2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta...

16
47 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA REGIONE IN ANCONA Tutors: Geol. Federico Berardi – esperto GNDT Geom. Domenico Lazzaro – GNDT AQ Le squadre Le squadre che ci sono state assegnate sono state tutte impiegate presso vari uffici amministrativi di Ancona che si sono trovati nell'esigenza di personale ausiliario per fronteggiare le necessità determinate dalla fase di ricostruzione e di ripristino delle condizioni ordinarie. Sebbene all'inizio questa variazione dai propositi iniziali del progetto poteva costituire un pericolo di sottoutilizzo delle risorse disponibili, per i lavoratori socialmente utili coinvolti in base a delle precise professionalità si è trattato comunque di un importante esperienza in stretta collaborazione con gli organi amministrativi centrali che ha permesso di ottenere notevoli risultati. L'opportunità di collaborare con le istituzioni regionali ha permesso ai lavoratori laureati in architettura e ingegneria di partecipare alle fasi di controllo dei progetti di ricostruzione e ha permesso ai lavoratori laureati in geologia di partecipare alla produzione della cartografia sulla microzonazione sismica speditiva ed ha inoltre permesso a molti di loro di gestire la raccolta dei dati e delle schede sulla vulnerabilità da un osservatorio privilegiato. L’attività svolta Le esigenze connesse alle realtà socio-economiche ed alle complesse situazioni morfologiche del territorio marchigiano hanno determinato la necessità di sviluppare una “verifica a scala territoriale e locale dei centri operativi della regione Marche” finalizzato a favorire una più rapida ripresa sociale ed economica dell’area interessata da un evento sismico. A differenza di quanto avvenuto in passato in situazioni analoghe, per l’intervento in Umbria – Marche sono state emanate precise direttive amministrative distinte in fasi di formazione e operazione sul campo. Il progetto interregionale per il supporto tecnico e scientifico all'attivita' di rilievo del danno e della vulnerabilità, nonche' per il supporto tecnico alle regioni Umbria e Marche, a seguito dell'evento sismico del 26 settembre 1997 e successivi, attraverso i relativi programmi di formazione e l'effettuazione di corsi presso il Centro Polifunzionale della Protezione Civile di Castelnuovo di Porto si è svolto in tre distinti periodi: 1)informazioni teoriche sulla compilazione delle schede di vulnerabilità di I e II livello muratura e cemento armato, scheda di agibilità, rischio sismico e cenni di pericolosità sismica. 2)Attività tecniche preliminari alla ricostruzione; analisi del decreto regionale 121 del 18/09/97 con particolare attenzione all’allegato “A” recante “direttive tecniche per gli interventi di riparazione dei danni e di miglioramento sismico delle costruzioni private danneggiate dal sisma del 26/09/97 e successivi in Umbria e Marche”; attività di supporto a regione ed enti locali attraverso lo studio della legge n°61 del 30/03/98; messa a punto delle procedure di controllo delle pratiche da estrarre.

Transcript of 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta...

Page 1: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

47

2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA REGIONE IN ANCONA Tutors: Geol. Federico Berardi – esperto GNDT

