2.Ottica
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7/26/2019 2.Ottica
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Capitolo 2. Ottica
Introduzione
Come si visto nel capitolo precedente, la luce un fenomeno di natura ondulatoria. Di
conseguenza, la propagazione della luce equivalente alla propagazione di unonda. Nello
studio dellottica geometrica invalso da lungo tempo, luso di considerare i cosiddetti
raggi di luce, che rappresentano in definitiva le traiettorie rettilinee delle particelle di
luce descritte nella teoria di Newton. Tali raggi possono essere visualizzati mediante
lutilizzo di schermi forati posti lungo il cammino della luce. Come sappiamo dalla nostraesperienza, un ostacolo incontrato dal fascio luminoso, produce unombra che
esattamente la proiezione dellostacolo lungo la direzione di propagazione della luce.
Dunque, con uno schermo forato possiamo pensare di poter produrre un cilindro di luce,
sottile a piacere, purch il foro sia abbastanza piccolo. Le cose non stanno esattamente
cos. Gi nel Settecento, Padre Francesco Maria Grimaldi si accorse che, con un foro
troppo sottile, si aveva luce dove doveva esserci ombra. Insomma, qualcosa non
funzionava. Se vero che un sottile cilindretto di luce dimostra che la luce si propaga in
linea retta, daltra parte, non possibile ottenere un cilindro sottile come si vuole. Un
raggio di luce pu essere unutile astrazione, ma non risulta descrivere efficacemente
losservazione sperimentale per qualsiasi grado di approssimazione: sotto un certo limite,
la propagazione della luce non appare pi essere rettilinea.
In effetti, lidea di raggio luminoso come cammino di una particella di luce o comunque
come cammino della luce viene normalmente utilizzata nella cosiddetta ottica geometrica.Con il termine ottica geometrica si intende quel settore dellottica che studia tutti glistrumenti ottici, semplici o complessi, basati sulle leggi della rifrazione e riflessione e che
utilizza metodi puramente geometrici. Per la verit, ci si gi resi conto che la luce non si
propaga in linea retta, almeno non sempre, e che ha una natura ondulatoria. Dunque, il
passaggio attraverso mezzi trasparenti deve essere descritto utilizzando i metodi di
Huygens, Kirkhhoff e Fresnel.
Come spiegare le deviazioni dalla legge di propagazione rettilinea? Secondo Huygens*, possibile costruire un fronte donda a partire dal fronte donda precedente. Occorre
semplicemente considerare ogni punto del fronte donda iniziale come sorgente di
unonda sferica. Il fronte donda successivo si ottiene facendo la convoluzione delle
ampiezze di tutte queste onde sferiche. Per essere pi precisi, occorre moltiplicare le
ampiezze per un fattore, il cosiddetto fattore dobliquit, che modula lampiezza in
funzione dellangolo: massima in avanti, nulla allindietro. Questo fattore, dunque,elimina le onde che altrimenti verrebbero emesse allindietro ed ha la forma:
2
cos1)(
+=f . Naturalmente, usando il principio di Huygens, facile tenere conto di
eventuali ostacoli opachi: basta eliminare quei contributi del fronte donda che sono
fermati dallostacolo. Tuttavia evidente che, cos facendo, si eliminano dei contributi ed
*Trait de la lumire, Dunod, Paris 1992.
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Cap. 2 Ottica2
il fronte donda successivo non sar pi, almeno ai bordi, quello che sarebbe stato inassenza dello schermo. Si disegni unonda piana e si considerino tutte le onde circolari che
si propagano dai punti del fronte donda: facile convincersi che il fronte donda
successivo sar un piano, ma, se il primo fronte incide su uno schermo tutto opaco tranne
che per un foro circolare, le onde che passano attraverso lostacolo daranno luogo ad un
nuovo fronte donda che si propagher ad un certo angolo rispetto alla direzione iniziale e
pertanto determineranno una illuminazione dove ci si sarebbe aspettata la sola presenza diombra.
1. Linterferenza
Uno dei fenomeni pi caratteristici delle onde linterferenza. Linterferenza una
conseguenza del fatto che le onde obbediscono al principio di sovrapposizione: laperturbazione totale in un punto dello spazio dunque la sovrapposizione delle
perturbazioni presenti. In determinate circostanze, che verranno adesso esaminate,
lintensit della luce in alcuni punti dello spazio pu essere nulla o massima, cio variare
spazialmente, seguendo uno schema indipendente dal tempo.
Occorre subito puntualizzare che esiste una condizione preliminare, condizione la cui
necessit non immediatamente evidente, perch si verifichi il fenomenodellinterferenza. Tale condizione che le sorgenti siano in fase. Ripensando allo schema
dellatomo di Bohr, si ricordi che lemissione di luce da parte di un atomo avviene in
piccole quantit di energia: quelle relative al salto energetico tra due livelli. In termini
ondulatori, questo implica lemissione di un campo elettromagnetico oscillante, di breve
durata, che raggiunge un punto dello spazio ad un tempo e con una fase largamentearbitraria. Se allo stesso punto giunge contemporaneamente una seconda perturbazione, le
due si sommano dando luogo ad un campo elettromagnetico che pu essere massimo o
minimo a seconda della differenza di fase delle due perturbazioni. Tuttavia, altre onde
emesse in tempi successivi presenteranno differenze di fase ancora diverse e daranno
dunque luogo ad onde elettromagnetiche di ampiezza diversa ad altri istanti.
