2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al...

52
1 [2.2016] DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 [I riferimenti, salvo che sia diversamente precisato, sono alla IIIa edizione, Bologna, 2014] SOMMARIO: I. PREMESSA. 1. Considerazioni introduttive. II. IL FALLIMENTO 2. Notazioni generali. 3. Disciplina del curatore: la nomina; il registro nazionale. – 4. Misure per favorire l’accelerazione del fallimento: gli acconti al curatore; i giudizi di cui sia parte un fallimento; il programma di liquidazione; la chiusura della procedura. – 5. La revocatoria degli atti a titolo gratuito. – 6. Modalità delle vendite. – III. IL CONCORDATO PREVENTIVO 7. Notazioni generali. 8. Proposta di concordato: presupposti e contenuto. – 9. Ammissione alla procedura. – 10. Le proposte concorrenti. – 10.1. Premessa. – 10.2. Proposte concorrenti: legittimazione; presupposti. – 10.3. Segue: contenuto; relazione di attestazione; modifiche. – 10.4. Segue: termini di presentazione – 10.5. Segue: controllo di ammissibilità. – 10.6. Segue: comunicazione ai creditori. – 10.7. Segue: rinunzia del debitore alla domanda; revoca dell’ammissione. – 10.8. L’intervento del commissario giudiziale. – 10.9. Discussione e votazione. 10.10. Omologazione e relativi effetti. – 10.11. Esecuzione della proposta concorrente approvata ed omologata. – 10.12. Risoluzione e annullamento del concordato. – 11. Le offerte concorrenti. – 12 Commissario giudiziale: comunicazioni al P.M. – 13. Giudizi in cui è parte l’impresa in concordato – 14. Contratti pendenti – 15. Relazioni del commissario giudiziale in vista dell’adunanza. -16. Discussione e approvazione delle proposte. – 17. Omologazione. – 18. Esecuzione del concordato. -19. Finanza interinale. – IV. ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE E CONVENZIONI DI MORATORIA 20. Introduzione. – 21. Accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari. 22. Convenzioni di moratoria. – 23. Profili penali. – V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 24. Uno sguardo al futuro. I. PREMESSA 1. Considerazioni introduttive. Nel capitolo introduttivo (al § 8) si è sottolineato come la riforma “organica” del 2005-2007 sia tuttora in corso di completamento, ricordando come, successivamente all’entrata in vigore di tale riforma, il nostro legislatore, praticamente con cadenza annuale, abbia proceduto a “ritoccare” quella normativa, con modifiche di rilevanza, talora, non marginale. Nel 2015 il processo di “aggiustamento” è proseguito. Nel c.d. “decreto giustizia”, il d. l. 27 giugno 2015, n. 83, è stato infatti inserito un titolo I – la cui rubrica recita “Interventi in materia di procedure concorsuali” – contenente un articolato complesso di disposizioni modificative o integrative della legge

Transcript of 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al...

Page 1: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

1

[2.2016]

DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE

Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015

[I riferimenti, salvo che sia diversamente precisato, sono alla IIIa edizione, Bologna, 2014]

SOMMARIO: I. PREMESSA. – 1. Considerazioni introduttive. – II. IL FALLIMENTO – 2. Notazioni generali. –

3. Disciplina del curatore: la nomina; il registro nazionale. – 4. Misure per favorire l’accelerazione del fallimento: gli acconti al curatore; i giudizi di cui sia parte un fallimento; il programma di liquidazione; la chiusura della procedura. – 5. La revocatoria degli atti a titolo gratuito. – 6. Modalità delle vendite. – III. IL CONCORDATO PREVENTIVO – 7. Notazioni generali. – 8. Proposta di concordato: presupposti e contenuto. – 9. Ammissione alla procedura. – 10. Le proposte concorrenti. – 10.1. Premessa. – 10.2. Proposte concorrenti: legittimazione; presupposti. – 10.3. Segue: contenuto; relazione di attestazione; modifiche. – 10.4. Segue: termini di presentazione – 10.5. Segue: controllo di ammissibilità. – 10.6. Segue: comunicazione ai creditori. – 10.7. Segue: rinunzia del debitore alla domanda; revoca dell’ammissione. – 10.8. L’intervento del commissario giudiziale. – 10.9. Discussione e votazione. – 10.10. Omologazione e relativi effetti. – 10.11. Esecuzione della proposta concorrente approvata ed omologata. – 10.12. Risoluzione e annullamento del concordato. – 11. Le offerte concorrenti. – 12 Commissario giudiziale: comunicazioni al P.M. – 13. Giudizi in cui è parte l’impresa in concordato – 14. Contratti pendenti – 15. Relazioni del commissario giudiziale in vista dell’adunanza. -16. Discussione e approvazione delle proposte. – 17. Omologazione. – 18. Esecuzione del concordato. -19. Finanza interinale. – IV. ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE E CONVENZIONI DI MORATORIA – 20. Introduzione. – 21. Accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari. – 22. Convenzioni di moratoria. – 23. Profili penali. – V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE – 24. Uno sguardo al futuro.

I. PREMESSA

1. Considerazioni introduttive.

Nel capitolo introduttivo (al § 8) si è sottolineato come la riforma “organica” del 2005-2007 sia

tuttora in corso di completamento, ricordando come, successivamente all’entrata in vigore di tale

riforma, il nostro legislatore, praticamente con cadenza annuale, abbia proceduto a “ritoccare”

quella normativa, con modifiche di rilevanza, talora, non marginale. Nel 2015 il processo di

“aggiustamento” è proseguito. Nel c.d. “decreto giustizia”, il d. l. 27 giugno 2015, n. 83, è stato

infatti inserito un titolo I – la cui rubrica recita “Interventi in materia di procedure concorsuali” –

contenente un articolato complesso di disposizioni modificative o integrative della legge

Page 2: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

2

fallimentare, un complesso che è stato ulteriormente arricchito in sede di conversione, con la l. 7

agosto 2012, n. 134.

C’è da rilevare che ancora una volta si è ritenuto di seguire un itinerario singolare e sconcertante.

Nel gennaio del 2015, il Governo ha insediato una commissione incaricata di elaborare un progetto

di riforma organica delle procedure concorsuali presenti nel nostro ordinamento e di predisporre la

bozza di una possibile legge delega. Anziché attendere la fine dei lavori di tale commissione, lo

stesso Governo, pochi mesi dopo, si è precipitato ad emanare un ennesimo decreto legge,

contenente una specie di “miniriforma” della disciplina di alcune delle procedure regolate dalla

legge fallimentare, che prescinde completamente da quei lavori: un autentico “sgarbo” istituzionale

non privo di precedenti, nella nostra materia, ma non per questo meno grave.

Al di là di tutto ciò, comunque, si tratta di un intervento di rilevante portata, dal punto di vista sia

quantitativo sia qualitativo, ricco com’è di importanti novità che meritano attenzione pur se non

necessariamente condivisione. Anche perché tali novità appaiono essere il frutto, non già di un

disegno complessivo nitido e coerente, ma di spinte e di linee guida che si sovrappongono più o

meno confusamente e talvolta si contrappongono: l’accelerazione della procedure, e specificamente

della procedura fallimentare; il potenziamento del ruolo dell’informazione; la “contendibilità” delle

imprese in crisi; la compressione dell’autonomia privata nelle soluzioni negoziate. Ancora una volta

vi è da dubitare che con simili tipi di intervento si possa arrivare a conseguire l’obiettivo di quella

“stabilità normativa” che, anche e proprio in materia di disciplina delle crisi delle imprese,

costituisce (costituirebbe) di per sé un fattore di efficienza e che un legislatore serio dovrebbe

sempre avere di mira.