Geom. Domenico Lazzaro – GNDT AQ Le squadre Le squadre che ci sono state assegnate sono state tutte impiegate presso vari uffici amministrativi di Ancona che si sono trovati nell'esigenza di personale ausiliario per fronteggiare le necessità determinate dalla fase di ricostruzione e di ripristino delle condizioni ordinarie. Sebbene all'inizio questa variazione dai propositi iniziali del progetto poteva costituire un pericolo di sottoutilizzo delle risorse disponibili, per i lavoratori socialmente utili coinvolti in base a delle precise professionalità si è trattato comunque di un importante esperienza in stretta collaborazione con gli organi amministrativi centrali che ha permesso di ottenere notevoli risultati. L'opportunità di collaborare con le istituzioni regionali ha permesso ai lavoratori laureati in architettura e ingegneria di partecipare alle fasi di controllo dei progetti di ricostruzione e ha permesso ai lavoratori laureati in geologia di partecipare alla produzione della cartografia sulla microzonazione sismica speditiva ed ha inoltre permesso a molti di loro di gestire la raccolta dei dati e delle schede sulla vulnerabilità da un osservatorio privilegiato. L’attività svolta Le esigenze connesse alle realtà socio-economiche ed alle complesse situazioni morfologiche del territorio marchigiano hanno determinato la necessità di sviluppare una “verifica a scala territoriale e locale dei centri operativi della regione Marche” finalizzato a favorire una più rapida ripresa sociale ed economica dell’area interessata da un evento sismico. A differenza di quanto avvenuto in passato in situazioni analoghe, per l’intervento in Umbria – Marche sono state emanate precise direttive amministrative distinte in fasi di formazione e operazione sul campo. Il progetto interregionale per il supporto tecnico e scientifico all'attivita' di rilievo del danno e della vulnerabilità, nonche' per il supporto tecnico alle regioni Umbria e Marche, a seguito dell'evento sismico del 26 settembre 1997 e successivi, attraverso i relativi programmi di formazione e l'effettuazione di corsi presso il Centro Polifunzionale della Protezione Civile di Castelnuovo di Porto si è svolto in tre distinti periodi: 1)informazioni teoriche sulla compilazione delle schede di vulnerabilità di I e II livello muratura e cemento armato, scheda di agibilità, rischio sismico e cenni di pericolosità sismica. 2)Attività tecniche preliminari alla ricostruzione; analisi del decreto regionale 121 del 18/09/97 con particolare attenzione all’allegato “A” recante “direttive tecniche per gli interventi di riparazione dei danni e di miglioramento sismico delle costruzioni private danneggiate dal sisma del 26/09/97 e successivi in Umbria e Marche”; attività di supporto a regione ed enti locali attraverso lo studio della legge n°61 del 30/03/98; messa a punto delle procedure di controllo delle pratiche da estrarre.

Page 2: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

48

3)Attività operativa comprendente l’analisi dei progetti estratti; la valutazione delle relazioni tecniche (applicazione di modalità elaborate dal Comitato Tecnico Scientifico della Regione Marche; sopralluoghi in cantiere ove necessario. L’attività di supporto alla Regione Marche svolta dai Lavoratori Socialmente Utili nelle province di Ancona, Pesaro, Macerata e Ascoli Piceno si può riassumere in fasi successive; a)sopralluoghi al fine di redigere schede G.N.D.T. effettuando anche la georeferenziazione per una mappatura degli edifici; b)inserimento e controllo delibera 237/98 c)archiviazione schede relative a DOCUP ab. 5b. Le squadre nel progetto EME.RICO. hanno operato sul territorio regionale seguendo una distribuzione legata alle limitazioni chilometriche imposte dal progetto. La fase intermedia del progetto ha dato i suoi insegnamenti coinvolgendo necessariamente le Autonomie Locali che si sono assunte le responsabilità di Autorità di Protezione Civile in quanto senza il loro coinvolgimento è difficile legare la prevenzione all’intervento e alla gestione dell’emergenza. La Regione Marche con delibera n° 3037 del 09/98 ha integrato con fondi propri il contributo per ogni Lavoratore Socialmente Utile migliorando così il controllo dei progetti. L’Ente Regione è rimasta a dare indirizzi per essere di sostegno di fronte a calamità di valenza regionale, per mantenere alcune strumentazioni di carattere locale in un sistema più moderno dove si può più velocemente coordinare le operazioni di gestione post-emergenza. Problematiche organizzative riscontrate Nonostante questa emergenza sismica sia stata affrontata con notevole successo rispetto a molti altri eventi che hanno segnato in passato il nostro paese, un sistema critico come quello della protezione civile è sempre perfezionabile ed ottimizzabile. Una delle considerazioni più ovvie è che ogni incertezza ed impreparazione durante l'emergenza determina un danno esponenziale rispetto alle prestazione dell'intero sistema di protezione civile e genera perciò ritardi nella reazione che, nel caso del rischio sismico in particolare, possono significare la perdita di ulteriori vite umane o, nell'ipotesi migliore, maggiori disagi per le popolazioni colpite. Lavorando con la Regione ci è stato possibile constatare che, anche in un piano nazionale (zona sismogenetica umbro-marchigiana), il sistema dei centri operativi, che costituisce il nucleo fondamentale del modello di intervento, è a malapena definito ed è stato perciò necessario durante quest'ultimo evento stabilire le sedi e gli edifici che le avrebbero contenute, durante l'emergenza nelle prime preziosissime ore. Fortunatamente questo evento sismico, che non è stato di grande intensità, non ha determinato molte vittime ma ha comunque sollevato il problema dei centri operativi con sterili discussioni tra gli amministratori locali e i responsabili delle funzioni di supporto. In queste condizioni di estrema necessità nessuna verifica tecnica seria e approfondita può essere stata condotta a monte della scelta di questi edifici ed ogni dubbio può essere risolto solo a scapito di tempo prezioso.

