28 — contemporanea I Fuoricampo Passion, film ovvero gli ... fileti musicali: si pensi soprattutto...

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C ominCiato sette anni fa, torna a Palazzo Cini l’appunta- mento con l’«audio-visuali- tà»: due rassegne di musica-cine- ma curate dall’Isti- tuto per la Musi- ca della Fonda- zione Giorgio Ci- ni, e realizzate con la collaborazione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il ciclo in pro- gramma quest’an- no, che ha dato inizio alle proie- zioni lo scorso 20 marzo, raccoglie i suoi film nel tito- lo I Fuoricampo ovve- ro gli Immortali Irre- peribili, tredici lun- gometraggi in cui la colonna sono- ra impone la strut- tura musicale alle potenzialità della visione. Date per «Immortali» in quanto capolavori, «Irreperi- bili» in quanto rare, «Fuoricampo» in quanto concepi- te per librarsi in una dimensione di indefinizione intro- vabile e sublime, le tredici opere – presentate in due dé- filé, uno primaverile e uno autunna- le, che si concluderà il 13 novembre – risorgeranno a Palazzo Cini in una riservata atmosfera di omaggio sia ai loro maestri e autori, sia alla loro fra- gile testualità. «Si tratta di testi che dovrebbe- ro essere immortali», precisa Gio- vanni Morelli, direttore dell’Istituto per la Musica della Cini, «e che inve- ce è molto difficile trovare in circo- lazione. Si è deciso di riunirli in que- sta doppia rassegna in quanto con- nessi non tanto sul piano narrativo della filmografia corrente, ovvia, ma piuttosto su quello di una struttura che fa pensare che, geneticamente, si tratti di idee musicali portate alla di- mensione audiovisiva. Per fare un esempio, Passion, film del 1982 di Jean-Luc Godard che concluderà il ciclo, è un lungometraggio riguardo al quale è l’autore stesso a dire di aver tentato di usare un procedimento compositivo di tipo seriale, ed è un vero enigma riuscire a trovare nel te- sto questo tipo di disposizione. Effettivamente è ravvisa- bile un sistema di ritorni o non ritorni tematici di una co- struzione che sembra abbastanza dodecafonica. Però ci sono soprattutto queste idee di luce e movimento, di so- norità e percezioni che hanno il tempo come dominan- te. In generale, tutti i film selezionati sono degli enigmi, ai quali gli spettatori vengono introdotti con delle sche- de, che sono reperibili nel sito della Cini». Qual è il motivo della suddivisione in due parti? I due défilé rispondono più che altro a motivi di tipo climatico. Le proiezioni avvengono infatti in una galle- ria storica priva di impianto di riscaldamento o aria con- dizionata, dove sono esposti anche dei quadri di Piero della Francesca. Si tratta di un luogo che può quin- di trasmettere una maggior cari- ca emozionale alla visualità: sapen- do che nella stanza attigua c’è Pie- ro della Francesca, è magari possibi- le percepire delle vibrazioni partico- lari (sorride, ndr). Com’è stata scelta la rosa dei film? Sono casi diversi. Per quel che ri- guarda Une histoire de vent, ad esem- pio – film del 1988 di Joris Ivens che ha dato il la alla rassegna il 20 marzo scorso – porta sullo schermo un’in- terpretazione della tematica del ren- dere rappresentabile il vento, co- sa che avviene anche in molti inten- A Palazzo Cini la nuova rassegna audio-video musicale I Fuoricampo ovvero gli Immortali Irreperibili Venezia – Palazzo Cini «Défilé di Primavera»: 1 maggio, ore 17.00 Straub & Huillet: Die Antigone des Sophokles nach der Hölderlinschen Übertragung für die Bühne bearbeitet von Brecht 1948 (1992) 8 maggio, ore 17.00 Wim Wenders: Palermo Shooting (2008) Le schede dei film si possono trovare nel sito www.cini.it 28 — contemporanea contemporanea

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CominCiato sette anni fa, torna a Palazzo Cini l’appunta-mento con

l’«audio-visual i-tà»: due rassegne di musica-cine-ma curate dall’Isti-tuto per la Musi-ca della Fonda-zione Giorgio Ci-ni, e realizzate con la collaborazione dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Il ciclo in pro-gramma quest’an-no, che ha dato inizio alle proie-zioni lo scorso 20 marzo, raccoglie i suoi film nel tito-lo I Fuoricampo ovve-ro gli Immortali Irre-peribili, tredici lun-gometraggi in cui la colonna sono-ra impone la strut-tura musicale alle potenzialità della visione.

