366 giorni di WiMax · 366 giorni di WiMax IL PUNTO DI VISTA Che volto avrà il WiMax, nel 2008,...

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1. 14-27gennaio2008 pag.dieci 366 giorni di WiMax IL PUNTO DI VISTA C he volto avrà il WiMax, nel 2008, in Italia? Le opinioni sono di- scordi, ma sembra ormai assoda- to che non sarà quella rivoluzione di cui si parlava nei mesi scorsi. Il ruolo del WiMax è stato esagerato, ma ora l’entusiasmo si è sgonfiato. L’idea può essere riassunta con le parole di Luca Berardi, analista di Idc: «Sarà un tecnologia complementare a tante altre, per offrire banda larga nelle zone del digital divide». A gettare una luce su come sarà il WiMax in Italia sono sia le sue caratteristiche, sia lo scenario in cui arriva, sia le mosse fatte dai vari soggetti del settore. Incide sul futuro del WiMax il fatto che siano messi all’asta 175 MHz, nella banda 3,4-3,6 GHz, con più di un anno di ritardo rispetto agli altri grandi Paesi europei. I 175 GHz sono meno rispetto ai 200 GHz che rappresentano tutto lo spettro disponibile e che sono stati messi all’asta nel resto d’Europa; perché un quarto delle frequenze, in Italia, è restato nelle mani della Difesa. Meno frequenze significa meno licenze assegnabili e/o meno banda disponibile per ciascuna. Da questo deriva uno scenario in cui per «ogni cella WiMax, avremo 35 Mbps- dice Maurizio Dècina, presidente della Fonda- zione Ugo Bordoni. È evidente che gli utenti per cella non possono essere centinaia, ma solo decine, altrimenti andrebbero troppo lenti. Di conseguenza, il WiMax sarà uti- lizzabile solo per dare banda larga a case e uffici di aree remote, con pochi utenti potenziali». Per fortuna, l’utilizzo sarà duplice, perché il bando ministeriale- co- m’è stato chiarito- consente di fare con le licenze WiMax sia la raccolta (celle che offrono la connessione all’utente finale) sia il backhauling (ponti radio per trasportare la banda). Si può quindi immaginare che da metà 2008 nasceranno offerte WiMax da 1 o 2 Mbps, simmetrici; e che ponti radio WiMax contribuiranno a ridurre il digital divide, ponendosi laddove manca la fibra ottica. È molto improbabile che possano nascerne connessioni mobili in banda larga: la banda 3,4-3,6 GHz è troppo elevata per consentirlo. Dal quadro prende forma una tecno- logia di nicchia: a questo la condanna anche lo scenario in cui arriva in Italia. È vero che il WiMax è usato in altri Paesi come tecnologia primaria contro il digital divide e in certe zone (in Germania) anche come concorrente dell’Adsl; ma in Italia si sconta più di un anno di ritardi. In que- sto frattempo, le Adsl sono diventate più veloci, a parità di costi; sono migliorate le connessioni mobili Hsdpa; i provider, cioè i soggetti più interessati a una tecnologia alternativa wireless, si sono arrangiati vista l’assenza del WiMax e hanno investito in WiFi e Hiperlan per l’ultimo miglio, con- tro il digital divide. Non a caso queste reti wireless, basate su frequenze libere, da noi hanno raggiunto punte di eccellenza in Europa, per esempio a Brescia e Cremona (centinaia di comuni coperti). Ecco quindi che gli associati Aiip (Associazione dei principali provider italiani) hanno deciso di non partecipare all’asta WiMax. Che insomma rischia di giungere in Italia come un tardivo invitato a una festa: atteso per tante ore, arrivando dopo mezzanotte trova lo champagne finito e solo pistacchi in una ciotola. Se questi pistacchi valgano la candela dell’asta, il costo delle licenze, è da vedere; certo è che si è ridotto a lumicino, nei mesi dell’atteso, il ruolo che il WiMax potrebbe avere nello scenario banda larga italiano. «L’unico vero vantaggio del WiMax, rispetto a Hiperlan, è di funzionare su frequenze licenziate, quindi protette. Ma nelle connessioni punto-punto Hiperlan le interferenze sono ridotte, quindi secondo me non vale la pena l’acquisto della licen- za», dice Stefano Quintarelli, guru del web italiano. Eppure sono stati ben 48 coloro che hanno manifestato interesse all’asta. «Sì, ma bisogna vedere a quanti si ridurranno quando, entro gennaio, dovranno presen- tare le offerte economiche al Ministero», continua. Si sa che Tiscali e Vodafone non si sono candidati, Wind sì ma con scettici- smo. Insomma, è tutto nell’aria. Un ultimo enigma, per il futuro del WiMax, riguarda le pubbliche amministrazioni. In teoria un altro uso del WiMax potrebbe