Espressivo della scarsa chiarezza di idee del nostro legislatore è, fra l’altro, l’assenza di

qualsivoglia sistematicità nella sequenza delle nuove disposizioni. Si esordisce con una disposizione

dedicata alla finanza interinale; si prosegue con un “blocco” di disposizioni dedicate al concordato

preventivo; si continua con disposizioni riguardanti il fallimento; successivamente si torna al

concordato preventivo; per concludere con disposizioni concernenti gli accordi di ristrutturazione.

In questa sede, seguiremo l’ordine adottato dalla legge fallimentare: il che dovrebbe aiutare a

cogliere meglio la portata delle nuove norme.

II. IL FALLIMENTO

2. Notazioni generali.

La maggior parte delle nuove disposizioni è dedicata alla disciplina del concordato preventivo e

degli accordi di ristrutturazione. Le previsioni riguardanti il fallimento sono poche e appaiono quasi

tutte tendenzialmente ispirate all’esigenza di accelerare la chiusura di tale procedura.

Page 3: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

3

3. Disciplina del curatore: la nomina; il registro nazionale.

La nuova legge è intervenuta sull’art. 28, in materia di requisiti per la nomina a curatore.

Si è, da un lato, abrogato il termine di due anni per l’incompatibilità con la carica di curatore di

chi abbia concorso al dissesto dell’impresa (in base al rilievo, contenuto nella relazione al disegno

di legge di conversione del d.l. n. 83, che negli ultimi anni sono state molte le crisi di impresa che si

sono protratte per ben più di due anni prima di sfociare nella dichiarazione di fallimento). E,

dall’altro, si è stabilito, in un nuovo comma, che «Il curatore è nominato tenuto conto delle

risultanze dei rapporti riepilogativi di cui all’art. 33, quinto comma»: previsione abbastanza

criptica, non essendo chiaro né di quali rapporti si tratti (è da ritenere, comunque, che debba

necessariamente trattarsi di rapporti redatti nell’ambito di altre procedure, presumibilmente svoltesi

davanti allo stesso tribunale), né se e in che modo tali rapporti siano da acquisire al

subprocedimento di nomina, né di quali risultanze si debba tener conto. In ogni caso, la precisazione

sembra ispirata all’idea di rafforzare, seppur indirettamente, il ruolo dei rapporti riepilogativi come

fondamentale veicolo informativo, in particolare, ma non solo, nelle relazioni fra curatore e

creditori.

L’art. 28, poi, è stato arricchito di un ultimo comma, con il quale si è prevista l’istituzione,

presso il Ministero della giustizia, di un registro nazionale, tenuto con modalità informatiche ed

accessibile al pubblico, «nel quale confluiscono i provvedimenti di nomina dei curatori, dei

commissari giudiziali e dei liquidatori giudiziali» e «vengono altresì annotati i provvedimenti di

chiusura del fallimento e di omologazione del concordato, nonché l'ammontare dell'attivo e del

passivo delle procedure chiuse». Con tale nuovo registro – che consente un controllo diffuso vuoi

sulle nomine degli organi “gestori” dei fallimenti e dei concordati vuoi sui tempi e sui risultati dei

medesimi – trova conferma la tendenza, emersa fin dalla riforma del 2006-2007, a rafforzare

sempre di più la trasparenza delle procedure concorsuali giudiziarie verso l’esterno.

4. Misure per favorire l’accelerazione del fallimento: gli acconti al curatore; i giudizi di cui sia

parte un fallimento; il programma di liquidazione; la chiusura della procedura.

Risponde al comune obiettivo di ridurre i tempi dei fallimenti un variegato complesso di misure,

che vanno distintamente considerate.

a. Innanzi tutto, à stato modificato l’art. 39, co. 2, in materia di compenso del curatore,

prevedendo che «Salvo che non ricorrano giustificati motivi, ogni acconto liquidato dal tribunale

deve essere preceduto dalla presentazione di un progetto di ripartizione parziale». Con ciò si vuole

Page 4: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

4

evidentemente incentivare i curatori ad accelerare la fase di ripartizione dell’attivo e avvicinare

quindi la chiusura della procedura.

b. Una delle ragioni della eccessiva durata delle procedure di fallimento è notoriamente

rappresentata dalla lentezza dei giudizi in cui tali procedure si trovino ad essere parti, siano essi

“occasionati” dalle medesime (giudizi di accertamento del passivo, giudizi revocatori, ecc.) o no

(come, per esempio, i giudizi in cui le procedure siano semplicemente subentrate ai soggetti falliti).

Il legislatore del 2015 è intervenuto al riguardo con due distinte misure:

- da un lato, ha introdotto una vera e propria “corsia preferenziale” per le controversie in cui sia

parte, appunto, un fallimento, stabilendo, in un nuovo ultimo co. dell’art. 43, che tali controversie

«sono trattate con priorità», dovendo, fra l’altro, il “capo dell’ufficio” (per tale dovendosi

intendere, è da ritenere, il Presidente del tribunale) trasmettere annualmente al Presidente della corte

d’appello «i dati relativi al numero di procedimenti in cui é parte un fallimento e alla loro durata,

nonché le disposizioni adottate» per assicurare la trattazione prioritaria di tali procedimenti

(previsione dalla quale sembrerebbe doversi derivare che la “corsia preferenziale” valga solo per i

giudizi di primo grado);

- dall’altro, ha “neutralizzato” gli effetti della pendenza di giudizi sulla chiusura del fallimento,

prevedendo, nell’art. 118, co. 2, che la chiusura della procedura, nel caso di cui al n. 3 del primo co.

del medesimo articolo (il caso, cioè, di compimento della ripartizione finale), non sia impedita,

appunto, dalla pendenza di giudizi; e stabilendo, nell’art. 120, che nell’ipotesi di chiusura in

pendenza di giudizi il giudice delegato ed il curatore restino in carica ai soli fini della prosecuzione

di tali giudizi e i creditori non possano agire su quanto è oggetto dei giudizi medesimi.

Con riferimento alla seconda delle due misure - che riecheggia quella già da tempo adottata, in

materia di liquidazione coatta delle banche, dal t.u.b. (art. 92, co. 7 e 8) - va detto che il legislatore

ha avuto cura di precisare:

- che il curatore conserva la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del

giudizio, ai sensi dell’art. 43;

- che le somme necessarie per spese future ed eventuali oneri relativi ai giudizi pendenti, nonché

le somme ricevute per effetto di provvedimenti non definitivi sono trattenute e accantonate dal

curatore;

- che dopo la chiusura del fallimento le somme ricevute dal curatore per effetto di provvedimenti

definitivi e gli eventuali residui degli accantonamenti sono fatti oggetto di riparti supplementari fra

i creditori secondo le modalità disposte dal tribunale con il decreto di chiusura;

- che dopo la chiusura del fallimento le rinunzie alle liti e le transazioni sono autorizzate (non più

dal comitato dei creditori, decaduto per effetto della chiusura, ma) dal giudice delegato;

Page 5: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

5

- che in relazione alle eventuali sopravvenienze attive non si fa luogo a riapertura del fallimento;

- che se, in virtù dei riparti conseguenti alla definizione dei giudizi, risulti soddisfatta la

condizione per l’esdebitazione posta dall’art. 142, co. 2 (l’essere stati soddisfatti almeno in parte i

creditori concorsuali), il debitore può chiedere l’esdebitazione entro un anno dal riparto che ha

integrato la condizione.

