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L’oro di Daniele Greco illumina gli Euroindoor n. 3

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L’oro di Daniele Grecoillumina gli Euroindoor

n. 3

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Non solo Rio 2016!

In copertina: l’abbraccio fra le neo primatista dell’asta Ro-berta Bruni (a sinistra), salita a 4.60, e Giorgia Benecchi, se-conda con 4.40.

A fianco il salto vincente a 2.33 del poliziotto Silvano Chesani(Foto di Elio Panciera).

Avevamo scritto che ci saremmo fatti vivi nonappena avremmo avuto qualcosa da dire, inquesto caso da scrivere. Visto come vanno lecose, decisamente meglio, ci pare opportunoritornare sull’argomento. Il risveglio c’è statoe si è visto. Magari come ha scritto FaustoNarducci sulla “rosea” di Milano la “metamor-fosi incompiuta” è stato la conclusione di uncommento, forse di un gradino leggermentemalevolo, ma quanto mai significativo, vistoche Alessia, inteso come Trost, ci aveva deli-ziato con ben altri balzi vero soffitti più alti.Lasciamola lavorare aveva scritto sempre ilcaporedattore de “La Gazzetta dello Sport” inun fondo precedente, e allora lasciamola vi-vere la sua splendida età di 19enne, all’ombra

di Gianfranco Chessa che certamente sapràplasmarla per traguardi lontani nel tempo. Neiprimi giorni di marzo il presidente Alfio Giomiha più volte dichiarato di avere iniziato il la-voro verso Rio 2016. Noi molto sommessa-mente vorremmo ricordare che prima diallora ci sono tanti e tanti appuntamenti aiquali si dovrà rispondere presente. Ne citiamosolo alcuni: i mondiali di Mosca di quest’anno,di Londra nel 2015 e gli Europei di Zurigo nel2014, e proprio in questo frangente do-vremmo portarci a casa un cospicuo numerodi allori, visto che un conto è combattere inEuropa, un altro è incrociare le armi fuori dalcontinente. Trekkenfild alla sua seconda puntura di spillo

ha già colto nel segno. Abbiamo ricevuto unatelefonata da parte di Lucio Gigliotti, dove hasmentito tutto ciò che è stato dichiarato daStefano Mei e scritto su “Il Secolo XIX”. Ab-biamo informato il grande tecnico che ospite-remmo volentieri una sua smentita. Loattendiamo per pubblicarlo integralmente.Poi c’è il capitolo amatori che il prode Da-niele Perboni fustiga da par suo in altraparte di Trekkenfild. Chi scrive arriva daquel mondo, faceva parte di quel novero dipersonaggi che corsero la Stramilano di sera,quando non era ancora genitore. Il mondoamatoriale a quel tempo era una fucina dipersone che in un modo o nell’altro o prove-niva dall’atletica e aveva passato l’età perfrequentarla, oppure per una ragione o perl’altra vi approdava successivamente. Oranon è più così. L’amatore si è evoluto, correcon il gps, segue tabelle di allenamento (inun'altra puntata vi spiegheremo come vannole cose), partecipa a maratone, si allena

quattro, cinque volte la settimana, ha libri hadisposizione e riviste specializzate a lui dedi-cate. Attenzione avete letto bene corre lemaratone, quelle vere di 42 km e 195 metri.Un gran bel business, sia per gli organizza-tori che per la Federazione. Infatti chiedetequanto versano nelle casse federali le singolemanifestazioni, un bel numero di euro. Inquesto caso l’amatore, o meglio il runnersviene spellato, ma statene certi che incas-serà di buon grado. Per lui l’importante ècorrere, correre, correre.In questo numero proponiamo anche un’in-tervista alla nostra miglior maratoneta del2012, Valeria Straneo, curata da Valeria Ven-zano, giovane tecnico genovese amantedell’atletica.

W. B.

In copertina il salto vincente di Michele Grecoagli Euroindoor di Goteborg. Colombo/Fidal.