Page 3: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

49

Il problema della gestione dell’emergenza Per la legge nazionale (L.225) gli eventi possono essere distinti in: tipo A – eventi naturali o connessi con l’attività dell’uomo che possono essere fronteggiati in via ordinaria da singoli enti per cui sarà prevista la gestione locale dell’emergenza con l’attivazione della sola struttura comunale. Tipo B e C – Eventi e calamità naturali che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, con il concorso, cioè di tutto il sistema di protezione civile in base ad un modello di intervento prestabilito (fig. 1).

figura 1: - Questo Schema di attivazione rappresenta la situazione e l’assegnazione dei compiti nel caso eventi di tipo B e C.

Le disposizioni in materia di pianificazione di protezione civile sono contenute principalmente in tre documenti:

• la Legge 225/92 “Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile” • la Direttiva sperimentale “Attività preparatoria e procedure d’intervento in caso di

emergenza" emanata dal Dipartimento della Protezione Civile • il “Metodo AUGUSTUS – Linee Guida per la pianificazione d’emergenza” elaborato

congiuntamente dal Dipartimento della Protezione Civile e dal Ministero dell’Interno.

Legge 225/92 La 225 è stata una legge molto innovativa per gli anni in cui fu concepita ma, purtroppo il fatto che a tutt'oggi molte delle indicazioni e degli obbiettivi contenute in questo documento sono ancora ampiamente disattese e solo parzialmente applicate ha dimostrato che, almeno per quanto riguarda gli enti locali, si è trattato di disposizioni molto generiche aperte a troppo facili interpretazione, sia in un senso di totale de-responsabilizzazione che nell'esatto contrario.

Direttiva sperimentale 1995/96 Allo scopo di risolvere la genericità di quanto disposto dalla legge 225/92 per il livello comunale, il Dipartimento della Protezione Civile, nel 1995, ha diramato questa Direttiva

C.O.M C.C.S. ENTI MINIST.

Gestioneevento

Operativita’Direzioneevento

EmergenzaNazionale

Coordinamentointerforze

Page 4: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

50

nella forma di manuale di consultazione per meglio specificare i provvedimenti di base da attuare ai vari livelli per la preparazione dei piani di emergenza. Per il livello comunale è stabilito che il Sindaco deve svolgere attività preparatoria, attività di emergenza e attività per il superamento della crisi. Per l’attività preparatoria (previsione e prevenzione) dispone di: • informare tutti i cittadini sulle aree a rischio e sui comportamenti da tenere in caso di

emergenza; • mantenere aggiornato un “semplice” piano di protezione civile con sintetizzati i provvedimenti

