ORIGINE DELLE MERCI: MADE IN

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Nel corso del 2009 in Italia si è registrata un’ennesima puntata della storia infinita sull’origine delle merci, che ha visto contrapposti, nuovamente, il legislatore, da un lato, e alcune aziende con le relative associazioni di categorie dall’altro. Di seguito si riporta brevemente l’evoluzione della normativa in materia, che a seguito di questo ulteriore intervento non appare sicuramente più chiara o più efficace rispetto agli obiettivi che intende perseguire. ORIGINE DELLE EMRCI E TUTELA DEL MADE IN IL CODICE DOGANALE COMUNITARIO Centro Spedizionieri Doganali Service Srl – Via F. Lamborghini, 3 – 62012 Civitanova Marche (MC) – P.Iva 01549080438 Tel. 0733/80191 – www.centrospedizionieri.com - [email protected]

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Origine delle merci e tutela del made in, il codice doganale comunitario e la posizione della comunità europea

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Nel corso del 2009 in Italia si è registrata un’ennesima puntata della

storia infinita sull’origine delle merci, che ha visto contrapposti,

nuovamente, il legislatore, da un lato, e alcune aziende con le

relative associazioni di categorie dall’altro.

Di seguito si riporta brevemente l’evoluzione della normativa in materia,

che a seguito di questo ulteriore intervento non appare sicuramente

più chiara o più efficace rispetto agli obiettivi che intende perseguire.

ORIGINE DELLE EMRCI E TUTELA DEL MADE INIL CODICE DOGANALE COMUNITARIO

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

ACCORDO DI MADRID DEL 1891

Al fine di tutelare i consumatori da possibili indicazioni di origine

false o tali da indurre in inganno circa le vere caratteristiche del

prodotto e i produttori nazionali da pratiche di concorrenza sleale,

numerosi Paesi hanno aderito all’Accordo di Madrid del 14 aprile

1891, modificato da ultimo il 31 ottobre 1958 a Lisbona.

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

LA LEGGE 674/1967

L’Accordo di Madrid è stato ratificato in Italia con legge 674 del 4 luglio 1967.

Il D.P.R. 656 del 26 febbraio 1968 detta disposizioni applicative dell’Accordo come

segue:

Articolo 1. Le merci per le quali vi sia il fondato sospetto che rechino una falsa o

fallace indicazione di provenienza sono soggette a fermo all’atto della loro

introduzione nel territorio della Repubblica, a cura dei competenti uffici doganali

che ne danno immediata notizia all’autorità giudiziaria e agli interessati.

Articolo 2. Qualora gli interessati abbiano provveduto alla regolarizzazione

prevista all’art. 2 dell’Accordo di Madrid … e siano trascorsi sessanta giorni dalla

data della comunicazione all’autorità giudiziaria senza che questa abbia

disposto il sequestro, gli uffici doganali potranno restituire le merci agli

interessati.Centro Spedizionieri Doganali Service Srl – Via F. Lamborghini, 3 – 62012 Civitanova Marche (MC) – P.Iva 01549080438

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

IL CODICE DOGANALE COMUNITARIO

Le disposizioni afferenti all'Accordo di Madrid sulla repressione delle false o

fallaci indicazioni d'origine si fondano sulla nozione DOGANALE di origine

delle merci.

Conformemente agli impegni assunti dalla Comunità Europea in sede di

ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO le regole concernenti

l’identificazione dell’origine ai fini della marchiatura dei prodotti rientrano

nel campo di applicazione dell’Accordo sulle Regole di Origine del sistema

multilaterale, e da ciò consegue la necessità di ricorrere, per l’identificazione

del Paese di origine, al criterio dell’origine non preferenziale.

Pertanto la legittimità dell’apposizione dell'etichetta "made in Italy" e' collegata

all'origine NON PREFERENZIALE accertata del prodotto.

Le disposizioni che regolano l’attribuzione dell’origine non

preferenziale sono contenute nei Reg. Cee nn. 2913/92 e 2454/93.