Lilluminazione dunque sar una funzione rapidamente variabile del tempo e quella che sipu percepire una media dei valori temporali. Affinch esista unilluminazione costante
in un punto, la relazione di fase tra le due onde interferenti deve rimanere costante nel
tempo. Questo si pu ottenere, sovrapponendo in uno stesso punto non due onde generate
da sorgenti separate, ma una stessa onda che raggiunga il punto, attraverso due cammini
diversi: se la differenza di fase dipende o dalla diversa distanza percorsa o dalla velocit
con cui si sono percorse queste distanze (per esempio, a causa di diversi indici dirifrazione) essa rimarr la stessa ad ogni emissione di luce e sar dunque indipendente dal
tempo. Usando la matematica per discutere il fenomeno, si possono prendere due onde
piane, con la stessa ampiezza e la stessa pulsazione:
=
=
)(
2
(
1
222
111
),(
)),(
xkti
xkti
Aetx
Aetx
-
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Cap. 2 Ottica 3
Si badi che stessa pulsazione non vuole necessariamente significare stesso vettore donda
o lunghezza donda, perch, se i due cammini ( 1x , 2x ) avvengono in materiali con indici
di rifrazione diversi, le lunghezze donda saranno diverse.
=
=
+
+
)(
2
)(
1
2
1
),(
),(
ti
ti
Aetx
Aetxcon 2,12,12,12,1 = xk
La loro somma pu essere riscritta come:
)(
21
+=+= tiBe ,
con: cos22 +=AB ,21
21
coscossentg
++=
sen e
112221 xkxk +== .
Lintensit dellonda sar: += )cos1(2 02 IBI
2cos4 20
II= .
Da questultima formula, si deduce che lintensit varier, e varier in modo indipendente
dal tempo, in funzione del punto dello spazio considerato. In altre parole, lintensit avrminimi e massimi secondo uno schema stazionario nel quale minimi e massimi si
susseguono a seconda della differenza di cammino ottico ( )(kx ) delle due onde dallerispettive sorgenti. Per cammino ottico si intende il prodotto della distanza per lindice
di rifrazione, ovvero, nei casi pi complessi, lintegrale =B
A
dxxnl )( . In particolare, si
avr un massimo dellilluminazione per m2= ed un minimo, per )12( += m ,
con mnumero intero.Si noti che stiamo parlando di luce monocromatica. Se la luce fosse bianca, le posizioni
dei minimi di illuminazione sarebbero spazialmente distinte luna dallaltra, a seconda delcolore.
Di conseguenza, se in un punto si ha un minimo, per esempio per il rosso, allora il verde
sarebbe la frequenza dominante ed il punto appare verde. Si troverebbero dunque delle
frange colorate.
Se si vuole utilizzare una sola sorgente per mantenere le due onde in fase, si ha bisogno di
un qualche sistema in grado di dividere unonda, facendo seguire cammini diversi alle dueperturbazioni e portandole poi ad interferire nello stesso punto. Vediamo alcuni di questi
sistemi.
Negli specchi di Fresnel, si usano appunto due specchi per sdoppiare i due cammini. In
questo caso, i due vettori donda sono identici: sono diversi solo i cammini geometrici
xkkx =)( . Come mostrato in fig. 16, i due raggi sembrano provenire dalla due
immagini 1S e 2S della sorgente formate dagli specchi piani.
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Cap. 2 Ottica4
Un secondo sistema per dividere unonda in due rappresentato dal biprisma, disegnato infig. 17 e dagli specchi di Lloyd in fig. 18.
Dopo aver separato i due cammini, sipossono poi far passare le due onde
attraverso mezzi caratterizzati da
indici di rifrazione diversi. Essendo
diverse le due velocit, ci sar
comunque uno sfasamento. In effetti,lo sfasamento proprio una misura
della diversa velocit e dunque del
diverso indice di rifrazione. Il sistema
ci d dunque la possibilit di
misurare lindice di rifrazione di un
mezzo rispetto al vuoto, se uno deidue cammini nel vuoto, o rispetto
allindice di rifrazione di un altro
mezzo.
S1
S2
Fig. 17: Biprisma di Billet.
schermo
S2
S1
Fig. 18: Specchi di Loyd.
Schermo
Fig. 16: Specchi di Fresnel.
S1
S2
schermo
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Cap. 2 Ottica 5
Fenomeni dinterferenza avvengono nelle lamine sottili. Cominciamo dalle lamine sottili afacce piane e parallele.
Si consideri il caso di incidenza
normale ( 0=i ) su una lamina
di spessore d. La differenza di
cammino :
dn
dndk
2
22
4
222
+=
=+=+=
Poich si sta considerando il caso di incidenza normale, lunico parametro che pu essere
cambiato lo spessore della lamina. Al variare di d dunque, si avranno dei massimi
quando le due onde sono in fase e si rinforzano, cio quando m2= , ed invece deiminimi quando le due onde sono in opposizione di fase e dunque si cancellano
reciprocamente, )12( += m . Ovvero:
Tutte le volte che si verifica una riflessione alla superficie di separazione tra un mezzo
dindice di rifrazione minore e uno dindice di rifrazione maggiore, occorre variare la fase
dell'onda riflessa di .