da attuare e il dispositivo incaricato della loro esecuzione; • effettuare periodiche esercitazioni. Per l’attività di emergenza prescrive di: • attivare la sala operativa e la struttura comunale di protezione civile d’intesa con il Prefetto; • dare esecuzione al piano di emergenza in aderenza alla situazione del momento. Per il superamento della crisi stabilisce di: • procedere all’accertamento speditivo dei danni subiti per l’istruttoria della richiesta dello stato

di calamità. Queste nuove disposizioni sono certamente più esplicite di quelle della legge 225 ma, in concreto, non forniscono ai Sindaci, inesperti di pianificazione, e spesso privi di mezzi, un aiuto realmente significativo. Metodo Augustus Questo documento è stato preparato per concludere la fase sperimentale della Direttiva e risolvere definitivamente le incertezze delle norme concernenti la pianificazione di emergenza. Questo documento, ha il pregio di risolvere la genericità e l’ambiguità della precedente normativa e di definire nel dettaglio le attribuzioni e le competenze degli organi responsabili del Servizio di Protezione Civile ai vari livelli istituzionali nonché di delineare la struttura dei piani di emergenza promuovendone finalmente una certa forma di "standardizzazione". Questa disposizione illustra la struttura del piano di emergenza che non è più il semplice documento previsto nella Direttiva sperimentale ma risulta articolato in diversi paragrafi che trattano tutti i numerosi e complessi termini del problema relativo alla gestione di una generica situazione di crisi del tipo considerato. In sintesi, il documento stabilisce che un piano di emergenza consta delle seguenti parti:

A – Parte Generale; B – Lineamenti della Pianificazione; C – Modello d’Intervento.

La Parte Generale, in cui si raccolgono tutte le informazioni relative alla conoscenza del territorio, e alla elaborazione degli scenari di rischio, comprende i tre seguenti punti:

• A.1 – Dati di Base (su rischi, vulnerabilità, risorse); • A.2 – Scenario degli eventi attesi; • A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme).

I Lineamenti della Pianificazione, in cui si individuano gli obbiettivi da conseguire per fornire un’adeguata risposta di protezione civile. a fronte di un’emergenza, comprende dodici punti tra cui:

• B.2 – Salvaguardia della popolazione; • B.4 – Informazione alla popolazione; • B.5 – Salvaguardia del Sistema Produttivo;

Page 5: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

51

• B.9 – Censimento e salvaguardia dei beni culturali; • B.10 – Modulistica per il censimento dei danni; • B.12 – Struttura dinamica del “Piano”: aggiornamenti ed esercitazioni.

Il modello d’intervento, che consiste nella strutturazione della gerarchia di comando e controllo necessaria alla “gestione dell’emergenza”, e nell’organizzazione delle strutture affinché le risorse disponibili siano sfruttate nel modo più razionale, si divide in due punti:

• C.1 – Sistema di comando e aree di competenza (risorse disponibili, dispositivo d’intervento, sistema di comando e controllo e telecomunicazioni, servizi essenziali, ecc.);

• C.2 – Attivazione della reperibilità in emergenza, delimitazione aree a rischio "cinture di sicurezza", aree di ammassamento soccorsi e di ricovero della popolazione.