Non solo Rio 2016!

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Missione compiuta, frase militare mache si addice bene alla trasferta nelleterre del Nord compiuta dalla nazio-nale azzurra. Alla fine di una tregiorni entusiasmante, che ci ha ricon-ciliato con l’atletica in tv, il bilancioitaliano è più che soddisfacente. Cin-que medaglie, accompagnate da diecifinalisti che equivalgono all’ottavoposto nel medagliere e nella classificaa punti, non sono un bottino da di-sprezzare. Ci mancherebbe! L’eraGiomi sembra proprio partita con ilpiede giusto. Appena in sella il presi-dente grossetano ha festeggiato ilsuccesso di Andrea Lalli ai Campio-nati continentali di cross di Budapestd’inizio dicembre, e ora eccolo inprima fila a portare in trionfo i suoiragazzi. Certo, sarebbe ingiusto attri-buire le medaglie di Göteborg soloalla nuora “era”. Come tutti gli appas-sionati di atletica sanno, questi esitipositivi vengono da lontano, da unabuona e lunga programmazione, davivai atletici sparsi su tutta la peni-sola seguiti anche da tecnici prepa-rati, che mai hanno abbandonato lavoglia di coltivare talenti. Quando illavoro è serio i risultati, alla fine, siraccolgono e ad avvantaggiarsene, sisa, non sempre sono i promotori. Co-munque sarebbe altrettanto ingiustonon dare a Cesare quel che è di Ce-sare, cioè il recente corso che ha as-sunto la guida federale. Stiamosviolinando il nuovo mondo? Non cisembra. Semplicemente cerchiamo dimettere a fuoco alcuni punti. Da sem-pre al “capo” vanno gli onori ma unbuon “capo” deve anche saper pro-teggere chi lavora per lui, senza attri-buirsi successi che non glicompetono. Non ci sembra questo ilcaso. Troppo intelligente e sgamato iltoscano per uscire dai binari.

Detto questo, proviamo adanalizzare quanto visto inSvezia agli inizi di marzo.Giovani o giovanissimi tuttii finalisti (età media al disotto dei 25 anni), risultatieccellenti e da manuale il17.70 di Daniele Greco neltriplo: miglior performan-ces mondiale del 2013.Senza contare i vari recordnazionali messi in bachecaoltre ad alcuni primati per-sonali. Un bottino che ci faben sperare per il futuro.Se questi ragazzi, i rispet-tivi tecnici e i responsabilinazionali sapranno averepazienza e continuare sullastrada intrapresa potremoattenderci tranquillamentealtri allori e soddisfazioniimportanti. Ora lasciamolilavorare tranquilli, senzapressioni e richieste as-surde. Serenità è quel cheoccorre per mantenereviva e vitale questa nou-velle vague azzurra.Il rovescio della medaglia èdato dalla continua man-canza di faticatori, uominiche sappiano lasciare ilsegno sulle lunghe di-stanze della pista. A parteil già citato Lalli e il pisanoDaniele Meucci (già ar-gento nei 10.000 dei Cam-pionati Europei diBarcellona 2010) non ve-diamo nell’immediato altriprotagonisti che possanoraccogliere l’eredità lasciata daigrandi mezzofondisti azzurri. E se lapista langue la strada (leggi mara-tona) non sta certo meglio. Mancano