Fig. 19: Misura dellindice di rifrazione.
Vuoto
n
Lente convergente
n1
n2
Fig. 20: Interferenza in una lamina sottile.
d
i
B
AC
r
D
schermo
-
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Cap. 2 Ottica6
2
0min
42:
npdI
= e
2
max4
)12(:n
pdI
+= , con p numero intero. Si noti che il
significato di queste formule il seguente: nello spazio sopra la lamina le due onde
riflesse si cancellano (o si rinforzano, a seconda dei casi), e dunque non c onda riflessa.
Questo vuol dire che tutta la luce che cade sulla lamina sottile, la attraversa. In verit,
occorrerebbe fare lo stesso calcolo, tenendo conto delle diverse ampiezze delle onde
riflesse (coefficienti di Fresnel) sulle due superfici, per sapere quale frazione della primaonda riflessa viene cancellata dalla seconda. Ad ogni modo, utilizzando le considerazioni
fatte, si possono realizzare dei rivestimenti ottici antiriflettenti, che massimizzano cio la
luce che attraversa lottica e minimizzano la parte riflessa. Un esempio di lamine piane
dato da macchie dolio sullacqua. Lolio, trasparente, si dispone in uno strato molto
sottile sullacqua e la luce solare che incide su queste macchie d luogo ad uniridescenza
tipica, dovuta appunto allinterferenza tra i raggi riflessi sulle due superfici dello stratodolio. Nei punti dove un colore si cancella, la superficie dellolio appare colorata proprio
per mancanza di quel colore, il che spiega liridescenza. Riprendiamo adesso la situazione
descritta in fig. 20, ma poniamo 0i . Guardiamo ai raggi emergenti ad un angolo preciso
(frange di eguale inclinazione). I due raggi riflessi dalla superficie inferiore e da quella
superiore possono essere portati ad interferire con una lente (il cristallino per esempio).
La differenza di cammino ottico sar stavolta pari a:
2 2
2 2 2 22 2 2 sen 2 (1 sen )cos cos cos
d d dl n AB DC n n r n r
r r r = = = =
rdn cos2 2= , che d i massimi a:
2 02 12 2 cos
2mk l m n d r
= + = = . Ovvero per
)12(4
cos2
0 = mdn
r
. La formula 22 cosl n d r= viene usata anche nel caso di raggi X
che battano ad un angolo su un cristallo. I diversi piani di atomi che formano il cristallo
riflettono i raggi X e si ha interferenza a certi angoli per cui 2 sinl d = =
, in quel
caso occorre infatti porre 1n=
e si usa langolo
complementare di i . Dallangolo per
cui si ha interferenza costruttiva si calcola la lunghezza donda dei raggi X.
Si noti che nella fig. 20 solo la luce emergente dalla superficie superiore considerata:
facile capire che i raggi emergenti dalla superficie inferiore daranno anche loro
interferenza, se una lente viene usata per fare convergere i raggi su uno schermo. In pi si
deve notare come la luce viene riflessa molte volte allinterno della lamina e perci si
potranno avere molti raggi emergenti (sopra o sotto) se solo una parte piccoladellintensit luminosa attraversa la superficie del vetro finendo nellaria ad ogni
riflessione.
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Cap. 2 Ottica 7
Possiamo calcolare lintensit della luce riflessa o trasmessa, sommando le ampiezze dei
diversi raggi e quadrando lampiezza.
Se A lampiezza dellonda incidente, lampiezza dei raggi riflessi sono:
0'
i t
rE A e=
1'
i i t
rE A e e =
2
3'
i i t
rE A e e =
.2 1
'm
m im i t
rE A e e =
In cui , e ', ' sono rispettivamente i coefficienti di riflessione e trasmissione alla
superficie di separazione vetro-aria e aria-vetro.2
2 cosnd r
= come prima.
Sommando tutte le ampiezza, abbiamo:
( ) ( )2 1 2 1 ( 1)1 0
' ' ' 'm im i t i m i m i t E A e e A e e e + + = + = + =
( ) ( )( 1)
2 2 ( 1) 2
0 0' ' ' '
mi m i m i t i i i t A e e e A e e e
+ +
= + = + =
2' '
1
ii t
i
eA e
e
= +
. Si pu dimostrare che per i vari coefficienti di riflessione
e trasmissioni valgono le relazioni:2 ' 1 + = e ' = . Sostituendo, possiamo
eliminare ', ' e otteniamo:2
1
1
ii t
i
eE A e
e
=
, Da cui otteniamo lintensit
della radiazione riflessa:
2 2 2
0 0 02 2 2 2 4 4
1 1 1 1 2 2cos
1 1 1 1 2 cos
i i i i
r i i i i
e e e eI I I I
e e e e
+ = = =
+
Fascio incidente
Lamina di vetro
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Cap. 2 Ottica8
Lintensit della radiazione trasmessa si ottiene nello stesso modo. Per semplicitammettiamo semplicemente che lintensit della luce trasmessa sommata a quella della
luce riflessa deve essere uguale allintensit entrante in accordo con la conservazione
dellenergia e otteniamo:2
2
0 0 04 2 4
1 cos 2 (1 cos )2
1 2 cos 1 2 costI I I I
= =
+ + .