Il modello di intervento Il modello d’intervento è costituito dall’insieme, ordinato e coordinato, delle azioni da sviluppare all’approssimarsi dell’evento e durante il suo svolgimento. Il modello deve consentire di utilizzare al meglio le strutture operative disponibili, in base alla evoluzione dell’evento. Il primo aspetto nell’organizzazione del modello d’intervento è quello delle aree funzionali allo svolgimento delle attività di gestione dell’emergenza, vanno perciò individuate le sedi delle sale operative che verranno utilizzate per il coordinamento o comunque è necessario che venga intrapresa l’individuazione delle Aree di emergenza e Centri di coordinamento Attribuzione compiti e Funzioni di Supporto Il primo compito è quello della “salvaguardia della popolazione” che sarà garantita da tutte quelle predisposizioni finalizzate ad una più rapida messa in sicurezza della popolazione illesa e ad un più efficiente e razionale utilizzo delle risorse sanitarie; l’obiettivo principale sarà, a seguito degli eventi, la creazione e l’organizzazione, nel minor tempo possibile, di aree attrezzate di accoglienza che dovranno essere state individuate e dotate di ogni servizio necessario in precedenza; lo strumento “piano” dovrà mettere l’amministrazione in condizione di individuare queste aree e di poter programmare gli interventi di predisposizione finalizzati. La “salvaguardia del sistema produttivo” è il secondo punto da sviluppare e consiste nella messa in sicurezza di tutti quelle sedi di attività strategiche, come caserme ospedali e scuole e di tutte quelle strutture che potrebbero favorire la ripresa delle condizioni normali di vita sociale in un lasso di tempo ragionevolmente breve; la ripresa del lavoro garantisce una più rapida reazione dell’amministrazione ed una migliore autonomia dell’amministrazione coinvolta nell’evento. Un comune può essere coinvolto in una condizione straordinaria di emergenza con due possibili ruoli che verranno assegnati in base alle indicazioni del modello d’intervento: C.O.C. – Centro Operativo Comunale – quando la sala operativa è responsabile del territorio

geografico di competenza del solo comune che la ospita. C.O.M. – Centro Operativo Misto – quando la sala ha funzioni di coordinamento, comando e

controllo su di un territorio, cioè comprende più comuni minori che, per ragioni di ottimizzazione delle risorse e di affinità geografica, nel modello d’intervento sono stati associati.

Oltre a questi due casi generali c’è la possibilità che il Comune in questione, essendo capoluogo di Provincia, divenga in emergenza, sede di Centro Coordinamento Soccorsi

Page 6: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

52

(C.C.S.); che consiste in una ulteriore sala operativa composta dai rappresentanti delle Amministrazioni e degli Enti tenuti al “concorso” di Protezione Civile. Le funzioni di supporto previste (potenzialmente attivabili) per un Centro Operativo Misto (C.O.M.) o un Centro Coordinamento soccorsi (C.C.S.) sono parte del modulo di gestione dell’emergenza predisposto e corrispondono alle seguenti voci:

1. Tecnico scientifico 2. Sanità e assistenza sociale 3. Mass-media ed informazione 4. Volontariato 5. Materiali e mezzi 6. Trasporto, circolazione e viabilità 7. Telecomunicazioni 8. Servizi essenziali 9. Censimento danni persone e cose 10. Strutture operative S.a.R. 11. Enti locali 12. Materiali pericolosi 13. Assistenza alla popolazione.

Le funzioni di supporto previste invece per un Centro Operativo Comunale (C.O.C.) sono: Tecnico scientifico 1. Sanità e assistenza sociale 2. Volontariato 3. Materiali e mezzi 4. Servizi essenziali 5. Censimento danni persone e cose 6. Strutture operative S.a.R. 7. Telecomunicazioni 8. Assistenza alla popolazione

Come è prevedibile l'attivazione e la gestione di ognuna di queste funzioni richiede determinati spazi vitali e determinati servizi di base che concorreranno a determinare le esigenze logistiche minime per un generico centro operativo. Una Proposta operativa Un edificio scelto come sede di un centro operativo, per poter accogliere le "funzioni operative", oltre a fornire adeguate capacità in termini logistici, dovrebbe rispondere a severi criteri per poter garantire la massima sicurezza rispetto ai rischi naturali che ne garantiscano la funzionalità e l'uso anche e soprattutto durante lo svilupparsi delle condizioni di emergenza. Nel caso di zone soggette in modo prevalente al rischio sismico ed interessate, per le loro caratteristiche sismogenetiche o per l'elevata vulnerabilità del territorio, da piani di emergenza a carattere nazionale (come la zona Umbro-Marchigiana) il primo criterio per la scelta di un edificio quale sede di centro operativo dovrebbe essere la sicurezza strutturale sia statica che sotto l'azione delle massime sollecitazioni attese. Purtroppo questa come molte altre ovvie considerazioni sono state spesso lasciate al buonsenso dei singoli responsabili di protezione civile locali che, in base alla crescente autonomia decisionale delegata agli enti locali si trovano a dover determinare, senza un appropriato supporto scientifico, decisioni vitali per l'intera impalcatura del piano di emergenza.