Nonostante tutte queste precisazioni, il meccanismo introdotto presenta molti lati oscuri. Così,

non è chiaro se, sussistendo i presupposti di tale meccanismo, il tribunale abbia l’obbligo o solo la

facoltà di utilizzarlo (la formulazione della nuova disposizione farebbe propendere per la seconda

alternativa ed in questo senso si esprime la relazione al disegno di legge di conversione); non è

chiaro come il meccanismo possa conciliarsi con la perentoria previsione dell’art. 120, co. 2 – non

toccata dalla “miniriforma” – secondo cui dopo la chiusura del fallimento «Le azioni esperite dal

curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite»; non è

chiaro se i giudizi la cui pendenza non impedisce la chiusura del fallimento siano solo i giudizi

attivi o tutti i giudizi, compresi quelli passivi, come, per esempio, giudizi risarcitori proposti contro

la procedura o giudizi revocatori proposti contro la medesima da altra procedura (anche se la legge

sembra aver riguardo soprattutto ai giudizi attivi, parrebbe corretta la lettura estensiva, anche in

correlazione con quanto dispone oggi l’art. 43); non è chiaro se continuino a trovare applicazione,

alla “porzione” di procedura che prosegue nonostante la chiusura, le regole generali che governano

il funzionamento degli organi del fallimento e i rapporti fra i medesimi, come quelle in materia di

sostituzione del giudice delegato, di revoca e sostituzione del curatore, di responsabilità del

medesimo, ecc.

La risposta all’ultimo ordine di dubbi sembrerebbe dover essere affermativa. Il che porta

direttamente a ritenere che, almeno nelle situazioni che facciano registrare la pendenza di molti e

consistenti giudizi, la chiusura del fallimento finisca con l’avere una portata praticamente solo

simbolica, con il costituire un omaggio puramente formale al principio della ragionevole durata dei

processi.

c. L’esigenza di ridurre i tempi del fallimento ha ispirato anche le modifiche della disciplina del

programma di liquidazione, di cui all’art. 104-ter.

Si è stabilito, infatti,

- che tale programma debba essere redatto entro centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di

fallimento;

- che il programma debba specificare il termine entro il quale sarà completata la liquidazione,

termine che in ogni caso non può eccedere due anni dalla dichiarazione di fallimento (restando

peraltro salva la possibilità per il curatore di prevedere, limitatamente a determinati cespiti

Page 6: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

6

dell’attivo, un termine maggiore, motivando specificamente in ordine alle ragioni che giustifichino

tale maggiore termine);

- che il mancato rispetto, senza giustificato motivo, del termine previsto per la redazione del

programma o di quelli previsti dal programma costituisce giusta causa di revoca del curatore.

d. Per mero scrupolo di completezza va ricordato che il terzo co. (in realtà divenuto il quarto)

dell’art. 104-ter è stato modificato con l’inserimento di un richiamo all’art. 107 e della previsione

della possibilità per il curatore di essere autorizzato ad avvalersi, per alcune incombenze della

procedura di liquidazione dell’attivo, anche di «società specializzate». Si è trattato, peraltro, di una

integrazione assolutamente superflua; l’art. 107 – ora espressamente richiamato – già prevedeva e

tuttora prevede la possibilità per il curatore di avvalersi, per le vendite, di «soggetti specializzati».

5. La revocatoria degli atti a titolo gratuito.

La “miniriforma” del 2015 ha toccato anche la materia della revocatoria fallimentare. E’ stato

infatti introdotto (in sede di conversione) un secondo comma nell’art. 64, riguardante la revocatoria

degli atti a titolo gratuito, a norma del quale «I beni oggetto degli atti di cui al primo comma sono

acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di

fallimento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la

trascrizione a norma dell'articolo 36».

Questa disposizione si collega direttamente al nuovo art. 2929-bis c.c., introdotto anch’esso dal

d.l. n. 83/2015, che disciplina una specie di revocatoria (ordinaria) semplificata: il creditore che sia

pregiudicato da un atto del debitore di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione

avente ad oggetto beni immobili o mobili registrati e compiuto a titolo gratuito successivamente al

sorgere del credito può procedere, munito di un titolo esecutivo, ad esecuzione forzata, ancorché

non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia di quell’atto, se trascrive il

pignoramento entro un anno dalla trascrizione dell’atto medesimo; il debitore, il terzo assoggettato

ad espropriazione e ogni altro interessato possono proporre le opposizioni all’esecuzione quando

contestano la sussistenza dei presupposti suddetti nonché la conoscenza da parte del debitore del

pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.

Con il nuovo secondo comma dell’art. 64 si è inteso evidentemente “trasporre” nell’ambito della

revocatoria fallimentare degli atti a titolo gratuito la “semplificazione” di cui alla nuova

disposizione civilistica. Il che, ovviamente, espone anche la norma che stiamo considerando agli

stessi rilievi cui è esposto l’art. 2929-bis c.c., in punto di dubbia ammissibilità dell’attribuzione alla

trascrizione, destinata come tale ad operare solo sul piano dell’opponibilità ai terzi dell’atto

trascritto, di effetti “acquisitivi” sul piano sostanziale. Non solo: mentre nel quadro della

Page 7: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

7

disposizione civilistica, la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione, con cui si instaura un

normale giudizio contenzioso, assicura al debitore ed agli altri interessati piena tutela dei relativi

diritti soggettivi, nel quadro del co. 2 dell’art. 64 i diritti soggettivi del terzo “colpito” dalla revoca

ex lege dovrebbero trovare protezione esclusivamente nel meccanismo del reclamo ex art. 36,

palesemente del tutto inidoneo a quel fine (il che, naturalmente, prospetta dubbi anche sul piano

della legittimità costituzionale della nuova disposizione).

Resta sicuro comunque, pur mancando una esplicita precisazione in tal senso nella norma, che il

nuovo meccanismo “acquisitivo” potrà riguardare solo beni immobili o beni mobili registrati, i soli

rispetto ai quali (e cfr. l’art. 88) può essere trascritta la sentenza dichiarativa di fallimento.

6. Modalità delle vendite.

Il legislatore del 2015 è intervenuto, infine, sull’art. 107, in punto di modalità delle vendite,

stabilendo, nel primo comma,

- che «Le vendite e gli atti di liquidazione possono prevedere che il versamento del prezzo abbia

luogo ratealmente; si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 569, terzo

comma, terzo periodo, 574, primo comma, secondo periodo e 587, primo comma, secondo periodo,

del codice di procedura civile»;

- e che «In ogni caso, al fine di assicurare la massima informazione e partecipazione degli

interessati, il curatore effettua la pubblicità prevista dall'articolo 490, primo comma, del codice di

procedura civile, almeno trenta giorni prima dell'inizio della procedura competitiva».

