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3° GIORNATA I contratti d'impresa: contratti per l'acquisizione e il godimento di beni e servizi (2° modulo) Il Commercialista “giurista d’impresa” La consulenza per la gestione dei contratti d’impresa

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3° GIORNATA

I contratti d'impresa: contratti per l'acquisizione e il godimento di beni e servizi (2° modulo)

Il Commercialista “giurista d’impresa” La consulenza per la gestione dei contratti d’impresa

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IN CASO DI MANCATA PARTECIPAZIONE ALLA GIORNATA IN AULA Le ricordo che nel caso di assenza alle giornate del Master Breve potrà scaricare il materiale non ritirato in versione cartacea accedendo all’area a Lei riservata del sito www.euroconference.it - PROFESSIONAL LIBRARY - digitando la login e password in suo possesso. Per ricevere, in ogni caso, la copia cartacea, si invita invece, a farne apposita richiesta scritta tramite fax almeno cinque giorni prima l’incontro successivo. Il materiale potrà poi essere ritirato presso il desk di segreteria. La medesima richiesta potrà essere effettuata utilizzando l’apposito modulo sempre presente sul sito

IDEAZIONE E PROGETTAZIONE

Andrea Meneghello RELAZIONI ESTERNE

Elena Scala Claudia Pasetto

LOGISTICA

Patrizia Ballarini Fabia Corbioli

RESPONSABILE MASTER BREVE

Sonia Zanconato

REDAZIONE

Milena Martini

COORDINAMENTO SCIENTIFICO

Alessandro Corsini Massimiliano Tasini Duilio Liburdi Giovanni Valcarenghi Paolo Meneghetti Norberto Villa Gian Paolo Ranocchi

SERVIZIO CLIENTI

Barbara Adami Luca Castellani Nicola Tonon Laura Roma Rita Zantedeschi

COLLABORATORI INTERNI

Alvise Bissoli Diego Finetto Sergio Lovato Luca Mamone Matteo Pegoraro Umberto Vesentini

Un comitato di Esperti, verifica ed approva il contenuto professionale delle singole giornate per garantire la massima correttezza, precisione e compiutezza delle informazioni. Esso è preposto, inoltre, al controllo e alla supervisione dei lavori per l’organizzazione delle attività e durante l’intero svolgimento delle stesse. È lo specifico impegno di Euroconference per assicurare i massimi livelli di professionalità nel fornire competenza altamente qualificata al professionista.

Materiale didattico non vendibile e riservato ai soli partecipanti al Master Breve 2006/2007:

IL COMMERCIALISTA “GIURISTA D’IMPRESA” – MODULO GIURIDICO

Dispensa chiusa per la stampa il 6 dicembre 2006

GRUPPO EUROCONFERENCE S.P.A.

Via E. Fermi, 11/a - 37135 Verona

Tel. 045/8201828 - Fax 045/583111

e-mail: [email protected]

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IINNDDIICCEE PRESENTAZIONE SECONDA GIORNATA - MODULO GIURIDICO pag. 5

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII AAPPPPAALLTTOO EE SSUUBBAAPPPPAALLTTOO

IL CONTRATTO D’APPALTO DI OPERE a cura di Daniele Maccarrone pag. 8

- Fac simile contratto-tipo appalto di opere (file a) pag. 11 COME DISTINGUERE L’APPALTO DALLA COMPRAVENDITA E DALLA SOMMINISTRAZIONE a cura di Antonio Bianchi pag. 31 IL CONTRATTO DI APPALTO FRA PRESTAZIONE DI SERVIZI E CESSIONE DI BENI a cura di Stefano Chirichigno e Alberto Santi pag. 38 APPALTI E SUBAPPALTI: LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE a cura di Giovanni Valcarenghi pag. 45 LA REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA NELLA DISCIPLINA GENERALE DELL’APPALTO Tratto da “La Pratica Forense” pag. 55

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII OOUUTTSSOOUURRCCIINNGG

IL CONTRATTO DI OUTSOURCING a cura di Antonio Bianchi pag. 63

- Schema di contratto per l’affidamento in outsourcing delle attività informatiche (file b) pag. 64

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII AACCQQUUIISSTTOO EE VVEENNDDIITTAA

IL CONTRATTO DI ACQUISTO/VENDITA a cura di Flavia Silla e Cristina Schiatti pag. 76

- Fac simile contratto di vendita di beni mobili (file c) pag. 100 - Fac simile contratto di compravendita di immobili (file d) pag. 104 PATTO DI RISERVATO DOMINIO: DISCIPLINA CIVILISTICA E FISCALE A CONFRONTO a cura di Sandro Cerato pag. 112

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII PPEERRMMUUTTAA

CONTRATTO DI PERMUTA a cura di Flavia Silla pag. 116

- Fac simile contratto di permuta di beni immobili (file e) pag. 116 PERMUTA DI AREA CON FABBRICATI: RICADUTE FISCALI a cura di Giovanni Valcarenghi pag. 121

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII LLOOCCAAZZIIOONNEE

DIFFERENTI TIPOLOGIE DI LOCAZIONI pag. 130 LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI CONTRATTI DI LOCAZIONE COMMERCIALE: ASPETTI GIURIDICI a cura di Luca Lucenti e Cristina Schiatti pag. 132

- Fac simile contratto di locazione ad uso diverso (file f) pag. 142 INDENNITÀ PER PERDITA DELL’AVVIAMENTO COMMERCIALE: UNA PRESTAZIONE CHE C’È, MA NON SI VEDE a cura di Franco Ricca pag. 151

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(file a)
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(file b)
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(file c)
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(file d)
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(file e)
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(file f)
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SPESE DI MANUTENZIONE SU BENI IN LOCAZIONE a cura di Giovanni Valcarenghi pag. 160

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII CCOOMMOODDAATTOO

IL CONTRATTO DI COMODATO: PROFILI GIURIDICI a cura di Vittorio Casara e Alfredo Frangini pag. 166 IL CONTRATTO DI COMODATO DI BENI STRUMENTALI: ASPETTI FISCALI E CONTABILI a cura di Mariateresa Cattaneo e Walter Vallero pag. 177

CCOONNTTRRAATTTTOO DDII LLEEAASSIINNGG

IL LEASING a cura di Alfredo Frangini pag. 188 LEASING OPERATIVO E LEASING FINANZIARIO a cura di Sandro Cerato pag. 196 IL LEASING DEGLI IMMOBILI STRUMENTALI: UNA MODIFICA NORMATIVA NEL SEGNO DELLA COERENZA Tratto da “La Circolare Tributaria” n. 39 del 16 ottobre 2006 pag. 198 “ACQUISTO” DEL CONTRATTO DI LEASING a cura di Sandro Cerato e Giovanni Valcarenghi pag. 209 LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING ASPETTI GIURIDICI a cura di Alex Gilardini pag. 217

- Formulario della cessione del contratto del leasing (file g) pag. 221 LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING: ASPETTI CONTABILI E FISCALI a cura di Walter Vallero pag. 223

Come visionare e scaricare il materiale sopra citato: Collegarsi al sito www.euroconference.it ed accedere all’area Master Breve/materiale didattico. Digitando la propria password e login, che verranno comunicate via mail alcuni giorni prima con la scaletta della giornata, (se privi di login e password digitare i propri dati e seguire le istruzioni che appaiono) si accede direttamente all’area riservata ai partecipanti al Master Breve, seguire poi le istruzioni che appaiono a video.

In caso di necessità contattare il nostro servizio clienti al n. 045 820 18 28.

PROFESSIONAL LIBRARY

Sul sito, inserendo la propria login e password, è possibile accedere ad un’area riservata ai soli partecipanti al Master Breve - PROFESSIONAL LIBRARY – che consente di attingere a materiale implementativo, formulari, normativa di riferimento ecc… attinenti i temi affrontati

Si vedano: a) Fac simile contratto-tipo appalto di opere (in formato word) b) Schema di contratto per l’affidamento in outsourcing delle attività informatiche (in formato word) c) Fac simile contratto di vendita di beni mobili (in formato word) d) Fac simile contratto di compravendita di immobili (in formato word) e) Fac simile contratto di permuta di beni immobili (in formato word) f) Fac simile contratto di locazione ad uso diverso (in formato word) g) Formulario della cessione del contratto del leasing (in formato word) ● Solidarietà nei subappalti e sicurezza sui luoghi di lavoro nel decreto Bersani” tratto da “La Circolare Tributaria” n.

38 del 9 ottobre 2006 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore ● L’outsourcing per le attività di audit: le attività che possono essere date in outsourcing ● Contratto preliminare per la vendita di immobili: aspetti fiscali e contabili – a cura di Sandro Cerato ● Fac simile contratto di comodato e somministrazione (in formato word) ● Fac simile contratto di locazione finanziaria (in formato word)

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(file g)
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Fac simile contratto-tipo appalto di opere (in formato word)
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Schema di contratto per l’affidamento in outsourcing delle attività informatiche (in formato word)
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Fac simile contratto di vendita di beni mobili (in formato word)
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Fac simile contratto di compravendita di immobili (in formato word)
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Fac simile contratto di permuta di beni immobili (in formato word)
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Fac simile contratto di locazione ad uso diverso (in formato word)
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Formulario della cessione del contratto del leasing (in formato word)
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Fac simile contratto di comodato e somministrazione (in formato word)
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Fac simile contratto di locazione finanziaria (in formato word)
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PRESENTAZIONE TERZA GIORNATA – MODULO GIURIDICO La terza giornata del modulo giuridico ha ad oggetto i principali contratti di impresa per l’acquisizione di beni e servizi. Attraverso lo studio e l’approfondimento degli elementi peculiari, delle clausole contrattuali maggiormente diffuse nella redazione di tali contratti, si

svilupperà l’intero percorso relativo alla cognizione dei principali contratti di impresa e, in particolare, del contratto di appalto e di subappalto, del contratto di outsourcing, del contratto di vendita e di permuta, del contratto di locazione e del contratto di leasing

(avuto riguardo alla differenza tra il leasing operativo e il leasing finanziario). Tra i contratti per l’acquisizione di beni e servizi spicca in particolare il contratto di appalto di opere e servizi al quale, sia per la notevole diffusione nell’ambito della contrattualistica di

impresa, quanto per la evidente importanza assunta nella edilizia e – da ultimo – negli aspetti fiscali della relativa disciplina, viene dedicata particolare attenzione ai risvolti giuridici e a quelli più propriamente pratici ed aziendalistici.

Gli elementi essenziali del contratto di appalto, le clausole tipiche dello stesso, le forme di responsabilità proprie dell’appaltatore (vizi e rovina di edificio, la responsabilità c.d. urbanistica, la disciplina della revisione dei prezzi, il collaudo in corso d’opera e/o il collaudo

definitivo, le variazioni del progetto, l’accettazione delle opere, la figura del direttore dei lavori) sono analizzate nell’ottica dell’impresa, con particolare riferimento ai rapporti tra appalto e subappalto, alla relativa disciplina e all’impatto fiscale e finanche previdenziale alla

luce delle modifiche apportate dalla normativa di cui al D.L. 223/06. Similmente sono rilevanti le distinzioni tra il contratto di appalto e il contratto d’opera, tra il contratto di appalto e il contratto di vendita di cosa futura, tra tali contratti e la

somministrazione: il richiamo al concetto di prevalenza dell’elemento lavoro sulla materia prima e al concetto di organizzazione di mezzi e di servizi rispetto alla dimensione dell’impresa appare essere l’elemento maggiormente discretivo nella disamina delle singole

figure contrattuali più da vicino analizzate nella giornata. La realizzazione di forme di esternalizzazione dei servizi, la cessione a terzi del ramo d’azienda relative ad un insieme di elementi produttivi, personali e materiali che si presentino

prima del trasferimento come una entità dotata di autonoma ed unitaria organizzazione, costituiscono forme di realizzazione di possibili tecniche mediante le quali un’impresa dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi estranei

alle competenze di base dell’azienda (cd. core business). Al contratto di outsourcing di manutenzione – individuato quale forma autonoma di fornitura di servizi organizzati idonea a garantire il corretto funzionamento di un impianto ed il

raggiungimento di indici di efficienza preventivamente pattuiti tra le parti – è dedicata la parte finale del primo modulo al fine della più compiuta distinzione dalle figure contrattuali esaminate. Il contratto di compravendita per l’acquisizione di beni e servizi viene analizzato attraverso

la disamina delle garanzie dei vizi della cosa venduta, della riserva di proprietà nella c.d. vendita a rate, nel patto di riscatto e negli aspetti che hanno recentemente interessato la riforma del diritto fallimentare mediante l’approfondimento della relativa disciplina e della

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azione revocatoria fallimentare allorchè una delle parti del contratto di acquisizione di beni e/o di servizi sia soggetto sottoposto a fallimento, ovvero dichiarato fallito nel c.d. periodo sospetto antecedente al fallimento.

Il modulo giuridico della terza giornata si conclude con la disamina dei contratti utilizzati per il godimento di beni e servizi: in particolare viene posta l’attenzione sul contratto di locazione ad uso non abitativo (c.d. locazione commerciale).

Gli aspetti maggiormente pratici relativi al richiamato contratto di godimento sono analizzati attraverso la previsione nel testo contrattuale delle clausole tipiche disciplinanti il diritto di recesso, alla luce delle principali statuizioni giurisprudenziali relative al complesso ed

articolato rapporto locatore–locatario avuto riguardo alla distinzione tra obblighi di manutenzione ordinaria e straordinaria, alla indennità di avviamento commerciale, al diniego di rinnovo del contratto di locazione, ed allo stesso diritto di recesso per il locatario.

Infine, viene analizzata, con compiutezza di esempi pratici, la procedura relativa all’azione di sfratto per morosità ed alla risoluzione del contratto quali aspetti patologici relativi alla cessazione del contratto e del rapporto.

L’ultimo dei contratti esaminati nella terza giornata giuridica è il contratto di leasing, in particolare la differenza tra leasing operativo e leasing finanziario avuto riguardo alla migliore opportunità della scelta.

Il contratto di leasing viene esaminato nelle sue eccezioni tipiche (leasing di beni mobili ed immobili) e tipologiche (leasing di godimento e traslativo) ed attraverso la disamina delle modalità di conclusione del contratto e consegna del bene, dell’utilizzo del bene, della

corresponsione del canone di leasing, delle vicende del contratto (riscatto anticipato del bene, subleasing, cessione contratto), nonchè della scadenza del contratto e dell’inadempimento. Al fine di rendere maggiormente efficace e completo il percorso formativo previsto per la

terza giornata giuridica verrà trattato, in conclusione dello stesso modulo giuridico, l’aspetto fiscale dei contratti precedentemente esaminati: in particolare, il focus previsto riguarderà, attraverso l’ausilio dei relatori, le differenze e le principali novità applicabili alla intera

disciplina contrattuale degli istituti esaminati, ovvero ad alcuni aspetti degli stessi. Antonio Bianchi e Alessia Zoppi Coordinatori della terza giornata giuridica Comitato Scientifico Euroconference

Il materiale contenuto in questa dispensa e tutto quello relativo al modulo “CONTRATTI

D’IMPRESA” sarà raccolto in un cd rom “FORMULARI DEI CONTRATTI D’IMPRESA” che vi

verrà consegnato in chiusura del MASTER BREVE

Il cd rom conterrà una raccolta commentata dei principali contratti d’impresa analizzati (e

non solo quelli analizzati) nel corso della giornata in aula, completi di formule

personalizzabili e di facile utilizzo.

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STRUTTURA DELLA TERZA GIORNATA MODULO GIURIDICO

Modulo su:

Il commercialista “giurista d’impresa”

Contratti per l'acquisizione e il godimento di beni e servizi (2° modulo)

I CONTRATTI PER IL GODIMENTO DI BENI

Contratto di appalto e subappalto

Contratto di outsourcing

Contratto di acquisto e vendita

Contratto di permuta

I CONTRATTI PER IL GODIMENTO DI SERVIZI

Contratto di locazione

Contratto di comodato

Contratto di leasing

Aspetti fiscali

Ricordiamo che sul sito www.euroconference.it/Master Breve/materiale sono consultabili i Quesiti (e le relative risposte) ritenuti più interessanti, emersi nel corso della II giornata del Master Breve e quindi relativi a: Elementi fondamentali del contratto

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IL CONTRATTO D’APPALTO DI OPERE a cura di Daniele Maccarrone*

1. Premessa

Il contratto d’appalto è un tipico contratto sinallagmatico con effetti obbligatori. Al compimento dell’opera da parte di un contraente (l’appaltatore), corrisponde il pagamento del prezzo da parte dell’altro (il committente). Si tratta altresì, di un contratto “di risultato”, che obbliga l’appaltatore ad un determinato risultato di lavoro. È invero, la prestazione di quest’ultimo ad essere considerata quella “caratteristica” del contratto, a fronte della neutralità della prestazione del committente di pagare il prezzo. Ed è facendo riferimento alla prestazione caratteristica, che si individua l’oggetto del contratto: il risultato di un facere.

La causa del contratto, e quindi la funzione economico-sociale, consiste nel compimento di un’opera verso un corrispettivo in denaro, con l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio. Elementi essenziali del contratto sono quindi, i soggetti, l’opera da eseguire ed il corrispettivo. A questi vanno aggiunti gli “elementi tipizzanti”, quali – come a breve si dirà - l’esistenza di un’impresa, l’autonomia nell’organizzare i lavori e l’assunzione del rischio di impresa. Con riguardo agli ultimi due aspetti, si segnala in particolare che, “organizzazione dei mezzi necessari” non comprende necessariamente anche la fornitura dei materiali, che ben può essere compiuta dallo stesso committente; essa attiene invero, più specificatamente a tutti i mezzi necessari, sotto il profilo organizzativo ed operativo, per compiere l’opera. La locuzione “gestione a proprio rischio” inoltre, si riferisce, secondo l’opinione prevalente, al rischio economico derivante dall’impossibilità di determinare il costo dell’opera al momento della conclusione del contratto. L’appaltatore, sottoscrivendo il contratto d’appalto ad un determinato prezzo, si assume il rischio di giungere ad un profitto superiore rispetto alle previsioni oppure di dover sostenere una perdita inattesa.

Aspetto di particolare rilevanza nel contratto d’appalto è quello dell’autonomia dell’appaltatore, autonomia che è in parte ridotta dai poteri di ingerenza spettanti al committente, tra i quali, quello di dirigere i lavori, di variare il progetto (art. 1661 c.c.) e di recedere ad libitum dal contratto (art. 1667 c.c.). Tali poteri tuttavia, non possono spingersi sino al punto di degradare l’appaltatore a mero esecutore; quest’ultimo invero, deve disporre dell’autonomia necessaria (che si sostanzia in particolare, nella scelta dei mezzi) per soddisfare l’obbligazione.

Altro aspetto riguarda i soggetti stipulanti il contratto. Il committente, poco importa se persona fisica o giuridica, può essere costituito anche da

una pluralità di soggetti (cosiddetta “committenza plurima”); vi possono essere infatti più proprietari del bene su cui si intende intervenire.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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Il contratto d’appalto di opere

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In tal caso, sarà sufficiente la stipula del contratto da parte della maggioranza dei proprietari in comunione per le opere di ordinaria amministrazione e sarà necessario l’intervento di tutti, per quelle di straordinaria amministrazione.

L’appaltatore, sia egli persona fisica o giuridica, deve essere necessariamente un’“impresa”, nel senso indicato dall’articolo 2195 c.c. e quindi, obbligato all’iscrizione nel registro delle imprese. Nulla vieta inoltre, che l’appalto venga affidato a più soggetti congiuntamente anche se

questi non abbiano dato vita ad una forma societaria (talvolta accade che gli appaltatori costituiscano tra loro un associazione in partecipazione). La pluralità di soggetti può verificarsi anche successivamente alla stipula del contratto.

L’appaltatore invero, potrebbe aver bisogno della collaborazione di altri, sia per motivi finanziari, che meramente organizzativi.

Merita d’esser spesa qualche parola anche con riguardo alla responsabilità dell’appaltatore.

Due sono in particolare, le ipotesi di responsabilità: (i) la prima, generale, sorge allorquando l’appaltatore non esegua interamente l’opera o, avendola eseguita, si rifiuti di consegnarla; (ii) la seconda, specifica, ricorre quando l’appaltatore consegna un’opera completa ma affetta

da vizi e difetti tale da non renderla conforme a quella pattuita. Nel primo caso quindi, risponderà per inadempimento o per inesatto adempimento ai sensi degli articoli 1453 e 1455 del codice civile in tema di obbligazioni in generale; nel secondo

caso invece, si tratterà della responsabilità per la presenza di vizi e difetti prevista dagli articoli 1667, 1668 e 1669 del codice civile, in tema di contratto d’appalto. L’applicabilità della disciplina dell’inadempimento contrattuale anche in tema di appalto è

ormai pacifica. Si ritiene invero, che le disposizione specifiche in tema di contratto d’appalto integrano ma non sostituiscono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, applicabili

quando non ricorrono i presupposti previsti dalle norme speciali (ex multis,Cassazione, II sezione, 16 ottobre 1995 n°10772, in Contratti, 1996, n°2, 127). Quanto alla responsabilità per inadempimento, questa può sorgere per inosservanza

dell’obbligo di diligenza, delle prescrizioni contrattuali, delle regole dell’arte, dell’obbligo di custodia, delle richieste del committente o del direttore lavori, nonché per in esecuzione di varianti legittime, per rovina di edificio, per mancata denuncia dei difetti del materiale fornito

dal committente, per ritardo iniziale, in corso d’opera o nell’ultimazione, per esecuzione solo parziale dell’opera, per mancata consegna dell’opera, per nomina non autorizzata di un subappaltatore o mancata presentazione delle garanzie pattuite.

In tali casi non è previsto alcun onere in capo al committente di denuncia ed il termine prescrizionale è quello ordinario decennale. Quanto alla responsabilità per vizi e difetti invece, il committente che voglia far valere la

predetta garanzia nei confronti dell’appaltatore dovrà denunciare i vizi e difetti entro 60 giorni dalla scoperta e promuovere la relativa azione nel termine prescrizionale di 2 anni dal giorno della consegna del bene.

Le divergenze tra i due tipi di responsabilità si riflette anche sui rimedi proponibili.

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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Nel caso di responsabilità dell’appaltatore ex artt. 1453 e 1455, il committente potrà chiedere, a sua scelta, l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.

Non potrà essere chiesta la risoluzione quando si tratta di inadempimento di scarsa importanza. Ove invece, si faccia leva sulla responsabilità per vizi e difetti, i rimedi sono più numerosi rispetto a quelli ordinari

Ed invero il committente potrà esperire un’azione tesa all’adempimento del contratto in via specifica (e quindi chiedere che i vizi e difetti vengano eliminati), o una tesa alla riduzione del prezzo, o ancora, un’azione volta alla risoluzione del contratto se i vizi e difetti rendono

l’opera inadatta alla sua destinazione. Se l’appaltatore è in colpa, il committente potrà sempre chiedere il risarcimento del danno. Un’ipotesi a parte in tema di contratto d’appalto riguarda la rovina ed i difetti di cose immobili

destinate per loro natura a lunga durata; in questo caso l’appaltatore sarà responsabile, se entro 10 anni dal compimento dell’opera questa rovini o presenti evidente pericolo di rovina o gravi difetti, sempre che ne venga fatta denuncia entro un anno dalla scoperta. Entro il successivo

anno il committente dovrà, a pena di decadenza, promuovere la relativa azione. Altrettanto rilevante è l’inadempimento dell’appaltatore nei confronti dei suoi ausiliari. Il legislatore ha previsto che gli ausiliari dell’appaltatore, i quali alle sue dipendenze hanno

contribuito ad eseguire l’opera, possono proporre “…azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto…”; ma ciò solo fino “…alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda…”.

Viene in altre parole, consentito all’ausiliario dell’appaltatore di sostituirsi al proprio debitore.

Oltre che alla responsabilità dell’appaltatore, dev’esser fatto un breve cenno anche alla responsabilità del committente. Questi può essere in particolare, ritenuto responsabile nei confronti dell’appaltatore per non averlo messo in grado di eseguire l’opera (e quindi, ad esempio, per non aver predisposto i macchinari, i materiali, o non aver ottenuto i consensi necessari ecc.), per aver imposto variazioni fuori dai limiti

consentiti, per aver disposto rallentamenti, accelerazioni dei lavori, sospensioni o interruzioni (salvo se indispensabili) e per non aver pagato il prezzo o anche parte di esso. I rimedi esperibili dall’appaltatore sono tutti quelli previsti dalla disciplina generale del

contratto e quindi, la diffida ad adempiere, la domanda di condanna all’adempimento, di risoluzione giudiziale e di risarcimento del danno.

Quanto alla forma del contratto, è sufficiente ricordare che lo stesso non necessita, né ad probationem né ad substantiam, di una particolare forma scritta. Lo stesso può in particolare, essere concluso anche solo con la sottoscrizione dell’elenco dei lavori da eseguirsi, con i relativi prezzi.

* * * Conclusa questa premessa contenente alcune nozioni di base in tema di contratto d’appalto, si procederà ora all’analisi del contenuto del contratto e delle clausole che possono essere inserite.

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Il contratto d’appalto di opere

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CONTRATTO-TIPO

APPALTO DI OPERE*

Tra

…, d’ora in avanti “committente”, nato a … il ….. (se persona fisica), residente in …./ con

sede in ….., C.F. o P.IVA

e

…. d’ora in avanti “appaltatorore”, nato a … il ….. (se persona fisica), residente in …./ con

sede in ….., C.F. o P.IVA

premesso che

- il committente è proprietario dell’immobile sito in …., censito a ….;

- lo stesso intende affidare all’appaltatore l’esecuzione di opere di …. (costruzione o

ricostruzione, riparazione, modificazione, demolizione, ristrutturazione, manutenzione

ordinaria e/ straordinaria ….) consistenti in …. presso il cantiere sito in …..;

- l’appaltatore dichiara di disporre di organizzazione propria di mezzi e di personale idonei

all’esecuzione delle opere di osservare tutte le disposizioni in materia edilizia, urbanistica

e di sicurezza sul lavoro;

- di essere iscritto alla cassa edile della provincia di … (solo per gli edili);

- di essere in possesso dei requisiti prescritti dalla legge 46/90, in relazione alle opere da

eseguire (solo per impiantisti);

- di essere iscritto alla C.C.I.A.A. di …. con codice fiscale ….. e numero registro imprese ….

come da certificato allegato;

- che ai propri dipendenti applica il CCNL di settore.

Si allega una dichiarazione relativa all’organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata

dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all’inps e all’inail

Tutto ciò premesso

si conviene stipula

ART. 1 - Premesse

Le premesse e gli allegai costituiscono parte integrante del presente contratto. Tutte le

comunicazioni scritte previste nelle disposizioni che seguono devono pervenire all’indirizzo

delle parti sopra indicate.

ART. 2 - Oggetto del contratto

L’appaltatore si obbliga ad eseguire a regola d’arte e quindi, in conformità con la legislazione

vigente e con le regole della tecnica, le opere descritte nel progetto redatto da ….. (allegato

A), fornito dal committente, con i materiali e le finiture descritte nel capitolato (allegato B).

* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

file a

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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ART. 3 - Oneri a carico del committente

Salvo diverso accordo scritto, il committente si fa carico della disponibilità di acqua, corrente

elettrica, idonei spazi di cantiere, ivi compreso l’eventuale uso di parti comuni/condominiali.

L’appaltatore potrà utilizzare:

- gli immobili e le loro porzioni;

- gli impianti; le attrezzature;

- le macchine;

(altro)

….

di proprietà e/o disponibilità del committente, secondo le seguenti modalità convenute:

…..

L’appaltatore utilizza tali beni del committente nella misura strettamente necessaria

all’esecuzione dell’opera e conformemente alla legislazione vigente.

2. Le variazioni in corso d’opera

Nel corso dell’esecuzione del contratto potrebbe accadere che, per esigenze tecniche o per

volontà del committente, debbano essere apportati alcuni cambiamenti al progetto originario.

Si deve anzitutto distinguere tra varianti in corso d’opera e lavori extracontrattuali.

Le prime invero, costituiscono modifiche del contratto d’appalto, i secondi invece sono

estranei al contratto e investono opere autonome rispetto ad esso.

La distinzione è fondamentale tenuto conto che ai lavori extracontrattuali, frutto di una

pattuizione successiva, non si applicano gli accordi precedenti.

Opere in variante sono, secondo l’espressione codicistica, “…variazioni alle modalità convenute dell’opera…” ed anche “variazioni al progetto”; l’oggetto quindi, può essere

estremamente ampio, potendo comprendere tanto modifiche strutturali, quanto modifiche

delle quantità, qualità o forma dell’opera. Le varianti possono essere di diversi tipi: (i) quelle

arbitrarie dell’appaltatore, o (ii) proposte dall’appaltatore e autorizzate dal committente, (iii)

quelle necessarie ovvero (iv) ordinate dal committente.

I e II. Sono considerate variazioni arbitrarie dell’appaltatore quelle da questi eseguite senza

l’autorizzazione del committente, anche se volte a migliorare l’opera (utilizzando ad esempio

materiale più pregiato).

Per escludere che si tratti di una variazione arbitraria è necessario che l’autorizzazione del

committente sia data per iscritto.

Non sono invece considerate variazioni arbitrarie e quindi, non necessitano di

un’autorizzazione scritta, le semplici segnalazioni comunicate al committente di vizi ed

imprecisioni e di possibili soluzioni alternative.

L’aver eseguito variazioni non autorizzate espone l’appaltatore a responsabilità per difformità

dell’opera.

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Il contratto d’appalto di opere

13

Responsabilità che assume toni differenti a seconda degli effetti della variante. Se

quest’ultima ha provocato un danno, sorgerà in capo al committente il diritto all’eliminazione

ovvero alla riduzione del prezzo e nel caso in cui l’opera divenga inadatta al fine cui è

destinata, il committente avrà diritto di chiedere la risoluzione del contratto, fermo il diritto al

risarcimento del danno.

Se invece, la variante non ha danneggiato l’opera (anche se si tratta di variante che ha

comportato un aumento di valore), vi è comunque una difformità da quanto pattuito; in

questo caso il committente avrà ugualmente diritto ad ottenere l’eliminazione della

difformità, ma non anche la riduzione del prezzo, né la risoluzione del contratto.

III. Il legislatore ha regolato poi le varianti necessarie, quelle cioè che devono essere

necessariamente eseguite perché l’opera sia a regola d’arte.

Ed ha in particolare previsto che se le parti non si accordano, sarà il Giudice a determinare le

variazioni da introdurre e le variazioni del prezzo.

Di fronte ad una variazione necessaria comunque, l’appaltatore non potrà procedere di sua

iniziativa ma dovrà informare il committente per ottenere il suo consenso; tale obbligo

tuttavia, è sprovvisto di sanzione in quanto non è richiesta, come accadeva invece per le

varianti non necessarie proposte dall’appaltatore, l’autorizzazione scritta del committente.

In altre parole, il committente non potrà dolersi di non essere stato consultato, salvo che si

tratti di un variante di “notevole entità”.

In quest’ultimo caso invero, il committente potrà sempre recedere dal contratto e dovrà

corrispondere un equo indennizzo.

L’appaltatore dal canto suo, potrà – se non ritiene di eseguire la variante necessaria - recedere

dal contratto quando l’importo delle variazioni superi il sesto del prezzo complessivo.

Si ritiene infatti, che qualora più varianti divengano necessarie in corso d’opera e il totale di

esse superi il sesto del prezzo, l’appaltatore potrà recedere dal contratto al momento in cui

l’ultima di esse, sommata alle precedenti, ecceda detta percentuale.

L’appaltatore che sceglie di recedere dal contratto avrà diritto ad un’“equa indennità”.

IV. Dalle varianti proposte dall’appaltatore e autorizzate dal committente vanno distinte

quelle che il committente ordina all’appaltatore il quale si limita a subirle.

Sono tali quelle che traggono origine da un’iniziativa del committente e vengono accettate

dall’appaltatore, il quale matura un diritto ad un compenso per i maggiori lavori eseguiti.

Il potere del committente di disporre varianti è limitato a quelle che non superino il sesto del

prezzo complessivo stabilito, che non comportino notevoli modificazioni “della natura dell’opera”

(e quindi, anche delle dimensioni) o dei “quantitativi nelle singole categorie di lavori”. Va da sé che l’interpretazione del termine “notevoli”, come pure la decisione concreta se

siano o meno rispettati i predetti limiti, è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

Le parti possono comunque pattuire diversamente.

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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A differenza di quanto avveniva per le varianti proposte dall’appaltatore, per provare che

l’iniziativa sia del committente non è necessario munirsi di prova scritta, ma è consentita

anche la prova per testimoni o addirittura per presunzioni.

Si segnala inoltre, che una clausola contrattuale che consenta al committente di disporre varianti

a suo piacimento sarebbe nulla per mancanza del requisito della determinatezza dell’oggetto.

Al contrario, le parti potrebbero decidere di escludere totalmente, o anche solo di limitare, il

potere del committente di imporre varianti.

Si noti peraltro, che l’esecuzione di varianti comporta il diritto in capo all’appaltatore di un

termine suppletivo che tenga conto del maggior tempo richiesto.

ART. 4 – Variazioni

4.a. Variazioni proposte dall’appaltatore e concordate

L’appaltatore non può apportare variazioni a quanto previsto negli allegati A e B salvo

preventiva autorizzazione scritta del committente o del suo rappresentante e, per quanto di

competenza, del coordinatore della sicurezza in fase esecutiva.

Se il prezzo dell’intera opera è stato determinato globalmente l’appaltatore non ha diritto a

compenso per maggiori lavori eseguiti, salvo diverso accordo scritto tra le parti.

4.b. Variazioni ordinate dal committente

Il committente ha diritto di apportare variazioni a quanto previsto negli allegati A e B

attraverso una specifica variante scritta da comunicare con congruo anticipo all’appaltatore

e, per quanto di competenza, al coordinatore della sicurezza in fase esecutiva, purché il loro

ammontare non superi 1/6 (un sesto) del prezzo complessivo convenuto e comunque purché

le stesse non determinino notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi

nelle singole categorie di lavori previste nel presente contratto.

L’appaltatore ha diritto al compenso per maggiori lavori preventivamente concordati con il

committente per iscritto, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente.

I patti così definiti devono comprendere le modalità, i tempi di esecuzione ed i termini dei pagamenti

e vengono intesi come parti integranti del presente contratto a far data dalla loro stipula.

4.c. Variazioni necessarie

Qualora successivamente alla stipula del presente contratto e/o durante l’esecuzione

dell’opera, in seguito ad eventi sopravvenuti imprevedibili e non imputabili ad alcuna delle

parti, sia necessario apportare variazioni a quanto previsto nel presente contratto e nelle sue

eventuali modificazioni e/o integrazioni, le parti concordano le variazioni da introdurre ed il

correlativo del prezzo. Nel caso di mancato accordo, entro 30 giorni da verificarsi dell’evento, le

parti demanderanno la composizione della vertenza ad un esperto nominato da …. (specificare

chi provvederà alla nomina: la camera di commercio, l’ordine degli ingegneri, ecc.)

Se l’importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore

può recedere dal contratto e può ottenere, secondo le circostanze, un’equa indennità……...

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Il contratto d’appalto di opere

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Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è

tenuto a corrispondere un equo indennizzo, da determinarsi tenendo conto dello stato di

avanzamento lavori e del valore dell’appalto. In caso di disaccordo la somma verrà

determinata da un esperto nominato da … (specificare chi provvederà alla nomina: la camera

di commercio, l’ordine degli ingegneri, ecc.) sulla base del prezziario delle opere edili.

3. La direzione tecnica

E’ facoltà del committente nominare un soggetto, il cosiddetto Direttore Lavori, incaricato di

sorvegliare, nel suo interesse, i lavori dell’appaltatore (lo stesso si differenzia dal “capo cantiere” o dal “direttore del cantiere”, nominati dall’appaltatore per dirigere i lavori).

L’incarico può essere affidato tanto ad una o più persone fisiche, quanto ad una società.

La nomina di un direttore lavori non priva peraltro l’appaltatore dell’autonomia di cui si è

detto in premessa.

L’appaltatore quindi, da un lato è tenuto ad osservare gli ordini impartiti dal direttore lavori,

ma dall’altro, in forza dell’obbligo di esatto adempimento, è tenuto a rilevare – nei limiti delle

sue capacità tecniche e delle cognizioni richiestegli – carenze od errori nelle istruzioni

impartitegli dal direttore lavori.

Con riguardo ai poteri spettanti al direttore lavori, questi coincidono con quelli spettanti al

committente, tra i quali, a titolo esemplificativo, si ricordano:

- controllo dei disegni e specifiche fornite dall’appaltatore;

- controllo dei dati amministrativi forniti dall’appaltatore;

- esame di proposte ed accordi;

- verifica delle qualifiche dell’appaltatore e dei subappaltatori;

- controllo del programma lavori;

- controllo dei materiali consegnati in cantiere;

- verifica andamento lavori;

- controllo normativa in materia di lavoro;

- esame del giornale cantiere dell’appaltatore e della tenuta di un proprio registro lavori;

- verifica e liquidazione degli stati di avanzamento lavori;

- stima dei costi di varianti.

Viene invece escluso il potere del direttore lavori di ordinare, in assenza di un espresso

potere conferito dal committente, variazioni dell’opera.

E’ pertanto opportuno che il committente conferisca al direttore lavori specifici poteri ed

informi d ciò l’appaltatore; in caso contrario l’appaltatore potrà, al fine di evitare di incorrere

in responsabilità per aver dato esecuzione ad istruzioni del direttore lavori, chiedere

l’esibizione dei poteri.

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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Quanto alla qualificazione del rapporto tra direttore lavori e committente, si osserva che il

primo non è altro che un rappresentante, limitatamente all’aspetto strettamente tecnico,

del committente.

Il committente potrà conferire l’incarico ad un semplice dipendente (in questo caso si tratterà

di un rapporto di dipendenza), o ad un libero professionista (con la conseguente

instaurazione di un rapporto d’opera professionale) o infine, ad una società di engineering (si

darà vita così ad un appalto di servizi).

Il conferimento o meno del potere di rappresentanza e quindi, del potere di porre in essere atti che

si ripercuotano direttamente nella sfera del committente dipende comunque, dall’atto di nomina.

L’obbligazione del direttore lavori, trattandosi di una prestazione intellettuale, è di mezzi e

non di risultato.

Secondo alcuni tuttavia, alla stessa non è applicabile la disciplina prevista dall’art. 2226 c.c.

che esonera il prestatore d’opera intellettuale dalla responsabilità per vizi o difformità quando

vi sia stata l’accettazione espressa o tacita dell’opera.

Tale opinione non è tuttavia, condivisa da altri autori.

La responsabilità del direttore lavori, prestatore d’opera professionale, è pertanto quella per

inadempimento ai doveri di alta sorveglianza dei lavori; tali doveri non comprendono invece,

secondo la giurisprudenza, le operazioni più semplici (tale è stato ritenuto ad esempio il

controllo della qualità del conglomerato cementizio adoperato dall’appaltatore).

Nella casistica, si ricorda che è stata affermata la responsabilità del direttore lavori (i) che

abbia autorizzato l’appaltatore ad ultimare i lavori oltre i termini contrattuali, o (ii) che non

abbia contestato all’appaltatore l’impiego di una quantità inferiore di materiale, o (iii) che

abbia omesso di vigilare sull’esecuzioni dei lavori in relazione al capitolato ed alle regole della

tecnica e che abbia omesso di impartire le opportune disposizioni all’appaltatore, o (iv) che

abbia omesso di individuare e correggere eventuali carenze progettuali che impediscono

quella “buona riuscita” per la quale è tenuto ad adoperarsi.

La responsabilità del direttore lavori (sia esso o meno progettista) e quella dell’appaltatore,

secondo un primo datato orientamento, non sarebbero tra loro solidali, traendo origine da

due distinti rapporti contrattuali. La solidarietà potrebbe invero, sussistere solo nel caso di

collusione ai danni del committente.

Secondo un secondo e più recente orientamento, le due responsabilità, in quanto

conseguenza di due concorrenti inadempimenti, sarebbero invece solidali. (Cassazione 10

maggio 1995 n°5103, in App. Urb. Ed., 1996, 319).

ART. 5 – Direzione tecnica del cantiere

L’appaltatore si obbliga a svolgere ogni attività necessaria di direzione del cantiere

personalmente e/o incaricando persona di propria fiducia, sin d’ora individuata nel

geom./ing. …..

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Il contratto d’appalto di opere

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ART. 6 – Direzione tecnica dei lavori

Il nominativo del direttore dei lavori verrà comunicato all’appaltatore prima dell’inizio dei

lavori.

Il direttore dei lavori è il solo referente tecnico per l’appaltatore.

4. Il controllo e le verifiche del committente

Prima di entrare nel dettaglio delle verifiche spettanti al committente, merita d’esser fatto un

breve cenno sulla definizione e sulla natura dei vizi e delle difformità dell’opera che

determinano la responsabilità dell’appaltatore di cui si è detto in premessa. Vizi e difetti sono in particolare, imperfezioni nel processo di produzione del bene o della sua

struttura.

Per difformità si intende invece, la non conformità dell’opera alle prescrizioni contrattuali o

alle regole dell’arte.

Tanto i vizi quanto le difformità possono essere palesi od occulti; i primi sono quelli

conosciuti o riconoscibili (con riguardo ai parametri di riconoscibilità si fa riferimento al

soggetto che esegue la verifica e quindi, varieranno a seconda che questi sia un tecnico

nominato dal committente ovvero il committente stesso) i quali non potranno più essere

invocati dal committente dopo che questi ha accettato l’opera.

I secondi sono invece quelli non riconoscibili o che siano stati occultati con mala fede

dall’appaltatore, dei quali lo stesso continuerà ad essere responsabile anche dopo

l’accettazione dell’opera da parte del committente.

La disciplina speciale di cui agli articoli 1667 e segg. c.c., prevede un obbligo da parte del

committente di denunciare i vizi e difetti entro 60 giorni dalla scoperta ed un termine

prescrizionale per l’esercizio dell’azione, di 2 anni decorrenti dalla consegna dell’opera,

suscettibile di sospensioni ed interruzioni (con la precisazione che le interruzioni verificatasi

in relazione ad una specifica difformità o vizio non interromperà il termine relativo alle altre

difformità o vizi).

La denunzia non è tuttavia necessaria se l’appaltatore ha riconosciuto i vizi o li ha occultati.

La garanzia per vizi e difformità cui è tenuto l’appaltatore mira a tutelare tanto le situazioni in

cui l’opera appaltata sia adatta alla propria destinazione, quanto quelle in cui, per effetto dei

vizi, l’opera sia del tutto inadatta alla destinazione contrattuale.

Nella prima ipotesi, i rimedi esperibili sono: (i) l’azione per esatto adempimento (al fine di

rimuovere i vizi), (ii) l’azione per la riduzione del prezzo e (iii) in ogni caso, l’azione per il

risarcimento dei danni, qualora vi sia la colpa dell’appaltatore.

L’eliminazione dei vizi e la riduzione del prezzo possono essere chieste anche in via

alternativa all’appaltatore, sempre che il vizio sia eliminabile; in caso contrario invero, al

committente non resterà che chiedere la riduzione del prezzo.

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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Nella seconda ipotesi e solo in questa, il committente potrà chiedere la risoluzione del

contratto. Presupposto per la risoluzione è comunque l’ultimazione delle opere, in caso

contrario (e quindi, in corso d’opera) l’appaltatore ben potrebbe porre rimedio, fatta

eccezione per i vizi e le difformità ineliminabili.

L’“inidoneità” dell’opera viene normalmente valutata secondo parametri oggettivi, sempre

che le parti non abbiano pattuito una speciale destinazione dell’opera.

Le parti inoltre, ben possono modificare contrattualmente la responsabilità dell’appaltatore

ad esempio limitando gli effetti dell’esito positivo del collaudo (di cui si dirà a breve) o

dell’accettazione senza riserve, ovvero fissando un termine più lungo entro il quale possano

contestarsi i vizi.

Le verifiche in corso di esecuzione Il committente ha diritto di effettuare in corso d’opera la verifica dei materiali e delle opere

dell’appaltatore, senza che sia necessaria una specifica pattuizione.

Nel caso in cui non sia stata prevista nel contratto una verifica del committente e di fatto la

verifica non avvenga nel corso delle opere, non viene comunque pregiudicato il diritto del

committente di contestare in seguito i materiali e le opere.

D’altra parte, la circostanza che la verifica abbia luogo e si concluda con un esito positivo

non esclude che il committente possa comunque far valere vizi occulti che si dovessero

manifestare in futuro.

Parte della dottrina ritiene che tale possibilità sussista anche in relazione ai vizi palesi,

potendo il committente giudicare definitivamente solo ad opera ultimata.

Se a seguito della verifica emergessero vizi e difetti, o comunque si accertasse che

l’esecuzione non procede secondo quanto stabilito, il committente può chiedere

all’appaltatore di sostituire i materiali o di conformarsi alle condizioni pattuite, pena la

risoluzione del rapporto.

Per i materiali forniti dal committente, d’altra parte, l’appaltatore ha il dovere di comunicare

al committente l’esistenza di eventuali vizi.

Si ritiene invero, che l’appaltatore non possa essere esonerato dalla responsabilità per vizi e

difetti in relazione al materiale fornito dal committente, se non ne ha dato avviso al

committente al momento della consegna (o subito dopo), se si tratta di vizi riconoscibili a

prima vista, o nel corso dell’opera, se si tratta di vizi non riconoscibili al momento in cui è

avvenuta la consegna.

Una volta adempiuto l’obbligo di comunicazione, l’appaltatore dovrà, in mancanza di pattuizioni a

riguardo, sospendere i lavori o non darvi inizio, a seconda che siano o meno già iniziati.

La contestazione dei vizi e difetti nei materiali forniti dal committente è peraltro, preclusa

all’appaltatore che abbia accettato il materiale senza riserva.

In questo caso infatti, potrà contestare solo i difetti occulti ma non anche quelli palesi.

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Il contratto d’appalto di opere

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Il committente, ricevuta la contestazione da parte dell’appaltatore potrà scegliere se sostituire i

materiali ovvero ordinargli di utilizzarli comunque; con la conseguenza che, in questo secondo

caso, l’appaltatore non incorrerà in responsabilità nei confronti del committente.

Ciò tuttavia, non significa che sia esonerato anche nei confronti della Pubblica

Amministrazione o di terzi.

La verifica ad opera ultimata

Il Committente ha altresì diritto di verificare l’opera compiuta prima di ricevere la consegna.

E potrà a tal fine giovarsi della collaborazione di un tecnico nominato ad hoc ovvero

incaricare lo stesso direttore lavori ovvero ancora, nominare una commissione di collaudo,

composta da più tecnici.

L’appaltatore quindi, una volta ultimate le opere, ne darà comunicazione al committente,

invitandolo ad eseguire la verifica.

L’appaltatore dovrà inoltre, predisporre quanto necessario affinché la verifica possa avere luogo

(personale, energia elettrica ecc.). Il committente invece, si dovrà far carico dei relativi costi.

Le parti possono convenire un termine, dall’ultimazione dei lavori, entro il quale l’appaltatore

dovrà invitare il committente ad effettuare la verifica, così come potranno convenire un

termine, decorrente dal ricevimento della comunicazione, entro il quale il committente dovrà

eseguire la verifica.

Se il committente non provvede alla verifica entro un ragionevole termine (ovvero entro il

termine convenuto) l’opera si intenderà accettata.

L’accettazione e la consegna

L’accettazione dell’opera può essere espressa e quindi con dichiarazione del committente,

ovvero tacita.

Per l’accettazione tacita, è necessario che il committente ponga in essere atti che

presuppongono la volontà di accettare, quali ad esempio la presa in consegna dell’opera

senza riserve (come previsto dal comma 4 dell’art 1665 c.c.).

Il committente che voglia, senza aver effettuato la verifica e senza accettare l’opera,

ottenerne comunque la consegna, dovrà esprimere chiaramente tale intenzione.

Gli effetti dell’accettazione sono di particolare importanza, poiché comportano: (i) la

liberazione dell’appaltatore da responsabilità per i difetti apparenti, (ii) il passaggio del rischio

in capo al committente, (iii) il diritto del committente alla consegna.

Una volta accettata l’opera sorge quindi, in capo all’appaltatore l’obbligo di effettuare la consegna.

Fino all’avvenuta consegna, l’appaltatore dovrà custodire l’opera, così pure i materiali

affidatigli dal committente per l’esecuzione, e quindi, provvedere alla manutenzione, non

utilizzarla né farla utilizzare a terzi.

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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Se il committente intende far valere la garanzia per vizi (palesi) deve non accettare l’opera o

accettarla ma con riserva.

Il legislatore non specifica cosa intenda con la locuzione “riserva” e spetta quindi all’interprete definirla. Si ritiene che essa consista nell’enunciazione dell’intenzione di prendere posizione in seguito, senza rinunciare, al momento, ad alcun diritto.

Merita infine d’esser fatto un breve cenno al momento in cui il committente acquista la proprietà dell’opera eseguita. Non vi è in merito un’opinione unanime; alcuni invero ritengono che, per il principio

dell’“accessione”, il committente, proprietario del suolo in cui viene costruita divenga proprietario ab origine dell’opera. Altri invece, riconducono l’istituto dell’“accessione” ai soli casi in cui un terzo esegua opere su un

fondo altrui al di fuori di qualsiasi disciplina contrattuale e ritengono poi che la proprietà del bene realizzato venga acquistata solo dopo l’ultimazione dei lavori ed in particolare, con l’accettazione. L’acquisto originario si avrebbe, secondo tale impostazione solo quando i materiali siano stati

forniti dal committente e compito dell’appaltatore sia stato solo quello di trasformare la materia. Vengono riportate qui di seguito alcune clausole contrattuali relative al controllo dei lavori, alle verifiche ed alla accettazione.

ART. 7 – Controllo sull’esecuzione dei lavori Il controllo sui lavori è esercitato dal committente personalmente e/o per il tramite del Direttore Lavori. Qualora nel corso dell’opera si accerti che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto, il committente può fissare un termine non inferiore a 10 giorni entro il quale l’appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine il contratto si considererà risolto di diritto, salvo il risarcimento del danno. La prosecuzione del rapporto contrattuale non pregiudica il diritto del committente al risarcimento del danno.

ART. 8 - Dichiarazioni di conformità L’appaltatore è tenuto a rilasciare o a far rilasciare dai propri subappaltatori le dichiarazioni di conformità delle opere e/o degli impianti eseguiti ed a trasmetterle con le modalità previste dalla legge. Tale documentazione dovrà pervenire al committente prima della verifica dell’opera.

ART. 9 - Verifica ed accettazione dell’opera La verifica dell’opera sarà eseguita dal committente o dal Direttore Lavori, in presenza dell’appaltatore, su espresso invito di quest’ultimo inoltrato tramite raccomandata A.R. Il committente o il suo Direttore lavori rilascia all’appaltatore dichiarazione scritta di accettazione dell’opera indicando eventuali riserve ovvero dichiarazione scritta di non accettazione, corredata dai motivi. Se, nonostante l’invito a verificare l’opera, il committente non procede alla verifica senza giusti motivi entro 30 giorni dal ricevimento dell’invito ovvero non ne comunica l’esito per iscritto entro 30 giorni dall’effettuazione della verifica, l’opera si intende accettata.

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Il contratto d’appalto di opere

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5. Il prezzo

Il prezzo rappresenta un elemento essenziale del negozio, la cui assenza tuttavia, non

determina la nullità del contratto.

E’ stato in merito affermato che l’articolo 1657 c.c. in tema di appalto, deroghi al disposto

dell’art. 1346 c.c. in tema di requisiti dell’oggetto del contratto e che quindi, la mancata

indicazione del prezzo “…non è causa di nullità del contratto, potendo la determinazione avvenire a posteriori in base alle tariffe esistenti, ovvero agli usi da parte del giudice…”.

La dottrina inoltre, riconduce il contratto d’appalto privo della determinazione del

corrispettivo tra gli atti a titolo gratuito; con la conseguenza che allo stesso si applicherà la

disciplina tipica dell’appalto quanto alla prestazione dell’appaltatore, ma non le norme che

contrastino con l’istituto degli atti a titolo gratuito.

Non troverà pertanto, applicazione la disciplina della responsabilità dell’appaltatore per i vizi

e le difformità.

Requisito necessario del prezzo è che lo stesso sia in denaro.

Ove consistesse nella prestazione di beni diversi ci si troverebbe infatti, di fronte ad un contratto

atipico appartenente, secondo l’opinione prevalente, ai contratti do ut facies o facio ut facias. In questi casi, si applicherà la disciplina dell’appalto ove non incompatibile con l’esecuzione

della controprestazione diversa dal denaro.

Una prassi abbastanza diffusa nel mercato dell’edilizia, vede poi quale corrispettivo per le opere

eseguite dall’appaltatore, la cessione a quest’ultimo di uno o più appartamenti costruiti.

In questi casi, il negozio andrebbe qualificato come permuta ovvero come contratto innominato

nel quale la prestazione di una parte è propria dell’appalto (realizzazione di appartamenti) e la

controprestazione è propria della compravendita (cessione di uno o più appartamenti).

Tale comportamento peraltro, non è limitato alle opere immobiliari ma viene altresì utilizzato

nel mercato delle lavorazioni dei tessuti (contro pagamento in natura, ossia attraverso altro

tessuto) e nella raccolta e spremitura di olive (con impegno dell’appaltatore di consegnare al

proprietario un determinato quantitativo di olio).

Con riguardo al prezzo, si distingue tra contratti a corpo e contratti a misura.

Nei primi, il prezzo viene determinato globalmente, per l’intera opera; nei secondi – detti

anche a prezzi unitari - il corrispettivo è invece, determinato per le unità di misura di

ciascuna delle lavorazioni che compongono l’opera.

In quest’ultimo caso, il prezzo dipenderà dal numero di unità di misura risultante alla

conclusione dell’opera.

Come sopra detto, la mancata determinazione del prezzo non comporta la nullità del contratto.

Tale determinazione peraltro può essere affidata dalle parti contraenti ad un “arbitratore”

designato al momento della conclusione del contratto o anche in seguito.

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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Le parti inoltre, possono altresì scegliere che il prezzo venga determinato mediante ricorso

alle tariffe o agli usi, senza tuttavia, che con il termine “tariffe” possano essere intese quelle

abitualmente applicate dall’appaltatore.

In via del tutto sussidiaria, quando non sia possibile determinare il prezzo con le modalità

poc’anzi descritte, ci si potrà rivolgere al Giudice.

Salvo che sia stato diversamente pattuito, il prezzo dev’essere versato quando l’opera sia

stata accettata (1665 c.c.).

Le parti tuttavia, possono convenire che il pagamento venga effettuato prima, ad esempio

all’ultimazione o alla consegna o – ed è ciò che normalmente avviene negli appalti per

l’esecuzione di immobili – per stati di avanzamento lavori.

La revisione del prezzo

La regola generale è, per il contratto d’appalto, quella dell’invariabilità del prezzo; grava

infatti, sull’appaltatore il rischio del costo dell’opera.

Tale regola tuttavia, subisce, nei casi previsti dall’art. 1664 c.c. in tema di revisione del

prezzo, delle eccezioni.

L’appaltatore o il committente possono, in corso d’opera, chiedere la revisione del prezzo

quando (i) per cause imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei

materiali o della manodopera (comma 1, art.1664 c.c.) ovvero quando, (ii) vi siano

impreviste difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili che rendano

notevolmente più onerosa la prestazione dell’appaltatore (comma 2, art. 1664 c.c.).

Rientrano nella prima ipotesi le variazioni dei canoni di locazione di mezzi d’opera, ma non

anche gli aumenti dei tassi di interesse nel costo dell’affitto di locali né nelle spese generali.

I predetti aumenti o diminuzioni che legittimerebbero la revisione devono tuttavia, essere

superiori ad un decimo del prezzo complessivo pattuito, revisione che comunque può essere

accordata solo per quella parte che eccede il predetto decimo del costo complessivo (per la

determinazione del quale si terrà conto anche delle varianti eseguite in corso d’opera).

Rientrano invece, nella seconda ipotesi tutte le cause naturali (avversità atmosferiche, frane

di strade d’accesso al cantiere, allagamenti ecc.), definite dalla giurisprudenza quali

“sorprese geologiche”.

Si discute invece, se possano essere ricompresi tra queste ultime anche fenomeni non

naturali, ma dipendenti comunque da soggetti terzi, quali ad esempio uno sciopero delle

maestranze di cementifici.

Deve trattarsi comunque nella prima ipotesi, di eventi imprevisti o anche solo imprevedibili e

nella seconda ipotesi, di eventi preesistenti ma scoperti solo in seguito, o sopravvenuti.

Ulteriore distinzione tra le due ipotesi riguarda il soggetto legittimato a chiedere la revisione

del prezzo. E quindi, tanto il committente quanto l’appaltatore nelle ipotesi previste dal primo

comma (con la conseguenza che la revisione del prezzo potrà comportare anche una

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Il contratto d’appalto di opere

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diminuzione del prezzo a favore del committente) ed il solo appaltatore, nei casi previsti nel

secondo (qui la revisione del prezzo, individuata dal legislatore con l’inciso “giusto compenso”, potrà comportare solo un aumento dello stesso, a favore dell’appaltatore).

Merita inoltre di essere sottolineata l’assenza, nella seconda ipotesi, di un tetto massimo oltre

il quale si possa chiedere la revisione del prezzo, come accade invece nella prima ipotesi (un

decimo del prezzo complessivo).

Il legislatore fa invero, riferimento solo ad una prestazione “notevolmente” più onerosa,

lasciando all’interprete il compito di individuarne il contenuto.

Ciò non toglie che, in entrambi i casi, le parti possano scegliere di introdurre clausole

contrattuali volte ad attenuare, eliminare o aggravare la disciplina prevista.

L’istituto della revisione del prezzo previsto dall’art. 1664 ha fatto discutere dottrina e

giurisprudenza sull’applicabilità al contratto d’appalto anche dell’istituto della risoluzione del

contratto per eccessiva onerosità previsto dall’art. 1467 c.c..

Da un lato, vi è chi ritiene che il rimedio generale dell’art. 1467 c.c. non si applichi all’appalto

in quanto per esso è già operante il rimedio specifico previsto dal 1664 c.c.

Dall’altro, vi è invece chi (ed è l’opinione dominante) ritiene applicabile anche all’appalto

l’istituto generale della risoluzione, quando l’onerosità sopravvenuta sia da ricondurre a

cause diverse da quelle previste dall’art. 1664 c.c.

Si sottolinea infine, che il diritto alla revisione del prezzo si prescrive in 10 anni.

Ecco alcune clausole.

ART. 10 - Prezzo e termini di pagamento

Il prezzo è determinato a corpo e non a misura in € …. oltre IVA.

Il prezzo verrà corrisposto come segue:

€ …. alla sottoscrizione del presente contratto (o al verificarsi della condizione sospensiva, se

prevista);

€ …. all’inizio dei lavori;

€ …. alla data del ….;

€ …. entro …. dall’avvenuta accettazione dell’opera.

(oppure)

a stato di avanzamento lavori come di seguito concordato….

ART. 11 - Revisione del prezzo

Salvo diverso accordo scritto delle parti, la revisione del prezzo è disciplinata dall’art. 1664 c.c.

Ai fini della determinazione degli aumenti o delle diminuzioni ivi indicate si fa riferimento al

prezzario approvato dalla camera di commercio di ….

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6. Il recesso

Il recesso unilaterale costituisce un rimedio eccezionale, concesso dal legislatore al

committente e non anche all’appaltatore.

Il committente può recedere dal contratto per qualsiasi motivo (che non deve neppure

specificare all’appaltatore), a condizione tuttavia, che tenga indenne l’appaltatore delle spese

sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

Da un lato quindi, il legislatore ha concesso il rimedio al solo committente, dall’altro tuttavia,

lo ha vincolato ad un gravoso indennizzo.

Si discute se il committente possa esercitare il recesso anche ove l’appaltatore abbia già

dichiarato stragiudizialmente di voler risolvere il contratto ovvero abbia già proposto

domanda giudiziale di risoluzione del contratto.

Le due ipotesi vanno tenute distinte.

Ed invero, se l’appaltatore ha già proposto domanda giudiziale di risoluzione, questa, se

accolta, avrà efficacia ex tunc, con la conseguenza che il recesso esercitato dal committente

non potrà avere alcun effetto; ove la domanda venisse respinta, il recesso intimato

diverrebbe efficace.

Se l’appaltatore invece si è limitato a fare una dichiarazione extragiudiziale, l’esercizio del

recesso non appare automaticamente impedito.

Altro problema è rappresentato dalla possibilità o meno che il committente, dopo aver

esercitato il recesso, possa far valere l’inadempimento dell’appaltatore ad esso anteriore.

Una risposta positiva dev’esser data quando si tratti di vizi e difformità dell’opera.

Dubbi vi sono invece, con riguardo alle altre ipotesi di inadempimento.

Per l’esercizio del recesso non è prevista una forma particolare; esso potrà quindi, aver luogo

tanto con atto a mezzo Ufficiale Giudiziario o per iscritto od oralmente.

Lo stesso tuttavia, costituisce un negozio unilaterale recettizio e quindi, deve essere portato

a conoscenza dell’appaltatore.

La disciplina del recesso nel contratto d’appalto non è inderogabile.

Le parti quindi, ben possono concedere anche all’appaltatore tale facoltà ed allargare o

alleggerire la disciplina, ad esempio esonerando il committente dall’obbligo di corrispondere

l’indennizzo.

ART. 12 - Recesso unilaterale dal contratto

Il committente può recedere dal contratto anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera,

dandone comunicazione scritta all’appaltatore con almeno … giorni di anticipo, purché lo

tenga indenne delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.

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Il contratto d’appalto di opere

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7. Gli atti di assenso della Pubblica Amministrazione e la condizione sospensiva

Si è fatto cenno in premessa all’oggetto del contratto, coincidente con il risultato di un

facere; l’oggetto del contratto, affinché questo non sia nullo, deve essere oltre che

determinato e possibile, anche lecito e quindi in sintonia con norme inderogabili e con

l’ordine pubblico.

A titolo esemplificativo, si ricorda che la giurisprudenza ha individuato particolari ipotesi di

illiceità dell’oggetto nel caso di appalto per la costruzione di un edificio su suolo inedificabile

o per la realizzazione di un’opera edilizia senza i prescritti atti di assenso della pubblica

amministrazione (permesso di costruire o D.i.a.).

L’illiceità dell’oggetto conduce, come è noto, alla nullità ex tunc del contratto, con la

conseguenza che l’appaltatore non può pretendere il pagamento del prezzo pattuito nel

contratto nullo e deve restituire gli acconti ricevuti. Per cautela è quindi, opportuno inserire

all’interno del contratto una clausola ad hoc.

ART. 13 - Provvedimenti amministrativi, condizione sospensiva

Il committente dichiara che sono già stati emanati tutti i provvedimenti amministrativi

previsti dalla legislazione vigente, che si allegano in copia al presente contratto.

(oppure)

Provvedimenti amministrativi, condizione sospensiva

Il committente dichiara di aver già richiesto tutti i provvedimenti amministrativi previsti dalla

legislazione vigente e/o effettuano le comunicazioni obbligatorie e si obbliga a fornire copia

all’appaltatore.

Il contratto è sottoposto alla condizione sospensiva del rilascio dei provvedimenti

amministrativi nonché alla decorrenza dei termini previsti per legge.

L’appaltatore si obbliga in ogni caso, a non iniziare i lavori prima che siano decorsi

inutilmente i termini previsti dalla legislazione vigente.

ART. 14 - Mancato rilascio dei provvedimenti amministrativi

In caso di mancato rilascio dei provvedimenti amministrativi entro il …. il contratto è

definitivamente inefficace.

Si è visto ora un esempio di clausola contenente una condizione sospensiva.

Tali clausole sono volte a condizionare l’efficacia del contratto all’avveramento di un

particolare fatto.

Esse possono essere utilizzate, come spesso avviene, non solo in relazione agli atti di

assenso dell’Amministrazione, ma anche in relazione al consenso di un comproprietario

all’espropriazione del terreno o all’ottenimento di un finanziamento.

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8. Altre clausole di particolare importanza

La condizione risolutiva Meno frequenti rispetto alle clausole contenenti condizioni sospensive, sono quelle aventi ad

oggetto condizioni risolutive. Le condizioni risolutive più diffuse sono quelle relative alla revoca e/o annullamento del permesso di costruire, o comunque di qualsiasi intervento in autotutela da parte dell’Amministrazione che

renda illegittimo l’intervento oggetto del contratto e quelle relative alla vendita da parte di uno dei comproprietari del bene ovvero alla revoca del finanziamento.

ART. 15 - Condizione risolutiva Il presente contratto è subordinato alla condizione risolutiva che non venga revocata e/o annullato il permesso di costruire, (oppure) che l’immobile non venga venduto da parte di

uno dei comproprietari, (oppure) che non venga revocato il finanziamento avuto da…. Ove si verificasse l’evento, il contratto sarà risolto di diritto.

I termini di consegna e la clausola penale Si discute se il termine per l’esecuzione dell’opera sia da considerarsi elemento essenziale o meno del contratto d’appalto.

Per la non essenzialità depongono una serie di circostanze, tra le quali la possibilità che, ove le parti non indichino il termine, questo possa essere determinato dal Giudice ed altresì che il mancato rispetto del termine non comporta, come accade invero ai sensi dell’art. 1457 c.c.

per i termini essenziali, la risoluzione di diritto del contratto, ma è data facoltà del committente quella di concedere proroghe. Ciò tuttavia, non significa che l’elemento “termine” sia di scarsa importanza, ed anzi, essendo

il contratto d’appalto un contratto ad esecuzione prolungata di un’unica prestazione indivisibile (non può infatti, salvo pattuizione contraria, essere scomposta in singole parti, ciascuna atta a soddisfare in parte l’interesse del creditore), la sua parziale esecuzione entro

il termine stabilito corrisponde ad una causa di inadempimento totale della prestazione dell’appaltatore che porta, se non “di scarsa importanza”, alla risoluzione del contratto. Va da sé che le parti possono, se lo ritengono opportuno, conferire carattere di “essenzialità”

al termine e stabilire che il mancato rispetto comporti la risoluzione di diritto. Ciò che avviene normalmente è invece l’inserimento di una clausola cosiddetta penale che individua la somma che l’appaltatore dovrà versare al committente per il ritardo.

Si osserva inoltre, che il termine per l’esecuzione dell’opera è previsto a favore dell’appaltatore; con la conseguenza che il committente non potrà pretendere l’adempimento prima della scadenza, mentre l’appaltatore potrà eseguire l’opera in anticipo.

Con riguardo alle conseguenze del mancato rispetto del termine per l’esecuzione dell’opera, se si tratta di termine essenziale, il committente potrà comunicare all’appaltatore, entro tre giorni dalla scadenza, che vuole ugualmente esigere la prestazione; se al contrario non è

essenziale, si applicherà la disciplina generale dell’inadempimento.

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Il contratto d’appalto di opere

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ART. 16 - Termini di consegna e la clausola penale

Le opere dovranno essere ultimate entro … giorni lavorativi dall’inizio dei lavori.

Dal computo dei giorni utili saranno esclusi quelli in cui gli eventi atmosferici di straordinaria

entità avranno impedito la regolare esecuzione dei lavori, nonché i periodi di sospensione

determinati da cause di forza maggiore.

L’appaltatore è tenuto a corrispondere al committente, a titolo di penale, la somma di € ….

per ogni giorno/settimana di ritardo imputabile all’appaltatore e sino ad un importo massimo

pari al … % del corrispettivo pattuito, al netto dell’IVA, che il committente dedurrà dal saldo

dovuto previa comunicazione scritta all’impresa.

Il committente ha diritto al risarcimento del danno ulteriore, ai sensi dell’art. 1382, c. 1, c.c.

La clausola di esonero

La responsabilità dell’appaltatore può, per il principio dell’autonomia contrattuale, essere

modificata convenzionalmente.

Lo stesso infatti, può, ricevuta tardivamente una contestazione da parte del committente,

accogliere ugualmente la denunzia.

