31 Notiziario 6-2010 · 2014. 11. 3. · Roberto Narducci, dell'Ufficio Tecnico del Ministero,...

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1 Giugno 2010 Gentili soci, iniziamo questo notiziario con alcune note di servizio. La conferenza tenutasi in data 8 Aprile alle ore 18,30 presso la sede dell’Associazione Lucana “Giustino Fortunato”, a cura del ns. Presidente Veneri su “Arte e Passione per Francobolli e Monete’’, è stata la prima dei salotti filatelici ampiamente preannunciati. Nonostante la esigua presenza dei soci, purtroppo perdura il disinteresse totale, la conferenza ha riscosso il plauso dei partecipanti. Ringraziamo ancora per la gentile e signorile ospitalità il Presidente dell’Associazione Lucana dott. Rocco Risolia ed ns. il socio Francesco Colace per l’attività profusa e che questo primo salotto filatelico sia prodromo per future iniziative e collaborazioni. La sede sociale resterà chiusa nei mesi di luglio ed agosto per cui auguriamo a tutti soci delle serene vacanze estive ed arrivederci al prossimo notiziario. LA STORIA DELLE "POSTE E TELEGRAFI" DI SALERNO Abbiamo sempre parlato di francobolli, dei loro colori, delle dentellature ma non abbiamo mai accennato alla casa dei francobolli, cioè alle "Poste e Telegrafi", secondo la vecchia dizione: perciò ritengo utile ricordare la storia della costruzione di questo bell'edificio postale. La necessità di avere un nuovo Palazzo delle Poste fu avvertita a Salerno fin dal 1919. Infatti nella relazione dell'Assessore Giovanni Cuomo si riferisce che gli uffici postali: "mal rispondono ai loro scopi, per locali inadatti e mal ripartiti". Tornando indietro, però, già nel 1915 la Camera di Commercio faceva voti al Ministero per ottenere un edificio delle Poste, Telegrafi e Telefoni nella nostra città. Nel 1921 venne dato incarico agli ingegneri Toma e Donzelli di redigere un progetto su un suolo concesso gratuitamente dal Comune di Salerno e già nel 1923 i lavori furono appaltati all'impresa De Rosa senza però che iniziassero i lavori. Con l'avvento del Fascismo l'onere della costruzione passò al Ministero delle Comunicazioni che nel 1928 stava per iniziare i lavori su un'area scelta tra Corso Garibaldi e Lungomare, di fronte all'area del vecchio foro boario sulla quale nel 1939 sorgerà il Palazzo di Giustizia. Il Progetto venne affidato all'ing. Roberto Narducci, dell'Ufficio Tecnico del Ministero, mentre la direzione dei lavori fu di competenza dell'ing. Francesco Canistracci, e l'esecuzione dei lavori fu opera dell'impresa Cesare Giovagnoni di Napoli. Il progetto prevedeva un edificio da sviluppare su quattro livelli più un seminterrato, ma nel 1931, a lavori iniziati, fu aggiornato con una sopraelevazione in corrispondenza del piano attico. Nel 1932 l’opera fu completata ed inaugurata il 28 Ottobre alla presenza del Sottosegretario alle Comunicazioni Lojacono che nello stesso giorno inaugurò anche il R. Liceo Ginnasio "T. Tasso" a piazza San Francesco. Il palazzo ha una volumetria di diecimila metri cubi ed è tra i primi edifici monumentali realizzati dal regime a Salerno con lo stile classico modernizzato, e presenta un fronte compatto ed unitario su Corso Garibaldi, dove si apre l'ingresso principale, ed uno più articolato sul Lungomare. Il basamento