Lintensit della radiazione in funzione dellangolo r per molto piccola consiste inpicchi ben separati.
La lamina non deve necessariamente essere a facce piane e parallele.
Si consideri, infatti, il caso di un cuneo.
Nei punti di spessore xd= ,si ha interferenza tra le due
onde riflesse verso lalto, con il
massimo di riflessione se:
2
0
4)12(
nmx
+= , ed il
minimo se:2
0
2 nmx
= .
Gli anelli di Newton, sono un fenomeno di interferenza che si vede mettendo una lente
piano convessa su una lastra di vetro piana.Lo straterello daria tra i due vetri una lamina con spessore variabile. Se indichiamo con
Ril raggio di curvatura della lente, lo spessore ddello straterello costante su un cerchio
di raggiox, con:
22 2 2
1 ( )2
x xd R R x R R
R R= = .
Dunque si vedranno anelli luminosi seguiti da anelli scuri. Gli anelli luminosi (massimi) si
avranno a
R
xmd
24
)12(2
0=+=
, ovvero a
2
)12( 0R
mx += . Una formula analoga
pu essere scritta per gli anelli scuri.
Malgrado lo studio accurato del fenomeno degli anelli, Newton non giunse alla
conclusione che la luce fosse un fenomeno ondulatorio.
Vedere: I. Newton, Opticks, Dover (1979), pag. 198 e seguenti. Il fenomeno delle frange
colorate prodotte dalle macchie dolio sullacqua stato studiato da R. Hooke.
d
X
Fig. 21: Interferenza su un cuneo.
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Cap. 2 Ottica 9
Nel 1803, T. Young present
vari esperimenti alla Royal
Society che dimostrarono la
natura ondulatoria della luce.
Tra questi lesperimentouniversalmente noto come
esperimento di Young. Uno
schermo con un foro
rettangolare posto davanti ad
una sorgente luminosa. La luce
che passa attraverso la fenditura
non si propaga rettilineamente,ma a causa della diffrazione si
propaga anche al di fuori
dellombra geometrica. La luce,
passata la fenditura, arriva su
un secondo schermo con due
fenditure parallele.Su un terzo schermo, stavolta
senza fenditure, si osservano le
frange di interferenza. Possiamo
descrivere il sistema sorgente
pi prima fenditura, come una
sorgente capace di illuminare ledue fenditure che diventano
cos due sorgenti in fase. Le
frange che vediamo sullo
schermo finale sono dunque
dovute allinterferenza tra le
onde emesse dalle due sorgentiS1e S2.
Consideriamo allora le due onde sferiche che partono dalle due sorgenti:
)cos( 11
01
1 tkrr
= e )cos( 22
02
2 tkrr
= .
Sullo schermo finale queste due onde arriverannocon una differenza di fase
Per i dettagli storici, vedere: D. Park,Natura e significato della luce, McGraw Hill, pag.
255 e seguenti.
Fig. 23: Lesperimento di
Youn .
Onde
iane
Onde
sferiche
S1
S2
RR
x
r
Fig. 22: Gli anelli di Newton.
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Cap. 2 Ottica10
)(2
)( 2121 rrrrkrk ===
. Come
abbiamo gi detto, nei punti in cui m2= ,avremo un massimo dintensit e, dove
)12( += m , avremo dei minimi.Dalla fig. 24, ricaviamo per la differenza dei
cammini:
sen
2sen21 ddrr == .
Dunque avremo massimi nelle direzioni
d
m=sen (dalla condizione
md 2sen
2= ) e minimi nelle direzioni
d
m
2
)12(sen
+= .
Lintensit sar cos :
)sen(cos4 20
dII= , nellipotesi di uguali
ampiezze delle due perturbazioni.
Si tenga presente che si sono trascurati i fattori che rendono disuguali le due ampiezze, peresempio il fattore ral denominatore. E anche vero che le componenti del vettore elettrico
giacente nel piano del foglio non sono esattamente parallele. In aggiunta, lintensit della
luce decresce con langolo , a causa del fattore dobliquit2
cos1)(
+=f . Infine, si
noti che langolo definito per una fenditura, e per laltra sar diverso. Qui si suppone
comunque che sia ld
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Cap. 2 Ottica 11
in aria, lindice di rifrazione 1 e si tratta dunque di una lamina sottile in aria. Gliintervalli temporali usati nel cap.1 di Fisica Generale 1 si trasformano in differenze di fase
moltiplicandoli per : = . Per il resto lapparato gi stato discusso. Nel primo
capitolo del corso di Fisica Generale I, abbiamo stabilito che, secondo la relativit
classica, 21 24
' ( )t t d dc
=
, ovvero che
differisce da 0 per il fattore
21 2
4( )d d
c
, in cui
la frequenza della sorgente. Lesperimento di Michelson
pertanto progettato proprio per verificare lesistenza di questo fattore. Volendo usare un
interferometro per mettere in evidenza lesistenza di questa correzione, occorre che:
2
1 2
4
( )c d dc
. Poich nellesperimento di Michelson:
4 2 8
10 10=
=
,75 10 m
e 1 11d m , questa condizione soddisfatta.
-0,2 0,0 0,2
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
sen()
I(ua)
Fig. 25: Illuminazione tra due fenditure.