La modifica peraltro può essere prevista sin dall’origine, ad esempio limitando contrattualmente gli effetti dell’esito positivo del collaudo e dell’accettazione senza riserva e fissando un termine più lungo entro il quali possano contestarsi i vizi.

Di converso il committente potrà rinunciare espressamente a far valere i vizi occulti. Viene riportato qui di seguito un esempio di clausola di esonero.

ART. 17 - Termine di decadenza denuncia vizi ed esonero del committente Il committente è esonerato dall’osservanza del termine di decadenza per la denuncia dei vizi previsto dall’articolo 1667 c.c.

Il predetto termine si intende sostituito dal più ampio di …. giorni dalla scoperta. Per tutti gli altri aspetti concernenti la garanzia per vizi, si applicano gli articoli da 1667 a 1669 c.c.

Clausole compromissorie

ART. 18 - Risoluzione delle controversie – arbitrato rituale Qualsiasi controversia concernente il presente contratto – comprese quelle relative alla sua validità, interpretazione, esecuzione e risoluzione – sarà risolta mediante arbitrato rituale di diritto. Il collegio arbitrale sarà composto da tre componenti, uno nominato da ciascuna delle parti

ed il terzo nominato di comune accordo. In caso di disaccordo, la nomina sarà di competenza del Presidente del Tribunale di …. cui si rivolgerà la parte più diligente.

L’arbitrato è regolato dagli artt. 806 e ss. del c.p.c.

(oppure)

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ART. 19 - Risoluzione delle controversie – arbitrato libero o irrituale Qualsiasi controversia concernente il presente contratto – comprese quelle relative alla sua validità, interpretazione, esecuzione e risoluzione – sarà risolta mediante arbitrato libero o

irrituale ai sensi dell’art. 803, comma ter, c.p.c Il collegio arbitrale deciderà secondo equità e la sua decisione viene fin d’ora riconosciuta dalle parti come manifestazione della loro stessa volontà contrattuale.

9. Formula di chiusura ART. 20 - Rinvio alla legislazione vigente Per quanto non espressamente previsto dal presente contratto, si applicano le disposizioni normative vigenti.

Data ….. Il committente L’appaltatore 10. Approvazione specifica delle clausole ai sensi degli articoli 1341 e 1342 c.c.

Gli articoli 1341 e 1342 c.c. prevedono che le condizioni di un contratto, anche concluso mediante moduli o formulari, che stabiliscono a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospendere l’esecuzione,

ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di proporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe di competenza, dovranno

essere approvate per iscritto. La relativa clausola avrà pertanto il seguente tenore:

ART. 21 - Approvazione specifica Si approvano specificamente ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. le seguenti clausole: … (a titolo esemplificativo: clausole relative alle variazioni in corso d’opera, clausole compromissorie o di rinunce, ecc.) 11. Normativa di riferimento

Il codice civile Art. 1655. (Nozione) L'appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro. Art. 1657. (Determinazione del corrispettivo) Se le parti non hanno determinato la misura del corrispettivo né hanno stabilito il modo di determinarla, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi; in mancanza, è determinata dal giudice.

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Il contratto d’appalto di opere

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Art. 1658. (Fornitura della materia) La materia necessaria a compiere l'opera deve essere fornita dall'appaltatore, se non è diversamente stabilito dalla convenzione o dagli usi. Art. 1659. (Variazioni concordate del progetto) L'appaltatore non può apportare variazioni alle modalità convenute dell'opera se il committente non le ha autorizzate. L'autorizzazione si deve provare per iscritto. Anche quando le modificazioni sono state autorizzate, l'appaltatore, se il prezzo dell'intera opera è stato determinato globalmente, non ha diritto a compenso per le variazioni o per le aggiunte, salvo diversa pattuizione. Art. 1660. (Variazioni necessarie del progetto) Se per l'esecuzione dell'opera a regola d'arte è necessario apportare variazioni al progetto e le parti non si accordano, spetta al giudice di determinare le variazioni da introdurre e le correlative variazioni del prezzo. Se l'importo delle variazioni supera il sesto del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore può recedere dal contratto e può ottenere, secondo le circostanze, un'equa indennità. Se le variazioni sono di notevole entità, il committente può recedere dal contratto ed è tenuto a corrispondere un equo indennizzo. Art. 1661. (Variazioni ordinate dal committente) Il committente può apportare variazioni al progetto, purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto. L'appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell'opera era stato determinato globalmente. La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell'opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per l'esecuzione dell'opera medesima. Art. 1662. (Verifica nel corso di esecuzione dell'opera) Il committente ha diritto di controllare lo svolgimento dei lavori e di verificarne a proprie spese lo stato. Quando, nel corso dell'opera, si accerta che la sua esecuzione non procede secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine entro il quale l'appaltatore si deve conformare a tali condizioni; trascorso inutilmente il termine stabilito, il contratto è risoluto, salvo il diritto del committente al risarcimento del danno. Art. 1663. (Denuncia dei difetti della materia) L'appaltatore è tenuto a dare pronto avviso al committente dei difetti della materia da questo fornita, se si scoprono nel corso dell'opera e possono comprometterne la regolare esecuzione. Art. 1664. (Onerosità o difficoltà dell'esecuzione) Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo.

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Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendano notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto a un equo compenso. Art. 1665. (Verifica e pagamento dell'opera) Il committente, prima di ricevere la consegna, ha diritto di verificare l'opera compiuta. La verifica deve esser fatta dal committente appena l'appaltatore lo mette in condizione di poterla eseguire. Se, nonostante l'invito fattogli dall'appaltatore, il committente tralascia di procedere alla verifica senza giusti motivi, ovvero non ne comunica il risultato entro un breve termine, l'opera si considera accettata. Se il committente riceve senza riserve la consegna dell'opera, questa si considera accettata ancorché non si sia proceduto alla verifica. Salvo diversa pattuizione o uso contrario, l'appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l'opera è accettata dal committente. Art. 1667. (Difformità e vizi dell'opera) L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché, in questo caso, non siano stati in mala fede taciuti dall'appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunziati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna. Art. 1668. (Contenuto della garanzia per difetti dell'opera) Il committente può chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese dell'appaltatore, oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa dell'appaltatore. Se però le difformità o i vizi dell'opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto. Art. 1669. (Rovina e difetti di cose immobili) Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia. Art. 1671. (Recesso unilaterale dal contratto) Il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l'esecuzione dell'opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l'appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno. Art. 1676. (Diritti degli ausiliari dell'appaltatore verso il committente) Coloro che, alle dipendenze dell'appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l'opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.

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COME DISTINGUERE L’APPALTO DALLA COMPRAVENDITA E DALLA SOMMINISTRAZIONE

a cura di Antonio Bianchi*

Gli elementi dell’appalto (si riprendono sinteticamente i punti dell’approfondimento precedente)

L’appalto è il contratto con il quale una parte (appaltatore) si obbliga nei confronti di

un’altra parte (committente o appaltante) a realizzare, con la necessaria organizzazione di

mezzi e con gestione a proprio rischio, un’opera o un servizio verso un corrispettivo in

denaro (art. 1655 cc).

È possibile distinguere due tipi di appalto:

L’appalto ha tre caratteristiche principali che permettono di distinguerlo da figure similari:

l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore; il rischio della gestione che grava su di lui e la sua autonomia nell’esecuzione dell’opera.

Organizzazione

Secondo una parte della giurisprudenza, nel contratto d’appalto, l’esecuzione dell’opera commissionata presuppone necessariamente un’organizzazione di mezzi propria della media o della grande impresa (Cass. Civ., sent. n. 7307 del 29.05.01,). Secondo un altro orientamento, invece, il contratto d’appalto non è incompatibile con il carattere artigianale dell’impresa e con il fatto che il lavoro venga svolto da personale in prevalenza appartenente al nucleo familiare dell’imprenditore (Cass. Civ., sent. n. 1856 del 8.03.90).

Rischio dell’opera gravante sull’appaltatore L’appaltatore assume, principalmente, due rischi. Il primo consiste nella possibilità che il corrispettivo pattuito, salvi i temperamenti della revisione prezzi, non copra i costi sostenuti per eseguire la prestazione o non sia in grado di assicurare all’appaltatore alcun profitto o utile.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

APPALTO DI OPERE

APPALTO DI SERVIZI

avente ad oggetto la modificazione dello stato materiale di cose preesistenti o la creazione di un nuovo bene (ad esempio costruire una casa su un terreno di proprietà del committente)

avente ad oggetto la produzione di “utilità”, senza elaborazione o trasformazione della materia (es. contratto di trasporto, di edizione, assistenza e manutenzione)

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Il secondo consiste nella possibilità di perdere il diritto al corrispettivo se, rispettivamente: a) non riesca a realizzare l’opera nonostante l’attività svolta ed i costi affrontati (salvo che

la mancata realizzazione non dipenda dal committente);

b) non realizza l’opera a regola d’arte o secondo le direttive ricevute; c) l’opera perisce o si deteriora per causa non imputabile ad alcuna delle parti prima che

sia accettata dal committente o prima che questi sia in mora nella sua verifica. Tuttavia,

se la materia è stata fornita in tutto o in parte dal committente, il perimento o il deterioramento è a suo carico per quanto riguarda la materia da lui fornita.

Autonomia dell’appaltatore L’appalto è caratterizzato dall’ampio grado di autonomia di cui deve godere l’appaltatore nell’esecuzione della sua prestazione rispetto alle possibili interferenze del committente,

anche nelle ipotesi in cui il progetto dell’opera sia fornito da quest’ultimo. Tale autonomia può subire alcuni temperamenti. Il committente ha, infatti, la facoltà di verificare la rispondenza della prestazione alle prescrizioni ed alle esigenze contrattualmente previste, può

effettuare delle verifiche in corso d’opera e può nominare il direttore dei lavori, con potere di verifica della costante corrispondenza dei lavori al progetto ed alle regole dell’arte. In ogni caso, l’appaltatore non deve mai essere un mero esecutore materiale delle direttive del

committente, poiché in tal caso non ricorrerebbe un vero e proprio contratto di appalto, ma si rientra nel c.d. appalto a regia in cui l’appaltatore provvede alla materiale esecuzione dell’opera sotto la direzione del committente, che gli corrisponde una somma fissa ed una invariabile (c.d. Regia semplice) o una percentuale dell’importo dei lavori (c.d. Regia cointeressata).

Differenze con altri contratti

Poiché non ogni contratto che ha per oggetto il compimento di un’opera o di un servizio può

essere definito appalto, ai fini della disciplina applicabile si pone il problema di differenziare l’appalto da figure contrattuali simili o idonee a raggiungere analoghi risultati pratici. Punto di riferimento per la differenziazione è la presenza o meno degli elementi caratteristici

essenziali dell’appalto indicati sopra. Ad esempio nei casi in cui la prestazione dell’appaltatore consista sia in un dare, sia in un fare, si ha appalto quando la prestazione della materia costituisce un mezzo per produrre

l’opera ed il lavoro è lo scopo essenziale del negozio (Cass. Civ., sent. n. 3807 del 30.03.95).

Lavoro subordinato

L’appalto si differenzia dal contratto di lavoro subordinato con riferimento al vincolo di subordinazione, che è essenziale in quest’ultima fattispecie ed incompatibile con il carattere imprenditoriale, l’autonomia dell’organizzazione e la gestione a proprio rischio tipici dell’attività dell’appaltatore.

Cottimo autonomo

Nel cottimo autonomo manca l’elemento dell’impresa. L’eventuale organizzazione riguarda soltanto la regolamentazione della materiale esecuzione del lavoro.

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Come distinguere l’appalto dalla compravendita e dalla somministrazione

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Le differenze con il contratto di compravendita

Vendita di cosa futura

La distinzione tra appalto e vendita di cosa futura si basa su

due elementi: la volontà dei contraenti ed il raffronto fra il

valore della materia (prestazione di dare) ed il valore della

prestazione d’opera (prestazione di fare).

È appalto il contratto in cui l’opera prevale sulla materia, ossia

il contratto in cui la materia costituisce solo un mezzo per

produrre l’opera, mentre il lavoro costituisce l’elemento

essenziale del negozio1.

È invece vendita di cosa futura il contratto in cui il bene

trasferito rientra nella produzione di serie del venditore ed in

cui le eventuali modifiche rispetto al prodotto di serie

consistono in accorgimenti marginali e secondari diretto ad

adattare il bene alle specifiche esigenze del destinatario.

Dalla giurisprudenza si possono ricavare i seguenti principi.

Quando l’appaltatore fornisce i materiali, se ciò costituisce un semplice mezzo per produrre l’opera ed il lavoro è lo scopo del negozio, può

ben dirsi che trattasi di contratto d’appalto; se invece, il lavoro è il mezzo per trasformare la materia e conseguire il bene è il vero scopo del

contratto, tale contratto è una vendita

(Cass. Civ., sent. n. 11602 del 02.08.05);

il trasferimento della proprietà di un’area in

cambio di un fabbricato (o di parte di esso) da erigere sull’area medesima a cura e con i mezzi del cessionario costituisce un contratto misto di

vendita – appalto quando la costruzione del fabbricato è stata al centro della volontà negoziale e la cessione dell’area abbia costituito soltanto il

mezzo per conseguire detto obiettivo primario

(Cass. Civ., sent. n. 5322 del 29.05.98;

Cass. Civ., sent. n. 2952 del

11.03.1993);

l’accordo per realizzare mobili su misura dietro

pagamento di un corrispettivo è un appalto e non una vendita di cosa futura, considerate la prevalenza dell’elemento lavoro sulla materia

prima utilizzata, nonché la specificità della commissione relativa a mobili non prodotti in serie

(App. Roma, 01.06.1999);

1 (Cass. Civ., 02.08.2002, n. 11602; Cass. Civ., 21.05.2001, n. 6925; Cass. Civ., 21.06.2000, n. 8445)

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il contratto con cui una parte si impegna a fornire

prodotti che devono corrispondere ad un campione

tipo fornito dal compratore, è un appalto e non una

vendita (è prevalente la prestazione lavorativa

diretta alla trasformazione della materia)

(Trib. Roma 02.10.2001).

Subappalto

Per l’esecuzione dell’opera o del servizio l’appaltatore può

ricorrere alla collaborazione di un’altra impresa a cui delegare

il compimento di una parte o dell’intera prestazione

avvalendosi dello strumento del subappalto, contratto di

secondo grado o subcontratto che per la sua natura derivata

risulta condizionato dalle vicende del contratto principale di

appalto (se viene meno il contratto di appalto, viene meno

anche quello di subappalto).

Il contratto di subappalto conserva però una sua autonomia

per cui l’applicazione delle clausole dell’appalto al subappalto

non è automatica, ma rimessa alla volontà dei contraenti: le

parti del subappalto possono, pertanto, stabilire prezzi e

termini di esecuzione e consegna diversi da quelli del

contratto principale2.

Le differenze con il contratto di somministrazione

Somministrazione

L'art. 29 D.Lgs. n.276/03 distingue dalla somministrazione il contratto d'appalto, disponendo che quest'ultimo si differenzia dal primo in quanto l'appaltatore provvede alla organizzazione dei mezzi necessari all'appalto stesso. La norma precisa che l'organizzazione dei mezzi può anche risultare, in relazione alle esigenze dell'opera o del servizio appaltato, dall'esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratore utilizzati nell'appalto, nonché per l'assunzione, da parte dell'appaltatore, del rischio d'impresa. Ciò significa che l'appalto di servizi deve necessariamente caratterizzarsi per la fornitura di un qualcosa in più, che non può consistere nella semplice direzione dei lavori e che determina la sussistenza di una soglia minima di imprenditorialità dell'appaltatore: come si è visto, infatti, la norma dispone che in ogni caso quest'ultimo deve assumersi il rischio d'impresa.

2 (Cass. Civ., 24.7.2000, n. 9684; Cass. Civ., 29.04.1999, n. 5237).

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Come distinguere l’appalto dalla compravendita e dalla somministrazione

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In altri termini, l'attività organizzativa non può esaurirsi nell'assunzione, gestione amministrativa e direzione dei lavoratori, né nell'assunzione da parte dell'appaltatore del

solo rischio relativo alle vicende dei rapporti di lavoro. Piuttosto, l'appalto genuino presuppone che l'organizzazione e la direzione dei lavoratori coinvolti siano espressione di un

vero imprenditore, che utilizzi in piena autonomia un preciso e identificabile patrimonio di conoscenze, esperienze, professionalità del quale il committente sia privo. In tal

senso, assumono per esempio rilevanza l'attività di selezione e formazione del personale impiegato, o la regolarizzazione dei lavoratori dell'appalto, o il rispetto delle norme di

sicurezza sul lavoro e prevenzione degli infortuni.

Disamina di casi specifici

Esempio A Un’impresa di costruzione e/o di ristrutturazione (titolare della relativa licenza amministrativa) affida a diversi artigiani l’effettuazione dei lavori di completamento delle diverse unità immobiliari (idraulico per quanto riguarda gli impianti, elettricista, falegname per i serramenti, ecc). L’impresa stipula preliminari di vendita e, quindi, i beni e/o i lavori sono eseguiti direttamente a carico del promissario acquirente. Nella pratica i rapporti tra questi soggetti (costruttore, artigiani e promissari acquirenti) possono essere tra i più svariati.

Caso 1 L’artigiano – unitamente alla prestazione d’opera - fornisce egli stesso il bene (ferramenta, sanitario, lampadari) da inserire nell’unità immobiliare. Nella soluzione del caso non può prescindersi dalla seguente considerazione: l'elemento distintivo dei due contratti (appalto e contratto di prestazione d’opera) è costituito dalla prevalenza dell'attività lavorativa personale dell'esecutore dell'opera rispetto alla organizzazione del lavoro, prevalenza altrettanto esclusa nel contratto d'appalto. L'autonomia nella organizzazione del lavoro accomuna le due figure contrattuali ora individuate (contratto di appalto e contratto di prestazione d’opera); li distingue invece dal rapporto di lavoro subordinato nel quale il prestatore di lavoro subordinato (art. 2094 Codice civile) si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore. Nel caso previsto al n. 1, quindi, laddove la prestazione d’opera fornita dall’artigiano assuma figura prevalente rispetto alla mera vendita del bene fornito, attraverso l’esecuzione personale della prestazione, potrà aversi il contratto di prestazione d’opera professionale anziché di vendita.

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Caso 2 L’artigiano esegue unicamente i lavori di installazione in quanto il bene (sanitario, ferramenta, lampadari) viene a lui fornito direttamente dal costruttore

Caso 3 L’artigiano esegue unicamente i lavori di installazione in quanto il bene (sanitario, ferramenta, lampadari) viene a lui fornito direttamente dal promissario acquirente dell’immobile. La prevalenza del lavoro dell’artigiano rispetto al bene fornito, vuoi che la fornitura provenga direttamente dal costruttore, vuoi che provenga dal promissario acquirente induce a ritenere la sussistenza di un contratto di prestazione d’opera professionale anziché di vendita Caso 4 Il promissario acquirente si rivolge direttamente ad una impresa che vende pavimenti, la quale procede anche ad effettuare la posa del pavimento stesso. In tale caso potrebbe ipotizzarsi la sussistenza di un contratto di compravendita tra le parti, avuto riguardo alla prevalenza del valore del bene compravenduto e alla mera opera di installazione (posa in opera) del bene compravenduto da parte del prestatore d’opera.

Va da sé che in tutti i casi ora citati, nei quali si è individuata la sussistenza del contratto di prestazione d’opera personale rispetto alla compravendita, laddove dovesse verificarsi la

prevalenza dell’organizzazione dei mezzi di impresa sull’aspetto personale della prestazione d’opera si realizzerà un contratto di appalto anziché un contratto di prestazione d’opera. In dottrina si è sostenuto che il contratto d’opera presuppone che il contraente (e l’esempio

più comune è costituito dal lavoro artigianale, ex art. 2083 cc) impieghi prevalentemente il lavoro proprio e dei componenti della propria famiglia3. La giurisprudenza in proposito ha costantemente posto l’accento sulla necessità di riscontro

del primato del facere rispetto al dare, avendo contemporaneamente riguardo alla comune volontà delle parti in ragione del risultato che le stesse hanno voluto conseguire: nel contratto d’opera viene in evidenza lo scambio tra opus e corrispettivo per la produzione

stessa dell’oggetto commissionato, ovvero il momento dell’esecuzione personale (Cass. Civ., 8445/2000; Cass. Civ., 14209/99; Cons. St. 596/99).

“(...) : ai fini della differenziazione tra i contratti di appalto e vendita, quando alla prestazione di fare caratterizzante l'appalto, si affianchi anche a quella di dare, caratterizzante la vendita (come nella ipotesi in cui i materiali siano forniti dallo stesso appaltatore), si deve avere riguardo alla prevalenza o meno del lavoro sulla materia, da considerarsi, però, non in senso oggettivo, ma in relazione alla volontà dei contraenti, al fine di accertare, nei singoli casi, se la somministrazione della materia sia un semplice mezzo per la produzione dell'opera ed il lavoro lo scopo del negozio (appalto) oppure se il lavoro sia il mezzo per la trasformazione della materia ed il conseguimento della cosa si configuri invece come l'effettiva finalità del negozio medesimo (vendita)” (Cass. civ., sez. II, 02/08/2002, n.11602)

3 (Giannattasio, L’appalto, in Tratt. Cicu-messineo, Milano, 1967, 19; Moscarini, L’appalto, in Tratt. Rescigno, 11 Torino, 1984, 709: Rubino, Iudica, Dell’appalto, in Comm. Scialoja – Branca, sub artt. 1655 – 1677 cc, Bologna – Roma, 1992, 26; ampiamente Mangini, Iacuaniello, Brugi, Il contratto di appalto, in Giursist. Bigiavi, Torino, 1997, 22)

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Come distinguere l’appalto dalla compravendita e dalla somministrazione

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In definitiva, può dirsi che laddove la posa in opera della materia acquistata sia soltanto una prestazione accessoria rispetto alla vendita si configura un contratto di acquisizione di beni.

Esempio B Con riferimento ai casi analizzati in precedenza, si ipotizzi invece che sia un privato/impresa proprietario dell’immobile che commette da un impresa di costruzione e/o di ristrutturazione e lavori su un immobile e quest’ultima affidi ad altri artigiani (idraulico, elettricista, ecc) la realizzazione di alcuni lavori. In questo caso il provato/impresa assume la veste del committente mentre l’impresa di costruzione/ristrutturazione quella dell’appaltatore.

Le considerazioni sopra riportate non appaiono destinate a mutare nella situazione descritta all’es. B: invero, l’attività dell’artigiano in quanto svolta personalmente, con una propria organizzazione e autonomamente deve essere inquadrata nel contratto di prestazione

d’opera ex art. 2222 cc prescindendo dalla provenienza dell’incarico sia esso appaltatore o proprietario committente4. Infine, laddove fosse concluso un contratto di appalto nulla vieterebbe che l’appaltatore (che

diventa sub appaltante o sub committente) possa affidare l’esecuzione dell’opera o di singole parti di essa ad un sub appaltatore, il quale svolge la propria prestazione in condizioni di autonomia imprenditoria o quale libero professionista.

Si noti che il committente principale rimane estraneo al contratto di subappalto anche quando lo abbia autorizzato, non acquistando diritti nè assumendo obblighi verso il subappaltatore (Cass. 11.08.1990, n. 8202), nè il committente ha alcuna azione diretta nei

confronti del sub appaltatore. Quest’ultimo, a sua volta, non ha alcuna azione diretta nei confronti del committente per ottenere il pagamento del corrispettivo della prestazione oggetto del subappalto ( v. in ogni

caso art. 1676 c.c. ad oggetto i diritti degli ausili dell’appaltatore verso il committente).

4 (per ragioni di completezza, si segnala quella minoritaria giurisprudenza di legittimità in virtù della quale l’attività posta in essere dall’artigianato – se espletata con mezzi e risorse da far ritenere prevalente l’organizzazione dei detti beni sul lavoro personale - possa rientrare tout court nella fattispecie dell’appalto, Cass. Civ., 8.03.1990 n. 1856).

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IL CONTRATTO DI APPALTO FRA PRESTAZIONE DI SERVIZI E CESSIONE DI BENI a cura di Stefano Chirichigno e Alberto Santi*

La linea di demarcazione fra cessioni di beni e prestazioni di servizi, per quanto attiene all’aspetto eminentemente oggettivo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, non è sempre individuabile con chiarezza sulla base dei criteri generali, tracciati sia dall’ordinamento nazionale che da quello comunitario. La riconducibilità di una fattispecie concreta nell’una o nell’altra categoria, d’altro canto, non determina conseguenze di ordine soltanto formale, ma comporta - per taluni aspetti - significative difformità di trattamento. Per quanto il legislatore

abbia provveduto, «ex se», a risolvere un certo numero di casi dubbi, la pratica commerciale propone talvolta figure negoziali che presentano - in inseparabile commistione - i connotati tipici di entrambe. Ciò avviene, tipicamente, nell’appalto e nei contratti similari,

relativamente ai quali non è possibile addivenire ad una soluzione qualificatoria univoca. La tematica concernente la corretta qualificazione delle operazioni rilevanti ai fini dell’applicazione dell’IVA, nell’ambito della tradizionale dicotomia tra «cessioni di beni» e

«prestazioni di servizi», fornisce ampio materiale di discussione agli operatori del diritto tributario, in relazione alle molteplici fattispecie che difficilmente possono essere ricondotte, con chiarezza, all’una o all’altra categoria.

La giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità europee fornisce alcuni esempi di situazioni variamente controverse al riguardo5, testimoniando così le notevoli incertezze che le peculiarità dei singoli casi possono in concreto alimentare, le quali giustificano il ricorso del legislatore

all’elencazione puntuale di una serie di ipotesi assimilate, altrimenti di dubbia collocazione. In tale contesto, si pone la questione qualificatoria - un tempo particolarmente avvertita, a motivo della sperequazione di aliquota applicabile alla figura negoziale della fornitura-

appalto, piuttosto che a quella della fornitura-vendita, imperniata sulle previsioni agevolative del soppresso art. 79 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 6336 - delle operazioni che recano congiuntamente i connotati oggettivi di entrambe le tipologie anzidette, cioè quelle che, pur

contemplando l’effettuazione di spesso articolate prestazioni di servizi, presentano numerosi punti di contatto con le cessioni, in quanto determinano comunque l’acquisizione di beni materiali o immateriali7. Si tratta di un aspetto che, nonostante tutto, mantiene sicuri profili

di interesse, non essendo l’indagine concernente l’oggetto dell’operazione rilevante ai fini IVA (quale finalizzata a ricondurre alternativamente la stessa nell’alveo delle cessioni di beni o delle prestazioni di servizi) foriera di conseguenze di ordine soltanto formale. Basti pensare,

in proposito, ai diversi criteri delineati dal legislatore circa l’indi- viduazione del momento in cui diviene esigibile l’imposta, la verifica del presupposto territoriale dell’operazione, la sua concorrenza alla formazione del cd. plafond per gli esportatori abituali, la rilevanza delle

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto dal “Corriere Tributario” n. 29 del 2006 5 Si vedano, fra le altre, la sentenza 8 febbraio 1990, causa C-320/88, «Shipping and Forwarding Enterprise»; la sentenza 7 marzo2002, causa C-169/00, «Commissione delle Comunità europeec. Repubblica di Finlandia» e la sentenza 6 febbraio 2003, causaC-185/01, «Auto Lease», in Banca Dati BIG, IPSOA. 6 Su cui vedasi G. Mandò e D. Mandò, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, IPSOA, 2005, pag. 371. 7 Cfr. L. Granelli, «Vendita ed appalto nell’Iva: la progressiva riduzione delle divergenze tra cessioni di beni e prestazioni di servizi », in Boll. trib., 1997, pag. 1393.

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Il contratto di appalto fra prestazione di servizi e cessione di beni

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ipotesi di autoconsumo esterno, la necessità o meno di porre in essere taluni adempimenti di carattere strumentale (come, ad esempio, la compilazione dei modelli riepilogativi delle operazioni intracomunitarie), ecc.8.

Con le brevi riflessioni che seguono, ci si intende essenzialmente focalizzare su quei rapporti negoziali che, integrando la figura del contratto di appalto, ai sensi dell’art. 1655 c.c., risultano precipuamente connotati dalla circostanza per cui una parte assume il compimento

di un’opera per conto dell’altra, organizzando i mezzi necessari senza l’impiego di materie prime o beni forniti dalla controparte, con l’effetto che - al termine della realizzazione - quest’ultima diviene proprietaria del manufatto.

Quadro normativo di riferimento

I termini della questione che qui occupa sfuggono ad una puntuale definizione, anche a causa di una non perfetta omogeneità - quanto meno sotto il profilo letterale - della

disciplina domestica di riferimento, rispetto alla pertinente normativa sovranazionale9. In particolare, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano il trasferimento della proprietà, ovvero la

costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere, mentre il successivo art. 3 definisce prestazioni di servizi le operazioni rese verso corrispettivo in dipendenza di contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia,

mediazione, deposito e in genere di obbligazioni di fare, di non fare e di permettere. Viceversa, il legislatore comunitario, all’art. 5, n. 1, della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE (cd. VI direttiva), dispone che debba considerarsi «cessione di un bene il

trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario», mentre il successivo art. 6, n. 1, della stessa definisce, in via del tutto residuale, prestazione di servizi «ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’articolo 5».

Appare evidente che, mentre il legislatore nazionale sembra ancorarsi, con riferimento a taluni contratti tipici (tra cui l’appalto), alla relativa qualificazione civilistica, l’ordinamento comunitario riconduce nel novero delle cessioni di beni ogni operazione che comporti il

trasferimento della proprietà di un bene, prescindendo, in tal modo, dal negozio giuridico utilizzato per raggiungere i suddetti risultati10; sicché risulta necessario considerare gli effetti economici conseguiti per mezzo di tale negozio11.

8 Per tutti, cfr. P. Centore, «Il presupposto oggettivo delle operazioni Iva», in Corr.Trib. n. 9/2001, pag. 664;A. Comelli, Iva comunitaria e Iva nazionale. Contributo alla teoria generale dell’imposta sul valore aggiunto, Padova, 2000, pagg. 522-523; L. Castaldi, «Le operazioni imponibili», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, diretta da F.Tesauro,Torino, 2001, pagg. 41-42, ove ulteriori riferimenti bibliografici. 9 Su cui, già R. Barr, «Comparison between the EC Sixth Vat Directive and the Italian Vat Law», in Vat Monitor n. 1/1992, pagg. 5-6. 10 Cfr. P. Centore, Iva comunitaria. Aspetti interpretativi e applicativi, IPSOA, 2001, pag. 122. In particolare, l’Autore rileva come il legislatore nazionale nella identificazione delle «cessioni di beni» risulti inevitabilmente influenzato dagli schemi e dalle strutture della tradizione civilistica, mentre «il legislatore comunitario ha invece inteso considerare «cessione di beni» non solo l’operazione in cui si verifichi il trasferimento del diritto di proprietà (o di altro diritto reale di godimento, come dichiarato nella formulazione dell’art. 2, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972), ma piuttosto del potere di disporre di un bene come proprietario». 11 Cfr. P. Maspes, «La disciplina degli scambi intracomunitari», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, cit., pag. 911.

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La Corte di giustizia delle Comunità europee ha avuto occasione di chiarire tale approccio interpretativo fin dalla sentenza 8 febbraio 1990, causa C- 320/88, «Shipping and Forwarding Enterprise», punti 7 e 812, a tenore della quale, dal testo del richiamato art. 5 della VI

direttiva risulta che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte, che autorizza

l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario. La finalità della VI direttiva, infatti, potrebbe essere seriamente compromessa qualora la constatazione della sussistenza di un’operazione imponibile - nella specie di una cessione di beni - fosse soggetta

alla realizzazione di condizioni che variano da uno Stato membro all’altro, come avviene per quelle relative al trasferimento di proprietà in diritto civile. Difformità nel dettato normativo nazionale e comunitario di riferimento Orbene, la riscontrata difformità nel dettato normativo nazionale e comunitario di riferimento deve essere risolta facendo ricorso all’ormai consolidato principio di «interpretazione conforme»,

in ottemperanza al quale gli Stati membri, nell’adottare i provvedimenti attuativi delle direttive comunitarie, devono strutturare ed interpretare le norme interne conformemente alla norma sovranazionale, in modo tale da perseguire il risultato voluto da quest’ultima.

In ultima istanza, se la norma interna non è suscettibile di interpretazione conforme e si pone in contrasto con quella comunitaria, sarà comunque quest’ultima a dover essere applicata13. In siffatta prospettiva - ed in base ad un attento esame della tecnica di redazione legislativa

- emerge che la definizione di «prestazione di servizi», quale presupposto oggettivo del tributo, risulta costituita in realtà di due parti, delle quali la prima costituisce un’elencazione di carattere esemplificativo (vale a dire, i contratti tipici menzionati dall’art. 3, primo comma,

del D.P.R. n. 633/1972), avente sostanzialmente l’unico scopo di agevolare la comprensione della seconda (rappresentata dalla locuzione «prestazioni verso corrispettivo dipendenti da … obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte»), che presenta, invero,

un evidente carattere residuale, essendo tesa a ricomprendere tutto ciò che non ricade nell’ambito dell’art. 2 del D.P.R. n. 633/197214. Si può quindi affermare che, anche nella disciplina domestica, non esiste una vera e propria

definizione di prestazione di servizi, ma i tratti della stessa devono essere individuati esclusivamente sulla base di precisi effetti giuridici degli atti posti in essere, in relazione alla cessione di beni.

Stante il descritto scenario normativo comunitario ed interno, dovendo individuare il corretto inquadramento ai fini IVA di una determinata fattispecie negoziale, appare imprescindibile

12 Ma il concetto è stato ulteriormente ribadito dalle sentenze citate alla precedente nota 1. 13 La Corte di giustizia (ad esempio, nella sentenza 13 marzo 1997, causa C-358/95, «Morellato c. USL Pordenone») ha affermato, infatti, che in «presenza di disposizioni di diritto nazionale contrastanti col diritto comunitario, è giurisprudenza costante che il giudice nazionale ha l’obbligo di garantire la piena efficacia del diritto comunitario disapplicando, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale». 14 Analogamente si esprimono P. Centore, «Qualificazione delle operazioni: le prestazioni di servizi», in Corr.Trib. n. 19/2001, pag. 1418; Id., «Il presupposto oggettivo delle operazioni Iva», cit., loc. cit., pag. 664; A. Comelli, Iva comunitaria e Iva nazionale. Contributo alla teoria generale dell’imposta sul valore aggiunto, cit., pag. 548; L. Castaldi, «Le operazioni imponibili», cit., loc. cit., pag. 42, la quale ultima richiama anche la risoluzione 24 febbraio 1982, n. 332663, in Banca Dati BIG, IPSOA.

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Il contratto di appalto fra prestazione di servizi e cessione di beni

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un’attenta analisi (i) tesa ad accertare la reale natura dell’operazione posta in essere, (ii) che non resti ancorata all’eventuale possibilità di ricondurre il rapporto tra i contratti tipici menzionati dall’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, non deve stupire che - in

alcuni casi - risulti oltremodo complesso qualificare un’operazione nel novero delle cessioni di beni, piuttosto che in quello delle prestazioni di servizi, come potrebbe, infatti, avvenire in presenza di contratti di appalto, o negozi ad esso affini, quanto alla sostanza.

Con specifico riferimento a questi ultimi, nel tentativo di alleviare le relative incertezze qualificatorie, la prassi amministrativa ha tentato di elaborare una serie di criteri atti a distinguere l’uno dall’altro caso, secondo un percorso evolutivo che ha risentito degli

inevitabili influssi scaturenti dalla progressiva elaborazione giurisprudenziale15. Nella sostanza, l’elemento dirimente attiene all’indagine della specifica volontà delle parti contraenti e, segnatamente, se le stesse hanno inteso attribuire un rilievo preminente al

mero trasferimento di beni, ovvero alla fase realizzativa di un’opera e, per tale via, all’aspetto della lavorazione imprenditoriale. In quest’ottica, di natura eminentemente soggettiva, i connotati oggettivi dell’operazione

dovrebbero pertanto assurgere a semplici elementi rivelatori delle reali intenzioni dei contraenti, ed in questo senso dovrebbe quindi essere valutato il tradizionale parametro, risiedente nella riconducibilità o meno dei beni oggetto di trasferimento a quelli

ordinariamente prodotti dall’impresa16. Spunti per una qualificazione alternativa del contratto di appalto

Nel senso appena riferito - nonostante la suddetta esplicita inclusione nell’elenco dei contratti

nominati da cui scaturiscono prestazioni di servizi, contenuto nella prima parte dell’art. 3, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972 - non può escludersi a priori, dunque, la possibilità che un contratto civilisticamente inquadrabile fra quelli d’appalto sia qualificabile, ancorché con

limitato riferimento all’IVA (in presenza delle sopracitate condizioni), fra quelli atti a determinare una cessione di beni. E ciò, per quanto detto, in virtù della sua idoneità a realizzare il trasferimento della proprietà del bene17.

Tale approccio interpretativo è stato avallato anche dall’Amministrazione finanziaria, seppur in termini non altrettanto espliciti, allorché - nel commentare le modifiche alla disciplina delle cessioni all’esportazione, di cui all’art. 8 del D.P.R. n. 633/1972, introdotte con il D.P.R. 29

gennaio 1979, n. 24 ed il successivo D.P.R. 31 marzo 1979, n. 94 - è stato precisato che devono considerarsi cessioni «le consegne all’estero di beni anche in dipendenza di contratti

15 Cfr. principalmente, da un lato, risoluzione 5 luglio 1976, n. 36009; circolare 7 luglio 1977, n. 37/361546; risoluzione 9 febbraio 1982, n. 334359, tutte consultabili in Banca Dati BIG, IPSOA; e dall’altro, Comm. trib. centr., Sez. XI, 12 marzo 1990, n. 1911, in Corr. Trib. n. 23/1990, pag. 1602; Id., Sez. XV, 16 aprile 1996, n. 1706, ivi n. 1/1997, pag. 48. 16 Per una visione d’insieme circa l’evoluzione subita dall’interpretazione amministrativa e giurisdizionale nel senso indicato nel testo, si fa rinvio a G. Mandò e D. Mandò, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, cit., pag. 384-385, oltre che al lucido intervento di L. Granelli, «Vendita ed appalto nell’Iva: la progressiva riduzione delle divergenze tra cessioni di beni e prestazioni di servizi», cit., pagg. 1393-1394. 17 In dottrina, possono rinvenirsi autorevoli voci che - sin dalla nascita del tributo - ebbero a sostenere l’irrilevanza della figura negoziale e l’attenzione che deve essere posta agli effetti sulla disponibilità del bene, per qualificare un’operazione come cessione (ai fini IVA), in quanto atto a titolo oneroso che comporta il trasferimento della proprietà. Cfr. A. Fantozzi, «Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto», in Dir. prat. trib., 1972, I, pag. 735.

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di appalto, limitatamente al corrispettivo dei beni esportati»18. L’interpretazione è stata sollecitata dalla circostanza che l’art. 8, primo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972 riconduce testualmente alle esportazioni «le cessioni, anche tramite cessionari, eseguite

mediante trasporto o spedizione di beni fuori del territorio della Comunità economica europea, a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi»; di talché, se si vuole riconoscere la non imponibilità

anche per le prestazioni dedotte in contratti di appalto, è necessario sottintendere una loro assimilazione alle cessioni (nel senso che a tale termine conferisce la disciplina IVA e, evidentemente, ai soli fini di detto tributo).

Più recentemente19, si è fatto espresso riferimento alla figura negoziale dell’«appalto-fornitura », come ipotesi di contratto di appalto qualificabile ai fini IVA alla stregua di una cessione di beni, desumibile dalla relativa definizione contenuta nella normativa comunitaria.

Siffatto orientamento risulta altresì confermato da pronunce giurisprudenziali, sia pur episodiche. Valga, per tutte, la decisione della Commissione tributaria di I grado di Udine, Sez. VI, 22 giugno 1990, n. 98420, secondo cui si deve dedurre «che il «contratto di appalto»

che l’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972 annovera tra le prestazioni di servizi, va considerato invece, limitatamente ai corrispettivi relativi ai beni esportati, come “cessioni all’esportazione”». Modifiche alla disciplina domestica degli scambi intracomunitari Ulteriori appigli alla proposta ricostruzione si rinvengono - per così dire a contrariis - dalle modifiche apportate alla disciplina domestica degli scambi intracomunitari, in recepimento

della direttiva 10 aprile 1995, n. 95/7/CEE, di integrazione della VI direttiva, ove si prevede che per «“consegna di un lavoro eseguito in base ad un contratto d’opera” si intende la consegna da parte del prestatore d’opera al suo cliente di un bene mobile che ha prodotto o

assemblato utilizzando materiali o oggetti affidatigli dal cliente a tal fine, indipendentemente dal fatto che il prestatore abbia fornito o meno una parte dei materiali utilizzati» (testo inserito nell’art. 28, par. 2, lett. h, della VI direttiva), e si qualificano così le operazioni

descritte come prestazioni di servizi. A tal riguardo, occorre rammentare che - antecedentemente a dette modifiche - l’art. 5, par. 5, della VI direttiva attribuiva ai singoli Stati membri la facoltà di qualificare come cessioni di

beni, piuttosto che come prestazioni di servizi, i trasferimenti di beni in conseguenza di contratti d’opera, per i quali il prestatore utilizzasse prevalentemente materiali forniti dal committente. La direttiva n. 95/7/CEE ha disconosciuto tale opzione, considerando a tutti gli

effetti le cennate operazioni alla stregua di prestazioni di servizi.

18 C.M. 3 agosto 1979, n. 26/411138, in Banca Dati BIG, IPSOA. I medesimi concetti sono stati successivamente ripresi dalle risoluzioni 4 gennaio 1980, n. 412178, in Banca Dati BIG, IPSOA; 9 luglio 1980, n. 421221, ivi; 12 febbraio 1981, n. 370085, ivi; 4 luglio 1984, n. 405919, ivi; 6 ottobre 1987, n. 416907, in Corr. Trib. n. 43/1987, pag. 2952; 18 febbraio 1992, n. 500462, ivi n. 25/1992, pag. 1851. 19 Si vedano, al riguardo, le risoluzioni 18 febbraio 1992, n. 500462, cit. alla nota precedente, e 26 maggio 2000, n. 72/E/2000/ 112135, in Banca Dati BIG, IPSOA. 20 In Corr.Trib. n. 42/1990, pag. 2985; la pronuncia è chiaramente ispirata dalla prassi amministrativa sopra citata. Analogamente, cfr. Comm. trib. I gr. Lucca, Sez. III, 28 marzo 1996, n. 420, in Boll. trib., 1996, pag. 1400.

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Il contratto di appalto fra prestazione di servizi e cessione di beni

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Trasferimenti di beni in conseguenza di contratti d’opera assimilati alle cessioni di beni Al contempo, può dirsi implicitamente confermata la qualificazione dei trasferimenti di beni in conseguenza di contratti d’opera, per cui il prestatore abbia impiegato materiali dallo stesso

reperiti, relativamente ai quali - pertanto - deve ritenersi perdurare l’assimilazione alle cessioni di beni21. Tale considerazione è stata avallata dal Ministero delle finanze, a mezzo della propria

circolare 10 giugno 1998, n. 145/E/1998/52505, cap. 322, il quale dopo aver escluso «dalla nozione di operazione assimilata a cessione intracomunitaria e ad acquisto intracomunitario la consegna di beni sottoposti a lavorazione in dipendenza di contratti d’opera, d’appalto e

simili, con l’utilizzo di tutto o in parte di materie prime o beni spediti o forniti dal committente o da terzi per suo conto», ragion per cui «dette operazioni, pertanto, sono adesso da qualificare come prestazioni di servizi», afferma che non muta la «classificazione giuridica» dell’operazione -

vale a dire l’assimilazione alle cessioni di beni - se non ricorrono dette condizioni (la circolare, invero con lettura estensiva, applica il medesimo trattamento al caso in cui i materiali forniti dal committente siano «beni di scarso valore», rispetto al prodotto finito)23.

Considerazioni conclusive

Da tutto quanto precede emerge con chiarezza come non sia possibile approdare ad una soluzione univoca della problematica di ordine qualificatorio a cui sono dedicate le presenti

considerazioni. Ed i risultati conseguiti divergono a motivo di elementi che non sembrano sempre connaturati all’effettivo oggetto, ovvero agli effetti giuridici od economici che scaturiscono dalle operazioni in parola. Pare, cioè, che la nostra Amministrazione finanziaria

sia stata quasi vincolata a «rettificare» (parzialmente) il dato normativo di riferimento - il quale riconduce, tout court, l’appalto al novero delle prestazioni di servizi, sia pure con le specificazioni di cui all’art. 40, comma 4-bis, del D.L. 30 agosto 1993, n. 33124, in caso di

committenti identificati in altri Stati membri dell’UE - laddove il prestatore nazionale abbia a che fare con controparti non residenti. Giusto per richiamare quella che pare la più eclatante fra le conseguenze derivanti dalla

predetta confliggente qualificazione, la medesima operazione soggiace a termini di fatturazione diversi, a seconda che i beni realizzati in appalto siano o meno destinati all’estero, ovvero (per gli appalti, per così dire, intracomunitari) a seconda che la lavorazione

sia eseguita su beni forniti a cura del committente. D’altro canto, raffrontata con quella degli altri ordinamenti comunitari, la situazione italiana - che impone agli operatori una difforme considerazione dell’appalto, a seconda della 21 Anteriormente alle modifiche apportate al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 per effetto del recepimento della direttiva richiamata nel testo, così si esprimeva A. Torence, «Lavorazioni intracomunitarie di beni», in Corr.Trib. n. 31/1993, pag. 2090. 22 In Corr.Trib. n. 27/1998, pag. 2049. 23 Alle medesime conclusioni giunge anche l’Assonime con la circolare 17 dicembre 1997, n. 114 e la successiva circolare 14 luglio 1998, n. 67. In dottrina, si vedano anche F. Santoro, «Lavorazioni comunitarie su beni mobili», in il fisco, 1997, pag. 12025; P. Maspes, «La disciplina degli scambi intracomunitari», in AA.VV., L’imposta sul valore aggiunto. Giurisprudenza sistematica di diritto tributario, cit., pag. 911; P. Centore, Iva europea. Aspetti interpretativi ed applicativi dell’Iva nazionale e comunitaria, IPSOA, 2006, pagg. 465-466. 24 Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

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destinazione dei beni in base ad esso risultanti, e in certi casi, addirittura, richiede di «frazionare» l’operazione nelle sue componenti idealmente riconducibili, rispettivamente, alle cessioni ed alle prestazioni - appare in tutta la sua singolare unicità (fatta eccezione,

ovviamente, per le lavorazioni comunitarie). Laddove in un buon numero di Stati membri le figure negoziali che regolamentano la lavorazione su beni propri, destinati a costituire la porzione essenziale dell’opera commessa,

sono reputate determinare una cessione di beni (così in Austria, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo), in altri casi l’aspetto che si risolve nella prestazione del servizio assume connotato dominante, tanto da qualificare l’intera operazione (ciò avviene in Belgio,

Danimarca, Finlandia, Grecia, Lussemburgo).

NORME A CONFRONTO

Difforme definizione del presupposto oggettivo

Per il legislatore comunitario integra:

• la cessione di un bene il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale

come proprietario;

• la prestazione di un servizio ogni operazione che non costituisce cessione di un bene.

Per il legislatore nazionale integra:

• la cessione di un bene l’atto a titolo oneroso che importa il trasferimento della

proprietà, ovvero la costituzione o il trasferimento di un diritto reale di godimento su

beni di ogni genere;

• la prestazione di un servizio ogni prestazione verso corrispettivo dipendente da

obbligazioni di fare, non fare e permettere. NORME A CONFRONTO LA PRASSI AMMINISTRATIVA

Criteri distintivi dell’appalto rispetto alla compravendita

Secondo quanto affermato dall’Amministrazione finanziaria con la R.M. n. 36009 del 1976, gli

elementi caratterizzanti il contratto di appalto devono essere ricercati sulla

prevalenza del «fare» sul «dare» e, in particolare, deve desumersi dalle clausole

contrattuali se la volontà delle parti ha voluto dare maggior rilievo al trasferimento di

un bene o al processo produttivo di esso.

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APPALTI E SUBAPPALTI: LA RESPONSABILITA’ SOLIDALE a cura di Giovanni Valcarenghi*

Nell’ambito di un processo finalizzato25:

• ad incrementare il livello di adempimento degli obblighi fiscali, previdenziali ed

assicurativi;

• a migliorare le garanzie, per gli enti impositori e previdenziali, di riscossione dei propri crediti;

il decreto legge 223/2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 4 agosto

2006, ha previsto specifiche misure volte ad evitare che l’utilizzo dei contratti di appalto e

subappalto possano divenire uno strumento finalizzato all’evasione fiscale e contributiva.

Nel prosieguo, richiamando di volta in volta i commi interessati (proposti nei box a fondo

grigio) si fornisce una analisi ragionata delle disposizioni introdotte, cercando di svolgere

alcuni ragionamenti di carattere pratico operativo al riguardo.

Nell’ambito dell’articolo 35 del provvedimento, titolato Misure di contrasto all’evasione ed all’elusione fiscale, viene previsto che:

PRINCIPIO GENERALE

28. L'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore della effettuazione e del

versamento delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dei

contributi previdenziali e dei contributi assicurativi obbligatori per gli infortuni sul lavoro e le

malattie professionali dei dipendenti a cui è tenuto il subappaltatore.

Dalla relazione al provvedimento, appare chiaro che la novità è volta a rimediare ad una

situazione in cui appaltatori, ma più frequentemente subappaltatori, non adempiono in modo

regolare ai rispettivi obblighi fiscali e previdenziali; se tali soggetti, come spesso accade,

sono privi di un patrimonio personale o sociale che possa costituire garanzia per il recupero

delle somme dovute, deriva che gli enti creditori si trovano nell’impossibilità di esercitare il

recupero coattivo delle somme spettanti.

Mediante il sistema proposto, invece, si crea uno stretto legame di corresponsabilità tra tutti i

soggetti coinvolti nella “catena”, evitando la tentazione di utilizzare in modo strumentale dei

subappaltatori che, sovente, accettano l’incarico a tariffe ridotte, muovendo già con l’intenzione

di mantenere la propria quota di utile a discapito dei versamenti dovuti per legge.

Il sistema, tra l’altro, mutua l’impostazione da tempo già presente in altri stati comunitari

(come ad esempio la Francia) oppure nel particolare settore nazionale degli appalti pubblici

realizzati per il tramite delle associazioni temporanee di imprese26. * Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** Disponibile sul sito il documento “Solidarietà nei subappalti e sicurezza sui luoghi di lavoro nel decreto Bersani” tratto da “La Circolare Tributaria” n. 38 del 9 ottobre 2006 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore 25 Confronta il comunicato stampa del Consiglio dei ministri, n. 5 del 30 giugno 2006, nonché il paragrafo 20 della circolare dell’Agenzia delle entrate n. 28/E del 4 agosto 2006. 26 Sul punto si rinvia a S. MEZZACAPO, Responsabilità solidale negli appalti in attesa delle regole attuative sulla documentazione, in Guida normativa 34/2006, pag. 126.

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In linea di principio, con il contratto di subappalto, l’appaltatore, previa autorizzazione del

committente ai sensi dell’articolo 1656 del codice civile, affida il compimento di una parte o

dell’intera opera ad un altro soggetto, che la svolge impiegando una propria organizzazione

di mezzi ed assumendo a proprio carico il rischio derivante27.

Se dunque, il subappaltatore agisce in autonomia nella esecuzione delle opere, assume a suo

carico gli obblighi derivanti, ad esempio, dalla circostanza di occupare lavoratori dipendenti,

in relazione ai quali scattano gli obblighi di sostituzione fiscale e previdenziale contenuti

nell’attuale ordinamento.

Poiché, ovviamente, il subappalto esiste in tanto in quanto esiste il contratto di appalto a

monte e rappresenta un contratto oneroso con previsione di un corrispettivo a fronte

dell’opera svolta, mediante la novella si vuole ottenere l’assicurazione che una debita parte di

quel corrispettivo, ricorrendone le previsioni, sia comunque dirottata presso le casse erariali.

Dal punto di vista tecnico, giova rammentare che la norma prevede specificamente che

l’appaltatore risponde in solido con il subappaltatore:

1. della effettuazione e del versamento delle ritenute fiscali;

2. del solo versamento dei contributi previdenziali e dei contributi assicurativi per

l’assicurazione infortuni e malattie professionali.

Dal versante fiscale, dunque, non scatta unicamente una responsabilità solidale sul

versamento delle ritenute, bensì una obbligazione di fare (effettuazione della ritenuta all’atto

della erogazione della retribuzione) ed una successiva obbligazione di pagare, assimilabile ad

una sorta di garanzia fideiussoria nei confronti dell’ente pubblico.

Non è chiaro se il mancato svolgimento dell’obbligo di vigilare sull’effettuazione della ritenuta

(obbligo assai difficoltoso poiché non è noto, all’appaltatore, l’effettivo momento di

erogazione delle retribuzioni) comporti una specifica sanzione in capo al soggetto

inadempiente né, soprattutto, come potrà essere avviata una azione di difesa dallo stesso,

qualora il comportamento tenuto dal soggetto “controllato o da controllare” sia finalizzato

proprio al tentativo di eludere tale vigilanza imposta dalla legge.

Infine, poiché la posizione del sostituto di imposta sfocia nell’obbligo di presentazione della

dichiarazione annuale 770, si spera non si voglia coinvolgere l’appaltatore nella verifica anche

di tale ultimo momento.

AVVIO DEL REGIME ED AMBITO OGGETTIVO E SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE

34. Le disposizioni di cui ai commi da 28 a 33 si applicano, successivamente all'adozione di

un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e

della previdenza sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore

della legge di conversione del presente decreto, che stabilisca la documentazione attestante

l'assolvimento degli adempimenti di cui al comma 28, in relazione ai contratti di appalto e 27 Così A. MAURO, Le nuove norme in materia di subappalto, in Schede di aggiornamento Eutekne, aggiornamento 8-9/2006, scheda 855.02.

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Appalti e subappalti: la responsabilità solidale

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subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti

nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto di cui al decreto del

Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 , con esclusione dei committenti non

esercenti attività commerciale, e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del

testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22

dicembre 1986, n. 917. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 29, comma 2, del decreto

legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, che deve intendersi esteso

anche per la responsabilità solidale per l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali

sui redditi di lavoro dipendente.

Prima ancora di analizzare la particolare struttura della norma, vale la pena, anche a costo di

effettuare un’analisi asistematica, di circoscrivere l’ambito soggettivo di applicazione ed il

momento di avvio effettivo delle disposizioni che, ad oggi, sono operativamente condizionate

all’adozione di un decreto attuativo.

Con lo specifico provvedimento, recita la norma, sembra debba essere prevista la

documentazione attestante l’assolvimento di un obbligo; quindi, si spera, non dovrebbero

essere richieste particolari analisi, bensì esclusivamente la ricezione e conservazione della

relativa documentazione.

Dal punto di vista previdenziale si crede che il DURC potrà certamente rappresentare un utile

strumento peraltro oggi ottenibile in forma telematica da parte dei soggetti interessati; dal

versante fiscale, invece, non paiono essere disponibili procedure standardizzate di tal tipo,

salvo ipotizzare al ricorso alla consegna del libro matricola, dei cedolini paga e dei modelli

F24 con opportuno prospetto di raccordo.

In via di principio, non appare per nulla chiaro, poi, se il controllo richiesto si possa limitare ad

aspetti di natura formale o debba spingersi anche ad un vero e proprio controllo di natura

sostanziale. Se, ad esempio, in un subappalto di servizi di pulizia si apprende che sono impiegati

3 soggetti, mentre solo 2 degli stessi risultano iscritti a libro paga; oppure, se i 3 soggetti di cui

sopra sono regolarmente assunti ma solo part time, mentre la loro presenza si esplica per l’intera

giornata, come dovrà comportarsi il soggetto cui sono demandati i controlli?

Per ciò che attiene l’oggetto, la norma si riferisce genericamente ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi stipulati a decorrere dal 4 luglio 2006, nonostante la

già accennata presenza di una condizione di sospensione operativa; non si rinviene,

pertanto, alcuna limitazione specifica al settore dell’edilizia, che invece interessa altre norme

del DL 223/2006 (c.d. obbligo di applicazione del reverse charge), peraltro sospese ad opera

di semplici comunicati stampa28. Rientrano, a titolo esemplificativo, nella fattispecie appalti

dei servizi di pulizia, di facchinaggio, di handling e di management.

28 Sul punto si consenta il rinvio all’analisi già proposta nel corso della prima giornata del MASTER BREVE 2006-2007.

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Nonostante una formulazione letterale non felice, non pare che si possa concludere che la

disposizione trovi applicazione esclusivamente nel caso in cui sussista un contratto principale

di appalto ed anche (in senso di obbligo) un connesso contratto di subappalto; dalla

relazione di accompagnamento al DL 223/2006 sembra proprio evincersi la necessità di

applicare la tutela pubblica anche nell’ipotesi di sussistenza del solo contratto di appalto29.

Per ciò che attiene i soggetti, la norma prevede l’applicazione ai seguenti soggetti committenti:

• tutti i soggetti IRES;

• Stato ed enti pubblici;

• tutti gli altri soggetti passivi IVA, imprenditori o lavoratori autonomi che siano, nel

momento in cui commissionino un appalto per la realizzazione di opere, forniture e

servizi attinenti la specifica attività esercitata (pertanto, sembrerebbe tranquillamente

ricadere nella previsione anche il lavoratore autonomo o l’imprenditore che,

semplicemente, affidi l’appalto dei servizi di pulizia del proprio studio o del proprio

stabilimento ad imprese specializzate).

Sono invece esclusi dalla norma, per esplicita previsione del comma 34, i committenti

persone fisiche private.

Per effetto dell'ultimo periodo del comma 34, viene comunque fatto salvo quanto previsto

dall'art. 29, comma 2, del D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, secondo cui " in caso di

appalto di opere o di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in

solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell'appalto, a

corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti ", con la

specificazione che il precetto del suddetto articolo "deve intendersi esteso anche per la

responsabilità solidale per l'effettuazione ed il versamento delle ritenute fiscali sui redditi di

lavoro dipendente".

Ciò significa che la nuova norma non si pone in nessun contrasto con la Legge Biagi, bensì

ne costituisce una sorta di amplificatore che estende le garanzie già previste a favore dei

lavoratori anche agli enti pubblici comunque interessati dai medesimi rapporti.

LIBERAZIONE DAGLI OBBLIGHI

29. La responsabilità solidale viene meno se l'appaltatore verifica, acquisendo la relativa

documentazione prima del pagamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al comma

28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il

servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L'appaltatore può

sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione da parte del subappaltatore della

predetta documentazione.

29 In tal senso depone il testo del comma 33, dove si parla di “eventuali subappaltatori”, proprio a rappresentare che la catena di soggetti è una delle situazioni interessate dalla responsabilità solidale, ma non certo l’unica. In dottrina si veda S.M. MESSINA, Appaltatore e subappaltatore corresponsabili per i versamenti fiscali e previdenziali, in Guida Normativa n. 29 del 29.07.2006, pag. 115 e seguenti.

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Appalti e subappalti: la responsabilità solidale

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Il comma 29 fornisce all’appaltatore:

• uno strumento per potersi alleggerire della responsabilità solidale;

• uno strumento per forzare il subappaltatore a consentire l’effettuazione dei controlli imposti.

In relazione alla prima questione, letteralmente la norma evoca unicamente la casistica del

lavoro dipendente, mentre è stato acutamente osservato30 che, forse, lo spirito della norma

indurrebbe ad estendere l’analisi a qualsiasi obbligo di sostituzione di imposta realizzatosi per

effetto della realizzazione dell’opera, del servizio o della fornitura commissionati.

L’unico strumento a disposizione per superare eventuali ritrosie a fornire la documentazione

di prova sembra essere il “ricatto” della sospensione del pagamento del corrispettivo dovuto,

come a dire che, poiché tutti gli operatori sono sensibili al denaro, si dovranno “piegare” alle

richieste del vigilante se intendono incassare il corrispettivo. Ciò, nell’incertezza, determinerà

ovviamente anche possibili situazioni di abuso, risolvibili unicamente mediante una precisa

delimitazione oggettiva dei compiti a carico dell’appaltatore.

Va infatti notato che se il subappaltatore non è in grado di provare l’avvenuta consegna della

documentazione richiesta, non potrà eventualmente agire in giudizio per far valere le proprie

ragioni, pur avendo realizzato la prestazione oggetto del contratto31.

Ancora, bisognerà capire quale sia il corretto comportamento da tenersi nell’ipotesi in cui,

proprio in sede di controllo, si ravvisino delle irregolarità compiute: stante la responsabilità

prevista, il controllore dovrà attivarsi per provvedere in proprio alle mancanze del soggetto

controllato, decurtando, ad esempio, i pagamenti effettuati dal corrispettivo dovuto? Quale

dovrà essere la diligenza da utilizzare in tal senso? Cosa potrebbe accadere laddove il

controllore si attivasse in modo zelante rimediando, oltre il dovuto, alla presunta mancanza?

La decurtazione del corrispettivo, cioè, sarà ritenuta legittima, oppure si dovrà provvedere al

recupero di quanto pagato in eccesso? Ed ancora, materialmente, se non fossero state

versate delle ritenute, come potrà provvedere l’appaltatore? Dovrà compilare un modello F24

con i dati del subappaltatore o si dovrà rivolgere al competente ufficio affinché lo stesso

promuova il recupero?

LIMITE MASSIMO DI RESPONSABILITA’

30. Gli importi dovuti per la responsabilità solidale di cui al comma 28 non possono eccedere

complessivamente l'ammontare del corrispettivo dovuto dall'appaltatore al subappaltatore.

Onde evitare che le nuove complicazioni comportassero un blocco completo di taluni settori,

il comma 30 provvede a specificare che gli importi dovuti per la responsabilità solidale

giungono, al massimo, sino a coprire l’intero importo del corrispettivo pattuito.

30 S.M. MESSINA, op. cit. 31 In tal senso G. CHIAMETTI, Appalti: responsabilità solidale fra le parti, in Impresa commerciale & industriale, n. 7-8/2006, pag. 1096 e seguenti.

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Ciò rende, in qualche maniera, indifferente la posizione dell’appaltatore che, in un modo o

nell’altro (o, meglio, nei confronti di un soggetto oppure di un altro) è comunque chiamato a

mettere sul piatto sempre la medesima somma di denaro.

Va notato, tra l’altro, che dal punto di vista puramente teorico il limite massimo di

responsabilità pare eccedente rispetto al rischio fiscale o previdenziale che, evidentemente,

rappresenta una sola quota dell’intero corrispettivo pattuito.

Pertanto, ciò che si presenta come una norma di favore, nei fatti rappresenta una forma di

ultra garanzia per le ragioni pubbliche.

CONOSCIBILITA’ DEGLI ATTI E COMPETENZA DEGLI UFFICI

31. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore

sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido. La competenza degli

uffici degli enti impositori e previdenziali è comunque determinata in rapporto alla sede del

subappaltatore.

Il comma 31 dà pratica attuazione a due concetti base su cui poggi la responsabilità solidale:

1. la conoscibilità degli atti che, ovviamente, dovranno essere notificati non soltanto al

subappaltatore ma anche a chi è con lui responsabile in solido;

2. la competenza degli uffici cui sono demandati i poteri di controllo, con l’effetto che quelli

competenti in ragione della sede dell’appaltatore, avocano a sé anche la gestione degli

aspetti di solidarietà per eventuali soggetti che, in ragione della loro collocazione

territoriale, potrebbero essere assoggettati alla competenza di altri uffici

RESPONSABILITA’ IN CAPO AL COMMITTENTE

32. Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all'appaltatore previa

esibizione da parte di quest'ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di

cui al comma 28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la

fornitura o il servizio affidati sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore.

Come già si è accennato in premessa, anche il committente rimane coinvolto in questa nuova

spirale di responsabilità, costituendo il soggetto da cui emana la prima volontà di dare corso

all’intera operazione “osservata”.

Pertanto, è previsto che non è possibile effettuare regolarmente il pagamento all’appaltatore,

se non dopo avere preso visione della documentazione (ancora da definire con decreto

ministeriale) che conferisca certezza dell’avvenuto regolare espletamento degli obblighi in

capo ai soggetti che rappresentano gli anelli inferiori della catena.

Ancora una volta, dunque, l’esibizione della documentazione richiesta rappresenta un onere

che incombe in capo al soggetto che vuole ottenere il pagamento delle somme.

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Appalti e subappalti: la responsabilità solidale

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Si chiude, in un certo qual modo, il cerchio delle responsabilità in capo a tutti i soggetti

coinvolti nell’operazioni, mediante la previsione di un blocco dei pagamenti, subordinato alla

verifica materiale della correttezza delle procedure fiscali e previdenziali imposte per legge.

SANZIONI PER IL COMMITTENTE 33. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste al comma 32 è punita con la sanzione amministrativa da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma

28 connessi con le prestazioni di lavoro dipendente concernenti l'opera, la fornitura o il servizio affidati non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Ai fini della presente sanzione si applicano le disposizioni previste per la

violazione commessa dall'appaltatore. La competenza dell'ufficio che irroga la presente sanzione è comunque determinata in rapporto alla sede dell'appaltatore.

L’interesse ad un rigoroso rispetto delle regole in capo al committente è assicurato

dall’inserimento di una pensante sanzione in caso di avvenuto pagamento senza il previo rispetto degli oneri di controllo previsti (da euro 5.000 a euro 200.000). La norma, come evidente, non risulta del tutto chiara e definita per effetto dell’utilizzo di

rimandi ai precedenti commi; dal punto di vista logico, comunque, sembra potersi affermare che sul committente venga a gravare, in ultima analisi, un generalizzato onere di controllo sulla regolarità di tutte le procedure (non solo di avvenuto controllo ma, evidentemente, di

effettivo rispetto sostanziale della legge) dell’intera catena di soggetti che stanno a valle. Ovviamente, vi è da augurarsi che venga chiarito che tale fase si concretizzi: • per ciò che attiene alla fase di controllo appaltatore – subappaltatore, mediante un

semplice scambio di copia dei medesimi documenti che hanno già rivestito importanza nei gradini inferiori della scala;

• per ciò che attiene alla fase di controllo committente – appaltatore, nella semplice

replica di ciò che avvenuto negli stadi successivi. Conclusioni Da tutto quanto sopra esposto, pur in attesa di una più serena analisi del contenuto del più volte citato decreto ministeriale, non possiamo non riscontrare come sia più che mai opportuno consigliare la clientela di operare una rigida selezione dei soggetti utilizzati nella realizzazioni di

appalti e subappalti, onde evitare che i noti problemi di solidarietà fiscale e previdenziale possano divenire delle vere e proprie “trappole” per il libero svolgimento degli affari. La problematica, infine, non può essere arginata solo ai grandi operatori che realizzano

opere su commessa ma, a quanto oggi può essere desunto dal tenore letterale della norma, riguarda anche i piccoli operatori ed anche i liberi professionisti. Sarà pertanto necessario attivare una precisa funzione di standardizzazione e controllo per

gestire al meglio tale problematica.

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RESPONSABILITA’ SOLIDALE NEGLI APPALTI a cura di Giovanni Valcarenghi*

LO SPIRITO DELLA NORMA

APPALTANTE

APPALTATORE

SUBAPPALTATORE

OPERA

DENARO

RISCHIO DIRISCHIO DI“DIROTTAMENTO”“DIROTTAMENTO”

RIMEDIO DEL LEGISLATORE

APPALTATORE

SUBAPPALTATORE

L'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore

della effettuazione e del versamentodelle ritenute fiscali

sui redditi di lavoro dipendente

e del versamentodei contributi previdenzialie dei contributi assicurativiobbligatori per gli infortuni

sul lavoro e le malattie professionalidei dipendenti a cui è tenuto

il subappaltatore.

LEGAMEMAX

CORRISP.