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In particolare l’art. 23, comma 2 del Reg. CE n. 2913/92 definisce come

originarie di un paese le merci interamente ottenute in tale paese.

L’art. 24 stabilisce l’origine delle merci ottenute da processi di produzione e

lavorazione effettuati in più paesi come segue:”Una merce alla cui

produzione hanno contribuito due o più paesi è originaria del paese in cui è

avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale,

economicamente giustificata ed effettuata in un’impresa attrezzata a tale

scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo od

abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.”

L’interpretazione e l’applicazione delle regole contenute nell’art. 24 è

demandata agli uffici doganali.

LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

IL CODICE DOGANALE COMUNITARIO

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE IL CODICE DOGANALE COMUNITARIO

Gli allegati 9, 10 e 11 del Regolamento CEE N. 2454/93 (Disposizioni di attuazione

al codice doganale comunitario) riportano per alcuni prodotti la descrizione

delle lavorazioni sostanziali che permettono al prodotto finito di acquisire

l’origine del Paese dove è avvenuta l’ultima trasformazione sufficiente a

conferire l’origine.

Nel caso in cui sussistano dei dubbi sull’attribuzione dell’origine a un prodotto in

virtù delle trasformazioni subite in Italia o in un Paese Ce o ExtraCe, le

Disposizioni di attuazione del Codice Doganale Comunitario (art. 6 Regolamento

CE 2454 93) prevedono la possibilità per gli interessati di richiedere una

Informativa Vincolante sull’Origine (IVO) agli Uffici doganali competenti.

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

LA LEGGE 350/2003

La Legge n. 350/2003 (Finanziaria 2004) nell’ambito di un vasto progetto di sostegno e promozione della produzione nazionale, all’art. 4, comma 49, ha disposto in materia attribuendo rilevanza penale e l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 517 del codice penale:

“Comma 49. L’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza costituisce reato ed è punita ai sensi dell’articolo 517 del codice penale.

Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «Made in Italy» su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea sull’origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure, o quant’altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana.

Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l’immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio.

La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo con l’asportazione a cura ed a spese del contravventore dei segni o delle figure o di quant’altro induca a ritenere che si tratti di un prodotto di origine italiana”.

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

LA LEGGE 80/2005 (D.L. 35/2005)

La legge 14/5/2005, n. 80, che ha convertito il d.l. 14/3/2005, n.

35, meglio noto come “decreto sulla competitività”, introduce

nuove disposizioni in materia prevedendo sanzioni nei confronti di

chi acquista merci contraffatte e rafforzando le sanzioni pecuniarie

a carico di chi immette in commercio tali merci.

Viene altresì effettuata una specificazione all’art. 4, comma 49,

della finanziaria 2004, statuendo che anche la falsa o fallace

indicazione di “origine” (oltre quella, già prevista, di “provenienza”)

costituisce reato ed è punita ai sensi dell’art. 517 c.p.

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CODICE DEL CONSUMO

Mentre alcuni Paesi stranieri (USA, Canada, Cina, Giappone ed altri) prevedono l’obbligo dell’indicazione del Paese dell’origine sul prodotto e sul relativo imballaggio, nell’Unione Europea tale indicazione attualmente non è obbligatoria.

La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata in materia affermando il principio che gli Stati membri dell’UE non possono imporre l’obbligo di apporre sui prodotti commercializzati nei rispettivi territori un marchio di origine, ma attraverso le norme nazionali devono garantire la correttezza e veridicità delle indicazioni circa la provenienza della merce.

In applicazione di una Direttiva CE a tutela del consumatore, la Legge 10.04.1991 n. 126 e il DM 08.02.1997 n. 101 hanno stabilito l’obbligo di indicare sui manufatti “il nome o ragione sociale o marchio e la sede del produttore o importatore stabilito nell’Unione Europea”.