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Cap. 2 Ottica12
Gli interferometri (vedere anche di seguito) possono essere usati per una variet di misure.
Se i due fasci che vengono portati ad interferire sono spazialmente ben separati, allorapossono essere usati per misurare la variazione di cammino ottico in uno dei suoi bracci
causata dallinserzione sul cammino del fascio di un pezzo di materiale trasparente e per
conseguenza, nota la dimensione del campione, del suo indice di rifrazione
(interferometro di M., di Jamin, di Mach-Zender). Si po aggiungere che lindice di
rifrazione pu dipendere da vari parametri fisici, per esempio la temperatura o la
concentrazione di un soluto in un solvente, questi parametri possono quindi esseremisurati. Nel caso dellinterferometro di M. si potuto misurare la lunghezza del metro
campione in termini della lunghezza donda di una riga particolare (riga rossa del Cd) e
per conseguenza ridefinire il campione di lunghezza.
Il metodo banale in teoria, molto complesso in pratica, Poich al variare della lunghezza
di un braccio si ottengono passaggi alternati di piena luminosit a oscurit. Un passaggio
dal massimo al minimo di luminosit implica un movimento pari alla met dellalunghezza donda della luce usata: dopo N passaggi si sar misurata una lunghezza pari a
/ 2N . La misura del metro campione richiederebbe un conteggio assai elevato dicambiamenti di luminosit, pertanto il procedimento pi complicato.
2b. Interferometro di Jamin
E fatto disponendo due lamine di grosso spessore (per esempio 4 cm) parallele tra loro e a
45 rispetto al fascio incidente ( 1S ed 2S ). Le due lamine hanno la superficie posteriore
Fig. 26: Interferometro di Michelson.
Fascio di luce
Specchi
d2
d1
S1 S2
Specchio
semiriflettente
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Cap. 2 Ottica 13
argentate in modo da riflettere la luce. Il fascio incidente sulla superficie anteriore di 1S
si divide in un fascio riflesso sulla superficie anteriore ed un fascio rifratto nella lamina e
poi riflesso dalla superficie posteriore. I due fasci ben separati lateralmente tra loro, sono
poi portati ad interferire sulla faccia anteriore di 2S .
Se le due lamine fossero esattamente uguali ed esattamente parallele, il sistema sarebbe
uguale ad una lamina in aria di spessore costante e la superficie anteriore di S 2sarebbe
uniformemente illuminata. Se si ruota intorno ad un asse perpendicolare alla pagina unadelle lamine si osserveranno frange dinterferenza come in una lamina a cuneo.
2c. Interferometro di Mach-Zender
Un fascio monocromatico viene diviso in due fasci da uno specchio semitrasparente (St). I
due fasci sono riflessi da due specchi ( 1S ed 2S ). e interferiscono sulla superficie
posteriore di una lamina di vetro (L).
Fascio incidente
Superficie riflettente
posteriore
S1
S2
Fascio incidente
S1
S2
St
L
-
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Cap. 2 Ottica14
2d. lamina di Lummer e Gehrke
Consiste in una lamina di vetro in cui un fascio di luce subisce riflessioni multiple sulle
sue superfici interne, lasciando uscire un po di luce ad ogni riflessione. La luce in uscita
viene fatta interferire su uno schermo, usando una lente convergente.
2e, Interferometro di Fabry-Perot
Un uso delle lamine a facce piane e parallele nellinterferometro di Fabry-Perot. La luce
passa ripetutamente attraverso la lamina e la quantit di luce che passa attraverso la
lamina varia a seconda della lunghezza donda, lo spessore della lamina, lindice di
rifrazione secondo la stessa regola: per avere un massimo, occorre che (notate
leliminazione del fattore addizionale : non c riflessione!)
2
0
22 cos 2k l n d r m
= = = . Facendo cadere la luce sullinterferometro, avremo
una luminosit del fascio passante che dipende dalla lunghezza donda. Ne segue che si
Fascio incidente
Lente convergente
SchermoLamina di vetro
Interferenza
-
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Cap. 2 Ottica 15
pu misurare molto accuratamente la lunghezza donda, variando lo spessore della lamina,
che viene realizzata con due specchi semiriflettenti. In questo caso sar: 2 1n = . Il
sistema pu essere usato anche come filtro: lasciando cadere sul fabry-perrot della luce
con uno spettro continuo di frequenze, solo certe frequenze passeranno.
3. Interferenza tra N fenditure
Consideriamo un sistema come quello in fig. 27. Generalizzando quello che abbiamo fatto
con due fenditure, sappiamo che tra le onde
provenienti da due successive fenditure c uno
sfasamento
sen
2
d= .
Dobbiamo sommare le N perturbazioniprovenienti dalle fenditure, ognuna delle quali
avr la forma: kiti
kk ee 0= , con
+=1kk . Mettendo in evidenza il
fattore con la dipendenza temporale, abbiamo:
==k
i
k
ti
k
kkeetxtx
0),(),( . A
questo punto occorre calcolare la somma di
numeri complessi: =k
ik
ke 00 . Poich un
numero complesso pu essere rappresentato da
Schermo
S1
SN
d
Fig. 27: Interferenza tra
Nfenditure.