1

22

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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Responsabilità solidale negli appalti

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APPLICAZIONE

DA QUANDODA QUANDO A CHIA CHI

Contrattistipulati

dal4.7.2006

Dopoemanazione

appositodecreto

Tuttititolaripartita

IVA

Articolo73 e 74TUIR

SALVAGUARDIASALVAGUARDIA

UN ONEREED UNO

STRUMENTO

VERIFICAAPPOSITI

DOCUMENTI

POSSIBILEBLOCCARE

I PAGAMENTI

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POSIZIONE DEL COMMITTENTEPOSIZIONE DEL COMMITTENTE

BLOCCO

COMMITTENTEHA L’ONERE

DI ACCERTARE

PAGAMENTO SENZA CONTROLLO

SANZIONATO

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LA REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA NELLA DISCIPLINA GENERALE DELL’APPALTO

Tratto da “La Pratica Forense”*

L’aspetto della regolarità contributiva, come si può facilmente immaginare, è tema d’estrema

rilevanza sia per quanto attiene gli appalti pubblici, sia per quanto concerne i lavori privati.

L’interesse del committente al regolare adempimento degli obblighi retributivi e contributivi

da parte dell’appaltatore si collega alla previsione dell’art. 1676 cod. civ.: la norma, come

noto, fa richiamo ad un’azione eccezionalmente concessa agli ausiliari (collaboratori

dipendenti) dell’appaltatore, che possono rivolgersi direttamente al committente per

conseguire quanto loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso

l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.

Tale azione, qualificata come sostitutoria o surrogatoria, permette all’ausiliario di far valere

direttamente il suo credito nei confronti del committente, prima ancora che questi abbia

versato all’appaltatore il corrispettivo pattuito per la realizzazione dell’opera, entro i limiti

anzidescritti; si può evincere, pertanto, una solidarietà passiva tra appaltatore e

committente, sebbene quest’ultimo non diventi parte del rapporto di lavoro.

Alla luce di tale previsione, e con lo scopo di facilitare l’emersione del ‘lavoro nero’, il

legislatore ha introdotto il c.d. DURC, documento unico di regolarità contributiva.

In data 15.04.2004, Inps, Inail, Casse edili e parti sociali hanno siglato una convenzione che

ha sancito la piena operatività del DURC (la prima convenzione risale al 3.12.2003). La

facoltà per tali soggetti di stipulare convenzioni era stata prevista già nella Legge 266/2002 e

nel Decreto Legislativo 276/2003.

Il documento unico di regolarità contributiva consiste in un certificato che attesta la

regolarità di un’impresa relativamente agli adempimenti Inps, Inail e Casse Edili; tale

documento rappresenta uno strumento che consente il monitoraggio delle attività delle

imprese, l’osservazione delle dinamiche del lavoro e attua una nuova forma di contrasto al

lavoro sommerso e alle irregolarità fiscali.

La convenzione disciplina le modalità di richiesta del documento, i rapporti tra i vari istituti

coinvolti e il campo d’applicazione di tale normativa, introducendo l’obbligo di provvedere alla

produzione del Durc anche per i lavori privati in edilizia soggetti al rilascio di concessione o a

denuncia d’inizio attività, e non limitandolo esclusivamente al settore pubblico (appalti di

servizi e forniture inclusi).

I settori coinvolti risultano, dunque, essere quello degli appalti, dei subappalti pubblici di

servizi e forniture, la gestione delle attività pubbliche in concessione e convenzione, il rilascio

d’attestazione delle SOA, l’assegnazione di contributi, finanziamenti e sovvenzioni

comunitarie e l’iscrizione all’albo dei fornitori.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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All’art. 1 prevede infatti: “ Con riferimento ai lavori del settore edile, sia pubblici sia privati,

Inps, Inail e Casse edili adottano comuni misure tecnico-organizzative finalizzate a

semplificare le fasi di richiesta e rilascio di un documento da parte della Cassa edile, dal

quale si evinca contestualmente la regolarità contributiva di un’impresa come risultante dai

documenti e dagli archivi di Inps, Inail e Casse edili.”

La procedura può essere di seguito così schematizzata:

La richiesta deve essere presentata dall’impresa, dalla pubblica amministrazione appaltante,

dall’ente privato a rilevanza pubblica e dalle società organismi di attestazione (SOA) presso la

Cassa edile del luogo dove ha sede l’impresa per l’insieme dei cantieri attivi e degli operai

occupati nel territorio di competenza della Cassa stessa, la quale invia l’ordine di verifica

della posizione del richiedente anche a Inps e Inail; le verifiche che tali istituti attuano sono

riferiti al rispetto della propria normativa di riferimento, controllando che il soggetto non sia

qualificato come irregolare dalla banca dati nazionale, ossia abbia versato tutti i contributi

dovuti fino all’ultimo mese per il qual è scaduto l’obbligo di versamento della richiesta Durc.

A tal fine, la Cassa edile deve fornire mensilmente all’apposita banca dati nazionale l’elenco

delle imprese non in regola e provvedere al suo aggiornamento.

La Cassa edile deve trasmettere il documento entro 30 giorni dalla richiesta; nel caso in cui

entro tale termine gli altri istituti non abbiano fornito le informazioni, la Cassa edile emette

comunque il Durc, procedendo sulla base del silenzio-assenso.

Per gli appalti di lavori pubblici, il documento deve essere richiesto nelle ipotesi previste dalla

vigente normativa e quindi prima della partecipazione alla gara d’appalto, mentre per i lavori

privati la domanda deve essere presentata prima dell’inizio dei lavori oggetto della

concessione edilizia o della denuncia d’inizio attività, mentre non è necessario per eventuali

pagamenti intermedi o a conclusione del lavoro; per l’attestazione SOA la domanda deve

proporsi prima dell’istanza agli organismi preposti al rilascio.

Qualora anche uno solo degli enti dichiari l’impresa irregolare, il documento unico attesterà

tale irregolarità.

Nei lavori privati, il Durc deve essere presentato per tutte le imprese che intervengono nel

cantiere per l’esecuzione del lavoro, anche per ogni singola impresa subappaltatrice e deve

essere presentato prima che sia iniziata l’attività; la sanzione nel caso di inadempienza

consiste nella sospensione dell’efficacia dei titoli abilitativi (decreto n. 251/04).

Nelle opere pubbliche, invece, il Durc si accompagna ad ogni fase dell’attività dell’impresa;

mentre non si può prescindere dal Durc per la stipula del contratto e per i pagamenti degli

stati di avanzamento lavori e per gli stati finali, per la partecipazione alla gara è

generalmente sufficiente l’autodichiarazione di regolarità dell’impresa, salvo alcune leggi

regionali che richiedono il Durc.

Il Durc riguarda la posizione di regolarità dell’impresa verso le casse edili in tutto il territorio

nazionale; se l’impresa che lavora sul territorio di più Casse risulta irregolare anche solo

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La regolarità contributiva nella disciplina generale dell’appalto

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presso di una di queste, ciò è sufficiente perché l’impresa in questione sia dichiarata

irregolare con conseguente impossibilità di eseguire i lavori o partecipare alle gare.

La Cassa del luogo dei lavori deve rilasciare il Durc anche per l’impresa subappaltatrice, a

patto che la stessa abbia versato alla Cassa di provenienza i contributi per i lavoratori in

trasferta; un’eventuale irregolarità dell’impresa subappaltatrice verificatasi nel corso

dell’esecuzione dei lavori può essere sanata dall’intervento dell’impresa appaltatrice, che

verserà i contributi in luogo della stessa

Nello specifico, per regolarità contributiva si deve intendere la correttezza nei pagamenti e

negli adempimenti previdenziali, assistenziali ed assicurativi riferita all’intera situazione

aziendale alla data della richiesta.

Ai fini Inps sono considerati requisiti di regolarità:

- correttezza negli adempimenti periodici;-che non sussistano inadempienze;

- che non esistano note di rettifica non contestate e non pagate;

- che nel caso di richiesta di rateazione, vi sia stato parere favorevole; che vi siano

sospensioni dei pagamenti a seguito di disposizioni legislative;

ai fini Inail:

- titolarità di PAT attive;

- dichiarazioni di retribuzioni imponibili congrue rispetto ai lavori svolti;

- versamenti corretti per premi e accessori;-corrispondenza del rischio assicurato a quello

proprio dell’appalto;

- richiesta di rateazione accolta favorevolmente;

- vi siano sospensioni dei pagamenti previste da disposizioni legislative;

ai fini della Cassa edile:

- versamento dei contributi e accantonamenti dovuti;

- dichiarazione di un numero di ore lavorate e non per ogni operaio non inferiore a quello

contrattuale;

In caso di pendenze di contenzioso amministrativo, il Durc potrà essere richiesto se il ricorso

verta su questioni interpretative; in caso di contenzioso giudiziario, invece, sarà possibile

dichiarare la regolarità solo all’impugnazione dell’accertamento davanti all’autorità giudiziaria

e nell’eventualità che non ci sia alcun provvedimento esecutivo da parte del giudice.

La convenzione ha predisposto la creazione di un comitato tecnico composto di

rappresentanti di Inps, Inail e Casse edili che avrà il ruolo di responsabile della gestione delle

procedure, ed in particolare:

1) acquisizione dati;

2) gestione fase on.line;

3) gestione smistamento richiesta;

4) gestione trasmissione del Durc al richiedente;

5) gestione dell’utilizzo dati da parte degli istituti.

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Per quanto riguarda la responsabilità, sarà il funzionario responsabile dell’unità presso cui è

richiesto il Durc a rispondere dell’iter procedimentale, resta invece a carico dei funzionari dei

rispettivi enti la responsabilità della correttezza delle singole attestazioni sulla regolarità

contributiva o meno dell’impresa.

Nel 2005 le Commissioni riunite Ambiente e Lavoro della Camera hanno approvato una

proposta per prolungare il periodo di validità del documento da uno a tre mesi al fine di non

intasare il carico di lavoro degli enti previdenziali, già appesantito da tali adempimenti.

L’esigenza di ottenere un sistema unico di certificazione della regolarità contributiva delle

imprese partecipanti alle gare di appalto ha portato alla prima sperimentazione del DURC, al

fine di attuare un coordinamento degli enti coinvolti.

Il primo progetto sperimentale è stato adottato per la provincia di Sassari al fine di “

pervenire ad una semplificazione e razionalizzazione delle procedure amministrative, per dare

un valido ausilio ai tecnici delle stazioni appaltanti ed alle imprese coinvolte nell’esecuzione di

opere pubbliche, ai committenti e responsabili dei lavori coinvolti nell’esecuzione di lavori

privati “ (Protocollo d’intesa per la provincia Sassari, 2000).

Secondo tale procedura, nel caso siano riscontrate irregolarità contributive dell’impresa,

l’impresa interessata è invitata alla regolarizzazione della propria posizione.

Si è giunti all’istituzione del Durc per semplificare i numerosi adempimenti previsti dalle varie

normative a carico delle stazioni appaltanti e degli appaltatori coinvolti, soprattutto nel

settore dei lavori pubblici.

La ratio di tale istituto consiste nell’esigenza che nell’esercizio di un’attività imprenditoriale in

cui intervenga la pubblica amministrazione, sia assicurato uno standard minimo di tutela ai

dipendenti coinvolti, come già scritto in premessa.

Il Legislatore, pertanto, ha voluto affidare ai vari enti pubblici una funzione di controllo del

rispetto delle norme sul trattamento dei lavoratori da parte di soggetti privati che stipulino

contratti d’appalto.

E per tale fine, la Pubblica Amministrazione e l’appaltatore, così come il subappaltatore, sono

sottoposti a specifici obblighi.

Sono nati nel tempo, di conseguenza, numerosi protocolli d’intesa tra enti pubblici, soggetti

privati, associazioni sindacali degli imprenditori e dei lavoratori finalizzati a promuovere un

coordinamento nel controllo e nella tutela del lavoro subordinato.

Norma base del sistema di tutela dei lavoratori è individuata nell’art. 36 Statuto dei Lavoratori,

che impone di inserire nei capitolati d’appalto di opere pubbliche la clausola sociale.

Tale obbligo grava sull’amministrazione appaltante, in modo tale da imporre all’appaltatore

aggiudicatario della gara l’applicazione ai lavoratori subordinati delle condizioni dei contratti

collettivi relativi alla categoria e alla zona in cui è eseguito l’appalto.

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La regolarità contributiva nella disciplina generale dell’appalto

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(l’obiettivo è di evitare che i contratti contengano clausole regolanti retribuzioni e condizioni

del rapporto di lavoro meno favorevoli di quelle derivanti dalla contrattazione collettiva (Cort.

Cost. 226/1998).

E inoltre, la Consulta individua nell’inserzione della clausola sociale uno specifico interesse

dell’amministrazione alla regolare ese4cuzione dell’opera nei termini contrattuali previsti, evitando

di rimanere esposta alle conseguenze dannose provocate dalla conflittualità e dalle rivendicazioni

che insorgono a causa dell’inosservanza della normativa collettiva(Cort. Cost. 226/1998).

Una volta inserita nel contratto la clausola sociale, l’appaltatore dovrà realizzare l’opera

commissionata eseguendola però nel rispetto delle norme dettate a tutela dei lavoratori.

La violazione di queste integrerà gli estremi dell’inadempimento contrattuale con tutte le

conseguenze derivanti sul piano civilistico, ed inoltre, la possibilità per il committente di

esperire un’azione di risoluzione del contratto o una sospensione obbligatoria dei lavori (Circ.

Min. Lav. N.26/2000).

La dottrina considera l’art. 36 Statuto lavoratori una clausola a favore di terzo che crea in

capo ai dipendenti dell’appaltatore il diritto all’osservanza delle condizioni previste nei

contratti collettivi.

L’art. 36 si rivolge quindi da un lato alla pubblica amministrazione obbligandola ad inserire la clausola sociale nel capitolato d’appalto; una volta realizzato ciò, la clausola esplica effetti sull’appaltatore e sul subappaltatore, vincolandoli sia verso l’amministrazione, sia nei

confronti dei dipendenti. Nel caso in cui il committente ometta di inserire la clausola sociale, opera l’art. 1339 c.c. che prevede che “ le clausole imposte dalla legge sono di diritto inserite nel contratto anche in

sostituzione di clausole difformi. Nel caso invece in cui sia l’appaltatore a non rispettare la clausola, la Pubblica Amministrazione potrà irrogare delle sanzioni, quali la revoca dell’appalto o l’esclusione da

successive gare. La tutela in questo modo garantita non si riferisce soltanto ai lavoratori impiegati nell’opera oggetto dell’appalto, ma a tutti quelli dipendenti dall’impresa, anche se utilizzati altrove

È l’Ispettorato del lavoro a vigilare sul rispetto della clausola e ove rilevi un’infrazione da parte dell’impresa, lo comunicherà all’ente appaltante il quale potrà procedere alla risoluzione del contratto e all’esclusione dell’appaltatore dalle gare per un massimo di cinque anni, oltre

a sanzioni minori quali una trattenuta sul corrispettivo, una multa, una diffida a adempiere. E ancora, vi sono altre norme che creano in capo all’amministrazione e all’appaltatore una complessa serie di adempimenti: art. 18 legge 55 del 1990; art. 8 legge 109 del 1994; art 7

D. lgs. 626 del 1994; art. 3 D.lgs. 494 del 1996; art. 8 del D.P.R. 554 del 1999; art. 7 e 13 D.M. 145 del 2000; art. 1 legge 327 del 2000; artt. 17, 27, 28, 31, 32 D.P.R. 34 del 2000. In virtù dell’art. 7 del Capitolato Generale d’appalto l’appaltatore è obbligato ad osservare le

norme e le prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e regolamenti sulla tutela, sicurezza, salute, assicurazione e assistenza dei lavoratori, in quanto trattasi di clausola contrattuale imposta per legge.

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La violazione di tale normativa costituirà inadempimento contrattuale.

Ulteriore norma di rilievo è l’art. 18 legge 55 del 1990 che impone all’appaltatore l’osservanza

del trattamento economico e normativo stabilito nei contratti collettivi nazionale e territoriale

in vigore per il settore e la zona in cui si svolgono i lavori.

In virtù di ciò, l’appaltatore e il subappaltatore devono trasmettere al committente prima

dell’inizio dei lavori la documentazione di avvenuta denuncia agli enti previdenziali, assicurativi e

antinfortunistici per permettere alla Pubblica amministrazione di verificarne la regolarità.

A ciò si aggiunge la disposizione del regolamento di attuazione della legge Merloni che in base al

quale le imprese esecutrici dell’appalto devono dimostrare l’iscrizione alla camera di commercio,

e produrre i modelli riepilogativi attestanti la congruenza dei versamenti assicurativi e

previdenziali in relazione alla retribuzione corrisposta ai dipendenti, il contratto collettivo

applicato e una rappresentazione dell’organico medio destinato al lavoro nelle varie qualifiche.

L’art. 7 del D.M. 145/2000 prevede una ritenuta a garanzia dell’osservanza da parte

dell’appaltatore dei contratti collettivi, leggi, regolamenti sulla tutela, assistenza,

assicurazione, salute e sicurezza.

Nel caso in cui gli enti previdenziali e assistenziali rilevino inadempienze da parte del

soggetto appaltatore il committente pubblico provvederà a pagare direttamente gli enti

utilizzando le predette trattenute.

Nel caso invece di ritardi nel pagamento delle retribuzioni dei dipendenti dell’appaltatore, l’art 13 prevede che il responsabile del procedimento solleciti a provvedere al pagamento in difetto del quale l’amministrazione procederà al pagamento delle retribuzioni arretrate

detraendone l’importo dalle somme dovute all’appaltatore. Al fine di garantire trasparenza negli appalti, gli enti pubblici hanno dato vita a numerose intese, in modo tale da “ dar vita ad un’azione coordinata di tutti i soggetti firmatari,

nell’ambito delle relative specificità e competenze, con l’obiettivo di qualificare il sistema degli appalti di opere e servizi attraverso la trasparenza delle relative procedure e di sviluppare le iniziative legate alla lotta al lavoro nero o irregolare “( Protocollo d’intesa tra

Regione Toscana, le Associazioni Regionali degli enti locali e le parti sociali del 1997). In alcuni ambiti, date le peculiarità del contesto sociale, ulteriore obiettivo è stato quello votato all’arginare l’influenza delle associazioni criminose sull’assegnazione e esecuzione degli appalti.

A fronte dell’inadempimento dei suoi obblighi scaturenti dai vari protocolli l’appaltatore può andare incontro anche alla perdita dell’appalto. In virtù della legge n. 1369 del 1960 il dipendente dell’appaltatore, di fronte all’insolvenza di

quest’ultimo, ha dinnanzi a sé due diversi mezzi di tutela cui corrispondono obblighi differenti per il committente. Secondo l’art. 3 di tale normativa, l’imprenditore appaltante è responsabile in solido con

l’appaltatore per la corresponsione ai prestatori di quest’ultimo di un trattamento minimo retributivo e di un trattamento normativo non inferiore a quelli spettanti ai lavoratori dipendenti, nonché per l’adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalla legge di previdenza

e di assistenza.

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La regolarità contributiva nella disciplina generale dell’appalto

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L’azione per ottenere l’adempimento di tale obbligo nei confronti dell’appaltante è soggetta

ad un termine di decadenza, ossia fino ad un anno dalla cessazione dell’appalto, ossia dal

momento dell’approvazione del collaudo.

Il lavoratore può sempre agire contro l’appaltatore entro il normale termine di prescrizione.

Ulteriore norma a tutela dei lavoratori risulta essere l’art. 1676 c.c., in base al quale “ coloro

che alle dipendenze dell’appaltatore hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per

prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire

quanto è loro dovuto, sino alla concorrenza del debito che il committente ha verso

l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda.

La dottrina e la giurisprudenza si soffermano a sottolineare il carattere diretto dell’azione contro il

committente e la distinzione con la suddetta forma di tutela: le azioni che i dipendenti

dell’appaltatore possono esperire nei confronti dell’impresa committente per la soddisfazione

delle loro spettanze in base all’art. 1676 c.c. e all’art. 3 legge 1960 n. 1369 si differenziano per

finalità e struttura, oltre che per petitum e causa petendi, poiché in quella codificata il

committente soddisfa un debito altrui, mentre in quella prevista dalla legge rileva l’aspetto della

garanzia apprestata in favore dei lavoratori dell’appaltatore e diretta ad impedire che l’appalto

costituisca uno strumento di disconoscimento di quei diritti dei quali essi diventerebbero titolari

se dipendessero direttamente dal committente. (Cass. 20.11.1998, n.11753).

Per sottolineare quanto sia rilevante lo strumento del DURC possiamo citare una sentenza

con cui è stato annullato un provvedimento di aggiudicazione di un appalto di servizi in

quanto l’impresa che si sarebbe dovuta occupare della sua esecuzione non era in una

situazione di regolarità contributiva in relazione al trattamento dei suoi lavoratori.

Nello specifico, si tratta della sentenza del TAR della Sardegna n. 271 del 2 marzo 2006 che ha

statuito su di un ricorso presentato da una società classificatasi al secondo posto nella gara

indetta dalla Pubblica Amministrazione (Ente Sardo Acquedotti e Fognature) per l’aggiudicazione

di un appalto di servizi riguardante la sorveglianza e la manutenzione di impianti idrici.

La società Pridesa Proyectos y Servicios ha chiesto, infatti, al T.A.R. l’annullamento del

provvedimento di affidamento dei lavori, del verbale di gara relativo alla provvisoria

aggiudicazione e di quello definitivo all’impresa Sistemi Idrici Integrati.

A motivo dell’impugnazione la società ricorrente fonda la mancanza in capo all’impresa

consorziata con l’aggiudicatrice e in concreto affidataria dell’esecuzione dei lavori in oggetto,

la Giunone s.r.l., della regolarità contributiva al momento della presentazione della domanda

di partecipazione e ammissione alla gara.

Il fatto che l’impresa in un momento successivo all’aggiudicazione si sia regolarizzata non è

rilevante in quanto avvenuto in tempi tardivi rispetto a quanto previsto dalla normativa in materia.

Il TAR nell’esaminare la questione nel merito, riprende una statuizione del Consiglio di Stato

del 27.12.2004 n. 8215, secondo cui la regolarità contributiva e fiscale prevista per la

partecipazione alla selezione per l’aggiudicazione di un appalto di servizi è richiesta come

A P P A L T O

E

S U B A P P A L T O

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requisito indispensabile per la partecipazione alla gara stessa e quindi l’impresa deve essere

in regola con tali obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare la correttezza

per tutto lo svolgimento di essa, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo

dell’obbligazione tributaria.

Tale principio, affermato in relazione agli appalti di servizi di cui al D.Lgs. 17.03.1995 n. 157

è estensibile anche agli appalti di servizi regolati dal D.lgs. 17.03.1995 n. 158 in quanto

espressamente richiamato.

Anche lo stesso disciplinare di gara, nel regolamentare le modalità di partecipazione alla gara

stabiliva tale regolarità contributiva.

In sede di verifica dei requisiti, è emerso che la Giunone non era in regola in quanto risultava

inadempiente nei confronti dell’Inail per versamenti relativi al periodo 2002 –2004 al

momento di presentazione della domanda di partecipazione e anche successivamente

all’apertura delle buste.

Secondo il Tar la regolarità contributiva rientra tra i requisiti di natura formale relativi alla

corretta gestione delle imprese sotto il profilo dell’ordine pubblico anche economico, che come

tali devono essere posseduti da ciascuna delle imprese consorziate designate per lo

svolgimento del servizio (Tar Sardegna, 29.05.2001, n. 645_ Cons. Stato 24.11.1997 n. 1367)

La Sistemi idrici Integrati sarebbe dovuto essere esclusa dalla gara e pertanto

l’aggiudicazione risulta illegittima: così il Tar ha accolto il ricorso dell’impresa e annullato

l’aggiudicazione.

Nei limiti della sintesi dovuta, abbiamo cercato d’illustrare la rilevanza del documento unico

di regolarità contributiva, alla luce dei principi generali in materia d’appalto, così come

recepiti nella disciplina codicistica.

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63

IL CONTRATTO DI OUTSOURCING a cura di Antonio Bianchi*

Concetto e definizioni

L’etimologia del termine outsourcing, tradotto in italiano esternalizzazione, rende

perfettamente l’idea della cessione all’esterno di attività precedentemente svolte

internamente all’azienda, attraverso la delega a terze parti, chiamate outsourcer. L’outsourcing può essere descritto come quel processo che porta alla “acquisizione da un

fornitore esterno di prodotti o servizi attualmente risultanti dalla diretta attività produttiva e

di gestione interna dell’azienda”.

Affinché l’outsourcing si sviluppi come tecnica di gestione aziendale è necessario che siano

soddisfatte, tra l’altro, due condizioni: la prima ha carattere oggettivo, e consiste nella

presenza sul mercato di operatori sufficientemente professionali e specializzati, che

garantiscano un efficiente espletamento della funzione da esternalizzare; la seconda ha invece

natura più soggettiva, e riguarda il superamento da parte del management societario di varie

remore psicologiche, in particolare il timore di un “autodimensionamento” professionale.

Una recente sentenza pronunciata dalla suprema Corte di Cassazione ha definito

l’outsourcing come il fenomeno comprendente tutte le possibili tecniche mediante le quali

l’impresa dismette la gestione diretta di alcuni segmenti dell’attività produttiva e dei servizi

estranei alle competenze di base (cd. Core business). Ciò può fare, tra l’altro, sia appaltando a terzi l’espletamento del servizio, sia cedendo un ramo

d’azienda. La scelta tra le varie alternative è rimessa all’insindacabile valutazione dell’imprenditore,

a norma dell’articolo 41 Costituzione (Cass. Civ., sez. Lavoro, 2.10.2006, n. 2187).

L’outsourcing ha come obiettivo principale l’abbattimento dei costi fissi, finalizzato a ottenere

migliori indici di bilancio; le aziende applicano outsourcing per ridurre o possibilmente

eliminare i costi relativi al personale e/o all’installazione/potenziamento di linee per l’attività

produttiva. Non a caso, parallelamente alle politiche di outsourcing, si parla della necessità di

rendere il lavoro (e di conseguenza il mercato del lavoro) più flessibile: l’esternalizzazione

consente un alleggerimento della struttura aziendale lasciando invece invariato il fatturato

con l’obiettivo strategico di perseguirne un aumento.

Particolare rilievo assume il c.d. contatto di outsourcing di manutenzione in virtù del quale

una parte si impegna a fronte di un corrispettivo a fornire una serie di servizi organizzati volti

a garantire il corretto funzionamento di un impianto e di raggiungimento di una serie di indici

di efficienza preventivamente pattuiti dalle parti.

Si tratta di una figura contrattuale nata di recente a fronte di nuove esigenze di

organizzazione aziendale, sicuramente riconducibile alla figura tipica di appalto di servizi ma

pur tuttavia caratterizzata da alcuni aspetti particolari che difficilmente possono risolversi

con l’applicazione delle norme del codice civile : assume, pertanto, grande importanza una

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** disponibile sul sito il documento “L’outsourcing per le attività di audit: le attività che possono essere date in outsourcing”

**

O U T S O U R C I N G

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accurata stesura del testo contrattuale diretta ad eliminare o almeno a ridurre al massimo i

possibili contrasti interpretativi ( v. in dispensa il fac-simile del contratto in affidamento per

outsourcing con particolare riferimento alle clausole di cui all’art. 4 – variazione, art.5 –

durata e recesso anticipato, art. 6 – obbligo e adempimenti dei paciscenti, art.9 – obbligo di

riservatezza, art. 13 – pianificazione e coordinamento della fornitura, art.14 – organi di

controllo, art. 15 – rispetto degli standard qualitativi, art.17 – penali, art. 19 – risoluzione e

recesso, art. 22 – rapporto fiduciario)

SCHEMA DI CONTRATTO PER L’AFFIDAMENTO IN OUTSOURCING DELLE ATTIVITÀ INFORMATICHE*

TRA

L’impresa ………………………………...………, con sede in …………………….,

via……………………………………………………….., n. …………., iscritta presso la Camera di

Commercio di …………………………………….., al n. ………….del Registro delle imprese, codice

fiscale n. …………….…..……, partita IVA n. …………….……...…., nella persona del suo legale

rappresentante pro tempore: ……………………………...………….., di seguito indicata anche come

“Committente”, da una parte,

e

l’impresa ………………………………...……..…, con sede in ……………………….………..……… via

………………………….., n. …………., iscritta presso la Camera di Commercio

di……………………………….……….. al n. ………….del Registro delle imprese, codice fiscale n.

……………....…..……, partita IVA n……………………….……….nella persona del suo legale

rappresentante pro tempore ………………………………….……. di seguito indicata come

“Fornitore”, dall’altra.

PREMESSO CHE

− è sorta la necessità per il Committente di acquisire servizi oggetto del presente contratto;

− il Fornitore è imprenditore attivo nel campo della ………………(ad es. “dei servizi di

manutenzione applicativa), ed è risultato idoneo per l’affidamento dei servizi oggetto del

presente contratto;

− il Committente e il Fornitore riconoscono le rispettive professionalità e ritengono di poter

addivenire alla conclusione di un accordo che contribuisca alla reciproca soddisfazione

economica, al miglioramento della qualità dei prodotti e delle conoscenze tecniche, alla

maggiore integrazione dei rispettivi processi aziendali.

Tutto ciò premesso, tra le parti come in epigrafe rappresentate e domiciliate:

si conviene e si stipula quanto segue:

* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

file b

mar_peg
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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Il contratto di outsourcing

65

Articolo 1 Valore delle premesse, degli allegati e norme regolatrici 1. Le premesse di cui sopra costituiscono parte integrante e sostanziale del presente

contratto, così come il Capitolato Tecnico, nonché i documenti allegati allo stesso Capitolato Tecnico e l’allegato di cui all’articolo 14 (Organi di Controllo). In caso di conflitto tra le disposizioni contenute nel presente contratto e il Capitolato Tecnico, le clausole del presente contratto prevarranno.

Articolo 2 Definizioni 1. Nel corpo del presente contratto, con il termine: a) “Fornitore” o “Outsourcer” s’intende l’Impresa che, con l’erogazione di servizi di

consulenza specialistica è preposto allo svolgimento di attività per la manutenzione, lo sviluppo e l’assistenza funzionale dei servizi informatici necessari al Committente per la gestione delle proprie aree aziendali;

b) “Committente” s’intende l’impresa che ha affidato al Fornitore l’esecuzione dei servizi informatici finalizzati alla gestione delle infrastrutture connesse ai propri processi operativi e di gestione;

c) “Responsabile del Committente” s’intende la persona nominata dal Committente per sovrintendere all’esecuzione del contratto, fungendo da interlocutore del Fornitore per tutte le attività in cui ciò sia previsto;

d) “Responsabile del Fornitore” s’intende la persona nominata dal Fornitore per coordinare l’esecuzione del contratto e fungere da interlocutore del Committente per tutte le attività in cui ciò sia previsto.

Articolo 3 Oggetto del contratto 1. I sistemi informatici di cui dispone il Committente sono descritti sotto il profilo

dimensionale, tecnico, funzionale ed operativo nel Capitolato Tecnico;

2. Il Committente affida, in outsourcing al Fornitore, che accetta, l’organizzazione di servizi informatici e l’utilizzo delle tecnologie ed in particolare la prestazione di uno o più dei servizi di seguito indicati:

a) manutenzione correttiva; b) manutenzione adeguativa; c) manutenzione evolutiva; da eseguirsi, conformemente alle previsioni, condizioni, modalità e termini previsti nel Capitolato Tecnico e nel presente contratto.

3. gli output delle attività svolte dovranno essere realizzati nel rispetto degli standard

qualitativi (prevalentemente ISO 9001 e successivi aggiornamenti) e secondo le modalità previste nel Capitolato Tecnico, o altrimenti concordati con il Committente, e consegnati secondo la tempificazione prevista nel Capitolato Tecnico o quella diversa concordata con

il Committente, salvo l’applicazione delle penali di cui al successivo articolo 17.

O U T S O U R C I N G

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4. Nelle attività contrattuali di cui al precedente comma è, altresì, compreso un periodo di affiancamento di inizio e fine fornitura, secondo modalità e scopi contenuti nel Capitolato Tecnico.

Articolo 4 Variazioni 1. Le parti prendono atto, assumendo incondizionato impegno al riguardo, che è facoltà del

Committente di apportare variazioni in aumento o in diminuzione alla prestazione contrattuale, previo preavviso di … (ad es.: da 3 a 6 mesi) nella misura massima, in entrambi

i casi, del 20% del valore del contratto per ogni anno compresi gli oneri accessori. 2. Le variazioni in aumento richieste dal Committente in corso di esecuzione determinano

una variazione del corrispettivo per la lavorazione oggetto della variazione. Il Fornitore ha

diritto al compenso per maggiori attività. Qualora le parti non giungano ad un accordo, il corrispettivo è determinato nella misura della percentuale da applicare al prezzo pattuito sulla base dei metodi di valutazione contenuti nel Capitolato Tecnico.

3. Qualora le variazioni in aumento e/o in diminuzione richieste dal Committente in corso di esecuzione determinassero una variazione del termine di ultimazione della lavorazione oggetto della modifica, la variazione è stabilita in accordo con le parti. Qualora le parti

non giungano ad un accordo, la variazione è determinata nella misura che risulti dai metodi di valutazione contenuti nel Capitolato Tecnico.

4. Nel caso in cui tali variazioni si configurino come attività di manutenzione evolutiva eccedente

il tetto prestabilito o comunque come altre attività non previste, il Committente dovrà predisporre un capitolato tecnico ed invitare il Fornitore a formulare entro un periodo di tempo ragionevole un’offerta scritta. Qualora il Committente non intendesse accettare

l’offerta dovrà utilizzare lo stesso Capitolato Tecnico per ottenere ulteriori offerte da terzi. Il Fornitore avrà altresì la facoltà di concorrere alla presentazione delle offerte dei Fornitori terzi e di essere comunque preferito a tutti i terzi nel caso l’offerta proposta sia almeno

ugualmente competitiva rispetto alla migliore offerta dei terzi concorrenti. Articolo 5 Durata e recesso anticipato 1. Il periodo di efficacia del presente contratto è fissato in… (ad es.: da 3 a 5 anni) a

decorrere dalla data di sottoscrizione tra le parti.

2. Alla fine del suddetto periodo, il contratto si rinnoverà automaticamente per successivi

periodi di un anno, salvo disdetta scritta comunicata da una parte all’altra almeno 6 mesi

prima della scadenza.

3. Salvo quanto stabilito nei precedenti punti 5.1 e 5.2, entrambe le parti avranno la facoltà

di recedere anticipatamente dal contratto. Il Committente avrà la facoltà di recedere

decorso almeno 1 anno nel caso di durata contrattuale di 3 anni o decorsi 2 anni nel caso

di durata contrattuale di 5 anni, purché tenga indenne il Fornitore delle spese sostenute,

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Il contratto di outsourcing

67

dei lavori eseguiti e del mancato guadagno, dandone comunicazione scritta al Fornitore a

mezzo raccomandata A.R. Il recesso diverrà efficace decorso 1 anno dalla data di invio

della comunicazione scritta al Fornitore.

4. Il Fornitore avrà la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo con la stessa

tempistica prevista per il Committente, purché tenga indenne il Committente delle spese

sostenute e dei lavori eseguiti.

5. In entrambi i casi il Fornitore si impegna a dare l’assistenza che il Committente potrà

ragionevolmente richiedere per iscritto per far sì che l’attività possa continuare senza

interruzioni, fornendo tutte le informazioni ed il supporto necessario al passaggio di

consegne. Le modalità operative con cui verrà gestito il momento di passaggio delle

competenze dal Fornitore al Committente, per consentire la gestione dei servizi senza

soluzione di continuità, sono espressamente previste all’interno del Capitolato Tecnico. Le

parti si garantiscono reciprocamente l’obbligo di trasferimento di procedure e strumenti

standard di gestione.

Articolo 6

Obblighi e adempimenti 1. Il Fornitore si obbliga ad eseguire le prestazioni oggetto del presente contratto a perfetta

regola d’arte e nel rispetto di tutte le norme e prescrizioni legislative, anche tecniche e di sicurezza, in vigore e di quelle che dovessero essere emanate nel corso di durata del

presente contratto, nonché secondo le condizioni, le modalità, i termini e le previsioni contenute nel presente contratto e nei suoi allegati. Resta espressamente convenuto, fatto salvo quanto espressamente previsto all’art. 4 (Variazioni), che gli eventuali

maggiori oneri, derivanti dall’osservanza delle predette norme e prescrizioni legislative resteranno ad esclusivo carico del Fornitore, se contenute nella misura del ... (ad es.: 1% - 3%) del corrispettivo. In caso di eccedenza della percentuale di cui sopra, l’ammontare

eccedente verrà equamente suddiviso tra le parti. 2. Il Fornitore si impegna ad eseguire le attività contenute nel Capitolato Tecnico, secondo

le modalità indicate dal Committente nel medesimo Capitolato Tecnico ovvero secondo

quelle diversamente concordate con il Committente stesso. 3. I servizi oggetto del presente contratto dovranno essere conformi, salva espressa

autorizzazione del Committente alla variazione, alle caratteristiche tecniche minime ed

alle specifiche indicate nel Capitolato Tecnico. 4. Il Fornitore si impegna espressamente a manlevare e tenere indenne il Committente da

tutte le conseguenze derivanti dalla eventuale inosservanza delle norme e prescrizioni

tecniche, di sicurezza e sanitarie vigenti. 5. Il Fornitore si impegna ad avvalersi di personale altamente specializzato, in relazione alle

diverse prestazioni contrattuali. Il personale che dovrà accedere agli uffici del Fornitore,

lo farà nel rispetto di tutte le relative prescrizioni di accesso.

O U T S O U R C I N G

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6. Ciascuna parte si impegna ad individuare persone idonee per lo svolgimento delle attività

contrattuali, in particolar modo per quanto concerne le figure dei Responsabili.

7. Il Fornitore si impegna, inoltre, a fornire, negli ultimi (tre/sei) mesi di efficacia del

presente contratto, il personale necessario al trasferimento del know-how e delle

competenze al personale del Committente o a terzi da questo designati, nei limiti del

Capitolato Tecnico. Le modalità di esecuzione di tali attività di affiancamento verranno

congiuntamente concordate.

8. Il Fornitore si obbliga a consentire al Committente di procedere, in qualsiasi momento,

alle verifiche sulla piena e corretta esecuzione del presente contratto, nonché alla

corrispondenza, anche sotto il profilo quantitativo, dell’insieme delle figure professionali

effettivamente impiegate, ed a prestare la propria collaborazione per consentire lo

svolgimento di tali verifiche, come previsto all’articolo 14 (organi di controllo).

9. Il Fornitore si obbliga a garantire la continuità delle prestazioni contrattuali, nonché la

stabilità della composizione del gruppo di lavoro, concordata nelle modalità di cui sopra,

impegnandosi a non variarne la composizione soggettiva, se non per motivate ragioni

organizzative ed esigenze imprenditoriali. In caso di sostituzione, il Fornitore dovrà

garantire un periodo di affiancamento del personale in sostituzione con quello sostituito,

idoneo a non diminuire l’efficienza del gruppo di lavoro.

10. Il Fornitore, nel caso di sostituzione di una figura professionale coinvolta nell’esecuzione

delle prestazioni contrattuali, dovrà darne comunicazione al Committente.

11. Il Committente si obbliga a comunicare tutte quelle informazioni e a porre in essere tutti

quei comportamenti necessari al fine di consentire e/o agevolare il Fornitore nello

svolgimento del servizio; in particolare il Committente è tenuto a:

− mettere a disposizione del Fornitore le infrastrutture informatiche e logistiche

concordate;

− identificare il proprio personale che interagisce con il Fornitore nella gestione dei servizi descritti nel Capitolato Tecnico;

− garantire l’accesso al proprio elaboratore attraverso un’opportuna connessione

telematica e l’accesso ai propri uffici per l’esecuzione delle operazioni necessarie nei tempi e nei modi stabiliti dal presente contratto;

− svolgere tutte le attività indicate relativamente al ruolo ed alle responsabilità secondo

i termini e le modalità previste nel Capitolato Tecnico; − sottoscrivere con i fornitori di software di base i contratti di manutenzione per i

prodotti installati.

12. Le parti si obbligano, inoltre, a dare immediata comunicazione di ogni circostanza che abbia influenza sull’esecuzione del contratto.

13. Alla scadenza del contratto, le parti dovranno riconsegnare, liberi da persone e cose, i

locali e le postazioni di lavoro eventualmente messi a disposizione dall’altra parte e restituire tutti i materiali e gli eventuali prodotti software messi a disposizione.

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Il contratto di outsourcing

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14. Le prestazioni contrattuali da svolgersi presso gli uffici del Fornitore e/o del Committente

dovranno essere eseguite, di norma, nel corso del normale orario di lavoro degli uffici.

Articolo 7

Obblighi assicurativi

1. Ferma restando la responsabilità diretta del Fornitore ai sensi di quanto stabilito

all’articolo 6 (Obblighi e adempimenti) quest’ultimo, a sue cure e spese, stipulerà e

manterrà in essere, per tutto il periodo in cui verranno forniti i Servizi di Outsourcing, un

contratto di assicurazione con primaria compagnia, in conformità a quanto stabilito nel

Capitolato Tecnico.32

2. Il suddetto contratto di assicurazione dovrà indicare quale beneficiario esclusivo il

Committente a cui dovrà essere consegnata copia dello stesso.

Articolo 8

Obblighi derivanti dal rapporto di lavoro

1. Le parti si obbligano ad ottemperare a tutti gli obblighi verso i propri dipendenti e

collaboratori derivanti da disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di lavoro,

previdenza e disciplina infortunistica, assumendo a proprio carico tutti gli oneri relativi.

Articolo 9

Obblighi di riservatezza

1. Le parti si obbligano a mantenere riservati i dati e le informazioni, ivi comprese quelle

che transitano per le apparecchiature di elaborazione e di trasmissione dati, di cui

vengano in possesso e, comunque, a conoscenza, a non divulgarli in alcun modo e in

qualsiasi forma e a non farne oggetto di utilizzazione a qualsiasi titolo per scopi diversi da

quelli strettamente necessari all’esecuzione del presente contratto. Tale obbligo concerne

altresì le idee, le metodologie e le esperienze tecniche che il Fornitore sviluppa o realizza

in esecuzione delle prestazioni contrattuali.

2. L’obbligo di cui al precedente comma sussiste, altresì, relativamente a tutto il materiale

originario o predisposto in esecuzione del presente contratto.

3. Le parti sono responsabili per l’esatta osservanza da parte dei propri dipendenti,

consulenti e collaboratori, nonché dei propri eventuali subappaltatori e dei dipendenti,

consulenti e collaboratori di questi ultimi, degli obblighi di segretezza anzidetti.

32 Si considera opportuna un’assicurazione per i danni che i dipendenti del Fornitore possono arrecare al Committente presso gli ufficio di quest’ultimo; occorrerà valutare caso per caso l’opportunità di un’assicurazione che abbia ad oggetto eventuali danni causati dalla prestazione del servizio.

O U T S O U R C I N G

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Articolo 10 Brevetti industriali e diritti d’autore 1. Il Fornitore assume ogni responsabilità conseguente all’uso di dispositivi o all’adozione di

soluzioni tecniche o di altra natura che violino diritti di brevetto, di autore ed in genere di privativa altrui.

Articolo 11 Responsabilità 1. Il Fornitore è responsabile dei danni di qualsiasi natura, materiali o immateriali, diretti e

indiretti, che dovessero essere causati da parte dei propri dipendenti, consulenti e collaboratori, nonché dei propri eventuali subappaltatori e dei dipendenti, consulenti e collaboratori di questi ultimi, al Committente, al loro personale, consulenti, nonché ai loro

beni mobili e immobili, anche condotti in locazione, nonché a terzi33. Articolo 12 Forza Maggiore 1. Le Parti non potranno essere considerate responsabili per ritardi o mancata esecuzione di

quanto stabilito nel contratto, qualora ciò sia dipeso esclusivamente da eventi al di fuori

della sfera di controllo della Parte e la Parte non adempiente abbia agito con il massimo impegno per prevenire i suddetti eventi e/o risolverne le conseguenze. L’onere di provare che il verificarsi di tali eventi impedisce la tempestiva esecuzione, o l’esecuzione stessa,

grava sulla parte inadempiente. 2. La Parte che abbia avuto notizia di un evento che possa considerarsi di forza maggiore

ne darà immediata comunicazione all’altra e le Parti si incontreranno immediatamente al

fine di concordare insieme gli eventuali rimedi per ripristinare quanto prima la normale funzionalità dei servizi.

3. In ogni caso qualora un evento di forza maggiore impedisca il regolare funzionamento dei

servizi per un periodo superiore a giorni… (es. 10 – 90 gg o per periodi superiori a quelli previsti nel Capitolato Tecnico), il Committente avrà la facoltà di recedere immediatamente dal contratto dandone comunicazione al Fornitore a mezzo raccomandata A.R. e senza che

nulla sia dovuto a quest’ultimo a titolo di mancato guadagno. Articolo 13 Pianificazione e coordinamento della fornitura 1. Il Fornitore dovrà presentare al Committente una pianificazione iniziale delle attività

relative al servizio outsourcing, che recepisca i livelli di servizio indicati nel Capitolato

Tecnico (Piano di lavoro con attività, tempi). Tale pianificazione dovrà essere condivisa tra le parti.

33 Le parti potranno valutare se, al fine di garantire l’economicità del contratto, aggiungere un secondo comma del seguente tenore: ”Il Fornitore sarà responsabile dei danni patiti dal Committente per fatto addebitabile al Fornitore soltanto entro e non oltre il limite massimo costituito dal ... (ad es. 50%) del valore del presente contratto, fatti salvi i limiti inderogabili di cui all’articolo 1229 c.c.”

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Il contratto di outsourcing

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2. Successivamente, ed in particolare all’entrata in funzione del servizio, il Fornitore dovrà

comunicare e concordare con il Committente ogni eventuale ripianificazione delle attività,

aggiornando il Piano di lavoro.

Articolo 14

Organi di controllo

1. Al fine di potere effettuare un monitoraggio sistematico sulle attività che saranno

effettuate dal Fornitore (e dalle società da queste eventualmente incaricate ai sensi del

presente contratto) e per consentire sia al Committente che al Fornitore di valutare tutti

gli aspetti connessi al progetto, vengono costituiti due comitati:

i. Comitato di Gestione: che ha il compito di presidiare e controllare l’erogazione dei

Servizi sulla base del Piano di Controllo di cui al successivo articolo 15. E’ costituito dai

Capi-Progetto designati dalle singole parti e dal rappresentante del Comitato di

Direzione. Si riunisce almeno una volta a trimestre (in fase iniziale almeno una volta al

mese) su iniziativa del suo Presidente o su richiesta di un suo membro, per verificare

l’andamento delle attività, realizzare/proporre tutti gli interventi ritenuti

necessari/sufficienti per correggere eventuali anomalie, pianificare le attività principali

del prossimo periodo e, più in generale, gestire ogni aspetto del Contratto riguardante

l’organizzazione e il funzionamento dei servizi. Il Comitato di Gestione redige ed invia i

verbali relativi agli incontri ai membri del Comitato di Direzione.

ii. Comitato di Direzione: che ha il compito di sviluppare le strategie relative all’evoluzione

del Contratto. E’ costituito dai Responsabili designati dalle singole parti e dal

rappresentante del Comitato di gestione senza diritto di voto. Il Comitato in oggetto

delibera all’unanimità. Si riunisce almeno una volta all’anno, su iniziativa del suo

Presidente, per esaminare l’andamento della situazione e decidere modifiche e/o

innovazioni da apportare al Contratto o, su richiesta del Comitato di Gestione, per

esaminare le proposte avanzate da quest’ultimo e, se del caso, approvarle.

2. Nell’Allegato n. … al presente contratto si dà la prima composizione del Comitato di

Direzione e del Comitato di Gestione con facoltà di successiva modifica.

Articolo 15

Rispetto degli standard qualitativi (ISO 9001)

1. Le attività svolte dal Fornitore dovranno essere sempre svolte nel rispetto degli standard

qualitativi basati sulla normativa ISO 9001 e successivi aggiornamenti per assicurare al

Committente il livello di qualità della propria prestazione. In particolare, il Fornitore si

impegna a predisporre, congiuntamente con il Committente, un Piano di Controllo, che

costituirà parte integrante e sostanziale del presente contratto e che identificherà in

O U T S O U R C I N G

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dettaglio le attività da porre in essere per dotare i servizi richiesti dal Committente dei

seguenti requisiti di base:

- definizione in modo esplicito delle necessità di ogni funzione chiave del Committente;

- standardizzazione della forma in cui vengono presentate le relazioni in modo che le

comunicazioni siano chiare e comprensibili a tutti in modo immediato;

- definizione dei formati dei rapporti e delle procedure;

- definizione della frequenza con cui generare le relazioni e il tipo di analisi da utilizzare.

Articolo 16

Consegna dei prodotti e servizi

1. I prodotti e servizi quali risultanti dalle attività svolte, di cui al precedente articolo 3, comma

2 dovranno essere realizzati nel rispetto degli standard e secondo le modalità previste nel

Capitolato Tecnico, o successivamente concordati con il Committente, e consegnati secondo

le scadenze temporali previste nel Capitolato Tecnico o quelle diverse indicate nel Piano di

lavoro, pena l’applicazione delle penali di cui al successivo articolo 17.

2. La verifica dei prodotti e servizi da parte del Committente dovrà avvenire nei termini indicati

nel Capitolato Tecnico a far data dalla messa a disposizione da parte del Fornitore.

3. Il Fornitore dovrà provvedere a proprio totale carico alla eliminazione delle eventuali

anomalie riscontrate dal Committente sui prodotti consegnati, ferma restando

l’applicazione delle penali di cui al successivo articolo 17.

Articolo 17

Penali

1. In caso di ritardo nell’avvio del servizio imputabile al Fornitore, il Committente, previa

contestazione dell’addebito e valutazione delle eventuali deduzioni addotte dal Fornitore

e da questo comunicate al Committente nel termine massimo di X (...) giorni dalla stessa

contestazione, applicherà una penale pari a … (…) euro per ogni giorno di ritardo

nell'avvio del servizio previsto per …

2. In caso di mancato servizio di affiancamento nonché del rilascio dei prodotti previsti per

la fine della fornitura, il Committente, previa contestazione dell’addebito e valutazione

delle eventuali deduzioni addotte dal Fornitore e da questo comunicate al Committente

nel termine massimo di X (…) giorni dalla stessa contestazione, applicherà una penale

pari a … (…) euro.

3. In caso di ritardo nella consegna dei prodotti secondo la pianificazione definita in accordo

a quanto previsto dall'articolo 13, il Committente, previa contestazione dell’addebito e

valutazione delle eventuali deduzioni addotte dal Fornitore e da questo comunicate al

Committente nel termine massimo di X (…) giorni dalla stessa contestazione, applicherà

una penale pari a … (…) euro per ogni giorno di ritardo nella consegna dei prodotti.

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Il contratto di outsourcing

73

4. In caso di esito negativo delle attività di verifica e validazione dei prodotti rilasciati di cui

all'articolo 16, il Committente, previa contestazione dell’addebito e valutazione delle

eventuali deduzioni addotte dal Fornitore e da questo comunicate al Committente nel

termine massimo di X (…) giorni dalla stessa contestazione, applicherà una penale pari a

… (…) euro per ogni rilascio di prodotti non validati.

5. Le comunicazioni previste dal presente articolo si dovranno effettuare per iscritto, anche

via e-mail, eventualmente certificate.

Articolo 18

Corrispettivo34

Articolo 19

Risoluzione e recesso

1. Diffida ad adempiere

Di fronte all’inadempimento di una parte, l’altra parte potrà intimare per iscritto, mediante

una comunicazione non generica corredata di adeguata documentazione tecnica, di porre

rimedio a tale inadempimento entro il termine di 30 giorni, avvertendo esplicitamente la

controparte che, decorso inutilmente tale termine, la parte intimante potrà dichiarare per

iscritto la risoluzione del contratto o della sola parte cui è relativo l’inadempimento.

2. Clausola risolutiva espressa

Il contratto si risolverà di diritto ai sensi dell’art. 1456 c.c. quando l’inadempienza riguardi

una delle seguenti obbligazioni:

- mancata esecuzione delle obbligazioni di risultato di cui ai punti …del Capitolato Tecnico; - superamento soglia applicazione penali per mancato rispetto del Service Level

Agreement; - caso di subappalto non autorizzato; - mancato pagamento dei corrispettivi al Fornitore oltre …giorni; - violazione del segreto aziendale e della riservatezza di cui all’art. 9; - violazione tutela della proprietà intellettuale.

3. Assistenza dovuta dal Fornitore

A partire dalla comunicazione di risoluzione e in ogni caso di recesso, il Fornitore darà

l’assistenza che il Committente potrà ragionevolmente richiedere per iscritto per fare sì

che l’esercizio del Sistema possa continuare senza interruzioni e per facilitare l’ordinato

trasferimento dell’esecuzione di tali Servizi a chi il Committente abbia designato.

L’assistenza dovrà comprendere quanto segue:

34 Il calcolo del corrispettivo varia a seconda della prestazione oggetto del contratto: 1. se il contratto ha ad oggetto la sola manutenzione correttiva, si prevede un canone annuo onnicomprensivo; 2. se il contratto ha ad oggetto la sola manutenzione adeguativa, si prevede un canone annuo onnicomprensivo oppure un

preventivo; 3. se il contratto ha ad oggetto la sola manutenzione evolutiva, si prevede un preventivo.

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- il Fornitore continuerà ad eseguire, dopo il ricevimento della comunicazione di

cessazione, quelle parti dei Servizi in corso di esecuzione di cui il Committente potrà

ragionevolmente richiedere la continuazione, purché corrisponda i corrispettivi dovuti

per i Servizi resi in seguito a tale richiesta;

- il Fornitore dovrà assistere il Committente nello sviluppo di un piano per il

trasferimento dei Servizi in una forma paragonabile al Periodo di Transizione;

- il Fornitore dovrà provvedere all’addestramento del personale del Committente o del

soggetto da questi incaricato per l’esecuzione dei Servizi dietro corresponsione da

parte del Committente di un ragionevole corrispettivo per tale addestramento;

- il Fornitore offrirà di vendere al Committente attrezzature e hardware necessari per

l’assunzione dei servizi;

- il Fornitore trasferirà al Committente qualunque licenza del software dedicato

all’esecuzione dei Servizi, ove consentito dal contratto di licenza, purché tuttavia il

Committente paghi tutti gli oneri applicati dal Titolare dei diritti come standard in

relazione al trasferimento di questo software, a condizione che il medesimo sia

trasferito nella versione a quel momento in esercizio nel Sistema e questa risulti

quella indicata dal Committente durante gli incontri periodici d’aggiornamento delle

problematiche con il Fornitore.

Articolo 20

Divieto di cessione del contratto e cessione del credito

1. Il Fornitore può cedere a terzi i crediti derivanti alla stessa dal presente contratto, ma

tale cessione è subordinata all’accettazione espressa da parte del Committente.

Articolo 21

Concorrenza

1. Il Fornitore potrà svolgere prestazioni analoghe al servizio oggetto del presente contratto

a favore di altro Committente purché ciò non pregiudichi la proprietà intellettuale, il

know-how ed, in generale, il patrimonio ideativo del Committente.

Articolo 22

Rapporto Fiduciario

1. Ferme restando tutte le dichiarazioni e le garanzie rese nel contratto dal Fornitore al

Committente, le parti si danno reciprocamente atto che il contratto si fonda su un

rapporto fiduciario instaurato tra le parti stesse. Pertanto le parti si impegnano

reciprocamente a:

- tenere sotto costante controllo l’andamento dell’esecuzione delle attività nel rispetto

delle procedure ISO 9001;

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Il contratto di outsourcing

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- adoperarsi in buona fede affinché l’esecuzione continuativa delle attività avvenga

nelle condizioni migliori, in modo da salvaguardare l’utilità reciproca;

- eseguire anche prestazioni non previste, qualora queste appaiano strumentalmente

indispensabili per l’attuazione del rapporto di collaborazione;

- operare con l’opportuna flessibilità per l’ottimale realizzazione degli interessi reciproci

oggetto del contratto;

- comunicare tempestivamente circostanze di cui siano venute a conoscenza e che

siano rilevanti per l’esecuzione del contratto;

2. Le parti si impegnano inoltre a rinegoziare in buona fede eventuali modifiche al contratto, qualora entrambe concordino circa la rilevanza di intervenute modifiche ai presupposti commerciali e/o tecnologici alla base del rapporto.

Articolo 23 Contenzioso 1. Tutte le controversie derivanti dal presente contratto verranno deferite alla Camera di

Commercio in cui è la sede legale del Committente/Fornitore e risolte secondo il regolamento di conciliazione della stessa.

2. (OPZIONE A) Qualora il tentativo di conciliazione fallisca, la controversia sarà risolta mediante arbitrato secondo il regolamento della Camera Arbitrale di …35 . Il Tribunale Arbitrale sarà composto da un arbitro unico, nominato in conformità a tale regolamento.

L’arbitrato sarà rituale e l’arbitro deciderà secondo diritto. 2. (OPZIONE B) Qualora il tentativo di conciliazione fallisca, le parti potranno adire l’autorità

giudiziaria.

3. Per quanto non è espressamente previsto e derogato dal presente contratto, valgono, per quanto applicabili, le norme del Codice Civile e le altre norme di legge applicabili.

Articolo 24 Consenso al trattamento dei dati 1. Le parti dichiarano di consentire il trattamento dei dati personali ai sensi del D.lgs.

196/03 per le finalità connesse all’esecuzione del presente contratto. __________, lì _______________

IL COMMITTENTE IL FORNITORE Legale rappresentante Legale rappresentante

____________________ ____________________ 35 In Italia, esistono numerose Camere Arbitrali presso le Camere di Commercio. Si consiglia, comunque, l’esame preventivo dei Regolamenti Arbitrali delle stesse.

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IL CONTRATTO DI ACQUISTO/VENDITA a cura di Flavia Silla*

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

Vendita

La vendita è un contratto

• con il quale una parte trasferisce in proprietà ad un’altra la proprietà di una cosa mobile o immobile o di altro diritto dietro corrispettivo di un prezzo in denaro

• a prestazioni corrispettive

• a titolo oneroso

• consensuale

Ciò significa

• che il contratto si perfeziona con l’accordo delle parti (espresse secondo le modalità di proposta e accettazione)

a prescindere

dalla consegna del beneo

dal pagamento del prezzo

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Il contratto di acquisto/vendita

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• Per la stipula del contratto non è stabilita una forma particolare, a meno che si tratti di bene immobile o di eredità

• Dalla conclusione del contratto discendono le obbligazioni del venditore e del compratore

Si tratta delle seguenti:

Obbligazioni del venditore

• Venditore1. Consegnare la cosa al compratore al momento della conclusione del contratto, salvo diverso accordo tra le parti

2. Fare acquistare al compratore la proprietà delle cose o il diritto se l’acquisto non è effetto immediato del contratto

3. Garantire il compratore dall’evizione e dai vizi della cosa

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Consegna della cosa

Il venditore deve consegnare la cosa nello stato in cui si trovava al momento della conclusione del contratto

Salvo diversa volontà delle parti la consegna comprende accessori, pertinenze e frutti maturati dal giorno della vendita

ConsegnaIn via generale le parti stabiliscono il luogo della consegna

In mancanza, si guarda alla natura della prestazione o agli usi

Se non sono applicabili questi criteri, la consegna di una cosa mobile o di una cosa certa e determinata deve avvenire nel luogo in cui la cosa si trovava al momento del contratto (altrimenti dove il venditore ha il suo domicilio o presso la sede dell’impresa)

Se la cosa venduta deve essere trasportata, il venditore si libera dell’obbligazione rimettendo la cosa al vettore o allo spedizioniere

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Il contratto di acquisto/vendita

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Consegna della cosa• Le parti possono prevedere che la consegna avvenga in un

momento successivo al contratto

• In tal caso il venditore è tenuto alla custodia del bene (si applicano le regole relative al deposito)

• Se il venditore consegna la cosa con vizi a lui imputabili, il compratore può esercitare l’azione di risoluzione per inadempimento e, secondo alcuni, l’azione di riduzione del prezzo senza incorrere nel termine di decadenza per la denuncia né in quello di prescrizione previsti per i vizi della cosa

Il bene è consegnato al compratore contestualmente alla firma del presente contratto che ne costituisce accettazione

oppure

La consegna avverrà entro …. giorni decorrenti dalla firma del presente accordo al seguente indirizzo….

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oppure

La consegna della cosa avverrà presso il domicilio del compratore entro la data del ….. , a mezzo ….

Resta stabilito che le spese di trasporto sono a carico di ….

oppureLa consegna della cosa avverrà presso il domicilio del venditore

entro il …..

oppure

La consegna dovrà essere effettuata nel luogo indicato dal compratore, a mezzo...

Le spese sono a carico del venditore/compratore

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Il contratto di acquisto/vendita

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oppure

Il bene sarà consegnato dietro richiesta del compratore che dovrà pervenire entro e non oltre il …..

Una volta decorso tale termine senza che sia pervenuta la richiesta al venditore, il presente accordo si intenderà risolto e il venditore avrà diritto ai danni subiti a causa dell’inadempimento del compratore

Consegna della cosaSe durante la custodia il bene perisce o sopravviene l’impossibilità della consegnaoccorre distinguere per le conseguenze tra vendita con effetti reali immediati e vendita con effetti differitiNel primo caso tutti rischi di perimento della cosa si verificano al momento della conclusione del contratto

Nella seconda ipotesi gli stessi rischi si trasferiscono al compratore solo quando si verifica l’effetto traslativo della proprietà

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Obbligo di far acquistare al compratore la proprietà delle cose

• La vendita può avere ad oggetto anche una cosa futura; in questocaso, l’acquisto della proprietà si determina al momento in cui la cosa viene ad esistenza

• Se ha ad oggetto una cosa altrui, il passaggio della proprietà si determina in un momento successivo all’accordo

Il venditore assume l’obbligazione di procurarne l’acquisto all’acquirente che diventa automaticamente proprietario del bene nel momento in cui il venditore riesce ad acquistare la proprietà del bene dal terzo

Garanzia dall’evizione

• Riguarda la situazione di chi sia rimasto soccombente in un giudizio instaurato da un terzo che vanta diritti sulla cosa

• In questo caso il compratore evitto ha l’onere di chiamare in causa il venditore per essere dallo stesso garantito, in quanto quest’ultimo potrà essere in grado di fornire le prove necessarie per dimostrare che l’azione è infondata

• Se il compratore subisce l’evizione, il venditore deve restituire il prezzo e corrispondere i danni; se l’evizione è parziale il compratore può chiedere la risoluzione del contratto o una riduzione del prezzo oltre il risarcimento dei danni

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Il contratto di acquisto/vendita

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• Non occorre a tal fine indicare una specifica previsione nel contratto essendo tale garanzia elemento naturale del contratto;le parti possono però escluderla ovvero aumentarne o ridurre glieffetti

• Se è pattuita l’esclusione, questa non vale in caso di colpa grave o di dolo

“Il venditore garantisce al compratore la piena proprietà del bene oggetto del presente contratto nonché l’inesistenza su di esso da

qualsiasi vincolo, garanzia reale o diritto di terzo”

Garanzia per i vizi della cosa

• Il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendono non idonea all’uso cui è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore

• Tra i vizi garantiti si segnalano in particolare:- Vizi materiali della cosa- Mancata qualità del bene venduto- Consegna di una cosa diversa da quella acquistata

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Vizi materiali

Imperfezioni che rendono il bene inidoneo all’uso o che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore

Il venditore garantisce il compratore dai vizi preesistenti allaconclusione del contratto sia apparenti che occulti

La garanzia non si estende comunque ai vizi successivi

Vizi apparenti, sono i vizi rilevabili dal compratore stesso con un rapido e sommario esame della cosa

Vizi occulti sono quelli non riconoscibili da un esame immediato del bene e che si rilevano solo dopo che ne sia iniziata l’utilizzazione

La garanzia non opera per i vizi che il compratore conosceva al momento del contratto o per quelli che erano facilmente conoscibili a prima vista e con il minimo sforzo di diligenza

La garanzia sussiste anche per i vizi facilmente riconoscibili se il venditore ha specificatamente dichiarato che la cosa era esente da vizi

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Il contratto di acquisto/vendita

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Il venditore garantisce al compratore la piena idoneità del bene all’uso cui è destinato

Se il bene dovesse presentare vizi non facilmente riconoscibili al momento dell’acquisto, il compratore può domandare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo in base all’art. 1492 c.c.

Il compratore deve denunciare l’esistenza di vizi del bene venduto al venditore nel termine di 8 giorni decorrenti:

- per i vizi apparenti dal giorno in cui il compratore è stato in grado di esaminare la merce (in genere dal giorno in cui gli è stata consegnata)

- per i vizi occulti dal giorno della scoperta (da quando il compratore ha acquisito certezza completa di tali circostanze)

Se la vendita riguarda cose da trasportare il termine decorre dal ricevimento delle stesse

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Il termine è a pena di decadenza dal diritto di garanzia; ne consegue che l’inutile scadenza comporta l’impossibilità per il compratore di proporre pretese nei riguardi del venditore

E’ possibile prevedere un termine diverso, purché non renda eccessivamente difficile ad una delle parti l’esercizio del diritto

• Il compratore ha l’onere di provare il rispetto dei termini di denuncia dei vizi; spetta al venditore contestare la decadenza del diritto

• Tale decadenza non può mai essere rilevata d’ufficio dal giudice

• In via generale la denuncia non richiede particolari modalità e può essere effettuata con qualsiasi mezzo

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Il contratto di acquisto/vendita

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• Il compratore che ha denunciato i vizi nei termini può scegliere se chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo

• In entrambi i casi ha comunque diritto ad avere il risarcimento dei danni subiti a meno che il venditore non provi di aver senza colpa ignorato i vizi della cosa

• Per agire in giudizio al fine di far valere la garanzia il compratore ha tempo 1 anno dalla consegna della cosa

• In particolare, il termine annuale decorre:- se il compratore aveva la disponibilità della cosa prima della

conclusione del contratto, dalla conclusione del contratto stesso

- nella vendita con trasporto, dal momento in cui il venditore rimette la cosa al compratore

- nella vendita su documenti dal momento in cui vengono rimessi alcompratore i titoli rappresentativi

- nella vendita a consegne ripartite dalla data di consegna della prima partita

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• La garanzia può essere modificata con apposita clausola contrattuale

• Se la modifica è predisposta da uno solo dei contraenti, la clausola si considera vessatoria

Mancata qualità del bene venduto

• Se la cosa venduta non ha le qualità essenziali per l’uso a cui è destinata o quelle promesse dal venditore, il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza fissati dagli usi

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Il contratto di acquisto/vendita

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Consegna di cosa diversa da quella venduta

• La legge non prevede un rimedio specifico in questo caso

• Si ritiene peraltro che il compratore possa proporre l’azione di esatto adempimento o l’ azione di risoluzione

• Per stabilire la diversità tra la cosa venduta e quella consegnata si deve tener conto della natura, della consistenza e della destinazione della cosa

• Esempi:

mobile acquistato in legno di mogano; consegnato mobile di legno di abete;

pattuita acqua potabile e consegnata acqua non potabile

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Obbligazioni del compratore• Consiste nel pagamento del prezzo nel termine e nel luogo fissati

dal contratto; diversamente, e salvo altri usi, il pagamento deve avvenire al momento della consegna e nel luogo dove questa si esegue; se non avviene al momento della consegna si fa al domicilio del venditore

• L’ammontare del prezzo va espresso in Euro o in altra moneta avente corso legale

• Le parti possono indicare direttamente l’esatto ammontare del prezzo o fissare i criteri o gli elementi per la sua determinazione

Prezzo• Se le parti non hanno determinato il prezzo, né hanno convenuto

il modo di determinarlo, si stabilisce come segue:

- se il contratto ha per oggetto beni di larga produzione si presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore;

- se il contratto ha per oggetto beni aventi un prezzo di borsa o di mercato il prezzo si desume dai listini del luogo in cui deve essere effettuata la consegna o da quelli della piazza più vicina tenuto conto del tempo in cui il contratto è stato concluso

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Il contratto di acquisto/vendita

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Il corrispettivo del trasferimento della proprietà del bene è determinato in Euro …

Tale importo va versato contestualmente alla sottoscrizione del presente contratto

oppure

Tale importo va versato dal compratore al venditore in base alle seguenti modalità e termini:………………

I termini di corresponsione del corrispettivo sono da considerarsi essenziali per il venditore

All’atto del versamento del prezzo , il venditore deve rilasciare quietanza al compratore per avvenuto pagamento.