Dal calcio alla pedana del triploÈ nato a Nardò (Lecce) il 1 marzo 1989,1.86x76kg.Società: Fiamme Oro Padova.Allenatore: Raimondo OrsiniPresenze in Nazionale: 10Da ragazzino giocava a calcio da attac-cante nelle giovanili del Galatone, la squa-dra della sua città. Ha scelto l’atleticanell’aprile del 2003 convinto dall’ex osta-colista delle Fiamme Gialle Raimondo Or-sini e in un anno ha vinto il titolotricolore cadetti ad Abano Terme. Dotatodi grande velocità di base, nel triplo ha ot-tenuto diversi record giovanili battendoquello juniores indoor di Howe, egua-gliando quello all’aperto di Camossi, mi-gliorati entrambi i limiti promesse diDonato. Da ragazzo aiutava in campagnala famiglia che gestiva un negozio di orto-frutta ma nell’estate 2008 è stato reclutatodalle Fiamme Oro. Nel 2009 conquista iltitolo europeo under 23 con il suo primobalzo in carriera oltre i 17 metri (17.20).Il 2012 è, però, la stagione che lo proiettadefinitivamente sulla scena internazio-nale della specialità con il personale mi-gliorato a 17.47, il quinto posto ai Mondiali Indoor di Istanbul e il quarto ai GiochiOlimpici di Londra alle spalle di Fabrizio Donato. Greco, tra l’altro, più volte al mese siallena proprio con Donato a Castelporziano (Roma) sotto l’occhio esperto di Roberto Peri-coli. Il 2 marzo 2013 agli Europei Indoor di Goteborg (Svezia) la definitiva consacrazioneinternazionale con la medaglia d'oro vinta saltando 17,70, a soli 3 centimetri dal recorditaliano assoluto di Donato. 

1-3 marzo - Campionati Europei indoor

Fuoco Greco

Sopra, tutta la gioia di Michele Greco dopo il salto sull’oro euro-

peo. In alto a destra: l’azzurro “prega” mentre attende la misu-

razione del salto vincente a 17.70.

A destra: i cinque medagliati. Da sinistra: Veronica Borsi

(bronzo nei 60 ostacoli), Simona La Mantia (argento nel triplo),

Michele Greco, Paolo Dal Molin (argento nei 60 ostacoli), Mi-

chael Tumi (bronzo nei 60 piani). Fotoservizio Colombo/Fidal.

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uomini in grado non di contrastare glispecialisti degli altipiani africani, maalmeno di competere degnamente frai visi pallidi. Mancanza di materiaprima? Poca voglia di spremersi inlunghi e noiosi allenamenti? Non ab-biamo la ricetta giusta e neppure labacchetta magica, ma anche su que-sto fronte il nuovo presidente dovràmetter mano.Per ora coccoliamoci questi medaglie,ma senza perdere di vista la realtàdell’atletica italiana.

D. P.

I protagonisti in brevePaolo Dal MolinÈ nato a Yaoundé (Camerun) il 31.7.1987. Società: Athletic Club 96 AE SpaPresenze in Nazionale: 3Nato a Yaoundé in Camerun, da padre camerunense e madre bellunese, si è tra-sferito in Italia all’età di 10 anni. E’ residente ad Occimiano, in provincia di Ales-sandria. Ha approcciato l’atletica nel Cus Torino, per poi praticarla piùassiduamente con l’Atletica Alessandria. Da marzo 2011 si allena prevalentementein Germania (attualmente a Saarbrücken), dove vive la madre. Secondo agli Asso-luti del 2007, campione italiano promesse al coperto due anni più tardi, poi di-versi infortuni che lo hanno condizionato fino al recupero e ai decisivi progressirivelati nell’ultima parte della stagione outdoor 2011. Una crescita che proseguel’anno seguente in cui si laurea tricolore assoluto sia in sala che all’aperto. Il 2013lo vede ancora migliorarsi: il 24 febbraio a Metz (Francia) vince i 60hs in 7.59, asoli 2 centesimi dal record italiano di Emanuele Abate (7.57 nel 2012). Un appun-tamento, quello con il primato nazionale, soltanto rimandato. Il 1° marzo dellostesso anno, infatti, agli Europei Indoor di Goteborg vince la medaglia d'argentoin 7.51. Non solo atletica, però, nel suo curriculum: in passato ha fatto parte(come frenatore) dell’equipaggio del Bob Team Alessandria, vincendo il tricoloredi bob a 4 a spinta nel 2011. Studente universitario di Economia, parla inglese,francese e tedesco.