La Legge 126/91 e il DM 08.02.1997 n. 101 sono stati abrogati dal D.Lgs. n. 206/2005, (cd. Codice del consumo).Centro Spedizionieri Doganali Service Srl – Via F. Lamborghini, 3 – 62012 Civitanova Marche (MC) – P.Iva 01549080438

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CODICE DEL CONSUMO

Il Codice del consumo all’art. 6 dispone:

“1. I prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati sul territorio nazionale, riportano, chiaramente visibili e leggibili, almeno le indicazioni relative:

a) alla denominazione legale o merceologica del prodotto;

b) al nome o ragione sociale o marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea;

c) al Paese di origine se situato fuori dell'Unione europea;

d) all'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente;

e) ai materiali impiegati ed ai metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualità o le caratteristiche me;

f) alle istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.

L’entrata in vigore della lettera c), tuttavia, era subordinata all’emanazioni di successive disposizioni attuative, ad oggi non ancora operative.

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

LA POSIZIONE DELLA COMUNITA’ EUROPEANel 2003, durante il semestre di presidenza italiana della Ue, il Governo italiano

propose alla Commissione l’introduzione dell’indicazione di origine obbligatoria sui prodotti importati. Negli anni 2004 e 2005 la Commissione UE ha avviato un processo di consultazione cominciando a raccogliere le posizioni dei rappresentanti dell’industria, dei sindacati e dei consumatori dei Paesi membri.

Il 16 dicembre 2005, la Commissione ha pubblicato la proposta di regolamento relativa all’indicazione del Paese di origine di taluni prodotti importati dai Paesi terzi.

Tale proposta risulta dalla mediazione degli interessi contrapposti delle parti in causa e dei rispettivi Paesi e prevede quindi l’introduzione di un sistema di marchio di origine obbligatorio unicamente per alcuni settori sui quali si è raggiunto un accordo: tessile e abbigliamento, calzature, oreficeria, mobili per arredo, ceramiche, articoli di pelle e cuoio e della gomma, apparecchi per illuminazione e altri elencati nell’allegato della proposta.

I prodotti considerati devono riportare il marchio di origine al momento della loro importazione o della loro immissione sul mercato dell'Unione europea sul prodotto oppure sull'imballaggio a seconda delle modalità di vendita. Il marchio di origine è rappresentato dalla dicitura "Fabbricato in" (nella lingua o nelle lingue dei mercati di vendita) con indicazione del paese di origine.

Dal febbraio 2006 la proposta si trova all’esame del Consiglio dove sono rappresentati i Governi nazionali per l’approvazione definitiva. Centro Spedizionieri Doganali Service Srl – Via F. Lamborghini, 3 – 62012 Civitanova Marche (MC) – P.Iva 01549080438

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

LA LEGGE 99/2009

La legge n. 99/2009 del 15/08/2009 con l’art. 17, comma 4, è intervenuta nuovamente sull'art. 4, comma 49 della Finanziaria 2004 (la L. n. 350/2003) ampliando l'ambito delle condotte che possono integrare la fattispecie di fallace indicazione di provenienza dei prodotti, configurabile come reato ex art. 517 del codice penale.

Le nuove norme colpiscono tutti i prodotti di origine non italiana sui quali sia apposto un marchio italiano: tali prodotti, anche se non recano l'indicazione Made in Italy, devono essere etichettati in modo da rendere evidente la loro origine non italiana.

Infatti, ai sensi della disciplina previgente, costituiva falsa indicazione soltanto l'apposizione della dicitura Made in Italy su prodotti non originari dall'Italia ai sensi del Codice Doganale, mentre l'indicazione del Paese d'origine sul prodotto e sul relativo imballaggio non era ritenuta obbligatoria.

Con la nuova normativa la configurabilità del reato ex art. 517 c.p. viene estesa anche alla circostanza di mancata indicazione precisa del Paese di origine o comunque di informazioni chiare sull'origine del prodotto, nel caso in cui si faccia uso di marchi di aziende italiane, su prodotti o merci non originari dell'Italia.