Vendita di beni mobili

Vendita con riserva di gradimento• Il contratto si perfeziona solo quando il compratore comunica

il proprio gradimento al venditore nel termine di decadenza stabilito tra le parti o d’uso

• In caso di inerzia da parte del compratore alla scadenza, se il bene è in possesso del compratore, il gradimento è presunto; se la cosa doveva invece essere esaminata presso il venditore questi è liberato dalla proposta di vendita

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Vendita di beni mobilicon riserva di gradimento

La presente vendita si intende effettuata con riserva di gradimento del compratore.

Questi si riserva di comunicare tramite ….. al venditore presso ….., il proprio gradimento in merito al bene venduto entro il termine di ….. giorni (liberi o non liberi) dalla data di sottoscrizione del presente accordo

Il bene sarà oggetto di visione presso ….Nell’ipotesi di esito negativo dell’esame della cosa, il venditore si obbliga a

mettere a disposizione del compratore altro bene mobile dello stesso genere e natura, entro il termine di …giorni dalla conclusione dell’esame stesso.

Se il compratore non ritiene di proprio gradimento anche questo secondo bene, il contratto si intenderà automaticamentre risolto.

Vendita di bene mobileVendita a prova

• Al compratore viene attribuito un termine per valutare se la cosa acquistata ha le qualità indicate nel contratto o è idonea all’uso cui è destinata

• La prova si qualifica come condizione sospensiva: in altre parole, il contratto è già concluso, ma la sua efficacia è subordinata all’esito positivo del controllo

• Se la prova ha esito negativo, il contratto si risolve e il compratore può esigere la restituzione delle somme che fossero già state versate

• La prova va eseguita nei termini e secondo le modalità previste contrattualmente

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Il contratto di acquisto/vendita

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La presente vendita si intende effettuata a prova in base all’art. 1521 c.c..

Il compratore proverà il bene entro il termine di …. giorni ( liberi o non liberi) decorrenti dalla data del presente accordo presso ……

Qualora la prova si concluda in modo positivo, il venditore sarà esentato da responsabilità circa i vizi apparenti della cosa

Vendita di beni mobiliVendita su documenti

• La consegna della cosa venduta avviene mediate consegna del titolo che la rappresenta

• Lettera di vettura, ricevuta di carico per i trasporti terrestri, polizza di carico, lettera di trasporto aereo, fede di deposito e nota di pegno sono titoli rappresentativi della merce

• In genere il pagamento della merce avviene contestualmente alla consegna del titolo

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Vendita di cose mobiliVendita su documenti

La merce si intende consegnata tramite i documenti che la rappresentano e specificatamente tramite:………………….La regolarità dei documenti sopra indicati è stata controllata in contraddittorio tra le parti. Il compratore pertanto dichiara diaccettarne la veridicità e la rispondenza degli stessi alla merce stessa.Il compratore riceve dal venditore tali documenti e si obbliga a versare al venditore stesso il prezzo secondo le modalità stabilite al precedente art. …. Del presente contratto

Garanzia di buon funzionamento

• Il venditore può garantire per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta

• Questa garanzia si aggiunge a quella per vizi o per mancanza di qualità e deve essere specificatamente pattuita dalle parti

• Si deve inoltre precisare il termine della sua durata

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Il contratto di acquisto/vendita

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• Durante il tempo della garanzia il compratore ha diritto di ottenere la sostituzione o la riparazione della cosa in garanzia per difetto di funzionamento anche se non sono dovuti a vizi o a mancanza di qualità

• Il difetto di funzionamento deve essere denunciato entro trenta giorni dalla scoperta del vizio

• L’azione si prescrive nel termine di sei mesi dalla data della scoperta

• Il venditore può liberarsi della garanzia dimostrando che il difetto è imputabile a fatti del compratore o di un terzo o a caso fortuito

Il venditore garantisce all’acquirente il buon funzionamento del bene oggetto di vendita per un periodo di …. mesi dalla data di sottoscrizione del presente accordo

Il venditore si impegna a sostituire o riparare il bene o suoi singoli componenti, se, durante il suo utilizzo e nell’ambito del periodo di garanzia su indicato si riscontrino guasti, rotture, malfunzionamenti o difetti del medesimo derivanti da difetti di fabbricazione che non lo rendano più conforme all’uso cui è destinato

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Nei casi indicati al comma 2 le spese di riparazione e di sostituzione sono a carico del venditore

La garanzia non copre:- i difetti o i danni dovuti a negligenza nell’uso o a uso non conforme del bene rispetto a quello cui lo stesso era destinato

- i difetti o i danni causati da riparazioni e sostituzioni di singoli componenti o da manutenzioni eseguite da soggetti non autorizzati

Il compratore per l’esercizio della presente garanzia deve, a pena di decadenza, denunciare al venditore i vizi di funzionamento del bene venditore entro e non oltre 30 giorni dalla sua conoscenza

Vendita con riserva di proprietà

Caratteristiche1. La consegna del bene al compratore avviene immediatamente2. Il pagamento del prezzo è frazionato3. L’acquirente acquista fin da subito il possesso del bene e con esso

assume tutti i rischi del suo perimento 4. La proprietà della cosa è acquisita solo con il pagamento del

l’ultima rata del prezzo

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Il contratto di acquisto/vendita

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Il presente accordo si intende effettuato con riserva di proprietà del bene per il venditore fino al pagamento intero del corrispettivo da parte del compratore

Ai sensi dell’art. 1523 c.c. l’acquirente assume fin dalla consegna del bene tutti i rischi relativi al bene stesso

L’acquirente si obbliga a pagare il corrispettivo in …. rate mensili di importo …. ciascuna entro il giorno … di ciascun mese a decorrere da…..

Fino al passaggio di proprietà che avverrà al pagamento dell’ultima rata, l’acquirente non può vendere o comunque disporre del bene stesso senza il consenso del venditore

Il mancato pagamento di una o più rate per un importo comunque superiore all’ottava parte del prezzo dà luogo allo scioglimento del contratto

In tal caso il venditore può trattenere il … per cento del prezzo già riscosso a titolo di indennità, salvo il maggio danno da dimostrarsi

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L’acquirente si obbliga per tutto il periodo del pagamento a conservare il bene in perfetto stato; il venditore potrà comunque a sue spese procedere, previa comunicazione al compratore da effettuarsi entro un termine congruo, ad ispezionare il bene per controllare lo stato di conservazione

Le ispezioni non potranno comunque pregiudicare il diritto del compratore all’uso normale della cosa

Vendita con patto di riscatto

• Il contratto di vendita può stabilire che il venditore abbia il diritto di ottenere indietro la proprietà della cosa venduta mediante larestituzione del prezzo e i rimborsi stabiliti dalla legge

• Con questa previsione, il contratto dà luogo all’immediato trasferimento del diritto di proprietà, ma i suoi effetti possono venir eliminati da una dichiarazione del venditore volta al riscatto del bene

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Il contratto di acquisto/vendita

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• Il patto di riscatto è valido ed efficace anche se stipulato con atto separato

• E’ necessaria la forma scritta a pena di nullità e la trascrizione se riguarda gli immobili

• Le stesse modalità sono previste per la vendita di beni mobili registrati

• Il venditore entro il termine di 2 anni ( beni mobili) o 5 anni ( beni immobili) deve comunicare al compratore la dichiarazione di riscatto con atto unilaterale

• Tale comunicazione dà luogo al ritrasferimento del diritto di proprietà appena giunge a conoscenza della controparte

• Una volta esercitato il diritto al riscatto, il venditore deve restituire al compratore il prezzo oltre:

- alle spese relative alla vendita

- ogni altro pagamento legittimamente effettuato in relazione al contratto (no consulenze)

- alle spese riguardanti le riparazioni necessarie del bene

• Fino a quando non c’è la restituzione del prezzo il compratore ha diritto di ritenzione sulla cosa

• L’esercizio del patto di riscatto produce effetti anche nei confronti dei subacquirenti purché il patto sia loro opponibile

Il venditore si riserva il diritto di riscattare il/i bene/i sopraindicato/i

nel termine di … decorrenti dalla firma del presente contratto, tramite

la restituzione del prezzo versato e il rimborso delle spese come

stabilito dall’art. 1502 c.c.

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CONTRATTO DI VENDITA DI BENI MOBILI* a cura di Cristina Schiatti

Il sig. __________, nato a __________ il __________ ed ivi residente in Via

__________ n. ___ (c.f. __________ ), in prosieguo denominato "Alienante "

E

la __________, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sig. _______ con

sede in __________, Via __________ n. ___ (c.f. e p.iva __________) iscritta al registro

delle imprese di __________ n.________, in prosieguo denominata“Acquirente”

CONVENGONO E STIPULANO QUANTO SEGUE.

1) Oggetto

Con il presente contratto l’Alienante trasferisce all’Acquirente, che accetta, la proprietà di

…….. (di seguito definito: il “Bene”).

Ovvero Con il presente contratto l’Alienante si impegna a trasferire, entro e non oltre il ……..

all’Acquirente, che accetta, la proprietà di …….. (di seguito definito: il “Bene”).

2) Prezzo

Il corrispettivo del contratto viene determinato in Euro ………

Il corrispettivo viene corrisposto contestualmente alla sottoscrizione del presente contratto,

sottoscrizione che ne costituisce quietanza.

Ovvero Il corrispettivo sarà corrisposto dall’Acquirente all’Alienante con le seguenti modalità e nei

seguenti termini, da considerarsi stabiliti nell’interesse dell’Alienante:

a) quanto a ……… entro il ……….

b) quanto a ……… entro il ……….

c) quanto a ……… entro il ……….

Ovvero Il presente contratto si intende stipulato con riserva di proprietà del bene in capo

all’Alienante fino all’integrale pagamento del corrispettivo come concordato all’articolo n. 2, ai

sensi e per gli effetti di cui all’art. 1523 c.c.. I rischi, pertanto, sono a carico dell’Acquirente

a decorrere dalla consegna del Bene.

L’acquirente si impegna a pagare il corrispettivo in numero …. Rate mensili con scadenza il

giorno ……. Di ogni mese.

* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

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Fac Simile contratto di vendita di beni mobili

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L’Acquirente, fino al passaggio della proprietà del Bene, non potrà alienare o comunque

disporre del Bene senza il consenso dell’Alienante.

Il mancato pagamento anche di una sola rata superiore all’ottava parte del prezzo, produrrà

lo scioglimento del contratto. In tal caso l’Alienante potrà trattenere il …. % del prezzo già

riscosso a titolo di penale, salva la prova del maggior danno.

L’Acquirente si impegna, altresì, a mantenere il Bene in perfetto stato e l’Alienante potrà, in

ogni momento ed a sue spese, ispezionare la cosa per verificare lo stato di manutenzione.

Ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1524 c.c. il presente contratto dovrà essere trascritto

presso il Registro della Cancelleria del Tribunale di ….. a spese dell’Acquirente.

3) Consegna

Il Bene viene consegnato all’Acquirente contestualmente alla sottoscrizione del presente

contratto.

Ovvero Il Bene dovrà essere consegnato all’Acquirente al suo domicilio in ……….. entro la data del

…………. A mezzo ……….. ed a spese dell’Acquirente.

Con la consegna del Bene ogni rischio per la custodia e la perdita del Bene passano in capo

all’Acquirente.

Ovvero (vendita su documenti)

Il Bene si intende consegnato a messo dei documenti rappresentativi di seguito indicati:

……………

La regolarità della documentazione è stata verificata in contraddittorio tra le parti

L’Acquirente riceve i sopracitati documenti ed, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1528 c.c.,

si impegna a versare all’Alienante il corrispettivo stabilito al precedente articolo 2.

4) Garanzie

L’Acquirente dichiara di aver visionato il Bene, di averlo trovato privo di vizi ed idoneo all’uso

cui è destinato.

Ovvero (Clausola di vendita con riserva di gradimento)

La presente vendita è effettuata con riserva di gradimento in capo all’Acquirente.

L’Acquirente, pertanto, si impegna a comunicare, a mezzo raccomandata con ricevuta di

ritorno, oppure a mezzo fax confermato da raccomandata con ricevuta di ritorno,

all’Alienante il proprio gradimento in ordine al Bene alienato. Il Gradimento dovrà pervenire

entro e non oltre…. giorni dalla data di sottoscrizione del presente contratto, dopo l’esame

del Bene da effettuarsi presso ….

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In caso di esito negativo dell’esame, il presente contratto si intenderà automaticamente risolto.

Ovvero

(Clausola per vendita su campione)

La presente vendita si intende effettuata su campione di merce consegnato dall’Alienante

all’Acquirente, ex art. 1522 c.c.

Il Bene dovrà possedere qualità analoghe a quelle del campione consegnato.

Ogni difformità del Bene rispetto al campione consegnato o qualsiasi malfunzionamento dello

stesso, legittimerà l’Acquirente alla risoluzione del contratto.

Ovvero (Clausola di vendita a prova)

La presente vendita è effettuata a prova, ex art. 1521 c.c..

L’Acquirente dovrà provare il Bene entro e non oltre … giorni dalla consegna del Bene.

In caso di esito positivo della prova, l’Alienante sarà esonerato dalla responsabilità per vizi

apparenti della cosa.

L’alienante garantisce all’Acquirente la piena proprietà del Bene e che su di esso non sussiste

alcun vincolo, garanzia reale o personale né diritto di terzi.

L’Alienante garantisce la perfetta idoneità del Bene all’uso per cui è destinato.

5) Garanzia di buon funzionamento L’Alienante garantisce il buon funzionamento del Bene per un periodo di …. Mesi dalla data di

sottoscrizione del presente contratto. L’Alienante si impegna a sostituire o riparare il Bene od i suoi componenti qualora, entro detto termine, vengano riscontrati guasti o mal funzionamenti o difetti derivanti da difetti di

fabbricazione che lo rendano non più conforme all’uso per cui è destinato. Le spese di riparazione o sostituzione sono a carico dell’Alienante. Per la validità della garanzia, l’Acquirente dovrà denunciare il vizio, difetto o

malfunzionamento entro 30 giorni dalla scoperta. La presente garanzia non copre i difetto causati dall’Acquirente a seguito di negligenza o cattivo uso o uso non conforme del Bene, o causati da riparazioni, sostituzione di

componenti, manutenzioni effettuate da soggetti non autorizzati dall’Alienante. 6) Risoluzione Il mancato pagamento del corrispettivo da parte dell’Acquirente secondo le modalità di cui al precedente articolo … comporterà il diritto dell’Alienante di risolvere i contratto, pervia diffida ad adempiere in un tempo di 15 giorni.

7) Disposizioni generali

L’imposta di registrazione e la tassa di bollo del presente contratto sono a carico di entrambe

le parti in eguale misura.

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Fac Simile contratto di vendita di beni mobili

103

Qualunque modifica al presente contratto dovrà essere provata solo mediante atto scritto.

Qualsiasi comunicazione richiesta o consentita dal presente contratto dovrà essere effettuata

per iscritto tramite lettera raccomandata, telegramma o telefax; essa si intenderà

efficacemente e validamente eseguita semprechè inviata come segue:

- se all’Alienante …………….. fax n. ……..

- se all’Acquirente …………. Fax n. ……..

ovvero presso il diverso indirizzo o numero di fax che ciascuna delle parti potrà comunicare

all’altra successivamente alla data del presente contratto.

L’eventuale tolleranza di una delle parti di comportamenti dell’altra posti in essere in

violazione delle disposizioni contenute nel presente contratto non costituisce rinuncia ai diritti

derivanti dalle disposizioni violate, né al diritto di esigere l’esatto adempimento di tutti i

termini e di tutte le condizioni qui previste.

8) Completezza del contratto

Il presente contratto annulla qualunque antecedente o contemporaneo altro accordo tra le

parti.

9) Legge applicabile

Il presente contratto è disciplinato dalla legge italiana.

10) Foro competente

Per ogni controversia nascente dalla interpretazione o esecuzione del presente contratto sarà

esclusivamente competente il Foro di ………..

Redatto, confermato e sottoscritto in ________ il __________ .

Alienante _____________

Acquirente _____________

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COMPRAVENDITA DI IMMOBILI*

a cura di Cristina Schiatti

Repubblica Italiana

- L'anno duemilasei, il giorno sei del mese di ottobre

6 ottobre 2006

- In Milano, nel mio studio in Viale Majno n. 4.

- Davanti a me, dr. ……….., Notaio in Milano, iscritta presso il Collegio Notarile di Milano,

Trattandosi di compravendita di bene immobile la forma, a pena di nullità, è quella scritta. Ai fini della trascrizione (e quindi per rendere opponibile ai terzi l’atto stesso) è necessario l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata. Anche i negozi strumentali all’atto definitivo devono avere la stessa forma scritta a pena di nullità: il preliminare o la procura attribuente i poteri vanno pertanto redatti in forma scritta.

sono presenti i Signori:

PARTE VENDITRICE: • Bianchi Roberto, nato a Pisa il giorno 11 luglio 1954, domiciliato per la carica a Milano

via Cordusio n. 2, che interviene al presente atto nella sua veste di Amministratore Unico

della Società "OCCIPI S.R.L.", con sede legale in Milano, Via Mazzini n. 70/D, iscrizione al

Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 045098098098, con capitale sociale di €

10.000,00 (diecimila virgola zero zero) interamente versato, e come tale in legale

rappresentanza della società stessa in forza dei poteri spettantigli in detta sua veste, a

tale atto autorizzato dall'Assemblea dei soci con verbale in data 7 aprile 2006, a risultanza

del relativo verbale, che in copia autentica si allega al presente atto sotto la lettera "A",

omessane la lettura per espressa concorde dispensa avutane dai comparenti;

PARTE ACQUIRENTE: • <Nominativo (i)>, nat<sesso (m) (/o/a)> a <luogo di nascita (c2)> il giorno <data di

nascita (d1)>, domiciliato per la carica a Milano (MI), Corso di Porta Nuova n. 1, che

interviene al presente atto nella sua veste di Procuratore Speciale della Società "Leasing

S.p.A. -", società soggetta all'attività di direzione e coordinamento del socio unico Leasing

Leasing S.p.A., con sede in Corso di Porta Romana n. 1, 20121 Milano, capitale sociale di

€ 10.000.000 (diecimilioni virgola zero zero), iscrizione al Registro delle Imprese di Milano

e codice fiscale 04329703096, tale nominato, ed a quanto infra autorizzato con Procura

Speciale a rogito Notaio Giuseppe Verdi di Roma in data 3 maggio 2006, rep. n.

162834/23510, registrata all'Agenzia delle Entrate di Roma 6 in data 10 maggio 2006,

che, in copia autentica si allega al presente atto sotto la lettera "B", omessane la lettura

per espressa concorde dispensa avutane dai comparenti;

* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

file d

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Fac Simile compravendita di immobili

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PARTE UTILIZZATRICE: • Neri Franco, nato a Milano (MI) il giorno 12 aprile 1963,, domiciliato per la carica a

Milano, Via Napoli n. 32, il quale interviene al presente atto nella sua veste di Procuratore

della società "GIRELLA S.R.L.", con sede legale in Milano (MI), Via Girella n. 32,

iscrizione al Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 1324440158, con capitale

sociale di € 102.768,00 (centoduemilasettecentosessantotto virgola zero zero),

interamente versato, e come tale in nome e per conto della società stessa in forza dei

poteri conferitigli dal Presidente del Consiglio di Amministrazione, con atto da me

autenticato in data al n. di Rep., che

in originale si allega al presente atto sotto la lettera "C", omessane la lettura per espressa

concorde dispensa avutane dai comparenti.

= Detti comparenti, della cui identità personale io Notaio sono certa, convengono e mi

richiedono di fare, con il presente atto, constare di quanto segue:

1) la Società OCCIPI S.R.L., come sopra rappresentata,

cede e vende

alla Società Leasing S.p.A. - Società di Leasing Internazionale, che, pure come sopra

rappresentata, accetta ed acquista

nominativamente

in Comune di Paterno Dugnano, nel complesso immobiliare denominato "La Piazzetta",

avente accesso dalla Via Brambilla n. 70/C, negozio a piano terra, con annesso WC e

disimpegno, il tutto censito al N.C.E.U. del Comune di Paterno Dugnano come segue:

foglio 21, mappale 803 sub. 16, via Brambilla, piano T, categoria C/1, classe 7, mq. 87,

R.C. € 2.987,96.

Con la proporzionale quota di comproprietà in ragione di millesimi 12,17 (dodici virgola

diciassette) di tutti gli enti, spazi e servizi comuni dell'intero complesso immobiliare, quali

anche individuati nell'atto di provenienza di cui a seguito e nel regolamento di condominio,

atteso che, non costituisce ente comune condominiale il mappale 804 del foglio 21, che

individua la piazza (pubblica) da cedere al Comune di Paterno Dugnano.

Coerenze in contorno da nord in senso orario:

area comune, negozio sub. 17 e negozio sub. 15.

= Il tutto salvo errori e come meglio in fatto.

= Gli enti in oggetto risultano identificati nella planimetria che vista, approvata e firmata

dalle Parti e da me Notaio si allega al presente atto sotto "D", fatta avvertenza che detta

planimetria è soltanto indicativa nonostante le misure in essa ricavabili.

L’immobile oggetto di cessione deve essere determinato o determinabile. Oggetto del

contratto può anche essere un immobile futuro (essenzialmente da costruire).

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Nel caso di trasferimento di immobile da costruire vi è un’apposita tutela in forza del D. Lgs.

122/2005. Essa si applica esclusivamente quando l’acquirente è una persona fisica ed il

venditore è un costruttore.

Oltre agli elementi che devono obbligatoriamente essere indicati (dati identificativi delle parti,

descrizione dell’immobile, caratteristiche tecniche della costruzione, termini massimi

dell’esecuzione, prezzo, eventuale esistenza di trascrizioni pregiudizievoli, estremi del

permesso a costruire) è prevista come obbligatoria una fideiussione da parte del costruttore

in favore dell’acquirente, di importo corrispondente alle somme riscosse e da riscuotere

prima del trasferimento definitivo (rogito)

2) La vendita, come le Parti mi dichiarano, è stipulata per il prezzo di Euro 240.000,00

(duecentoquarantamila virgola zero zero), oltre I.V.A. pari ad Euro 48.000,00

(quarantottomila virgola zero zero), pagato come meglio precisato in prosieguo.

3) Parte venditrice rilascia corrispondente quietanza liberatoria all'Acquirente, con rinuncia a

qualsiasi diritto di ipoteca legale.

Il venditore ha, per legge, l’ipoteca legale sul bene compravenduto. Egli può però rinunciarvi. 4) La proprietà viene trasferita da oggi alla parte acquirente con ogni effetto utile ed

oneroso e la parte Utilizzatrice dichiara di ricevere direttamente dal venditore senza riserve

ed eccezioni l'immobile che ha già visitato e trovato di pieno gradimento.

Si rammenta che è di uso comune, soprattutto per gli immobili da costruire, una consegna

del bene anticipata rispetto al contratto definitivo. Dalla consegna normalmente decorrono

sia i termini per la denuncia dei vizi che il termine per il passaggio di oneri e frutti al

compratore.

5) La Parte Acquirente e la Parte Utilizzatrice si obbligano per sè, successori ed aventi causa

ad osservare il Regolamento di condominio, del complesso immobiliare "La Piazzetta" che

unitamente alle tabelle millesimali è stato allegato all'atto in data 16 dicembre 2002 n.

32450/8767 di Rep. Dr. Giovanni Cattaneo, registrato all'Agenzia delle Entrate di Milano in

data 13 dicembre 2002 al n. 2134, Serie 1V, e trascritto presso la Conservatoria dei Registri

Immobiliari di Milano 2 con nota in data 14 gennaio 2003 n.ri 3645-3265, ad esse ben noto.

Le spese condominiali seguono la proprietà del bene. 6) La parte venditrice assume nei confronti della parte acquirente le garanzie di legge,

dichiarando che gli immobili venduti sono di sua assoluta ed esclusiva proprietà, pervenuti

per acquisto fattone, con maggior compendio, in forza di atto in data 16 dicembre 2002 n.

32450/8767 di Rep. Dr. Giovanni Cattaneo, registrato all'Agenzia delle Entrate di Milano in

data 13 dicembre 2002 al n. 2134, Serie 1V, e trascritto presso la Conservatoria dei Registri

Immobiliari di Milano 2 con nota in data 14 gennaio 2003 n.ri 3645-3265, al quale atto ed a

quelli in esso richiamati, viene fatto espresso riferimento per tutti i patti, clausole e

condizione la cui osservanza possa competere alla parte acquirente ed all'utilizzatore.

L'Acquirente e l'Utilizzatore dichiarano di essere a conoscenza del contenuto della

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Fac Simile compravendita di immobili

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Convenzione stipulata dalla dante causa della venditrice con il Comune di Paterno Dugnano

in forza di atto in data 20 febbraio 1999 n. 2323/4.511 di rep. Dr. Cattaneo, registrato a

Milano il 5 marzo 1999 al n. 32345 - Serie 1A e trascritto presso la Conservatoria dei Registri

Immobiliari di Milano 2 con nota in data 17 marzo 1999 n.ri 43487-16150.

Si dà inoltre atto che non risultano nel ventennio trasferimenti per donazione e non risultano

trasferimenti per successione apertasi da meno di anni 10 (dieci).

7) Garantisce altresì parte venditrice che gli enti stessi sono pienamente conformi alla

vigente normativa urbanistica, liberi da ipoteche, trascrizioni pregiudizievoli, vincoli ed oneri

in genere, ad eccezione dei vincoli ed oneri di cui al Regolamento di Condominio, al citato

atto di provenienza, alla sopra citata convenzione, nonchè ad eccezione:

• dell'ipoteca 25 luglio 2000 n.ri 98743-22578, già assentita di cancellazione con atto a mio

rogito in data odierna n. di rep.; e

• dell'ipoteca 23 dicembre 2002 n.ri 9874-40859 a garanzia di debito che verrà estinto

parzialmente dalla venditrice con parte del prezzo di cui sopra e da cui i beni oggetto della

presente vendita verranno svincolati con atto immediatamente successivo al presente.

Al riguardo la parte venditrice si impegna entro un anno da oggi a fornire alla parte

acquirente i dupli dell'avvenuto annotamento della cancellazione delle formalità.

L'Utilizzatore manleva la società di leasing acquirente per qualsiasi vizio, difetto, irregolarità,

idoneità all'uso, mancanza di qualità relativi all'immobile, agli impianti, alle pertinenze ed agli

accessori dell'immobile, nonchè per l'eventuale mendacità, irregolarità o imprecisione delle

dichiarazioni rese dal venditore nel presente atto.

Il venditore garantisce il compratore dai vizi preesistenti alla conclusione del contratto siano

essi apparenti o occulti. Per apparenti si intendono quei vizi che sono rilevabili dal compratore

a seguito di un sommario esame del bene o riconoscibili con l’uso della normale diligenza. Per

occulti si intendono quei vizi che non sono riconoscibili ad un esame sommario o che

emergono e possono essere rilevati solo dopo l’utilizzazione del bene. La garanzia non opera

per i vizi che il compratore conosceva al momento del contratto o quelli che erano facilmente

riconoscibili a prima vista o con la normale diligenza, a meno che il venditore abbia dichiarato

che il bene era esente da vizi o li ha espressamente riconosciuti. Vi è un termine di decadenza

per la denuncia dei vizi (8 giorni dalla consegna o dalla scoperta (se trattasi di vizi occulti) ed

un termine di prescrizione (un anno) per far valere la garanzia in giudizio ( a meno che sia il

compratore ad essere chiamato in giudizio: in tal caso, l’eccezione può essere fatta valere

anche decorso l’anno dalla consegna). Le azioni essenzialmente sono:

- quella di risoluzione che può essere esperita solo quando l’inadempimento del venditore è

grave;

- quella di riduzione del prezzo: nel caso in cui il vizio lamentato non sia così grave da

determinare la risoluzione ma possa solo comportare una richiesta di riduzione del prezzo

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8) Con riferimento al complesso immobiliare di cui è parte quanto in contratto l'Acquirente e

l'Utilizzatore si dichiarano edotti delle seguenti servitù:

- servitù attiva di passaggio pedonale e carrale con ogni mezzo a carico dei mappali 777 e

776 di proprietà SAIPEM IMMOBILIARE S.p.A., costituita con atto autenticato dal Notaio Dr.

Giovanni Cattaneo, in data 7 febbraio 2001 al n. 09823/6670 di rep., registrato a Milano il 20

febbraio 2001 al n. 250, serie 2V, e trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari

di Milano 2 con nota in data 23 febbraio 2001 n.ri 17522-11836;

- servitù passiva di elettrodotto a favore dell' "ENEL Distribuzione Società per Azioni",

costituita con atto autenticato sempre dal Notaio Dr. Giovanni Cattaneo, in data 20

novembre 2002 al n. 51.311 di rep., registrato a Milano in data 29 novembre 2002, a carico

della cabina Enel al mappale 805, ente comune a tutto il condominio.

9) La Società utilizzatrice manleva ampiamente Leasing da qualsiasi onere e pendenza

derivanti dalla sopracitata Convenzione, assumendo solidalmente con la parte acquirente

ogni obbligazione nei confronti dell'Ente, nell'ipotesi in cui tali obbligazioni siano trasferite,

per legge o per contratto, alla stessa Leasing quale conseguenza dell'acquisto dell'immobile

ricadente nella citata convenzione.

10) Con riferimento alle vigenti disposizioni di legge in materia urbanistica ed edilizia, la

parte venditrice dichiara che l'unità immobiliare in contratto fa parte di stabile costruito in

base alle Concessioni Edilizie n. 121 e 122 del 16 novembre 1999, Concessioni Edilizie n.

135/2002 - Prot. 23009/52 del 22 ottobre 2002 (variante della 121/2002), e n. 163/2002 -

Prot.. 23010/52 dell'11 novembre 2002 (variante della 122/2002) e n. 171 dell'11 novembre

2002 (variante) tutte rilasciate dal Comune di Paderno Dugnano.

(fine lavori 6 dicembre 2002 richiesta agibilità 12 dicembre 2002).

Dichiara inoltre Parte Venditrice che è stata presentata al Comune di Paterno Dugnano

domanda in sanatoria in data 10 dicembre 2004 - Protocollo n. 1 per modifica servizio

igienico, corredata dalla documentazione richiesta;

- che è stata integralmente pagata l'oblazione autoliquidata di Euro 516,00

(cinquecentosedici virgola zero zero) con bollettino postale in data 10 dicembre 2004 -

Ricevuta n.

- che non è dovuto il pagamento di oneri concessioni, trattandosi di abuso minore (tipologia 6);

- che in data 29 ottobre 2005 è stata trasmessa al Comune anche la documentazione

catastale aggiornata;

- che a tutt'oggi dal Comune non è intervenuta alcuna richiesta di documentazione

integrativa nè è stato emesso provvedimento espresso in sanatoria o di diniego.

Parte venditrice mantiene comunque a suo esclusivo carico eventuali ulteriori oneri che

dovessero essere richiesti al fine della chiusura della pratica di condono in oggetto,

sostenendo anche le relative spese.

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Fac Simile compravendita di immobili

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Il Venditore deve dichiarare nell’atto gli estremi del permesso di costruire o del permesso in

sanatoria. Se non è stato rilasciato un permesso a costruire ma è stata espletata una

sanatoria con sanzione, deve dare prova dell’integrale pagamento della sanzione. In

mancanza l’atto è nullo ed il Notaio non stipulerà l’atto (per non incorrere in responsabilità

professionale).

In venditore di un immobile destinato ad abitazione deve consegnare al compratore anche il

certificato di abitabilità. In difetto il compratore può chiedere la risoluzione del contratto per

inadempimento del venditore concretatosi nella consegna di “aliud pro alio”.

11) La Leasing S.p.A. - Società di Leasing internazionale, dichiara di effettuare il presente

acquisto allo scopo di concedere l'immobile in oggetto con contratto di locazione finanziaria

n.

stipulato in data odierna

alla società "GIRELLA S.R.L.", con sede legale in Milano (MI), Via Girella n. 32, iscrizione

al Registro delle Imprese di Milano e codice fiscale 1324440158.

La suddetta società Girella s.r.l. conferma il motivo dell'acquisto espresso dalla Leasing S.p.A

Società di Leasing Internazionale, dichiara di avere essa stessa prescelto ed indicato alla

società di leasing l'immobile in oggetto quale bene strumentale del tutto rispondente alle

proprie esigenze operative - anche sotto il profilo delle licenze e delle eventuali autorizzazioni

necessarie allo svolgimento delle attività previste e riconosce che tutte le clausole

contrattuali formulate nel presente atto corrispondono fedelmente ed esaurientemente agli

accordi precedentemente conclusi dalla stessa con gli odierni venditori.

La parte venditrice dichiara di accettare espressamente che le azioni di garanzia ed ogni altra

azione spettante alla parte acquirente nei confronti della parte venditrice, possano essere

esercitate direttamente ed autonomamente anche dalla parte utilizzatrice quale conduttrice

"utendo juribus" della parte acquirente.

12) Imposte e spese del presente atto e delle dipendenti formalità si convengono a carico

della parte utilizzatrice.

13) REGIME FISCALE Trattasi di trasferimento di fabbricato strumentale per natura, non suscettibile di diversa

utilizzazione senza radicali trasformazioni per il quale la parte venditrice intende avvalersi

dell'opzione di cui all'art. 10 primo comma n. 8ter, punto d) D.P.R. 633/1972, chiedendo

espressamente l'assoggettamento del presente trasferimento ad I.V.A..

Si da atto, pertanto, che detto trasferimento sarà assoggettato:

- ad I.V.A.;

- ad imposta di registro in misura fissa (art. 40 D.P.R. 131/1986);

- ad imposta di trascrizione con l'aliquota ridotta del 1,5% (uno virgola cinque per cento);

- ad imposta catastale con l'aliquota ridotta dello 0,5% (zero virgola cinque per cento) in

quanto cessione a favore di società di leasing;

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14) Ad ogni effetto di legge le Parti dichiarano, in via sostitutiva di atto di notorietà ai sensi

del DPR 445/2000, e consapevoli delle responsabilità penali in caso di dichiarazione mendace

nonchè dei poteri di accertamento dell'amministrazione finanziaria e delle sanzioni

amministrative applicabili in caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei dati, che

il prezzo come sopra convenuto di Euro 240.000,00 (duecentoquarantamila virgola zero

zero), oltre I.V.A. di Euro 48.000,00 (quarantottomila virgola zero zero), è stato corrisposto

con i seguenti mezzi di pagamento:

- Euro 20.000,00 (ventimila virgola zero zero) pagati a mezzo bonifico bancario

- Euro 200.000,00 (duecentomila virgola zero zero) a mezzo assegno circolare non

trasferibile n. direttamente intestato alla

BANCA di Bergamo, stante l'attuale normativa valutaria, emesso dalla Banca

per consentire alla venditrice di procedere seduta stante alla estinzione del mutuo di cui sopra;

- Euro

Vi è l’obbligo di indicare gli estremi dei mezzi di pagamento.

= dichiarano altresì, sempre in via sostitutiva di atto di notorietà ai sensi del DPR 445/2000,

che la presente cessione di immobili è stata conclusa senza l'intervento di intermediari.

La legge impone che sia il venditore che l’acquirente dichiarino se si siano avvalsi di

mediatori ed in caso positivo dichiarino a quale prezzo.

Trascrizione

Il contratto va trascritto, a cura del notaio rogante, presso la Conservatoria dei registri

immobiliari. La trascrizione serve per rendere opponibile ai terzi la vendita. Così, se il

venditore ha venduto a più soggetti lo stesso bene, la proprietà del bene spetterà a quel

compratore che ha trascritto per primo, fatto salvo il diritto al risarcimento dei danni in

favore degli altri acquirenti.

Fallimento

Gli effetti del fallimento di una delle parti sono diversi a seconda che il contratto sia ancora

ineseguito o solo parzialmente eseguito da entrambe le parti o che, invece, sia stato eseguito

compiutamente da una solo delle parti o, ancora, che sia stato compiutamente eseguito da

entrambe le parti.

Quelli eseguiti compiutamente da entrambe le parti sono soggetti alle regole della

revocatoria fallimentare se compiuti (ricorrendo i presupposti) entro un anno – due anni dalla

dichiarazione di fallimento per i fallimenti aperti sino al 16 marzo 2005 ed entro sei mesi – un

anno per i fallimenti aperti dopo tale data.

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Fac Simile compravendita di immobili

111

Se si tratta di preliminare di bene immobile, il curatore può decidere di sciogliersi dal

contratto, evitando l’obbligo di stipulare il rogito, oppure subentrare ed accordarsi per

concludere il definitivo. Per i fallimenti aperti dopo il 16 luglio 2006, non è più ammessa la

clausola risolutiva espressa che comporta la risoluzione dipendente dalla dichiarazione di

fallimento di una delle parti.

Se fallisce il venditore dopo la consegna ma senza aver ricevuto il prezzo, il curatore deve

agire contro il compratore; se il compratore ha pagato senza aver ricevuto nulla in cambio

deve insinuarsi al passivo per la restituzione del prezzo.

Se fallisce il compratore dopo aver pagato il prezzo senza aver ricevuto il bene, il curatore deve

agire per ottenere il bene o la restituzione del prezzo; se invece è il venditore ad aver consegnato il

bene ma senza aver ricevuto il corrispettivo, deve insinuarsi al passivo per il prezzo.

Ricordiamo che il contratto preliminare è stato oggetto di trattazione della seconda giornata del Master Breve 2006/2007. In ogni caso, sul sito www.euroconference.it è disponibile un ulteriore documento su “Contratto preliminare per la vendita di immobili: aspetti fiscali e contabili” a cura di Sandro Cerato

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PATTO DI RISERVATO DOMINIO: DISCIPLINA CIVILISTICA E FISCALE A CONFRONTO

a cura di Sandro Cerato*

La vendita con riserva di proprietà è il negozio giuridico in forza del quale un soggetto vende

un bene (mobile od immobile) differendo il trasferimento del diritto di proprietà al momento

in cui sarà stato interamente versato il corrispettivo pattuito; nel periodo intercorrente tra la

stipulazione del contratto ed il pagamento dell’intero prezzo, l’acquirente (che non può

ancora considerarsi proprietario) ha il godimento del bene oggetto del negozio e, per

quest’ultima ragione, sopporta il rischio del perimento della cosa.

Imposte sui redditi

Nel caso di vendita con patto di riservato dominio la separazione fra la disciplina civilistica

appena citata (art. 1523 C.C.) e quella fiscale (art. 109, co. 2 lett a) TUIR) risulta essere evidente: per il codice civile, infatti, il trasferimento avviene solo ad avvenuto pagamento del prezzo pattuito; sul piano impositivo, invece, gli effetti traslativi si considerano prodotti già

alla consegna del bene o alla stipula dell’atto, con conseguente immediata concorrenza alla formazione del reddito d’impresa della plusvalenza derivante dalla cessione. Dunque anche nel caso di cessione di azienda ai sensi dell’art. 86, co. 2, TUIR la differenza

fra corrispettivo del negozio di compravendita ed il costo non ammortizzato dei beni costituenti il patrimonio aziendale concorre alla formazione del reddito d’impresa alla data di consegna del complesso dei beni a nulla rilevando il differimento degli effetti civilistici

disposto dall’art. 1523 C.C..

IVA

Medesimo trattamento viene applicato ai fini IVA ai sensi dell’art. 6, co. 1 D.P.R. n.

633/1972 il quale dispone che la cessione di beni mobili si considera effettuata alla consegna a nulla rilevando l’effetto traslativo posticipato che si origina da una operazione di vendita con riserva di proprietà che costituisce, come noto, cessione rilevante ai fini IVA ex art. 2, co.

2, n. 1) D.P.R. n. 633/1972. La lettera del citato art. 6 ben chiarisce la fattispecie : “Tuttavia le cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente, tranne quelle indicate ai nn. 1) e 2) dell'art. 2, si considerano effettuate nel momento in cui si producono tali effetti e comunque, se riguardano beni mobili, dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione” (vedi R.M.. 24.09.1973 n. 503389).

Per quanto concerne la cessione di azienda momento di effettuazione dell’operazione risulta essere quello della consegna della medesima dal momento che, come peraltro avviene per la disciplina delle imposte sui redditi, la posticipazione degli effetti traslativi di natura civilistica

non assume alcuna rilevanza ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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Patto di riservato dominio: disciplina civilistica e fiscale a confronto

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Imposta di registro

Per quanto concerne infine l’imposta di registro l’art. 27, co. 3, D.P.R. n. 131/1986 afferma

che non si applica alle vendite con riserva di proprietà il regime fiscale proprio delle vendite

sottoposte a condizione sospensiva.

In tali circostanze è dovuto il versamento dell’imposta in misura fissa al momento della

registrazione mentre successivamente al momento del verificarsi della condizione è dovuta la

differenza fra l’imposta effettivamente dovuta e quella già versata in misura fissa.

Tanto premesso ne consegue che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, l’atto di

vendita con riserva di proprietà fa sì che l’imposta di registro risulti immediatamente ed

integralmente dovuta dal momento che l’operazione effettuata produce un immediato effetto

traslativo (vedi anche R.M. n. 144/2001).

Nel caso di operazione di cessione di azienda, operazione considerata fuori dal campo di

applicazione IVA, l’imposta, in misura proporzionale, risulta pertanto integralmente dovuta al

momento della registrazione dell’atto presso l’Ufficio del registro.

Spese di manutenzione ordinaria e straordinaria su immobili in proprietà e su immobili locati a terzi

Il trattamento ai fini civilistici e fiscali delle spese di manutenzione e riparazione è diverso a

seconda della titolarità del bene cui le spese afferiscono, nel senso che la disciplina relativa

alle spese sostenute su beni di proprietà diverge da quella applicabile alle spese sostenute su

beni di terzi in forza di contratti di locazione, di affitto, di comodato e di leasing .

Per quanto concerne i beni in proprietà le spese di manutenzione e riparazione,

ammodernamento e trasformazione sono disciplinate, ai fini delle imposte sui redditi, dall’art.

102, co. 6 TUIR.

La norma fa riferimento alle spese che non risultino imputate ad incremento dei beni,

tuttavia come noto, tali spese, al ricorrere di certe condizioni, possono essere capitalizzate

sul valore del bene cui si riferiscono.

Tale distinzione non è tuttavia direttamente considerata dal Testo unico ma demandata alla

corretta applicazione dei principi contabili ed in particolare del P.C. n. 16 par. DVI che ben

chiarisce la distinzione fra spese straordinarie di natura incrementativa e spese ordinarie.

Le spese incrementative rappresentano quelle spese che vanno ad aumentare il valore del

bene aumentandone la produttività o la vita utile.

Le spese di manutenzione ordinaria rappresentano invece spese di natura ricorrente e che

servono a mantenere i beni in buono stato di funzionamento.

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La differente natura delle spese fa si che queste siano civilisticamente allocate in differenti

“zone” del bilancio:

• ad aumento del valore delle immobilizzazione nell’attivo dello S.P. se aventi natura

straordinaria ed incrementativa dei beni su cui sono effettuate;

• fra i costi del CE se individuate come manutenzioni ordinarie.

Dopo avere proceduto ad effettuare la suddetta distinzione nel bilancio di esercizio secondo corretti

principi contabili il TUIR dispone come trattare le poste in oggetto dal punto di vista fiscale:

• le spese capitalizzabili si sommano al valore del bene cui si riferiscono e vengono

dedotte secondo l’ordinario procedimento di ammortamento effettuato sul bene.

La quota viene calcolata sul valore del bene maggiorato della spese incrementative (non

essendo possibile, come chiarito dalla C.M. n. 98/2000 che la spesa costituisca un

cespite autonomo);

• le spese ordinarie vengono invece dedotte integralmente nell’esercizio salvo il

superamento del limite del 5% imposto dal già citato art. 102, co. 6.

Tale norma dispone che le spese non capitalizzate possano essere integralmente dedotte

nell’esercizio di sostenimento a condizione che l’ammontare della spesa non superi il limite

del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta dall’inizio

dell’esercizio dal libro cespiti. In caso di superamento del predetto limite l’eccedenza risulta

deducibile in quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello di sostenimento.

Preme sottolineare che nel caso di spese incrementative non è ravvisabile l’appena citata

limitazione alla deducibilità delle stesse essendo il limite imposto unicamente sulle spese di

manutenzione ordinaria.

Le spese di manutenzione relative a beni strumentali oggetto di locazione sono

sottratte all’applicazione dell’art. 102 e sono deducibili dal locatario che provvede al loro

sostenimento, qualora ciò chiaramente sia stabilito dal contratto di locazione.

Infatti nel caso in cui il locatario sostenga sull’immobile oggetto di locazione spese di

manutenzione ordinaria queste saranno dedotte integralmente nell’esercizio di sostenimento,

infatti non essendo applicabile la disciplina di cui all’art. 102 TUIR non risulta essere apposto

il limite del 5% vigente per le spese di manutenzione ordinaria sui beni in proprietà.

Qualora invece la spesa sostenuta abbia carattere pluriennale il testo unico non dispone

alcuna norma specifica, dunque la deduzione avverrà in più esercizi ai sensi dell’art. 108, co.

3 TUIR (si veda anche R.M. 179/2005).

La spese risulta dunque deducibile in base ai criteri civilistici per la parte imputabile ad ogni

esercizio (vedi C.M. 73/1994).

Il Principio contabile n. 24 in riferimento alla voce B.I.7 “Altre immobilizzazioni immateriali”

così precisa: “I costi sostenuti per migliorie e spese incrementative su beni presi in locazione dall’impresa (anche in leasing) sono capitalizzabili e iscrivibili in questa voce se le migliorie e le spese incrementative non sono separabili dai beni stessi (ossia non possono avere una

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Patto di riservato dominio: disciplina civilistica e fiscale a confronto

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loro autonoma funzionalità); altrimenti sono iscrivibili tra le “Immobilizzazioni materiali” nella specifica categoria di appartenenza. L’ammortamento di tali costi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione, tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo se dipendente dal conduttore”. Ne deriva che, qualora ai fini civilistici si sia tenuto conto dell’eventuale periodo di rinnovo

del contratto di locazione commerciale, anche ai fini fiscali l’ammortamento risulterà

deducibile in tale maggior arco temporale, fermo restando che, in caso di mancato rinnovo,

le quote residue si renderanno interamente deducibili nell’esercizio in cui si verificherà la

cessazione del rapporto( R.R.M.M. 10.07.1982, n. 9/2980 e 27.12.1983, n. 9/400).

EFFETTI FISCALI

DIFFERENZIATIPER COMPARTO

DIRETTE IVA REGISTRO

IRRILEVANTE IRRILEVANTECOME

CONDIZIONESOSPENSIVA

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CONTRATTO DI PERMUTA a cura di Flavia Silla*

CONTRATTO DI PERMUTA DI BENI IMMOBILI**

La permuta è diretta a realizzare tra i contraenti il trasferimento reciproco della proprietà di una cosa e di un'altra cosa, distinguendosi dalla compravendita per l'assenza di un corrispettivo in danaro. E' ammissibile la permuta di una cosa presente con una cosa futura, purché la

esistenza della cosa futura non sia soltanto eventuale, perché altrimenti si avrebbe la cessione di un diritto senza corrispettivo, cioé a titolo gratuito, e ciò in contrasto con la natura stessa di permuta (Cass. 11986/1998). In tal caso si realizza il trasferimento immediato della proprietà

della cosa esistente e della costituzione, in favore di chi tale proprietà acquista, dell'obbligo di fare in modo che la cosa non ancora esistente venga ad esistenza: ciò sarà sufficiente a perfezionare il trasferimento della proprietà della cosa successivamente venuta ad esistenza

senza bisogno di ulteriori manifestazioni di volontà negoziale. Fattispecie tipica di permuta di tal natura si verifica quando il proprietario di un'area edificabile la cede ad un imprenditore in cambio di alcune delle unità immobiliari che su di essa saranno costruite. Invece, qualora le

due parti si impegnino rispettivamente, l'una (l'imprenditore) a costruire un edificio e l'altra (il proprietario dell'area) a cedere parte dell'immobile quale compenso, si ha un contratto innominato analogo all'appalto differenziato, rispetto a questo, dall'assenza di un corrispettivo

in danaro (v. Cass. 8630/1995).

Tra i sottoscritti X (cognome e prenome, luogo e data di nascita, domicilio o residenza, condizione) e Y (generalità come sopra), si conviene e stipula quanto segue

1. OGGETTO DEL CONTRATTO 1.1. X cede a titolo di permuta a Y, che a tal titolo accetta ed acquista, il seguente immobile

sito in ..... (descrizione dell' immobile, dati catastali, menzioni richieste dalla legge 28-2-1985, n. 47, e successive modifiche, sul controllo dell' attività urbanistico-edilizia) 1.2. Y a sua volta cede ad ugual titolo di permuta ad X, che a tal titolo accetta ed acquista, il

seguente immobile sito in ..... (indicazioni come sopra) 2. PERMUTA A CORPO 2.1. La presente permuta è convenuta a corpo e i beni vengono trasferiti con tutti gli inerenti diritti,

obblighi, azioni, usi, accessioni, pertinenze, servitù attive e passive, nulla escluso o riservato. 3. GARANZIE 3.1. Le parti permutanti garantiscono la libertà delle porzioni in oggetto da pesi, vincoli,

iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli, volendo, in caso contrario, rispondere come per legge.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) ** scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

file e

mar_peg
scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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Contratto di permuta

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4. CONGUAGLIO 4.1. Le parti permutanti attribuiscono agli immobili sopradescritti l' ugual valore di EURO ....., per cui dichiarano non farsi luogo ad alcun conguaglio e si rilasciano reciproca quietanza, con

rinunzia a qualsiasi ipoteca legale nascente da questo atto. ovvero 4.1. Le parti dichiarano di attribuire al bene ceduto da X il valore di EURO ed a quello ceduto da

Y il valore di EURO ....., per cui risulta un conguaglio di EURO ..... a favore di X, conguaglio che Y qui paga ad X, che ne rilascia corrispondente quietanza, ed entrambe le parti si rilasciano reciproca liberazione, rinunziando ad ogni eventuale diritto di ipoteca legale.

5. EFFETTI DEL CONTRATTO 5.1. Gli effetti giuridici ed economici della presente permuta decorrono da oggi a reciproco

vantaggio e carico dei permutanti. 6. SPESE 6.1. Le spese del presente contratto e accessorie sono a carico di entrambi i contraenti in parti uguali a norma di legge.

Firme

Permuta

• E’ il contratto con cui le parti si trasferiscono reciprocamente la proprietà di cose o altri diritti

• Non è contemplato alcun corrispettivo essendo la causa del contratto lo scambio di cosa contro cosa; si può prevedere il versamento di un conguaglio quando i beni scambiati non hanno lo stesso valore

P E R M U T A

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• E’ un contratto- oneroso- consensuale- ad efficacia reale o obbligatoria

• A parte le poche disposizioni specificatamente previste è disciplinato dalle norme in materia di vendita in quanto applicabili

• Le spese del contratto e quelle accessorie sono a carico di entrambe le parti ( la disposizione è derogabile)

• La permuta di cose mobili è un contratto a forma libera, ad esclusione dell’ipotesi in cui oggetto del contratto sia un benemobile registrato

• In tal caso è richiesta la forma scritta per la trascrizione

• Se oggetto del contratto è un diritto reale immobiliare ( anche come prestazione di una sola parte) occorre la forma scritta a pena di nullità

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Contratto di permuta

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• Le parti assumono reciprocamente:- l’obbligo di fare acquistare all’altra la proprietà o il relativo diritto

sulla cosa permutata- di consegnare la cosa oggetto di scambio- di garantire l’altro contraente dai vizi della cosa e dall’evizione

• Il trasferimento della proprietà può essere:- immediato se consegue al semplice consenso delle parti (contratto

a effetti reali)- differito se l’effetto traslativo dipende da un ulteriore evento

(acquisto della cosa da parte del permutante o venuta ad esistenza della cosa medesima)(contratto a effetti obbligatori)

Permuta tra suolo edificabile e immobile da costruire

• Questa fattispecie evidenzia una permuta tra un bene esistentecontro un bene futuro: in particolare, si trasferisce immediatamente la proprietà dell’area, mentre l’acquisto delle unità immobiliari si determina nel momento in cui queste verranno ad esistenza

• I rischi per il proprietario dell’area concernono l’inadempimento del costruttore; per evitare tale circostanza si possono adottare nella pratica diverse soluzioni

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Permuta tra suolo edificabile e immobile da costruire

a) differire la proprietà del terreno al momento dell’avvenuta costruzione dell’immobile

b) stipulare un preliminare di permuta con riserva di concludere ildefinitivo a costruzione avvenuta

c) concludere un contratto con cui il proprietario dell’area vende l’area stessa riservandosi un diritto di superficie in corrispondenza di uno o più futuri appartamenti dei quali diventerà proprietario

d) concludere un contratto con il quale trasferisce solo una parte del suolo al costruttore il quale si obbliga a realizzare parte dell’immobile nell’altra porzione dell’area che il permutante conserva per se stesso

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PERMUTA DI AREA CON FABBRICATI: RICADUTE FISCALI a cura di Giovanni Valcarenghi*

Premessa

L’articolo 1552 del codice civile definisce la permuta come il contratto che ha per oggetto il

reciproco trasferimento della proprietà di cose o di altri diritti da un contraente all'altro.

A detto contratto si applicano, in quanto compatibili, le norme che il codice civile detta in

materia di vendita; tuttavia36, a differenza della vendita, nella permuta l’utilità ricercata dalle

parti è realizzata direttamente dal bene ricevuto.

In particolare, nella permuta lo scambio avviene nelle seguenti forme:

• cosa contro cosa;

• cosa contro diritto;

• diritto contro cosa;

• diritto contro diritto.

Nell’ipotesi in cui il denaro possa entrare nella transazione a titolo di conguaglio, la

distinzione tra vendita e permuta deve avvenire37 sulla scorta di criteri oggettivi (il conguaglio

deve rappresentare un minus rispetto al valore del bene), soggettivi (considerazione

secondaria che le parti attribuiscono al denaro rispetto ai beni), misti (sintesi dei due

precedenti criteri).

Trattandosi di contratto consensuale ad effetti reali, con il consenso delle parti (validamente

manifestato) produce:

• da un lato, il perfezionamento del contratto, potendo la consegna della cosa essere

differita nel tempo;

• dall'altro, il conseguimento del risultato perseguito, vale a dire il trasferimento della

proprietà dei beni permutati da un contraente all'altro.

Se i beni oggetto di permuta sono esistenti, non si ravvisano particolari problematiche.

Giova rammentare, tuttavia, come sia possibile realizzare contratti di permuta ad effetti

obbligatori, nel caso in cui la prestazione a carico di una o entrambe le parti abbia ad

oggetto un bene non ancora venuto ad esistenza.

Questo è il caso frequente in cui un soggetto privato, proprietario di un’area edificabile,

permuta il bene stesso con un fabbricato realizzato sul suolo da un costruttore.

Così operando, le parti conseguono l’effetto traslativo di scambiare la proprietà di un bene

esistente (terreno edificabile) contro la proprietà di un bene futuro (unità immobiliari)38.

L’effetto traslativo, pertanto, si scinde in due momenti temporali:

• passaggio immediato dell’area (effetto reale) al costruttore;

• obbligo del costruttore di realizzare la costruzione (effetto obbligatorio).

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 36 Così E. BERGAMO, Permuta, in Compendio giuridico sui contratti, a cura di V. Cuffaro, Ipsoa editore. 37 Cos’ ha affermato la Cassazione, sentenza 2811 del 16.07.1975. 38 Cassazione 22.11.2001 n. 14779; 12.04.2001 n. 5494.

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In tal caso, il contratto si perfeziona sempre per effetto del consenso, ma l'effetto reale

del trasferimento del bene futuro è differito ad un successivo momento, vale a dire

nell’istante in cui il bene stesso viene ad esistenza e senza che necessitino alcune ulteriori

manifestazioni di volontà, secondo quanto previsto dall'art. 1472 del codice civile39.

Nella pratica, si è cercato di alleviare la zona di rischio cui si espone il soggetto privato che si

priva della proprietà del terreno mediante le seguenti operazioni40:

• differimento dell’effetto traslativo della cessione del terreno in coincidenza con

l’avvenuta costruzione degli immobili (Cassazione 3265 del 29.10.1974);

• stipula di un preliminare di permuta con rinvio del rogito al momento della ultimazione

dei fabbricati;

• stipula di un contratto misto tra vendita e appalto, mediante la cessione del suolo con

riserva del diritto di superficie della parte di terreno destinata ad “ospitare” il fabbricato

promesso (utilizzabile per la realizzazione di immobili singoli);

• cessione di una sola parte dell’area, dietro appalto per la costruzione del fabbricato.

Tali tematiche di natura civilistica debbono essere “testate” a livello fiscale, ove si

contrappongono, solitamente, le problematiche di un soggetto privato proprietario del

terreno (che deve risolvere problemi legati alla possibile emersione di una plusvalenza da

cessione di una area edificabile) e di un imprenditore (individuale o societario) che deve

risolvere problemi di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

Problematiche ai fini IVA per l’impresa che realizza i fabbricati

L’articolo 11 del DPR 633/72 dispone che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere

precedenti obbligazioni, sono soggette ad Iva separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate. Tale disposizione viene solitamente definita come “principio di autonomia” delle due operazioni

ricomprese nel contratto di permuta che, come tali, devono soggiacere alle regole impositive generali del tributo (momento impositivo, base imponibile, aliquota, fatturazione, ecc.). Il successivo comma 2 dell’articolo 13 del DPR 633/72 prevede, altresì, che per le operazioni

permutative la base imponibile è costituita dal valore normale dei beni e dei servizi che formano oggetto di ciascuna prestazione. Nell’ipotesi prospettata, ovviamente, i problemi di natura IVA potranno sussistere

esclusivamente in capo all’impresa che realizzerà i fabbricati, mentre dal punto di vista del privato possessore dell’area fabbricabile non si porrà alcuna questione in merito. In sostanza, l’acquisto del terreno sarà assoggetto ad imposta di registro, in forza dell'art. 40, comma 2,

del DPR 131/86, mentre la cessione del fabbricato sconterà IVA, naturalmente secondo le ormai note regole introdotte con la manovra Prodi.

39 Cassazione 27.04.1993 n. 4926; 20.07.1991 n. 8118; 18.11.1987 n. 8487. 40 Così E. BERGAMO, op. cit.

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Permuta di area con fabbricati: ricadute fiscali

123

In merito al momento impositivo, se è vero che la cessione del terreno rappresenta il

pagamento dei futuri fabbricati e tale pagamento avviene in sede di stipula del rogito

notarile, fatta salva l’esistenza di una condizione sospensiva inserita dalle parti nell’atto (ed

esempio, rilascio della concessione edilizia o altro documento amministrativo equipollente),

si verifica il presupposto menzionato dall’articolo 6, comma 4 del DPR 633/72, vale a dire il

pagamento (in tutto o in parte) del corrispettivo.

A conferma di tali conclusioni riportiamo integralmente il testo della risoluzione 460210

rilasciata in data 08.06.1989 dal Ministero delle finanze.

La signora CM premesso di aver effettuato una permuta di un terreno di sua proprietà con

quattro costruendi appartamenti e i sottostanti scantinati, ha chiesto di conoscere:

1) se la permuta del terreno edificatorio contro cessione degli appartamenti da costruire sia

soggetta o meno all' IVA e, in caso affermativo, con quale aliquota;

2) se la cessione dei costruendi appartamenti deve essere assoggettata al menzionato

tributo al momento della stipulazione degli atti relativi ovvero alla consegna degli stessi;

3) se la cessione degli scantinati è soggetta alla stessa aliquota stabilita per gli

appartamenti.

Al riguardo si fa rilevare anzitutto che nel caso in esame si è in presenza di una permuta di

un bene presente (terreno) contro un bene futuro (appartamenti da costruire).

Le cessioni realizzate nella permuta sono soggette autonomamente a imposizione, ai sensi

dell'articolo 11 del DPR 26-10-1972, n. 633. Perché vi sia, tuttavia, per entrambe le cessioni

autonoma soggezione all' IVA è necessario che ricorrano per le medesime i requisiti oggettivi e

soggettivi.

Nel caso di specie, se non vi è dubbio della sussistenza dei primi, altrettanto non può dirsi

per quelli soggettivi, perché gli appartamenti e i relativi scantinati vengono ceduti da una

impresa costruttrice (soggetto d' IVA), mentre la cessione del terreno viene posta in essere

da un "privato".

Comunque, anche in tale ipotesi, i due beni dati in permuta sono da assoggettare

autonomamente alle imposte relative (IVA e registro), come si evince chiaramente dalla

disposizione contenuta nel comma 2 dell' art. 40 del DPR 26-4-1986, n. 131, che stabilisce

che per le operazioni indicate nell' articolo 11 del DPR 26-10-1972, n. 633, l' imposta (di

registro) si applica sulla cessione o prestazione non soggetta all' imposta sul valore aggiunto,

in applicazione al principio dell' alternatività dei due tributi.

Tale principio, sancito dall' art. 40 ora citato, era del resto deducibile anche dalla precedente

normativa in materia di imposta di registro (art. 38 DPR 26-10-1972, n. 634), come del resto

la Scrivente ha già avuto modo di precisare con precedenti risoluzioni (fra l' altro RM 5-8-

1978, n. 360918).

P E R M U T A

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124

Per quanto concerne poi il momento impositivo, si fa rilevare che in materia d' IVA le cessioni

di immobili si considerano di norma effettuate al momento della stipulazione degli atti

relativi, ai sensi del primo comma dell' art. 6 del menzionato DPR n. 633/1972, tranne nelle

ipotesi in cui gli effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente; nel qual caso la

cessione si deve considerare effettuata al verificarsi di tali effetti.

Tuttavia se prima della stipula o del trasferimento, viene pagato in tutto o in parte il

corrispettivo, l' operazione si considera effettuata, limitatamente all' importo pagato, alla

data del pagamento, ai sensi del quarto comma dello stesso art. 6.

Sulla base delle suesposte precisazioni ne consegue che:

a) la cessione dei costruendi appartamenti deve essere assoggettata all' IVA, in quanto

effettuata da un' impresa edile e il momento impositivo è quello della cessione del terreno in

quanto esso ne costituisce il corrispettivo. Ciò anche in conformità a quanto precisato dalla

Suprema Corte di cassazione con sentenza n. 4842 del 7-9-1982;

b) l' aliquota IVA applicabile è quella del 2 per cento (4 per cento dal 1-1-1989), ai sensi dell'

art. 8 del DL 31-10-1980, n. 693, convertito nella legge 22-12-1980, n. 891, e successive

modificazioni, qualora gli appartamenti non abbiano le caratteristiche delle case di abitazione

di lusso. Alla stessa aliquota è soggetta la cessione degli scantinati se i medesimi

costituiscono, come appare dagli atti, pertinenze degli appartamenti.

Per quanto concerne il trattamento tributario applicabile al terreno, lo stesso, essendo dato

in permuta da un privato, non rientra nell' ambito di applicazione dell' imposta sul valore

aggiunto, ma in quella dell' imposta di registro.

Al riguardo si conferma che il trasferimento del terreno effettuato dalla signora CM alla

impresa costruttrice è soggetto all' imposta di registro con l' aliquota pari all' 8 per cento

(trattandosi di suolo edificatorio), a quella ipotecaria di trascrizione con l' aliquota dell' 1,60

per cento ed a quella catastale con l' aliquota dello 0,40 per cento sul valore dichiarato e

salvo giudizio di congruità.

Problematiche ai fini delle imposte dirette per il privato che cede l’area edificabile

L’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR ascrive alla famiglia dei redditi diversi le plusvalenze

realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione

edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento del trasferimento.

Dando per scontata, ai fini che qui interessano, la sussistenza del requisito della edificabilità

dell’area (ovviamente sulla scorta della nuova definizione a tal fine inserita nel decreto legge

223/2006), è sufficiente verificare la ricorrenza di un atto a titolo oneroso per considerare

perfezionato l’insieme dei requisiti menzionati dalla norma in esame.

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Permuta di area con fabbricati: ricadute fiscali

125

La permuta, come già affermato, è senza dubbio una cessione a titolo oneroso, consistendo

nello scambio di bene contro bene o servizio; tale forma, realizzando il presupposto di un

corrispettivo in natura, deve ritenersi senza ombra di dubbio atta a generare la plusvalenza.

Il successivo art. 68, comma 1, del Tuir, quantifica la base imponibile nel differenziale tra il

corrispettivo percepito nel periodo di imposta ed il prezzo di acquisto del bene ceduto,

aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo.

Dunque, se il valore di acquisto del terreno (debitamente incrementato degli oneri accessori)

è inferiore al prezzo di cessione, esiste la plusvalenza e rimane solo da verificare quale sia il

momento (periodo di imposta) in cui la stessa debba essere assoggettata ad imposizione,

applicando il noto principio di cassa che regna nella famiglia dei redditi diversi.

Qui possono sussistere alcune difficoltà operative, in quanto il corrispettivo conseguito non è

sotto forma di denaro, bensì rappresentato da un fabbricato che verrà edificato sull’area ceduta.

Dal versante civilistico, si è già accennato alla circostanza secondo la quale la percezione del

prezzo (sia pure in natura) sia da “collocare” nell’istante in cui il fabbricato viene ad esistenza.

Secondo la Cassazione (sentenza 8118 del 20.07.1991) si dovrebbe individuare il momento

di perfezionamento del processo produttivo dell’immobile, quanto meno nelle sue

componenti essenziali, non assumendo alcun rilievo il fatto che siano ancora non realizzate le

finiture né tanto meno la circostanza che difetti il rilascio della agibilità o abitabilità.

Sul punto, tra l’altro, è anche possibile rammentare che, con l’introduzione nel codice civile

dell’articolo 2645-bis , comma 6 (registrazione dei contratti preliminari) nell’ordinamento

italiano si dispone di una definizione di fabbricato, intendendosi esistente lo stesso con

l’esecuzione del rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e del

completamento della copertura.

A detta definizione, pertanto, sembrerebbe logico rifarsi anche per ciò attiene il caso della

permuta; inoltre, l’esistenza di un preciso criterio normativo – sia pure ad altri fini elaborato

– potrebbe far perdere di attualità le discussioni in merito alla possibilità, per le parti, di

regolare in modo patrizio le caratteristiche che deve possedere l’edificio in modo che lo

stesso possa ritenersi conforme a quanto spettante al soggetto privato. Si tratta, in sostanza,

di capire se è possibile, per il tramite di accordi privati, differire nel tempo il momento in cui

si può considerare ultimato il fabbricato e, pertanto, incassato il prezzo.

Vi è infine da interrogarsi in merito alla possibile influenza della modalità di stipula

dell’originario atto di permuta, vale a dire se all’interno dello stesso si sia provveduto:

• alla specifica individuazione del fabbricato da assegnare in permuta;

• alla semplice indicazione delle caratteristiche generali dello steso, senza precisa

individuazione dello stesso.

P E R M U T A

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126

Non pare che la impostazione originaria degli accordi possa influire sulle conseguenze fiscali,

poiché, in ogni caso, l'ammontare del corrispettivo (necessario per la determinazione della

plusvalenza) è quanto meno determinabile.41

Alla luce di quanto sopra, confortati anche dalla recente sentenza della Cassazione che si

riporta integralmente nel box sotto, è possibile affermare che il corrispettivo per la cessione

a titolo oneroso del fabbricato può considerarsi incassato solo al momento della ultimazione

del fabbricato, nel senso sopra detto ed eventualmente diversamente graduato a seconda

degli accordi tra le parti.