Michael TumiÈ nato a Padova, il 12 febbraio 1990, 1.86 x 80kg. Società: Fiamme Oro PadovaAllenatore: Umberto Pegoraro. Presenze in Nazionale: 2Come il compagno di club e di allenamento, Matteo Galvan, giocava a calcio (finoal 2006 era attaccante nel Vicenza e nel Montecchio Maggiore), ma poi venne sco-perto e portato all’atletica dal talent-scout vicentino Mario Guerra, che lo avevavisto correre i 100m in 11.2 durante una gara scolastica. Risiede a Vicenza, doveha studiato al Liceo Scientifico, e si allena al Campo Scuola “Perraro”. Due meda-glie per lui agli Europei under 23 di Ostrava del 2011: l’argento dei 100 e l’oro conrecord italiano Promesse della 4x100. La stessa estate spetta quindi a lui il ruolodi primo frazionista della 4x100 metri italiana che giunge quinta ai Mondiali diDaegu. Nel 2012, dopo un brillante avvio indoor, un infortunio muscolare lo tienea lungo lontano dalla pista, compromettendo il resto dell’anno olimpico. Il 2013 lovede tornare subito velocissimo fino a migliorare per due volte il record italianoassoluto dei 60 metri: 6.53 il 2 febbraio a Magglingen (Svizzera) e poi 6.51 il 17febbraio ad Ancona dove conquista anche il suo terzo titolo assoluto consecutivonello sprint al coperto.

Veronica BorsiÈ nata a Bracciano (Roma), il 13 giugno 1987, 1.68x51kg. Società: Fiamme GialleAllenatore: Vincenzo De Luca. Presenze in Nazionale: 2 A Bracciano (Roma), ha trascinato sui campi di atletica anche il papà Adelmo,che fino al 2010 è stato il suo allenatore, e la mamma Giusi, giudice di gara. Duevolte ai piedi del podio, agli Europei under 20 di Kaunas nel 2005. Dal 2006 vestela maglia delle Fiamme Gialle. Nel 2008 ha subito un terribile incidente (la rot-tura di un tendine d’Achille), e alla fine del 2010 si è affidata al tecnico romanoVincenzo De Luca, lo stesso di Carla Tuzzi ai tempi del suo primato nazionale nei60hs, 7.97 nel 1994. Un record che proprio Veronica, il 1° marzo del 2013 agli Eu-ropei Indoor di Goteborg ha migliorato per ben due volte nel giro di un'ora: 7.96in semifinale e poi 7.94 nella finale che l'ha portata alla medaglia di bronzo. 

Simona La MantiaÈ nata a Palermo il 14.4.1983, 1.77x65kg. Società: Fiamme Gialle. Allenatore: Mi-chele Basile. Presenze in Nazionale: 15Entrambi i genitori sono stati mezzofondisti azzurri: la mamma, Monica, era unadelle sorelle Mutschlechner mentre il papà Antonino è stato per anni uno dei mi-gliori siepisti italiani. La ragazza si è dedicata all’inizio alla ginnastica artistica.Il suo primo allenatore è stato Pino Clemente, poi è passata con Totò Mazzara e dal2002 si allena con Michele Basile. Ha conquistato l’argento agli Europei under 23a Bydgoszcz 2003 e poi l’oro a Erfurt 2005: in seguito le sue ambizioni sono statefrustrate da ricorrenti infortuni dai quali ha saputo sempre risollevarsi, fino alsorprendente argento continentale di Barcellona, a cui ha fatto seguito l’oro euro-peo indoor di Parigi 2011.

In alto a sinistra: Gian MarcoTamberi quinto nell’alto.Sopra: Giulia Viola settimanei 1.500.A sinistra: Chiara Rosaquarta nel peso.Sotto:la sequenza del salto a6.07 di Lavelline, poi annul-lato dai giudici.Fotoservizio Colombo/Fidal.