Date per «Immortali» in quanto capolavori, «Irreperi-bili» in quanto rare, «Fuoricampo» in quanto concepi-te per librarsi in una dimensione di indefinizione intro-vabile e sublime, le tredici opere – presentate in due dé-filé, uno primaverile e uno autunna-le, che si concluderà il 13 novembre – risorgeranno a Palazzo Cini in una riservata atmosfera di omaggio sia ai loro maestri e autori, sia alla loro fra-gile testualità.

«Si tratta di testi che dovrebbe-ro essere immortali», precisa Gio-vanni Morelli, direttore dell’Istituto per la Musica della Cini, «e che inve-ce è molto difficile trovare in circo-lazione. Si è deciso di riunirli in que-sta doppia rassegna in quanto con-nessi non tanto sul piano narrativo della filmografia corrente, ovvia, ma piuttosto su quello di una struttura che fa pensare che, geneticamente, si tratti di idee musicali portate alla di-

mensione audiovisiva. Per fare un esempio, Passion, film del 1982 di Jean-Luc Godard che concluderà il ciclo, è un lungometraggio riguardo al quale è l’autore stesso a dire di aver tentato di usare un procedimento compositivo di tipo seriale, ed è un vero enigma riuscire a trovare nel te-sto questo tipo di disposizione. Effettivamente è ravvisa-bile un sistema di ritorni o non ritorni tematici di una co-struzione che sembra abbastanza dodecafonica. Però ci sono soprattutto queste idee di luce e movimento, di so-norità e percezioni che hanno il tempo come dominan-te. In generale, tutti i film selezionati sono degli enigmi, ai quali gli spettatori vengono introdotti con delle sche-de, che sono reperibili nel sito della Cini».

Qual è il motivo della suddivisione in due parti?I due défilé rispondono più che altro a motivi di tipo

climatico. Le proiezioni avvengono infatti in una galle-ria storica priva di impianto di riscaldamento o aria con-

dizionata, dove sono esposti anche dei quadri di Piero della Francesca. Si tratta di un luogo che può quin-di trasmettere una maggior cari-ca emozionale alla visualità: sapen-do che nella stanza attigua c’è Pie-ro della Francesca, è magari possibi-le percepire delle vibrazioni partico-lari (sorride, ndr).

Com’è stata scelta la rosa dei film?Sono casi diversi. Per quel che ri-

guarda Une histoire de vent, ad esem-pio – film del 1988 di Joris Ivens che ha dato il la alla rassegna il 20 marzo scorso – porta sullo schermo un’in-terpretazione della tematica del ren-dere rappresentabile il vento, co-sa che avviene anche in molti inten-

A Palazzo Cinila nuova rassegnaaudio-video musicale

I Fuoricampoovvero gliImmortali Irreperibili

Venezia – Palazzo Cini

«Défilé di Primavera»:

1 maggio, ore 17.00Straub & Huillet: Die Antigone des Sophokles

nach der Hölderlinschen Übertragungfür die Bühne bearbeitet von Brecht 1948 (1992)

8 maggio, ore 17.00Wim Wenders: Palermo Shooting (2008)

Le schede dei filmsi possono trovarenel sito www.cini.it

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ti musicali: si pensi soprattutto all’elettronica, ma anche a quel tipo di cinema nel quale sono stati introdotti ven-ti che si percepiscono appena. Nel caso di Une histoire de vent, si tratta di un tema squisitamente autobiografico: il rapporto fra l’autore e il vento. È un film bellissimo, pre-miato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografi-ca di Venezia – dove Ivens ha ricevuto il Leone d’Oro al-la carriera – ma che non si vede mai, quasi il cinema sof-frisse di un deprezzamento della produzione che si ispi-ra non tanto al romanzo, alla narrativa, quanto piuttosto a forme, pensieri o a induzioni musicali.