Cassazione, Sezione tributaria Sentenza n. 1427 del 25 novembre 2005 (dep. il 25 gennaio 2006)

Presidente Saccucci, Relatoree. Altieri

Imposte sui redditi - Plusvalenza - Permuta di cosa presente con cosa futura - Anno di competenza - È quello in cui viene in esistenza la cosa futura - Art. 76 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597

Massima

Nella permuta di cosa presente con cosa futura (terreno contro unità immobiliari da

costruire), la plusvalenza (nel caso di specie, in capo alla cedente) si realizza con il venire ad

esistenza del bene futuro e non al momento della stipulazione del contratto; è pertanto in

quel momento che la plusvalenza diventa tassabile.

Svolgimento del processo

1. C.S. impugnava dinanzi alla Commissione tributaria di I grado di Caserta l'avviso di

accertamento ai fini Irpef-Ilor per il 1987, col quale veniva ripresa a tassazione una

plusvalenza di lire 242.758.900, assumendo che la stessa, secondo l'ufficio, era derivata da

una permuta di cosa presente con cosa futura (realizzazione di unità immobiliari), venuta ad

esistenza soltanto nel 1990.

La Commissione accoglieva il ricorso.

L'ufficio proponeva appello, che veniva accolto dalla Commissione regionale della Campania

con sentenza 3-17 novembre 1999.

Secondo la Commissione regionale, pur non essendo la proprietà dei beni ceduti in permuta

alla C.S. in quanto non ancora esistenti al momento del contratto, lo stesso era stato

stipulato dalla contribuente con intento speculativo, per cui legittimamente l'ufficio aveva

ritenuto l'esistenza di una plusvalenza, ai sensi dell'art. 76 del D.P.R. n. 597/1973. Il

mancato trasferimento della proprietà del bene al momento del contratto era irrilevante,

41 Così, ad esempio, G. A. VENTIMIGLIA, in Il Fisco 11/2006, pag. 1-1669 e seguenti.

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Permuta di area con fabbricati: ricadute fiscali

127

essendosi immediatamente costituito, a favore della C.S., uno jus ad habendam rem in

corrispettivo sinallagmatico con la cessione, da parte di lei, di un terreno all'impresa che

doveva realizzare le costruzioni. Si trattava, in altri termini, di un contratto perfetto ab origine, e non di un negozio in formazione. Il proprietario dell'area consegue infatti

immediatamente il credito e l'impresa ha l'obbligo dell'immediata fatturazione.

Avverso tale sentenza la C.S. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre mezzi di

annullamento.

L'Amministrazione finanziaria non ha svolto attività difensiva in questa sede.

2. I motivi di ricorso

2.1. Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 76 del D.P.R.

597 del 1973, 1552 e seguenti, 1472 del codice civile, la ricorrente deduce che, come

avevano esattamente affermato i primi giudici, nella permuta di cosa futura la proprietà della

stessa si acquista solo quando la cosa viene in esistenza, e solo in quel momento si realizza

la plusvalenza imponibile, che secondo il citato art. 76 si riferisce solo a plusvalenze

conseguite, e non da conseguirsi.

2.2. Col secondo motivo la ricorrente denuncia che la sentenza impugnata - in violazione

dell'art. 116 del codice di procedura civile - non ha tenuto conto della sentenza penale,

passata in giudicato, con la quale il Gup del Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha dichiarato

non luogo a procedere perché il fatto non sussiste nei suoi confronti, per il reato di cui all'art.

1, comma 10, della L. n. 516/1982, per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi

relativi al 1987, in relazione al conseguimento della contestata plusvalenza.

2.3. Col terzo motivo la ricorrente lamenta che, in violazione dell'art. 112 del codice di procedura civile, la decisione si sia fondata su un fatto (l'emissione della fattura da parte dell'impresa costruttrice) diverso da quelli allegati nell'appello dell'ufficio. Rileva che la fattura è un documento

fiscale e non incorpora un credito; inoltre oggetto della controprestazione del permutante era il trasferimento dell'immobile, unico tema costituente oggetto dell'appello dell'ufficio. 3. Motivi della decisione 3.1. Il primo motivo merita accoglimento. Come ha esattamente dedotto la ricorrente, nella permuta di cosa esistente con cosa futura (la realizzazione di un fabbricato), secondo l'art.

1472 del codice civile la plusvalenza viene conseguita, non già al momento della stipulazione del contratto, ma quando la parte acquista la proprietà della cosa, il che si verifica al momento in cui la stessa viene ad esistenza. Del tutto irrilevante, prima di tale momento,

l'intento speculativo eventualmente perseguito dalla contraente, come pure le considerazioni sull'esistenza di uno jus ad habendam rem, e sulla trascrivibilità di tale diritto. L'art.76, comma 10, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, il quale contempla tra i redditi diversi

le plusvalenze derivanti da operazioni speculative, prevede, al comma 2, che la plusvalenza sia costituita dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello conseguito con l'alienazione.

P E R M U T A

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Nel caso di specie, quindi, occorre tenere conto del momento in cui il corrispettivo della cessione del terreno (e cioè la proprietà della costruzione realizzata) è entrato nel patrimonio del soggetto che ha ceduto il terreno. In proposito la Corte non condivide l'interpretazione

seguita dalla Commissione tributaria regionale, secondo cui per prezzo non deve intendersi il corrispettivo pattuito (nella specie, non una somma di danaro, ma l'acquisto della proprietà di un bene), ma il valore entrato nel patrimonio al momento della stipulazione del contratto,

costituito dal cosiddetto jus ad habendam rem. 3.2. L'accoglimento della censura comporta l'annullamento della sentenza impugnata, con assorbimento degli altri motivi e con rinvio ad altra Sezione della Commissione tributaria

regionale della Campania. I giudici di rinvio dovranno, pertanto, accertare la data di costruzione dell'immobile, utilizzando gli elementi offerti dalle parti, fra cui le risultanze probatorie emerse nel processo penale per il reato di cui all'art. 1, comma 10, della L. n. 516

del 1982, conclusosi con sentenza favorevole alla ricorrente, dalla quale, beninteso, non deriva alcun vincolo di giudicato nel presente processo. Ai giudici di rinvio è affidata anche la decisione sulle spese della presente fase.

P.Q.M. - la Corte di Cassazione; accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione

tributaria regionale della Campania.

SITUAZIONE DI BASESITUAZIONE DI BASE

CONTRATTOPERMUTA

PRIVATOPOSSESSORE

DI AREA EDIFICABILE

IMPRESA EDILECHE REALIZZAFABBRICATO

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Permuta di area con fabbricati: ricadute fiscali

129

PROBLEMI IVA PER IMPRESAPROBLEMI IVA PER IMPRESA

DPR 633/72

ARTICOLO11 DPR 633/73Autonomia delle

prestazioni

ARTICOLO13 DPR 633/72Base imponibile

ARTICOLO 6 DPR 633/72

Momento impositivo

PROBLEMI DIRETTE PER PRIVATOPROBLEMI DIRETTE PER PRIVATO

TUIR

REDDITIDIVERSI

CRITERIODI CASSA

MOMENTODI INCASSOFIGURATIVO

P E R M U T A

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DIFFERENTI TIPOLOGIE DI LOCAZIONI*

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

Uso abitativo

TIPOLOGIA

CONTRATTUALE

RIFERIMENTO NORMATIVO

FATTISPECIE

DURATA

CANONE

AGEVOLAZIONI

FISCALI

CONTRATTI LIBERI

ART. 2, C.1, L. 431/98 esigenze abitative di qualsiasi

tipo

STIPULABILI in tutti i Comuni

4 ANNI, CON RINNOVO DI 4 LIBERO NO

CONTRATTI AGEVOLATI

ART. 2, C.1, L. 431/98 esigenze abitative ordinarie

STIPULABILI in tutti i Comuni

NON INFERIORE A 3 ANNI,

CON PROROGA DI 2

all’interno di fasce di oscillazione fissate negli accordi territoriali; in mancanza di accordo locale, supplisce il dm sostitutivo ex art. 4, c. 3, l.431/98

Ire sul 59,5% del canone (a Venezia centro, Giudecca, Murano e Burano, sul 52,5%) e Registro sul 70% del canone, nei Comuni ad alta tensione abitativa

CONTRATTI TRANSITORI

ART. 5, C. 1, L.431/98 per proprietari o conduttori,

come individuate negli Accordi

territoriali; in mancanza di

Accordo locale, supplisce il DM

sostitutivo ex art. 4, c. 3,

L.431/98

STIPULABILI in tutti i Comuni

da 1 a 18 mesi nei comuni di roma, milano, venezia, genova, bologna, firenze, napoli, torino, bari, palermo, catania, nei comuni confinanti e negli altri comuni capoluogo di provincia, all’interno di fasce di oscillazione fissate negli accordi territoriali; in mancanza di accordo locale, supplisce un dm sostitutivo ex art. 4, c. 3, l.431/98; libero in tutti gli altri comuni

NO

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Differenti tipologie di locazioni

131

CONTRATTI PER STUDENTI

UNIVERSITARI

ART. 5, C. 2 E 3, L.431/98 per studenti iscritti a un corso

universitario in un Comune

diverso da quello di residenza

STIPULABILI nei Comuni sedi

di università o corsi universitari

distaccati o di specializzazione

nonché nei Comuni limitrofi

da 6 mesi a 3 anni all’interno di fasce di

oscillazione fissate in appositi

accordi territoriali; in

mancanza di accordo locale,

supplisce un dm sostitutivo ex

art. 4, c. 3, l.431/98

Ire sul 59,5% del canone (a

Venezia centro, Giudecca,

Murano e Burano, sul 52,5%)

e Registro sul 70% del canone,

nei Comuni ad alta tensione

abitativa

CONTRATTI PER IMMOBILI

STORICO-ARTISTICI

ART. 1, C. 1, LETT. A),

L.431/98

esigenze abitative di qualsiasi

tipo

STIPULABILI in tutti i Comuni

LIBERA LIBERO Ire sulla minore delle tariffe

d’estimo previste per le

abitazioni della relativa zona

censuaria, se inferiore al

canone percepito

CONTRATTI PER FINALITA’

TURISTICHE (vacanze,

villeggiatura)

ART. 1, C. 1, LETT. C),

L.431/98

finalità turistiche

STIPULABILI in tutti i Comuni

LIBERA LIBERO NO

CONTRATTI PER

FORESTERIA

non esiste una specifica

previsione normativa per la

stipula dei contratti in

questione: la fattispecie,

messa in dubbio subito dopo

l’entrata in vigore della l.

431/98, è oggi comunemente

accolta dalla dottrina, anche se

mancano pronunce

giurisprudenziali

esigenze abitative transitorie di

persona diversa dal conduttore

STIPULABILI in tutti i Comuni

LIBERA LIBERO NO

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LE PRINCIPALI PROBLEMATICHE IN MATERIA DI CONTRATTI DI LOCAZIONE COMMERCIALE: ASPETTI GIURIDICI

a cura di Luca Lucenti*

Premessa

Il contratto di locazione commerciale, o meglio, avente ad oggetto “immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione”, come recita il Capo II della L. n.392 del 27.07.1978, che

lo regolamenta, è contratto a torto considerato, nella pratica, di agevole stesura e gestione.

In realtà, le cose stanno ben diversamente, trattandosi di un negozio giuridico dai tratti

delicati ed insidiosi, spesso non evidenti nella lettura della normativa ad esso dedicata,

peraltro oggetto di plurimi interventi giurisprudenziali, anche tra loro divergenti.

Ambito applicativo e durata

L’art.27 della L. n.392 del 27.07.1978, regolamenta l’ambito di applicazione della normativa

in esame, ricollegando, alle diverse tipologie in tal modo individuate, una diversa durata del

contratto, in deroga a quanto previsto, per la locazione in generale, dall’art.1574 c.c..

Schematicamente, la norma in esame individua:

(a) locazioni aventi ad oggetto:

- immobili adibiti ad attività industriali, commerciali ed artigianali e/o d’interesse turistico ai

sensi della L. n.326/68 (da non confondere con le attività alberghiere di cui appresso);

- immobili adibiti all’esercizio di attività di lavoro autonomo;

in relazione ai quali la durata contrattuale è fissata in 6 anni ex art.27, co.1, L. n.392/78 cit.;

(b) locazioni aventi ad oggetto attività alberghiere, per cui è prevista una durata di anni 9

(ex art.27, co.3, L. n.392/78 cit.).

Entro il medesimo ambito applicativo, gravitano pure, ex art.42, L. n.392/78 cit., i contratti di

locazione aventi ad oggetto immobili adibiti ad attività ricreative, assistenziali, culturali e

scolastiche, nonché a sede di partito e sindacato, così come i contratti stipulati dallo Stato e

dagli enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (locazioni che pongono problematiche di

particolare natura, le quali non saranno oggetto, per ragioni di spazio, del presente lavoro).

L’individuazione dei tipi contrattuali di cui sopra non sembra porre difficoltà di rilievo,

potendosi fare riferimento, per la qualificazione dei rispettivi ambiti, ad abituali concetti

giuridico economici (sempre tenendo presente, tuttavia, che l’interpretazione offerta dalla

giurisprudenza appare assai lata, ricomprendendo “gli immobili di qualunque specie che nell’ambito della disciplina urbanistica siano adibiti ad una delle attività indicate” nella norma

in esame; v. Cass. Civ., sez.III, 27.02.1987 n.2112, riguardante le c.d. aree nude).

Di seguito, dunque, saranno trattati solo alcuni aspetti che sono apparsi di rilievo.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto da “La Circolare Tributaria” n.18 del 9 maggio 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore

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Le principali problematiche in materia di contratti di locazione commerciale: aspetti giuridici

133

Attività di interesse turistico e attività alberghiere

La prima questione interpretativa si è posta con riferimento alla distinzione, introdotta dal

co.1, n.2 e dal co.3 dell’art.27, L. n.392/78 qui in commento, tra locazioni aventi ad oggetto

immobili di interesse turistico e locazioni alberghiere, in relazioni alle quali la legge stabilisce

una diversa durata contrattuale, rispettivamente pari a 6 e 9 anni.

Il problema nasce dal fatto che le attività di interesse turistico, cui l’art.27, co.1, L. n.392/78

cit. ricollega una durata contrattuale di 6 anni, sono individuate dal n.2 dell’articolo appena

menzionato mediante rinvio all’art.2 della L. n.326 del 12.03.1968.

Quest’ultima disposizione, dal canto suo, prevede particolari agevolazioni economiche

finalizzate allo sviluppo della ricettività alberghiera e turistica e, nell’elencare le attività

beneficiarie di tali provvidenze, fa testuale riferimento ad alberghi, pensioni, locande, nonché

a villaggi turistici, campeggi, case per ferie, alberghi per la gioventù e via dicendo.

Tutte imprese, cioè, potenzialmente rientranti nel generale ambito alberghiero preso in

considerazione dal predetto art.27, co.3, L. n.392/78 cit., che sancisce una durata novennale dei

relativi contratti locatizi, in luogo dei 6 anni di cui al co.1 del medesimo articolo, sopra esaminato.

Il problema consiste, dunque, nello stabilire se il contratto di locazione relativo ad immobili

destinati all’esercizio di un’attività potenzialmente rientrante nel concetto di quella alberghiera (ex art.27, co.3, L. n.392/78 cit.), ma elencata nell’art.2 della L. n.326/68 (a sua volta richiamato dall’art.27, co.1, n.2, L. n.392/78), sia da considerarsi di durata novennale,

come stabilito dalla prima disposizione, oppure sia destinato ad esaurirsi nell’ordinario arco temporale di 6 anni. La giurisprudenza sul punto sembra optare per l’esistenza di un rapporto di specialità tra il

disposto dell’art.2 della L. n.326/68, oggetto di richiamo da parte del co.1, n.2, dell’art.27, L. n.392/78 in commento e la generale previsione delle attività alberghiere, di cui al co.3 dell’art.27, L. n.392/78 cit.; con la conseguenza che, per le attività elencate nella prima norma,

la durata del contratto sarà comunque pari a 6 e non a 9 anni. Si confronti, ad es., in materia di locazione di camping, Cass. Civ., sez.III, 30.12.1991, n.13999.

Attività stagionali e transitorie

L’art.27, L. n.392/78 in esame introduce una differenziazione tra locazione finalizzata all’esercizio di attività transitoria e finalizzata all’esercizio di quella stagionale, che determina

conseguenze di un certo rilievo sul rispettivo regime negoziale. Ai sensi del co.5 dell’articolo in discorso, infatti, in ipotesi di locazione per uso transitorio, è consentito alle parti stabilire un termine di durata inferiore a quelli (6 o 9 anni) sopra

previsti, deroga che, come vedremo di seguito, non è per solito consentita; d’altro canto, per tali locazioni non è prevista alcuna indennità per perdita di avviamento, ex artt.34 e 35, L. n.392 del 27.07.1978.

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Ai sensi dell’art.27, co.6, L. n.392/78 cit., viceversa, in ipotesi di locazione stagionale i

termini di durata contrattuale sono quelli ordinari e il locatore è obbligato a concedere

l’immobile al conduttore che gliene faccia richiesta, di anno in anno, per la stagione pattuita,

sino alla naturale scadenza.

Per distinguere le due ipotesi, i cui ambiti definitori presentano elementi di interferenza, si è

fatto ricorso al concetto di periodicità: l’esigenza transitoria, infatti, è per sua natura

episodica e saltuaria, laddove quella stagionale ha natura periodica, come tale destinata a

ripetersi nel tempo ad intervalli regolari.

L’accertamento di quanto sopra avverrà secondo gli usuali criteri interpretativi, tenendo

presente sia il dato oggettivo dell’attività dedotta in contratto, sia l’atteggiamento soggettivo

delle parti (Cass. Civ., sez.III, 30.12. 1997, n.13133).

In proposito, per quanto particolarmente concerne le locazioni transitorie, vale la pena di

ricordare che la Suprema Corte ha addossato alle parti del negozio l’onere di enunciare

espressamente nel contratto, sia la transitorietà dello stesso, sia le ragioni che la

determinano: ciò a pena di comminatoria della nullità della previsione ai sensi dell’art.79,

co.1, L. n.392/78 cit. e di riconduzione del contratto al tipo legale, ex artt.1339 e 1419 c.c.

(v. Cass. Civ., sez.III, 18.04.1996, n.3663).

Locazione di immobile e affitto di azienda

In tema d’azienda alberghiera, si è posto il problema della distinzione tra locazione di

immobile alberghiero, sottoposto alla normativa di cui alla L. n.392/78 qui in esame, e affitto

d’azienda, la cui regolamentazione, per converso, esula dall’ambito vincolistico in esame

(Cass. Civ., sez.III, 12.06.1995, n.6591).

Il problema è abbastanza complesso e la sua compiuta trattazione richiederebbe uno spazio

qui non concesso.

Ci si limita, dunque, ad osservare che secondo la giurisprudenza, in caso di affitto di azienda,

l’immobile “è considerato non nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e complementarità per il conseguimento di un determinato fine produttivo”

(Cass. Civ., sez.III, 08.08.1997, n.7361), ovverosia come uno di quei beni organizzati

dall’imprenditore, ex art.2555 c.c., in vista dell’esercizio dell’impresa.

Viceversa, nella locazione immobiliare (anche nell’ipotesi in cui insieme all’immobile siano

locate pertinenze del medesimo) l’immobile concesso “assume una posizione di assoluta ed autonoma centralità nell'economia contrattuale, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi che, legati materialmente o meno ad esso, assumono, comunque, carattere di accessorietà, rimanendo ad esso collegati sul piano funzionale in una posizione di coordinazione-subordinazione” (Cass. Civ., sez.III,

08.08.1997, n.7361; v. pure, in tema, Cass. Civ., sez.III, 09.11.1993, n.11054).

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Le principali problematiche in materia di contratti di locazione commerciale: aspetti giuridici

135

E’ bene tenere presente, inoltre, che, ai sensi dell’art.1, co.9-septies, D.L. n.12 del

07.02.1985 (conv. con modificazioni in L. n.118 del 5 aprile 1985), laddove l’attività

alberghiera sia stata iniziata dal conduttore, il rapporto si deve considerare, per presunzione

legale, quale locazione d’immobile e non quale affitto di azienda (in tema v., ad es. , Cass.

Civ., sez.III, 20.04.2004, n.7498).

Durata, onere di trascrizione e forma

E’ diffusa opinione tra gli operatori pratici che il contratto di locazione commerciale abbia una

durata di 12 anni, ovvero di 18, in caso di locazione alberghiera.

In realtà tale opinione è del tutto erronea.

Il contratto in discorso, come si è osservato sopra, ha durata pari a 6, ovvero a 9 anni e

l’erronea convinzione cui si è appena fatto riferimento è frutto di una fallace interpretazione

dell’art.28, L. n.392/78 cit. (che prevede la tacita rinnovabilità del contratto), nonché dei

limiti posti, dall’art.29 della medesima legge, alla facoltà del conduttore di denegare il

rinnovo contrattuale alla prima scadenza.

E’ ovvio, infatti, che il combinato operare di tali previsioni determina, nella pratica del

rapporto, una durata negoziale ordinariamente pari a 12 o 18 anni, a seconda dei casi; ma è

altrettanto vero che esso non influisce sulla regolamentazione legale, la quale comunque

prevede il rinnovo contrattuale in termini solo eventuali e fissa la durata negli anzidetti limiti

di 6, ovvero 9 anni.

Quanto sopra assume rilievo a mente sia dell’art.2923, co.2, c.c., che rende inopponibili

all’acquirente dell’immobile locato, venduto in seguito a procedura espropriativa, le locazioni

ultranovennali non trascritte nei registri immobiliari ex art.2643, n.8 c.c., sia dell’art.1350,

n.8, c.c., il quale prescrive la forma scritta ad substantiam per i contratti di locazione

immobiliare che superino il novennio.

Entrambe le norme appena citate, dunque, non saranno applicabili alle locazioni commerciali

la cui durata, come si è detto, è prevista in misura inferiore al limite novennale appena

ricordato (in tema di forma, v. espressamente Cass. Civ., sez.III, 16.02.1998 n.1633).

Con particolare riferimento alla forma scritta, tuttavia, appare opportuno segnalare

l’esistenza dell’art.1, co.4, L. n.431 del 09.12.1998, il quale impone il ricorso alla detta forma

scritta ad substantiam per i contratti ad uso abitativo.

L’espressa delimitazione a tale ambito locatizio abitativo, derivante dal combinato disposto

dei co.1 e 4 dell’art.1, L. n.431/88 cit., sembra escludere qualsiasi interferenza della norma

in questione con il tema del presente lavoro, ma è sembrato opportuno dedicarvi un

accenno, sia per via della portata testuale della norma stessa (riferentesi, pur sempre, ai

“contratti di locazione”), sia in relazione ai problemi di disparità di trattamento, rilevanti ex

art.3 Cost., che essa parrebbe determinare.

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Derogabilità della regolamentazione in tema di durata

Altro problema è quello relativo alla derogabilità della normativa dettata dal sopra ricordato

art.27, L. n.392/78 cit. in tema di durata contrattuale.

Sul punto, occorre distinguere l’ipotesi in cui la regolamentazione pattizia preveda una durata

inferiore a quella prevista dalla legge (ovvero non vi sia pattuizione alcuna), dall’ipotesi in cui

la durata pattuita sia, viceversa, superiore a quella legale.

Nel primo caso (durata inferiore o non prevista), soccorre la previsione dell’art.27, co.4, L.

n.392/78 cit., in virtù della quale la vigenza contrattuale viene automaticamente riportata a

quella prevista dalla legge, pari a 6, o, rispettivamente, a 9 anni.

Tale meccanismo comporta, anche per il tramite di quanto previsto dall’art.79, co.1, L.

n.392/78 cit., l’invalidità negoziale limitata alla singola clausola derogativa, sopperendo a tale

carenza tramite l’integrazione legale del contratto nella parte interessata dalla nullità,

secondo quanto previsto dall’art.1419, co.2, c.c. (v. Cass. Civ., sez.III, 26.04.2004 n.7927;

Cass. Civ., sez.III, 25.11.2002 n.16580).

Nel secondo caso (durata superiore a quella legale), viceversa, non sembra sussistere

problema alcuno, avendo la legge previsto l’inderogabilità della sola durata minima, e restando le parti vincolate, quanto alla durata massima, unicamente al disposto dell’art.1573 c.c., che la fissa in 30 anni (v. Cass. Civ., sez.III, 26.04.2004, n.7927).

L’ipotesi da ultimo considerata, tuttavia, genera qualche incertezza in ordine alla correlata questione della durata delle eventuali proroghe del contratto successive alla prima scadenza, laddove il periodo iniziale di vigenza sia stato convenuto dalle parti in un tempo superiore a quello legale.

La giurisprudenza sul tema sembra escludere che il rinnovo debba avere durata analoga a quella originaria convenzionalmente pattuita, ritenendo invece applicabili, per i periodi successivi al primo, i tempi di cui al combinato disposto degli artt.27 e 28 L. n.392/78 cit.

(Cass. Civ., sez.III, 24.11.2004 n.22129; Trib. Modena, 7 aprile 2004). Quid, se la previsione pattizia stabilisce una durata superiore a quella legale, sia per il periodo iniziale, sia per i successivi periodi di rinnovo del contratto?

Pur non essendosi rinvenuti precedenti in termini, sul punto sembra potersi concludere per la prevalenza dell’accordo negoziale, stante il fatto, già segnalato in precedenza, che la L. n.392/78 cit. si limita a stimmatizzare il difetto di previsione della durata, ovvero la

previsione di una durata inferiore rispetto a quella legalmente stabilita, non impedendo, per converso, che le parti concordino tempi contrattuali superiori al dettato legale. La rinnovazione del contratto con particolare riferimento alla prima scadenza

Come si è già visto, l’art.28, L. n.392/78 cit., derogando a quanto generalmente previsto dall’art.1596, co.1, c.c., stabilisce che il contratto di locazione commerciale si rinnovi tacitamente alla scadenza, salvo disdetta da inviarsi, rispettivamente, 12 mesi (in ipotesi di

locazione alberghiera, 18 mesi) prima della scadenza.

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Le principali problematiche in materia di contratti di locazione commerciale: aspetti giuridici

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La disposizione va correlata a quella di cui al successivo art.29, L. n.392/78, il quale, per quanto attiene alla prima scadenza contrattuale, consente al locatore di negare il rinnovo solo in presenza di alcune specifiche ragioni in tale norma indicate (adibire l’immobile ad

abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado; adibirlo all’esercizio in proprio di attività commerciale; demolire l’immobile per ricostruirlo ovvero procedere alla sua ristrutturazione etc.; v. art.29, co.1, L. n.392/78 cit.; per la locazione alberghiera, v., invece,

quanto disposto dal co.2 della disposizione in questione). In ipotesi, dunque, la disdetta negoziale non è libera, ma condizionata all’effettiva sussistenza dei presupposti sopra riassunti, i quali devono essere esplicitati, a pena di nullità, nella comunicazione

intesa a denegare il rinnovo, da inviarsi al conduttore negli stessi termini sopra indicati. Si badi che, ai sensi dell’art.31, L. n.392/78 cit., laddove il locatore, negato il rinnovo contrattuale alla prima scadenza per una delle ragioni di cui sopra e conseguentemente

riottenuta la disponibilità dell’immobile, non dia poi effettivo seguito alle intenzioni espresse nel termine dei sei mesi dalla consegna dello stesso (adibendolo effettivamente ad abitazione, principiando l’attività commerciale in proprio etc.), la parte conduttrice potrà

chiedere il ripristino del contratto, salvi i diritti dei terzi di buona fede, ovvero ottenere il risarcimento del danno nella misura stabilita dalla disposizione in commento. La delicatezza delle norme sopra riassunte e delle conseguenze derivanti dalla loro

applicazione hanno determinato l’insorgere di diversi problemi, tra cui ricordiamo i seguenti.

Tassatività delle ragioni: onere di motivazione

La giurisprudenza ha ripetutamente deciso che il diniego di rinnovazione contrattuale alla

prima scadenza da parte del conduttore è possibile, a pena di nullità della disdetta, solo ed esclusivamente per uno dei motivi tassativamente elencati dall’art.29, co.1, L. n.392/78 cit., motivi che devono essere espressamente enunciati nella comunicazione inviata al conduttore

al fine di consentire, sia la verifica preventiva della legittimità del diniego, sia il controllo dell’effettiva destinazione dell’immobile riconsegnatogli agli utilizzi dichiarati (v. sul punto, Cass. Civ., sez.III, 06.11.2002 n.15547, espressione di un indirizzo costante).

E’ bene precisare che, una volta che il locatore abbia fatto ricorso ad un determinato motivo, tra quelli di cui all’art.29 cit., non gli sarà più possibile mutare avviso, dovendosi, la successiva azione giudiziale, intesa al rilascio dell’immobile locato, necessariamente fondare

sulla medesima situazione prospettata nella comunicazione di cui si tratta (v., ad es., Cass. Civ., sez.III, 06.11.2002 n.15547). Casistica

Onde comprendere esattamente la portata del rigore giurisprudenziale relativo all’onere di esposizione specifica delle ragioni addotte dal locatore a giustificazione del diniego di rinnovo alla prima scadenza contrattuale e di tassatività delle relative previsioni, si considerino le

seguenti fattispecie.

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Nel caso in cui il locatore si sia avvalso di una delle ragioni indicate nelle lett.a) e b)

dell’art.29, co.1, L. n.392/78 (adibire l’immobile ad abitazione, ovvero ad attività lavorativa

propria o del coniuge o di una parente in linea retta sino al secondo grado), gli si è

addossato l’onere di specificare espressamente l’uso previsto, il soggetto beneficiario di tale

uso, e, in caso di nuova attività commerciale, il tipo della medesima (v. Cass. Civ., sez.III,

19.01.2001 n.792).

Laddove, poi, il locatore si sia riferito alla necessità di ricostruire, ristrutturare o restaurare

l’immobile, ex art.29, co.1, lett.c) e d), L. n.392/78 cit., occorre che egli, oltre ad indicare

specificamente tali opere nella preventiva comunicazione di diniego, dimostri di essere in

possesso, al momento della richiesta di rilascio dell’immobile locato, del o dei provvedimenti

amministrativi permissivi che gli consentano di procedere alle opere edilizie preannunziate,

difettando i quali, non sarà possibile procedere al rilascio stesso (Cass. Civ., sez.III,

25.09.1996, n.8460).

Quanto alla locazione alberghiera, si è altresì deciso che le ragioni di diniego possono essere

solo quelle previste dal co.2 dell’art.29, L. n.392/78 cit., con esclusione dunque, posta la

specialità di tale disposto, dell’applicabilità di quanto stabilito, in via generale, dal co.1 della

medesima disposizione (Cass. Civ., sez.III, 12.08.1991, n.8789).

Esigenze di brevità, purtroppo, non consentono di proseguire l’esemplificazione della

casistica, la cui lettura, comunque, consiglia estrema cautela laddove si decida di ricorrere

alla disposizione in esame.

Rinuncia del conduttore al primo rinnovo contrattuale

A mente di quanto previsto dall’art.79, co.1, L. n.392/78 cit., si ritiene nulla la rinunzia

preventiva del conduttore alla rinnovazione alla prima scadenza, anche allorché la stessa sia

operata a fronte di una durata del contratto di locazione superiore al minimo legale, ma

inferiore al periodo complessivo che si sarebbe avuto operando la rinnovazione (Cass. Civ.,

sez.III, 29.12.1995, n.10270; nella specie, il locatore aveva rinunziato alla rinnovazione, a

fronte di una durata contrattuale stabilita in 9 anni, laddove operando la regolamentazione

legale, tale durata sarebbe stata complessivamente pari a 6 anni + 6 anni).

Nullità della disdetta ed acquiescenza del conduttore

Si è detto che la disdetta difettante dei requisiti di legge è nulla e, come tale, non possiede effetto

alcuno sul contratto, che si rinnova, dunque, secondo la previsione legale.

A tale nullità è riconosciuto carattere assoluto, con conseguente rilevabilità d’ufficio da parte

del Giudice (Cass. Civ., sez.III, 29.09.1997, n.9545).

Quid, tuttavia, nel caso in cui il conduttore, a fronte di una disdetta nulla, faccia

acquiescenza alle pretese del locatore, riconsegnando l’immobile?

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Le principali problematiche in materia di contratti di locazione commerciale: aspetti giuridici

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La giurisprudenza ha deciso che, in ipotesi, si determina comunque “la cessazione del rapporto locativo alla data bilateralmente concordata, non incorrendo nel divieto di cui all'art. 79 legge citata la rinuncia del conduttore al diritto di rinnovazione del contratto alla prima scadenza, se compiuta dopo la stipulazione del contratto” (Cass. Civ., sez.III, 13.09.1996, n.8262).

Determinazione ed aggiornamento del canone

Come è noto, principio informatore della determinazione del canone in materia di contratti di

locazione commerciale è quello della libera negoziazione del medesimo, in virtù del quale,

dunque, le parti sono libere di fissare il corrispettivo nella misura che più gli aggradi.

Tuttavia, una volta stabilito tale importo, l’art.32, co.2, L. n.392/78 cit. consente loro di

apportarvi una variazione annuale pari, al massimo, al 75% di quella accertata dall’Istat,

dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati.

Sul punto è bene rilevare che ogni diversa previsione intesa a far ottenere al locatore un

vantaggio economico superiore rispetto a quello sopra previsto, viene considerata dalla

giurisprudenza radicalmente nulla, ex art.79, co.1, L. n.392/78 cit., conseguendone la riduzione

dell’aggiornamento previsto dalle parti nei limiti di quanto prescritto dall’art.32, co.2, L. n.392/78

cit. (v., ad es., Cass. Civ., sez.III, 15.10. 2002, n.14655).

La norma assume una speciale valenza in relazione alla prassi contrattuale, di verificazione

alquanto frequente, in virtù della quale le parti del contratto stabiliscono un canone in misura

crescente nel corso degli anni, prevedendo progressivi ed a volte consistenti aumenti del

medesimo a cadenze predeterminate.

Tale meccanismo può essere finalizzato a far effettivamente ottenere al locatore aumenti

annuali superiori a quelli consentiti dal predetto art.32, L. n.392/78 cit., ipotesi in cui

incapperà nella sanzione di nullità per le ragioni sopra indicate.

Tuttavia, può pure darsi il caso che la previsione in discorso trovi la propria ragione d’essere in

particolari condizioni negoziali, tali da giustificare le variazioni concordate secondo criteri obiettivi.

Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di lavori di ristrutturazione di forte entità addossati al

conduttore, che potrebbero giustificare una riduzione del canone pattuito per i primi anni di

attività, oppure a sfavorevoli congiunture di mercato al momento della sottoscrizione del

contratto e via dicendo.

In tali casi, la giurisprudenza ‘apre’ alla clausola in esame, purché essa risulti ancorata “ad elementi predeterminati (idonei ad influire sull'equilibrio economico del sinallagma contrattuale e del tutto indipendenti dalle eventuali variazioni annuali del potere di acquisto della moneta)” e purché “ non risulti una sottostante volontà delle parti volta, in realtà, a perseguire surrettiziamente lo scopo di neutralizzare esclusivamente gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo, così, i limiti quantitativi posti dall'art. 32” cit. (Cass. Civ.,

sez.III, 24 giugno 1997 n.5632).

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La prelazione

Come è noto, a mente dell’art.38, L. n.392/78 cit., al conduttore di immobile ad uso

commerciale spetta, in caso di vendita dell’immobile stesso da parte del locatore, diritto di

prelazione.

Al fine di garantire l’effettività di tale diritto, la norma impone al locatore-venditore, l’onere di

notificare al conduttore un atto contenente le condizioni della vendita.

Laddove il locatore non ottemperi alla prescrizione in questione, soccorre il diritto di riscatto

dall’acquirente dell’immobile o da qualsiasi altro avente causa, che il conduttore potrà

esercitare nei sei mesi successivi alla trascrizione del contratto, a mente dell’art.39, L.

n.392/78 cit..

Analoga prelazione è riconosciuta al conduttore, ex art.40, L. n.392/78 cit., laddove il

locatore, venuto a scadenza del contratto, intenda locare a terzi l’immobile.

In tale seconda ipotesi, tuttavia, il diritto del conduttore non è sorretto dallo strumento del

riscatto, giacché, com’è stato deciso in giurisprudenza, la disposizione da ultimo citata “non prevede che, nel caso di violazione del diritto di prelazione dell'originario conduttore, quest'ultimo possa essere autoritativamente sostituito al soggetto al quale l'immobile sia stato nuovamente locato” (Cass. Civ., sez.III, 19.08.2003 n.12098): unico rimedio concesso,

dunque, sarà quello del risarcimento del danno.

Prelazione in caso di vendita

La normativa in tema di prelazione in caso di vendita ha posto innumerevoli problemi, a partire

dall’individuazione del suo fondamento (conservazione delle attività produttive a contatto con il

pubblico), dei soggetti titolari del diritto (tra cui è ricompreso anche il subconduttore), dei

presupposti per l’esercizio dello stesso, delle modalità di informativa da parte del locatore, delle

modalità di esercizio della prelazione da parte del conduttore e via dicendo.

Una compiuta disamina di tali problematiche appare evidentemente impossibile in un

contesto quale è il presente, talché si è ritenuto opportuno limitare l’analisi ad alcuni cenni

relativi alle fattispecie in cui, casisticamente, si è ritenuto operante, ovvero non operante il

diritto in questione.

In considerazione del fatto che l’art.38, L. n.392/78 cit., nel prevedere il diritto di cui si tratta, si

riferisce, testualmente, ai “trasferimenti” effettuati “a titolo oneroso”, la dottrina tende ad

escludere dall’ambito in esame gli atti costitutivi di diritti reali parziari, nonché le donazioni.

Analogamente, si esclude dalla prelazione, in considerazione dell’impossibilità che il

conduttore possa offrire al locatore lo stesso vantaggio offerto a quest’ultimo dal contraente

originario, le ipotesi in cui l’immobile locato passi di mano in virtù di negozi transattivi, di

datio in solutum, di negozi rientranti nello schema del do ut facias, o, infine, di permute (per

quest’ultimo caso, v. Cass. Civ., sez.III, 06.05.2003, n.6867).

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Le principali problematiche in materia di contratti di locazione commerciale: aspetti giuridici

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Si è anche esclusa la prelazione, per difetto della corrispettività immediata prevista dall’art.38, L.

n.392/78 cit., in ipotesi di conferimento dell’immobile in società (Cass. Civ., sez.III, 21.07.2000

n.9592), così come, sotto il profilo della mancanza della volontà di trasferire, nel caso di vendita

forzata dell’immobile stesso (Cass. Civ., sez.III, 16.12.1996, n.11225).

Ancora, al conduttore non spetta prelazione nell’ipotesi di vendita “in blocco” dell’intero

edificio in cui sia inserito l’immobile locato, rappresentando, in tal caso, l’unità complessiva

compravenduta, un bene diverso ed autonomo rispetto a quello, oggetto di locazione,

facente parte di tale unitario complesso (v., ad. es., Cass. Civ., sez.III, 04.02.2002 n.1443).

Viceversa, il caso di vendita cumulativa di più unita immobiliari, si tende a distinguere

l’ipotesi in cui la vendita abbia oggetto plurimo (vale a dire tante unità immobiliari,

individualmente considerate, tra cui quella locata), dal caso in cui l'oggetto del contratto sia

comunque unico, “sia, cioè, un complesso immobiliare dotato di una propria individualità

giuridico-strutturale sussistente, tra le diverse unità trasferite” (v. Cass. Civ., sez.III,

21.05.1999 n.4956).

Nel primo caso, secondo la giurisprudenza, “la prelazione ed il riscatto devono essere esclusi per

le stesse ragioni per le quali lo sono nella vendita in blocco (in quanto oggetto del trasferimento

è un bene che ha una configurazione sua propria, che lo rende diverso dall'immobile locato), nel

secondo devono essere riconosciuti, poiché realizzano le finalità dell'accorpamento aziendale

perseguito dalla legge” (v. Cass. Civ., sez.III, 21.05.1999, n.4956).

Conclusioni

Come premesso al principio di questa breve disamina concernente il contratto di locazione

commerciale, l’indagine è stata necessariamente limitata ad alcune delle principali questioni

emerse nella pratica del contratto stesso.

Ne sono, per converso, restate fuori altre, anche rilevanti - quali il diritto di recesso del

conduttore, il ristoro dell’avviamento commerciale perduto, la cessione del contratto di

locazione, la sublocazione, la successione nel contratto, le regole di ripartizione degli oneri di

manutenzione - che, se del caso, potranno essere affrontate in un successivo intervento.

Quel che si spera di aver trasmesso, comunque, è una sensazione di complessità negoziale

adeguata all’effettiva pregnanza degli interessi delle parti ed alla rilevanza sociale del tipo

contrattuale esaminato, spesso, purtroppo, oggetto di regolamenti pattizi poco accurati e non

adeguati all’importanza del rapporto che sono destinati a governare.

L O C A Z I O N E

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CONTRATTO DI LOCAZIONE AD USO DIVERSO* a cura di Cristina Schiatti

Con il termine locazione commerciale si intende la locazione di immobili urbani ad uso diverso da

quello abitativo, normalmente caratterizzato da un’attività economica produttiva di reddito.

L’oggetto della locazione commerciale è essenzialmente un immobile. Si differenzia dall’oggetto

dell’affitto di azienda che è costituito, invece da un complesso di beni organizzato per l’esercizio

dell’attività imprenditoriale nel quale, sovente, l’immobile è un componente.

Il sig. __________, nato a __________ il __________ ed ivi residente in Via

__________ n. ___ (c.f. __________ ) e la sig.ra __________, nata a __________ il

__________ ed ivi residente in __________ n. ___ (c.f. __________ ), in prosieguo

denominati "parte locatrice"

E

la __________, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, sig. _______ con

sede in __________, Via __________ n. ___ (c.f. e p.iva __________) iscritta al registro

delle imprese di __________ n.________, in prosieguo denominata“parte conduttrice”

CONVENGONO E STIPULANO QUANTO SEGUE

La forma del contratto dipende dalla sua durata. Se la durata è uguale o inferiore a 9 anni, la forma è libera. E’ quindi ammessa anche la forma orale, anche se, nella prassi e, soprattutto

per questioni di prova, è preferibile la forma scritta. Se la durata è superiore a 9 anni, il contratto necessita della forma scritta e, più in particolare, la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata. Per il calcolo della durata non rilevano le clausole che

determinano un’automatica rinnovazione del contratto, dovendosi fare riferimento solo alla “prima scadenza”. 1) Oggetto La parte locatrice concede in locazione alla parte conduttrice, che accetta, l’immobile sito in __________, con accesso dal civico n. ___ di Piazza __________, angolo Via __________

n. __, della superficie di circa metri quadrati ___, di cui ___ adibiti ad uso commerciale al piano terreno ed ___ adibiti ad uso magazzino al piano seminterrato. L’unità immobiliare di cui sopra risulta essere individuta in catasto al foglio n. ___, particella n. ___ sub. ___.

La locazione può avere ad oggetto un edificio o anche un’area. L’immobile deve però essere urbano cioè destinato ad un uso che può essere commerciale, professionale, artigianale o

industriale. Sono esclusi i cosiddetti fondi agricoli per i quali è prevista una disciplina ad hoc. E’ locazione commerciale anche quella che ha per oggetto immobili adibiti a parcheggio, deposito, autorimessa, garage, magazzino. * scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

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scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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Contratto di locazione ad uso diverso

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2) Destinazione

La parte conduttrice utilizzerà l’immobile oggetto della locazione per la propria attività di

,____________. Qualsiasi diversa utilizzazione dovrà essere preventivamente ed

espressamente autorizzata dalla parte locatrice. La parte conduttrice dichiara che la parte

dell’unità immobiliare sita al piano terreno verrà utilizzata per attività che comporta contatti

diretti con il pubblico.

Il conduttore deve rispettare l’uso convenuto nel contratto. Qualora, durante la locazione,

muti l’attività esercitata nello stesso senza il consenso del locatore, quest’utlimo potrà agire

per la risoluzione del contratto. Una particolarità è per il mutamento dall’uso commerciale

all’uso abitativo. In tal caso il locatore avrà un termine di 3 mesi (decorrenti dal momento in

cui ha avuto conoscenza del mutamento) per agire per la risoluzione del contratto. Decorso

detto termine inutilmente, il rapporto sarà disciplinato dal regime giuridico corrispondente

alla nuova destinazione dell’immobile.

Quando il contratto cessa per volontà del locatore, quest’ultimo è tenuto a versare una

somma al conduttore a titolo di indennità per la perdita di avviamento. L’importo è pari a 18

mensilità dell’ultimo canone corrisposto (per le attività alberghiere: 21 mensilità). L’indennità

è dovuta solo per il caso in cui l’attività esercitata nell’immobile comporta contatti diretti con

il pubblico. Nel caso in cui l’immobile venga adibito all’esercizio della stessa attività (entro un

anno dalla cessazione della precedente locazione) il conduttore ha diritto ad un’ulteriore

indennità di importo pari alla precedente. Il diritto all’indennità non è rinunciabile alla

conclusione del contratto a meno che il conduttore, per detta rinuncia, abbia ottenuto un

vantaggio (ad es. una riduzione del canone).

3) Cessione del contratto

La parte conduttrice non potrà sublocare, cedere in uso o comunque affittare a terzi

l’immobile locato o parte di questo, nè cedere il contratto, fatte salve le ipotesi di cui all'art.

36 L. 392/78. La violazione di detti divieti costituirà clausola risolutiva espressa del presente

contratto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1456 c.c..

Se non convenuto il divieto nel contratto, il conduttore può concedere in sublocazione

l’immobile ad un terzo (subconduttore). Anche qualora il contratto prevedesse il divieto di

sublocazione, quest’ultimo è superabile se il conduttore dia contestualmente in sublocazione

l’immobile e affitti o ceda l’azienda. In tale caso non vi è subentro nel rapporto originario ma

si crea un rapporto derivato tra il locatore originario ed il subconduttore. Il locatore si può

opporre solo per gravi motivi (ad esempio gravi circostanze che possono far venir meno le

garanzie patrimoniali).

L O C A Z I O N E

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La cessione del contratto è iammessa solo con il consenso del locatore, a meno che il

conduttore ceda o affitti al terzo (o la conferisca) la propria azienda della quale la locazione

sia un elemento funzionale. Anche in tal caso il locatore si può opporre solo per gravi motivi.

4) Durata

La locazione ha la durata di sei anni, con inizio dal __________ e termine al __________.

La parte conduttrice ha la facoltà di recedere anticipatamente ai sensi dell'art. 27, 7° comma

L. 392/78, con preavviso di mesi sei, da formularsi mediante lettera raccomandata con

ricevuta di ritorno. In caso di mancata disdetta inviata dalla parte locatrice da comunicarsi, a

mezzo di lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, almeno dodici mesi prima della

scadenza, la locazione si rinnoverà per un uguale periodo e così di seguito.

La durata minima, inderogabile, è di 6 anni (salvo le locazioni transitorie per le caratteristiche dell’attività- e quelle alberghiere). Se le parti fissano una durata inferiore, la durata è comunque di 6 anni. Quella massima è di 30 anni.

Normalmente, alla prima scadenza il contratto si rinnova tacitamente di 6 anni. Le parti possono stabilire una durata diversa per il rinnovo. Il rinnovo non avviene se, alla prima scadenza del contratto, il locatore nega il rinnovo

stesso. Il diniego di rinnovo, da parte del locatore, però può essere dato solo alla prima scadenza e per determinati motivi stabiliti dalla legge: a) adibire l’immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta; b) adibire l’immobile

all’esercizio di un’attività commerciale in proprio o da parte del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta o anche attraverso una società di persone di cui il locatore sia socio; c) demolire l’immobile per ricostruirlo o ristrutturarlo integralmente o intervenire su di

esso sulla bsae di un programma pluriennale, oppure quando vuole ristrutturarlo per rendere i locali di vendita conformi a legge ed ai piani comunali sempre che le opere da effettuare saino incompatibili con la permanenza del conduttore nell’immobile. E’ necessario, per agire

per il rilascio, il possesso della licenza o concessione ad eseguire i lavori. Dopo la prima scadenza il locatore può disdettare il contratto con comunicazione da effettuarsi entro 12 mesi dalla scadenza.

Il conduttore, invece, può disdettare il contratto già alla prima scadenza, previo invio della relativa comunicazione entro il termine di 12 mesi dalla scadenza stessa. Le parti possono prevedere che il conduttore possa, in qualsiasi momento, recedere dal

contratto dando il preavviso entro 6 mesi. Se tale facoltà non è prevista il conduttore potrà recedere alle sole scadenze contrattuali (con preavviso di 12 mesi) o qualora ricorrano gravi motivi (con preavviso di sei mesi). I gravi motivi che consentono il recesso sono

esclusivamente quelli che non dipendono in alcun modo da fatto o volontà del conduttore, siano imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendere gravosa la sua prosecuzione.

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Contratto di locazione ad uso diverso

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5) Riconsegna dell’immobile

Alla scadenza i locali dovranno essere riconsegnati personalmente alla parte locatrice o a

persona da quest'ultima espressamente incaricata per iscritto. Nel caso di mancata o

ritardata riconsegna dei locali alla scadenza, la parte conduttrice - oltre a quanto previsto

nell'art. 15 (quindici) - dovrà pagare alla parte locatrice una indennità per l'abusiva

occupazione pari al canone di affitto a quel momento dovuto in virtù del presente contratto,

oltre ad una ulteriore indennità giornaliera, a titolo di penale parziale, pari ad 1/60 (un

sessantesimo) del canone mensile che sarà a quel momento dovuto, fatto salvo, comunque,

il risarcimento del maggior danno. Resta salvo il diritto della parte locatrice a procedere

giudizialmente per ottenere il rilascio coattivo dell’immobile.

Le parti possono prevedere nel contratto un’apposita clausola penale che preveda, ad

esempio, l’obbligo di pagare, da parte del conduttore, una determinata somma rivalutabile

per ogni giorno di ritardo. Il locatore evita, in tal modo, di dover dare dimostrazione dei

danni subiti dal ritardo nella riconsegna del bene.

6) Canone

Il canone della locazione è stabilito in complessive € __________ (€ __________ ) annue, da

pagarsi in rate mensili anticipate di € __________ ( € __________ ) entro il giorno -__ di

ciascun mese, a mezzo bonifico bancario sul conto corrente bancario della parte locatrice

intrattenuto presso la __________ n. __________ cod. Abi __________ cod. Cab

__________. Il canone così corrisposto sarà automaticamente e senza bisogno di

richiesta scritta, aggiornato in relazione alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al

consumo per le famiglie degli operai ed impiegati intervenuta a decorrere dall'inizio del

secondo anno di locazione. La misura dell'aggiornamento sarà quella massima consentita

dalla legge. Successivamente, il canone sarà aggiornato annualmente, in relazione alla

variazione ISTAT intervenuta nell'anno precedente. In ogni caso, laddove, dovesse venire a

mutare l’indice di riferimento in relazione ad inderogabili disposizioni legislative, sia nazionali

che comunitarie, verrà applicata, comunque, quella più favorevole alla parte locatrice.

Il canone può essere liberamente stabilito dalle parti. Deve rimanere invariato per tutta la

durata del contratto salvo gli aggiornamenti. Spesso, peraltro, il canone viene pattuito in

maniera crescente per i primi anni giustificano l’iniziale minor importo con le spese di

ristrutturazione dell’immobile.

Le parti possono convenire un aggiornamento annuale del canone, ammessa solo nella

misura del 75% dell’indice ISTAT. E’ preferibile non fare riferimento ad alcuna percentuale,

inserendo invece “la misura massima consentita dalla legge”.

L O C A Z I O N E

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7) Spese condominiali

Sono a carico della parte conduttrice, che sin d'ora, dichiara irrevocabilmente di accollarsene

il pagamento, tutte le spese di gestione, ivi comprese telefono, luce, gas, corrente

industriale, nonchè tute le spese condominiali ordinarie; quest'ultime dovranno essere

pagate direttamente dalla parte conduttrice all'amministrazione del condominio che è

abilitata a rilasciare le relative quietanze. In ogni caso tutte le somme che la parte locatrice

avesse ad anticipare per conto della parte conduttrice per quanto innanzi detto, dovranno

essergli da quest'ultima rimborsate entro e non oltre il 5° giorno dal ricevimento della

relativa richiesta. Sulle somme non corrisposte decorreranno interessi moratori pari al ….%

L'inadempimento della parte conduttrice darà diritto alla parte locatrice di ottenere la

risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 1456 c.c..

Il conduttore ha diritto di partecipare alle assemblee condominiali ed ha diritto di voto

relativamente alle spese ed alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di

condizionamento dell’area. Può intervenire, ma senza diritto di voto, sulle delibere relative

alla modificazione degli altri servizi comuni.

A meno che non vi siano pattuizioni diverse, sono interamente a carico del conduttore le

spese relative al servizio di pulizia, al funzionamento ed all’ordinaria manutenzione

dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del

condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri ed alla fornitura dei servizi comuni oltre

chè delle spese di portineria nella misura del 90%.

8) Divieto di eccezioni e risoluzione del contratto

Il pagamento del canone non potrà essere sospeso nè ritardato da pretese od eccezioni della

parte conduttrice, qualunque ne fosse il titolo, salvo il successivo e separato esercizio delle

sue ragioni.

Il mancato pagamento, in tutto od in parte del corrispettivo alle scadenze mensili pattuite,

costituirà automaticamente la parte conduttrice in mora; tale mancato pagamento costituirà

inoltre inadempienza grave, legittimando in ogni caso la parte locatrice a chiedere la

risoluzione di diritto del contratto.

In caso di mancato pagamento dei canoni il locatore può agire in giudizio per chiedere lo

sfratto del conduttore.

9) Manutenzione dell’immobile

La parte conduttrice si obbliga per tutta la durata della locazione a provvedere a proprie

spese a tutte le manutenzioni ordinarie dell’immobile in tutte le sue parti ed adempirà ad

ogni obbligo derivante da leggi o regolamenti applicabili, tenuto conto della specifica

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Contratto di locazione ad uso diverso

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destinazione dell’immobile. Se la parte conduttrice rifiuta di eseguire le manutenzioni poste a

suo carico o ne ritarda l’esecuzione senza giusto motivo, la parte locatrice avrà la facoltà,

previo preavviso scritto di …. giorni di farle eseguire direttamente. Le spese dovranno

essere immediatamente rimborsate dalla parte conduttrice su semplice richiesta della parte

locatrice. La parte locatrice, per tutta la durata della locazione, provvederà a proprie spese a

tutte le manutenzioni straordinarie dell’immobile quali in via esemplificativa:

………….

………….

Ovvero Qualora il bene locato necessiti di riparazioni non a carico della parte conduttrice, questa

deve darne avviso alla parte locatrice, ovvero può provvedervi direttamente qualora si tratti

di riparazioni urgenti. In questo ultimo caso potrà ottenere un rimborso per il costo dei

lavori eseguiti.

Salvo patto contrario, il conduttore deve provvedere alla manutenzione ordinaria

dell’immobile. Dovrà sostenere le spese di manutenzione che derivano dall’uso dell’immobile

(sono escluse quelle dovute a vetustà od a caso fortuito). Esempio: sono a carico del

conduttore le spese per la tinteggiatura, riparazione dei vetri, degli impianti come ad

esempio della rubinetteria o dell’impianto elettrico od igienico sanitario. Sono invece a

carico del conduttore gli interventi di straordinaria manutenzione

10) Dichiarazioni e garanzie del conduttore

La parte conduttrice dichiara di aver visitato l’immobile e gli impianti, di averli trovato in

buono stato locativo ed adatti all'uso convenuto. Il conduttore dichiara, inoltre, di possedere

tutte le licenze ed autorizzazioni amministrative necessarie all’uso del bene secondo la

destinazione pattuita.

Il locatore deve consegnare l’immobile in buono stato di manutenzione, con gli accessori e le

pertinenze strumentali in uso. Lo stato dell’immobile normalmente è descritto nel contratto o

nel verbale di consegna; in mancanza si presume che il conduttore abbia ricevuto l’immobile

in buono stato di manutenzione. Le parti, per evitare problemi, spesso inseriscono la clausola

nella quale il conduttore dichiara di aver preso visione dell’immobile e di averlo trovato

adatto all’uso che intende effettuarne. Se vi sono attrezzature particolari è uso indicarle.

11) Miglioramenti, addizioni e innovazioni

Alla parte conduttrice è fatto divieto di apportare modifiche, addizioni, innovazioni o

miglioramenti alla cosa locata, senza il preventivo consenso scritto della parte locatrice.

Salvo quanto pattuito al comma precedente, i miglioramenti e le addizioni eseguiti dalla parte

conduttrice nel corso del contratto, eccettuabile quanto asportabile senza danno, resteranno

L O C A Z I O N E

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a favore della parte locatrice, la quale potrà conservare detti miglioramenti o addizioni o

chiedere l’eliminazione avvalendosi della facoltà di richiedere la messa in pristino.

Qualora le opere eseguite costituiscano effettivi miglioramenti della cosa locata e la parte

locatrice decida di conservarle, alla parte conduttrice sarà dovuto un indennizzo pari alla

minor somma tra la spesa effettuata e l’aumento del valore conseguito dall’immobile per

effetto di detti miglioramenti ed addizioni.

Ogni modificazione deve essere eseguita a regola d’arte senza alterare la struttura portante

del fabbricato. In ogni caso deve essere effettuata nel rispetto delle disposizione di legge e

previo ottenimento delle prescritte licenze ed autorizzazioni.

E’ in ogni caso fatta salva la facoltà per la parte locatrice di chiedere la messa in pristino nel

caso siano state eseguite modificazioni, innovazioni e trasformazioni non autorizzate.

In generale il conduttore può apportare dei miglioramenti all’immobile sempre nel rispetto del divieto di mutamento di destinazione. Salvo che il contratto preveda diversamente il conduttore non ha diritto ad un’indennità per i miglioramenti apportati. Se, però, il locatore

acconsente o autorizza i miglioramenti, deve pagare un’indennità al conduttore pari alla minor somma tra l’importo di spesa ed il valore della cosa al tempo della riconsegna. Il conduttore può anche apportare addizioni all’immobile (cioè eseguire opere che, anche se

unite al bene, non si fondono con lo stesso conservando, invece, una propria individualità). Alla cessazione del rapporto se dette addizioni sono facilmente rimuovili, il locatore può decidere di trattenerle pagando un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa

ed il valore delle addizioni al tempo della riconsegna. Se il locatore non esercita il diritto alla ritenzione il conduttore può asportarle. Se le addizioni non sono invece separabili dall’immobile senza che questo ne subisca un danno, il locatore ne diviene proprietario senza

dover nulla al conduttore a meno che le addizioni non costituiscano anche un miglioramento dell’immobile. In tale ipotesi si applicherà al disciplina dei miglioramenti 12) Custodia ed esonero da responsabilità La parte conduttrice è costituita custode della cosa locata e dichiara di essere a conoscenza del regolamento condominiale dello stabile ove ubicato l’immobile oggetto della locazione

impegnandosi a rispettare ed assolvere le prescrizioni dello stesso. La parte locatrice, fino alla riconsegna, ha il diritto di ispezionare e far ispezionare l’immobile affittato per accertarne lo stato ed il buon uso.

Per ovviare agli inconvenienti è spesso previsto a carico del conduttore l’obbligo di assicurare l’immobile.

La parte conduttrice esonera espressamente la parte locatrice da ogni responsabilità per i

danni diretti ed indiretti a persone e/o cose che potessero derivargli da fatto doloso o colposo di propri dipendenti o di terzi in genere, tranne che concorra colpa grave o manifesta della parte locatrice.

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Contratto di locazione ad uso diverso

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13) Visita

Successivamente alla disdetta o nel caso in cui la parte locatrice intendesse vendere la cosa

locata, la parte conduttrice dovrà sempre consentire, previo avviso, la visita dell'immobile

locato, sotto pena della risoluzione di diritto del contratto e del risarcimento dei danni.

14) Fallimento

Nel caso di fallimento della parte conduttrice, il presente contratto si intenderà ipso iure

automaticamente risolto. Pertanto - salvo ogni altro diritto - il locale dovrà essere

prontamente riconsegnato.

Per i fallimenti del locatore anteriori al 16 luglio 2006, salvo che il contratto preveda per

questa ipotesi la risoluzione o lo scioglimento del rapporto, il curatore subentra nel contratto

senza necessità di alcun provvedimento del giudice delegato.Egli può riscuotere i canoni,

dare disdetta ed ottenere giudizialmente il rilascio dell’immobile. In caso decida di vendere

l’immobile all’asta il conduttore non vanta alcun diritto di prelazione. Per i fallimenti

dichiarati dopo il 16 luglio 2006, il curatore subentra automaticamente nel contratto di

locazione; non pare prevista la possibilità di convenire il patto contrario.

Se fallisce il conduttore il contratto continua senza sospensione; il curatore può recedere in

qualsiasi momento. I canoni saranno pagati dal curatore in prededuzione. I canoni

precedenti il fallimento sono di natura, invece, concorsuale ma sono assistiti dal privilegio

anche sui beni presenti nell’immobile.

15) Deposito cauzionale

A garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte con il presente contratto, la

parte conduttrice ha corrisposto alla parte locatrice, a titolo di deposito cauzionale, la somma

di Euro ….. pari a tre mensilità di canone. Detto deposito verrà restituito alla parte

conduttrice al termine della locazione, maggiorato degli interessi legali, salvo il diritto della

parte locatrice di compensare detto importo con eventuali importi dovuti dalla parte

conduttrice a titolo di canoni o spese o altri oneri derivanti dalla locazione.

Il deposito cauzionale può essere pari ad un massimo di tre mensilità di canone. Gli interessi

legali sono obbligatori anche se non convenuti.

16) Garanzia

A garanzia delle obbligazioni nascenti dal presente contratto, la parte conduttrice si impegna

a consegnare alla parte locatrice una fideiussione a prima richiesta stipulata con primario

istituto di credito, con esclusione dell’onere della preventiva escussione, in forza della quale

la parte locatrice potrà richiederne il pagamento al garante senza che questi possa eccepire

la pendenza di eventuali contestazioni sollevate direttamente dalla parte conduttrice in

L O C A Z I O N E

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riferimento alla richiesta di pagamento avanzata dalla parte locatrice, né alcuna eccezione

nascente dal rapporto intercorrente tra lo stesso garante e la parte conduttrice.

La fideiussione dovrà avere la medesima durata del presente contratto; dovrà essere

sostituita in caso di rinnovo dello stesso e dovrà essere rilasciata per un importo pari ad

un’annualità di canone.

17) Disposizioni generali

L’imposta di registrazione e la tassa di bollo del presente contratto sono a carico di entrambe

le parti in eguale misura.

Qualunque modifica al presente contratto dovrà essere provata solo mediante atto scritto.

Qualsiasi comunicazione richiesta o consentita dal presente contratto dovrà essere effettuata

per iscritto tramite lettera raccomandata, telegramma o telefax; essa si intenderà

efficacemente e validamente eseguita semprechè inviata come segue:

- se alla parte locatrice …………….. fax n. ……..

- se alla parte conduttrice…………. Fax n. ……..

Ovvero presso il diverso indirizzo o numero di fax che ciascuna delle parti potrà comunicare

all’altra successivamente alla data del presente contratto.

L’eventuale tolleranza di una delle parti di comportamenti dell’altra posti inessere in

violazione delle disposizioni contenute nel presente contratto non costituisce rinuncia ai diritti

derivanti dalle disposizioni violate, né al diritto di esigere l’esatto adempimento di tutti i

termini e di tutte le condizioni qui previste.

18) Completezza del contratto

Il presente contratto annulla qualunque antecedente o contemporaneo altro accordo tra le parti.

19) Legge applicabile

Il presente contratto è disciplinato dalla legge italiana.

Redatto, confermato e sottoscritto in ________ il __________ .

Parte conduttrice _____________

Parte locatrice _____________

La parte conduttrice, previa rilettura, approva espressamente, a norma degli artt. 1341 e

1342 c.c. i seguenti articoli del presente contratto: 3, 7 e 14 (clausole risolutive espresse); 5

(penale);.

Redatto, confermato e sottoscritto in ________ il __________ .

Parte conduttrice ______________

Parte locatrice ________________

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INDENNITÀ PER PERDITA DELL’AVVIAMENTO COMMERCIALE: UNA PRESTAZIONE CHE C’È, MA NON SI VEDE

a cura di Franco Ricca*

Con R.M. n.73/E del 3 giugno 2005, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata sul trattamento

Iva applicabile all’indennità per perdita di avviamento, che il locatore di un immobile a

destinazione commerciale deve corrispondere al conduttore alla scadenza del contratto, ai

sensi dell’art.34 della L. n.392 del 27 luglio 1978.

Secondo l’amministrazione, l’indennità è soggetta all’Iva – ricorrendo, come di norma

avviene, anche il presupposto soggettivo – in quanto rappresenta il corrispettivo di una

prestazione di servizi resa dal conduttore al locatore. A nostro avviso, però, la conclusione

non è condivisibile.

L’analisi dell’Agenzia

Nell’esaminare la questione, la risoluzione prende avvio dall’art.34 della L. n.392/78, il quale

stabilisce al co.1 che “In caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui

all’art.27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del

conduttore o ad una delle procedure previste dal regio decreto n.267 del 16 marzo 1942, lo

stesso ha diritto, per le attività indicate ai nn.1) e 2) dell’art.27 (attività industriali, commerciali e artigianali, oppure di interesse turistico, n.d.a.), ad un’indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo

canone corrisposto; per le attività alberghiere l’indennità è pari a 21 mensilità”42.

L’applicazione della norma, esclusa solo qualora la risoluzione del contratto sia in qualche modo

imputabile al conduttore, non ha necessariamente funzione risarcitoria, commisurata cioè ad un

atto unilaterale del locatore che decida di rescindere anzitempo il negozio, causando così un

danno al conduttore, essendo, infatti, riconosciuta anche in caso di “cessazione naturale” per

decorso del termine. Ciò in quanto si riconosce (comunque) un danno subito dall’azienda che è

costretta a trasferirsi, consistente nel venir meno della componente dell’avviamento

rappresentata dalla clientela che sarà perduta per motivi di localizzazione.

La legge si preoccupa, dunque, di quantificare l’elemento patrimoniale del quale il conduttore

viene privato, ponendo a carico del locatore l’obbligo di erogare la corrispondente somma.

Nella sentenza 20 marzo 1980, n.36, la Corte costituzionale ha affermato, per l’appunto, che

la norma tende a ristabilire l’equilibrio di ordine economico e sociale che verrebbe turbato

dall’arricchimento del locatore, per effetto dell’avviamento creato dall’impresa locataria,

quando egli dovesse subentrare nella medesima (od anche in altra) attività, oppure locare

nuovamente l’immobile ottenendo canoni particolarmente elevati.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) 42 Ai sensi del successivo art.35, l’indennità non è dovuta in caso di cessazione di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, oppure destinati all’esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, nonché agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici.

L O C A Z I O N E

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In ordine al profilo fiscale, viene osservato che l’art.15, n.1) del DPR n.633 del 26 ottobre

1972, richiamato dal contribuente interpellante a fondamento dell’irrilevanza impositiva

dell’indennità in quanto avente natura prettamente risarcitoria, esclude dalla base imponibile

le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità

nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente. Presupposto per

l’applicazione della disposizione, dunque, è l’esistenza di un risarcimento da inadempimento

che, nella fattispecie, non necessariamente sussiste, essendo l’indennità dovuta anche se il

rapporto di locazione sia cessato per decorrenza dei termini.

Esclusa pertanto l’applicabilità della disposizione sopra richiamata, l’Agenzia affronta la meno

semplice problematica centrale, passando all’indagine circa l’esistenza del requisito oggettivo

necessario per l’assoggettamento ad Iva.

Al riguardo, viene in primo luogo osservato che già con la circolare n.24 del 19 maggio 1979

il Ministero delle Finanze sostenne che l’indennità in questione “…non può assumere natura meramente risarcitoria e divenire perciò irrilevante al pari delle indennità che assolvono una funzione reintegrativa del patrimonio appartenente al soggetto beneficiario”.