Con riferimento alla prima delle due disposizioni, va precisato che, ai sensi degli art. 574 e 586

c.p.c., da un lato, e dell’art. 108 l. fall., dall’altro, il trasferimento del bene e la cancellazione delle

iscrizioni ipotecarie, ecc., potranno aver luogo solo dopo che il prezzo sia stato integralmente

corrisposto.

III. IL CONCORDATO PREVENTIVO

7. Notazioni generali.

Il blocco più consistente di disposizioni integrative o modificative riguarda, ancora una volta (era

accaduto già nel 2012), la procedura di concordato preventivo, che viene nuovamente ridisegnata in

molti aspetti, anche fondamentali. Vedremo subito appresso, analiticamente, le integrazioni o

modifiche. Qui interessa subito segnalare, innanzi tutto, che le nuove norme si muovono

tendenzialmente in una linea di discontinuità rispetto ai precedenti interventi di riforma: e ciò sia in

termini, in generale, di riduzione del favor per la soluzione concordataria: e basta pensare

all’eliminazione della regola, pur di recente introduzione, del silenzio assenso; sia, in particolare,

Page 8: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

8

per l’imposizione di rilevanti limiti all’autonomia privata, soprattutto sul versante del debitore, ma

di riflesso anche su quello dei creditori: e basta pensare alla (re)introduzione di una soglia minima

di soddisfacimento dei creditori.

E’ da segnalare, poi, che, in relazione all’introduzione di nuove figure, quali le proposte

concorrenti e le offerte concorrenti, che comportano di per sé sia un aumento della complessità del

procedimento sia una dilatazione dei tempi, il legislatore del 2015 non solo ha dovuto rinunciare ad

introdurre nel concordato preventivo meccanismi “acceleratori” analoghi a quelli adottati per il

fallimento (con la sola eccezione, peraltro, dei giudizi pendenti), ma anzi ha dovuto prevedere un

generalizzato allungamento dei termini, a cominciare da quello previsto dall’art. 181 per la chiusura

della procedura, passato da 6 a 9 mesi.

E’ da segnalare, infine, che le nuove norme – questa volta in sintonia con i precedenti interventi

– ulteriormente confermano come anche il concordato preventivo abbia come finalità preminente su

qualsiasi altra il soddisfacimento dei creditori. Decisive in tal senso appaiono le previsioni dell’art.

160, ult. co., in ordine alla già ricordata soglia minima di soddisfacimento dei creditori chirografari

e dell’art. 161, co. 2, lett. e), in ordine alla necessaria indicazione nella proposta dell’«utilità

specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad

assicurare a ciascun creditore» (su entrambe queste disposizioni v. infra, al § successivo).

8. Proposta di concordato: presupposti e contenuto.

Come anticipato, la nuova filosofia che sembra aver guidato l’ultima riforma non muove più da

un indiscriminato favor verso la soluzione concordataria, dovendo la stessa effettivamente

rappresentare, per i creditori concorsuali, un’alternativa economicamente conveniente, rispetto alla

liquidazione endofallimentare.

In tale ottica trovano (parziale) spiegazione le nuove disposizioni in tema di presupposti e

contenuto della proposta concordataria.

A. Quanto ai presupposti il nuovo co. 4 dell’art. 160 – a cui già si è fatto cenno al § precedente –

stabilisce infatti che «In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di

almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente

comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis».

a. A parte l’ipotesi del concordato con continuità aziendale, di cui si tratterà subito appresso, la

norma (re)introduce dunque una soglia minima di soddisfacimento dei crediti chirografari, prevista

nella formulazione originaria della legge fallimentare del 1942 ed abbandonata con la riforma del

2005. La ratio della disposizione è semplice ed intuitiva: evitare l’utilizzo (ritenuto) abusivo del

concordato preventivo, che si avrebbe ogniqualvolta la proposta preveda un soddisfacimento – per

Page 9: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

9

riprendere la giurisprudenza formatasi nel vigore della precedente disciplina – “irrisorio” o “solo

formale” dei crediti chirografari.

La scelta così operata non è particolarmente convincente, in quanto, per un verso, la percentuale

minima fissata dalla legge pare superare di gran lunga il soddisfacimento irrisorio al quale faceva

riferimento parte della giurisprudenza anteriore alla novella per “sanzionare” l’uso abusivo,

appunto, dello strumento concordatario, con il consequenziale – e facilmente prevedibile – “crollo”

delle domande di ammissione; e, per altro verso, risulta tutt’altro che chiaro il criterio di efficienza

al quale, attraverso la fissazione della soglia, ci si è voluti ispirare.

Quanto a questo secondo aspetto, non si comprende, invero, perché mai si dovrebbe impedire

l’ammissione al concordato preventivo di un debitore che propone di pagare prima e/o di più i

crediti chirografari, rispetto a quanto questi ultimi potrebbero ottenere dall’alternativa della

liquidazione endofallimentare, per il semplice fatto che la percentuale offerta non supera la soglia

del 20%. Si tratta, com’è evidente, di un’impostazione che risente dell’introduzione nel nostro

ordinamento, ad opera della giurisprudenza di legittimità, del concetto di “causa concreta del

concordato”, che chi scrive ha già avuto modo di criticare in quanto, a ben vedere, condiziona

l’ammissione alla procedura all’incidenza, più o meno marcata, dei crediti privilegiati sul totale

dell’esposizione debitoria.

Ciò detto, molte questioni si pongono con riferimento alla nuova soglia individuata.

La prima questione concerne la sorte dei crediti subordinati (assoluti): si è già detto che, a parere

di chi scrive, i subordinati (assoluti) rappresentano una categoria di creditori a sé stante, collocati,

nell’immaginario sistema verticale di distribuzione del patrimonio responsabile, al di sotto dei

chirografari e che, proprio per questo, ai primi nulla può essere riconosciuto nell’ipotesi in cui la

proposta concordataria preveda un pagamento solo parziale dei secondi. Alla luce dell’ultima

riforma tale orientamento non può che essere ribadito: è evidente, infatti, che solo distinguendo

(anche formalmente) i postergati dai chirografari, sarà possibile mantenere uno spiraglio di

operatività alla soluzione concordataria.

La seconda questione attiene al modo in cui calcolare la percentuale del 20%. Se la proposta non

contempla la distinzione dei creditori in classi, nulla quaestio: sarà necessario prevedere un

soddisfacimento minimo, per ciascun creditore chirografario, pari alla soglia fissata dalla legge. Se

però la proposta prevede la distinzione in classi si pone il dubbio se, in tale ipotesi, sia necessario

che i creditori appartenenti a ciascuna classe siano soddisfatti almeno per il 20%, oppure sia da

considerare legittima la proposta che preveda un soddisfacimento medio dei chirografari pari a tale

soglia. Il dato positivo sembrerebbe effettivamente consentire una lettura in questo secondo senso,

parlando della necessità che nella proposta sia assicurato il pagamento di almeno il 20%

Page 10: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

10

«dell’ammontare» (e non di ciascuno) dei crediti (e non dei creditori) chirografari. Una tale

soluzione si lascia d’altra parte preferire, perché consente di raggiungere il non irrilevante risultato

di rendere più flessibile lo strumento concordatario, che oggi, alla luce dell’ultima riforma, pare

decisamente troppo ingessato.