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Giugno 2010 Gentili soci, iniziamo questo notiziario con alcune note di servizio. La conferenza tenutasi in data 8 Aprile alle ore 18,30 presso la sede dell’Associazione Lucana “Giustino Fortunato”, a cura del ns. Presidente Veneri su “Arte e Passione per Francobolli e Monete’’, è stata la prima dei salotti filatelici ampiamente preannunciati. Nonostante la esigua presenza dei soci, purtroppo perdura il disinteresse totale, la conferenza ha riscosso il plauso dei partecipanti. Ringraziamo ancora per la gentile e signorile ospitalità il Presidente dell’Associazione Lucana dott. Rocco Risolia ed ns. il socio Francesco Colace per l’attività profusa e che questo primo salotto filatelico sia prodromo per future iniziative e collaborazioni. La sede sociale resterà chiusa nei mesi di luglio ed agosto per cui auguriamo a tutti soci delle serene vacanze estive ed arrivederci al prossimo notiziario.

LA STORIA DELLE "POSTE E TELEGRAFI" DI SALERNO

Abbiamo sempre parlato di francobolli, dei loro colori, delle dentellature ma non abbiamo mai accennato alla casa dei francobolli, cioè alle "Poste e Telegrafi", secondo la vecchia dizione: perciò ritengo utile ricordare la storia della costruzione di questo bell'edificio postale. La necessità di avere un nuovo Palazzo delle Poste fu avvertita a Salerno fin dal 1919. Infatti nella relazione dell'Assessore Giovanni Cuomo si riferisce che gli uffici postali: "mal rispondono ai loro scopi, per locali inadatti e mal ripartiti". Tornando indietro, però, già nel 1915 la Camera di Commercio faceva voti al Ministero per ottenere un edificio delle Poste, Telegrafi e Telefoni nella nostra città.

Nel 1921 venne dato incarico agli ingegneri Toma e Donzelli di redigere un progetto su un suolo concesso gratuitamente dal Comune di Salerno e già nel 1923 i lavori furono appaltati all'impresa De Rosa senza però che iniziassero i lavori. Con l'avvento del Fascismo l'onere della costruzione passò al Ministero delle Comunicazioni che nel 1928 stava per iniziare i lavori su un'area scelta tra Corso Garibaldi e Lungomare, di fronte all'area del vecchio foro boario sulla quale nel 1939 sorgerà il Palazzo di Giustizia. Il Progetto venne affidato all'ing. Roberto Narducci, dell'Ufficio Tecnico del Ministero, mentre la direzione dei lavori fu di competenza dell'ing. Francesco Canistracci, e l'esecuzione dei lavori fu opera dell'impresa Cesare Giovagnoni di Napoli. Il progetto prevedeva un edificio da sviluppare su quattro livelli più un seminterrato, ma nel 1931, a lavori iniziati, fu aggiornato con una sopraelevazione in corrispondenza del piano attico. Nel 1932 l’opera fu completata ed inaugurata il 28 Ottobre alla presenza del Sottosegretario alle Comunicazioni Lojacono che nello stesso giorno inaugurò anche il R. Liceo Ginnasio "T. Tasso" a piazza San Francesco. Il palazzo ha una volumetria di diecimila metri cubi ed è tra i primi edifici monumentali realizzati dal regime a Salerno con lo stile classico modernizzato, e presenta un fronte compatto ed unitario su Corso Garibaldi, dove si apre l'ingresso principale, ed uno più articolato sul Lungomare. Il basamento