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Valeria Straneo, rientrata il 2 marzodalla prima esperienza in Kenya, rac-conta il suo mese di allenamento in al-tura. Valeria e alcuni tra i più forti atletiazzurri hanno svolto la loro prepara-zione a Kaptagat, a circa 40 chilometrida Eldoret, all’interno del Rosa Trai-ning Camp. Oltre a Valeria, hannosvolto la loro preparazione in Kenya,Meucci, Lalli, La Rosa, Crespi, Pertile,El Mazoury tra gli uomini e Console,Quaglia, Ejjafini tra le donne, accompa-gnati dai tecnici Denis Cavallini e Lu-ciano Di Pardo.Come è stata questa prima esperienza inKenya? È stata utile per la sua prepara-zione?«È stata un’esperienza bellissima,anche se molto faticosa. Allenarsi in al-tura, a 2400 metri, non è semplice, so-prattutto all’inizio. Già il solo corrererisulta impegnativo anche a ritmi piùlenti rispetto a quelli a cui si è normal-mente abituati. Siamo stati molto fortu-nati per le belle giornate di sole: latemperatura di 20°/25° e il clima caldo-secco, oltre ad una buona ventilazione,sono le condizioni ottimali per allenarsibene». Come sono stati i primi giorni di adatta-mento in Kenya?«All’inizio si fatica molto ad allenarsi inaltura e per questo motivo i primigiorni abbiamo corso un po’ più a sen-sazione e senza svolgere lavori partico-larmente impegnativi. Bisogna ancheabituarsi ai nuovi orari, con sveglia alle7:30 (6:30 nel caso di lavori molto lun-ghi) per l’allenamento mattutino, svoltoa digiuno e appena alzati da letto».Superate le prime difficoltà, come è conti-nuata la vostra preparazione? «Ci allenavamo due volte al giorno: la

mattina presto veniva svolto ilprimo lavoro. Tre volte a setti-mana gli allenamenti eranopiuttosto lunghi ed impegna-tivi e, per consentire il recu-pero fisico, venivanointervallati tra loro di 24/48ore. Il pomeriggio la secondaseduta di 50/60 minuti dicorsa in progressione. I lavoripiù impegnativi prevedevanoun medio, un variato o un far-tlek e una volta a settimana unlungo di 30 chilometri con gliultimi 10 a ritmo sostenuto.Correvamo quasi sempre susterrato, lungo percorsi moltoimpegnativi e ricchi di conti-nui saliscendi». Il tipo di lavoro svolto era lostesso per tutti o svolgevate alle-namenti diversificati?«Ogni atleta seguiva il suoprogramma di allenamento in-dicato dal proprio allenatore,ma nel limite del possibile sicercava di far coincidere nellastessa giornata lavori simili inmodo da poterli svolgere incompagnia e non da soli. I ra-gazzi si allenavano per contoloro, molto spesso con gliatleti keniani con uscite mat-tutine anticipate anche diun’ora rispetto a quelle di noiragazze, che ci allenavamo perconto nostro». Ci racconta uno dei lavori piùimpegnativi che ha svolto inKenya?Tutti i lavori presentavanodelle difficoltà, sia per i per-corsi e i terreni poco agevoli,che per i ritmi sostenuti, resiancor più difficili dal correre inquota. L’allenamento che piùmi ha soddisfatto, perché nono-stante la difficoltà è riuscito ve-ramente bene, è un lavorovariato di 18 chilometri: 3000-1000/3000-1000/2000-