Page 7: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

53

L'unica soluzione possibile per evitare spiacevoli sorprese durante l'emergenza è un' azione preventiva di verifica e di analisi in sede tecnica degli edifici proposti in sede amministrativa dai responsabili locali. In questo senso, il C.N.R.-G.N.D.T., da alcuni decenni, attraverso le "schede di rilevamento", si occupa fattivamente di quantificare e censire a livello nazionale la vulnerabilità al rischio sismico degli edifici di molti centri abitati tra quelli più esposti a questo tipo di rischio, fornendo di fatto una potenziale consulenza agli amministratori locali. Nonostante ciò, la ricaduta di queste ricerche in termini di vincoli sul territorio e di effettivo supporto decisionale alla pianificazione di emergenza, anche a causa dell'attuale quadro normativo/ legislativo troppo blando e generico, rischia di essere piuttosto scarsa e troppo spesso legata al caso; E' nata perciò spontaneamente l'esigenza di un sistema di rilevamento e schedatura specifico che possa creare un vincolo più solido tra le ricerche sulla vulnerabilità e sulla sicurezza e i piani nazionali per la gestione delle emergenze sismiche a partire dagli edifici strategici designati come centri operativi. Lo schema successivo (fig. 2) mostra attraverso quale processo logico si determina la necessita di un centro operativo e come questo viene formalmente scelto.

Pianificazione Comunale + PIANO NAZIONALE

Pianificazione Provinciale

MODELLO D’INTERVENTO (su base regionale) componenti – attivazioni - gerarchie

Procedure Catena di comando e controllo

CENTRI OPERATIVI c.o.c. - c.o.m. – c.c.s.

figura 2: - Designazione dei Centri Operativi Nella pratica non viene attualmente applicata alcuna procedura di controllo ne esistono delle specifiche condizioni di riferimento per la scelta di un edificio anziché di un'altro. Nel diagramma successivo (fig. 3) è schematizzata una bozza di proposta di procedura che potrebbe essere applicata in base alle proposte di sede di centro presentate e di Conseguenza

Page 8: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

54

sottoposte ad analisi dagli enti locali competenti. Questa verifica dei centri operativi potrà venire effettuata in tre distinti momenti che fanno capo a due tipi di situazioni:

v situazione: ORDINARIA - designazione della sede, controllo periodico v situazione STRAORDINARIA - controllo post-evento

La verifica potrebbe consistere in un processo composto di almeno tre tematiche tecniche specifiche: 1) schedatura per il rilevamento dell'esposizione e della vulnerabilità degli edifici (che è la determinazione che ci interessa in primo luogo); 2) analisi delle vie di accesso e di fuga al centro designato dette anche "Lifelines"; 3) sicurezza generale dello stabile e dei suoi impianti ed eventuale processo di integrazione dei servizi necessari all'insediamento del centro operativo. Questa fase di analisi ed elaborazione sarà in grado di produrre solo tre possibili verdetti: SEDE IDONEA, IDONEITA' PARZIALMENTE, TOTALE NON IDONEITA' L'idoneità parziale della sede determinerà l'avvio di una o più procedure di "adeguamento tecnico" che porteranno infine all'idoneità che dovrà comunque essere verificata prima della concessione. Nel caso invece di totale non idoneità dell'edificio sarà necessario procedere alla ricerca di una "sede alternativa" che dovrà essere vagliata allo stesso modo di quella precedente. Questo tipo di verifiche potrebbero essere in via sperimentale adottate dalla Regione Marche e verrebbero ripetute con cadenza annuale o semestrale a meno del verificarsi delle condizioni di straordinarietà (nuovo evento sismico).