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è rivestito da “intonaco a bugnato”, comprende il pianoterra ed il piano ammezzato e poggia su di uno zoccolo di “pietra bianca a masso” corrispondente al seminterrato. I cinque piani originari vengono conclusi da un cornicione di coronamento, sul quale poggia il piano attico, oggi sviluppato sull'intera superficie, mentre all'epoca della costruzione esso occupava solo quella parte centrale delimitata da due gruppi scultorei realizzati dall'artista romano Conti. L'edificio poggia su di una enorme gettata di calcestruzzo dalla quale si elevano le mura perimetrali in “pietrame calcareo e travertino” fino al primo piano ed in tufo giallo a proseguire, tutte collegate, mediante cordoli di calcestruzzo, ai solai a travi incrociate in cemento armato. Gli interni rispecchiano il classicismo modernizzato delle facciate: pareti rivestite con marmi pregiati, pavimenti a mosaico, scalone monumentale e decorazioni a stucco. Inizialmente le due grandi sale a pianoterra aperte al pubblico erano destinate, quella a destra, entrando, ai servizi “a danaro”, quella a sinistra alla corrispondenza e ai pacchi postali. Ognuna di esse aveva i pavimenti a mosaico in ceramica di Cremona e le pareti rivestite in marmo “verdello”. Indubbiamente il regime non badò a spese nel costruire questo edificio postale, che ancora oggi con la sua maestosità conserva il suo fascino.

Aldo Baldi IL TIMBRO DEL VESCOVO

Se l’Inghilterra ha il primato del primo francobollo nel 1840 grazie all’intuizione di Sir Rowland Hill, ha anche quello della primogenitura del timbro postale. Nel 1661 dopo varie accuse di mal funzionamento del servizio postale di Sua Maestà, lentezza, ritardi e quant’altro, il colonello Henry Bishop (scritto anche nelle varianti Bishopp e Bisshopp), nominato dal re Carlo II d’Inghilterrra General Post Master (dal 1660 al 1663), quale concessionario dell’incarico per la distribuzione della posta sui territori della corona in regime di monopolio, introdusse l’uso del primo bollatore dando così inizio al sistema postale inteso nell’accezione moderna del termine. Venne data vasta eco a tale innovazione tanto che la notizia fu pubblicata sul settimanale Mercurius Publicus nel Maggio 1661 con il titolo altisonante: Bishop Mark e recita “.. per prevenire negligenze da parte dei corrieri nella pronta distribuzione della corrispondenza, viene reso noto che la data di consegna di ogni lettera, all’ufficio postale, è impressa sulla missiva e che i corrieri dovranno consegnarla il giorno stesso in estate e al più tardi il mattino successivo in inverno’’. Prima di tale nomina il sistema postale inglese era retto dal Master of King’s Post. La carica di General Post Master doveva entrare in vigore il

25 Giugno 1660, ma si dovette attendere fino al 29 Settembre dello stesso anno per la operatività effettiva allorquando, con atto parlamentare, fu istituito l’ufficio del General Post Office. Il Bishop Mark, nome dato a tale timbro, come da figura, era costituito da un cerchio diviso a metà del diametro di circa 13 mm riportante, nella parte superiore, le iniziali del mese in maiuscolo e in quella inferiore il giorno, il tutto in caratteri serif. Tale impronta veniva applicata all’arrivo della missiva segnalando l’avvenuta ricezione e la successiva lavorazione nell’ufficio postale di Londra. Dopo il 1663 il bollo fu applicato anche sulle lettere in uscita da Londra. La prima data nota d’uso è il 19 Aprile 1661. Purtroppo la maggior parte delle lettere bollate con il Bishop Mark andarono distrutte a causa della pestilenza e del successivo incendio di Londra che si verificarono tra il 1665 ed il 1666. In modo singolare, il sistema di spedizione delle missive adottato da parte del Foreing Office di Sua

Maestà, utilizzò il Bishop Mark solo dal 23 febbraio 1663. Prima di tale data il ministero appose sulle missive in uscita dei bolli recanti il costo in base al percorso che la missiva avrebbe seguito per giungere a destinazione, così come stabilito dalla legge postale del 1660. Tali marcature erano rappresentate dalle lettere “d” o “s” ( pence o scellini) seguite da un numero (rappresentante il costo da sostenere). Il Bishop Mark poteva variava in base alla composizione scelta nella dimensione del carattere ed in Inghilterra il suo utilizzo si protrasse fine al 1787 ma si conoscono usi sporadici fino al 1788. Le difformità del Bishop Mark si palesarono anche in relazione al territorio in cui fu usato. In Scozia, ad

esempio, esso era piccolo ed ovale e solo verso il 1725 entrò in uso quello circolare o inglese. Inoltre gli uffici postali scozzesi avevano in dotazione due serie di bollatori distinti: 12, a mezza luna, recanti le