essere all’interno delle municipalità wireless, per offrire servizi banda larga ai cittadini. A tal scopo hanno partecipato all’asta francese le municipalità locali. In Italia no perché i Comuni avrebbero voluto- comunicano- condizioni d’asta a loro più favorevoli, ma secondo diversi osservatori è possibile che riusciranno comunque a utilizzare il WiMax per i propri progetti: facendo accordi con piccole aziende locali, che si aggiudicherebbero la licenza. ALESSANDROLONGO Beardi (Idc):«Tecnologia complementare ad altre per offrire banda larga in zone di digital divide» Dopo lʼentusiasmo la prova del mercato Decina: « Gli utenti non possono essere centinaia per cella, ma solo decine, altrimenti le connessioni sarebbero lente In Italia il WiMax arriva con un anno di ritardo e nel frattempo le Adsl sono più veloci senza essere rincarate «Gli enti pubblici locali ancora in corsa» «L a gara per l’assegnazione delle licenze segnerà l’inizio di una fase due nella partita del WiMax italiano”. Antonio Nicita, professore di Politica eco- nomica dell’Università di Siena e autore del blog www.antonionicita.it, pensa che la corsa per ritagliarsi un posto al tavolo della nuova tecnologia radio non si chiuderà con l’asta pubblica. “Chi si aggiudicherà un lotto di frequenze potrebbe decidere di cederne una parte a soggetti terzi, oppure di dar vita a forme di collaborazione con enti locali e ammministrazioni”. Nicita, i vincitori delle licenze WiMax potrebbero quindi non essere gli stessi soggetti che poi offriranno i servizi agli utenti finali? È probabile che si sviluppino scenari diffe- renti. Il possessore di una licenza potrà decidere di fare tutto da sè: sostenendo gli investimenti infrastrutturali per realizzare i network e of- frendo in prima persona l’accesso in banda larga agli utenti finali. Ma questa non è l’unica strada percorribile. Per ottimizzare il business gli assegnatari potrebbero diversificare la loro strategia: tenersi le frequenze più ‘pregiate’, quelle che permettono di portare il servizio WiMax nelle zone a maggiore densità abita- tiva, e affittare quelle corrispondenti alle aree provinciali e periferiche. In questo modo si alzerebbe il sipario su una nuova e potenzial- mente remunerativa area di mercato: quella ANTONIO NICITA. Professore di Politica Economica all’Università di Siena della rivendita all’ingrosso di capacità trasmis- siva. Ma c’è anche un’altra possibilità. Di che si tratta? Qualcuno potrebbe decidere di costruire tutta l’infrastruttura di rete corrispondente al- l’area geografica della licenza, per poi darla in affitto a operatori locali che si limitano a offrire il servizio finale ai clienti. Si tratta di un altro modello di business wholesale che ha concrete possibilità di successo in Italia. Ma chi è interessato ad affittare licenze o reti WiMax dove il ritorno degli investimenti non è garantito? Gli enti e le amministrazioni locali inten- zionati a fornire servizi ai cittadini anche in assenza di un tornaconto economico, ad esem- pio. Comuni limitrofi potrebbero dar vita a consorzi per affittare le frequenze necessarie alla costruzioni di network WiMax locali op- pure, come già detto, affittare reti già realizzate per fornire i servizi finali ai cittadini. Ma è scontata la disponibilità degli asse- gnatari delle licenze WiMax a condividere il loro patrimonio con altri soggetti? Da un punto di vista economico è una scelta razionale. Un grande operatore è interessato a realizzare reti WiMax nelle grandi città e nei capoluoghi di regione, dove maggiori sono le prospettive di guadagno. Qui è altamente improbabile che si sviluppino strategie di vendita wholesale. Chi entrerà in possesso di una licenza WiMax la utilizzerà per comple- tare la propria offerta in banda larga, ma non concederà vantaggi a potenziali concorrenti. Il discorso cambia in periferia, dove recupe- rare parte dei soldi spesi per l’acquisto di una licenza macroregionale, sub-appaltandone una parte, appare una scelta più che sensata. Non è escluso, però, che si verifichino forme di ostruzionismo: alcuni potrebbero decidere di non utilizzare parte delle frequenze piuttosto che cederle a concorrenti, seppur locali e di minore entità. Chi può impedire che si verifichi questa eventualità? Spetta all’Autorità Antitrust imporre ai soggetti assegnatari l’obbligo di dare in con- cessione le frequenze non utilizzate. ENRICOGARDUMI