Molto interessante, per citare un altro caso, è il film di Takeshi Kitano, Ano natsu, ichiban shizukana umi, del 1991, che ha come pro-tagonisti dei sor-domuti: la costru-zione del raccon-to avviene sull’as-senza di sonori-tà, un’indagine che potrebbe ave-re uno sfondo filo-sofico. L’incontro di comunicazioni solitarie è un feno-meno anche musi-cale, ravvisabile in quei pezzi costru-iti sull’analisi del silenzio.

La giustificazio-ne dei film si tro-va nella lista stes-sa. Tutti presen-tano questioni di-verse: Passion, co-me detto, affron-ta il tema della do-decafonia, Provi-dence, di Alain Re-snais, presenta l’in-crocio di una nar-rativa tutta inconsistente, basata sul-le allucinazioni di un malato e pre-sentata come forma di dissipazione della personalità, soprattutto della personalità inserita in una prospet-tiva familiare: questo film ha poi un finale di ricostituzione di tale realtà, che è diversa, tutta pacifica, ed è co-struito sopra una partitura sinfonica da melò. Si riscontra quindi una fri-zione, un malessere che nasce anche dal fatto che quest’opera è costrui-ta con una musica sinfonica da film tradizionale, scritta da Miklos Roz-sa, grande compositore di musica da film voluto proprio da Resnais.

È possibile ravvisare un filo conduttore fra le tredici opere proposte?

Innanzitutto questi lavori sono quasi irreperibili, come cita il titolo della rassegna, e quindi il fatto d’es-sere considerati come immortali è

una sorta di pregiudizio: in realtà, si tratta di immorta-li morti. Un altro filo conduttore è quello che sottende alla volontà di proporre un’antologia di film che hanno un presupposto strutturale di analogia, omologia, coesi-stenza, coabitazione, difficoltà di rapporto, ecc. fra au-dio e video.

A chi si rivolge questo tipo di programmazione?Mi rendo perfettamente conto del fatto che sono film

un po' pesanti da sopportare. E tuttavia non è un'inizia-tiva per addetti ai lavori. Si tratta di una bottiglia get-tata con un messaggio da trovare, prendere e decifra-re. Altrimenti… pazienza. Chi viene a queste proie-zioni è ben consapevole che si tratta di opere rare, che

non circolano nelle sale abitual-mente. È una rassegna diretta a chi vuol verificare il debito dello spe-cifico cinematografico nei con-fronti del pensiero musicale. (i.p.) ◼

«Défilé d’Autunno»:

4 settembre, ore 17.00Joris Ivens & Hanns Eisler:

Zuiderzeewerken (1930) & Komsomolsk (1932)

11 settembre, ore 17.00Straub & Huillet & Schoenberg:

Moses und Aron (1975)

23 ottobre, ore 17.00Takeshi Kitano & Joe Hisaishi:

Ano natsu, ichiban shizukana umi (1991)

30 ottobre, ore 17.00Alain Resnais: Providence (1977)

6 novembre, ore 17.00Satyajit Ray: Jalsaghar (1957)

13 novembre, ore 17.00Jean-Luc Godard: Passion (1982)

Nella pagina a fianco:(da sinistra) Ellen Burstyn,

Sir John Gielgud, Dirk Bogardee David Warner

in Providence (1977),diretto da Alain Resnais

( foto in: www.britannica.com).

Sopra: immagine trattada Palermo Shooting (2008),

diretto da Wim Wenders.