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iniziali del mese e 31, a semicerchio non chiusi da diametro, per i giorni. L’addetto postale doveva apporli entrambi cercando di comporre il cerchio. Il bollo era apposto inizialmente utilizzando inchiostro nero, in seguito, a partire dal 1714, si usò il rosso. Nella vicina Irlanda gli uffici postali usarono fin dal 1670 il Bishop Mark a data, verso il 1746 fu utilizzata un’impronta analoga al tipo scozzese, impressa in nero, con il mese in alto ed il giorno in basso. Tale uso si protrasse fino il 1795 e solamente verso il 1796 venne incluso nel timbro anche l’anno.

Bisogna inoltre precisare che solo verso il 1673 l’impronta utilizzò i nuovi caratteri sans serif con un diametro del bollo variabile tra i 13 ed i 14 mm. Dal 1713 avvenne poi un’inversione stilistica per cui il mese venne iscritto nella parte inferiore. Tra le novità viu fu anche l’utilizzo della lettera “I” in luogo della “J” per i mesi che avevano quest’ultima iniziale (June, Julay ecc.). Gli uffici postali dislocati nei territori dell’impero britannico utilizzarono il Bishop Mark dal 1661 al 1797. Tra i mesi di gennaio ed aprile

1787 fu creata un’ulteriore variante del timbro. Nel cerchio superiore il mese venne iscritto per intero, il giorno passò nella parte inferiore e in un piccolo cerchio posto all’interno fu posta una lettera.

Sergio Mendikovic

Da ELEA a VELIA

Intorno al 600 a. C. i focesi fondarono Massalia (oggi Marsiglia) stabilendo alcuni insediamenti nel loro percorso lungo il litorale tirrenico. Uno di questi fu posto in località Castellammare della Bruca, oggi comune di Ascea, in provincia di Salerno. Sorgeva qui l’antica città greca di Elea, Velia per i Romani. La sua fondazione risale al 540-536 a. C., come ampiamente descritto da Erodoto e Antioco e testimoniato da Senofane. Circa 5-6mila focesi, superstiti della battaglia contro i Cartaginesi, trovarono rifugio con le proprie navi ad Elea, su questo promontorio sporgente sul mare e limitato a Nord dall’Alento e dal Palistro e a sud dalla fiumarella Santa Barbara. Elea, grazie alla sua politica di equilibrio, è stato uno dei centri di maggior interesse culturale e commerciale di tutta la Magna Grecia, come testimoniano la presenza della grande Scuola eleatica di Parmenide e Zenone e gli intensi traffici commerciali. Ben fortificata, con la presenza di avanposti verso l’interno, Elea ha mantenuto la sua autonomia e conservato a lungo la sua grecità. Dopo la caduta di Taranto, entrò nell’alleanza con Roma schierandosi al suo fianco nella 2° guerra punica. Con il progressivo insabbiamento dei suoi due porti ne iniziò la decadenza. Qui a Velia molti patrizi romani avevano la propria villa, e durante uno dei suoi numerosi viaggi, Cicerone vi ebbe un drammatico colloquio con Bruto. La presenza di molti medici, le varie iscrizioni che fanno riferimento alla medicina ( es.“Parmenide, figlio di Pireto, medico Uliade”), hanno spinto alcuni studiosi a cogliere uno stretto legame tra la cultura medica eleatica e la Scuola medica salernitana. L’area è ancora oggi poco esplorata e costituisce, a mio avviso, uno dei più promettenti siti archeologici della Magna Grecia. Vanno ricordate: l’acropoli greca, vari templi minori e due quartieri, uno residenziale a sud-est e uno commerciale a nord-ovest. Interessante e di aspetto monumentale la Porta Rosa, dotata di potenti contrafforti, che rappresenta l’unico esempio nella Magna Grecia di una volta a tutto sesto di età classica. La monetazione eleatica è in argento e bronzo e presenta un’incisione di pregevole fattura. Le raffigurazioni più utilizzate sono: l’effigie di Atena, il leone, il gufo, Ercole, il tripode e altri simboli accessori che fanno da supporto all’immagine principale: il grappolo d’uva, la spiga di grano, il pentagramma, il grifone. La moneta rappresentata è un didramma in argento pesante gr. 7,40, con un diametro di 21 mm ed è stata coniata tra il 450 e il 400 a. C. Al diritto troviamo la testa di Atena, volta a destra, che indossa un elmetto attico sormontato da un grifone; dietro al collo la lettera greca X. Al rovescio è presente un leone andante a destra, con la lettera greca E posta al di sopra e l’ O(micron) al di sotto. All’esergo vi è la legenda YELHTON. Questa moneta è piuttosto rara e, in alta conservazione, vale diverse centinaia di euro.