La terza questione concerne il ruolo che giuoca, rispetto alla soglia individuata dalla legge, il

fattore tempo. La legge non ne fa menzione, ma è evidente che una cosa è prospettare un

soddisfacimento dei chirografari pari, ad esempio, al 20% in dieci anni, altra è contemplare la stessa

percentuale di pagamento in due anni. Eppure, proprio la rilevata mancanza di una previsione

espressa sul punto, consiglia di ritenere comunque rispettata la condizione posta dall’art. 160, co. 4,

indipendentemente dall’arco temporale indicato come necessario per l’esecuzione del piano.

b. Come si è visto, la previsione di un soddisfacimento pari almeno al 20% dell’ammontare dei

crediti chirografari non è invece richiesta in caso di domanda di ammissione al concordato con

continuità aziendale. Si tratta di un’ulteriore manifestazione della volontà del legislatore di favorire,

là dove possibile e sempre che ciò non si traduca in un nocumento per i creditori, la soluzione che

consenta la conservazione dei complessi viables dell’impresa in crisi (e v. anche la differente

disciplina in punto di proposte concorrenti, ex art. 163, co. 5: infra, § 10.3 di questa Appendice),

ponendo ancor di più le due tipologie di concordato, in continuità e liquidatorio, su due binari

paralleli. Scelta che, sul piano pratico, potrebbe anche tradursi in un incentivo per gli operatori

economici a far passare per concordato in continuità anche quello a contenuto oggettivamente

liquidatorio.

Oggi più di ieri, quindi, è pressante l’esigenza di individuare la disciplina applicabile al

concordato c.d. misto, ossia al concordato che preveda, in parte, la continuità aziendale e, in parte,

la liquidazione dei beni del debitore.

Secondo un certo orientamento giurisprudenziale e dottrinale, ai fini dell’individuazione della

disciplina applicabile al concordato misto sarebbe necessario ricorrere al c.d. criterio di prevalenza:

occorrerebbe cioè verificare se le operazioni di liquidazione previste nel piano, ulteriori rispetto

all’eventuale cessione di azienda in esercizio, siano o meno prevalenti, in termini quantitativi e

qualitativi, rispetto al valore dell’azienda in esercizio. Secondo altra giurisprudenza, invece, il

criterio da utilizzare sarebbe quello che gli studiosi del diritto internazionale privato chiamerebbero

depeçage: occorrerebbe, cioè, frazionare il contenuto del piano, applicando a ciascuna porzione

dello stesso la disciplina ad essa più confacente (così, la parte direttamente o indirettamente

collegata alla continuità sarebbe governata dalla disciplina recata dall’art. 186-bis e dalle altre

norme che tale continuità presuppongono; la parte relativa alla liquidazione in senso stretto, invece,

sarebbe regolata dalla disciplina “comune” del concordato liquidatorio).

Page 11: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

11

La soluzione interpretativa del frazionamento, alla luce della riforma di cui stiamo parlando, non

sembra più sostenibile. Essa, invero, mal si attaglia al nuovo assetto concordatario, che impone di

qualificare univocamente la natura della proposta presentata, da tale qualificazione derivando, come

si è avuto modo di osservare, importanti conseguenze in punto di disciplina applicabile. E’ dunque

al criterio della prevalenza che occorre fare riferimento.

B. Quanto al contenuto della proposta concordataria.

Tra le modifiche apportate al contenuto necessario della proposta concordataria spicca quella, a

cui si è già fatto cenno, introdotta nell’art. 161, co. 2, lett. e), ultimo inciso, ai sensi del quale nella

proposta deve risultare l’«utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il

proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore».

a. Muovendo dalla formulazione letterale della disposizione, non sembra dubbio che con essa si

voglia imporre al proponente un duplice obbligo, consistente, per un verso, nell’individuare

specificamente l’utilità economica offerta ai creditori; e, per altro verso (e in un momento

logicamente successivo), nell’assicurare ai destinatari della proposta quella utilità specificamente

individuata.

Ora, premesso che il riferimento alle “utilità economicamente valutabili”, in luogo della

percentuale di soddisfacimento, sembrerebbe essere dettato dalla opportunità di estendere il precetto

alle proposte che prevedono l’attribuzione ai creditori di beni diversi dal danaro [ipotesi,

quest’ultima, sicuramente ammissibile, stante il disposto dell’art. 160, co. 1, lett. a)], non v’è chi

non veda come l’introduzione di un vero e proprio obbligo, per il proponente, di assicurare, anche

nei concordati diversi da quelli tradizionalmente definiti di garanzia, il pagamento dei crediti

concorrenti in una misura percentuale prefissata, rappresenti un revirement, rispetto al passato, di

non poco momento.

Con specifico riferimento ai concordati con cessione dei beni, infatti, l’orientamento decisamente

maggioritario della giurisprudenza e della dottrina, affermatosi nel vigore del sistema antecedente la

riforma del 2015, escludeva un siffatto obbligo in capo al proponente, facendo di fatto ricadere

l’alea in ordine al valore di realizzo dei beni ceduti sui creditori. Si sosteneva, più in particolare, che

l’indicazione della percentuale di soddisfacimento, in tali concordati, fosse necessaria al solo fine di

consentire ai creditori di valutare la convenienza della proposta, nonché la sua fattibilità economica,

ma, a meno di un’espressa previsione in tal senso, non costituisse manifestazione di una volontà

negoziale sulla quale si formasse il consenso o l’accettazione, perché, diversamente opinando, si

sarebbe dovuto ritenere sempre necessaria la soluzione della forma del concordato misto, in cui la

cessione è accompagnata dall’impegno a garantire ai creditori una percentuale minima di

soddisfacimento.

Page 12: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

12

D’altra parte, che la voluntas legislatoris sia stata proprio quella di modificare l’impostazione

precedente sul punto, ponendo un vero e proprio obbligo in capo al proponente, si evince anche

dalla variazione che il testo della norma ha subito nel passaggio dal decreto legge n. 83/2015 alla

legge di conversione. Nella sua prima versione, infatti, la disposizione stabiliva che «in ogni caso,

la proposta deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile

procurata in favore di ciascun creditore»: il riferimento era dunque alla proposta, e non al

proponente, a carico del quale non veniva posto nessun obbligo di assicurare alcunché ai creditori.

b. Il dato testuale ricavabile dalla nuova formulazione dell’art. 161, co. 2, lett. e), non è peraltro

l’unico che depone nel senso di ritenere il proponente non più libero di scegliere se obbligarsi o

meno nei confronti dei creditori concordatari, anche l’argomento sistematico militando a favore di

tale interpretazione.

In proposito è sufficiente richiamare le norme in precedenza menzionate (artt. 160, co. 4 e 163,

co. 5), che dal raggiungimento o meno di determinate soglie di soddisfacimento dei creditori

(chirografari) fanno discendere importanti conseguenze per il proponente.