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Il sipario si apre e appare, nell’atmosfera lussuosamen-te ovattata di una camera d’albergo dominata dal rosa-confetto, uno degli alter ego della crudeltà successiva: la cameriera. Con una panto-mima, assieme all’elettrici-sta che nel frattempo esor-disce, canzonano la Du-chessa imitandone la tra-gica espressione. Poiché di tragedia si tratta. Siamo al-la fine del declino ineso-rabile di un intero mon-do, impersonato da Mar-garet Ethel Whigham, poi Sweeny e infine Duches-sa di Argyll, già personag-gio nella vera realtà, ripre-so dall’opera. Margaret nacque già ricchissima nel 1912, ed ereditò assieme ai beni materiali un’autenti-ca e aristocratica coscien-za esistenziale, fondata sulla continuità della lon-geva tradizione scozzese. Per forza di cose, la sua fi-gura occupò una posizione centrale nell’immaginario più diffuso degli anni ses-santa. Nel secondo dopo-guerra l’immagine di que-sta donna appunto ricchis-sima e aristocratica evocò un’attenzione maniacale e perbenista, una curiosità invidiosa e accusatoria. Le vicende private della vita di Margaret non poterono sottrarsi a queste tensioni, che vennero vergognosamen-te sfruttate dal poco onorevole Duca di Argyll. Egli, suo ultimo marito, dopo aver fatto man bassa delle ricchez-ze della moglie per rimpinguare le proprie casse esaurite, non esitò a procedere nel divorzio e ad argomentare in se-de forense su questioni di carattere esplicitamente sessua-le. Al tempo lo scandalo divenne mondiale, oggi fortuna-tamente sorridiamo divertiti di fronte alle prove esibite dal Duca «immacolato». Prove che, per par condicio, coin-volsero a posteriori personaggi di spicco della politica del tempo (il cugino di Churchill, ad esempio). Ma il bersa-glio collettivo più appetitoso era lei, Margaret. Powder her

Face viene imperniata su questa tragedia individuale. Non lesina inviti alla meditazione approfondita, la scenogra-fia di Pier Luigi Pizzi – andata in scena l’8 aprile al Tea-tro Rossini aprendo il Lugo Opera Festival 2010 –, appo-stando numerosi specchi in modo da riflettere più pro-fili dei protagonisti. Numerosi personaggi sono rappre-sentati da interpreti unici: la brillantissima Zuzana Mar-ková è la cameriera, ma anche la confidente, la giornali-sta, la signora Rubbernecker; il basso Nicholas Isherwo-od è il direttore dell’Hotel, ma anche addetto alla lavan-deria, l’ospite, il Duca, il giudice; il bravo tenore Mark T. Panuccio elettricista, ma anche il fattorino, il cascamorto, il cameriere, il signor Rubbenecker. La Duchessa è solo lei, Olga Zhuravel, bravissima nel seguire le indicazioni registiche di Pizzi, che la vogliono assorta nella sofferen-za, distaccata e delusa dalla meschina ferocia della realtà, di un vocalismo dolente, supplicante nella richiesta di te-

nerezza, ma schizoide nel-le manifestazioni del rango di appartenenza. In Powder her Face viene rappresenta-ta, in forma di tragedia, ap-punto, l’immolazione del-la vittima pazientemente designata, dai personag-gi in scena e da tutti noi, come acutamente implica quell’indice verso la platea che il regista fa impugna-re alla bravissima (ancor-ché giovanissima) Marko-vá in un intenso e sensua-le fuori sipario, dalla mo-rale però decisamente uti-litaristica. Grande attivi-tà sul palco, disegnato dal-la scenografia precisa (non ci aspetteremmo, ad esem-pio, più lusso nella camera di un pur prestigioso ho-tel) e statica nel segno del suo autore, quasi protago-nista oggettiva, «abitata» dalla vitalità delle trame e degli orditi del destino del-la Duchessa, in questo ca-so. Anche il contenuto «al-tamente erotico» di cui go-de fama quest’opera viene ridimensionato al suo ve-ro spazio. Trascendendo l’oggettività, che nelle ma-

ni di Pizzi si ammanta di doverosa comicità divertita, ap-pare la gelata solitudine in cui una donna cerca la tene-rezza di un’intimità, di un riconoscimento umano, non di facciata. La musica di Thomas Adès si propone co-me compiuta colonna sonora di ciò che accade sul pal-co, ricreando acusticamente, e senza scadimenti di sti-le, ambientazioni da music-hall, evocando tanghi piaz-zolliani, ritmi stravinskiani, atmosfere berghiane, in un ritmo che non concede soste ai flashback narrativi. ◼

In prima italiana «Powder her Face» di Thomas AdèsA Lugo di Romagnalo spettacolodi Pier Luigi Pizzi

di Andrea Oddone Martin

Una scena di Powder her Face ( foto di Diego Bracci).

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