Lanfranco Cirillo

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CACCIA AL COLPEVOLE.

Ancora una volta (ed è la terza), una grossa partita di ordinari usati, su frammento, mi ha indotto ad alcune riflessioni su rotture e difetti sempre più frequenti. Il fatto è che, nelle mie due precedenti riflessioni, avevo potuto esaminare una grossa partita di ordinari usati, lavati, e circa 700 commemorativi su frammento. Questa volta mi sono invece capitate tra le mani alcune migliaia di “donne nell’arte” su frammento ed io, invece di passare direttamente al lavaggio, per ridurre la quantità di carta a mollo, ho cominciato a rifilare i margini dei frammenti (ed eliminare il retro della busta, regolarmente presente. D’altro canto i francobolli su frammento si vendono a peso!). E’ vero che, per il fatto che sono incollati su carta bianca, individuare rotture e difetti di dentellatura è molto difficile, anche se non impossibile, ma le piegature si vedono tutte. E, infatti, man mano che spulciavo la gran massa che mi stava davanti, cominciai a rendermi conto che i francobolli, con angoli piegati in modo più o meno appariscente, erano veramente troppi. Possibile che fossero capitati tutti a me? Possibile che ci fosse stata tanta gente distratta che, nell’appiccicare il francobollo sulla busta, lo avesse fatto in modo tanto maldestro da piegare regolarmente gli angoli? Poi, insospettito, e mettendo da parte questi che sono, purtroppo, francobolli difettosi, cominciai a notare che il 99% di essi era annullato da bollatrici meccaniche, alcune dei CPO e dei CMP, altre da agenzie di base o semplicemente di grossi centri. La provenienza era concentrata tra le Venezie, la Lombardia e l’Emilia ma la percentuale più elevata di casi era data solo dalla concentrazione della posta nei megacentri, come ormai è prassi corrente negli ultimi anni. Altra cosa notata fu che una buona percentuale (quasi il 20%) degli angoli era stata piegata certamente prima della bollatura, vista che quest’ultima colpiva il retro del francobollo ed infine che quest’ultimo risultava spesso quasi strappato nel punto in cui la piega incontrava (lungo il lato verticale) la dentellatura, come se la piega stessa si fosse verificata in modo improvviso e violento. Mettendo insieme le cose non ci voleva un grosso spirito d’osservazione per identificare la comune causa di tanta difettosità. La mia memoria andò, quasi in un lampo, a certi telegiornali degli anni ’70 e ’80, quando i ministri delle poste, ancora statali, inauguravano grandiosi impianti, capaci di bollare e smistare, grazie ai lettori ottici, decine di migliaia di pezzi l’ora. E questi impianti, o alcune parti di essi, eravamo stati bravi a venderli anche all’estero, tanto che la Elsag, maggiore produttrice del settore, aveva ricevuto anche l’onore di un francobollo. Quello che in ogni modo ricordavo meglio, era lo sfrecciare velocissimo delle lettere attraverso degli istradatori a nastro, come dei treni sui binari con gli scambi. A questo punto