1000/2000-1000/1000-1000/1000-1000. Il 3000 corso adun ritmo di 3:35 a chilometro, il 2000 a 3:30 e il 1000 a3:15, alternati da un 1000 “lento” a 3:50/4 minuti a chilo-metro». Solo lavori su strada o anche un po’ di pista?«Si correva principalmente su strada, anche perché i la-vori presentavano sempre un chilometraggio piuttostoalto. L’unico allenamento fatto in pista con Emma (Qua-glia) è stato un lavoro di 20x400 corsi ad un ritmo di1:20 con recupero attivo di un minuto. Abbiamo faticatomoltissimo, non riuscivamo a schiodarci da quei tempi,probabilmente perché non avevamo ancora recuperatoil lungo di 30 chilometri di due giorni prima. La pista erain terra battuta con la prima corsia solcata per il conti-nuo passaggio dei numerosi atleti keniani, che facevanoripetute, alzando un gran polverone rosso».La giornata tipo al villaggio?«Come già detto, ci si svegliava molto presto e imme-diatamente iniziava l’allenamento mattutino, media-mente della durata di 70 minuti. I giorni in cui sicorreva il lungo arrivavamo intorno alle 2 ore, 2 ore e15. Rientrati al campo si faceva colazione a base di ce-reali, latte, yogurt, miele, marmellata e poi ci riposa-vamo o facevamo massaggi, tecar o altre terapiefisiche in base alle nostre esigenze. Io andavo spessoin palestra e mi dedicavo ad esercizi di allungamento,mobilità articolare ed esercizi di propriocezione contavoletta. Alle 13 pranzavamo tutti assieme, adeguan-doci al “menù locale” a base di riso, pasta, verdure, le-gumi, ugali (una specie di polenta), spezzatino dicarne di vari animali (mucca, agnello, pollo) e le buo-nissime chapati (tipo piadine). Dopo pranzo ci ritira-vamo nelle nostre stanze a riposare, cercando diconnetterci ad internet per provare a comunicare conle nostre famiglie, anche se il più delle volte i tentativirisultavano inutili. Intorno alle 17 partivamo per il se-condo allenamento, meno impegnativo della sedutamattutina, di 50/60 minuti di corsa in progressione diritmo. Rientrati dall’ultima fatica giornaliera ci ritira-vamo in palestra per circa 1un’ora e mezza a fare eser-cizi di stretching, aspettando l’ora di cena previsto perle 20. Dopo cena si stava un po’ in compagnia a par-lare o a fare due tiri con il biliardo o le freccette, i solisvaghi possibili in quel luogo e alle 10 andavamo nellenostre stanze per prepararci al riposo notturno».Come si allenano gli atleti keniani? Ci sono grandi diffe-renze dal punto di vista metodologico?«Gli atleti keniani vivono la corsa in maniera più sponta-nea e naturale. I keniani sono abituati a correre fin dapiccolissimi. Per le strade si vedono numerosi bambinicorrere scalzi e percorrere chilometri a piedi magari perraggiungere il villaggio vicino. La corsa fa parte dellaloro cultura e questo li avvantaggia una volta atleti. Illoro modo di allenarsi si basa principalmente sulla corsain tutte le sue forme, non fanno lavori specifici di tec-

Intervista a Valeria Straneo

Valeria Straneo nel campdi allenamento in Kenya.