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Cap. 2 Ottica16
un vettore nel piano complesso, prendiamo ilprimo di questi numeri come vettore lungo
lasse reale e sommiamogli gli altri, tenendo
conto dello sfasamento relativo a quello
precedente (vedi fig. 29). Lo sfasamentoapparir come un cambiamento di inclinazione
pari a rispetto al vettore precedente. I vettoriallora si dispongono su un cerchio, essendo le
loro lunghezze k0 tutte uguali. Ne segue che il
vettore somma :2
sen20
N
= . Del resto,
possiamo scrivere che:2
sen201 = . In
conclusione, abbiamo:
2sen
2sen
010
N
= .
Infine, elevando al quadrato, avremo:
2010 )
2
sen
2sen
()(
N
II = . Questa formula si riduce a quella gi trovata, nel caso in cui
2=N , usando lidentit trigonometrica:2
cos2
sen2)2
2(sen
= . E evidente che
lilluminazione ha un massimo per 0= , dove sia il numeratore che il denominatorevanno a zero. In genere, numeratore e denominatore sono nulli in quelle direzioni tali che
dm
=sen , con mnumero intero. In tal caso, usando la regola dellHopital, evidente
che lintensit va come 2N . Nelle direzioni definite dalla relazione:dN
m=sen , con
...1,1,...,1 += NNm , il numeratore nullo, ma non il denominatore. Si hanno cos
dei minimi. Nelle direzioni in cui il numeratore ha un massimodN
m
1
2
12sen
+= e il
denominatore non nullo, si hanno massimi secondari. In fig. 29, abbiamo riportato il
grafico della funzione
)2
(sen
)2
(sen
2
2
N
, cio dellilluminazione, in unit arbitrarie, perN=4.
X
Y
Fig. 28: Somma di vettori complessi.
N
0 0
01
-
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17/30
Cap. 2 Ottica 17
Fig. 29: Illuminazione da quattro fenditure.
Rifacendo lo stesso grafico con numeri grandi, corrispondenti adNdi parecchie migliaia, i
massimi primari crescono in altezza come 2N rispetto ai massimi secondari (che
rimangono dellordine dellunit). Di conseguenza, lilluminazione tutta concentrata
nelle direzioni dei massimi principali. Gli altri parametri del grafico sono: d=3,3m e=300nm.
4. La diffrazione
Come sappiamo, la luce non si propaga sempre in linea retta. I fenomeni nei quali
presente una deviazione dalla propagazione rettilinea si chiamano fenomeni di diffrazione.Qui ci si vuole occupare a scopo illustrativo di due casi notevoli: la diffrazione attraverso
una fenditura utile per la descrizione del reticolo di diffrazione - e quella attraverso un
foro - per capire i limiti della risoluzione negli strumenti ottici. Fenomeni di diffrazionesono pure il passaggio di luce in zone che, geometricamente, dovrebbero essere dombra.
Siamo abituati a questi fenomeni: per esempio, guardando attraverso le ciglia sorgenti di
luce, osserviamo frange colorate. Si tratta appunto di frange dovute alla diffrazione. Siconsideri allora una fenditura di altezza h.
Si divida la fenditura in strisce di
altezza infinitesima dy e si
sovrappongano le perturbazioni
-0,10 -0,05 0,00 0,05 0,10
0
5
10
15
20
sen()
I(ua)
-
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18/30
Cap. 2 Ottica18
provenienti da queste striscioline,utilizzando una lente convergente. La
differenza di cammino tra la
strisciolina a y=0 e quella a
coordinata y : senyl = , di
conseguenza, la differenza di fase
sen2 y
= . La perturbazione
proveniente dalla fenditura la
somma delle perturbazioni
infinitesime che provengono da
ciascuna strisciolina.
Dunque:)( +
= ti
c eh
dyEdE . Sommandole con lo stesso metodo usato per
linterferenza daNfenditure
0
0
0
0
2 2( )
2 2
2 sen
(cos ) sen( sen )2 sen sen
sen
h h
i t i t i i t ic cc
h h
i t i t c c
i tc
E EdyE E e e dye e e d
h h h
E E he isen d e
h h
zE e
z
+
= = = =
= + = =
=
con:
senh
z = . In conclusione, lilluminazione va come 2)sen
(z
z. In fig. 31 viene
riportato il grafico dellilluminazione in funzione di sen. In esso si vede nettamente lapresenza di picchi secondari dilluminazione.
Notare che la formula precedente:
)2
(sen
)2
(sen
2
2
N
della interferenza da fenditure di
altezza si riduce alla formula della diffrazione da unapertura di altezza per +
e 0in modo che lim = .
dy
h
Y
Fig. 30: Diffrazione da una fenditura.
-
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19/30
-
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20/30
Cap. 2 Ottica20
-1,0 -0,5 0,0 0,5 1,0
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
sen()
(senz/z)2
Fig. 31: Diffrazione da una fenditura.
6. Lo spettro dellatomo didrogeno
Utilizzando un reticolo di diffrazione, si pu esaminare lo spettro della luce emessa da un
gas ad alta temperatura. In particolare, si pu studiare lo spettro della luce emessadallatomo didrogeno, essendo questo latomo pi semplice.