Con risoluzione n.430797 del 10 ottobre 1990, è stato poi fissato un principio per distinguere,

nel caso di corresponsione di indennità, quelle erogate a fronte di cessioni e prestazioni da una

parte, e quelle propriamente risarcitorie dall’altra, indipendentemente dalla denominazione. In

quell’occasione si è inteso evidenziare come non possa escludersi che un risarcimento sottenda

un’operazione rilevante, come avviene per l’indennità di esproprio per pubblica utilità, “che pur

mantenendo la natura di indennità per la perdita del bene dell’espropriato, dà origine ad

un’operazione imponibile in quanto si sostanzia, in un certo senso, in una cessione di beni”.

Peraltro, la circostanza che l’obbligazione relativa alla corresponsione dell’indennità per la

perdita di avviamento tragga origine dalla legge e non da un accordo negoziale non esclude

l’applicabilità dell’Iva, così come si verifica in altri casi.

Tanto premesso, la risoluzione afferma che, nella fattispecie, la situazione che si verifica tra

le parti, seppure in forza di legge, appare riconducibile ad un vero e proprio rapporto

sinallagmatico, avente per oggetto lo scambio dell’incremento di valore che il conduttore,

riconsegnando il bene, rimette nella disponibilità del proprietario. L’indennità, pertanto,

costituisce il corrispettivo di quello che l’attività del conduttore ha rappresentato, in termini di

aumento di valore dell’immobile e della potenzialità dello stesso ad essere utilmente

impiegato a scopi aziendali. Viene richiamata, a questo punto, la giurisprudenza della Corte

di Cassazione in merito agli effetti derivanti dal mancato pagamento dell’indennità,

segnatamente in ordine alla detenzione dell’immobile.

Anche la Corte di Giustizia Europea, prosegue la risoluzione, nella sentenza 15 dicembre

1993, C-63/92, ha censurato la normativa di uno Stato membro che prevedeva un diverso

trattamento ai fini dell’Iva per i canoni di locazione corrisposti durante il periodo di validità di

un contratto e per l’indennità versata da una delle parti all’altra in occasione della risoluzione

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Indennità per perdita dell’avviamento commerciale: una prestazione che c’è, ma non si vede

153

convenzionale dell’accordo. In quell’occasione, la Corte ha sancito il principio per cui il fatto

del conduttore che, dietro il pagamento di un’indennità, rimette l’immobile a disposizione del

proprietario, rientra nella nozione stessa di locazione di beni immobili ed è, pertanto, da

considerare una prestazione a carattere corrispettivo.

Sulla base alle predette argomentazioni, l’Agenzia conclude che all’indennità in questione

debba riconoscersi natura sinallagmatica, ancorché scaturisca da disposizione di legge, “come del resto riconosciuto nella citata risoluzione n. 430797/90 a proposito dell’indennità dovuta in caso di espropriazione per pubblica utilità”.

L’indennità di cui all’art.34, L. n.392/78, pertanto, qualora corrisposta in seguito alla naturale

cessazione della locazione, “…costituisce il corrispettivo di un’obbligazione che come affermato dalla Corte di giustizia, ai fini dell’Iva, deve essere considerata alla stregua di una prestazione di servizi ex art. 3 comma 1 del D.P.R. 633 del 1972…”.

Considerazioni critiche

Prima di esporre alcune obiezioni, va sottolineato che, secondo quanto pare di capire

dall’ultimo passaggio sopra riportato, il carattere di corrispettività sussisterebbe, ad avviso

dell’Agenzia, solo quando l’indennità venga corrisposta alla naturale scadenza del contratto;

nell’ipotesi di risoluzione anticipata, ovviamente per causa del locatore, prevarrebbe invece la

funzione risarcitoria, per cui l’operazione sarebbe esclusa dalla sfera dell’imposta (una simile

distinzione causale, però, non sembra desumersi dal quadro normativo e dagli indirizzi

giurisprudenziali anzi delineati).

Venendo alla questione, si tratta di stabilire se realmente sussista, nella fattispecie, una

“prestazione di servizi” resa dal conduttore, alla quale ricollegare, in funzione di contro-

prestazione, ovverosia di corrispettivo, l’obbligazione di pagamento che la legge pone a

carico del locatore.

Com’è noto, nella normativa comunitaria sull’Iva la nozione di prestazione di servizi non è

definita positivamente, ma in via residuale: l’art.6 della Direttiva n.77/388/CEE del 17 maggio

1977 stabilisce, infatti, che si considera prestazione di servizi “ogni operazione che non

costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art.5. Tale operazione può consistere, tra l’altro:

- in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo;

- in un obbligo di non fare o di tollerare un atto od una situazione;

- nell’esecuzione di un servizio in base ad un’espropriazione fatta dalla pubblica

amministrazione o in suo nome o a norma di legge”.

E’ inoltre richiesto, in via di principio, il requisito dell’onerosità, sul quale in questa sede non

occorre però soffermarsi.

L O C A Z I O N E

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Nella disciplina interna, invece, l’art.3, co.1 del DPR n.633/72 esordisce qualificando

prestazioni di servizi quelle dipendenti da una serie di negozi giuridici tipici del codice civile

(contratti d’opera, appalto, trasporto, ecc.), per poi estendere la definizione fino a

ricomprendervi le prestazioni dipendenti, in genere, “…da obbligazioni di fare, di non fare e

di permettere quale ne sia la fonte…”; sostanzialmente, dunque, la nozione domestica finisce

per coincidere con quella comunitaria.

In definitiva, costituiscono prestazioni di servizi le obbligazioni che comportano un “dare” (che

non integri la categoria della “cessione di beni”), un “fare”, un “non fare” o un “permettere”.

Attingendo all’insegnamento della Corte di giustizia, si deve precisare che affinché una siffatta

obbligazione rientri nel sistema dell’Iva, è necessario che essa implichi un “consumo”, essendo la

finalità dell’imposta quella di tassare, appunto, i consumi di beni e di servizi.

Al riguardo, la Corte ha avuto modo di dichiarare, tra l’altro, che:

- un agricoltore che percepisce dallo Stato, nel quadro di una politica di razionalizzazione

del settore, una somma di denaro a fronte dell’impegno di ridurre la propria produzione,

non effettua una prestazione di servizi43;

- un soggetto passivo che si obbliga a diventare conduttore di un immobile, percependo

per questa obbligazione una somma di denaro da parte del locatore, non fornisce, solo

per questo, una prestazione di servizi al proprietario44.

Come si è visto, l’Agenzia afferma che l’indennità (erogata dal locatore) costituisce il

corrispettivo di un’obbligazione (del conduttore). Tuttavia, dato che l’obbligazione, in senso

tecnico, rappresenta il rapporto giuridico per cui il debitore è tenuto ad eseguire una

determinata prestazione verso il creditore, riesce difficile inquadrare tra le obbligazioni la

(presunta) prestazione a fronte della quale il conduttore riceve in corrispettivo l’indennità, non

avendo egli alcun impegno, contrattuale o extracontrattuale, di accrescere il valore

dell’immobile; né potrebbe il locatore, da parte sua, reclamare l’adempimento. Si potrebbe

dire, quindi, che la L. n.392 sull’equo canone, nell’imporre al locatore l’obbligo di cui all’art.34,

prende in considerazione una situazione di fatto che normalmente (ma non necessariamente)

viene a determinarsi per effetto dell’attività d’impresa svolta dal conduttore.45 43 Sentenze 29 febbraio 1996, Mohr, causa C-215/94 e 18 dicembre 1997, Landboden-Agrardienste, causa C-384/95. 44 Sentenza 9 ottobre 2001, Mirror Group plc, causa C-409/98. 45 Si potrebbe ipotizzare, al fine di individuare l’operazione imponibile sulla traccia della sentenza n.36/1980 della Consulta, la sussistenza di un’obbligazione (naturale) consistente nel trasferimento (parziale) dell’avviamento, cioè in una cessione di diritto immateriale che, ai fini dell’Iva, costituisce prestazione di servizi ai sensi dell’art.3, co.2, n.2), DPR n.633/72. Anche una simile ipotesi, però, sembra decisamente da scartare. In primo luogo, per l’inidoneità dell’avviamento – “qualità” e non “elemento” dell’azienda, non suscettibile di esistenza autonoma – a formare oggetto di cessione indipendentemente dall’azienda stessa (Cassazione, sentenza 21 luglio 1967, n.1889). Quand’anche si ammettesse, poi, la “trasferibilità” dell’avviamento, nella fattispecie l’oggetto di questo trasferimento sarebbe meramente eventuale: non è affatto certo, infatti, che l’avviamento esista (l’esercizio di particolari attività potrebbe, al contrario, risultare pregiudizievole in termini di “sviamento”, al di fuori dell’ambito particolare, della clientela), né che sia effettivamente “acquisito” dal locatore (il quale potrebbe, al limite, modificare la destinazione dell’immobile, o addirittura demolirlo), senza che, per questo, venga meno l’obbligo di corrispondere l’indennità. Non è detto, quindi, che l’avviamento perduto dal conduttore (di “perdita” dell’avviamento parla, appunto, la legge) sia acquisito dal locatore; pertanto se la “spoliazione” del primo e il corrispondente (presunto) arricchimento del secondo possono assumersi, nel contesto di quello specifico intervento della Consulta, quale ratio giustificatrice dell’attribuzione patrimoniale in esame, non sembrano tuttavia elementi sufficienti a dare vita ad una prestazione di servizi.

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Indennità per perdita dell’avviamento commerciale: una prestazione che c’è, ma non si vede

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Passando alle argomentazioni dell’amministrazione, essa prende le mosse dalla sentenza

della Corte Costituzionale n.36/80, che tuttavia si è limitata a riconoscere, richiamando le

considerazioni della precedente sentenza n.73 del 21 giugno 196646, legittimo l’art.34 della L.

n.392/78, giustificando l’obbligazione che la norma pone a carico del proprietario

dell’immobile sotto il profilo dell’arricchimento che egli potrebbe conseguire, senza alcun

contributo personale, in funzione dell’avviamento dovuto all’attività svolta dal conduttore. La

censura di incostituzionalità prospettata alla Corte riguardava, comunque, la presunta lesione

del principio di eguaglianza che il giudice del rinvio aveva ravvisato nella discriminazione tra

conduttori che godono dell’indennità (e locatori che sono tenuti a corrisponderla), da una

parte, e conduttori (e locatori) che ne sono esclusi, dall’altra; in questo contesto la Corte ha

ritenuto giustificata l’esclusione dell’indennità per le attività nelle quali, secondo la regola di

normalità, gli immobili non producono “avviamento”.

Successivamente, però, nelle sentenze n.128 del 5 maggio 1983 e n.300 del 5 ottobre 1983,

la Corte ha statuito che “l’attuale previsione dell’indennità per la perdita dell’avviamento ha quale scopo la conservazione, anche nel pubblico interesse, delle imprese considerate, cioè delle imprese esercenti una delle attività di cui ai nn. 1 e 2 dell’art.27, salvi i limiti posti dall’art.35, e quale principale, più generale, giustificazione un contenuto riparatorio del danno subito dal locatario per la perdita dell’avviamento stesso”.

Dai richiamati interventi della Consulta, pertanto, non sembra possibile, a nostro avviso,

desumere elementi a sostegno dell’esistenza di una prestazione resa dal conduttore al

locatore; le sentenze del 1983, anzi, depongono decisamente per la natura risarcitoria

dell’indennità.

Occorre peraltro rammentare che, secondo l’insegnamento della Corte di giustizia, il diritto

interno dei singoli Stati membri, in assenza di un espresso rinvio, non può essere posto a

fondamento dell’interpretazione delle “nozioni proprie” del diritto comunitario, dovendo

queste essere interpretate e applicate uniformemente in tutti i Paesi comunitari. In questa

prospettiva, quindi, la nozione di “prestazione di servizi”, in quanto presupposto oggettivo

per l’applicazione dell’Iva, non può che ricavarsi unicamente dall’art.6 della VI Direttiva.

Anche per questa ragione non pare significativa la posizione espressa dal Ministero delle

Finanze con la circolare n.24/7947, in ordine all’imponibilità dell’indennità in questione ai fini

delle imposte sui redditi, i cui presupposti sono, oltretutto, profondamente diversi da quelli

dell’Iva (basti pensare, limitandoci al profilo della rilevanza o meno dei proventi, alle

indennità spettanti a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi,

imponibili ai fini reddituali ma non certo, in via di principio, ai fini dell’Iva).

46 Pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art.4, ultimo comma, della L. n.19 del 27 gennaio 1963, sulla “Tutela giuridica dell’avviamento commerciale”. 47 L’intervento ministeriale era stato occasionato dal fatto che l’art.12 del DPR n.597 del 29 settembre 1973, nel testo all’epoca in vigore, menzionava tra i redditi soggetti a tassazione separata “i compensi percepiti per la perdita di avviamento in applicazione della L. n.19 del 27 gennaio 1963”. Solo con l’art.3-bis, co.2, D.L. n.832 del 9 dicembre 1986, la disposizione venne riformulata sostituendo il precedente rinvio normativo con quello alla L. n.392/78 (cfr. l’art.17, co.1, lett.h del vigente Tuir).

L O C A Z I O N E

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Quanto all’altra risoluzione richiamata, la n.430797 del 10 ottobre 1990, ove è stato precisato

che l’indennità di esproprio per pubblica utilità, pur mantenendo il carattere d’indennizzo per

la perdita di un bene, origina un’operazione imponibile, proprio non si vede come possa

tornare utile alla causa sostenuta dall’Agenzia. Se vi è, in quella pronuncia, un chiarimento

degno di menzione, è l’affermazione della natura risarcitoria, con conseguente esclusione dal

campo di applicazione dell’Iva, delle somme corrisposte da un ente locale a titolo di indennità

di occupazione temporanea dei beni di una società fallita, in attesa dell’espletamento della

procedura espropriativa. Per il resto, infatti, è invece assolutamente scontata l’affermata

imponibilità dell’indennità corrisposta per l’esproprio dei beni della società, data

l’incontrovertibile sussistenza – diversamente dal caso che ci occupa – di una sottostante

operazione rientrante nel sistema dell’Iva, consistente nel trasferimento della proprietà dei

beni in conseguenza dell’espropriazione, che integra la nozione di cessione di beni, ancorché

non volontaria bensì per atto della pubblica autorità, ai sensi dell’art.5, par.4, lett.a) della VI

Direttiva, e che si realizza all’atto del pagamento del corrispettivo, rappresentato

dall’indennizzo, comunque denominato48.

Né sembra di maggior peso, infine, la citazione della sentenza C-63/92 “Lubbock Fine”, con

la quale la Corte di giustizia ha fissato, come osserva la risoluzione, “…un principio in base al

quale il fatto di rimettere a disposizione del proprietario un bene immobile da parte del

conduttore, che riceve per questo un’indennità, rientra nella nozione stessa di locazione di

beni immobili…ed è pertanto da considerare…una prestazione di carattere corrispettivo”. Il

richiamo non pare, infatti, pertinente, giacché in quel caso il locatario aveva rinunciato al

contratto, acconsentendo alla risoluzione “anticipata” dietro il pagamento di un’indennità.

Nella sentenza, la Corte ha dichiarato che tale fatto, consistente nel rimettere un bene

immobile nella disponibilità del proprietario, rinunciando ai diritti derivanti dal contratto di

locazione, rientra nel sistema dell’Iva come “locazione di beni immobili”. E’ persino superfluo

evidenziare come, diversamente che nell’attribuzione dell’indennità per la perdita di

avviamento, effetto automatico normativamente ricollegato alla cessazione naturale del

contratto (nonché alla risoluzione per causa non imputabile al conduttore), nel caso della

sentenza “Lubbock Fine” l’attribuzione dell’indennità trovasse causa nell’obbligazione del

conduttore di permettere la risoluzione anticipata del contratto, obbligazione nella quale la

Corte ha ravvisato una prestazione di servizi, sostanzialmente riconducibile (ma questo è

irrilevante ai nostri fini) alla nozione di locazione di beni immobili.

Restiamo pertanto convinti che l’indennità per perdita di avviamento, prevista dall’art.34

della L. n.392/78, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione Finanziaria, non

sia soggetta all’Iva

48 Cfr. art.6, co.2, lett.a) e art.13, co.2, lett.a) del DPR n.633/72.

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Indennità per perdita dell’avviamento commerciale: una prestazione che c’è, ma non si vede

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SPESE CONDOMINIALI

Tabella degli oneri accessori * allegata al Decr. Interministeriale 30.12.2002

(contrattazione territoriale, contratti di locazione di natura transitoria,

contratti di locazione per studenti universitari)

TIPOLOGIA SPESA LOCATORE CONDUTTORE

AMMINISTRAZIONE Tassa occupazione suolo pubblico per lavori condominiali

Tassa passo carrabile

ASCENSORE

Installazione, manutenzione straordinaria e adeguamento norme di legge Tasse annuali per rinnovo licenze d’esercizio

Manutenzione ordinaria, piccole riparazioni, consumi energia, ispezione e collaudi

AUTOCLAVE Installazione e sostituzione integrale impianto o componenti primari, imposte e tasse

Manutenzione ordinaria, forza motrice, ricarico pressione del serbatoio, ispezione, collaudi, lettura contatori

ILLUMINAZIONE, VIDEOCITOFONO,SPECIALI

Installazione e sostituzione di : impianto comune illuminazione, impianti suoneria e allarme, citofoni e videocitofoni, impianti allarme e sicurezza e simili

Manutenzione ordinaria di : impianto comune illuminazione, impianti suoneria e allarme, citofoni e videocitofoni, impianti allarme e sicurezza e simili

RISCALDAMENTO, CONDIZIONAMENTO, PRODUZIONE ACQUA CALDA, ADDOLCIMENTO ACQUA

Installazione, sostituzione degli impianti Adeguamento degli impianti a leggi e regolamenti

Manutenzione ordinaria impianti, compreso rivestimento refrattario, pulizia annuale degli impianti e dei filtri, messa a riposo stagionale, lettura contatori. Acquisto combustibile, consumi forza motrice, energia elettrica, acqua

IMPIANTI SPORTIVI Installazione e manutenzione straordinaria

Addetti ( bagnini, pulitori, manutentori in genere); consumo acqua per pulizia e depurazione: acquisto materiale per manutenzione ordinaria

IMPIANTI ANTIINCENDIO Installazione e sostituzione impianto, acquisto estintori

Manutenzione ordinaria, ricarica estintori, ispezioni e collaudi

L O C A Z I O N E

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IMPIANTO TELEVISIVO Installazione, sostituzione o potenziamento impianto televisivo centralizzato

Manutenzione ordinaria impianto televisivo centralizzato

PARTI COMUNI

Manutenzione straordinaria tetti, lastrici solari, rete fognaria. Sostituzione di grondaie, sifoni, colonne di scarico, marmi, corrimano, ringhiere. Installazione di caselle postali, cartelli segnalatori, bidoni, armadietti per contatori, zerbini, tappeti, guide e altro materiale di arredo. Installazione e sostituzione di serrature

Manutenzione ordinaria di tetti, lastrici solari, rete fognaria, compresa disotturazione condotti e pozzetti, pareti, corrimano, ringhiere di scale, locali comuni, caselle postali, cartelli segnalatori, bidoni, armadietti per contatori, zerbini, tappeti, guide e altro materiale di arredo, grondaie, sifo i e colonne di scarico. Manutenzione aree verdi, compresa riparazione attrezzi utilizzati. Consumo di acqua ed energia elettrica per le parti comuni

PARTI INTERNO APPARTAMENTO LOCATO

Sostituzione integrale pavimenti e rivestimenti, manutenzione straordinaria impianto di riscaldamento

Manutenzione ordinaria pavimenti e rivestimenti, infissi e serrande, impianti di riscaldamento e sanitario, apparecchi e condutture di elettricità e del cavo dell’impianto citofonico e video citofonico. Rifacimento chiavi e serrature, tinteggiatura pareti, sostituzione vetri, verniciature opere in legno e metallo

PORTIERATO

Manutenzione straordinaria guardiola Trattamento economico del portiere e del sostituto, compresi contributi previdenziali ed assicurativi,accantonamento liquidazione, tredicesima, premi, ferie e indennità varie, come da c.c.n.l. nonchè eventuale alloggio del portiere e manutenzione ordinaria guardiola ( 10%)

Materiale per pulizie Trattamento economico del portiere e del sostituto, compresi contributi previdenziali ed assicurativi,accantonamento liquidazione, tredicesima, premi, ferie e indennità varie, come da c.c.n.l. nonchè eventuale alloggio del portiere e manutenzione ordinaria guardiola ( 90%)

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Indennità per perdita dell’avviamento commerciale: una prestazione che c’è, ma non si vede

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PULIZIA

Spese assunzione addetto o conferimento appalto a ditta. Acquisto e sostituzione macchinari per la pulizia. Acquisto bidoni, trespoli e contenitori

Trattamento economico addetto, spese per pulizie appaltate a ditta, materiale per pulizie e manutenzione ordinaria macchinari per pulizia. Spese sgombero neve, compresi materiali. Derattizzazione e disinfestazione dei locali legati alla raccolta delle immondizie, disinfezione dei bidoni e contenitori rifiuti, sacchi per raccolta rifiuti. Tassa rifiuti o tariffa sostitutiva

SGOMBERO NEVE Spese relative al servizio di sgombero neve, compresi i materiali d’uso

* Per le voci non considerate nella citata Tabella il decreto interministeriale rinvia espressamente alle leggi vigenti e agli usi locali

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SPESE DI MANUTENZIONE SU BENI IN LOCAZIONE a cura di Giovanni Valcarenghi*

SPESE INCREMENTATIVESPESE INCREMENTATIVE

PERCORSO LOGICO

ONERI DA IMPUTARE A C.E.

ONERI DACAPITALIZZARE

AUTONOMARILEVANZA

LEGAME CONIL FABBRICATO

% AUTONOMA UTILITA’DURATA DIRITTO

PRINCIPI CONTABILIPRINCIPI CONTABILID.III) Ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli

elementi strutturali di un'immobilizzazione

I costi rivolti all'ampliamento, ammodernamento o miglioramento degli elementi strutturali di un'immobilizzazione, incluse, quindi, le modifiche e le ristrutturazioni effettuate in modo da aumentarne aumentarne la rispondenza agli scopi per cui essa era stata acquisitala rispondenza agli scopi per cui essa era stata acquisita, sono capitalizzabili se essi si traducono in un aumento significativo e misurabile di capacità o di produttività o di sicurezza o di vita utile. Nel caso in cui tali costi non producano i predetti effetti vanno considerati manutenzione ordinaria e conseguentemente addebitatial conto economico.

SISI

NONO

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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Spese di manutenzione su beni in locazione

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TETTO MASSIMOTETTO MASSIMOIl valore risultante del cespite, se esso è destinato a far parte

dell'organizzazione permanente dell'impresa, non può eccedere il valore recuperabile tramite l'uso (D.XIII), come definito per le

imprese in funzionamento.

LA CAPITALIZZAZIONE NON LA CAPITALIZZAZIONE NON PUO’PUO’ MAI RAPPRESENTARE MAI RAPPRESENTARE UN MODO PER ATTUARE IL DIFFERIMENTO DI PERDITEUN MODO PER ATTUARE IL DIFFERIMENTO DI PERDITE

RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORIRESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI

VISIONE FISCALE (CM 27/E/05)VISIONE FISCALE (CM 27/E/05)

In tal caso, come già affermato nella circolare n.10/E del 16.03.2005, al paragrafo n. 4.3, gli ammortamenti vanno computati, anche ai fini fiscali, sull'intero valore incrementato del bene. Ne consegue che

eventuali maggiori ammortamenti non imputabili in bilancio potranno essere dedotti extracontabilmente attraverso il prospetto EC.

UGUALE LAUGUALE LABASE DI BASE DI

COMPUTOCOMPUTO

DIVERSO IL DIVERSO IL RITMO DELLARITMO DELLADEDUZIONEDEDUZIONE

L O C A Z I O N E

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ESEMPIO DI RAFFRONTOESEMPIO DI RAFFRONTOCASO:CASO:

· costo del bene 500, completamente ammortizzato;

· costi incrementativi 50;

· aliquota di ammortamento 10 per cento.

PER SEMPLICITAPER SEMPLICITA’’

ESEMPIO DI RAFFRONTOESEMPIO DI RAFFRONTO

RAGIONAMENTO FISCALERAGIONAMENTO FISCALE

• BASE DI COMPUTO: 500 + 50 = 550• QUOTA DI AMMORTAMENTO

TEORICA = 550 x 10% = 55• QUOTA DI AMMORTAMENTO DEDUCIBILE: 50• STORICO AL 31.12 = 550• FONDO AL 31.12 = 550

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Spese di manutenzione su beni in locazione

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ESEMPIO DI RAFFRONTOESEMPIO DI RAFFRONTORAGIONAMENTO CIVILISTICORAGIONAMENTO CIVILISTICO

• STORICO = 500• FONDO AMMORTAMENTO = 500 (ESAURITA UTILITA’)• INCREMENTO = 50 (COMPORTA UN ALLUNGAMENTO UTILITA’)• NON PUO’ ESISTERE AMMORTAMENTO INTEGRALE IN UN PERIODO DI UN

COSTO CAPITALIZZATO AD INCREMENTO DEL BENE• UTILITA’ STIMATA = 2 ANNI• QUOTA DI AMMORTAMENTO = 50 : 2 = 25• STORICO AL 31.12 = 550• FONDO AMMORTAMENTO AL 31.12 = 525

DISALLINEAMENTO TRA QUOTA CIVILE E QUOTA FISCALEDISALLINEAMENTO TRA QUOTA CIVILE E QUOTA FISCALEDEDUZIONE EXTRACONTABILE DEDUZIONE EXTRACONTABILE –– FISCALITA’ DIFFERITAFISCALITA’ DIFFERITA

IMMOBILI LOCATI

TIPOLOGIADI

MANUTENZIONE

PICCOLA MANUTENZIONE

MANUTENZIONEORDINARIA

MANUTENZIONESTRAORDINARIA

A CARICO DELCONDUTTORE

ACCORDICONTRATTUALI

A CARICO DELPROPRIETARIO

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SPESE SU BENI DI TERZI

DISTINZIONESULLA TIPOLOGIA DI SPESA

SENZA UTILITA’PLURIENNA LE

CON UTILITA’PLURIENNA LE

IMPUTA ZIONE A CONTO ECONOMICO

ONERI PLURIENNA LIRIPARTITI SULLA DURATA

DEL CONTRA TTO

MIGLIORIE SU BENI DI TERZIMIGLIORIE SU BENI DI TERZI

PRINCIPI CONTABILIPRINCIPI CONTABILI

Le migliorie apportate ai beni immobili di terzi, presi in affittodall'impresa, vanno ammortizzate nel più breve periodo scelto

•tra quello in cui le migliorie stesse possono essere utilizzate •e quello di durata residua dell'affitto (Se esistono situazioni obiettive che fanno ritenere che il contratto sarà rinnovato, anche il periodo di rinnovo deve essere considerato nel determinare la durata dell'ammortamento, sempre che la maggior durata dell'affitto siainferiore al periodo di previsto utilizzo delle migliorie)

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Spese di manutenzione su beni in locazione

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DISPOSIZIONI FISCALIDISPOSIZIONI FISCALICONCLUSIONIOPPOSTE A

SECONDA CHE:

ONERI SUBENI

PROPRI

ONERI SUBENI DI TERZI

SIAMO SEMPRE NELCAMPO DEI BENI

MATERIALI

SIAMO NEL CAMPODEGLI ONERIPLURIENNALI

SI APPLICANO LEDISPOSIZIONICIVILISTICHE

L O C A Z I O N E

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IL CONTRATTO DI COMODATO: PROFILI GIURIDICI a cura di Vittorio Casara*

Natura e caratteristiche del contratto

Il comodato, com’è noto, è quel contratto con cui una parte consegna all’altra una cosa

mobile o immobile, affinché se ne serva per un periodo o un uso determinato, assumendo

l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta alla scadenza del termine convenuto o in

mancanza di termine o di usi, quando se n’è servito in conformità ai patti contrattuali oppure

non appena il comodante la richiede (art.1803, co.1; art.1809 co.1 e art.1810 c.c.).

Il negozio in esame deve essere classificato fra quelli reali, poiché per la sua perfezione è

necessario non solo il consenso, ma anche la traditio, ovvero la consegna della cosa.

Secondo l’opinione prevalente, prima della consegna, il rapporto che si instaura tra le parti è

di pura cortesia, in quanto è solo la dazione del bene che permette la creazione del vincolo

giuridico, mentre per altra opinione minoritaria, il comodante risponderebbe a titolo di

responsabilità precontrattuale se, raggiunto l’accordo, non eseguisse la consegna del bene

promesso in comodato.

Dalla natura di contratto reale del comodato discende che, con la consegna, il comodatario

acquista la detenzione della cosa, perché quest’ultimo riconosce l’altruità del possesso (c.d.

laudatio possessoris). Caratteristica fondamentale del negozio giuridico in esame è quella di essere essenzialmente

gratuito (art.1803 co.2 c.c.), poiché delle due parti del contratto, il comodante e il

comodatario, solo quest’ultimo riceve un beneficio; anche se, in realtà, è possibile che le

parti fissino un modus a carico del comodatario ed, in tal caso, il negozio giuridico si

definisce comodato modale, figura ammessa nel nostro ordinamento, ma che non viene

prevista espressamente dal codice civile.

Il termine

Per comodato precario, si intende, invece, un comodato senza indicazione tacita o

espressa del termine. In questo caso, ai sensi dell’art.1810 c.c., il comodante può decidere

quando estinguere il rapporto e chiedere al comodatario la restituzione della bene in ogni

momento (restituzione ad nutum).

Figura diversa dal contratto in oggetto, è il c.d. precario oneroso, negozio atipico con il

quale un soggetto concede l’uso di una res (in genere immobile), contro la corresponsione di

una somma di denaro o di un’altra prestazione corrispettiva, con il diritto per il concedente di

ottenere la restituzione a semplice richiesta. Tale figura negoziale si avvicina in modo

evidente alla c.d. locazione senza prefissione di durata.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto da “La Circolare Tributaria” n.8 del 28 febbraio 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore

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Il contratto di comodato: profili giuridici

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In caso di morte del comodatario, ai sensi dell'art.1811 c.c., il comodante, anche se è stato

convenuto un termine, può esigere dagli eredi l'immediata restituzione della cosa, mediante

idonea manifestazione di volontà (infatti, la cessazione del contratto non è automatica).

Viceversa, non vi è una norma specifica che disciplina l'ipotesi di morte del comodante, né

un orientamento univoco:

1) secondo alcuni autori e parte della giurisprudenza, gli eredi del comodante possono

esercitare il recesso dal contratto e restituire il bene;

2) secondo altra dottrina e giurisprudenza, si verifica una successione del rapporto con gli

eredi del comodante, per cui il contratto continua ad avere efficacia fra questi ultimi ed il

comodatario.

Uso

Il comodatario che utilizza la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui

consentito, è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non

provi che la cosa sarebbe perita, anche se non l’avesse impiegata per l’uso diverso o l’avesse

restituita a tempo debito (art.1805, co.2 c.c.). Benché tale ultima norma faccia riferimento

solamente al “perimento” della cosa, è applicabile anche al “danneggiamento” della stessa49.

Comodato di immobili

Il contratto di comodato avente ad oggetto beni immobili risulta essere quello che ha dato

adito al maggior numero di controversie.

Infatti, se è vero che il comodato è un contratto essenzialmente gratuito, è altrettanto vero

che molto spesso nella stesura del medesimo accordo avente ad oggetto beni immobili, le

parti inseriscono pattuizioni accessorie aventi carattere economico-patrimoniale.

Si pensi, ad esempio, al pagamento delle spese condominiali, di alcune imposte dovute per

legge, della polizza di assicurazione del fabbricato, ovvero alla corresponsione di una somma a

titolo di rimborso spese o, addirittura, di un vero e proprio canone, seppur di modesta entità.

In tali casi, diviene opportuno verificare se il contratto di comodato, configuri in realtà un

contratto di locazione ovvero altro contratto a titolo oneroso.

Secondo la prevalente giurisprudenza, il rapporto di comodato sussiste anche nell’ipotesi in

cui il comodatario assume una determinata prestazione a suo carico, quale ne sia la natura,

che funga da semplice modus del rapporto, senza snaturarne la causa, ossia di consistenza

tale da non integrare il corrispettivo del godimento della cosa e non assumendo quindi la

natura di una controprestazione.

L’operazione ermeneutica deve essere svolta ponendo a confronto i sacrifici ed i vantaggi che dal

negozio derivano rispettivamente alle parti, con contenuto di equivalenza sullo stesso piano

49 Si veda Cass., sent. 6 novembre 2001 n.13691, con la quale per la prima volta è stata affrontata in maniera esplicita l’applicabilità dell’art.1805, co.2 c.c., all’ipotesi del deterioramento fortuito della cosa data in comodato.

C O M O D A T O

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Per risolvere il problema della distinzione tra comodato modale, locazione e precario

immobiliare oneroso, la giurisprudenza ha peraltro elaborato anche una serie di criteri di

differenziazione, quali ad esempio:

• l’entità del canone valutato singolarmente ovvero legato da un vincolo di reciprocità alla

prestazione del concedente;

• la durata del rapporto;

• l’eventuale sussistenza a carico del concedente dell’obbligo di far godere il bene;

• il comune intento delle parti, ecc..

Tali criteri possono essere molto utili nella determinazione della natura dell’accordo e ciò

indipendentemente dal nomen iuris che le parti vi hanno conferito.

La pubblicità

Circa il regime di pubblicità, è opportuno affermare che, per il comodato, non necessita la

trascrizione nei registri della Conservatoria, affinché assuma efficacia nei confronti dei terzi e

ciò anche nel caso di comodato ultrannovennale di immobile (anche se, in tal modo, si

attenuano notevolmente le garanzie a tutela dei terzi).

L’assenza di un obbligo, in tal senso, deriva dal fatto che la giurisprudenza ha affermato che

il comodato non rientra tra gli atti che ai sensi dell’art.2645 c.c. prevedono l’obbligo di

trascrizione50.

Sempre in tema di pubblicità e diritti dei terzi, giova ricordare la recente ed importante

sentenza della Suprema Corte emessa a Sezioni Unite, con la quale viene statuito che

nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua

proprietà destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore

del coniuge affidatario (di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non

autosufficienti senza loro colpa), emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non

modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina

concentrazione nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta

regolato dalla disciplina del comodato (Cass. Civ. Sez. Un. 21 luglio 2004 n.13603).

Da ciò deriva la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del

godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed

impreveduto bisogno ai sensi dell’art.1809, co.2 c.c.

La pronuncia riconosce in capo al coniuge beneficiario un vero e proprio diritto personale di

godimento atipico, smentendo l’orientamento giurisprudenziale che aveva sostenuto la tesi

opposta, secondo la quale la durata del contratto di comodato senza termine era governata dalla

disciplina del provvedimento di assegnazione e non da quella dell’originario rapporto di comodato.

La Cassazione, con tale pronuncia, sacrifica il diritto di proprietà dinanzi alle esigenze di

tutela del nucleo familiare ed in secondo luogo crea in capo al coniuge assegnatario, non

50 Cass. Sez. Un., sent. 21 luglio 1949 n.1917.

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Il contratto di comodato: profili giuridici

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titolare del preesistente contratto di comodato sulla casa coniugale, una nuova situazione

giuridica non tipizzata e non assimilabile ad altri istituti, ma opponibile oltre che al

proprietario anche ai terzi.

Il regime delle spese

Per quanto riguarda i lavori eseguiti sull’immobile dal comodatario, bisogna distinguere tra

spese inerenti al godimento da quelle inerenti alla conservazione del bene comodato, così

come disposto dall’art.1808 c.c..

Mentre il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa,

ha invece diritto al rimborso delle spese straordinarie sostenute ed anticipate per la

conservazione del bene, purché queste ultime rivestano il carattere di necessità ed urgenza.

Tale qualificazione è determinata e rimessa al prudente apprezzamento del Giudice, che

verificherà caso per caso se le spese possiedono tali requisiti.

Non sono, invece, rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se

hanno comportato dei miglioramenti all’immobile, in quanto il comodatario non vanta alcun

diritto all’indennizzo per le migliore, (contrariamente a quanto accade nel rapporto di

locazione, ai sensi dell’art.1592 c.c.), né potrà invocare i principi di cui agli artt.1150 e 936

c.c., in quanto non riveste la qualifica di possessore o di terzo.

Secondo alcuni - poiché il codice non stabilisce alcuna disciplina per il rimborso delle spese di

comodato - per i miglioramenti e le addizioni apportate dal comodatario, devono invece

ritenersi applicabili per analogia le norme dettate in materia di locazione.

In ogni caso, la disciplina del diritto al rimborso delle spese può essere comunque derogata

concordemente da parte dai contraenti.

Sulla somma spettante al comodatario a titolo di rimborso delle spese per la conservazione

della cosa che siano straordinarie, necessarie ed urgenti, non sono dovuti interessi fino alla

scadenza del comodato e ciò in forza dell’art.1282, co.3 c.c., il quale dispone che “se il

credito ha per oggetto rimborso di spese fatte per cose da restituire, non decorrono interessi

per il periodo di tempo in cui chi ha fatto le spese abbia goduto della cosa senza corrispettivo

e senza essere tenuto a rendere conto del godimento”.

Nel caso di spese sostenute dal comodatario per il bene immobile non spetta a quest’ultimo il

diritto di ritenzione, in caso di mancato pagamento in capo al comodante, in quanto

l’art.1152 c.c., attribuisce tale diritto solo al possessore di buona fede e non ad un semplice

detentore come il comodatario.

In particolare, la Suprema Corte51 ha escluso che le spese sostenute dal comodatario per

edificare sul terreno avuto in comodato siano da considerare spese necessarie, urgenti e

straordinarie per la conservazione della cosa, ed in quanto tali rimborsabili, poiché tale fattispecie

non può essere ricondotta alla norma dell’art.936 c.c., ovvero all’acquisto tramite accessione.

51 Cass., sent. 12 giugno 1963 n.1575.

C O M O D A T O

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Tale assunto deriva sempre dal fatto che, ai sensi dell’art.1808 c.c., il comodatario non ha

diritto di essere indennizzato delle spese straordinarie non necessarie ed urgenti, volte al

godimento della cosa da lui liberamente effettuate, che abbiano dato luogo a miglioramenti o

addizioni, intendendo per miglioramenti quelle modifiche del bene, tali da far conseguire un

aumento del valore o della produttività dello stesso e per addizioni, quei beni aggiunti che

non danno luogo ad alcun rapporto funzionale con il bene principale.

Comodato di autovetture

Tra i beni che possono essere oggetto di comodato vi sono anche i beni mobili registrati quali

le autovetture, i motoveicoli, ecc…

Con riferimento a tale particolare oggetto di comodato, la giurisprudenza di legittimità e di

merito si è limitata quasi esclusivamente ad analizzare la legittimazione attiva e passiva del

comodatario in ordine all’azione di responsabilità del danno causato/subito in relazione alla

circolazione del veicolo.

In estrema sintesi, è possibile affermare che il comodatario potrà chiedere personalmente al

terzo i danni per il mancato utilizzo del mezzo, ma non quelli per la riparazione

dell’autovettura danneggiata e ciò in quanto il comodatario si trova rispetto alla cosa in un

rapporto di mera detenzione animo alieno, in virtù di un titolo obbligatorio.

La res comodata non è parte del patrimonio del comodatario e quindi nessun pregiudizio

diretto egli risente per la sua distruzione o deterioramento, se non appunto quel danno

indiretto dovuto alla mancata utilizzazione del veicolo.

Sembra, inoltre, ammissibile in capo al comodatario utilizzatore dell’autovettura la

surrogazione legale ex art.1203, n.3 c.c., quando quest’ultimo abbia provveduto a pagare

personalmente e direttamente il danno ovvero abbia integralmente risarcito il comodante per

il pregiudizio subito dall’autoveicolo oggetto del contratto di comodato per fatto e colpa del

terzo. Affinché tale domanda possa essere accolta, l’attore/comodatario deve, però, fornire la

prova di aver già sostenuto le spese per la riparazione del veicolo stesso, o in caso di sua

completa distruzione, di aver già risarcito al proprietario l’equivalente pecuniario52.

E’ da segnalare una recente pronuncia, la quale ha affermato che qualora un contratto di

comodato, avente per oggetto l’uso di un furgone non risulti iscritto nel pubblico registro

automobilistico e non abbia data certa per non essere stato registrato al momento della sua

stipulazione, non è opponibile ai terzi per cui il comodante, proprietario e custode del veicolo

all’epoca dei fatti, è responsabile dei danni che la cosa comodata abbia recato a terzi.

52 Cass., sent. 10 aprile 1990 n.3005, in Arch. Giur. Circ. 1990, 755.

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Il contratto di comodato: profili giuridici

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Diverso dal danno subito per fatto e colpa di un terzo, è il caso di deterioramento e

perimento dell’autovettura che deriva dal normale utilizzo per la quale essa è stata

comodata, perché in questa ipotesi, in capo al comodatario non grava alcun obbligo53.

Qualora vengano commessi illeciti amministrativi con l’autovettura concessa in comodato il

comodatario dovrà rispondere in solido con il proprietario, in forza dell’art.6 della L. n.689 del

24 novembre 1981.

Per quanto riguarda le spese relative all’autovettura – richiamandosi a quanto sopra detto e

disposto dall’art.1808 c.c. - bisogna suddividere quelle relative all’uso (sostenute per servirsi

del bene) che se compiute dal comodatario non danno diritto al rimborso, da quelle

straordinarie (sostenute per la conservazione del mezzo) che, se necessarie ed urgenti,

danno diritto al rimborso al comodatario.

Per quanto riguarda le prime - pur non essendo riconosciuto né in capo al comodante, né al

comodatario uno specifico obbligo di adoperarsi materialmente affinché sia reso possibile

l’uso convenuto del mezzo - si sostiene debbano essere rimesse all’iniziativa di entrambi i

contraenti, ma in particolar modo dell’utilizzatore (ovvero del comodatario) che ha interesse

ad usufruire e godere del bene.

Sono, invece, da ritenere esclusi dall’ambito delle spese ordinarie, i costi sostenuti dal

comodatario per provvedere alla riparazione dei danni o dei vizi sopraggiunti durante l’uso

del bene, in quanto necessari ed urgenti.

E’ bene portare qualche esempio pratico per meglio comprendere la distinzione tra spese rimborsabili e non rimborsabili al comodatario.

1. spese di riparazione guasti: - senza ombra di dubbio le spese relative al consumo del carburante, dell’olio motore,

dei pneumatici, ecc., sono da considerarsi spese relative all’uso del mezzo, quindi non

rimborsabili al comodatario;

A tal proposito giova, inoltre, mettere in luce la recente sentenza della Corte Costituzionale n.27 del 12-24 gennaio 2005, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.126-bis, co.2 del nuovo codice della strada, nella parte in cui prevede che, in caso di mancata identificazione del trasgressore, la decurtazione dei punti dalla patente di guida deve essere eseguita al proprietario del veicolo, salvo che questi non comunichi entro 30 giorni il nome e la patente di chi guidava in quel momento l’auto. Quest’ultima norma, secondo la consulta, viola l’art.3 della Costituzione sotto il profilo dell’irragionevolezza. Con tale sentenza, se il comodante/proprietario del veicolo non fornisce il nominativo e il numero della patente del comodatario/conducente che ha commesso l’infrazione al codice della strada, entro il termine sopra indicato, pur restando comunque obbligato a pagare la contravvenzione, non si vedrà decurtare automaticamente i punti dalla propria patente di guida.

C O M O D A T O

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- nel caso di completa rottura del motore/propulsore del mezzo, dovuta a cause estranee all’utilizzo da parte del comodatario, le spese per la riparazione sono da considerarsi straordinarie, nonché necessarie ed urgenti, pertanto se sostenute dal

comodatario, danno diritto al rimborso; - se però il guasto o la rottura sono dovuti ad un uso incauto, distorto e/o irregolare

del mezzo da parte di quest’ultimo, egli dovrà sostenere le spese per la riparazione,

senza pretendere alcun tipo di rimborso e ciò in virtù dell’obbligo disposto dall’art.1804 c.c., di conservare il bene con la diligenza del buon padre di famiglia.

- infine nel caso di rovina dovuta a difetti di fabbricazione, solo il

comodante/proprietario del mezzo potrà far valere l’eventuale garanzia nei confronti della casa produttrice.

2. spese premio assicurazione: per quanto riguarda le spese relative al premio di assicurazione RCA, nonché per le tasse automobilistiche, risultando obbligato il solo proprietario, resterà in capo a quest’ultimo il

pagamento del dovuto, salvi diversi accordi che imprimano tale obbligo a colui che utilizza il mezzo dato in comodato. Tali diversi accordi hanno, comunque, una valenza puramente interna ai rapporti tra comodante e comodatario. Per cui se il comodatario si

accolla tali costi negli accordi contrattuali, ma poi non adempie correttamente, la responsabilità resterà in capo al comodante.

Occorre, infine, specificare che il comodatario di cosa mobile, a differenza di quello di bene

immobile) a garanzia del rimborso non solo gode del diritto di ritenzione, ai sensi

dell’art.2756 c.c. (che non richiede in capo al creditore il possesso giuridico del bene, né una

detenzione qualificata, ma esige soltanto una detenzione non qualificata nell’interesse altrui e

strumentale rispetto all’espletamento dell’obbligazione di conservare il bene), ma anche del

privilegio speciale sul bene mobile comodato.

Comodato di macchinari ed impianti

La prassi negoziale ha dimostrato in questi ultimi anni una capacità espansiva del contratto di

comodato che, seppur entro i confini dei beni materiali, vi ha fatto ricomprendere qualsiasi

cosa mobile o immobile, purché specificatamente determinata.

Ad oggi, soprattutto nel settore industriale, il contratto di comodato ha raggiunto un utilizzo

quasi quotidiano. Si pensi ai casi di società capogruppo che concedono in comodato interi

impianti di produzione ad un'altra impresa appartenente al medesimo gruppo.

Nel settore commerciale è frequente il comodato di attrezzature per la gestione di mense

aziendali o di macchine e strumenti fra case editrici e centri di stampa.

Anche il comparto sanitario vede frequentemente i produttori concedere in uso gratuito le

proprie attrezzature per la sperimentazione di nuove tecniche o nuovi prodotti. In tal modo,

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Il contratto di comodato: profili giuridici

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è evidente il vantaggio sia del produttore, che attraverso le esperienze assunte dall’utilizzo

riesce ad affinare e migliorare il prodotto, sia del comodatario, che in tal modo fornisce un

servizio utile senza esborso di capitali.

Lo schema contrattuale del comodato si presta molto facilmente a tali modelli commerciali o

industriali in quanto adattabile a qualunque categoria di bene.

I Giudici non hanno tendenzialmente eliminato dall’oggetto di comodato nessuna categoria di

beni mobili o immobili e anche nel caso di comodato di impianti e/o di macchinari, deve

ritenersi applicabile la disciplina codicistica, parimenti a quanto visto sopra per il comodato

immobiliare e di autovetture, così in tema di spese ordinarie e straordinarie, di obbligo di

restituzione, di stima e perimento della cosa, di danni causati per vizi della cosa, ecc..

Per quanto riguarda il comodato degli impianti, nella giurisprudenza è stato affrontato, in

particolar modo, il contratto di comodato degli impianti di distribuzione dei

carburanti, riguardante un’attività che, pur avendo natura privatistica, soddisfa un interesse

pubblico ed è quindi soggetta a vincoli ed obblighi di carattere pubblicistico. In riferimento a

tale tipo di comodato l’art.25 del R.D. n.1303/34 disponeva che il titolare di una concessione

amministrativa per il servizio di distribuzione carburanti che non intendeva provvedere

direttamente alla distribuzione con personale alle proprie dipendenze, poteva cedere a terzi

gli apparecchi senza benestare dell’amministrazione concedente, purché ciò avvenisse con

contratto di comodato che tuttavia doveva contenere particolari pattuizioni atte ad affermare

il prodotto sul mercato (come ad esempio l’obbligo di esporre l’insegna o di indossare la

divisa con il nominativo del produttore). La normativa aveva individuato per tale scopo il

contratto di comodato, perché quest’ultimo conciliava l’esigenza di affidare a terzi la gestione

dei distributori da parte delle grosse società petrolifere con quella di mantenere ferma la loro

responsabilità di fronte all’autorità amministrativa concedente e la sua gratuità impediva

abusi e speculazioni sulla cessione delle autorizzazioni.

Tale normativa è poi mutata in virtù della L. n.1034/70, nonché del DPR n.1269/71, ove non

è più prevista la stipulazione di un contratto di comodato, bensì quella di più generici

contratti aventi ad oggetto la cessione gratuita dell’uso degli impianti di distribuzione di

carburanti con durata non inferiore ai nove anni, negozi che la giurisprudenza ha comunque

definito di comodato modale.

Una recente sentenza della Suprema Corte54, ha affermato che in caso di cessione della

concessione per l’esercizio di impianti di distribuzione di carburanti, si verifica ope legis una

successione del nuovo concessionario nel contratto di comodato stipulato fra il cedente ed il

gestore dell’impianto, senza bisogno di accettazione da parte di quest’ultimo, analogamente

a quanto previsto dall’art.1602 c.c.. 54 Cass., sent. 8 gennaio 1999 n.114 in Foro.It. 1999, I, 1219.

C O M O D A T O

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La nozione di comodatoArt. 1803 c.c.:Nozione. “Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.Il comodato è essenzialmente gratuito”.

Art. 1810 c.c.:Comodato senza determinazione di durata. “Se non è stato convenuto un termine né questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede”.

Il perimento della cosa

Art. 1805 c.c.:Perimento della cosa. “Il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria o se, potendo salvare una delle due cose, ha preferito la prima.Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile dellaperdita avvenuta per causa a lui imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l’avesse impiegata per l’uso diverso o l’avesse restituita a tempo debito.

*

* a cura di Alfredo Frangini

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Il contratto di comodato: profili giuridici

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segue: … le applicazioni giurisprudenziali“L'art. 1805, comma 2, c.c. - a norma del quale il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito è responsabile della perdita avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita a tempo debito - benché faccia riferimento solamente al perimento della cosa, è applicabile anche al deterioramento della stessa” (Cass., 6 novembre 2001, n. 13691).

“In caso di furto del bene in comodato, il comodatario è responsabile per colpa non in caso di semplice prevedibilità ed evitabilità dell'evento, ma qualora, avuto riguardo alle circostanze concrete, non abbia posto in essere tutte le attiv ità richieste dall'ordinaria diligenza; pertanto, il comodatario convenuto in giudizio per la risarcibilità dei danni a titolo di responsabilità ex recepto, al fine di raggiungere la prova della non imputabilità della perdita, non deve necessariamente dimostrare che il furto è stato compiuto con violenza o con minaccia alle persone, essendo sufficiente a tal fine che egli provi di avere adottato tutte le precauzioni che le circostanze suggerivano per evitare la sottrazione del bene, secondo la diligenza del buon padre di famiglia” (Cass., 10 novembre 2003, n. 16286).

Il regime delle spese

Art. 1808 c.c.Spese per l’uso della cosa e spese straordinarie.“Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa.Egli ha però diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti”.

C O M O D A T O

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segue: … le applicazioni giurisprudenziali“Il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione (nella

specie, straordinaria) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne i rimborso dal comodante” (Cass., 6 novembre 2002, n. 15543).

“Al comodatario non sono rimborsabili le spese straordinarie non necessarie ed urgenti, anche se comportino miglioramenti, tenendo conto della non invocabil ità da parte del comodatario stesso, che non è né possessore né terzo, dei principi di cui agli art. 1150 e 936 c.c., ed altresì della carenza, anche nel similare rapporto di locazione, di un diritto ad indennizzo per le migliorie”(Cass., 26 giugno 2002, n. 7923; Trib. Palermo, 13 giugno 2003).

“Il contratto di comodato non è snaturato dalla previsione che il comodatario provveda anche alle spese di manutenzione straordinaria volte a rendere la cosa comodata idonea all'uso pattuito, giacché in detta pattuizione è ravvisabile non un corrispettivo dovuto al comodante ma un onere inerente al gratuito godimento della cosa, secondo l'uso concordato; la clausola del contratto di comodato che addossi al comodatario le spese di straordinaria manutenzione volta a consentire l'uso concessogli non osta a che il comodatario ai sensi dell'art. 1808 c.c. ottenga il rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa, ove ne dimostri il carattere straordinario e urgente” (Trib. Bergamo, 20 novembre 2001).

Scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it il fac simile di contratto di comodato e somministrazione

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IL CONTRATTO DI COMODATO DI BENI STRUMENTALI: ASPETTI FISCALI E CONTABILI

a cura di Mariateresa Cattaneo e Walter Vallero*

Nelle aziende è diffuso concedere in uso beni strumentali a terzi o a fornitori, utilizzando un

contratto di comodato, attraverso il quale una parte (il comodante) consegna all’altra (il

comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché questi se ne serva per un determinato

periodo o per un uso determinato con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.

L’utilizzo di questo contratto permette:

a) di garantire un servizio da parte del concedente nei locali del comodatario (ad esempio i

distributori automatici);

b) di concedere la possibilità a fornitori terzisti di produrre beni per il comodante (à facon).

Nel caso b) il fornitore si impegna a produrre in esclusiva per il concedente, a particolari

condizioni economiche, in cambio dell’uso gratuito del cespite e quindi si obbliga a non

utilizzare il medesimo bene strumentale del comodante per produzione a favore di terzi.

Lo stesso contratto può prevedere, oltre all’esclusiva nell’utilizzo, la conservazione e custodia

del bene con la diligenza del buon padre di famiglia, l’obbligo di effettuare le manutenzioni

ordinarie, talvolta quelle straordinarie, la possibilità per il comodante di ottenere in qualsiasi

momento la restituzione del bene, una dichiarazione per gli eventuali danni a terzi e così via.

Il fornitore terzista nel calcolare il prezzo dei beni prodotti con i beni strumentali ottenuti in

comodato, non include:

- l’ammortamento dei cespiti,

- gli oneri diretti ed indiretti (compresi quelli finanziari) collegati all’investimento.

I motivi che spingono il comodante a concedere in uso gratuito l’utilizzo del bene

strumentale ai propri fornitori vanno ricercati nel trattamento favorevole circa i tempi di

consegna e di lavorazione nonché nel controllo sulla qualità di produzione.

Esaurite queste necessarie premesse circa le motivazioni che spingono le imprese ad

utilizzare il contratto di comodato, ci si occuperà in questa sede dei principali aspetti fiscali,

esaminando le problematiche connesse a tale contratto ai fini delle imposte dirette,

dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta di registro, oltre agli aspetti di natura

prettamente contabile.

Il comodato e le imposte dirette

Il trattamento fiscale dei beni in comodato è legato:

a) all’oggetto, ovvero al tipo di bene, a seconda esso sia mobile o immobile;

b) ai soggetti, che intervengono nel contratto, ovvero privati o soggetti passivi economici.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) Tratto da “La Circolare Tributaria” n.10 del 14 marzo 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore

C O M O D A T O

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Beni strumentali concessi in comodato

Una prima domanda che ci si pone, è questa: l’impresa comodante può dedurre le quote di

ammortamento di beni concessi in uso a terzi tramite il contratto di comodato (ad esempio

stampi per determinate lavorazioni)?

Il Legislatore fiscale fa dipendere la deducibilità delle quote di ammortamento del costo dei

beni materiali dalla strumentalità per l’esercizio dell’impresa e dall’esercizio dell’entrata in

funzione del bene stesso (art.102, co.1 del Tuir).

Il primo requisito indispensabile da ricercare in ogni circostanza al fine di rispondere in modo

affermativo alla domanda posta è dunque quello della strumentalità del bene.

La stessa relazione ministeriale allo schema di Testo Unico, commentando il co.1 del

previgente art.67 (ora art.102, in seguito alla rinumerazione prevista dal D.Lgs. n.344/03),

prevedeva che “la deducibilità delle quote di ammortamento è ammessa soltanto per i beni

strumentali e rimane invece esclusa per quelli non strumentali (tranne gli immobili, per i

quali l’ammortamento è compreso nella determinazione del reddito catastale), tuttavia

civilisticamente ammortizzabili”.

Nella ricerca della strumentalità è necessario verificare se il bene sia suscettibile a fornire

un’utilità continuata che perdura oltre alla durata dell’esercizio e che esso risulti inserito nel

processo produttivo (di ricavi) dell’impresa. Si conclude quindi che la strumentalità “fiscale”

viene meno quando questi beni, pur appartenenti all’impresa e ammortizzabili

civilisticamente, in quanto subiscono un deperimento tecnologico e fisico, non sono produttivi

di reddito perché non inseriti nel processo produttivo oppure distolti da esso.

La stessa relazione ministeriale all’art.67 del DPR n.917/86 precisava che la determinazione

dell’esercizio di decorrenza dell’ammortamento è quello di “esercizio di entrata in funzione” e

non quello di “esercizio nel quale il bene è stato o avrebbe potuto essere utilizzato”. Esso

cessa nell’esercizio in cui il bene viene distolto del processo produttivo.

Una nota sentenza della Commissione Tributaria Centrale (Sez. XX n.1893 del 17/05/1993) ha

stabilito, che in presenza di un contratto di comodato, non viene meno la strumentalità del bene

e pertanto il comodante può continuare a dedurre le quote di ammortamento del bene stesso.

E’ indispensabile al fine di ammettere la deducibilità delle quote di ammortamento dei beni

concessi in comodato, dimostrare l’inerenza tra il contratto stesso e l’attività d’impresa svolta

dal comodante. I beni concessi in uso gratuito, anche se non utilizzati direttamente dal

proprietario/comodante possono essere considerati “in funzione” in termini economici e quindi

“strumentali” alla produzione di ricavi di impresa.

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Il contratto di comodato di beni strumentali: aspetti fiscali e contabili

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Come già indicato in premessa l’inerenza va ricercata in ordine alle motivazioni che spingono

il comodante a concedere l’uso dei propri beni strumentali al comodatario, quali il minor

prezzo praticato o il miglior servizio prestato dal comodatario/fornitore, venendosi così a

realizzare quel rapporto sinallagmatico, che nel caso, ad esempio, delle macchine distributrici

automatiche, si ha nella possibilità di ottenere un guadagno dalla vendita dei beni distribuiti,

ovvero, nel caso degli stampi, dalla possibilità di ottenere prodotti di qualità verificata.

Tali beni devono dunque rispettare il requisito dell’inerenza se cedono la propria utilità all’impresa

proprietaria (comodante) e non a quella che lo ha utilizzato (comodataria). In tal senso si è

espressa la R.M. n.9/2320 del 05/01/1981, la quale ha stabilito che l’ammortamento di silos di

proprietà e collocati presso i clienti spetta comunque all’impresa proprietaria “indipendentemente

dalla collocazione fisica degli stessi, non venendo meno l’anzidetto carattere di strumentalità per

il fatto che essi sono situati al di fuori dello stabilimento”.

Tale principio è sicuramente rispettato ogni qualvolta l’utilizzo del bene strumentale è riferito

ad un preciso interesse dell’attività dell’impresa del comodante.

L’eccezione a questo principio generale si ha riguardo ai beni immobili relativi ad imprese

commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza

radicali trasformazioni: si tratta degli immobili appartenenti alle categorie catastali C, D e

A/10, i quali si considerano strumentali (per natura) anche se non utilizzati dall’impresa o

dati in comodato (art.43 Tuir).

Il Legislatore distingue i beni immobili strumentali in due categorie:

a) immobili strumentali per destinazione;

b) immobili strumentali per natura.

Gli immobili di cui al punto a) sono quelli utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’impresa,

quindi quelli di civile abitazione utilizzati esclusivamente nell’esercizio dell’impresa.

Gli immobili di cui al punto b) sono considerati strumentali a prescindere dalla loro

destinazione o dal loro uso e quindi non sono in ogni caso produttivi di reddito di fabbricati,

anche se dati in comodato a terzi (strumentalità di diritto).

Riepilogando si potranno aver le seguenti situazioni:

- per gli immobili strumentali per destinazione utilizzati direttamente dall’impresa quali

beni strumentali per lo svolgimento della propria attività, non affluiscono a conto

economico proventi di alcun genere, mentre rilevano tra i componenti negativi le quote

di ammortamento, le spese di manutenzione, gli eventuali oneri finanziari;

- per gli immobili strumentali per natura, concessi in comodato concorrono alla

formazione del reddito d’impresa i componenti di reddito positivi (pari a zero nel caso

di comodato, ad eccezione di eventuali somme spettanti a titolo di risarcimento o

rimborsi) e componenti negativi di reddito, quali le quote di ammortamento, le spese di

manutenzione e gestione, gli eventuali oneri finanziari.

C O M O D A T O

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Si citano a conforto delle tesi sopra esposte:

- la R.M. n.225/E dell’11/07/2002 riguardante la realizzazione ed ammortamento di

stazioni di servizio concesse in uso gratuito a terzi gestori, dove “il relativo

investimento è in ogni caso pianificato, realizzato e (co-) gestito dal comodante” e “il

ricorso al comodato ha come effetto diretto quello di chiudere il “ciclo” di impresa e di

consentire al comodante di realizzare i ricavi tipici dell’attività caratteristica che lo

contraddistingue presso il mercato ed i consumatori”;

- la R.M. n.9/E del 10/01/02 dell’Agenzia delle Entrate riguardante una risposta ad un

interpello circa la possibilità di fruire del credito di imposta di cui all’art.8 della L.

23/12/2000 n.388 per l’acquisto di attrezzature pos (point of sale) acquistate da una

società che fornisce servizi di monetica e poi concessi in comodato d’uso ed utilizzati

fuori dalla sede della società (comodante) presso gli esercizi commerciali che li

utilizzano come sistemi di pagamento. L’Agenzia delle Entrate conclude che nel caso

specifico “non può negarsi che i pos nuovi, concessi in comodato d’uso, siano

qualificabili come beni strumentali ai sensi dell’art.67 del Tuir (ora art.102); essi, infatti,

sono utilizzati dal comodatario nell’ambito di un’attività strettamente funzionale

all’esigenza del comodante di fornire alle banche clienti i servizi di monetica.

Beni immobili ad uso abitativo in comodato tra privati

Per completezza di informazione, si ricorda in questa sede il comodato tra soggetti privati,

avente ad oggetto beni immobili ad uso abitativo. È il tipico caso del padre che concede in

uso gratuito al figlio l’immobile ad uso abitativo: il comodante, quale proprietario

dell’immobile, dichiara la rendita catastale rivalutata dell’immobile, senza applicazione della

maggiorazione di un terzo, prevista per gli immobili a disposizione, nel caso il famigliare

comodatario vi abbia stabilito la propria residenza anagrafica, ovvero applicando la

maggiorazione di un terzo, trattandosi di immobile a disposizione.

Il trattamento delle spese di manutenzione, riparazione e trasformazione dei beni

in comodato

Il trattamento delle spese di manutenzione, riparazione e trasformazione dei beni in

comodato si differenzia in base ai seguenti parametri:

a) proprietà dei beni a cui le spese si riferiscono;

b) natura economica delle spese.

Quindi, in base al parametro di cui al punto a) le spese di manutenzione possono riguardare:

- beni propri (sostenute dal comodante);

- beni di terzi (sostenute dal comodatario).

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Il contratto di comodato di beni strumentali: aspetti fiscali e contabili

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Invece, in base al parametro di cui al punto b) le spese di manutenzione possono così

suddividersi:

- spese di manutenzione ordinarie;

- spese di natura incrementativa.

Le spese di manutenzione sostenute dal comodante

Il Legislatore fiscale nell’art.102, co.6 consente la patrimonializzazione delle spese di

manutenzione, ovviamente quando esse abbiano natura incrementativa, imputandole ad

aumento del costo dei beni cui si riferiscono ed ammortizzandole con i relativi coefficienti.

Nel caso invece di spese di manutenzione non aventi natura incrementativa e quindi con

imputazione al conto economico (voce B7- spese per servizi), la loro deduzione è regolata

come segue:

- deduzione di detti componenti negativi di reddito nell’esercizio di sostenimento nei limiti

del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili (compresi anche

quelli concessi in comodato), esistenti all’inizio del periodo di imposta, anche nell’ipotesi

in cui non tutti i beni abbiano costituito oggetto di manutenzione;

- ripartizione delle spese eccedenti la percentuale del 5% in quote costanti nei successivi

cinque esercizi, anche nell’ipotesi in cui tale parte non estende la propria utilità

economica ai futuri periodi, ma la esaurisca nell’esercizio di sostenimento della spesa.

Tale variazione fiscale in aumento, da evidenziare nell’apposito rigo del quadro RF (nel caso

di impresa in contabilità semplificata, nel quadro RG sarà invece indicata esclusivamente la

quota fiscalmente deducibile, senza altre implicazioni di natura contabile) genera quindi,

trattandosi di variazione temporanea, imposte differite attive con la conseguente

imputazione nell’attivo dello Stato Patrimoniale di crediti per Imposte anticipate e relativa

spiegazione al punto 14 della Nota Integrativa (art.2427 c.c.).

Le spese di manutenzione sostenute dal comodatario

In questo caso le spese di manutenzione “ordinarie”, non aventi natura incrementativa,

essendo relative a beni di terzi (beni in comodato), da un punto di vista fiscale, sono

deducibili nell’esercizio di sostenimento, in quanto in questo caso (analogo ai beni in leasing

o in affitto) la deducibilità non è soggetta alle limitazioni di cui all’art.102, co.6, prevista per i

beni di proprietà.

Se le spese di manutenzione hanno invece natura incrementativa trova applicazione invece il

co.3 dell’art.108 Tuir e pertanto sono deducibili nel limite della quota imputabile a ciascun

periodo di durata del contratto di comodato.

C O M O D A T O

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Si applica per analogia quanto previsto nel caso di contratto di locazione, dove i criteri

civilistici di ripartizione delle spese in esame costituiscono presupposto per la determinazione

della quota di dette spese imputabili al reddito dell’esercizio (si veda la C.M. n.73/E del

27/05/1994, p.3.36 “Immobili assunti in locazione – Spese di ristrutturazione”).

In bilancio queste spese trovano collocazione tra le Immobilizzazioni Immateriali (voce BI7

dell’attivo) e seguono il seguente criterio di ammortamento:

- le quote di ammortamento devono interessare, fino ad esaurimento, anche le annualità

per le quali il contratto viene rinnovato;

- in caso di mancato rinnovo, le residue quote saranno interamente dedotte nell’esercizio

in cui si verificherà tale circostanza.

Il comodato e l’imposta sul valore aggiunto

Trattandosi di un contratto essenzialmente gratuito, la cessione di beni in comodato non

rientra tra le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, non essendo

considerato ne una prestazione di servizi (non si ritiene in ogni caso possa rientrare in una di

quelle prestazioni previste dal co.3 dell’art.3 del DPR n.633/72), ne una cessione di beni. Una

prima conseguenza di tale circostanza è che non è necessario porre in essere alcun

adempimento (diretto) ai fini Iva (fatturazione, registrazione, ecc.).

Tuttavia al fine di vincere le presunzioni di cessione o di acquisto di cui all’art.53 del DPR

n.633/72 è bene seguire le regole previste dal DPR n.441 del 10/11/1997 (commentate nella

C.M. n.193/E del 23/07/98, in particolare p.1, relativo alle presunzioni di cessione e p.2,

relativo alle presunzioni di acquisto). La prova per superare le presunzioni, dimostrando che i

beni sono stati consegnati a terzi in comodato o ricevuti da terzi in comodato, si ottiene

alternativamente dai seguenti comportamenti:

- annotazione sul libro giornale o da altro libro tenuto a norma del codice civile;

- annotazione su apposito registro tenuto ai sensi dell’art.39 del DPR n.633/72;

- atto registrato presso l’Agenzia delle Entrate;

- emissione di un documento di trasporto progressivamente numerato dall’emittente e

integrato con la relativa causale “comodato d’uso”;

- annotazione apposita effettuata, al momento del passaggio dei beni, in uno dei registri Iva.