La fatica di esseremadre e atletaLa fatica di esseremadre e atleta

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Punturedi spillo• Premettiamo: queste righefaranno incazzare molte per-sone, le scriviamo in un mo-mento di “cazzeggio preelettorale” e riguardano il no-stro mondo. Ma andiamo conordine. Abbiamo sempre soste-nuto che la gran massa dei co-siddetti amatori, cioè queisignori che si mettono in mu-tande la domenica mattina escorrazzano in ogni dove,sono un “flagello” quasi inde-lebile per l’atletica italiana esolo per essa, sia chiaro. Dalpunto di vista della salute nonabbiamo nulla contro questisignori. Ben vengano. Tuttidenari risparmiati dal Si-stema sanitario nazionale.Però... Se osserviamo il feno-meno da un altro punto divista la situazione cambia radicalmente. Improvvisamente compaiono alla partenza di ogni sorta di com-petizione e così altrettanto improvvisamente svaniscono nel nulla. O quasi. Basta passare in rivista risto-ranti e trattorie per scovarli che si rimpinzano (giustamente, ci mancherebbe altro) di ogni ben di dio.Rigorosamente con la d minuscola, non vorremmo turbare l’animo di qualche pio tapascione. Ma perchéli paragoniamo a una delle piaghe bibliche? Semplice. Non portano nuova linfa al movimento. Estremiz-zando potremmo asserire che si tratta di “lanzichenecchi”. Come gli antichi soldati di ventura vengono,pagano, riempiono le tasche degli organizzatori e di tutto il mondo che ruota attorno alla manifestazione,corrono, sudano, tagliano il traguardo, ritirano la sacca premio (e guai se è sguarnita, son dolori...), in-forcano il moderno destriero d’acciaio e puf. Il nulla.Ogni età è ben rappresentata. Fra loro troviamo anche molti giovani purtroppo. Quei giovani che potrebberofar parte del mondo della vera atletica, quella agonistica, e da cui potrebbero uscire campioni e campioncini.Su questo terreno invecenient’altro che il deserto.Sono auto referenziali.Non conoscono nulla oquasi dell’atletica. In-somma un mondo sterile,anche dal punto di vistadella cultura. Leggono?Forse. Conoscono i vericampioni? Forse. Li sentidiscutere di atletica? Mai.Calcio, quello sì. Un uni-verso parallelo con puntovoglia di contaminarsi.Attendiamo fiduciosicommenti e insulti.

• Trekkenfild (il mago) hapromosso tutti indistinta-mente. Chi? Ma i reducidai Campionati Continen-tali di Goteborg. Un dub-bio però ci è rimasto: alseguito c’erano una ven-tina di tecnici per qua-ranta atleti (media dueper ogni azzurro). Nonerano un po’ troppi?

Trekkenfild

nica o lavori di potenziamento in palestra e soloalcuni fanno blandi esercizi di allungaento. Illoro potenziamento è fatto di lavori in salita ecollinari. Geneticamente, la loro struttura fisica ela loro elasticità muscolare li predispone allacorsa su lunghe distanze».Chi si occupa della preparazione dei keniani?«Gli atleti keniani che vivono all’interno deltraining camp sono seguiti dallo staff del dottorRosa. Tra loro anche Claudio Berardelli, chepraticamente vive in Kenya quasi tutto l’anno eche attualmente è anche allenatore di EmmaQuaglia».Il suo programma di allenamento prevedeva lavoriche ha dovuto fare da sola?«Una volta la settimana ero solita fare un la-voro a circuito di potenziamento, dove alter-navo ad ogni esercizio 100 metri di corsa. Untotale di otto esercizi, tra cui addominali, dor-sali, squat, piegamenti sulle braccia e sullegambe, glutei, ecc., da ripetere tre volte. Ogniserie era intervallata da 400 metri di corsa, perun tempo totale di circa 50 minuti di lavoro.Una volta ho svolto anche un lavoro di ripetutein salita, 12x1 minuto ed è stato parecchio pe-sante».Questa esperienza pensa di ripeterla in futuro?«Mi piacerebbe molto, ma quando si ha una famiglia,con un marito e due figli piccoli, non è semplice allon-tanarsi da casa per un mese».

Valeria Venzano

Grazie Valeria per l’intervista

che hai rilasciato ai lettori

di Trekkenfild.

In alto, sempre ValeriaStraneo in Kenya, con lacompagna di allenamentoEmma Quaglia.Sopra: Valeria sui sentieridi Velenje, sede dei Cam-pionati Europei di cross2011 con l’altra azzurraNadia Ejjafini.

Tecnici e dirigenti ita-liani ai Campionati Eu-ropei indoor diGoteborg. In primopiano si riconoscono ilpresidente Alfio Giomi(a sinistra) e il ct Mas-simo Magnani.Colombo/Fidal.