La caratteristica pi importante dello spettro di emissione di un gas che le emissioni
avvengono solo su precise frequenze: lo spettro, cio la distribuzione delle frequenze,
appare come una sequenza di righe luminose su uno sfondo buio. Pi esattamente possibile descrivere le frequenze ammissibili con la formula (di Balmer):
)11
(22 knh
K= , dove fissato il numero intero ...3,2,1=n (cio fissata la serie di righe),
si troveranno tutte le righe corrispondenti alla sequenza dei numeri interi ,...1, += nnk In
-
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21/30
Cap. 2 Ottica 21
verit esiste anche un principio di combinazione di Ritz che sostiene che la differenza tra
due termini del tipo2
1K
h n
=
costituisce sempre una frequenza possibile.
Come si vede, la formula delle frequenze ammissibili identica nella forma a quella
descritta al Cap. 4 e relativa ai salti energetici tra due orbite di Bohr
)11
(22
nkKHHH mn == , con: 22
0
4 1
)4(2
1
emK= =cost.
Di conseguenza, se ammettiamo con Planck che lenergia del campo elettromagnetico
esprimibile nella forma: hH= , dove h la costante di Planck e la frequenza dellaluce, allora, la quantizzazione dell'energia operata da Bohr risulta equivalente ad una
quantizzazione delle frequenze emesse. Un problema insormontabile con latomo di Bohr costituito dal fatto che lelettrone in rotazione intorno al protone irraggia secondo la
legge di Larmor e rapidamente decade sul nucleo. Latomo di Bohr instabile!
Calcoliamo lordine di grandezza del tempo impiegato dallelettrone a finire sul nucleo.Per un moto circolare, usando la formula di Larmor, lenergia irraggiata per unit di tempo
:
2 4
3 2
0
2
3 4
e vP
c r= . Con ovvio significato dei simboli:
2 4 2
3 2 20 0
1 2 1
4 3 4
dE e v edt dt mvdv dr
dt c r r = = +
2
1
0
2
0
22
20
22
)1
4
(1
4
1
4 mr
ev
r
emv
r
e
r
vm
=== e differenziando:
20
2
8 r
dremvdv
= . Sostituendo:
2 4 2 2 2 2 22
3 2 2 3 2 2 20 0 0 0 0 0
2 42 2
2 3 2 3 2 20 0
2 1 1 2 1 1 1 1 1( )
3 4 4 3 4 4 8 4
4 1 1 4 1 1( )
3 4 3 (4 )
e v e e e e edt mvdv dr dt dr dr
m rc r r c r r r
e edt dr dt dr dt r dr
rm c m c r
= + = +
= = =
2
2 2 21 3 1
2 30
4 1 4( ) 3,15 10
3 4 3 e
er c m s
m c
= = = , con
215
20
12,8 10
4e
er m
mc
= = ,
raggio classico dellelettrone. Integrando:
1
30 3
0
( ) (1 3 )r t r t r
= , ricordando che per un atomo didrogeno: mr
100 1053,0
= , si
deduce che: 0=r a 12t ps= .
-
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22/30
Cap. 2 Ottica22
0 2 4 6 8 10 12
0,0
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
t(ps)
r(m).1010
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
O r i g in P r o 8 E v a lu a t io n O r i g in P r o 8 E v al u a t io n
-
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23/30
Cap. 2 Ottica 23
0,020 0,025 0,030 0,035 0,040 0,045 0,050
0
200000
400000
600000
800000
1000000
sen()
Illum
inazione(ua)
Fig. 32: Illuminazione da reticolo di diffrazione.
7. La formula di Kirchhoff e la diffrazione
Ricaviamo adesso la formula di Kirchhoff che d una trattazione matematica del principio
di Huygens-Fresnell.
Partiamo dallequazione delle onde e consideriamo unonda monocromatica:ti
ezyxtzyx
),,(),,,( = . Sostituiamo nellequazione delle onde e otteniamo:2 0k + = che lequazione di Helmholtz (modifica dellequazione di Poissons
che ha 02 =k ). Prendiamo adesso due onde con lo stesso valore di k: 1 e 2 .
Scriviamo lequazione di Hemholtz, moltiplichiamo la prima per 2 , la seconda per 1
e sottraiamo. Si ha:2 2
2 1 1 1 2 2( ) ( ) 0k k + + = . Integriamo su un volume V,
da una superficie che racchiude tutto (vedi disegno in basso) e otteniamo:
-
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24/30
Cap. 2 Ottica24
2 2
2 1 1 1 2 2
1 2
2 1 1 2 2 1
( ( ) ( )) 0
( ) ( )
V
S S
k k dV
d dndS ndS
dn dn
=
= =
Dove la derivata lungo la normale alla superficie ndn
d = 2,1
2,1
. Prendiamo
adesso come 1 , la soluzione dellequazione di Helmholtz ( ) e come 2 , la funzione
ikrer
1 che anchessa soluzione dellequazione di Helmholtz
22
2 22
10
dr k
r dr
=
ovunque tranne che nellorigine. Possiamo dire che 2 la
funzione di Green ( )G G r= per il nostro caso. In effetti2( ) ( ) 4 ( )G r k G r r + =
. In
essa r
la distanza del punto P dal punto sulla superficie. Per conseguenza il primo
membro della precedente relazione, si riduce a:14 ( )
V
r dV
Otteniamo:1 1 1
( ) ( ( ))4
ikr ikr d dr e e d
r dn dn r
=
.