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N°1. 14-27gennaio2008pag.dieci

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“Che volto avrà il WiMax, nel 2008, in Italia? Le opinioni sono di-scordi, ma sembra ormai assoda-

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Incide sul futuro del WiMax il fatto che siano messi all’asta 175 MHz, nella banda 3,4-3,6 GHz, con più di un anno di ritardo rispetto agli altri grandi Paesi europei.

I 175 GHz sono meno rispetto ai 200 GHz che rappresentano tutto lo spettro disponibile e che sono stati messi all’asta nel resto d’Europa; perché un quarto delle frequenze, in Italia, è restato nelle mani della Difesa. Meno frequenze significa meno licenze assegnabili e/o meno banda disponibile per ciascuna.

Da questo deriva uno scenario in cui per «ogni cella WiMax, avremo 35 Mbps- dice Maurizio Dècina, presidente della Fonda-zione Ugo Bordoni. È evidente che gli utenti per cella non possono essere centinaia, ma solo decine, altrimenti andrebbero troppo lenti. Di conseguenza, il WiMax sarà uti-lizzabile solo per dare banda larga a case e uffici di aree remote, con pochi utenti potenziali». Per fortuna, l’utilizzo sarà duplice, perché il bando ministeriale- co-m’è stato chiarito- consente di fare con le licenze WiMax sia la raccolta (celle che offrono la connessione all’utente finale) sia il backhauling (ponti radio per trasportare la banda). Si può quindi immaginare che da metà 2008 nasceranno offerte WiMax da 1 o 2 Mbps, simmetrici; e che ponti radio WiMax contribuiranno a ridurre il digital divide, ponendosi laddove manca la fibra ottica. È molto improbabile che possano nascerne connessioni mobili in banda larga: la banda 3,4-3,6 GHz è troppo elevata per consentirlo.

Dal quadro prende forma una tecno-logia di nicchia: a questo la condanna anche lo scenario in cui arriva in Italia. È vero che il WiMax è usato in altri Paesi come tecnologia primaria contro il digital divide e in certe zone (in Germania) anche come concorrente dell’Adsl; ma in Italia si sconta più di un anno di ritardi. In que-sto frattempo, le Adsl sono diventate più veloci, a parità di costi; sono migliorate le connessioni mobili Hsdpa; i provider, cioè i soggetti più interessati a una tecnologia alternativa wireless, si sono arrangiati vista l’assenza del WiMax e hanno investito in WiFi e Hiperlan per l’ultimo miglio, con-tro il digital divide. Non a caso queste reti wireless, basate su frequenze libere, da noi hanno raggiunto punte di eccellenza in Europa, per esempio a Brescia e Cremona (centinaia di comuni coperti).

Ecco quindi che gli associati Aiip (Associazione dei principali provider italiani) hanno deciso di non partecipare all’asta WiMax. Che insomma rischia di giungere in Italia come un tardivo invitato

a una festa: atteso per tante ore, arrivando dopo mezzanotte trova lo champagne finito e solo pistacchi in una ciotola.

Se questi pistacchi valgano la candela dell’asta, il costo delle licenze, è da vedere; certo è che si è ridotto a lumicino, nei mesi dell’atteso, il ruolo che il WiMax potrebbe avere nello scenario banda larga italiano.

«L’unico vero vantaggio del WiMax, rispetto a Hiperlan, è di funzionare su frequenze licenziate, quindi protette. Ma nelle connessioni punto-punto Hiperlan le interferenze sono ridotte, quindi secondo me non vale la pena l’acquisto della licen-za», dice Stefano Quintarelli, guru del web italiano. Eppure sono stati ben 48 coloro che hanno manifestato interesse all’asta. «Sì, ma bisogna vedere a quanti si ridurranno quando, entro gennaio, dovranno presen-tare le offerte economiche al Ministero», continua. Si sa che Tiscali e Vodafone non si sono candidati, Wind sì ma con scettici-smo. Insomma, è tutto nell’aria. Un ultimo enigma, per il futuro del WiMax, riguarda le pubbliche amministrazioni. In teoria un altro uso del WiMax potrebbe essere all’interno delle municipalità wireless, per offrire servizi banda larga ai cittadini.