In tale mutato scenario sembra invero difficile sostenere la possibilità, per il debitore, di limitarsi

a cedere ai creditori concorrenti i suoi beni, indicando una presumibile percentuale di

soddisfacimento, atteso il riferimento, in entrambe quelle disposizioni, alla necessità che la proposta

“assicuri” un certo pagamento ai creditori chirografari.

c. Nel nuovo impianto concordatario – di cui l’art. 161, co. 2, lett. e), è componente di non poco

peso – si è dunque voluto riequilibrare il rapporto debitore/creditori, in precedenza decisamente

orientato a vantaggio del primo, escludendo che il rischio del risultato effettivo della liquidazione

gravi esclusivamente sui secondi. Con l’introduzione dell’obbligo di assicurare, comunque, una

certa percentuale di pagamento ai creditori, il proponente si trova così esposto al rischio di

inadempimento, in senso stretto, della proposta di concordato, con conseguente possibilità, per i

creditori insoddisfatti, di chiedere la risoluzione dello stesso, ex art. 186.

d. Quanto precede – se porta ad escludere che la percentuale di soddisfacimento dei creditori

possa oggi (continuare ad) essere indicata in un range fra un minimo ed un massimo – non significa

affatto che il proponente di un concordato con cessione debba rigorosamente limitarsi ad indicare la

percentuale “secca” di soddisfacimento per la quale specificamente si obbliga, senza poter

nemmeno menzionare percentuali di soddisfacimento maggiori destinate a realizzarsi ove si

verifichino certe evenienze.

Ove si consideri che, per effetto dell’ammissione alla procedura di concordato, l’intero

patrimonio del debitore è destinato al soddisfacimento dei creditori e che, nel concordato con

cessione, l’intero valore di realizzo dei beni ceduti deve essere attribuito ai creditori fino alla

Page 13: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

13

concorrenza dei loro crediti, non è difficile convincersi che un conto è la fissazione, nella proposta,

di una percentuale di soddisfacimento costituente oggetto di specifico obbligo del proponente (una

sorta di “minimo” vincolante) ed altro conto è la prospettazione aggiuntiva, nella proposta, di

possibilità concrete di realizzi con esiti più favorevoli e tali da consentire l’attribuzione di

percentuali maggiori (del “minimo”). Una prospettazione con valenza meramente informativa, ma

nondimeno – nella prospettiva indicata dalla giurisprudenza anteriore alla riforma (che non è certo

superata dalla nuova normativa) – utile, se non addirittura necessaria, per consentire ai creditori di

valutare la convenienza della proposta, nonché la sua fattibilità economica.

9. Ammissione alla procedura.

Con specifico riferimento alla disciplina dell’ammissione alla procedura, la riforma del 2015 ha

introdotto due novità.

La prima concerne l’estensione del termine per la convocazione dei creditori, ordinata dal

Tribunale col decreto di apertura del concordato, che ora deve avvenire non più entro gli originari

trenta giorni, bensì entro i centoventi giorni dalla data del provvedimento di ammissione (art. 163,

co. 2, n. 2). La modifica si giustifica con la necessità di consentire ai creditori, qualora ne ricorrano

le condizioni, di presentare proposte concorrenti con quella del debitore (sulle quali v. infra, § 10 di

questa Appendice).

La seconda riguarda, invece, l’introduzione di un nuovo n. 4-bis al co. 2 dell’art. 163, ai sensi del

quale, con il provvedimento di apertura, il Tribunale «ordina al ricorrente di consegnare al

commissario giudiziale entro sette giorni copia informatica o su supporto analogico delle scritture

contabili e fiscali obbligatorie», imponendo così al debitore una disclosure totale sulla

rappresentazione contabile delle operazioni aziendali, analogamente a quanto avviene nel

fallimento. La disposizione si innesta nel terreno degli effetti dell’ammissione alla procedura nei

confronti del debitore e deve essere coordinata con l’art. 170, non toccato dalla riforma, che, come

si ricorderà (§ 193), per un verso, prevede l’annotazione del decreto di apertura della procedura, da

parte del giudice delegato, sotto l’ultima scrittura dei libri presentati e, per altro verso, impone al

debitore di tenere a disposizione dello stesso giudice delegato e del commissario giudiziale i libri e

le scritture contabili.

10. Le proposte concorrenti.

10.1. Premessa. Una delle più rilevanti novità portate dalla “miniriforma” del 2015 è costituita

dalla previsione della possibilità per soggetti diversi dal debitore di presentare proposte di

concordato preventivo concorrenti, nel senso di alternative, a quella presentata dal debitore. Parte

Page 14: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

14

della dottrina da tempo mostrava insoddisfazione e insofferenza rispetto al “monopolio”

dell’iniziativa che, in materia di concordato preventivo, la legge ha finora assicurato al debitore: il

legislatore ha raccolto queste “doglianze”, riducendo drasticamente (ma non eliminando in toto)

quel “monopolio”. E ciò nel quadro di un disegno complessivo di “apertura al mercato” delle

procedure concorsuali, volto a favorire la “contendibilità” delle imprese in crisi ed avente - come si

precisa nella relazione al disegno di legge di conversione del decreto n. 83 - la duplice finalità di

«massimizzare la recovery dei creditori concordatari e di mettere a disposizione dei creditori

concordatari una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta

del debitore». Quel che nella relazione si omette di considerare, peraltro, è che la esistenza stessa,

nel sistema, della possibilità di proposte concorrenti, non avanzabili in via autonoma ma

“innescate” dalla presentazione di una proposta di concordato da parte del debitore, può costituire,

in assoluto, un potente disincentivo alla stessa presentazione, appunto, di proposte di concordato da

parte dei debitori in crisi.

La disciplina della inedita figura della “proposta concorrente” è assai articolata, essendo

“spalmata” su di una nutrita serie di disposizioni: la norma cardine è l’art. 163, nuovi co. 4-7; ma

della figura trattano anche gli art. 165, 172, 175, 177, 185, tutti in vario modo ritoccati.

Prima di affrontare l’analisi di tale complessa disciplina si impongono alcune considerazioni di

ordine generale.

La prima considerazione. L’introduzione della nuova figura ha un rilevante impatto sistematico:

essa impone di ritenere che anche il concordato preventivo – come già il concordato fallimentare –

non sia (più) necessariamente riconducibile ad un accordo fra il debitore ed i suoi creditori,

potendo invece conformarsi come un accordo fra creditori, al quale il debitore resti estraneo.

