dal 1° luglio è cessato il contingentamento.

)RQWH: Tuttotrasporti, aprile 1995.

La liberalizzazione dovrebbe avanzare passo passo con la uniformazione

delle norme e delle condizioni operative, ma così non è.

Per armonizzazione delle condizioni di competitività si deve intendere un

ravvicinamento delle normative esistenti per renderle compatibili tra loro e

con quelle degli Stati membri.

Il quesito se procedere prima con l’armonizzazione e poi con la

liberalizzazione o viceversa è stato risolto dagli organi dell’Unione

Europea con un compromesso machiavellico: liberalizzare e poi

normalizzare perché è il mercato che “fa giustizia”.

Ritengo che opporsi alla liberalizzazione significherebbe certamente essere

irrealisti e non coerenti con le politiche della globalizzazione dei mercati,

chiudendosi in un anacronistico e controproducente elemento di

arretratezza.

Esigere però che la liberalizzazione sia preceduta da un riequilibrio delle

condizioni di concorrenza e che i tempi siano adeguati alle caratteristiche

dei settori considerati, e che in ogni caso essa tenga conto delle situazioni

che possono essere differenti da Paese a Paese, è dimostrazione di buon

senso e logica imprenditoriale.

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Armonizzare dunque le norme, anche nell’ottica di evitare che uno

sviluppo correlato soltanto al meccanismo della domanda e dell’offerta,

crei problemi che ben presto diverrebbero insolubili.

La liberalizzazione elimina qualsiasi limitazione quantitativa al trasporto

internazionale in ambito CEE, ma non l’obbligo per chi effettua tali

trasporti di essere munito di un’apposita licenza7. La licenza comunitaria,

rilasciata dalle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento, è

valida cinque anni, è rinnovabile e sostituisce quindi le autorizzazioni

permanenti CEE e le autorizzazioni bilaterali scambiate fra Paesi membri,

necessarie per effettuare i predetti trasporti fino all’entrata in vigore del

cabotaggio. Si può dire quindi che permangono delle limitazioni

qualitative in quanto per ottenere tale licenza occorre avere determinati

requisiti qualitativi (i già citati requisiti della onorabilità, della capacità

professionale e della capacità finanziaria). Una preoccupazione costante

dell’Unione Europea è quella di evitare che i provvedimenti che va

emanando provochino gravi turbative di mercato in uno o più dei Paesi

facenti parte della Comunità, in quanto i trasporti tra i singoli Stati della

Comunità e i Paesi terzi sono stati fino ad ora disciplinati sulla scorta di

accordi bilaterali. Ciascuno Stato, cioè, è stato libero di trattare il numero

delle autorizzazioni al trasporto internazionale da scambiare con il Paese

terzo, quante di queste dovessero essere valide tra i due Paesi, quante

dovessero essere di transito, eccetera.

Proprio per questa ragione il Regolamento CEE 90/3916 del Consiglio

prevede la clausola di salvaguardia come provvedimento di

accompagnamento alla totale soppressione del sistema dei contingenti che

condizionava l’accesso al mercato. Essa prevede che, in caso di crisi, lo

7 Regolamento CEE 92/881 relativo alla licenza comunitaria.

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Stato membro interessato fornisca alla Commissione informazioni

sostanziali e corredate di cifre. La Commissione può poi prendere misure

per impedire un ulteriore aumento dell’offerta di capacità di trasporto sul

mercato interessato, limitando l’aumento dell’attività dei trasportatori già

operanti e prevedendo restrizioni all’accesso al mercato di nuovi

trasportatori.

Il trattato di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992, pur salvaguardando

l’obiettivo di proteggere e sviluppare il Mercato Unico, ha sottolineato

l’importanza di altri obiettivi, come ad esempio la crescita sostenibile e

rispettosa dell’ambiente, il miglioramento della sicurezza e la qualità e

l’efficacia delle infrastrutture dei trasporti. D’altra parte il riconoscimento

esplicito del concetto di sussidiarietà che si è avuto con questo trattato,

esige che le decisioni, in questo come in altri settori, siano prese ed attuate

al livello più appropriato.

Il principio di sussidiarietà prevede cioè che tutto ciò che può essere

trattato a livello dei singoli Stati nazionali non deve esserlo a livello

dell’Unione Europea.

Questo ribadisce come la politica dei trasporti sia più una politica

comunitaria (che inquadra semplicemente le politiche nazionali) che una

politica comune (che sostituisce le politiche nazionali nei loro elementi

essenziali e nella quale le decisioni principali sono prese dalle istituzioni

dell’Unione).

Mentre le norme sulla liberalizzazione influiscono sostanzialmente

sull’organizzazione del mercato dell’autotrasporto, quelle concernenti

l’armonizzazione delle regolamentazioni nazionali sono tese ad evitare

distorsioni della concorrenza tra i diversi modi di trasporto terrestre e

all’interno di ciascuno di essi.

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Oggi il Mercato Unico rappresenta la condizione necessaria, ma non

sufficiente, per combattere le conseguenze negative della crescita della

domanda di trasporto e far fronte alle nuove sfide relative alla creazione di

un più grande settore europeo dei trasporti.

L’Unione Europea si impegna quindi a promuovere, nell’ambito della

nuova strategia di mobilità sostenibile, una serie di azioni volte a

compensare gli squilibri modali e geografici.

La finalità di tutti i piani d’azione a livello di trasporti comunque dovrà

necessariamente risiedere da un lato nella determinazione di un giusto

equilibrio tra imperativi economici e salvaguardia della competitività delle

nostre imprese, e dall’altro in considerazioni ecologiche e rispetto dei

diritti dei salariati del settore.

I “problemi dell’Europa dei trasporti” sono quindi una grande sfida che ha

per conseguenza la sopravvivenza o meno dell’assetto economico europeo.