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LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

IL D.L. 135/2009, CONVERTITO DALLA L. N. 166/2009

Successivamente, viene emanato il D.L. 135 del 25.09.2009, in attuazione di obblighi e sentenze comunitarie, convertito nella Legge n. 166/2009, in vigore dal 19 novembre scorso, che all’art. 16 detta nuove regole per il Made In:

Viene esteso l’obbligo dell’indicazione dell’origine delle merci a tutti i proprietari e licenziatari di marchi che possono indurre il consumatore a credere erroneamente che le merci siano di origine italiana.

Non è più ammesso quindi che il marchio aziendale, se rischia di confondere il consumatore, non sia accompagnato dal “made in”. Si tratta di una norma che, da un lato, intende garantire al consumatore una maggiore informazioni e sulle caratteristiche del prodotto e, dall’altra, vuole assicurare un'efficace valorizzazione del prodotto interamente italiano.

Vengono inoltre inasprite le sanzioni a carico del produttore e del licenziatario che omettano di indicare l’origine estera dei prodotti: si tratta di illecito amministrativo passibile della sanzione pecuniaria da euro 10mila euro a 250mila euro, a cui può associarsi anche la confisca amministrativa del prodotto o della merce (salvo che le indicazioni necessarie siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell’illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore).

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In pratica, se in precedenza si potevano introdurre sul mercato

nazionale merci presentate ai consumatori come interamente

prodotte in Italia (attraverso indicazione di vendita varie, quali

"100% Made in Italy", "100% prodotto italiano" o simili), in base

alle nuove regole, invece, si intende "realizzato interamente in

Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai

sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la

progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono

compiuti esclusivamente sul territorio italiano“.

LE TAPPE PRINCIPALI DELL’EVOLUZIONE NORMATIVA

IL D.L. 135/2009, CONVERTITO DALLA L. N. 166/2009

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LA NORMATIVA VIGENTE IL TESTO DELL’ART. 16 D.L. 135/2009

1. Si intende realizzato interamente in Italia il prodotto o la merce, classificabile come made in Italy ai sensi della normativa vigente, e per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano.

2. Con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, per le politiche europee e per la semplificazione normativa, possono essere definite le modalità di applicazione del comma 1.

3. Ai fini dell'applicazione del comma 4, per uso dell'indicazione di vendita o del marchio si intende la utilizzazione a fini di comunicazione commerciale ovvero l'apposizione degli stessi sul prodotto o sulla confezione di vendita o sulla merce dalla presentazione in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e fino alla vendita al dettaglio.

4. Chiunque fa uso di un'indicazione di vendita che presenti il prodotto come interamente realizzato in Italia, quale «100% made in Italy», «100% Italia», «tutto italiano», in qualunque lingua espressa, o altra che sia analogamente idonea ad ingenerare nel consumatore la convinzione della realizzazione interamente in Italia del prodotto, ovvero segni o figure che inducano la medesima fallace convinzione, al di fuori dei presupposti previsti nei commi 1 e 2, e' punito, ferme restando le diverse sanzioni applicabili sulla base della normativa vigente, con le pene previste dall'articolo 517 del codice penale, aumentate di un terzo.

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5. All'articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo le parole: «pratiche commerciali ingannevoli» sono inserite le seguenti: «, fatto salvo quanto previsto dal comma 49-bis,».

6. Dopo il comma 49 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono aggiunti i seguenti:

"49-bis - Costituisce fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull'origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Il contravventore e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.

49-ter. E' sempre disposta la confisca amministrativa del prodotto o della merce di cui al comma 49- bis, salvo che le indicazioni ivi previste siano apposte, a cura e spese del titolare o del licenziatario responsabile dell'illecito, sul prodotto o sulla confezione o sui documenti di corredo per il consumatore.».