era chiaro cosa fosse successo. Le lettere, svuotate dai sacchi e pigiate nei cesti d’ingresso, vengono rapidamente drizzate e avviate su un primo nastro verso le bollatrici. In questa fase, se gli angoli dei francobolli non sono ancorati più che saldamente alla busta, possono piegarsi per frizione e ricevere il bollo parzialmente sul retro. Dopo la bollatura, l’istradamento, velocissimo, eseguito dal lettore che codifica il numero di codice postale e l’indirizzo, provoca successivi disastri in quei francobolli che, sempre male incollati, hanno superato il primo ostacolo. La velocità e l’urto con i lati di altri oggetti postali possono provocare quei microtraumi di cui si è parlato prima. Se poi i francobolli sono appena attaccati alla busta, le pieghe possono essere plurime, cioè verificarsi più volte nell’arco della lavorazione con risultati facilmente immaginabili. La velocità deve essere tale che si piegano persino i soli dentelli d’angolo e, addirittura, i singoli dentelli laterali se per caso combaciano con l’inizio delle “onde” della rulletta bollatrice, il che fa sorgere anche il sospetto che la sporgenza del corpo bollante sia mal regolata, provocando anche altri traumi da bollatura (ad esempio, eccessiva pressione delle lettere e dei numeri dei timbri che generano segni evidenti sul rovescio e, qualche volta, tagli). In ultima analisi, e suddividendo grossolanamente i francobolli difettati in categorie, avremo: piegature avvenute prima della bollatura, durante e dopo, con un’ulteriore suddivisione, per quest’ultima categoria, tra i piegati o i piegati con lieve strappo e gli accartocciati. Ho costatato anche che il numero dei piegati, in questi ultimi anni, è cresciuto in modo esponenziale. Le spiegazioni possono essere almeno tre: una minore cura nelle varie fasi delle operazioni di bollatura e smistamento, dovuta all’accresciuto volume della posta da lavorare dopo la concentrazione forzata della stessa nei grandi centri di raccolta; una minore cura da parte dell’utenza nell’attaccare (con la colla in dotazione) i francobolli alla busta, quasi che questi ultimi fossero considerati sempre più dei reperti di un passato remoto che deve scomparire (comportamento favorito dalle stesse poste che hanno rarefatto l’uso del francobollo comune o commemorativo grazie a tp-label, ad autoadesivi, a posta target, etc.); un numero quindi molto più contenuto di francobolli, di qualunque tipo, che affluiscono sul mercato e che dovrebbero alimentarlo. Paradossale (ma non tanto) appare quindi che, mentre il numero delle emissioni, il facciale delle stesse e la quantità complessiva dei francobolli tende a crescere, questi ultimi si vedono in giro sempre meno e, certamente meno, affluiscono sul mercato. Non si comprende bene a questo punto a cosa servono la “divisione filatelia”, i progetti insulsi di francobolli a tiratura limitata (tipo quello per i diciottenni o libretti Montecitorio), di tipo smaccatamente commercial-speculativo, se poi la base popolare della