VERIFICA dei Centri Operativi

(ordinaria/straordinaria) controllo

CNR - GNDT Scheda Vulnerabilità I° Livello idoneità Scheda Vulnerabilità II° Livello Lifelines Accesso/Fuga adeguamento

sede alternativa

Sicurezza & Servizi IDONEITA’ PARZIALE TOTALE NON IDONEITA’ Analisi/Elaborazione

SEDE IDONEA

figura 3: - Prototipo di procedura per la verifica tecnica di idoneità degli edifici designati quale sede di Centro Operativo in emergenza (C.O.C. / C.O.M. / C.C.S.) Le aree sismogenetiche delle Marche Su nostra sollecitazione gli uffici della Protezione Civile della Regione Marche, contattando le prefetture delle rispettive province, ci ha gentilmente fornito il quadro della situazione attuale di predisposizione, ancora provvisoria, per i Centri Operativi Misti. Per la provincia

Page 9: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

55

di Ascoli Piceno presso la Prefettura non sono ancora disponibili dati definitivi ma solo una serie di indicazioni non ufficializzate in un piano vero e proprio e perciò neppure minimamente predisposte o predeterminate. In assenza di indicazioni più precise, che ci sarebbero dovute pervenire dai Comuni interessati, le prefetture "di ufficio" indicano il Municipio quale sede del centro operativo e a meno di diverse disposizioni da parte dei Sindaci chiamati in causa. Questo fatto ha messo in luce come in realtà non viene utilizzato alcun criterio scientifico o tecnico per la scelta di queste sedi ma solo considerazioni di carattere pratico e amministrativo e, qualora non vi siano ostacoli logistici o macroscopiche situazioni di pericolosità, questa scelta a priori non viene mai convalidata e, cosa forse ancora più gravi, non viene riverificata nel tempo. Il territorio della Regione Marche ricade in due principali aree sismogenetiche: una più meridionale detta "area sismogenetica anconetana", legata all'attività del Conero che trae origine geodinamica dell'avanfossa adriatica al limite dell'avampaese deformato; ed un'altra più settentrionale detta "area sismogenetica umbro - marchigiana" legata fondamentalmente all'attività geodinamica di questo settore della catena appenninica ancora in evoluzione. Area sismogenetica Anconetana L'Area sismogenetica anconetana comprende i comuni delle province di Macerata e di Ancona . figura 4 - La Provincia di Macerata

Page 10: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

56

figura 5 - La Provincia di Ancona

Page 11: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

57

Area sismogenetica Umbro - Marchigiana L'Area sismogenetica umbro - marchigiana comprende invece i comuni delle province di Pesaro e di Ascoli Piceno figura 6 - La Provincia di Pesaro

Le schede di rilevamento Le schede utilizzate per il censimento da cui sono stati ottenuti i dati di vulnerabilità per le probabili sedi di C.O.M. considerate sono state quelle della "vulnerabilità di secondo livello per gli edifici in muratura" che sono riportate nelle figure 7, 8 e 9.

Page 12: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

58

figura 7 - Scheda di 1° livello, dati di localizzazione e di esposizione (9/86)

Page 13: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

59

figura 8 - Scheda di 1° livello, valutazione vulnerabilità speditiva e danno (9/86)

Page 14: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

60

figura 9 - scheda per la valutazione della vulnerabilità di 2° livello per edifici in muratura

Page 15: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

61

La scheda per la valutazione della vulnerabilità di secondo livello per gli edifici in muratura permette di quantificare 11 parametri che assumono il ruolo di variabili da cui si ottiene la vulnerabilità, durante la compilazione del rilievo a ogni parametro va assegnata una classe, da A (situazione ottimale )a D (situazione pessima): I parametri che compongono la scheda di vulnerabilità sono: Ø Tipo e organizzazione del sistema resistente Ø Qualità del sistema resistente Ø Resistenza convenzionale Ø Posizione edificio e fondazioni Ø Orizzontamenti Ø Configurazione planimetrica Ø Configurazione in elevazione Ø Dmax murature Ø Copertura Ø Elementi non strutturali Ø Stato di fatto