Nel caso del comodato non si ritiene debba trovare applicazione la regola secondo la quale

l’operazione deve essere regolarizzata dopo il decorso di un anno dalla consegna (come nel

caso dei beni consegnati in prova). La regola contenuta nell’art.6, co.1, seconda parte del

DPR n.633/72 fa riferimento a cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono

posteriormente, cosa che non accade nel comodato.

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Il contratto di comodato di beni strumentali: aspetti fiscali e contabili

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Alla conclusione del contratto di comodato si possono verificare le seguenti ipotesi con

conseguenze diverse sotto il profilo Iva:

- i beni vengono restituiti al proprietario- comodante: in tal caso non vi è nessuna

conseguenza ai fini Iva. Per vincere le presunzioni occorre provare la restituzione, ad

esempio, emettendo un documento di trasporto con la causale “reso da comodato d’uso”,

oppure con apposita annotazione nella colonna “scarico” del registro tenuto per certificare i

beni ricevuti a titolo diverso da quello traslativo della proprietà;

- il comodato è trasformato in una locazione o noleggio di bene mobile: l’operazione è

rilevante ai fini Iva, il momento di effettuazione dell’operazione ovvero del suo

assoggettamento ad Iva coincide con quello di pagamento del corrispettivo (art.6, co.3

del DPR n.633/72);

- il bene oggetto di comodato è venduto al comodatario: l’assoggettamento all’imposta sul

valore aggiunto è immediato, in quanto la regola da applicare è l’effettuazione

dell’operazione coincide con il momento della consegna.

Per completezza di analisi, qualora invece vi sia un addebito al comodatario, ad esempio, per

eccessivo deperimento del bene o per la sua mancata restituzione alla scadenza pattuita, questo

importo non dovrebbe essere ritenuto rilevante ai fini Iva, in quanto trattandosi di penalità per

inadempimento contrattuale, rientra nell’ipotesi di cui all’art.15, co.1, DPR n.633/72.

L’altra questione da risolvere in tema di imposta sul valore aggiunto è quella se considerare

detraibile l’imposta assolta per l’acquisto dei beni concessi in comodato.

Il dubbio circa la detraibilità o meno dell’imposta assolta sugli acquisti trova una risposta

nell’inerenza di tali operazioni all’attività di impresa del comodante e quindi quei beni

concessi in comodato possono essere considerati strumentali nel caso in cui l’attività del

comodatario sia funzionale a quella del comodante (si veda la R.M. n.9/E del 10/01/2002

dell’Agenzia delle Entrate).

L’art.19, co.1 del DPR n.633/72 stabilisce un diritto di detrazione, in via generale, per tutti i beni

ed i servizi acquistati nell’esercizio d’impresa, arte o professione; tuttavia questo diritto alla

detrazione non spetta nel caso in cui i beni e servizi vengono utilizzati per realizzare operazioni

esenti o, comunque, non soggette ad imposta o escluse dal suo campo di applicazione.

Quindi la risposta alla domanda se il comodato è un’operazione esclusa che comporta una

limitazione al diritto alla detrazione è la seguente:

- per il comodante, la detrazione è ammessa se la concessione di beni in comodato è

inquadrata nell’ordinaria attività dell’impresa rivolta a realizzare operazioni che ne diano diritto.

La C.M. n.328 del 14/12/1997 al par.3.1 precisa quanto già rilevato nella relazione

governativa accompagnatoria al D.Lgs. n.313/97, la quale espressamente cita il

comodato: “è da tener presente che l’anzidetto diniego della detrazione dell’imposta, pur

C O M O D A T O

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concernendo i beni ed i servizi impiegati in operazioni non soggette ad Iva, non

s’intende esteso a quelli indirettamente e funzionalmente ricollegabili ad altre operazioni

imponibili o ad esse assimilate dalla legge ai fini della detrazione”.

- per il comodatario, la detraibilità dell’imposta sul valore aggiunto correlata alle spese di

manutenzione sostenute per l’utilizzazione dei beni acquisiti a titolo di comodato è ammessa

qualora il bene possa essere considerato inerente all’attività dallo stesso esercitata.

La conferma che non esiste alcuna limitazione in riferimento al titolo che permette al

soggetto l’utilizzo del bene si ha nella R.M. n.461413 del 05/10/1988, la quale così esprime

“la detrazione dell’Iva non può essere subordinata, in tema di immobili, al diritto di proprietà

degli stessi, essendo sufficiente che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi siano

effettuate nell’esercizio dell’impresa, ossia impiegati ai fini della realizzazione di operazioni

rientranti nella normale attività dell’imprenditore e tale destinazione risulti comprovata dai

documenti contabili dell’imprenditore stesso”.

Il comodato e l’imposta di registro

L’imposta di registro, in linea generale, si propone di colpire tutti gli atti scritti a contenuto

patrimoniale formati in Italia, o se formati all’estero, aventi ad oggetto il trasferimento di diritti reali

o la locazione o l’affitto di beni immobili o aziende situate in Italia (R.M. n.14 del 06/02/2002).

I contratti verbali, quindi anche i contratti di comodato verbali aventi ad oggetto beni mobili

o immobili, ad eccezione del caso in cui siano citati in altri atti scritti (ad esempio contratti di

locazione o affitto di beni immobili nel territorio dello Stato) sono esclusi dal campo di

applicazione dell’imposta di registro. Tale disposizione non si concilia dunque con quanto

previsto dal co.346 della L. n.311 del 30 dicembre 2004 (Finanziaria 2005), dove si prevede

che i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di

unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se ricorrendone i

presupposti, non sono registrati.

Nel caso di contratto di comodato redatto in forma scritta, l’imposta va applicata a seconda

del tipo del bene oggetto di comodato:

- nel caso di beni immobili, il contratto redatto in forma scritta va registrato in termine

fisso, con il pagamento dell’imposta in misura fissa di Euro 168,00 (importo in vigore

dall’1 febbraio 2005, in seguito al D.L. n.7 del 21/01/2005) sia esso redatto con atto

pubblico o scrittura privata autenticata);

- nel caso di beni mobili, il contratto redatto con scrittura privata non autenticata deve

essere registrato solo in caso d’uso e con il pagamento dell’imposta di registro in misura

fissa (Euro 168,00 – art.3, parte II, tariffa allegata al DPR n.131/86). Per evitare la

registrazione e ottenere la data certa dell’accordo è possibile ricorrere allo scambio di

corrispondenza;

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Il contratto di comodato di beni strumentali: aspetti fiscali e contabili

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- nel caso di beni mobili, il contratto di comodato redatto con scrittura privata autenticata

o con atto pubblico deve essere registrato in termine fisso con il pagamento dell’imposta

in forma fissa (Euro 168,00 – art.11, parte I, tariffa allegata al DPR n.131/86).

Il comodato e gli studi di settore

Ai fini di una corretta rilevazione degli elementi contabili necessari per l’applicazione degli

studi di settore è bene ricordare che nell’ammontare complessivo del valore dei beni

strumentali occorre indicare il valore normale, al momento dell’immissione nell’attività, dei

beni (solo quelli mobili – non si tiene, infatti, mai conto degli immobili) acquisiti in comodato

(ovvero in dipendenza di contratto di locazione non finanziaria). Per valore normale dei beni

dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della

stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di

commercializzazione nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l’operazione o nel tempo

o nel luogo più prossimi.

Il comodato e gli aspetti contabili

Sebbene marginale rispetto a quanto esaminato in precedenza, di seguito si riportano alcuni

aspetti di natura prettamente contabile, in ordine a talune fattispecie di concessione in

comodato di beni.

Beni strumentali concessi in comodato a terzi, ma inerenti l’attività dell’impresa proprietaria

In questo caso, si pensi, quale esempio significativo, ai distributori di bibite e bevande calde

e fredde. I beni concessi in comodato sono inseriti in bilancio tra le “attività” dell’impresa

proprietaria. Alla stessa spetta pertanto sia l’ammortamento, che la rilevazione in contabilità

delle spese di manutenzione e di gestione di tali beni. Il vantaggio per il comodante è fornire

e vendere quei determinati prodotti indispensabili per l’utilizzo dell’apparecchiatura.

Il comodante deve registrare tra i Conti d’Ordine, nella voce “nostri beni presso terzi” il

valore dei beni concessi in comodato.

La scrittura sarà la seguente:

nostri beni c/o terzi a debitori per ns. beni in comodato

C O M O D A T O

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In maniera speculare nella contabilità del possessore dei beni a titolo di comodato

(comodatario), comparirà la seguente scrittura contabile:

beni di terzi c/o di noi a creditori per beni in comodato

indicando il valore normale dei beni.

Beni strumentali concessi in comodato a terzi per l’utilizzo nell’attività di terzi

In questo caso, invece, i beni di cui trattasi vengono utilizzati dal comodatario nell’ambito

dello svolgimento della sua attività.

Le fattispecie più frequenti sono quelle relative all’autovettura e a macchinari/attrezzature.

Nel caso dell’autovettura si possono individuare due situazioni:

- l’autovettura è di proprietà dei soci e viene concessa in comodato alla società per

essere da questa utilizzata. Il contratto potrà stabilire che i costi di manutenzione e

di gestione dell’autovettura siano a carico della società, così come per i costi di bollo

e assicurazione;

- l’autovettura è di proprietà della società e viene data in comodato a collaboratori

dell’azienda o agli stessi soci. In tal caso la società potrebbe mantenere a proprio carico i

costi di gestione del veicolo, salvo non pattuire diversamente nel contratto.

La società proprietaria dovrà rilevare, nei conti d’ordine, la seguente scrittura contabile:

nostri beni c/o terzi a debitori per ns. beni in comodato

Nel caso dei macchinari, stampi ed attrezzature, concessi in comodato ad altre imprese per lo

svolgimento di lavorazioni che interessano il comodante, il contratto deve regolare non tanto le

spese di gestione, che di norma sono a carico del comodatario, ma soprattutto chi debba

sostenere le spese di manutenzione ordinarie e/o straordinarie sul bene concesso in comodato.

Si possono verificare le seguenti condizioni:

a) manutenzione a carico del comodante: trattasi di manutenzioni su beni di proprietà

e come tali devono essere trattate contabilmente.

b) manutenzione a carico del comodatario: sono manutenzioni ordinarie su beni di

terzi. E’ preferibile che vengano contabilizzate separatamente, come le manutenzioni su

beni in leasing o su beni in noleggio.

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Il contratto di comodato di beni strumentali: aspetti fiscali e contabili

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La scrittura contabile può essere:

manutenzione su beni in comodato a fornitore

Nel caso in cui tali spese avessero utilizzabilità pluriennale o carattere di straordinarietà

possono essere inserite nell’attivo patrimoniale con la seguente scrittura:

altre immobilizzazioni immateriali

(sottoconto: manutenzione su beni di

terzi in comodato)

a fornitore

E’ bene sottolineare, a proposito dell’ammortamento di tali spese appena menzionate, che

non sempre il contratto di comodato prevede un termine di scadenza. Pertanto risulta difficile

determinare un piano d’ammortamento per questi specifici oneri pluriennali. E’ preferibile che

la durata del contratto sia determinata o rapportata a quantità di prodotti da produrre e/o

consegnare. In tale circostanza si predisporrà un piano di ammortamento congruo all’uso del

bene, determinato soggettivamente dall’utilizzatore.

Anche in questo caso, come nel precedente, il valore del bene dato e ricevuto in comodato

deve essere inserito tra i conti d’ordine nel bilancio delle aziende, sia del comodante che del

comodatario.

C O M O D A T O

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IL LEASING a cura di Alfredo Frangini*

La nozione di leasingDefinizione desumibile da art. 17, c. 2 . 2 maggio 1976, n. 183:“per operazione di locazione finanziaria si intendono le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquisiti o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi e con facoltà per quest’ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito”. Definizione desumibile dall’art. 1 degli usi relativi al leasing mobiliare ed immobiliare della Camera di Commercio di Milano:“contratto con il quale il locatore mette a disposizione del conduttore un bene mobile o immobile per un tempo determinato verso un corrispettivo pagabile a scadenze periodiche e determinato in relazione al valore del bene, alla durata del contratto e ad altri elementi”. Quindi siamo di fronte ad un contratto mediante il quale una parte (locatore, concedente, finanziatore) concede all’altra (locatario, utilizzatore, conduttore) il godimento di un bene, preventivamente individuato, verso corrispettivo di un canone periodico e gli riconosce inoltre il diritto di riscattare il bene medesimo al termine del periodo contrattuale.

Il leasing operativo e finanziarioNel leasing c.d. operativo il locatore produce il bene nell’ambito della sua attività di impresa e lo concede direttamente in locazione il bene all’utilizzatore, assicurandogli una serie di servizi accessori (manutenzioni e riparazioni periodiche, consulenza, pezzi di ricambio).Nel leasing finanziario, la società di leasing previa indicazione del locatario, acquista il bene dal produttore e lo concede al locatario con facoltà di riscatto alla scadenza.Il leasing operativo non è altro che una locazione, con fornitura di servizi accessori; dunque:

l’utilizzatore versa un canone al produttore/concedente per la concessione in godimento del bene per un periodo solitamente breve (e inferiore alla vita economica dello stesso);al termine del contratto non è solitamente previsto il diritto di riscatto ma la restituzione del bene o la rinnovazione del contratto.

Il leasing finanziario consiste nella locazione di beni mobili o immobili fatti costruire o acquistati dalla società di leasing su scelta dell’utilizzatore; dunque, il conduttore:

assume tutti i rischi connessi all’acquisto del bene;ha la facoltà di diventarne proprietario al termine del contratto versando un prezzo predefinito;al termine del contratto può riscattare il bene, restituirlo alla società di leasing, cedere l’opzione per il riscatto ad un terzo (previo consenso della società di leasing), rinnovare il contratto per un ulteriore periodo.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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Il leasing

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I vantaggi del contrattoIn linea generale, il leasing:

(i) rispetto alle forme tradizionali di finanziamentopresenta tempi di istruttoria più rapidi; consente di finanziare il costo del bene per intero (compresa l’ IVA);non intacca i ratios di bilancio dell’utilizzatore;rappresenta un servizio flessibile che può essere “tagliato” sulle diverse e specifiche esigenze aziendali;

(ii) rispetto alle forme tradizionali di finanziamentol’utilizzatore sceglie il bene su misura;consente di usufruire di eventuali sconti sul prezzo in quanto il fornitore viene pagato subito e per l’intero;consente, al termine del contratto, di acquistare la proprietà del bene.

segueSul piano economico il leasing operativo permette all’utilizzatore di ottenere i seguenti benefici:

possibilità di util izzare il bene per un periodo prolungato (di norma superiore al termine breve, ma inferiore alla vita utile del bene stesso), senza sopportare il rischio di obsolescenza del bene (come avviene invece nel leasing finanziario e nel normale acquisto del bene);possibilità di acquisire i l bene insieme ai servizi accessori utili a garantire il funzionamento del bene stesso, attraverso un unico pagamento;assenza dell’impegno a pagare l’intero prezzo del bene.

A differenza di quanto previsto nel leasing operativo, nel leasing finanziario:l’oggetto può essere un qualsiasi bene mobile o immobile occorrente all’azienda utilizzatrice per un periodo che, solitamente, corrisponde alla durata economica–tecnica del bene stesso;l’ammontare dei canoni corrisposti per tutta la durata del contratto è pari, se non superiore, al valore delle attrezzature, per cui viene stabilita la possibilità di acquisto della proprietà ad un valore residuo modesto;i servizi collaterali non sono inclusi nel canone versato dall’utilizzatore.

L E A S I N G

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Il leasing (finanziario) di godimento e quello traslativo

Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento rispetto abeni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi.

Ricorre il leasing traslativo allorché la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto, e solo in quest'ultimo caso, stante la eadem ratio, può applicarsi in via analogica al contratto di leasingla disciplina dettata dall'art. 1526 c.c. per la vendita con riserva di proprietà.

(Cass., 10 giugno 2005, n. 12317; Cass., 7 febbraio 2001, n. 1715).

Alcune clausole tipiche del leasing finanziario; alcune vicende del contratto

esonero dalle responsabilità del concedente per mancata o ritardata consegna del bene [art. 9, lett. b) del contratto messo a disposizione]: criticità;esonero dalla responsabilità del concedente in caso di perimento del bene [art. 9, lett. h) del contratto messo a disposizione];vizi del bene [art. 9, lett. c) e d) del contratto messo a disposizione]; clausola risolutiva espressa e misura del danno in caso di inadempimento [artt. 14 e 15 del contratto messo a disposizione]: criticità;mancata restituzione del bene [art. 17 del contratto messo a disposizione];fideiussione di terzi e nel gruppo societario;cessione del contratto.

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Il leasing

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L’esonero da responsabilità del concedente per mancata o ritardata consegna del bene: criticità

[cfr. art. 9, lett. b) del contratto messo a disposizione]In passato la giurisprudenza riconosceva la validità della clausola di trasferimento in capo all’utilizzatore del rischio per mancata o ritardata consegna del bene; il concedente doveva ritenersi obbligato solo all’acquisto del bene, ma non anche alla consegna dello stesso (Cass., 30 giugno 2998, n. 6412), mentre l’utilizzatore era tenuto al pagamento dei canoni anche in caso di mancato utilizzo del bene.I successivi interventi giurisprudenziali hanno riconosciuto invece (i) la responsabilità anche del concedente in caso di mancata consegna e (ii) l’invalidità della clausola di inversione dell’assunzione dei rischi, giacché essa:

snatura lo scopo del collegamento negoziale voluto dalle parti (Appello Milano, 21 dicembre 1999);è contraria alla causa del contratto, costituita dal godimento del bene per un determinato tempo (Cass., 2 novembre 1998, n. 10926).

L’utilizzatore conserverebbe quindi il diritto a rifiutare la consegna del bene e a non versare alcun corrispettivo al concedente per un godimento mai avvenuto.

(segue)La posizione attuale della giurisprudenza:

“In un contratto di leasing finanziario, nell'ipotesi in cui l'utilizzatore prescelga, oltre al bene, la persona che dovrà fornirglielo, e si sia stabilito che il fornitore consegni direttamente il bene all'utilizzatore, l'obbligazione del concedente diventa quella di concludere il contratto di vendita con il fornitore mediante l'impiego del capitale nell'acquisto, mentre l'obbligazione di consegna del bene sulla base del contratto di vendita va adempiuta nei confronti dell'utilizzatore. In tale ipotesi, l'eventuale clausola di esonero di responsabilità del concedente per inadempimento del fornitore non presenta tecnicamente la funzione di stabilire un esonero di responsabilità, gravando in questo caso sul concedente solo l'obbligazione di determinare in capo al fornitore l'obbligo di consegnare il bene all'utilizzatore. Quest'ultimo, pur non potendo far valere nei confronti del concedente il diritto alla consegna del bene ed anche alla possibilità di farne uso secondo la sua destinazione, non rimane, però, privo di tutela. Infatti egli può esercitare, nei confronti del fornitore, in via diretta e non surrogata, le azioni intese ad ottenere l'adempimento o il risarcimento dei danni in caso di inadempimento. Ciò in quanto finisce per realizzarsi, nella conclusione del contratto di fornitura, quella medesima scissione di posizioni, nei confronti del terzo contraente, che si presenta in caso di contratti conclusi dal mandatario in nome proprio e nell'interesse del mandante” (Cass., 5 settembre 2005, n. 17767).“L'inadempimento del fornitore, consistente nella mancata consegna del bene, rapportato al

contratto di leasing, per il concedente costituisce incolpevole impossibilità sopravvenuta di adempiere, e per l'util izzatore - nonostante ogni eventuale, contraria clausola contrattuale, da ritenere invalida se esistente - esclude l'obbligo di corrispondere quanto sarebbe stato a suo debito ove avesse goduto del bene” (Cass., 8 marzo 2005, n. 5003).

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L’esonero da responsabilità del concedente in caso di perimento del bene

Come conseguenza del passaggio dei rischi relativi al bene oggetto di leasing in capo all’utilizzatore, quest’ultimo, in caso di perimento, anche fortuito (tra cui va ricompreso il furto), dello stesso, è tenuto a versare sia i canoni scaduti che quelli a scadere (attualizzati al tasso ufficiale di sconto) al netto dell’eventuale indennizzo assicurativo ottenuto dal concedente. Questo genere di clausole sono ritenute legittime “in considerazione della peculiarità del rapporto in cui esse si inseriscono, ove v’è la necessità di una particolare distribuzione del rischio contrattuale tale da contenerlo per il concedente nei limiti della sfera finanziaria, accollandolo all’utilizzatore per gli altri aspetti, come ad esempio il mancato godimento del bene” (Trib. Milano, 7 dicembre 1981).Con riferimento al diritto dell’utilizzatore alla percezione dell’indennizzo assicurativo:

In caso di assenza di previsioni contrattuali a favore dell’utilizzatore, questi non potrà avanzare alcun diritto sull’indennizzo prima del pagamento dei canoni e del prezzo di opzione;In caso di indicazione nel contratto del diritto all’indennizzo a favore dell’utilizzatore, questi avrà diritto all’indennità assicurativa limitatamente al danno subito solo dopo aver pagato i canoni ma non il prezzo di opzione.

I vizi del bene[cfr. art. 9, lett. c) e d) del contratto messo a disposizione]

Sono escluse azioni verso il concedente in capo all’utilizzatore (art. 9 del testo di condizioni generali di leasing messo a disposizione).

In particolare, tale esclusione opera in presenza di sottoscrizione di verbale di consegna e collaudo (Trib. Milano, 17 marzo 1977 che ha escluso la responsabilità del concedente “… per eventuali vizi o inidoneità della cosa all’uso cui essa è destinata … dal momento che rimane estraneo alla sua - del bene, N.d.R. - individuazione, effettuata dall’utilizzatore, in vista delle sue peculiari esigenze produttive”).

Generalmente, in presenza di una clausola di esonero di responsabilità del concedente, si prevede un mandato all’utilizzatore di agire direttamente verso il fornitore (art. 10 del testo di condizioni generali di leasing messo a disposizione); all’utilizzatore spettano dunque le azioni di garanzia derivanti dalla compravendita dei beni stipulata tra fornitore e concedente (Cass., 30 giugno 1998, n. 6412; Cass., 9 gennaio 1998, n. 9785; Cass., 19 maggio 2006, n. 11776).

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Il leasing

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(segue)

In giurisprudenza si fa inoltre strada l’idea che si tratti non di una azione surrogatoria o esercitata sulla base di un mandato, ma che si tratti di un’azione diretta in capo all’utilizzatore:

“l'operazione di leasing finanziario, pur non dando luogo ad un contratto plurilaterale, realizza un collegamento negoziale tra contratto di fornitura e contratto di leasing, e tale collegamento ha l'effetto giuridico di legittimare l'utilizzatore a esercitare in nome proprio le azioni scaturenti dal contratto di fornitura” (Cass, 30 marzo 2005, n. 6728)“nel contratto di leasing finanziario, l'utilizzatore che agisca con l'azione di garanzia per i vizi della cosa nei confronti del fornitore potrà chiedere anche di essere risarcito dei danni che avrà subito per i difetti del bene locato, tra i quali possono rientrare i canoni pagati al concedente nel periodo in cui l'utilizzatore non ha potuto godere del bene locato per i vizi dello stesso, mentre non costituiscono danni risarcibili gli interessi di mora dovuti al ritardo nel pagamento dei canoni da parte dell'utilizzatore” (Cass., 1° ottobre 2004, n. 19657)

La clausola risolutiva espressa[cfr. artt. 14 e 15 del contratto messo a disposizione]

La clausola risolutiva espressa permette al concedente, in presenza di certe condizioni, di ottenere l’automatico scioglimento del contratto.La clausola deve contenere in maniera analitica le tipologie di obblighi che, in caso di inadempimento, determinano la risoluzione di diritto del contratto (mancato pagamento di rate di canone, insolvenza dell’utilizzatore, mancata diligenza nella custodia del bene, distruzione o furto del bene).È legittima, in deroga all’art. 1525 c.c., la clausola che prevede la risoluzione del contratto anche in caso di mancato pagamento di una sola rata di canone.La determinazione del danno, in caso di inadempimento, è in genere effettuata attraverso l’uso di penali.Nel leasing di godimento, il concedente avrà diritto alla restituzione del bene, a trattenere i canoni già ricevuti e ad un risarcimento dei danni in misura pari alla differenza tra i canoni residui (comprensivi del prezzo di riscatto) ed il valore del bene al momento della sua liquidazione (cfr. art. 15 del testo di condizioni generali di leasing messo a disposizione).Nel leasing traslativo, i l concedente dovrà restituire all’utilizzatore i canoni percepiti e avrà diritto alla restituzione del bene ed al risarcimento del danno in misura pari al differenziale tra il corrispettivo contrattuale e il valore del bene a prezzi correnti al momento della liquidazione.

L E A S I N G

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segue: … criticitàLa Corte di Cassazione sottolinea che:

“nel leasing traslativo, cui si applica la disciplina della riserva di proprietà, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo, restituita la cosa, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, fatto salvo il diritto del concedente di trattenere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Mentre l’equo compenso comprende la remunerazione del godimento del bene ed il deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo per il logoramento per l’uso, ma non il mancato guadagno da parte del concedente, il risarcimento del danno può derivare da un deterioramento anormale della cosa dovuto all’utilizzatore” (Cass., 24 giugno 2002, n. 916);“il concedente deve conseguire un risultato economico corrispondente al preventivato ricavo finale dell’operazione” e che “l’equo compenso comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua commerciabil ità come nuovo, il logoramento per l’uso; non comprende invece il risarcimento del danno derivante da un deterioramento anormale della cosa, né il mancato guadagno” (Cass., 13 gennaio 2005, n. 574);“il risarcimento del danno deve tener conto del mancato guadagno che il concedente si attendeva dal contratto se l’utilizzatore avesse adempiuto alla propria obbligazione di pagamento dei canoni” (Cass., 23 marzo 2001, n. 4208).

Criticità delle clausole che, in un leasing traslativo, prevedano, in caso di risoluzione del contratto, il diritto del locatore di richiedere il pagamento dei canoni insoluti, nonché una parte dei canoni a scadere.

La mancata restituzione del bene

Nel caso di risoluzione anticipata del contratto o di mancato esercizio del diritto di riscatto, in caso di mancata spontanea consegna del bene, sarà possibile agire in sede monitoria chiedendo un decreto ingiuntivo per consegna, previa dimostrazione dell’inadempimento contrattuale.

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Il leasing

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Le fideiussione di terzi; le fideiussioni nel gruppo societario

Fideiussione di terzi:secondo la giurisprudenza (Cass., 29 marzo 1996, n. 2909; Trib. Milano, 21 gennaio 1991)

eventuali clausole del tipo solve et repete non preclude al fideiussore la possibilità di chiedere l’applicazione dell’art. 1526, comma 2, c.c., con conseguente acquisizione dei canoni versati da parte del concedente a titolo di indennità) e dell’art. 1384 c.c. (obbligo dell’util izzatore al pagamento dei canoni successivi a titolo di risarcimento dei danni;Il fideiussore può eccepire l’eccessività dell’ammontare della penale rispetto al valore ricavato dalla vendita del bene.

Fideiussione da parte di società del gruppo:necessità di verificare:

l’estraneità della fideiussione rispetto all’oggetto sociale della società concedente, anche avendo riguardo al nesso di strumentalità tra rilascio della fideiussione e conseguimento dell’oggetto sociale; la fideiussione sarà estranea all’oggetto sociale della fideiubente se incapace di apportare vantaggio, diretto o indiretto, a quest’ultima;la sussistenza di eventuali conflitti di interesse:

necessità di autorizzazione da parte dell’assemblea dei soci della concedente la fideiussionedelibera assunta con il solo voto di amministratori indipendenti;previsione di un corrispettivo.

La cessione del contratto

La cessione del contratto presuppone che nessuno degli elementi del contratto originario venga modificato.Il cessionario subentra del diritto di utilizzazione del bene e nel diritto di esercitare il riscatto alla fine del contratto.

Il corrispettivo della cessione è solitamente pari al valore economico del bene, al netto del valore attualizzato dei canoni ancora dovuti e dell’eventuale prezzo di riscatto.

Scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it il fac simile di contratto di locazione finanziaria

L E A S I N G

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LEASING OPERATIVO E LEASING FINANZIARIO a cura di Sandro Cerato

*

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

La classificazione del contratto di leasing nelle due categorie di “leasing finanziario” e

“leasing operativo”, ha notevoli riflessi, sia sul piano fiscale, sia sul piano contabile.

Il leasing finanziario presenta le seguenti caratteristiche principali:

• i rischi ed i benefici connessi con la proprietà del bene vengono trasferiti in capo

all’utilizzatore sin dal momento della consegna del bene;

• l’utilizzatore, in base al contratto, ha il diritto di diventare proprietario del bene,

esercitando la relativa facoltà nei termini previsti dal contratto stesso.

Il leasing operativo è un contratto di locazione che consente l’utilizzo di un bene dietro il

pagamento di un canone, ma che non trasferisce all’utilizzatore i rischi ed i benefici connessi

alla proprietà del bene. Lo IAS n. 17 considera il leasing operativo una categoria residuale, in

cui allocare tutti i contratti di leasing non classificabili tra quelli di natura finanziaria.

Dal punto di vista fiscale, l’art. 102, co. 8, del TUIR, prevede alcuni “paletti” per la

deducibilità dei canoni riferiti ai contratti di locazione finanziaria, precisando sin d’ora che tali

vincoli sono riferiti solo all’ipotesi di leasing finanziario. Infatti, nel caso di leasing operativo,

trattandosi di una mera fattispecie di “noleggio”, i canoni sono deducibili in base alle regole

ordinarie (competenza, inerenze, ecc.).

Focalizzando l’attenzione sulla fattispecie di leasing finanziario, pertanto, il citato art. 102, co.

8, prevede le seguenti regole:

• generale: per tutti i beni (salvo per alcuni veicoli di cui si dirà oltre) sia mobili che immobili, i

canoni di competenza (quindi già eventualmente riscontando il maxicanone lungo la durata

del contratto) sono deducibili se il contratto di leasing è almeno pari alla metà del periodo di

ammortamento previsto dalle tabelle allegate al D.M. 31.12.1988 (esempio: sottoscrizione di

un contratto di leasing per l’acquisto di un bene mobile con aliquota di ammortamento

tabellare del 25%. La durata minima del contratto sarà pari a 24 mesi);

• specifica: per i beni immobili, è richiesta comunque una durata minima pari a 8 anni e

non superiore a 15 anni.

Beni immobili

Come detto, per i beni immobili non è sufficiente verificare che il contratto abbia una durata

almeno pari alla metà del periodo di ammortamento, ma è altresì richiesto che la durata così

determinata sia compresa tra un minimo di otto ed un massimo di quindici anni.

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Leasing operativo e leasing finanziario

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Esempio: • immobile ad uso ufficio, aliquota prevista dal D.M. 31.12.1988 pari al 3%; • periodo di ammortamento: 33 anni;

• metà del periodo di ammortamento: 16,5 anni;

Poiché la metà del periodo di ammortamento porta ad un risultato superiore a 15 anni, la

durata minima “fiscale” del contratto deve essere almeno pari a 15 anni, fermo restando che

è possibile prevedere anche una durata maggiore.

Per il leasing immobiliare, è necessario altresì tener conto dell’obbligo di “scorporo” della

quota di canone riferita al terreno, così come sancito dapprima dal D.L. n. 223/06, ed in

seguito confermato con modifiche dal D.L. n. 262/06. In buona sostanza, tale scorporo deve

essere eseguito preocedeno come segue:

• determinazione del canone di competenza dell’esercizio;

• calcolo della quota interessi del canone;

• applicazione della percentuale del 20% o del 30%, a seconda della natura dell’immobile,

alla quota capitale.

Riscatto anticipato del bene

Con la R.M. 4.12.2000, n. 183/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito un importante chiarimento

in merito alla fattispecie del riscatto anticipato del bene oggetto di locazione finanziaria,

precisando che tale evento non influisce sulla deduzione dei canoni operata fino a quel

momento da parte dell’utilizzatore. In altre parole, l’espressione “durata del contratto”,

contenuta nell’art. 102, co. 8, deve intendersi riferita alla durata del contratto “prevista” e

non a quella “effettiva”.

Leasing di automezzi

Il D.L. n. 223/06 (art. 36, co. 6-bis) ha apportato un’importante modifica al regime di

deducibilità dei canoni di locazione finanziaria relativamente agli automezzi compresi nell’art.

164, co. 1, lett. b), del TUIR, prevedendo che la durata minima del contratto deve essere

almeno pari al periodo di durata dell’ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito

dal D.M. 31.12.1988.

L’ambito oggettivo di tale novità riguarda i seguenti veicoli che non siano utilizzati

esclusivamente come beni strumentali:

• autovetture ed autocaravan di cui all’art. 54, co. 1, lett. a) e m), del D.Lgs. n. 285/92;

• ciclomotori e motocicli.

Per tali veicoli, pertanto, a decorrere dai contratti di leasing stipulati dal 12 agosto 2006, i

canoni sono deducibili, nei limiti percentuali ed assoluti previsti dall’art. 102, co. 8, solo se il

contratto abbia una durata minima pari a 48 mesi, corrispondente al periodi di

ammortamento previsto dalle tabelle allegate al D.M. 31.12.1988 (aliquota 25%).

L E A S I N G

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IL LEASING DEGLI IMMOBILI STRUMENTALI: UNA MODIFICA NORMATIVA NEL SEGNO DELLA COERENZA

Tratto da “La Circolare Tributaria” n. 39 del 16 ottobre 2006 – Euroconference Editore*

Premessa

Come noto, l’art. 36, co. 7 del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, convertito con modificazioni

dalla L. n. 248 del 4 agosto 2006, stabilisce che:

“ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati

strumentali deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla

costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza.”

In particolare, la manovra d’estate ha previsto che il costo delle predette aree (non più

fiscalmente ammortizzabili) è quantificato in misura pari al valore risultante da apposita

perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei

geometri e dei periti industriali edili; comunque, tale importo non può essere inferiore al

20% e, per i fabbricati industriali, al 30% del costo complessivo del fabbricato.

La disposizione limitatrice, come introdotta dal citato D.L. n. 223/06, non faceva alcun cenno

agli immobili detenuti in locazione finanziaria talché gli stessi erano sfuggiti alla predetta

limitazione.

Si è trattato, ovviamente, di una dimenticanza del Legislatore il quale ha tempestivamente

provveduto a ristabilire le regole del gioco. Ed infatti, il D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006 -

collegato alla Finanziaria 2007 - ha esteso ai contratti di leasing le disposizioni previste nel

suddetto co. 7, prevedendo l’applicazione delle stesse anche ai fabbricati strumentali

acquisiti mediante contratti di locazione finanziaria con riferimento alla quota

capitale del canone. La disposizione di cui trattasi si applica anche a tutti i contratti di

leasing in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.

Si reputa, ad ogni modo, utile rappresentare che, presumibilmente, le disposizioni

concernenti le limitazioni alla deducibilità degli ammortamenti dei terreni nonché dei canoni

di leasing dei medesimi potrebbero subire, a breve, ulteriori modifiche normative.

La disciplina civilistica dei terreni

Il codice civile non fornisce specifiche indicazioni in ordine all’ammortamento dei

terreni, talché occorre rifarsi ai principi contabili.

Il principio contabile OIC 16, rubricato “Immobilizzazioni materiali”, chiarisce che la

procedura di ammortamento è prescritta per le immobilizzazioni materiali la cui utilizzazione

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

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Il leasing degli immobili strumentali: una modifica normativa nel segno della coerenza

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è limitata nel tempo; non appare, dunque, estendibile tout court a tutte le immobilizzazioni.

Vi sono, infatti, immobilizzazioni non soggette a utilizzazione limitata nel tempo per le quali la

procedura di ammortamento è improponibile (l’esempio tipico è costituito dai terreni), altre

che, pur soggette a tale limitazione, per la loro modesta entità non vengono assoggettate

all’ammortamento, ma direttamente imputate a costo nell’esercizio.

In linea di principio, quindi, tutti i cespiti vanno assoggettati ad ammortamento salvo quei

cespiti la cui utilità non si esaurisce nel tempo, come i terreni. Tuttavia, nel caso in cui il

valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali essi insistono, il valore

dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime. In quei

casi, invece, in cui il terreno ha un valore in quanto vi insiste un fabbricato, se quest’ultimo

viene meno (ad esempio, viene demolito) il costo di bonifica può azzerare verosimilmente

quello del terreno, con la conseguenza che anch’esso va ammortizzato.

Il principio contabile internazionale n. 16 (IAS 16), rubricato “Immobili, impianti e

macchinari”, dispone che i terreni e gli edifici sono beni separabili e sono contabilizzati

separatamente, anche quando sono acquistati congiuntamente. Con qualche eccezione,

come nell’ipotesi di cave e di siti utilizzati per discariche, i terreni hanno una vita utile

illimitata e quindi non vengono ammortizzati. Gli edifici, invece, hanno una vita utile limitata

e perciò sono beni ammortizzabili. Un incremento nel valore del terreno sul quale un edificio

è costruito non influisce sulla determinazione del valore ammortizzabile del fabbricato.

La disciplina fiscale dei leasing dei terreni ante Manovra-bis

Prima del D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006, nessuna norma aveva dettato una disciplina in

materia di trattamento della quota del canone di locazione finanziaria riferita ai terreni su cui

insistono i fabbricati ovvero concernente i terreni pertinenziali; tuttavia, qualche

“avvisaglia” si era avuta, in particolare, in alcuni documenti di prassi.

Prima il Ministero delle Finanze poi l’Agenzia delle Entrate hanno univocamente sostenuto,

quando si è trattato di prendere specifica posizione sull’ammortamento o meno dei terreni (non

edificati), che questi ultimi, in via generale, non sono ammortizzabili, avendo una vita illimitata.

Da ultimo, l’Agenzia delle Entrate - nella R.M. n. 19 del 23 febbraio 2004, in risposta ad

un interpello, proprio riferito ad un contratto di locazione finanziaria - nel chiarire che sono

deducibili ai fini delle imposte sui redditi gli interessi passivi impliciti sui canoni di leasing

concernenti l’acquisizione di un area edificabile sul quale l’impresa conduttrice ha installato

un impianto di riciclaggio e lavorazione di materiale inerte (sabbia, ghiaia, etc.), ha affermato

la non deducibilità del costo del terreno.

L E A S I N G

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200

L’Agenzia ha precisato, infatti, che il trattamento fiscale dei canoni derivanti da un

contratto di leasing per l’acquisizione di un terreno, deve essere equivalente a

quello applicabile al costo sostenuto per l’acquisto di un terreno a titolo di proprietà; ciò

in quanto occorre “assicurare nel tempo, la necessaria neutralità fiscale della scelta

aziendale tra acquisizione dei beni in proprietà e in leasing”. Tanto premesso,

prosegue l’Agenzia, è noto che “i terreni non sono ammortizzabili poiché hanno una vita

illimitata. Ciò è confermato dal fatto che la tabella dei coefficienti di ammortamento del

costo dei beni materiali strumentali approvata con decreto ministeriale 31 dicembre 1988

non prevede la possibilità di ammortizzare i terreni salvo nel caso in cui essi siano adibiti

a piste, moli, linee ferrate ed autostrade. Si tratta di particolari attività, ricomprese nel

Gruppo XVIII - specie dalla prima alla quinta e la dodicesima - che operano in regime di

concessione nel settore del trasporto aereo, marittimo, ferroviario, nonché della

costruzione e gestione delle autostrade, strade e superstrade per le quali al termine della

concessione l’intera proprietà dei beni in concessione va devoluta gratuitamente all’ente

concedente”.

È bene sottolineare che la suddetta pronuncia dell’A.F. non è riferita ai terreni su cui insistono

i fabbricati ovvero alle aree pertinenziali, bensì è limitata ai terreni “non edificati”.

Va, tuttavia, fatto presente che l’A.F. in più di un’occasione, come di seguito schematizzato,

si era sostanzialmente espressa, seppure in modo indiretto, per la deducibilità dei terreni

“pertinenziali”.

Indiretto riconoscimento della possibilità di ammortizzare il terreno pertinenziale

Circolare n. 90 del 17

ottobre 2001

(Tremonti-bis)

I terreni, in quanto privi del requisito della strumentalità,

sono, in via generale, esclusi dall’agevolazione. Benché

non rilevino autonomamente come beni in sé agevolabili,

i terreni possono, tuttavia, rientrare nell’ambito

applicativo del beneficio qualora incorporino, per

accessione, un fabbricato strumentale per natura. Ne

consegue che il diritto a fruire dell’agevolazione non si

acquisisce, se non con l’inizio dei lavori di costruzione del

fabbricato, da quando, cioè, la destinazione del terreno a

scopo edificatorio trova concreta attuazione.

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Il leasing degli immobili strumentali: una modifica normativa nel segno della coerenza

201

Circolare n. 100 del 29

marzo 2002

(Contributi alle imprese

di cui alla L. n.488/92)

Per quanto riguarda i contributi statali riferibili

all’acquisto del suolo aziendale, considerato che i

terreni non sono generalmente beni ammortizzabili, i

contributi ad essi relativi potranno essere considerati in

conto impianti, solo se l’acquisto del terreno è

finalizzato, nell’ambito del medesimo progetto di

investimento agevolato, alla costruzione di fabbricati

industriali (edifici, strade, piazzali, ecc.) ammortizzabili

ai sensi del D.M. del 31 dicembre 1988 concernente i

coefficienti di ammortamento.

D.M. del 13 febbraio

1992 di attuazione della

L. n.413/91 di

rivalutazione dei beni

Il costo delle unità immobiliari classificate nella

categoria D ed E su cui calcolare la rivalutazione è

comprensivo di quello dell'area su cui insiste il

fabbricato (art. 5, co. 5).

La disciplina fiscale introdotta dalla Manovra-bis

Ebbene, con il D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, è stato definitivamente stabilito che ai fini

fiscali il valore (rectius, costo) del terreno su cui insiste l’immobile strumentale e del terreno

pertinenziale al fabbricato non può essere ammortizzato. Una soluzione normativa che va

ben oltre le pronunce di prassi che sino a quel momento avevano caratterizzato il pensiero

dell’Agenzia delle Entrate, poiché quest’ultime erano riferite al solo terreno non edificato.

Art. 36, co. 7 del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006

“Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, il costo dei fabbricati strumentali

deve essere assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che

ne costituiscono pertinenza. Il costo delle predette aree è quantificato in misura pari al

valore risultante da apposita perizia di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli

ingegneri, degli architetti, dei geometri e dei periti industriali edili e comunque non inferiore

al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo.”

Successivamente, il D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006 - collegato alla Finanziaria 2007 - ha

esteso ai contratti di leasing le disposizioni previste nel suddetto co. 7, stabilendo

l’applicazione delle stesse anche ai fabbricati strumentali acquisiti mediante contratti di

locazione finanziaria con riferimento alla quota capitale del canone.

L E A S I N G

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202

Art. 3, co. 1 D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006

“Le disposizioni del comma 7 (n.d.r., dell’art. 36 del decreto legge n. 223/2006) si applicano

anche ai fabbricati strumentali acquisiti mediante contratti di locazione finanziaria con

riferimento alla quota capitale del canone.”

I contratti di leasing di immobili - il substrato normativo

Prima di entrare nel vivo degli impatti della nuova disposizioni sui leasing di immobili, è utile

ricordare le numerose novità legislative recentemente introdotte in materia di

locazione finanziaria:

la riforma del diritto societario ha aggiunto il punto n. 22 all’art. 2427 c.c.

relativamente alle “operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al

locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne

costituiscono oggetto”. Per via di tale disposizione il soggetto utilizzatore deve gestire in

nota integrativa un apposito prospetto dal quale risulti:

− il valore attuale delle rate di canone non scadute determinato utilizzando tassi

di interesse pari all’onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti;

− l’onere finanziario effettivo attribuibile a essi e riferibile all’esercizio;

− l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati

iscritti alla data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati considerati

immobilizzazioni, con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di

valore che sarebbero stati inerenti all’esercizio;

il D.Lgs. n. 38 del 28 febbraio 2005 recante “Esercizio delle opzioni previste

dall’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili

internazionali” ha stabilito, tra l’altro, per alcune società l’obbligatorietà dell’utilizzo

degli Ias per la redazione del bilancio consolidato a partire dall’esercizio 2005. Pertanto,

il metodo finanziario di contabilizzazione del leasing finanziario è entrato a pieno

titolo nei bilanci nazionali. Inoltre, il suddetto decreto legislativo ha apportato una

modifica all’art. 109, co.4, lett. b) del Tuir per cui è possibile dedurre, utilizzando il quadro

EC del modello Unico, al fine di non perdere i benefici fiscali, anche la differenza tra i

canoni di locazione finanziaria e la somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in

locazione finanziaria e degli interessi passivi che derivano dai relativi contratti imputati a

conto economico;

l’art. 5-ter del D.L. n. 203 del 30 settembre 2005 ha stabilito, ai fini della deducibilità

fiscale, nuovi limiti di durata per i contratti aventi ad oggetto beni immobili. Per

l’impresa utilizzatrice la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa soltanto

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Il leasing degli immobili strumentali: una modifica normativa nel segno della coerenza

203

se la durata del contratto (al momento della stipula) non è inferiore alla metà del

periodo d’ammortamento ricavabile dalle apposite tabelle previste dal D.M. del 31

dicembre 1988 e, comunque, con un minimo di 8 anni ed un massimo di 15, nel senso

che ove la metà della durata dell’ammortamento dovesse risultare superiore a 15 anni è

possibile comunque stipulare un contratto della durata di non meno di 15 anni;

il D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 convertito, con modificazioni, dalla L. n.248 del 4

agosto 2006, ha modificato il regime di imposizione degli immobili, incidendo in

maniera consistente sia sulla loro cessione sia sulla concessione dell’immobile in locazione,

anche finanziaria.

Infatti, in relazione agli immobili di tipo residenziale, ai sensi dell’art. 10, n. 8) del DPR n.

633/72, è stato stabilito il regime di esenzione per tutte le locazioni, comprese quelle

finanziarie. Conseguentemente è stato soppresso il n. 127-ter della tabella A, parte III che,

in riferimento alla precedente normativa, prevedeva l’applicazione dell’aliquota ridotta del

10% alle locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese che li avevano costruiti per

la successiva vendita.55

L’art. 10, n. 8) del DPR n. 633/72 prevede che le locazioni di immobili strumentali siano:

- in linea generale esenti da Iva;

- soggette ad Iva se effettuate nei confronti di soggetti d’imposta che non hanno diritto

a detrazione (ad es. privati) ovvero che possono esercitare tale diritto in misura molto

ridotta (ossia non superiore al 25%);

- soggette ad Iva negli altri casi, su base opzionale: l’opzione dovrà risultare dal

contratto.

I contratti di leasing di immobili - le novità

Terminato l’inquadramento sistematico delle diverse disposizioni riguardanti le locazioni finanziarie,

veniamo alle problematiche connesse al D.L. n. 262 del 3 ottobre 2006 - collegato alla

Finanziaria 2007 – che ha esteso ai contratti di leasing gli effetti del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006,

posto che il citato decreto legge, come detto, aveva trascurato i contratti di leasing.

In base alla disposizione introdotta dal recentissimo D.L. n. 262/06, si ha:

1. l’indeducibilità, per la parte riferita al terreno, dei canoni di leasing sui

fabbricati strumentali;

2. la conferma della deducibilità della quota degli interessi passivi dovuti in base al

contratto di leasing. Si ricorda comunque che, ricorrendone i presupposti, gli interessi

impliciti sono soggetti ai limiti di deducibilità della thin cap di cui all’art. 98 del Tuir.

55 Pertanto, le locazioni di immobili abitativi sono in ogni caso assoggettate ad un regime di esenzione dall’Iva, con applicazione

dell’imposta di registro in misura proporzionale del 2%.

L E A S I N G

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204

È evidente che poggiando la norma relativa ai leasing immobiliari sulla disposizione limitatrice

degli ammortamenti degli immobili, alcuni aspetti sono affrontabili a fattor comune.

Ed infatti, rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione della disposizione (solo) i fabbricati

strumentali:

▪ per destinazione, ossia anche abitativi ma utilizzati direttamente dall’impresa (sede

amministrativa, ufficio commerciale, ecc.);

▪ per natura, ai sensi dell’art. 43, co. 1 e 2 del Tuir (ossia le categorie catastali A10, B, C,

D ed E).

Ne restano esclusi, pertanto, i leasing di impianti e macchinari ancorché infissi al suolo (c.d.

fabbricati costituenti impianti) come, ad esempio, le stazioni di arrivo e partenza delle

funivie, le cabine elettriche, i molini, i pozzi, ecc.).

A differenza di quanto originariamente previsto dal D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 per

determinare il valore del terreno e delle aree pertinenziali al fine di calcolare la quota capitale

del canone di locazione riferito al fabbricato, è necessario ricorrere ad una perizia di stima

che può essere effettuata da un soggetto iscritto all’albo degli ingegneri, architetti,

geometri o periti edili.

Il valore delle predette aree, comunque, non può essere inferiore al 20% del costo

complessivo del bene strumentale ovvero al 30% se si tratta di fabbricati

industriali.

In buona sostanza, la nuova norma stabilisce che:

Il co.8 del citato art. 36 prevede che le disposizioni in commento si applicano a decorrere dal

periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto anche con riferimento

alla quota dell’ammortamento relativo ai terreni concernenti i fabbricati costruiti o acquistati

in periodi di imposta precedenti. Spostando il concetto sui leasing si deve concludere che la

disposizione si applica anche ai contratti di locazione finanziaria stipulati precedentemente

alla data di entrata in vigore della legge.

il costo dei fabbricati deve essere assunto al

netto del costo del terreno

il costo del terreno, ai fini fiscali, è pari al

maggiore tra il valore risultante da perizia e

quello ottenuto applicando una

percentuale al costo complessivo

è deducibile soltanto l’ammortamento (per il

leasing la quota capitale del canone) riferibile al fabbricato

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Il leasing degli immobili strumentali: una modifica normativa nel segno della coerenza

205

Vediamo di chiarire, con alcuni esempi, le nuove disposizioni.

Esempio

La Alfa Srl ha acquisito in locazione finanziaria nel 2002 un capannone industriale che la società di leasing concedente ha acquistato al prezzo di euro 500.000,00.

Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato, risultante dalla perizia di stima, è pari a euro 100.000,00. Poiché il valore di stima è inferiore al limite minimo del 30% del costo complessivo, ossia

euro 150.000,00 (500.000,00 x 30%), il costo del terreno è assunto in misura pari a tale ultimo ammontare. Il nuovo costo fiscalmente rilevante è quindi pari a euro 350.000,00 (500.000.00 -

150.000,00).

Prezzo complessivo dell’immobile 500.000,00 Valore dell’area da perizia di stima 100.000,00 Valore dell’area da D.L. n.223/06 (30% di 500.000,00) 150.000,00 150.000,00 (-) Costo fiscalmente rilevante per la deduzione del canone di locazione finanziaria

350.000,00

Il canone di locazione finanziaria, dal periodo d’imposta 2006, sarà deducibile proporzionalmente al rapporto 350.000,00/500.000,00, previo scorporo della quota interessi.

COSTO AMMORTIZZABILE DELL’IMMOBILE STRUMENTALE PER DESTINAZIONE E NATURA

costo complessivo meno costo del terreno e delle aree pertinenziali

Maggiore tra

Valore risultante dalla perizia di stima

Redatta da iscritti all’albo di ingegneri, architetti, geometri, periti industriali edili

20% (30% se fabbricato

industriale) del costo complessivo

L E A S I N G

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206

Esempio

La Alfa Srl ha acquisito in locazione finanziaria nel 2003 un capannone industriale che la

società di leasing concedente ha acquistato al prezzo di euro 600.000,00.

Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato, risultante dalla perizia di stima, è pari a euro

200.000,00.

Poiché il valore di stima è superiore al limite minimo del 30% del costo complessivo, ossia

euro 180.000,00 (600.000,00 x 30%), il costo del terreno è assunto in misura pari a euro

200.000,00.

Il nuovo costo fiscalmente rilevante è quindi pari a euro 400.000,00 (600.000.00 -

200.000,00).

Prezzo complessivo dell’immobile 600.000,00

Valore dell’area da perizia di stima 200.000,00 200.000,00 (-)

Valore dell’area da D.L. n.223/06 (30% di 600.000,00) 180.000,00

Costo fiscalmente rilevante per la deduzione del canone

di locazione finanziaria 400.000,00

Il canone di locazione finanziaria, dal periodo d’imposta 2006, sarà deducibile

proporzionalmente al rapporto 400.000,00/600.000,00, previo scorporo della quota interessi.

Esempio

La Alfa Srl ha acquisito in locazione finanziaria nel 2000 un capannone industriale che la

società di leasing concedente ha acquistato al prezzo di euro 400.000,00.

Il valore dell’area su cui insiste il fabbricato, risultante dalla perizia di stima, è pari a euro

100.000,00.

Poiché il valore di stima è inferiore al limite minimo del 30% del costo complessivo, ossia

euro 120.000,00 (400.000,00 x 30%), il costo del terreno è assunto in misura pari a tale

ultimo ammontare.

Il nuovo costo fiscalmente rilevante è quindi pari a euro 280.000,00 (400.000.00 -

120.000,00).

Prezzo complessivo dell’immobile 400.000,00

Valore dell’area da perizia di stima 100.000,00

Valore dell’area da D.L. n.223/06 (30% di 400.000,00) 120.000,00 120.000,00 (-)

Costo fiscalmente rilevante per la deduzione del canone

di locazione finanziaria 280.000,00

Il canone di locazione finanziaria, dal periodo d’imposta 2006, sarà deducibile

proporzionalmente al rapporto 280.000,00/400.000,00, previo scorporo della quota interessi.

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Il leasing degli immobili strumentali: una modifica normativa nel segno della coerenza

207

Numerosi sono i dubbi interpretativi derivanti dalla concreta applicazione della disciplina.

Vediamo i principali.

La perizia di stima

Per quel che concerne la perizia di stima, prevista quale strumento per determinare il costo

dell’area, si prospettano numerosi dubbi, tra cui se essa sia obbligatoria, se debba essere

asseverata e a quale data vada riferita la stima del valore del terreno.

Con riferimento alla prima questione, si ritiene che la redazione della perizia sia

obbligatoria tenuto conto del tenore letterale della norma: “Il costo delle predette aree è

quantificato in misura pari al valore risultante da apposita perizia di stima”. In secondo

luogo, si osserva che la norma non prevede che la perizia debba essere giurata. Su

questo aspetto sarebbe tuttavia utile una rassicurante pronuncia dell’Agenzia. Circa la data di

riferimento della perizia, sembra coerente che essa debba essere riferita alla data di

stipula del contratto di locazione finanziaria e non quella di chiusura dell’esercizio.

Infatti, la data di chiusura dell’esercizio appare non razionale in quanto sarebbe necessario

effettuare una perizia in ciascun esercizio, con conseguente variazione, in ciascun esercizio,

del costo ammortizzabile.

Inoltre, la norma non prevede una data ultima per la redazione della stessa. È ovvio che essa

deve essere redatta in tempo utile per stabilire correttamente la quota indeducibile da

riprendere a tassazione nel modello Unico. Tanto detto, si osserva, però, che limitatamente

ai soggetti Ires, gli acconti d’imposta (Ires e Irap) relativi al 2006 devono essere

calcolati tenendo conto della indeducibilità dei terreni su cui insistono i fabbricati

strumentali. Pertanto, l’acconto di novembre (salvo auspicabili e non improbabili modifiche

normative) dovrà essere rideterminato conguagliando il primo acconto sulla base delle nuove

disposizioni. In definitiva, per questi soggetti, la perizia dovrà essere effettuata in tempo utile

per la rideterminazione e versamento dell’acconto.

Immobili con contratti di locazione finanziaria in corso

Sembra indubitabile, posto che la norma non ha carattere retroattivo, che la previsione

secondo cui la disposizione ha effetto anche sui contratti in corso, significa solo che, a partire

dal 2006 i canoni di competenza divengono parzialmente deducibili secondo quanto previsto

dalla nuova disposizione. In definitiva, i canoni degli esercizi precedenti sono stati

correttamente dedotti e non devono essere ricalcolati.

L E A S I N G

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208

Il riscatto dell’immobile

Un problema al momento irrisolto è quello del riscatto del fabbricato. Una volta riscattato

esso viene usualmente iscritto in bilancio in modo indistinto sotto la voce “Terreni e fabbricati”.

Si tratta dal punto di vista fiscale e giuridico di un acquisto a tutti gli effetti, talché ci si

chiede se occorra nuovamente rifare una perizia o meno. Gli scriventi ritengono che non si

debba in alcun modo procedere a nuova perizia posto che non avrebbe senso

scorporare dal modesto valore di riscatto il valore di mercato del terreno. È, invece, da

ritenersi che si debba ripartire percentualmente il prezzo pagato per il riscatto tra terreno e

fabbricato sulla base dell’originaria perizia acquisita al fine di stabilire la quota (in)deducibile

del canone di locazione finanziaria: la parte riferita al fabbricato produrrà ammortamenti

deducibili, mentre quella riferita al terreno comporterà ammortamenti non deducibili o

meglio, se adottati i principi contabili, non verrà ammortizzata.

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209

“ACQUISTO” DEL CONTRATTO DI LEASING a cura di Sandro Cerato e Giovanni Valcarenghi*

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica)

Sovente accade, nella prassi aziendale, di assistere all’ipotesi di acquisto di beni strumentali

tramite subentro in un contratto di locazione finanziaria già in essere.

In tal caso, è necessario valutare l’impatto fiscale e contabile del prezzo pagato dal soggetto

subentrante all’originario titolare del contratto. In assenza di specifiche disposizioni

normative, l’unico elemento interpretativo di riferimento è la Norma di Comportamento n.

141/2000 dell’Associazione dottori commercialisti di Milano.

In tale documento, si sostiene di dover scindere in due l’importo complessivo corrisposto per

il subentro nel contratto di leasing:

• riscontando la quota di corrispettivo pagata in relazione al godimento del bene,

• e capitalizzando la parte relativa all’opzione di acquisto della proprietà.

In particolare, la parte di corrispettivo relativa al godimento del bene comprende:

• i canoni residui;

• la quota del maxicanone iniziale relativo alla durata del contratto;

• il differenziale di tasso utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui ed il

tasso di interesse implicito nel leasing;

• il rateo del canone in corso di maturazione;

• la maggiorazione del prezzo pagata per l’opportunità di immediato utilizzo del bene.

La sommatoria di tutte queste componenti deve essere suddivisa per la residua durata del

contratto con la tecnica dei risconto, di modo che in ciascun esercizio confluisca la quota

parte di competenza dell’esercizio stesso.

Per quanto riguarda la determinazione del prezzo relativo all’opzione di acquisto (riscatto), si

considerano i seguenti elementi:

• prezzo di riscatto;

• differenziale tra valore economico del bene al momento della cessione e valore all’atto

della stipula del contratto con la società di leasing;

• quota capitale implicita nei canoni già pagati.

La sommatoria di tali elementi deve essere imputato ad acconto nel comparto

immobilizzazioni e, una volta riscattato il bene, si somma al corrispettivo pagato per il

riscatto del bene e si inizia il processo di ammortamento calcolato sull’importo complessivo di

tali due valori.

L E A S I N G

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210

Aspetti fiscali

Per quanto riguarda la rilevanza fiscale del corrispettivo pagato dal soggetto subentrante, si

rileva la totale mancanza di regolamentazione legislativa nel TUIR. L’imputazione del costo

sostenuto per il subentro nel contratto di leasing dovrebbe quindi seguire i criteri di

contabilizzazione previsti ai fini civilistici.

L’unica posizione ministeriale è la Nota della DRE Emilia Romagna del 4.5.1999, in cui si

ritiene corretto classificare il costo sostenuto per l’acquisto del contratto tra le “Altre

immobilizzazioni immateriali” (B.I.7 dello S.P.), e considerarlo ammortizzabile per la residua

durata del contratto stesso. In alternativa, la stessa DRE ha previsto la possibilità di rilevare

il costo nella voce “Immobilizzazioni in corso e acconti”.

Tuttavia, posto il non particolare approfondimento da parte dell’Amministrazione Finanziaria

della fattispecie in esame, si ritiene quindi corretto anche fiscalmente procedere seguendo le

regole contabili prima illustrate. Nota Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Reg. Entrate Emilia-Romagna 04-05-1999

Locazione finanziaria. Leasing immobiliare. Cessione del contratto. Costi di acquisto. Deducibilità. Criteri

Nell'ambito delle procedure di consultazione definite con il protocollo d'intesa sottoscritto con gli Ordini

dei Dottori Commercialisti dell'Emilia Romagna, è stato chiesto il parere di questa Direzione Regionale

in merito al trattamento tributario applicabile al prezzo-corrispettivo, pagato in modo unitario, per

subentrare, a titolo particolare, in tre contratti di leasing immobiliare.

Viene prospettato l'inquadramento del costo d'acquisto dei contratti di leasing nella voce Altre

Immobilizzazioni immateriali delle Attività dello Stato Patrimoniale e la sua deducibilità ex art. 74,

comma terzo, del T.U.I.R., D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986.

Tale soluzione parte dal considerare che il costo sostenuto dall'acquirente per subentrare in un contratto di

leasing non riceve esplicita disciplina nell'ambito T.U.I.R., per cui assume carattere di centralità e di quasi

esclusività, anche sotto l'aspetto tributario, la qualificazione da operare ai fini civilistici.

Al riguardo, nel richiamare quelle posizioni dottrinarie che individuano gli elementi distintivi delle

immobilizzazioni immateriali nella loro idoneità a produrre utilità pluriennali e per l'appunto nella

immaterialità, ed il loro oggetto in diritti la cui titolarità sia stata acquisita in modo oneroso ed in costi

pluriennali, si evidenzia che, attraverso la cessione del contratto di leasing, l'acquirente subentra nei

diritti e obblighi già insistenti in capo all'alienante, nel diritto di godere e utilizzare l'immobile per tutta

la durata residua del contratto, oltre che nella facoltà di esercitare l'opzione di acquisto.

La protratta facoltà di godimento del bene svela in re ipsa la pluriennalità e giustifica la deducibilità del

costo sostenuto sullla base del criterio costituito dalla residua durata del contratto.

Detto criterio si appalesa coerente con il principio dell'ammortamento in base alla residua possibilità di

utilizzazione, enunciato, per le immobilizzazioni immateriali, dall'art. 2426, comma primo, n. 2) c.c.

Ciò, in considerazione del fatto che la residua possibilità di utilizzazione di un contratto non può che

coincidere con la residua possibilità di utilizzazione dei diritti da essa derivanti.

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“Acquisto” del contratto di leasing

211

Si esclude la correttezza di una procedura che si snodi, dapprima, attraverso l'iscrizione tra l'attivo

dello Stato Patrimoniale del costo di acquisizione del contratto quale prezzo anticipato per il futuro

riscatto del bene; poi, al momento del riscatto, attraverso l'iscrizione del valore del bene, determinato

dal prezzo di riscatto aumentato del costo di cessione del contratto, tra le attività dello Stato

Patrimoniale, per operare, su tale valore, gli ammortamenti previsti dalla normativa fiscale.

Tale ultima conclusione, tra l'altro fatta propria da un nucleo di verificatori della G.d.F. in un P.V.C.,

potrebbe, al limite, avere una sua legittimità, in un'ipotesi di cessione di contratti di leasing, in cui il

subentro avvenisse in prossimità dell'esercizio della facoltà di riscatto del bene, negli ultimi anni di

vigenza dei contratti, ovvero, palesemente, in caso di acquisto della sola facoltà di riscatto.

Esaminata la questione, la Scrivente, in via preliminare, rileva come la stessa direttamente consegua

dalla genetica poliformità strutturale del contratto di leasing, il cui contenuto minimo, combina, tra le

altre, lungo un arco temporale variamente determinato, funzioni di godimento e funzioni di

trasferimento di un bene.

Questa caratteristica ne ha da sempre connotato l'evoluzione, anche sotto il profilo tributario,

riflettendosi, soprattutto, in riferimento all'individuazione dei periodi temporali per la deduzione dei

relativi oneri.

Anche la fattispecie in esame attiene, infatti, alla determinazione dei criteri per ripartire nel tempo un

costo di cui non è posta in discussione l'effettività e l'inerenza.

In proposito, sono state avanzate, anche in dottrina, due generali ipotesi di soluzione.

La prima, sostanzialmente, coincide con le prospettazioni fatte dal professionista istante, l'altra, più

propensa a valorizzare il futuro momento acquisitivo del bene oggetto del contratto in cui si succede,

tende a configurare il costo di acquisizione del contratto quale costo sospeso, rectius, quale prezzo di

acconto sulla definitiva acquisizione del bene che, unitamente al prezzo di riscatto, andrà a comporre il

valore del bene da iscrivere tra le Attività dello Stato Patrimoniale.

Detto valore potrà essere dedotto, sub specie di ammortamento, a partire dal periodo d'imposta in cui

è per l'appunto esercitato il diritto di riscatto.

In assenza di una specifica disciplina diretta a regolare la materia, si ritiene che entrambe le tesi

suesposte, pur nella loro antiteticità, presentino, pro parte, principi ed elementi di ragionevolezza e di

aderenza al sistema.

Tale situazione di ambivalenza dipende dalla circostanza che gli argomenti addotti da una tesi e

dall'altra sono naturalmente presenti nell'astratto schema causale del leasing, che si presta a

supportare conclusioni tra loro non omogenee, a seconda della funzione astrattamente individuata,

che si intende valorizzare.

In merito, può essere avanzata l'opinione che, in luogo di una soluzione unitaria, sia maggiormente

significativa la ricerca di una prospettiva, per così dire, pluralista, che, prestando attenzione alle

concrete vicende contrattuali, attraverso l'esame coomparato degli elementi oggettivi da queste

desumibili (ragioni di formazione del prezzo di cessione del contratto, piano di ammortamento del

contrattto, beni oggetto del contratto, durata residua del contratto, ecc.), riesca a cogliere l'effettività

dell'operazione posta in essere, decifrando, di volta in volta, se la stessa trovi le sue obiettive

motivazioni e connotazioni nella pluriennale facoltà di godimento e di utilizzo del bene, o, al contrario,

nelle potenzialità acquisitive connesse al subentro nel contratto.

L E A S I N G

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212

Dagli esiti di questa verifica, conseguiranno le qualificazioni e rilevazioni dell'operazione, nonchè i

criteri di deducibilità del costo nel singolo caso.

Quanto premesso, un criterio di riferimento normativo per distinguere le componenti che possono

rientrare nella pattuizione del corrispettivo in esame è dato dal disposto dell'ultimo comma

dell'art. 55 TUIR.

La richiamata previsione, nell'introdurre una fattispecie di sopravvenienza attiva presunta in

dipendenza della cessione del contratto in argomento, riferendosi per la sua quantificazione, al valore

normale del bene al momento della cessione - da assumersi al netto dei canoni relativi alla residua

durata del contratto (cfr. circolare n. 108/E del 3 maggio 1996) - riporta, infatti, la stessa all'ipotesi di

realizzo di un plusvalore conseguente alla circolazione del bene, operando una interpretazione dei fatti

di indubbia aderenza alla realtà economica.

Ad avviso della scrivente l'importo così quantificato potrà essere effettivamente considerato, in

relazione al corrispettivo pattuito, connesso all'acquisizione del diritto d'opzione per il futuro riscatto

del bene, mentre la differenza potrà essere dedotta, ex art. 74, comma 3, del TUIR in rapporto alla

durata residua del contratto.

Si sottolinea, comunque, che l'opportunità di una rettifica delle impostazioni seguite dal contribuente

dovrà essere valutata, anche in relazione all'effettiva portata del principio di cui all'art. 127 del TUIR,

che sancisce il divieto della doppia imposizione, sulla base dell'effettivo danno creato all'Erario, nonchè

in riferimento alle disposizioni di cui all'art. 6, comma 1, secondo periodo del D.Lgs n. 472 del 18

dicembre 1997, che comprende tra le cause di non punibilità le rilevazioni eseguite nel rispetto della

continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili, sulla scorta dei principi direttivi

espressi a commento del comma 1, secondo periodo, del citato art. 6 dal Dipartimento delle Entrate

con la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998.