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filatelia non si allarga in modo consistente. Sono anni ormai che il mondo del collezionismo (o almeno la sua parte più sana) chiede una riduzione delle emissioni con la soppressione dei facciali troppo alti, una capillare distribuzione negli uffici postali e tra le tabaccherie, una riduzione allo stretto indispensabile di macchinette più o meno affrancatrici, la soppressione dei francobolli ordinari autoadesivi, ma fino ad ora non si è ottenuto nulla, le poste da quell’orecchio non ci sentono. A questo punto se proprio volessimo tracciare la figura del buon utente postale (buono, ovviamente, per i filatelici) dovremmo immaginare una persona che affranca le lettere da sé, non usa colle strane, ma ancora bene il francobollo alla busta grazie al collante naturale, che compra i francobolli in piccoli blocchi e che li stacca tra loro piegandoli più volte lungo la dentellatura, che chiede, se possibile, francobolli commemorativi e che, in caso di servizi accessori (raccomandate, assicurate), si presenta alle poste con la corrispondenza già affrancata, in tariffa esatta, e con tutti i modellini necessari, già compilati. Ma…. quello che ho descritto è ormai solo un filatelico.

Fig.1 - Tripla piegatura avvenuta prima della bollatura. Sul francobollo da 0,41 e su una delle due del secondo da 0,02 il bollo è ben visibile, ma visibile è anche l’angolo piegato in basso a destra sempre del secondo valore da 0,02.

Fig.2 - Verona CMP ha bollato l’angolo, piegato due volte, di questo francobollo a doppio valore.

Fig.3 Una vera galleria degli orrori frutto di pieghe che si sono generate prima della bollatura. Gli uffici, tutti CMP o CPO, sono quelli di Piacenza, Ravenna, Bologna e altri due non meglio identificati. Nel caso di Piacenza non si è trattato di una piega ma di uno strappo tanto vistoso da deformare l’immagine.

Fig.4 Ancora sei esemplari piegati, prima della bollatura, da accidenti meccanici. Quattro gli uffici identificabili: Bologna, Imola, Brugherio e Pergine Valsugana; due non identificabili che hanno generato una doppia piega prima della bollatura. Piega normale e piega con strappo dall’ufficio di Brugherio e doppia piega (quella di sinistra verificatasi forse dopo la bollatura) da quello di Imola.

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Fig.5 Un’ultima carrellata di pieghe, in questo caso, successive alla bollatura. Le prime tre immagini si riferiscono a pieghe singole, la quarta a una doppia, le tre successive, a differenti ingrandimenti, a tre pieghe con strappo. La nona e la decima sono due evidenti esempi di abrasione da trascinamento (si noti il ricciolo che ha asportato la parte superiore delle lettere IT, e, a fortissimo ingrandimento, lo strappo lungo la dentellatura, nell’immagine successiva). Le ultime due figure mettono bene in evidenza due esempi di accartocciamento con, nel caso dell’ultima, tre piegature sovrapposte. Giuseppe Preziosi

IL MERCATINO

1. Cerco giornali affrancati varie epoche, missive o quanto altro attiene al servizio dei postini o portalettere, numerali e collettorie della provincia di Salerno. Contattare Sergio Mendikovic e-mail [email protected]

2. Cerco lettere con valori della serie Michelangiolesca isolati e non. Contattare 333.598.16.37.

3. Cerco qualsiasi documento postale (anche non affrancato con francobollo) purché bollato negli

anni 1947 e 1953. Ricerco inoltre stessi documenti relativi a date particolari comprese tra il 1900 – 2010. Specificare date in possesso e prezzo, oppure prendere contatto con Giuseppe Preziosi 089.796.914 o e-mail [email protected].

4. Cerco i seguenti francobolli: 1995 Pro Alluvionati usato, 1987 Arte Italiana 2 vv. nuovi, 1987 Scuola Nunziatella nuovo, 1987 S.Alfonso Liguori nuovo, 1987 Piazze d'Italia 4 vv. nuovi, 1987 Esposizione mondiale di Filatelia Olimpica 2 vv nuovi, 1987 Mentana nuovo, 2007 Consiglio ONU usato. Contattare Persico Gennaro 089.724.929

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Per suggerimenti, segnalazioni, correzioni, critiche, apprezzamenti, chiarimenti, offerte di collaborazione e quant’altro, potete contattare:

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