P
V
-
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25/30
Cap. 2 Ottica 25
=
==
ddn
de
rrdn
de
dn
de
r
derdn
d
dn
de
r
ikrikrikr
ikrikr
)1
)1
(1
(4
1
))1
(1
(4
1
.
Da cui si ha che:
++= d
dn
dree
rik
dn
dr
ree
dn
dee
rtzyx
tiikrtiikrtiikr )111
(4
1),,,(
2
Ovvero:
++= d
dn
dr
rike
rdn
de
rtzyx
crticrti ))1
(11
(4
1),,,( )/()/(
Come si vede la perturbazione al punto Pal tempo t data dalla somma di perturbazioni
generate ad un tempo anteriore1:c
rt a punti distanti rda P, per raggiungere il qual
punto il tempo preso dalla perturbazione appuntoc
r. In conclusione, il valore del campo
a Pal tempo t determinato dalle perturbazioni prodotte dai punti di una superficie S, ad
un tempo antecedente a t di un tempo che esattamente uguale al tempo che laperturbazione prende ad andare dal punto della superficie al punto P. Il potenziale
)(
),,()/( cr
ti
ezyxcrt
=
si chiama il potenziale ritardato.
Per la verit, nellintegrale appare non solo la perturbazione, ma anche la derivatanormale alla superficie; tuttavia si pu dimostrare che le due cose non sono indipendenti.In conclusione, possiamo scrivere:
1
Notare che, se avessimo preso la onda nella forma
1 ikrer , si sarebbe avuto
rt c al
posto dic
rt . In questo caso avremmo dovuto dire che la perturbazione a Pora
determinata da quello che accadr sulla superficie nel futuro. Accanto a soluzioni ritardate
esistono soluzioni anticipate, che qui scartiamo per ragioni evidenti. Tuttavia lesistenza di
queste soluzioni sottolinea il fatto che lelettromagnetismo invariante sotto linversione
temporale.
-
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26/30
-
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27/30
Cap. 2 Ottica 27
In questo caso, 1cos 1 = rigorosamente, perch la normale allo schermo ha la direzione
dellasseZ e dunque2
cos1)(
+=f .
Il contributo alla perturbazione in P, dovuto alla parte dello schermo non forato sarovviamente zero. Anche il contributo dovuto alla semisfera il cui raggio facciamo
divergere sar nullo, perch la perturbazione viaggerebbe allindietro e il fattoredinclinazione sarebbe nullo. Dar cos contributo solo la superficie del foro. Dobbiamo,
dunque, calcolare solo lintegrale su tale superficie. Inoltre, se poniamo la posizione dello
schermo opaco a 0=z , sar [ ] =
drctkfr
Atxyx sin)(
1),,,(
.
Cominciamo col considerare una fenditura rettangolare di lati 2a e 2b e calcoliamolintegrale sullarea del rettangolo.
Nel disegno langolo (non marcato per evitare confusione) langolo formato da rcon
la normale allo schermo opaco nel punto dintegrazione Q.Lorigine degli assi coordinati nel centro della fenditura.
+
=
drctkr
Adrctk
r
Atzyx )(sin
1)(sin
2
cos11),,,(
. Lultima
approssimazione dovuta al fatto che supponiamo lo schermo su cui si trova P molto
Schermo opaco
Z
X
Y
Onda incidente
fenditura
P(x,y,z)
2b
rQ(,,)
-
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28/30
Cap. 2 Ottica28
lontano (z molto grande rispetto a b: massimo valore di 01tan
-
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29/30
Cap. 2 Ottica 29
y
ybk
x
xak
ybk
xak
xy
)sin()sin(
4)sin()sin(42
== .
0)cos()sin(
)sin()cos()sin()cos(
)cos()sin()sin(
2
2
=
==+
+=+
+
+
+
+
b
b
a
a
b
b
a
a
b
b
a
a
b
b
a
a
yk
xk
xy
yk
xk
xy
ddy
kx
k
ddy
kx
kddyx
k
In conclusione:
sin( ) sin( )
( , , , ) 4 sin ( )
sin( ) sin( )sinsin4 sin ( ) sin ( )
yx
x y
xa ybk k
Ax y z t k ct
x y
xa ybk k
zzA Aab k ct S k ct xa yb z z
= =
= =
In cui: abS 4= (a e b sono i semilati della fenditura),
ybkz
xakz
yx == , . La
formula trovata coincide, mutatis mutandis, con quella trovata precedentemente al par.4.
Nel caso della fenditura rettangolare si trova il primo minimo a
ax
xaz
x2
2
=== e
by
2
= .
Nel caso di un foro circolare si trova la stessa formula con Rba =, , =R raggio del
foro.sinsin
( , , , ) sin ( )yx
x y
zzAx y z t S k ct
z z
= .
Nel caso del foro circolare troviamo il diametro del primo minimo:
DRd
== sin
2, in cui: RD 2= = diametro del foro, per
d=sin , vedere
-
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30/30
Cap. 2 Ottica30
la definizione alla fine del par.4 a proposito della condizione di Rayleigh. Nel caso di uno
strumento ottico, abbiamo: = distanza focale dellobbiettivo. In realt, come si
precedentemente detto,D
22,1sin = dove il fattore moltiplicativo si ottiene con una
teoria non scalare.