7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 si applicano decorsi quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

8. L'articolo 17, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99, e' abrogato.

LA NORMATIVA VIGENTE IL TESTO DELL’ART. 16 D.L. 135/2009

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LA NORMATIVA VIGENTE DEFINIZIONI

Per falsa indicazione si intende la stampigliatura made in Italy su

prodotti e merci che non abbiano una origine italiana, dove per

origine Italia deve farsi riferimento alle disposizioni doganali

comunitarie in tema di origine non preferenziale;

Per fallace indicazione si intende l’apposizione, su prodotti privi di

indicazioni di origine, di segni, figure o quant’altro, tali da indurre

il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine

italiana, ovvero l’apposizione, su prodotti sui quali è indicata una

origine e provenienza estera, di segni, figure o quant’altro, tali da

indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di

origine italiana.

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LA NORMATIVA VIGENTE EFFETTI

Elimina il riferimento al Paese o al luogo di fabbricazione o di produzione, di cui

all’abrogato art. 17, comma 4, della legge 23 luglio 2009, n. 99;

Prevede, in difetto, la comminatoria di una sanzione amministrativa da euro

10.000 ad euro 250.000 in caso di violazione;

Consente, nel caso in cui il marchio possa indurre il consumatore a ritenere che

il prodotto sia di origine italiana, di accompagnare il prodotto sul quale il

marchio è apposto con una appendice informativa sulla effettiva origine,

escludendo in tal modo la fattispecie della fallace indicazione;

Permette altresì di evitare la contestazione in dogana di tale fattispecie di

fallace indicazione, fornendo all’ufficio doganale di controllo una

attestazione del titolare o licenziatario del marchio che le informazioni sulla

effettiva origine della merce saranno fornite in fase di commercializzazione.

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In data 9 novembre 2009, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato la Circolare esplicativa Prot. 124898 recante istruzioni applicative del predetto Decreto, con cui ha “ammorbidito” l’applicazione dell’art. 4, comma 49 della legge 350/2003, come modificato dall’art. 16 del d.l. 135/2009, poi convertito nella legge n. 166/2009.

La nota del Ministero ha introdotto una serie di indicazioni assai flessibili riguardo alle modalità di adempimento dell’obbligo di indicazione della provenienza/origine sui prodotti fabbricati in tutto od in parte fuori dell’Italia introdotto dalla nuova norma.

Si va, in sostanza, dalla possibilità di accompagnare i prodotti con un’appendice informativa contenente una espressa dicitura che evidenzi la loro effettiva origine, all’utilizzo di una autocertificazione da presentare all’ufficio doganale di importazione (si veda sotto fac-simile dell’attestazione), nella quale ci si assume l’impegno ad integrare in fase di commercializzazione le informazioni riguardanti i prodotti con quelle relative alla loro reale origine.

LA NORMATIVA VIGENTE CIRCOLARI APPLICATIVE

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LA NORMATIVA VIGENTE APPENDICE INFORMATIVA E ATTESTAZIONE

Le diciture nelle quali può concretizzarsi l’appendice informativa sono le seguenti:

Prodotto fabbricato in …;

Prodotto fabbricato in Paesi extra Ue;

Prodotto di provenienza extra Ue;

Prodotto importato da Paesi extra Ue;

Prodotto non fabbricato in Italia.

Oltre alle predette diciture continua ad avere rilevanza anche la dicitura “importato da: [nome e sede dell’impresa]”.

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LA NORMATIVA VIGENTE INDICAZIONI OPERATIVE

Nel caso in cui l’attività informativa sull’effettiva origine della merce non fosse materialmente realizzata prima della fase della commercializzazione del prodotto, il titolare del marchio o il licenziatario potrà comunque, al momento della sua presentazione in dogana, far ricorso ad una specifica attestazione con cui si impegna a rendere, in fase di commercializzazione, le informazioni ai consumatori sull’effettiva origine estera del prodotto.

L’indicazione dell’origine non preferenziale estera dei prodotti commercializzati sul territorio nazionale va inserita dove trovano abitualmente posto le indicazioni sulla qualità e le caratteristiche dei prodotti stessi, secondo la prassi del settore e le abitudini dei consumatori: non deve essere necessariamente incorporata nel prodotto, ma può anche essere inserita in elementi amovibili come cartellini e similari, anche aggiunti dopo l’importazione.