La seconda considerazione. Il fondamento della possibilità per i creditori di presentare proposte

di concordato preventivo alternative a quella del debitore viene talvolta rintracciato nella nota

costruzione concettuale per la quale quando l’impresa diviene insolvente “proprietari” in senso

economico della medesima debbono ritenersi i creditori: la legittimazione dei medesimi a presentare

proposte concorrenti sarebbe dunque da ravvisare nella loro sostanziale qualità di “proprietari” del

patrimonio del debitore. Ad avviso di chi scrive – a parte i dubbi sulla “tenuta” e sulla rilevanza, in

assoluto, di quella costruzione – si dovrebbe seguire, sul tema che qui interessa, un itinerario

diverso. Con la domanda di concordato preventivo il debitore pone il suo intero patrimonio a

disposizione dei creditori per il loro soddisfacimento in termini concorsuali: ed è in questo vincolo

(giuridico) che trova fondamento la possibilità di ingresso nella vicenda di ipotesi di

soddisfacimento dei creditori differenti da quella proposta dal debitore. E’ in questa chiave che

trovano giustificazione, per un verso, la limitazione ai soli creditori della legittimazione a presentare

Page 15: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

15

proposte concorrenti e, dall’altro e soprattutto, la “dipendenza” genetica delle proposte concorrenti

dalla domanda del debitore. Così come è in questa chiave che debbono ritenersi infondati i dubbi di

costituzionalità del meccanismo: tale meccanismo non comporta alcun illegittimo esproprio del

debitore, traducendosi anch’esso in una modalità di realizzazione della responsabilità patrimoniale

del debitore.

Peraltro, se è nell’ottica della massimizzazione della recovery dei creditori concorsuali – e,

dunque, sul terreno dell’efficienza – che si colloca la proponibilità stessa delle proposte concorrenti,

ben avrebbe potuto il legislatore “aprire” la legittimazione anche ai terzi non creditori (come del

resto già accade nell’ambito del concordato fallimentare).

La terza considerazione. Il legislatore ha chiaramente mostrato di voler costruire la proposta

concorrente come, in principio, analoga, sul piano strutturale, ed equipollente, sul piano degli

effetti, a quella del debitore (se così non fosse, del resto, non vi sarebbe reale concorrenza fra i due

generi di proposte). Questo significa che alla proposta concorrente sono destinate ad applicarsi,

sempre in principio, tutte le regole in punto di forma ed in punto di sostanza che governano la

proposta del debitore, con eccezione, ovviamente, dei profili specificamente disciplinati dalla nuova

normativa. E così per esempio, dal punto di vista formale, la proposta concorrente deve essere

avanzata con ricorso, ai sensi dell’art. 161; e, dal punto di vista sostanziale, deve avere il contenuto

delineato dall’art. 160, deve «indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente

valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore» (secondo la nuova

formulazione della lett.e) del co. 2 dell’art. 161), e così via.

10.2. Proposte concorrenti: legittimazione; presupposti. a. Ai sensi dell’art. 163, co. 4, una

proposta concorrente, con il relativo piano, può essere presentata (solo) da uno o più creditori che,

anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda del debitore, rappresentano

almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata (dal debitore) ai sensi

dell’art. 161 (in realtà, più propriamente il riferimento avrebbe dovuto essere all’elenco nominativo

dei creditori ugualmente depositato ai sensi dello stesso art. 161).

Stando alla formulazione della norma, la legittimazione sembrerebbe essere attribuita ai soli

creditori concorsuali, cioè anteriori alla domanda di concordato, dovendosi allora escludere i

soggetti che diventino creditori per effetto di acquisti di crediti successivamente alla presentazione

della domanda del debitore. Ragioni di efficienza, di cui si è dato conto nel paragrafo precedente, in

uno con la possibilità, espressamente contemplata nel co. 5 dello stesso art. 163, di prevedere

l’intervento di terzi, sembrerebbero peraltro poter consentire di ritenere legittimato anche il

creditore che è divenuto tale successivamente alla presentazione della domanda del debitore

Page 16: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

16

Per espressa previsione della norma, poi, non si possono computare ai fini della percentuale del

10% i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da questa controllate e di

quelle sottoposte a comune controllo; dal che sembrerebbe doversi derivare che quei creditori non

possano presentare proposte concorrenti.

b. In funzione dell’esigenza di ridurre la dissimmetria informativa fra debitore e creditori che

potrebbe scoraggiare la presentazione di proposte concorrenti, il legislatore ha avuto cura di

introdurre precisi obblighi, appunto, informativi a carico del commissario giudiziale. Il nuovo art.

165, co. 2, stabilisce infatti che «Il commissario giudiziale fornisce ai creditori che ne fanno

richiesta, valutata la congruità della richiesta medesima e previa assunzione di opportuni obblighi

di riservatezza, le informazioni utili per la presentazione di proposte concorrenti, sulla base delle

scritture contabili e fiscali obbligatorie del debitore, nonché ogni altra informazione rilevante in

suo possesso». Al fine di evitare che la richiesta dei creditori possa essere ispirata dall’intento di

acquisire informazioni utili per la presentazione, in futuro, di una proposta di concordato

fallimentare, la disposizione precisa che a quei creditori «In ogni caso si applica il divieto di cui

all'articolo 124, comma primo, ultimo periodo» (cioè il divieto di presentare una proposta di

concordato fallimentare se non dopo un anno dalla dichiarazione di fallimento).

Sempre in funzione di consentire ai creditori interessati a presentare proposte concorrenti di

acquisire la maggiore quantità possibile di informazioni, è stato modificato, nell’art. 172, il termine

per il deposito e la comunicazione, da parte del commissario giudiziale, della relazione

particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e

sulle garanzie offerte: non più almeno 10 giorni, bensì almeno 45 giorni prima dell’adunanza.

c. La legge prevede una peculiare condizione di inammissibilità delle proposte concorrenti

(tutte), data da ciò che nella relazione ex art. 161 co. 3 che deve accompagnare la proposta del

debitore il professionista abbia attestato, specificamente, che la suddetta proposta «assicura il

pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di

concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis, di almeno il trenta per cento dei

crediti chirografari» (art. 163, co. 5). La previsione di una soglia di soddisfacimento che preclude

in partenza la presentazione di proposte concorrenti dovrebbe costituire un incentivo per il debitore

a cercare di raggiungere nella sua proposta tale soglia, che il legislatore ha evidentemente valutato

(anche sulla scorta del passato) come adeguatamente satisfattiva per i creditori.

Sul punto v. anche infra, sub § 10.5 di questa Appendice.

10.3. Segue: contenuto; relazione di attestazione; modifiche. a. In ordine al contenuto della

proposta concorrente si è già detto che trova tranquilla applicazione ad essa l’art. 160, co. 1, il quale

Page 17: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

17

va ovviamente integrato da quanto precisato dal co. 5, ult. periodo, dell’art. 163, in ordine alla

possibilità di prevedere in tale proposta, da un lato, l’intervento di terzi (e se ne è già parlato) e,

dall’altro, «se il debitore ha la forma di società per azioni o a responsabilità limitata,… un aumento

di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione» (si tornerà sul punto: v.

infra, in questo paragrafo).