Norma di comportamento Associazione Dottori Commercialisti- Settembre 2000, n. 141

Modalità di identificazione, contabilizzazione e trattamento fiscale delle due componenti il prezzo di

acquisto di un contratto di leasing

Classifica di validità: Risoluzione del problema tuttora pienamente condivisa dalla

Commissione ADC

La massima

Il corrispettivo d'acquisto di un contratto di leasing deve essere scomposto, ai fini tributari, nella parte

finalizzata ad ottenere il godimento del bene nel periodo di durata del contratto e in quella pagata a

fronte del diritto di acquisire la proprietà del bene alla scadenza del contratto.

La prima parte del prezzo deve essere imputata a più esercizi in proporzione alla residua durata del

contratto. La seconda parte deve essere trattata come un acconto sul futuro riscatto del bene.

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“Acquisto” del contratto di leasing

213

Motivazione

Con la cessione di contratto di leasing, l'utilizzatore trasferisce al soggetto acquirente sia il diritto di

utilizzare il bene oggetto del contratto, sia il diritto ad esercitare il riscatto del bene stesso alla

scadenza prevista e - in contropartita - l'acquirente si impegna a pagare all'utilizzatore quanto pattuito

e subentra nell'obbligo di corrispondere alla società di leasing i residui canoni previsti dal contratto ed,

eventualmente, il prezzo di riscatto.

Dal punto di vista economico, il corrispettivo della cessione di un contratto di leasing è di norma

pari al valore economico del bene oggetto del contratto dedotto il valore attualizzato dei canoni

ancora dovuti e dell'eventuale prezzo di riscatto. Frequentemente si tratta di un importo dovuto

dall'acquirente al venditore, ma in determinate circostanze, può verificarsi la situazione inversa.

Il prezzo, tuttavia, può variare anche a causa di circostanze soggettive, quali ad esempio, l'esigenza

del compratore di ottenere l'immediata disponibilità di un bene, altrimenti non ottenibile.

Per la corretta contabilizzazione del corrispettivo di acquisizione del contratto di leasing, occorre tener

conto dei diversi elementi che incidono sulla sua determinazione.

Ciò premesso, appare evidente che le motivazioni che possano aver indotto l'acquirente a pagare un

corrispettivo per l'acquisizione di un contratto di leasing possono essere di due tipi [1]:

- l'acquisizione della facoltà di godimento del bene nel periodo di durata del contratto attraverso il

pagamento dei canoni residui;

- l'acquisizione dell'opzione d'acquisto della proprietà del bene alla scadenza del contratto.

Le motivazioni sopra esposte si riflettono sulla formazione del corrispettivo e ne determinano i criteri

di contabilizzazione e il conseguente trattamento tributario.

In particolare:

- la parte di corrispettivo pagata a fronte della facoltà di godimento del bene - costituendo una sorta

di "rettifica" del peso economico dei canoni futuri - è da considerarsi un onere o provento da ripartire

sulla residua durata del contratto mediante la tecnica dei risconti;

- la parte di corrispettivo connessa all'opzione d'acquisto, essendo riferita alla possibilità di acquisire la

proprietà del bene, deve essere considerata come un acconto per il futuro riscatto del bene (da

contabilizzarsi come acconto su immobilizzazioni materiali nella voce B.II.5 dell'attivo dello stato

patrimoniale). Quando si riscatterà il bene, il prezzo di riscatto pagato alla società di leasing, andrà

sommato all'acconto, e su entrambi si inizierà la procedura di ammortamento prevista dall' art. 67 del

D.P.R. n. 917/1986 .

Sulla determinazione della prima parte del prezzo di acquisto del contratto incidono, ad esempio, i

seguenti fattori:

a) l'eventuale maxicanone pagato dal cedente, e implicitamente riconosciuto dall'acquirente,

proporzionalmente imputabile alla residua durata del contratto;

b) l'eventuale rateo di canone in corso di maturazione alla data di acquisto del contratto;

c) l'eventuale differenziale esistente fra il tasso d'interesse utilizzato dalle parti per attualizzare i

canoni futuri e quello implicito nel contratto di leasing (se si tratta di leasing a tasso fisso);

d) l'eventuale differenziale positivo fra il corrispettivo contrattualmente pattuito ed il corrispettivo

teorico (determinato dall'attualizzazione tra il prezzo di riscatto e il valore normale) conseguente al

bisogno di uso immediato da parte dell'acquirente;

L E A S I N G

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e) l'eventuale differenziale conseguente alla opportunità di smobilizzo immediato del bene.

Infatti, nella determinazione del prezzo di acquisto del contratto le componenti sopra evidenziate

svolgono la funzione di "rettificare" indirettamente l'impatto economico dei futuri canoni di leasing

adeguandoli all'ammontare che si sarebbe convenuto se il contratto fosse stato stipulato ex novo nella

data in cui è stato ceduto.

Sulla determinazione della residua parte del prezzo d'acquisto incidono, di norma, i seguenti fattori:

- il maggiore o minore valore economico del bene alla data di acquisto del contratto rispetto al costo

sostenuto dalla società di leasing al momento della stipula dello stesso;

- la "quota capitale" contenuta nei canoni di leasing già pagati dal cedente.

Queste componenti di prezzo non devono essere imputate in proporzione alla durata del contratto in

quanto esse costituiscono il corrispettivo riconosciuto al cedente a fronte della possibilità di acquisire

al termine del contratto di leasing la piena proprietà del bene.

Di norma, se l'acquisto del contratto di leasing avviene in prossimità della scadenza e il contratto ha i

connotati di un leasing traslativo il corrispettivo dell'acquisizione del contratto trova causa prevalente

nell'acquisizione del diritto d'opzione; se, invece, il contratto di leasing rientra fra quelli di "godimento"

o - pur essendo un leasing traslativo - l'acquisto avviene molto prima della scadenza del contratto, la

parte di corrispettivo imputabile all'acquisizione del diritto d'opzione è marginale.

Nota tecnica

Si presenta un esempio di scomposizione del corrispettivo d'acquisto di un contratto di leasing (per

semplicità si è ipotizzato che il contratto prevedesse il pagamento di canoni annuali posticipati) nei

principali elementi che lo determinano.

Si formula un'ipotesi di leasing traslativo (con prezzo di riscatto inferiore al previsto valore economico

del bene alla scadenza).

Si confronta il caso di cessione al termine del primo anno di durata del contratto con quella di cessione

al termine del penultimo anno di durata del contratto.

Inoltre si fanno tre ipotesi di tasso vigente al momento della cessione.

Si evidenzia come nel primo caso la componente di prezzo imputabile all'acquisizione del diritto

d'opzione sia notevolmente inferiore rispetto al secondo caso.

Caratteristiche del contratto

Costo di acquisto 10.000.000 Maxicanone 1.000.000

Tasso di interesse implicito del contratto 10%

Durata anni 5 Prezzo di riscatto 1.000.000

Canone 2.210.377

Piano di ammortamento anno 1 anno 2 anno 3 anno 4 anno 5

Quota capitale 1.310.380 1.441.418 1.585.560 1.744.116 1.918.527Quota interessi 900.000 768.962 624.820 466.264 291.853

2.210.380 2.210.380 2.210.380 2.210.380 2.210.380

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“Acquisto” del contratto di leasing

215

Ipotesi di cessione all'inizio del 2°

anno

Ipotesi A Ipotesi B Ipotesi C

Tasso vigente 10% 5% 15%

Durata residua 4 4 4

Valore normale 9.000.000 9.000.000 9.000.000

Valore attuale dei canoni residui -7.006.607 -7.837.898 -6.310.587

Valore attuale del prezzo di riscatto

-683.013 -822.702 -571.753

Prezzo teorico del contratto 1.310.379 339.399 2.117.660

di cui

- (1) per differenza tasso sui canoni

0 -831.291 696.020

- (2) per differenza tasso su prezzo riscatto

0 -139.689 111.260

- (3) per differenza valore del bene

-1.000.000 -1.000.000 -1.000.000

per maxicanone pagato:

- (4) maturato alla data di acquisto

200.000 200.000 200.000

- (5) non maturato alla data di acquisto

800.000 800.000 800.000

- (6) per 1 canone pagato (quota capitale)

1.310.380 1.310.380 1.310.380

1.310.380 339.400 2.117.660

Prezzo teorico del contratto 1.310.379 339.399 2.117.660

Prezzo concordato fra le parti 1.800.000 600.000 2.800.000

- (7) differenziale 489.621 260.601 682.340

Ripartizione finale prezzo teorico + differenziale concordato fra le parti

- da riscontare (1)+(5)+(7) 1.289.620 229.310 2.178.360

- da capitalizzare sul riscatto

(2)+(3)+(4)+(6) 510.380 370.690 621.640

1.800.000 600.000 2.800.000

Ipotesi di cessione all'inizio del 4° anno

Ipotesi A Ipotesi B Ipotesi C

Tasso vigente 10% 5% 15%

Durata residua 2 2 2

Valore reale 6.000.000 6.000.000 6.000.000

Valore attuale dei canoni residui -3.836.197 -4.110.004 -3.593.434

Valore attuale del prezzo di riscatto

-826.446 -907.029 -756.144

Prezzo teorico del contratto 1.337.357 982.967 1.650.422

L E A S I N G

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216

di cui

- (1) per differenza tasso sui canoni

0 -273.807 242.762

- (2) per differenza tasso su prezzo riscatto

0 -80.583 70.303

- (3) per differenza valore del bene

-4.000.000 -4.000.000 -4.000.000

per maxicanone pagato:

- (4) maturato alla data di acquisto

600.000 600.000 600.000

- (5) non maturato alla data di acquisto

400.000 400.000 400.000

- (6) per 3 canoni pagati (quota capitale)

4.337.358 4.337.358 4.337.358

1.337.358 982.968 1.650.423

Prezzo teorico del contratto 1.337.357 982.967 1.650.422

Prezzo concordato fra le parti 1.600.000 1.000.000 2.100.000

- (7) differenziale 262.643 17.033 449.578

Ripartizione finale prezzo teorico + differenziale concordato fra le parti

- da riscontare (1)+(5)+(7) 662.642 143.225 1.092.340

- da capitalizzare sul riscatto

(2)+(3)+(4)+(6) 937.358 856.775 1.007.660

1.600.000 1.000.000 2.100.000

Note:

1 Sostanzialmente conformi: Direzione Regionale delle Entrate della Lombardia, protocollo 28058 del

30 maggio 1995; Direzione Regionale dell'Emilia Romagna nota 4 maggio 1999.

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217

LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING ASPETTI GIURIDICI

a cura di Alex Gilardini*

La cessione del contratto di leasing

Bilateralità - Trilateralità

Riguardo alla struttura del leasing, la dottrina è sostanzialmente divisa in relazione alla bilateralità o trilateralità del contratto. La prima afferma che non esisterebbero contratti trilaterali al di fuori di quelli con comunione di scopo: pertanto, la locazione finanziaria è un contratto bilaterale che si conclude esclusivamente tra il concedente e l’utilizzatore ed è distinto dal contratto di acquisto del bene stipulato tra il concedente ed il fornitore.

La seconda, osserva come la funzione contrattuale del leasing sia quella di finanziare un

acquisto mediante la triangolazione fornitore – concedente – utilizzatore: pertanto, nella

locazione finanziaria ciascun contraente nel concludere un contratto si assume

volontariamente degli obblighi nei confronti delle altre due parti; il fornitore si obbliga nei

confronti del concedente a trasferirgli la proprietà e nei confronti dell’utilizzatore a

consegnargli il bene ed a fornirgli le garanzie necessarie; il concedente si obbliga a pagare il

prezzo del bene al fornitore e a consentirne il godimento all’utilizzatore; quest’ultimo, infine,

si obbliga a rimborsare al concedente, con i relativi interessi e spese, il finanziamento che

egli ha effettuato a suo favore ed a mani del fornitore.

La dottrina che sostiene lo schema della bilateralità del contratto osserva, in particolare,

come nel caso di cessione del contratto da parte dell’utilizzatore, sia previsto il solo consenso

del concedente e non anche quello del fornitore che sarebbe necessario, a norma dell’art.

1406 c.c., se il contratto fosse trilaterale.

La dottrina contraria, afferma come il frazionamento del contratto trilaterale in più atti

negoziali non esclude la sua unitarietà sostanziale e giuridica:56 i due originari contraenti,

pattuendo l’acquisto a mezzo di leasing, lasciano aperto il contratto all’adesione del

finanziatore che completerà l’operazione accettando le condizioni stabilite dalle altre due

parti, anche se formalizzerà la sua adesione concordando con entrambe le modalità della

consegna e l’attribuzione all’utilizzatore delle garanzie e dei rischi di vendita. La volontà delle

tre parti tende, quindi, a costruire vincoli obbligatori incrociati tra loro e non soltanto

obbligazioni corrispettive tra concedente ed utilizzatore.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) * Tratto da “La Circolare Tributaria” n.47 del 12 dicembre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore 56 Vedi sul punto, Cass. 29/11/1993 n. 11847: “…il consenso del contraente ceduto, costituendo elemento essenziale del negozio di cessione del contratto, il quale richiede la necessaria partecipazione del cedente, del cessionario e del ceduto, può essere anche successivo all’accordo tra cedente e cessionario purché nel momento di tale adesione non sia venuto meno l’accordo originario al quale essa vuole aggiungersi per perfezionare il contratto, e permangano, inoltre, tutte le condizioni della cessione, che deve avere per oggetto la complessiva posizione attiva e passiva del contraente ceduto e non è, quindi, più possibile dopo che, essendo state adempiute le prestazioni di una delle parti, il contraente ceduto sia rimasto solo creditore o solo debitore dell'altro…”

L E A S I N G

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218

La cessione del contratto

La cessione del contratto è il negozio con cui si realizza la successione inter vivos a titolo

particolare di un terzo nella posizione contrattuale di uno dei contraenti originari. Il negozio

non ha causa propria, ma si caratterizza per il suo oggetto, assumendo di volta in volta la

causa che giustifica l’operazione. La cessione del contratto è possibile:

a) nei contratti con prestazioni corrispettive;

b) fino a quando le relative prestazioni non siano state ancora eseguite.

La disciplina della cessione del contratto è prevista negli articoli dal 1406 al 1410 del c.c.:

ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con

prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi

consenta (art.1406 ); se una parte ha consentito preventivamente che l’altra sostituisca a sé

un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal

momento in cui le è stata notificata o in cui essa l’ha accettata (art.1407); il cedente è

liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal momento in cui la sostituzione

diviene efficace nei confronti di questo: il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare

il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte.

Il contraente ceduto deve dare notizia al cedente dell’inadempimento del cessionario, entro

quindici giorni da quello in cui l’inadempimento si è verificato, in mancanza è tenuto al

risarcimento del danno (art.1408); il contraente ceduto può apporre al cessionario tutte le

eccezioni derivanti dal contratto, ma non quelle fondate su altri rapporti col cedente, salvo

che ne abbia fatta espressa riserva al momento in cui ha consentito alla sostituzione

(art.1409). Chiude la disciplina civilistica l’art.1410 , secondo cui il cedente è tenuto a

garantire la validità del contratto: se il cedente assume la garanzia dell’adempimento del

contratto, egli risponde come un fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto.

La cessione del singolo contratto di locazione finanziaria

Il contratto di leasing può essere estinto prima della sua scadenza naturale nei seguenti casi:

a) per inadempienze contrattuali;

b) in caso di riscatto anticipato del bene in leasing;

c) per cessione del contratto.

Le situazioni che si possono prospettare nel caso di cessione del rapporto di locazione

finanziaria sono molteplici e possono dare luogo a diverse soluzioni.

Il fornitore

Per quanto concerne il fornitore, il contratto, una volta concluso, può essere ceduto

limitatamente al rapporto fra cedente ed utilizzatore senza bisogno del consenso del

fornitore, il cui rapporto non viene coinvolto nella cessione. La necessità del consenso del

fornitore non è d’altra parte esclusa del tutto, in particolare, in tutti i casi nei quali egli abbia

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La cessione del contratto di leasing aspetti giuridici

219

interesse alla immutabilità dell’utilizzatore e nel caso in cui egli si sia obbligato a riacquistare

il bene venduto, qualora il rapporto tra concedente e fornitore si sciolga per inadempimento

dell’utilizzatore. In tale ipotesi, il consenso del fornitore è necessario perché egli o ha

interesse all’immutabilità soggettiva del contratto o è rimasto vincolato alle vicende del

rapporto tra le altre parti.

Il concedente

Per quanto concerne il concedente, il motivo della cessione può essere dato dall’intenzione di

uscire da una situazione finanziaria alterata per effetto di investimenti eseguiti oltre i limiti

delle effettive possibilità. Può formare oggetto di cessione da parte del concedente sia il

credito per canoni sia la proprietà del bene oggetto del godimento da parte dell’utilizzatore.

La cessione dei canoni, avendo per oggetto un credito, può essere effettuata, salvo

patto contrario, senza necessità del consenso del debitore, occorrendo soltanto che gli

venga notificata l’avvenuta cessione (art.1260 c.c., art. 1264 c.c.).

Per la cessione della proprietà del bene oggetto del contratto di leasing, i formulari di

contratto prevedono il preventivo consenso dell’utilizzatore ai sensi dell’art.1406 c.c.. Il

diritto di proprietà della società di leasing sul bene è, infatti, limitato dall’esistenza del

diritto di opzione a favore dell’utilizzatore, che crea un vincolo obbligatorio di

indisponibilità per il concedente. Stante la particolare struttura della locazione

finanziaria, la cessione del contratto da parte del concedente non può prescindere dalla

contestuale cessione della proprietà del bene ed il cessionario subentra nella medesima

posizione contrattuale del cedente, inclusa la proposta unilaterale ed irrevocabile

rappresentata dall’opzione finale di acquisto, che in quanto parte integrante ed

Consenso del Fornitore

Occorre il consenso del Fornitore

- ha interesse alla immutabilità soggettiva del contratto

- vincolato alle vicende del rapporto tra le altre due parti

Non occorre il consenso del Fornitore

Quando è concluso il contratto

L E A S I N G

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220

essenziale del contratto, non può mancare o subire modificazioni, poiché costituirebbe

una mutazione oggettiva del rapporto ed in quanto tale inammissibile in caso di cessione

del contratto.

Non è possibile per la società di leasing cedere il solo rapporto con l’utilizzatore,

conservando la proprietà del bene, perché la scissione della proprietà dal rapporto di

godimento e dall’opzione attinente, determinerebbe un mutamento degli elementi

essenziali del contratto che provocherebbe la nullità della cessione.

L’utilizzatore

Per quanto concerne l’utilizzatore, il motivo della cessione può risiedere nel diminuito e

cessato interesse all’utilizzazione del bene che forma oggetto del contratto. Con riguardo alla

cessione del lato passivo del rapporto, i formulari di contratto, nell’escludere la cessione a

qualsiasi titolo del godimento del bene a terzi da parte dell’utilizzatore, prevedono anche

l’incedibilità della sua posizione contrattuale.

In primo luogo, l’utilizzatore è di regola un imprenditore, per cui si presenta il problema di

stabilire se, avendo egli inserito il bene oggetto del leasing nella struttura della sua azienda,

la cessione di questa importi la cessione automatica del contratto di locazione finanziaria

indipendentemente dal consenso della società di leasing. La risposta non può che essere

positiva. L’art.2558 c.c. dispone il subentro dell’acquirente nel contratto di locazione

finanziaria stipulato per l’esercizio dell’azienda “se non è pattuito diversamente”. Pertanto,

nel caso in cui sia espressamente prevista l’incedibilità del contratto da parte dell’utilizzatore,

questa opera anche in caso di cessione della sua azienda.

Anche il diritto di opzione può essere ceduto dall’utilizzatore, non sussistendo alcun

ostacolo di legge e non potendosi configurare alcun interesse della società onerata ad

impedire tale cessione. Vi è, però, dissenso in dottrina sulle condizioni e i limiti della

cedibilità. L’opinione prevalente ritiene che la cedibilità del diritto di opzione senza il

consenso dell’offerente derivi sia dal fatto che i diritti patrimoniali sono di regola

cedibili e sia dal fatto che il diritto di opzione è un diritto patrimoniale. L’opzione è

altresì cedibile senza il consenso dell’offerente quando il suo esercizio può concludere

un contratto a sua volta cedibile. In ogni caso, il diritto di opzione è liberamente

cedibile quando il cessionario versa il prezzo pattuito contestualmente all’esercizio

dell’opzione.

Riguardo la sublocazione o la cessione del semplice diritto di godimento o di uso del

bene a terzi, i formulari di contratto vietano l’una ipotesi, l’altra, o entrambe.

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La cessione del contratto di leasing aspetti giuridici

221

La cessione in blocco dei contratti di locazione finanziaria

Una diversa disciplina si applica, invece, alla cessione in blocco dei contratti di locazione

finanziaria. L’art.58 del T.U. l. bancaria, disciplina la cessione in blocco dei rapporti

giuridici a banche ed, a seguito delle modifiche introdotte dall’art.12 D.Lgs. n.342 del 4

agosto 1999 (Modifiche al T.U. l. bancaria), anche agli intermediari finanziari. In breve, la

ratio dell’art.58 del T.U. l. bancaria è quella di prevedere un regime di favore verso

operazioni di riorganizzazione ed accorpamento degli intermediari bancari e finanziari,

anche in deroga ai vincoli derivanti dalla disciplina civilistica o societaria di diritto

comune.

FORMULARIO DELLA CESSIONE DEL

CONTRATTO DEL LEASING*

- Contratto di leasing mobiliare:

Art. x Limiti alla cedibilità del contratto da parte dell’utilizzatore

L’utilizzatore potrà cedere il contratto od i diritti che gli derivano dal medesimo solamente in

caso di cessione, affitto od usufrutto dell’azienda nella quale si trova inserito il macchinario,

ovvero previo ottenimento di espresso consenso scritto dal locatore.

In ogni caso l’utilizzatore resterà comunque responsabile dell’adempimento del contratto in

solido con il cessionario.

Art. x Facoltà di cessione del contratto da parte del locatore

Il locatore ha la facoltà, in qualsiasi tempo, di cedere il contratto, ovvero in tutto o in parte, i

diritti che gli derivano dal medesimo. La cessione, con relativa modalità di esecuzione, sarà,

a cura del locatore, comunicata all’utilizzatore, il quale sin da ora si obbliga ad accettarla. Il

locatore potrà inoltre sottoporre a vincoli, oneri e pegno il macchinario oggetto del contratto

senza necessità di darne notizia all’utilizzatore, purché ciò non comporti alcuna turbativa alla

facoltà del medesimo di utilizzarlo e di esercitare le scelte di cui alla successiva clausola (…)

delle condizioni generali di contratto.

* scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)

file g

L E A S I N G

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scaricabile in formato WORD dal sito www.euroconference.it (vedi indice della presente dispensa)
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222

- Contratto di leasing immobiliare:

Art. x Cessione del contratto e relativi diritti

L’utilizzatore non può cedere a terzi il presente contratto, né l’uso o il godimento anche

parziale dell’immobile senza il preventivo assenso scritto della concedente, salvo il caso di

cessione dell’azienda in esso esercitata. In ogni caso egli resterà comunque interamente

responsabile dell’adempimento degli obblighi assunti con il presente contratto, in solido con il

cessionario. La concedente, di contro, ha facoltà di cedere a terzi in qualsiasi tempo in tutto

od in parte, i diritti che le derivano dal presente contratto. Tale cessione, con le relative

modalità di esecuzione, sarà comunicata a mezzo raccomandata dalla concedente

all’utilizzatore, il quale sin d’ora si obbliga ad accettarla. Ugualmente e in facoltà della

concedente di sottoporre a vincoli, oneri, servitù od ipoteche l’immobile e le sue pertinenze,

purché ciò non arrechi turbativa all’uso dello stesso da parte dell’utilizzatore e non

pregiudichi o non renda più oneroso l’esercizio da parte sua, al termine del rapporto, della

facoltà prevista alla successiva clausola (…) delle condizioni generali di contratto.

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LA CESSIONE DEL CONTRATTO DI LEASING: ASPETTI CONTABILI E FISCALI

a cura di Walter Vallero*

Nell’esercizio dell’attività di impresa può accadere che un contratto di leasing, in corso di

validità, venga ceduto ad un terzo soggetto:

a) in modo autonomo;

b) in seguito ad operazioni di acquisizione di azienda, di conferimento, di fusione e di scissione.

Sia nel caso a) che nel caso b), qualora la società di leasing dia il proprio assenso alla

cessione, il soggetto cessionario/subentrante, si assume l’obbligo di pagare i canoni residui

ed eventualmente di esercitare il riscatto alla conclusione del contratto.

Prima di esaminare le problematiche concernenti l’aspetto contabile e fiscale57 dell’operazione

di cessione del contratto di leasing, sia da parte del cedente che del cessionario, è opportuno

sintetizzare le due modalità di contabilizzazione del leasing finanziario in bilancio:

1. metodo patrimoniale;

2. metodo finanziario;

Come vedremo in seguito l’adozione della seconda metodologia di rilevazione. potrà risolvere

in modo definitivo il problema della corretta rilevazione contabile in caso di cessione del

contratto.

Metodo patrimoniale

La prassi italiana, contrariamente alla prassi internazionale, impone il metodo patrimoniale,

che privilegia la forma sulla sostanza, prevedendo l’iscrizione:

▪ in conto economico, dei canoni passivi di leasing, tra i costi di godimento dei beni di terzi

(voce B8);

▪ in calce allo Stato Patrimoniale nei conti d’ordine, degli impegni relativi agli importi

ancora da corrispondere alla società di leasing (o, in alternativa, il valore complessivo dei

beni presso l’azienda).

Solo al termine del contratto di leasing, in caso di esercizio del riscatto, il bene viene iscritto

nell’attivo dello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni materiali a un valore pari al prezzo

pagato per il riscatto. Questo valore, deve essere sistematicamente ammortizzato.

Durante il contratto, la rilevazione del bene tra le immobilizzazioni viene effettuata dalla

società di leasing, in quanto proprietaria del bene, e la stessa procede al relativo processo di

ammortamento.

* Pezzo aggiornato al 06/12/2006 (Terza giornata del Master Breve 2006/2007 – Area Giuridica) * Tratto da “La Circolare Tributaria” n.49 del 26 dicembre 2005 – Sistema d’Informazione Integrato – Gruppo Euroconference Editore 57 Per gli aspetti giuridici del contratto di cessione di leasing e formulario allegato, si veda A. Giardini, in La Circolare Tributaria n.47_05, pag.34 ss..

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Metodo finanziario

I principi contabili internazionali (Ias 17), recepiti nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 38 del

28.02.2005 ma che possono essere applicati (obbligatoriamente o facoltativamente) solo da

determinati soggetti, prevedono invece l’iscrizione del leasing finanziario attraverso il metodo

finanziario che privilegia la sostanza sulla forma, non avendo riguardo alla sua forma giuridica.

Infatti, anche se il locatario giuridicamente non acquisisce la proprietà del bene in locazione, con

il leasing finanziario la sostanza è quella per cui il locatario acquisisce i benefici economici ed i

rischi derivanti dall’uso del bene locato per la maggior parte della vita economica.

Con questo metodo, i canoni periodici vengono suddivisi nelle seguenti componenti:

• quota di restituzione del debito;

• interessi passivi.

In stato patrimoniale devono essere iscritti:

• il bene oggetto del contratto ad un valore pari al costo sostenuto dalla società di leasing,

tra le immobilizzazioni materiali;

• il debito verso la società di leasing (che successivamente si riduce per effetto dei

pagamenti periodici).

In conto economico, devono essere iscritti:

• l’ammortamento del costo, calcolato con i coefficienti propri dell’utilizzatore, a partire

dall’esercizio in cui il bene viene messo in funzione;

• gli interessi passivi corrisposti alla società di leasing tra gli oneri finanziari.

Il D.Lgs. n. 6 del 17.01.2003, aveva previsto solo l’indicazione in Nota Integrativa al n. 22

dell’articolo 2427 del codice civile dei dati che sarebbero necessari per l’applicazione del

metodo finanziario, ovvero di un prospetto contenente:

- il valore attuale delle rate di canone non scadute (utilizzando un tasso di interesse pari

all’onere finanziario effettivo inerente ai singoli contratti);

- l’onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile all’esercizio;

- l’ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti alla

data di chiusura dell’esercizio qualora fossero stati classificati tra le immobilizzazioni,

indicando separatamente ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero

stati inerenti all’esercizio.

E’ bene ricordare che prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n.38/05, il metodo patrimoniale

era il solo consentito dalla normativa fiscale, in quanto veniva negato all’utilizzatore, la

possibilità di iscrivere tra le attività i beni in leasing, con conseguente indeducibilità delle

quote di ammortamento. In tal senso si era espressa la Corte di Cassazione con sentenza n.

8292 del 26 maggio 2003, precisando che malgrado il Legislatore non ha negato la possibilità

di adottare il metodo finanziario, l’art. 67 co.8 del Tuir, ora art.102, co.7 ne precludeva la

possibilità di detrarre le quote di ammortamento. Nello stesso senso, si era orientata

l’Agenzia delle Entrate con R.M. n. 211/E del 18 novembre 2003.

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

225

Aspetto contabile della cessione del contratto di leasing

Nel caso di adozione del metodo patrimoniale, il soggetto cedente, al momento della

cessione del contratto di leasing, rileva un componente positivo di reddito, per l’importo equivalente al corrispettivo percepito. Tale importo confluirà nella voce A5) Altri ricavi e proventi del conto economico, tranne il caso in cui si configuri come un provento

straordinario (in tal caso andrà indicato nella voce E20 del conto economico). Si dovrà quindi procedere a stornare dai conti d’ordine i residui impegni nei confronti della società di leasing. Nel caso di adozione del metodo finanziario, il soggetto cedente, dovrebbe procedere ad

eliminare il bene in precedenza iscritto tra le immobilizzazioni, stornando il fondo di ammortamento ad esso relativo, ed azzerare il debito verso la società di leasing. In ogni caso, per risolvere le problematiche relative alla determinazione del valore di

cessione del contratto di leasing, si deve assimilare, sotto un profilo formale, questo contratto a quello di mutuo, pur tenendo presente che nel caso del leasing non vi è la proprietà del bene. Si tratta infatti di un’operazione che prevede il pagamento di un importo

a scadenze prestabilite di importi, da scomporre in due parti: - una quota capitale, - una quota di interessi.

Si dovrà, quindi, procedere alla determinazione del valore del contratto di leasing, ad una determinata data, detraendo dal valore del bene, al momento della cessione del contratto , il debito residuo nei confronti della società di leasing, così come risulta dal piano di ammortamento.

Per la sua corretta determinazione, si dovrà inoltre tenere conto della diversa forza contrattuale delle parti, ed eventualmente partendo da un valore peritale del bene. Questa eventuale diversa valutazione, si concretizza nella capacità di ottenere dal cedente o dal

cessionario un tasso di interesse per attualizzare i canoni residui diverso da quello utilizzato dalla società di leasing. Sulla base di quanto sopra precisato, cerchiamo di esemplificare numericamente, riportando

il piano di ammortamento di un contratto di leasing su un impianto, stipulato nel gennaio 2004, con decorrenza (consegna dello stesso bene) al 1 gennaio 2004, ipotizzando che il contratto venga ceduto all’inizio del mese di dicembre 2005. Il contratto di leasing, presenta

le seguenti caratteristiche:

Esempio - valore del bene Euro 66.000,00 - Maxicanone iniziale: Euro 1808,35 - Importo canoni mensili: Euro 1808,35 - Numero dei canoni mensili: 35 - Prezzo di riscatto: Euro 9.166,67 - Decorrenza contratto: 1.1.2004 – .12.2006 - Aliquota di ammortamento fiscale: 20% - Aliquota di ammortamento economico tecnico: 20%

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226

Piano di ammortamento fornito dalla società di leasing (o ricalcolato

dall'impresa)

Rata Data

Scaden- za

Importo rata

Quota interesse

Quota capitale

Debito residuo

Debito estinto

importo operazione

- - 66.000,00 -

maxicanone 1.808,35 - 1.808,35 64.191,65 1.808,35 1 01/2004 1.808,35 401,67 1.406,68 62.784,97 3.215,03 2 02/2004 1.808,35 392,61 1.415,74 61.369,24 4.630,76 3 03/2004 1.808,35 383,50 1.424,85 59.944,39 6.055,61 4 04/2004 1.808,35 374,32 1.434,03 58.510,36 7.489,64 5 05/2004 1.808,35 365,09 1.443,26 57.067,10 8.932,90 6 06/2004 1.808,35 355,80 1.452,55 55.614,55 10.385,45 7 07/2004 1.808,35 346,45 1.461,90 54.152,65 11.847,35 8 08/2004 1.808,35 337,03 1.471,32 52.681,33 13.318,67 9 09/2004 1.808,35 327,56 1.480,79 51.200,54 14.799,46

10 10/2004 1.808,35 318,02 1.490,33 49.710,21 16.289,79 11 11/2004 1.808,35 308,43 1.499,92 48.210,29 17.789,71 12 12/2004 1.808,35 298,77 1.509,58 46.700,71 19.299,29 13 01/2005 1.808,35 289,05 1.519,30 45.181,41 20.818,59 14 02/2005 1.808,35 279,27 1.529,08 43.652,33 22.347,67 15 03/2005 1.808,35 269,42 1.538,93 42.113,41 23.886,59 16 04/2005 1.808,35 259,52 1.548,83 40.564,57 25.435,43 17 05/2005 1.808,35 249,54 1.558,81 39.005,77 26.994,23 18 06/2005 1.808,35 239,51 1.568,84 37.436,92 28.563,08 19 07/2005 1.808,35 229,40 1.578,95 35.857,98 30.142,02 20 08/2005 1.808,35 219,24 1.589,11 34.268,86 31.731,14 21 09/2005 1.808,35 209,01 1.599,34 32.669,52 33.330,48 22 10/2005 1.808,35 198,71 1.609,64 31.059,88 34.940,12

23 * 11/2005 1.808,35 188,34 1.620,01 29.439,87 36.560,13 24 12/2005 1.808,35 177,91 1.630,44 27.809,43 38.190,57 25 01/2006 1.808,35 167,42 1.640,93 26.168,50 39.831,50 26 02/2006 1.808,35 156,85 1.651,50 24.517,00 41.483,00 27 03/2006 1.808,35 146,22 1.662,13 22.854,86 43.145,14 28 04/2006 1.808,35 135,51 1.672,84 21.182,03 44.817,97 29 05/2006 1.808,35 124,74 1.683,61 19.498,42 46.501,58 30 06/2006 1.808,35 113,90 1.694,45 17.803,97 48.196,03 31 07/2006 1.808,35 102,99 1.705,36 16.098,61 49.901,39 32 08/2006 1.808,35 92,01 1.716,34 14.382,28 51.617,72 33 09/2006 1.808,35 80,96 1.727,39 12.654,89 53.345,11 34 10/2006 1.808,35 69,84 1.738,51 10.916,38 55.083,62 35 11/2006 1.808,35 58,64 1.749,71 9.166,67 56.833,33

riscatto 12/2006 9.166,67 - 9.166,67 - 66.000,00

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

227

Al momento della cessione, il valore dell’impianto risulta essere di Euro 55.000,00.

Si procede quindi alla determinazione del valore di cessione come segue:

- Valore del bene: Euro 55.000,00

- A dedurre: debito residuo al 1.12.2005, dopo il pagamento della rata n. 23: Euro

29.439,87

- Valore di cessione pari ad Euro 25.560,13

Si tratta di un valore teorico, in quanto le parti potrebbero concordare un valore diverso,

dopo aver valutato il tasso di interesse del contratto di leasing.

E’ evidente che il valore normale del bene debba essere determinato tenendo conto delle

quote di capitale, comprese nei canoni da pagare, nonché del prezzo di riscatto, trattandosi

di un debito che viene accollato dall’acquirente del contratto di leasing. Infatti, se un bene è

gravato da un debito, il suo valore non può che essere inferiore al valore normale dello

stesso bene, che non risulta gravato da alcun debito. La quota di interessi compresa nei

canoni ancora da pagare, non deve essere detratta in quanto si tratta di un debito ancora da

maturare. Nel caso di cessione del contratto in una data a cavallo, la quota interessi

compresa in tale canone dovrà essere considerata per competenza.

Aspetti fiscali

La cessione del contratto di leasing assume rilevanza in riferimento alle imposte dirette,

all’Irap e all’Iva.

Imposte dirette

Si premette che sia in caso di risoluzione del contratto e quindi di riscatto anticipato ovvero

di sua cessione, così come confermato nella R.M. n. 183/E del 4 dicembre 2000, la durata del

contratto minima prevista dall’art.102 del Tuir, già art. 67, co. 8, deve intendersi riferita alla

durata del contratto “prevista” e non a quella “effettiva”.

La parte di costo complessivo del contratto di leasing non ancora maturata alla data della

cessione, trattandosi di sopravvenuta insussistenza di attività (risconti attivi) iscritte in

bilancio in precedenti esercizi, rappresenta una sopravvenienza passiva, ai sensi dell’art.101,

co. 4 del Tuir.

Il valore normale del bene costituisce, invece, una sopravvenienza attiva, ai sensi dell’art.88 co. 5

del Tuir. Tale importo dovrebbe prescindere dal corrispettivo eventualmente pattuito per la

cessione del contratto, affluito nel conto economico. In caso di non coincidenza di valore, il

valore normale attribuito alla sopravvenienza attiva, o meglio la differenza positiva costituirà una

variazione in aumento in sede di compilazione di Unico, senza influire sul conto economico.

Ovviamente anche se il dato letterale dell’art.88 del nuovo Tuir (già art.55) non prevede la

possibilità di dedurre i canoni residui, attualizzati alla data della cessione medesima, e il

prezzo stabilito per il riscatto, così come previsto nella C.M. n. 108/E del 3 maggio 1996 al

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228

punto 6.11, il valore normale non può che essere assunto al netto dei canoni relativi alla

residua durata del contratto.

Ritornando all’esemplificazione sopra riportata, la sopravvenienza attiva è pari ad Euro

25.560,13, ipotizzando una coincidenza tra valore normale e corrispettivo pattuito tra

cedente e subentrante.

Si sottolinea che in tale fattispecie, il Legislatore, a differenza di altre, (si veda l’art.86 co. 2

del Tuir) non dà rilevanza al corrispettivo conseguito, ma al valore normale, come nel caso in

cui i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’impresa.

Una problema particolare, si pone nel caso in cui il contratto di leasing abbia per oggetto

aeromobili da turismo, navi e imbarcazioni da diporto, autovetture, autocaravan, ciclomotori

e motocicli il cui costo di acquisizione sia stato fiscalmente riconosciuto soltanto in parte ai

sensi dell’art.164 del Tuir (già art.121-bis). Tale articolo, al co. 2 limita la rilevanza fiscale

delle plusvalenze e delle minusvalenze nella misura proporzionale fra “l’ammontare

dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato”, ma non

richiama esplicitamente l’art.88 co. 5, relativo alla determinazione della sopravvenienza

attiva. Quindi un’interpretazione rigorosa della norma, farebbe concorrere per intero la

sopravvenienza attiva. A tale riguardo, sarebbe auspicabile un intervento ministeriale, che

consenta un’interpretazione analogica a quanto previsto per le plusvalenze patrimoniali, in

modo da considerare fiscalmente rilevante la solo parte del valore normale, ovvero della

sopravvenienza attiva, nella proporzione esistente tra l’ammontare dei canoni di locazione

finanziaria fiscalmente dedotti e l’ammontare degli stessi complessivamente sostenuti.

Nel caso contrario, il cedente si troverebbe nella situazione in cui la sopravvenienza attiva

realizzata verrebbe tassata per intero, a fronte di una deduzione parziale dei canoni corrisposti.

Sul versante dell’acquirente del contratto di leasing, non esistendo disposizioni fiscali

specifiche in relazione al trattamento da riservare al prezzo pagato per l’acquisto dello

stesso, si ritiene che il costo sostenuto per il subentro in un contratto di leasing, in corso di

validità, debba essere fiscalmente imputato osservando quanto previsto dalla normativa

civilistica, ovvero secondo corretti principi contabili. L’A.F. (punto 3.6 della C.M. n. 73/E del

27 maggio 1994), ha interpretato la disposizione contenuta nell’art.108 , co. 3, del Tuir, (già

art.74) nel senso che “i criteri civilistici di ripartizione delle spese in esame costituiscono presupposto per la determinazione della quota di dette spese imputabile al reddito dell’esercizio”.

In conclusione, se sotto l’aspetto civilistico, l’ammortamento del prezzo pagato per

l’acquisto del contratto di leasing avvenga sulla base della vita utile del cespite, si possono

avere due soluzioni:

- in caso di esercizio del diritto di riscatto la parte ancora da ammortizzare del prezzo

pagato per l’acquisto del contratto di leasing rappresenta un onere accessorio

fiscalmente riconosciuto, ai sensi dell’art.110, co. 1, lett. b);

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

229

- in caso di mancato esercizio del diritto di riscatto la parte ancora da ammortizzare

costituirà invece un onere deducibile ai sensi dell’articolo 101, comma 4, trattandosi di

insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

E’ infine opportuno ricordare come l’art.102, dopo le modifiche intervenute con il D.Lgs.

38/05 (si veda l’art.11), prevede che indipendentemente dai criteri di contabilizzazione,

l’utilizzatore può dedurre, ai fini fiscali, i canoni di locazione, dando così legittimazione all’uso

del metodo finanziario. In coerenza con tale disposizione il legislatore ha stabilito all’art.109

del Tuir che “le differenze tra i canoni di locazione finanziaria di cui all’art.102, co. 7 e la

somma degli ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e la somma degli

ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e degli interessi passivi sono

deducibili mediante il prospetto EC in sede di compilazione di Unico”.

Irap

L’operazione della cessione del contratto di leasing, se avviene in modo autonomo, dovrebbe

essere ricondotta alla gestione operativa dell’impresa, paragonabile alla cessione di un bene

strumentale di proprietà; nel caso invece avvenga in seguito ad un’operazione straordinaria

di acquisizione di azienda o di conferimento, ritengo che la relativa sopravvenienza debba

essere collocata nell’area straordinaria, e quindi vada trattata come la plusvalenza realizzata

in seguito alla cessione di azienda.

In linea di massima, quindi, la sopravvenienza attiva conseguita in seguito alla cessione del

contratto di leasing, indipendentemente dalla sua collocazione nel conto economico, per il

principio di correlazione, deve essere assoggettata ad Irap. Ovviamente il valore rilevante,

stante il principio stabilito all’art.11 bis, co.1, del D.Lgs. n.446/97, è quello previsto ai fini

delle imposte sui redditi, quindi il valore deve essere calcolato sottraendo il debito residuo

dal valore normale del bene (art. 88, co. 5 del Tuir).

Una parte minoritaria della dottrina58, non condivisibile, anche in riferimento a quanto stabilito

dal Principio contabile n. 12 del Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio dei

Ragionieri, sostiene che la sopravvenienza attiva vada sempre collocata nell’area E del conto

economico e quindi non rientrerebbe nel calcolo della base imponibile ai fini Irap.

Iva

Ai sensi dell’art.3, co. 2, n. 5) del DPR n. 633 del 26.10.1972, la cessione del contratto di

leasing è considerato una prestazione di servizi e non una cessione di beni ed è soggetta ad

Iva, con la stessa aliquota del bene oggetto del contratto. In ogni caso si dovrà applicare

l’aliquota ordinaria nella misura del 20%, anche quando il trasferimento del bene non sia

58 Si veda Cerato- Popolizio, La cessione del contratto di leasing- Imposte dirette ed indirette, in “Il commercialista veneto” n. 131/00

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soggetto ad Iva: è il caso, ad esempio, di un contratto di leasing avente per oggetto un

terreno non suscettibile di utilizzazione edificatoria, ossia un terreno la cui cessione è esclusa

dal campo di applicazione dell’Iva, ai sensi dell’art.2, co. 3 lett. c), del DPR n. 633/7259 .

Si deve ritenere, in attesa di un intervento ministeriale che interpreti diversamente, che nel

caso di cessione, tutto l’importo del corrispettivo pattuito (non quello del

valore normale), sempre al netto dei debiti residui, vada assoggettato ad Iva, anche nel caso

in cui l’Iva sui canoni era stata detratta solo parzialmente oppure era stata considerata

totalmente indetraibile, in base all’art.19-bis co.1 del DPR 633/72 (indetraibilità oggettiva)

oppure per la natura del soggetto (in detraibilità soggettiva). L’art.10 n. 27 quinquies del

DPR n. 633/72 prevede, infatti, l’esenzione dall’imposta solo per le cessioni di beni acquistati

senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta e quindi non è applicabile alla

cessione del contratto di leasing, considerata una prestazione di servizi.

La norma di comportamento n.141 dell’Associazione dottori commercialisti di Milano

Questa norma di comportamento affronta il problema della cessione del contratto di leasing nell’ottica del soggetto subentrante, raccomandando di suddividere l’importo

complessivamente corrisposto in due componenti: ▪ la quota riferita al godimento del bene, da riscontare per la durata residua del contratto, ▪ la quota costituita dal prezzo di riscatto del bene, che viene capitalizzata.

La quota riferita al godimento del bene comprende: - i canoni residui, la quota di maxicanone iniziale non ancora maturato, il differenziale tra

tasso di interesse utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso di

interesse implicito nel leasing, il rateo del canone di leasing in corso di maturazione, la maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di usare subito il bene;

La quota costituita dal prezzo di riscatto del bene comprende:

- il prezzo di riscatto, il differenziale tra il valore economico del bene al momento della cessione con quello al momento della sottoscrizione del contratto con la società di leasing, la quota capitale implicita nei canoni già pagati. Tale quota viene dapprima

imputata ad acconto delle immobilizzazioni e sarebbe ammortizzabile, unitamente al prezzo di riscatto, a partire dal periodo d’imposta in cui è esercitata l’opzione.

Nella prassi aziendale, però, due elementi, previsti dalla norma di comportamento in oggetto,

non vengono mai calcolati e cioè quelli che si riferiscono al differenziale di tasso di interesse usato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso di interesse implicito nel leasing e alla maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di poter utilizzare subito il

bene. La loro determinazione comporterebbe un impegno notevole da parte del subentrante, pertanto la soluzione, prospettata dalla norma di comportamento, rimane valida dal punto di vista teorico, ma non pratico.

59 si veda la R.M. n. 57/E del 7.04.97.

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

231

Per tale motivo si è prospettata una soluzione semplificata60, che propone di suddividere il

valore in due parti:

- la quota da riscontare, costituita dal maxicanone non ancora maturato, dalla differenza

tra il prezzo concordato e il valore del contratto al momento della cessione (determinato

come differenza tra il valore del bene a quella data e il debito residuo);

- la quota da capitalizzare, costituita dalla variazione del valore del bene dall’inizio del

contratto di leasing alla sua cessione, dalla quota di maxicanone già maturato e dalla quota

di capitale dei canoni già pagati. Questo valore capitalizzato viene imputato a costo dal

momento in cui viene effettuato il riscatto, attraverso la rilevazione in conto economico delle

relative quote di ammortamento. Si ritiene comunque superfluo effettuare tali calcoli nel

caso in cui il soggetto subentrante decida di esercitare l’opzione di riscatto subito dopo il

subentro, in quanto, in tal caso, si procede a capitalizzare l’intero importo, essendo il

subentro funzionale all’acquisto della proprietà del bene.

Riprendendo i dati dell’esemplificazione precedente, ipotizzando che il subentro avvenga

dopo il pagamento della 23° rata si avrebbe:

- Acquisto/subentro al prezzo di euro 25.560,13

Importo da suddividere per la durata residua del contratto:

- Maxicanone non ancora maturato (1808,35 x 13/36): 653,02

- differenziale tra corrispettivo e valore equo

(valore del bene – debito residuo)

0,00

Totale 653,02

Nel caso le parti pattuissero un prezzo diverso, dovuto alla diversa forza contrattuale dei

soggetti coinvolti, tale importo dovrà essere aggiunto a quello del maxicanone non ancora

maturato e ripartito per la durata residua del contratto.

Importo da capitalizzare, oltre al riscatto

- variazione valore del bene

(66.000,00 – 55.000,00) (11.000,00)

- maxicanone già maturato (1.808,35 x 23/36) 1.155,33

- quota capitale canoni pagati (somma delle prime 23

Rate conto capitale, risultanti dal piano di ammortamento) 34.751,78

Totale 24.907,11

60 si veda “il Fisco” n. 21/04 pag. 3209 e seguenti in “Cessione del contratto di leasing – aspetti contabili e fiscali” di G. Rebecca

e Carlotta Pilotto

L E A S I N G

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Viene fatto notare, che con il trascorrere del tempo, quindi con l’avvicinarsi alla data di

scadenza del contratto, diventa sempre più rilevante l’importo da capitalizzare, mentre si

riduce il valore da riscontare.

Tale soluzione, appare corretta sia dal punto di vista contabile sia dal punto di vista fiscale,

nel silenzio della norma tributaria, in quanto si rendono applicabili i corretti criteri contabili

(art.6, co. 1 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997). In conclusione, si ritiene che qualora in

futuro venga utilizzato esclusivamente il metodo finanziario di contabilizzazione dei contratti

di leasing, il problema sarebbe eliminato dall’origine.

Riprendendo gli stessi dati numerici, si rileverebbe:

Stato Patrimoniale

Immobilizzazioni:

Impianti 55.000,00 Debiti 29.439,87

Banca 25.560,13

In conto economico verrà imputata la quota di ammortamento di competenza di ogni

esercizio e la quota di interessi compresa nei canoni, sempre per competenza, mentre la

quota capitale dei canoni non viene rilevata in conto economico.

PROBLEMI CONNESSI

CESSIONEDEL

CONTRATTO

DURATA DELCONTRATTO SUL CEDENTE

DEDUZIONE DELCOSTO

PER ACQUIRENTE

TRATTAMENTOIVA

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

233

CESSIONE LEASINGCESSIONE LEASING

TRATTAMENTO AI FINI DELLE IMPOSTE DIRETTE(ris.min. n. 183/E del 4 dicembre 2000) il mancato rispetto della durata minima non rileva

L’ importo pagato può considerarsi:

come spesa pluriennale da ripartirsi sulla durata residua del contratto di leasing;

quale prezzo anticipato per il futuro riscatto del bene, e quindi classificato tra le immobilizzazioni materiali in corso e acconti.

CESSIONE LEASINGCESSIONE LEASING

LA TESI DELLA DRE EMILIA

La Dre propone di adottare un sistema misto, avvalendosi di entrambe le componenti di costo (onere pluriennale e costi anticipato sull’acquisto del bene). L’ufficio suggerisce infatti di “cogliere l’effettività dell’operazione posta in essere, decifrando, di volta in volta, se la stessa trovi le sue obiettive motivazioni e connotazioni nella pluriennale facoltà di godimento e di utilizzo del bene o, al contrario, nelle potenzialità acquisitive connesse al subentro al contratto”.

L E A S I N G

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234

CESSIONE LEASINGCESSIONE LEASINGLA TESI ADC – NORMA COMPORTAMENTO 141/2000

Concorda con Dre nella suddivisione del prezzo pagato dal subentrante in:

• parte pagata a fronte della possibilità di godimento del bene, da considerarsi quale onere da ripartire su più esercizi (fino a quello del riscatto) con la tecnica dei risconti;

• parte pagata a titolo di opzione sull’acquisto definitivo, da contabilizzarsi tra gli acconti per immobilizzazioni materiali (voce B.II.5). All’atto del riscatto del bene, il costo complessivo formato dall’acconto e dal prezzo di riscatto, sarà soggetto ad unitaria procedura di ammortamento.

CESSIONE LEASINGCESSIONE LEASINGTRATTAMENTO IVA

I leasing sono prestazioni di servizi ai sensi dell’art. 3 del Dpr633/72. Alla cessione del contratto si rende applicabile l’aliquota ordinaria. Anche nel caso in cui il bene oggetto del contratto non sia di per sé soggetto ad Iva, sul corrispettivo derivante dalla cessione del contratto deve essere applicata l’aliquota Iva del 20%. In tal senso si esprime la Risoluzione n. 57/E del 7 aprile 1997, in merito ad un terreno non edificabile (pertanto normalmente escluso da Iva), il trasferimento del quale attuato mediante la cessione del contratto di leasing deve comunque scontare l’aliquota iva ordinaria.

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

235

LA DURATA DEL CONTRATTO – RASSEGNA DI PRASSI

Circolare Agenzia delle entrate 13 febbraio 2006 n. 6/E

7.2 Contratto di leasing immobiliare stipulato dalla promissoria acquirente

D. Una società di leasing ha stipulato in data 30 novembre 2005 un contratto con la

società Alfa utilizzatrice dell'immobile, senza esserne proprietaria, ma essendo soltanto

promissoria acquirente. Il contratto in esame rientra nella precedente o nella nuova

normativa?

R. Come stabilito dal comma 2 dell'art. 5-ter del d. l. 203/2005, le nuove regole sulla deducibilità dei

canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano avendo riguardo alla data di stipula del

contratto di leasing. Al contratto preso in considerazione è, pertanto, applicabile la normativa vigente

anteriormente alle modifiche recate dalla citata disposizione essendo del tutto irrilevante a tali fini la

circostanza che la società di leasing si sia obbligata con un contratto di locazione finanziaria

relativamente ad un bene del quale non era ancora proprietaria.

7.3. Contratto di leasing-appalto su immobili

D. Una società di leasing nel mese di settembre 2005 è divenuta proprietaria di un'area

edificabile e contemporaneamente ha stipulato un contratto di leasing con una impresa

utilizzatrice avente per oggetto uno opificio industriale.

L'immobile verrà consegnato alla locataria nel mese di giugno 2006. In questo caso il

contratto rientra nel disposto di cui all'art. 5 ter, comma 1, del D.L. n. 203/2005?

R. Come stabilito dal comma 2 dell'art. 5-ter del D.L. n. 203/2005, le nuove regole sulla deducibilità

dei canoni di locazione finanziaria su beni immobili si applicano ai contratti stipulati successivamente

alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto che reca la predetta norma, vale a

dire ai contratti stipulati dal 4 dicembre 2005, data successiva a quella di entrata in vigore della legge

che ha convertito tale decreto.

Ai fini della individuazione della data di stipula del contratto di locazione finanziaria occorrerà dare

rilievo a quelle vicende giuridiche che consentano di ritenere definitivamente intervenuto ad una data

certa l'accordo di locazione finanziaria.

Si ritiene pertanto che anche nell'ambito del "leasing appalto" rilevi il momento della stipula del

contratto, nel quale viene individuata l'opera che il locatore deve realizzare e stabilite le condizioni del

leasing, restando in tal modo ininfluenti le vicende relative alla decorrenza del contratto e, pertanto,

alla consegna dell'opera medesima.

7.4. Contratto di leasing-appalto su immobili: decorrenza della durata del contratto

richiesta dalla norma

D. In presenza di leasing stipulato congiuntamente ad un contratto di appalto per la

costruzione di un immobile, la durata del contratto, per la verifica del numero minimo

degli anni (art. 102, comma 7, del T.U.I.R.) decorre dalla data della stipula del contratto o

dalla data in cui il fabbricato viene consegnato all'impresa locataria e questa ultima ne

inizia l'utilizzo?

L E A S I N G

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R. La verifica della " metà del periodo di ammortamento ", nonché del range temporale degli otto e

quindici anni previsti dall'art. 102, comma 7, del T.U.I.R. deve essere effettuata con riferimento alla "

durata del contratto " di locazione finanziaria.

Quest'ultima decorre dalla data di stipula del contratto ovvero, se diversa, da data successiva (che

potrebbe essere quella di consegna del bene) qualora le parti abbiano differito il momento a partire

dal quale decorre l'obbligo di pagamento dei canoni.

Circolare Agenzia delle entrate 13 marzo 2006 n. 10/E

10. DEDUCIBILITA' DEI CANONI DI LOCAZIONE FINANZIARIA SUI BENI IMMOBILI

Il comma 1 dell'art. 5-ter, del decreto-legge in commento prevede che " all'articolo 102, comma 7,

primo periodo del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della

Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole da "a otto anni" fino alla fine del periodo sono

sostituite dalle seguenti: "alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente

stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha

per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di otto anni ed un massimo di quindici anni se lo

stesso ha per oggetto beni immobili" ".

A seguito di tali modifiche la nuova formulazione dell'art. 102, comma 7, primo periodo del T.U.I.R., è la

seguente: " Per i beni concessi in locazione finanziaria l'impresa concedente che imputa a conto

economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura

risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario e non è ammesso l'ammortamento anticipato;

indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, per l'impresa utilizzatrice è ammessa la deduzione dei

canoni di locazione a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di

ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività

esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di

otto anni ed un massimo di quindici anni se lo stesso ha per oggetto beni immobili ".

La norma in commento ha modificato il criterio di deduzione dal reddito per l'impresa utilizzatrice dei

canoni di locazione finanziaria sui beni immobili, mentre nulla è cambiato con riguardo alla locazione

finanziaria dei beni mobili.

Prima delle modifiche introdotte dal predetto art. 5-ter, la deducibilità dei canoni di locazione

finanziaria sui beni immobili era ammessa a condizione che la durata del contratto non fosse inferiore

a otto anni, mentre per i beni mobili la deducibilità era (ed è) ancorata alla durata del periodo di

ammortamento.

A seguito delle modifiche apportate dalla norma in esame, anche per i beni immobili viene richiesta, in

linea generale, una durata contrattuale almeno pari alla " metà del periodo di ammortamento "

corrispondente all'applicazione dei coefficienti ministeriali del D. M. 31 dicembre 1988, con un minimo

di otto ed un massimo di quindici anni.

Analogamente a quanto affermato nelle circolare n. 188/E del 16 luglio 199861 con riferimento alla

durata minima dei contratti di locazione finanziaria relativi a beni mobili, si ritiene che, ai fini della 61Così recita il richiamato documento di prassi: 6. Coefficienti di ammortamento. Durata minima del contratto di locazione finanziaria D. Sono deducibili ai fini fiscali i canoni corrisposti a seguito della stipula di un contratto di locazione finanziaria di durata pari a 24 mesi ed avente ad oggetto un'autovettura? R. L'art. 67, comma 8 del Testo Unico imposte sui redditi, relativamente ai beni mobili utilizzati a seguito della stipula di un contratto di locazione finanziaria, dispone che la deduzione dei canoni di locazione da parte dell'impresa utilizzatrice è ammessa,

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

237

determinazione della " metà del periodo di ammortamento ", non assume rilievo la regola posta dal

comma 2 dell'art. 102, secondo la quale ai fini dell'ammortamento dei beni i coefficienti ministeriali

devono essere ridotti alla metà per il primo esercizio.

In sintesi, ai fini della deducibilità dei canoni di locazione finanziaria sui beni immobili la durata minima

del relativo contratto non deve essere inferiore alla " metà del periodo di ammortamento " tenendo

presente che:

• se tale arco temporale (la metà del periodo di ammortamento) è inferiore a otto anni,

quest'ultima (otto anni) è la durata minima del contratto richiesta ai fini della deducibilità dei

relativi canoni;

• se detto arco temporale è compreso tra otto e quindici anni (ad esempio dodici anni), la durata

minima del contratto deve essere pari a tale valore (nell'esempio, 12 anni);

• se detto arco temporale è superiore a quindici anni, quest'ultima (quindici anni) è la durata

contrattuale minima richiesta dalla norma.

Resta inteso che nei casi descritti sono comunque deducibili, sulla base della durata contrattuale

effettivamente prevista dalle parti, i canoni relativi a contratti con durata superiore ai predetti limiti minimi.

In definitiva, l'introduzione del limite superiore di quindici anni rappresenta un beneficio per il

contribuente. Il legislatore ha, infatti, inteso consentire comunque di dedurre i canoni di locazione

finanziaria in un periodo di tempo inferiore (quindici anni) a quello che si sarebbe dovuto osservare in

presenza di un contratto di locazione riguardante un immobile il cui ordinario periodo di

ammortamento, ridotto alla metà, fosse risultato superiore a tale limite. Si è voluto, in sostanza,

evitare di rendere troppo penalizzante l'applicazione della nuova disciplina rispetto a quella

precedentemente in vigore.

In applicazione dei principi precedentemente enunciati viene evidenziato nella tabella che segue in quali

casi è possibile dedurre i canoni di locazione tenuto conto della durata del contratto di leasing immobiliare.

Coefficiente di

ammortamento tabellareMetà del periodo di

ammortamento (in anni) Durata del contratto

(in anni) Deducibilità

10 % 5 4 NO 6 NO 8 SI 4 % 12,5 13 SI 8 NO 3 % 16,6 13 NO 15 SI 16 SI 17 SI in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito con decreto del Ministro delle finanze (per i beni strumentali entrati in funzione nei periodi di imposta iniziati in data successiva al 31 dicembre 1988 trattasi del D.M. 31 dicembre 1988). Al riguardo, con riferimento alla durata minima che deve rivestire il contratto di locazione finanziaria, si ritiene che non assuma rilievo la regola posta dal comma 2 dell'art. 67 del Testo Unico imposte sui redditi, secondo la quale detti coefficienti debbono essere ridotti alla metà per il primo esercizio (nel qual caso, ai fini in esame, il contratto di locazione finanziaria dovrebbe avere una durata non inferiore a 30 mesi), in quanto il rinvio operato a quest'ultimo comma dal successivo comma 8 dello stesso art. 67 del Testo Unico imposte sui redditi, è da intendersi esclusivamente quale richiamo dei coefficienti tabellari. D'altronde, anche l'art. 50 del Testo Unico imposte sui redditi, relativamente alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, al comma 2, terzo periodo, dispone che la deduzione dei canoni di locazione finanziaria di beni mobili è ammessa a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito con decreto del Ministro delle finanze. In conclusione, posto che per le autovetture si applica il coefficiente di ammortamento del 25 per cento, deve considerarsi valido il contratto di locazione finanziaria che, in relazione all'attività dell'impresa utilizzatrice, abbia durata non inferiore a 24 mesi.

L E A S I N G

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Giova precisare che la norma in esame prevede che i nuovi vincoli sulla deducibilità dei canoni di

locazione finanziaria su beni immobili operano " indipendentemente dai criteri di contabilizzazione "

adottati dal locatario; tale precisazione chiarisce che le nuove regole trovano applicazione anche nei

confronti dei soggetti che, avendo adottato i principi contabili internazionali (IAS 17), abbiano

contabilizzato il bene in leasing tra le immobilizzazioni dello stato patrimoniale, indicando nel conto

economico le relative quote di ammortamento.

Per completezza di trattazione si segnala che, ai fini della determinazione del periodo di

ammortamento, occorre avere riguardo - in conformità a quanto previsto dall'art. 102, comma 7,

del T.U.I.R. - ai coefficienti di ammortamento previsti per il settore di attività nel quale opera il

locatario finanziario; ciò anche quando il bene in leasing fosse eventualmente utilizzato in un

settore di attività diverso da quello nel quale opera il locatario medesimo.

Infatti, in coerenza con quanto sostenuto nella risoluzione 9 aprile 2004, n. 56/E , la strumentalità

oggettiva dell'immobile del proprietario ovvero del conduttore in leasing richiede che si applichino i

coefficienti del settore di attività riferibile a questi ultimi, prescindendo dall'effettivo utilizzo di tale

bene o dalla sua eventuale locazione a terzi. Si pensi al caso dell'immobile condotto in leasing da una

società immobiliare e dato da questa in locazione ordinaria ad un terzo che opera nel settore delle "

industrie estrattive di minerali metalliferi e non metalliferi " (gruppo IV del D.M. 31/12/1988); la

verifica della durata del contratto di locazione finanziaria andrà effettuata nella misura del 3 per cento,

corrispondente al coefficiente di ammortamento previsto per gli edifici del settore " altre attività ", a

cui deve essere ricondotta l'attività della società immobiliare, e non in base al coefficiente del 5%

stabilito per i fabbricati destinati alle predette industrie.

In presenza della cessione del contratto di leasing da un locatario finanziario ad altro,

continueranno ad applicarsi i coefficienti riferibili al primo locatario, sempre che la modifica negoziale

sia tale da non dare luogo ad un nuovo contratto di locazione finanziaria; in presenza di un nuovo

contratto di leasing si avrà una nuova decorrenza del periodo di ammortamento, che andrà

commisurato facendo riferimento ai coefficienti ministeriali applicabili al settore di attività che

caratterizza il nuovo locatario finanziario.

Occorre precisare, infine, che per la determinazione della durata minima del contratto richiesta dalla

norma occorre avere riguardo, quale data iniziale di decorrenza della " durata del contratto ", alla data

di stipula del contratto o, se diversa, alla successiva data di consegna dell'opera (come nell'ipotesi di

"leasing appalto"), a partire dalla quale le parti abbiano differito il momento dal quale decorre l'obbligo

di pagamento dei canoni.

Solo in tal modo, avendo cioè riguardo alla " durata del contratto " intesa come periodo in cui è pattuito il

pagamento dei canoni, è possibile assicurare il rispetto della finalità della modifica normativa, volta ad

ampliare l'arco temporale nel quale è consentita la deduzione dei canoni di leasing.

10.1. Decorrenza della norma

Il comma 2 del predetto art. 5-ter stabilisce che " la disposizione di cui al comma 1 trova applicazione

relativamente ai contratti di locazione finanziaria stipulati successivamente alla data di entrata in

vigore della legge di conversione del presente decreto. ".

Le nuove regole si applicano, pertanto, ai contratti stipulati successivamente al 3 dicembre 2005, data

di entrata in vigore della legge di conversione del decreto che reca la predetta norma e, quindi, ai

contratti stipulati a partire dal 4 dicembre 2005.

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La cessione del contratto di leasing aspetti contabili e fiscali

239

In ipotesi di modifica delle pattuizioni di un contratto già in corso di esecuzione al 3 dicembre 2005,

tale da configurare la novazione del precedente contratto, ai sensi dell'art. 1230 e seguenti del codice

civile, troveranno applicazione le nuove regole sulla deducibilità dei canoni di locazione finanziaria

introdotte dal decreto.

Ai fini della individuazione della data di stipula del contratto di locazione finanziaria occorrerà dare

rilievo a quelle vicende giuridiche che consentano di ritenere definitivamente intervenuto ad una certa

data l'accordo di locazione finanziaria.

Ciò posto, a tali fini si ritiene irrilevante la eventuale indisponibilità del bene in capo al locatario, al

momento della stipula del contratto, ben potendo questi acquisire la disponibilità del medesimo in un

momento successivo.

Anche in relazione al contratto di "leasing appalto", si ritiene che per l'applicabilità delle nuove norme

rilevi il momento della stipula del contratto nel quale viene individuata l'opera che il locatore si obbliga

a realizzare e consegnare, restando ininfluenti, a tal fine, le vicende relative alla consegna dell'opera

medesima che, come detto sopra, assumono invece rilevanza in relazione alla determinazione della

durata del contratto.

L E A S I N G

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La quarta giornata del Master Breve – Area Giuridica, affronterà il seguente argomento:

I CONTRATTI D’IMPRESA (III° modulo): CONTRATTI PER LO SVILUPPO D’AZIENDA E ALTRI CONTRATTI

Secondo il seguente calendario:

MILANO (1^ ed) 9 gennaio 2007

TORINO 9 gennaio 2007

MILANO (2^ ed) 10 gennaio 2007

BOLOGNA 11 gennaio 2007

FIRENZE 11 gennaio 2007

ROMA 12 gennaio 2007

TREVISO 15 gennaio 2007

VENEZIA 16 gennaio 2007

VERONA 17 gennaio 2007

BRESCIA 17 gennaio 2007

GENOVA 18 gennaio 2007

ALESSANDRIA 18 gennaio 2007

PESARO 19 gennaio 2007

VICENZA 30 gennaio 2007

BERGAMO 1 febbraio 2007

UDINE 1 febbraio 2007

CAGLIARI 6 febbraio 2007

Per ulteriori informazioni telefonare allo 045/8201828 o consultare il sito www.euroconference.it