A tal scopo hanno partecipato all’asta francese le municipalità locali. In Italia no perché i Comuni avrebbero voluto- comunicano- condizioni d’asta a loro più favorevoli, ma secondo diversi osservatori è possibile che riusciranno comunque a utilizzare il WiMax per i propri progetti: facendo accordi con piccole aziende locali, che si aggiudicherebbero la licenza.

ALESSANDROLONGO Beardi (Idc):«Tecnologia complementare ad altre per offrire banda larga in zone di digital divide»

Dopo lʼentusiasmo la prova del mercato

Decina: « Gli utenti non possono esserecentinaia per cella, ma solo decine,

altrimenti le connessioni sarebbero lente

In Italia il WiMax arriva con un anno di ritardo e nel frattempo le Adslsono più veloci senza essere rincarate

«Gli enti pubblici locali ancora in corsa»«La gara per l’assegnazione delle

licenze segnerà l’inizio di una fase due nella partita del WiMax italiano”. Antonio Nicita, professore di Politica eco-nomica dell’Università di Siena e autore del blog www.antonionicita.it, pensa che la corsa per ritagliarsi un posto al tavolo della nuova tecnologia radio non si chiuderà con l’asta pubblica. “Chi si aggiudicherà un lotto di frequenze potrebbe decidere di cederne una parte a soggetti terzi, oppure di dar vita a forme di collaborazione con enti locali e ammministrazioni”.

Nicita, i vincitori delle licenze WiMax potrebbero quindi non essere gli stessi soggetti che poi offriranno i servizi agli utenti finali?

È probabile che si sviluppino scenari diffe-renti. Il possessore di una licenza potrà decidere di fare tutto da sè: sostenendo gli investimenti infrastrutturali per realizzare i network e of-frendo in prima persona l’accesso in banda larga agli utenti finali. Ma questa non è l’unica strada percorribile. Per ottimizzare il business gli assegnatari potrebbero diversificare la loro strategia: tenersi le frequenze più ‘pregiate’, quelle che permettono di portare il servizio WiMax nelle zone a maggiore densità abita-tiva, e affittare quelle corrispondenti alle aree provinciali e periferiche. In questo modo si alzerebbe il sipario su una nuova e potenzial-mente remunerativa area di mercato: quella

ANTONIO NICITA. Professore di Politica Economica all’Università di Siena

della rivendita all’ingrosso di capacità trasmis-siva. Ma c’è anche un’altra possibilità.

Di che si tratta?Qualcuno potrebbe decidere di costruire

tutta l’infrastruttura di rete corrispondente al-l’area geografica della licenza, per poi darla in

affitto a operatori locali che si limitano a offrire il servizio finale ai clienti. Si tratta di un altro modello di business wholesale che ha concrete possibilità di successo in Italia.

Ma chi è interessato ad affittare licenze o reti WiMax dove il ritorno degli investimenti non è garantito?

Gli enti e le amministrazioni locali inten-zionati a fornire servizi ai cittadini anche in assenza di un tornaconto economico, ad esem-

pio. Comuni limitrofi potrebbero dar vita a consorzi per affittare le frequenze necessarie alla costruzioni di network WiMax locali op-pure, come già detto, affittare reti già realizzate per fornire i servizi finali ai cittadini.

Ma è scontata la disponibilità degli asse-gnatari delle licenze WiMax a condividere il loro patrimonio con altri soggetti?

Da un punto di vista economico è una scelta razionale. Un grande operatore è interessato a realizzare reti WiMax nelle grandi città e nei capoluoghi di regione, dove maggiori sono le prospettive di guadagno. Qui è altamente improbabile che si sviluppino strategie di vendita wholesale. Chi entrerà in possesso di una licenza WiMax la utilizzerà per comple-tare la propria offerta in banda larga, ma non concederà vantaggi a potenziali concorrenti. Il discorso cambia in periferia, dove recupe-rare parte dei soldi spesi per l’acquisto di una licenza macroregionale, sub-appaltandone una parte, appare una scelta più che sensata. Non è escluso, però, che si verifichino forme di ostruzionismo: alcuni potrebbero decidere di non utilizzare parte delle frequenze piuttosto che cederle a concorrenti, seppur locali e di minore entità.

Chi può impedire che si verifichi questa eventualità?

Spetta all’Autorità Antitrust imporre ai soggetti assegnatari l’obbligo di dare in con-cessione le frequenze non utilizzate.

ENRICOGARDUMI