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SEZIONE
living vastu
LO YOGA AIUTA AD AFFRONTARE LE PROPRIE PAURE.
È IL PARERE DI ANA FORREST BEN ILLUSTRATO
NEL SUO ULTIMO LIBRO
di Francesca Magnani
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Pratichi da 35 anni, e hai ideato il Forrest-
yoga che viene insegnato in tutto il mondo.
Che cosa lo rende uno stile a sè?
«Secondo il mio pensiero, se vuoi usare lo yoga
per curare una ferita emotiva, devi trovare laparte del corpo in cui risiede e là portare il tuo
respiro. Io non insegno yoga per trascendere
il reale. Voglio che lo spirito risieda nel corpo.
Voglio letteralmente aiutare lo spirito della
gente a farsi carne. E a non passare la vita
frammentati. Il mio yoga non richiede flessibi-
lità, ma solo la disposizione ad ascoltare e a
sentire in modo autentico, e a rispondere con
onestà. I quattro pilastri sono: respiro, forza,
integrità, spirito. Nella pratica, anche seguendo
una sola lezione è evidente la genesi del mio
modo di insegnare: cioè la mia propria soffe-
LIFESTYLE
incontri
renza. Mi propongo di al leviare e curare dei
mali che sono espressione del nostro tempo
e prendono dimora nel corpo : quindi mal di
schiena, collo, spalle, disordini intestinali».
Perché hai scritto questo libro?
«Insegno da sempr e: a 8 anni a cavalcare, a 18
yoga. Spesso nel corso degli anni gli studenti mi
hanno chiesto: “Quando ti deciderai a scrivere
un libro?”. Io rispondevo sempre “Mai”, perchè
la storia era troppo per sonale, era difficile par-
larne. A mano a mano che il tempo passava,
però, cambiai opinione. Un gior no un’allieva mi
ha posto la stessa domanda e
la mia rispost a fu: “Adesso”.
In quel momento preciso mi
è parso evidente per la prima
volta che potevo finalmente
raggiungere anche persone
fuori dal tappetino. Improv-
visamente quest’esigenza è
diventata un’urgenza».
Perchè cominci dalla paura?
«Perchè viviamo sotto una coperta di apatia
che ci impedisce di fare le cose. Sotto l’apa-
tia c’è il timore di fallire. Per cominciare ho
creato un’asana particolare : la posizione della
paura, appunto. Ho affront ato il problema e ho
iniziato a lavorare su questo grande ostacolo.
Nel libro uso pezzi della mia vita come storie,
per raccontare quello che ho imparato, per ri-
velare la saggezza che ho ricavato da quest e
esperienze, e proporli ai miei studenti. La miarichiesta personale a ogni lettore è: attingi al
tuo coraggio e comincia a usare gli strumenti
di cui ti parlo. Funzionano! Sarà un percorso
affascinante, a volte confuso, ma affrontalo».
Come hai scelto i temi di cui trat tare?
«Da un lato parlo della mia vita, dall’altro for-
nisco alcuni utili strumenti per trasformare in
modo positivo eventi poco piacevoli della vi-
ta. Nel libro mi rifaccio anche alle tradizioni
degli Indiani d’America, con cui ho vissuto a
lungo. I miei maestri sono stati capi Navajo,
DA LEGGERE
Ana T. Forrest
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Cheyenne, Lakota, Lummi,
Cherokee, Athabaskan. Ho
lavorato per anni nel deserto
di Hesperia, in California, al-
levando cavalli. Il significato
di “medicina” che compare
nel titolo proviene proprio
dalla tradizione di questo
popolo. Per loro le “Vie del-
la Medicina” sono le “Vie
del Sacro” che insegnano a
“camminare nella b ellezza”,
a forgiare un’alleanza e un
rispetto con la natura, la
gente, gli animali e tutto il
cosmo. Una parte di questo
lungo percorso è rappresen-
tato dalla ricerca profonda di
una visione, un’introspezio-
ne profonda volta a scoprire
chi sei, cosa devi fare almondo e qual è il tuo sco-
po qui sulla Terra. Questi
insegnamenti presuppongo-
no un’attenzione di qualità
e la volontà forte di battersi
per la propria libertà.
Dire che la mia vita è stata
dura è un understatement. Ce n’è voluta di “me-
dicina” per trasformare quelle esperienze in bel-
lezza. Come insegnante, per definire la mia vita,
mi piace usare questa espres sione: “dal karma
al dharma”. Sono pass ata attravers o l’abuso,la violenza, l’alcolismo, la bulimia, la malfo r-
mazione fisica, l’epilessia. Ecco perché pos so
aiutare le persone a uscire dalla disperazione
e diventare ciò che vogliono essere. Nel mio
libro offro tutta la mia esperienza: un mezzo
per evolvere e diventare una donna che quando
cammina per strada blocca il traffico».
Quanto nel libro parli di yoga?
«C’è molto Forrest-yoga, anche se non neces-
sariamente è un manuale. Lo yoga mi ha salvato
la vita e mi ha dato una ragione per vivere,
ma io propongo il mio stile come uno degli
strumenti da usare. Lo insegno solo perché
fa parte di me. Se trovo qualcosa che serve,
voglio condividerlo».
Qual è stato il tuo primo incontro con la
disciplina indiana?
«Quando avevo tredici o quattordici anni ,
quindi nel ‘73 o ‘74, Robin, una mia compgana
di scuola, mi disse: “So fare qualcosa che tu
non sai fare”. Non essendo io particolarmen-
te socievole, la frase mi colpì. Ricordo che la
guardai, era piccolina e grassoccia, pall ida.
Pensai “Impossibile”. Così mi misi a guardarla
e mentre la fissavo, accesi una sigaretta. Al
termine della dimostrazione mi disse:“Yoga.