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LA NORMATIVA VIGENTE FAC-SIMILE ATTESTAZIONE

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LA NORMATIVA VIGENTE CIRCOLARI APPLICATIVE

Dal canto suo, l’Agenzia delle Dogane, con nota prot. 155971 del 30

novembre 2009, fornisce ulteriori chiarimenti in merito ad una

normativa complessa, che ha generato in passato e si prevede

genererà in futuro non pochi disorientamenti nei confronti degli

operatori.

Per leggere la circolare nella sua interezza, cliccare sul seguente link:

http://www.agenziadogane.it/wps/wcm/connect/resources/file/ebb

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Page 24: ORIGINE DELLE MERCI: MADE IN

LA NORMATIVA VIGENTE ULTERIORI APPLICAZIONI

Si precisa che il titolo dell’art. 16 della legge 135/2009 presuppone

l’esistenza delle due fattispecie:

quella del made in Italy semplice, che qualifica le merci di

origine italiana ai sensi della normativa comunitaria sull’origine

non preferenziale;

l’altra riguardante un prodotto interamente italiano, attribuibile

a merci ottenute esclusivamente sul territorio italiano a seguito

delle fasi di lavorazione tassativamente prescritte dalla norma:

disegno, progettazione, lavorazione e confezionamento.

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LA NORMATIVA VIGENTE ULTERIORI APPLICAZIONI

La norma dell’art. 16 a tutela del made in Italy e prodotti interamente

italiani si applica anche quando i beni realizzati interamente in Italia

siano destinati a un Paesi extracomunitari, in quanto la finalità della

norma è quella di contribuire a tutelare il made in Italy impedendo la

commercializzazione di prodotti in cui scritte, segni o figure inducano

la fallace convinzione che un prodotto indicato come «100% made in

Italy», «100% Italia», «tutto italiano» sia stato prodotto in Italia,

mentre lo stesso è stato realizzato in un Paese terzo.

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LA NORMATIVA VIGENTE ULTERIORI APPLICAZIONI

Nel caso in cui il prodotto fabbricato in Italia contenga elementi di varia provenienza e origine, ove l’incidenza in termini di rapporti percentuali di materiale originario, di valore aggiunto, di lavorazione, trasformazione o processo produttivo attribuibili all’Italia sia idonea a conferire l’origine italiana, si applica la comune normativa europea sull’origine preferenziale o non preferenziale.

QUINDI

In caso di utilizzo di materiali non originari di varia provenienza, il prodotto finito sarà considerato “realizzato interamente in Italia” se abbia l’origine italiana ai sensi delle regole di origine e se il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento siano compiuti esclusivamente sul territorio italiano.

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LA NORMATIVA VIGENTE NOVITA’ IN VISTA

Recentemente, la tutela del Made in si è arricchita di un nuovo capitolo.

Il 10 dicembre 2009, infatti, la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge n. 2646 Reguzzoni-Versace, che ora è al vaglio del Senato.

La proposta di legge Reguzzoni-Versace, recante disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, istituisce un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi nei settori del tessile e della pelletteria e del calzaturiero, per evidenziare il luogo di origine di ciascuna fase della lavorazione e assicurare la tracciabilità dei prodotti stessi, al fine di consentire ai consumatori di ricevere un’adeguata informazione sul processo lavorativo dei prodotti interamente realizzati nel territorio italiano.

Nel caso in cui anche il Senato voti a maggioranza tale disegno di legge, ben presto ci potrebbe essere una nuova legge mirata alla tutela del Made in Italy.

Con la nuova legge si andrebbero sostanzialmente a fissare dei paletti, per cui, al fine di individuare la provenienza del Paese di produzione, viene richiesto un minimo di 2 fasi di lavorazione.

A tale ennesimo intervento legislativo in materia potrebbe in breve affiancarsi, e addirittura sostituirsi, il Regolamento comunitario in discussione, come abbiamo visto, dal 2005.

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