Tra questi il parametro che riveste l'importanza maggiore è quello della "resistenza convenzionale" che attraverso una formula apposita (Benedetti e Petrini, 1984) definisce la resistenza dell'edificio alle sollecitazioni orizzontali, quelle in genere più pericolose in campo sismico. I dati della campagna 1992 Durante il 1992 sono stati censiti un buon numero di edifici pubblici in molti dei principali centri delle Marche, questi dati non sono ancora stati pubblicati, e ci sono stati messi a disposizione in forma non ancora elaborata. Da queste schede è stato possibile estrarre almeno due Comuni sede di Centro operativo Misto per ognuna delle quattro Province a titolo di test della situazione. Cagli e Urbania per la Provincia di Pesaro, Falconara e Senigallia per la Provincia di Ancona, Camerino e Civitanova per Macerata. Per la provincia di Ascoli Piceno sono stati scelti i comuni di Fermo e Sant'Elpidio segnalatici ufficiosamente dalla Prefettura come probabili future sedi. Le schede utilizzate per il censimento da cui sono stati ottenuti i dati di vulnerabilità per le probabili sedi di C.O.M. sono state quelle della "vulnerabilità di secondo livello per gli edifici in muratura" che sono riportate nelle figure 7, 8 e 9. Dai dati emerge che gli edifici municipali selezionati sono tutti relativamente poco vulnerabili infatti i valori riportati sono relativi ad una vulnerabilità massima pari ad 1.0 Perciò, almeno dal punto di vista tecnico, sembra che questi edifici siano stati idonei almeno all'epoca del rilevamento (1992) ma, bisogna comunque constatare che da allora non è più stato ripetuto alcun censimento e questa importante informazione non è più stata convalidata o riverificata nemmeno in occasione del sisma del 1997.

Page 16: 2.3.2 ATTIVITA’ SVOLTA PRESSO GLI UFFICI DELLA ......• A.3 – Indicatori di evento e risposta del sistema di protezione civile (preavviso e allarme). I Lineamenti della Pianificazione,

62

Provincia Comune Edificio Uso ordinario

Uso in emergenza

Vulnerabilità

sintetica Pesaro Cagli v. G. Matteotti, 1 Municipio C.O.M. – 3Ps 0.17 Urbania v. Umberto I, 3 Municipio C.O.M. – 8 Ps 0.18 Ancona Falconara v. del Municipio, 3 Municipio C.O.M. – 2 An 0.14 Senigallia v. Roma, 3 Municipio C.O.M. – 3 An 0.30 Macerata Camerino p.za del Municipio, 1 Municipio C.O.M. – 1 Mc 0.26 Civitanova v. XX Settembre, 3 Municipio C.O.M. – 5 Mc 0.17 Ascoli Piceno Fermo p.za G. Mazzini, 1 Municipio C.O.M. – ? Ap 0.30 S. Elpidio v. Umberto I, 3 Municipio C.O.M. - ? Ap 0.32 Conclusioni e Proposta operativa Nonostante i risultati confortanti ottenuti durante questo prototipo di verifica appare chiaro che esiste una inderogabile necessità di definire meglio ed adottare una serie di iniziative: Ø definire un processo di validazione tecnica di riferimento per le sedi dei centri

operativi di protezione civile che vengono selezionati in base a criteri insufficienti a garantire la sicurezza e l'affidabilità nel tempo.

Ø avviare un programma di verifica dei modelli di intervento relativi almeno alle pianificazioni di livello nazionale

Ø determinare i limiti di tollerabilità dei valori dei parametri di vulnerabilità di 2° livello e definire le condizioni di sicurezza accettabili per edifici così strategici come le sedi dei centri operativi.

Ø elaborazione di una scheda "ad hoc" per questo genere di verifiche a cadenza temporale prestabilita