Vuoi provare?”.
Così provai. Ne rimasi scioccat a. Riuscivo a ma-
lapena a toccarmi le ginocchia. Cominciai quindi
a praticare, senza sapere c he tale disciplina mi
aveva già conquistato. Devo ringraziare Robin.Ora capisco che è stata una persona “medici-
nale”, un intervento quasi magico. Il Sacro ha
mandato questo messaggero. Se al tempo Robin
mi avesse detto: “Ti aiuto a smettere di fumare!
ti farà bene!” le avrei risposto male. Ma è stata
furba e mi ha sfidata. Questo è stato per me
irresistibile. In quel periodo sapevo lenire il do-
lore solo rendendomi insensibile, abusando cioè
di alcune droghe. Lo yoga mi ha allontanato
dal fumo, dall’alcol, dalla droga».
Ci puoi dare un assaggio della tua “medici -na”: un consiglio pratico a chi soffre?
Quando crei nella tua mente pensieri che ti
auto-mutilano, guardali in faccia, non scegliere
l’oblio, non crogiolarti nel dispiacere. Ciò non
significa negare i l dolore. È necessario im-
mergersi nel dolore. Noi non siamo abituati a
esternare il dolore. Esprimilo, altrimenti rischi
che questa sofferenza imbeva le tue cellule, che
distrugga il tuo sistema immunitario. Dalle voce.
È anche un segno di rispetto verso te stesso.
Il dolore inesplorato è come una scheggia di
vetro rimasta conficcata nel corpo: i tessuti
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Ana Forrest è nata a New York nel
1956. Durante l’infanzia ha dovuto
combattere una malformazione con-
genita al lato sinistro del corpo, e
da adolescente si è confrontata conepilessia, bulimia, tossicodipendenza,
alcolismo. Ha seguito la sua prima le-
zione di yoga a 14 anni e ha cominciato
a insegnare ufficialmente a 18. Ha al-
levato cavalli per tutta l’adolescenza
nel deserto di Hesperia, in California.
Ha studiato a fondo medicine olisti-
che come omeopatia e naturopatia,
riflessologia, terapia craniosacrale,
Shiatsu, chiropratica, polarità.
Ha vissuto per lungo tempo in Cali-
fornia dove ha studiato con i maestri
delle tribù indiane d’America. È una
guaritrice certificata dal Native Ameri-
can Medicine, è una Reiki Master, una
Certified Regression Therapist, e fa
parte della facoltà del Bridgeport Col-
lege of Chiropractic e del F.A.R.E. Play
(Foundation for Athletic Research and
Education). Ha ricevuto dalla città di
Los Angeles la menzione speciale del
Sindaco per il riconoscimento dei suoi
insegnamenti all’interno della comu-
nità (onoreficenza data per la prima
volta a uno yogi o una yogini).
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intorno si cicatrizzano sempre più, e possono
divenire malattia. L’area dei polmoni spes so ne
risente, arriva l’asma, ci si sente in trappola. In
agopuntura l’area dalle clavicole al diaframma
si chiama “il pozzo del dolore”. Se non smuovi
il tuo dolore rischi di affogarci dentro.
Domandati: cosa posso fare di benefico per me?
Non amorevole o gentile, bada bene. Siamo,
soprattutto noi donne, condizionati a sacrificar-
ci, a “comportarci bene” per essere amate. La
domanda, in realtà, deve essere che cosa posso
fare che sia di giovamento per me stessa?
Certe verità sono dure da accet tare, eppure
vanno guardate in faccia, non sempre edulco-
rate per paura di dispiacere agli altri».
E qual è la soluzione?
«Di recente mi hanno diagnosticato ipotiroi-
dismo e noduli alla tiroide. Questa ghiandola
risiede nel quinto chakra che nella tradizione
yogica è associato all’espressione del sè. Quan-do diciamo il “vero”, questo passa dalla gola.
Mi sono resa conto che pur aiutando gli altri,
non curavo me stessa: dovevo confessare a me
stessa qualche verità che mi nascondevo. Ave-
vo bisogno di aiuto, di riposo e di esprime rmi.
Inoltre, è importante accogliere il cambiamen-
to per evolvere, altrimenti si muore. Per fare
ciò bisogna esercitarsi alla disobbedienza.
Gran parte della resistenza che opponiamo al
cambiamento deriva da vari condizionamenti:
sessualità, religione, scuola, comunità. Crea
disagio sottrarsi a tali “leggi”, ma dopo essersiribellati è possibile usare la disobbedienza co-
me catalizzatore del cambiamento. Liberiamoci
dal dittatore (interiore ed esterno) che detta le
regole. Le transizioni ci espongono e ci rendono
vulnerabili, ma non sono per sempre. È come
una nuova nascita, dai vita a un nuovo te stesso,
con una sua mente e un suo destino. Infine, un
altro atteggiamento da eradicare è il rimpianto.
Quando siamo riusciti a fare un passo in avanti,
riconosciamolo. E non pensiamo “Avrei dovuto
farlo dieci anni fa!”. Festeggiamo ora. E s ai
perché? Dieci anni fa non eravamo pronti».
Cosa speri che il lettore riceva da “Fierce
Medicine”?
«Molto. Innanzitutto riconoscere che la vita è un
dono prezioso. Io pensavo a me stessa come a
una nullità, una crosta infet ta. L’autostima era
molto lontana dal mio mondo. Ho capito qual è il
mio dono, ho trovato una ragione per cui vivere,
ho imparato ad amare e a curare me stessa e gli
altri, ho imparato a nutrirmi della bellezza
nel mondo. Questo è un miracolo».
Internet:
www.forrestyoga.com