Detto questo, e detto anche che la proposta concorrente, ai fini della sua ammissibilità né deve

essere necessariamente omogenea a quella del debitore (quindi a fronte di una proposta del debitore

di concordato in continuità ben può essere ammessa una proposta concorrente di concordato

liquidatorio) né deve essere necessariamente migliorativa rispetto a quella del debitore (saranno i

creditori in sede di votazione a scegliere la proposta per loro più conveniente), si pone però, in tema

di contenuto della proposta concorrente, un problema di fondo: tale proposta ha (deve avere) ad

oggetto comportamenti e impegni del creditore proponente o, invece, comportamenti e impegni del

debitore? Per una parte della dottrina appunto in questo secondo senso si dovrebbe ricostruire la

nuova figura, come dimostrerebbero, in particolare, le previsioni dei nuovi co. 3-6 dell’art. 185 e

specificamente quella contenuta nel co. 3 (per il quale «Il debitore è tenuto a compiere ogni atto

necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato presentata da uno o più creditori,

qualora sia stata approvata e omologata»), da cui risulterebbe che soggetto obbligato ad eseguire la

proposta concorrente è (esclusivamente) il debitore. Ad avviso di chi scrive, questa linea

ricostruttiva non può essere condivisa e per molteplici ragioni. Innanzi tutto, non si vede quale

debba considerarsi la base normativa che consenta ad un creditore di assumere impegni vincolanti

per il debitore. In secondo luogo, il nostro sistema conosce già ipotesi, nell’ambito delle soluzioni

compositive giudiziali delle crisi di imprese, di concorrenza di proposte, del debitore e dei creditori:

basta pensare al concordato fallimentare; e nessuno ha mai dubitato che, in quei contesti, ciascuna

proposta, del debitore o del creditore o di un terzo che sia, può avere ad oggetto solo comportamenti

e impegni del proponente, e non di altri. In terzo luogo, c’è una disposizione che elimina ogni

possibile dubbio al riguardo. Si tratta del già citato ultimo periodo della lett. e) del co. 2 dell’art.

161, per il quale – ripetiamo – la proposta, qualsiasi proposta, deve «indicare l’utilità

specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad

assicurare a ciascun creditore», da cui appare chiaramente che il proponente, qualsiasi proponente,

è tenuto, a pena ovviamente di inammissibilità, ad assumere in proprio l’impegno oggetto della

proposta.

Dunque, la proposta concorrente del creditore deve avere ad oggetto comportamenti e impegni

del medesimo creditore. Naturalmente si tratta di comportamenti ed impegni che riguardano e

coinvolgono il patrimonio del debitore, da cui normalmente verranno tratti i mezzi per adempiere

Page 18: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

18

agli obblighi concordatari. Questo significa, pur nel silenzio della legge, che la proposta concorrente

implicherà necessariamente la cessione al proponente, o quanto meno la messa a disposizione del

medesimo, di quel patrimonio: secondo il meccanismo già noto e praticato nell’ipotesi di

concordato con assunzione.

E’ in relazione a tutto ciò che va individuata la portata dei nuovi co. 3-6 dell’art. 185: con essi –

almeno in linea generale: discorso a parte va fatto, e lo si farà nel punto seguente, per il caso che la

proposta preveda un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di

opzione – non si è inteso addossare al debitore l’adempimento degli obblighi scaturenti dal

concordato proposto dal creditore ed omologato dal tribunale; si è inteso invece imporre al debitore

di compiere tutti gli atti necessari affinché il creditore proponente possa adempiere ai propri

obblighi.

b. Nel quadro generale delineato nel punto che precede la specifica ipotesi in cui tale proposta

preveda un aumento di capitale della società debitrice con l’esclusione o la limitazione del diritto di

opzione richiede qualche non irrilevante puntualizzazione.

Innanzi tutto. La fattispecie è assai più articolata di quanto non appaia dalla scarna descrizione

contenuta nell’art. 163, co. 5: essa comprende anche, necessariamente, la sottoscrizione

dell’aumento di capitale da parte del creditore proponente o di un terzo da questo indicato

(sottoscrizione resa possibile dalla esclusione o limitazione del diritto di opzione spettante ai vecchi

soci, che deve accompagnare l’aumento); l’acquisizione, attraverso tale strada, del controllo della

società debitrice; e il soddisfacimento dei creditori per effetto diretto o indiretto dell’immissione di

nuovi mezzi finanziari. Il che consente di individuare gli impegni che, in relazione a questo tipo di

proposta, il creditore proponente (e l’eventuale terzo interveniente) deve assumere ai sensi della più

volte ricordata lett. e) del co. 2 dell’art. 161: l’impegno a sottoscrivere l’aumento di capitale;

l’impegno a fare in modo, una volta assunto il controllo della società debitrice, che quest’ultima

soddisfi in una certa determinata misura i creditori. E consente di ricondurre anche questa ipotesi

nel quadro delineato nel punto che precede: infatti l’obbligo (coercibile) della società debitrice di

deliberare l’aumento viene a configurarsi propriamente non come adempimento del concordato, ma

come realizzazione del presupposto per l’adempimento, che sarà dato invece dalla sottoscrizione

dell’aumento da parte del creditore proponente, con quel che ne segue.

In secondo luogo. Le previsioni di cui stiamo trattando vengono talvolta riguardate come

“consacrazione” a livello normativo di quelle opinioni dottrinali secondo le quali sarebbe possibile

deliberare l’azzeramento per perdite del capitale sociale e la ricostituzione del medesimo con

esclusione del diritto di opzione. Ad avviso di chi scrive, il discorso va esattamente rovesciato: le

suddette previsioni vanno interpretate ed applicate tenendo per fermo il principio della

Page 19: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

19

indisponibilità della qualità di socio da parte dell’assemblea: questo significa che ove si prevedesse

l’azzeramento del capitale si potrebbe contemplare, per la connessa ricapitalizzazione, solo la

limitazione del diritto di opzione (ad una quota minoritaria del nuovo capitale) e non invece

l’esclusione.

In terzo luogo. Nell’assetto disegnato dalle disposizioni che stiamo esaminando l’organizzazione

societaria in quanto tale viene chiaramente a configurarsi come un asset contendibile, dotato di un

proprio valore: del resto solo in questi termini si può comprendere perché un terzo possa preferire

“acquisire” il controllo della società debitrice anziché acquistare direttamente il complesso

aziendale. Anche di tale valore si dovrebbe tener conto, quanto meno in sede di valutazione della

convenienza della proposta.

c. La proposta concorrente può prevedere diverse classi di creditori. In tale caso però la proposta

– stabilisce il nuovo co. 7 dell’art. 163 – «prima di essere comunicata ai creditori ai sensi del

secondo comma dell'articolo 171, deve essere sottoposta al giudizio del tribunale che verifica la

correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi» (in coerenza con quanto stabilito in

generale dal co. 1 dello stesso art. 163).

d. La proposta concorrente deve essere accompagnata dal relativo piano ed essere corredata della

relazione di attestazione di cui al co. 3 dell’art. 161. Tale relazione peraltro, ai sensi del co. 4,

ultimo periodo, dell’art. 163, «può essere limitata alla fattibilità del piano per gli aspetti che non

siano già stati oggetto di verifica da parte del commissario giudiziale e può essere omessa qualora

non ve ne siano».

e. Anche le proposte concorrenti – così come quella del debitore – possono essere modificate,

solo però fino a 15 giorni prima dell’adunanza dei creditori: così l’art. 172, co. 2. C’è da ritenere, a

questo riguardo, che debba valere anche per le proposte concorrenti il disposto dell’art. 161, co. 3,

ult. periodo e che quindi, nell’ipotesi di modifiche sostanziali di tali proposte o dei relativi piani,

debba essere depositata una nuova relazione di attestazione.

10.4. Segue: termini di presentazione. La proposta concorrente deve essere presentata dopo il

decreto con cui il tribunale abbia ammesso il debitore alla procedura di concordato preventivo (la

legge non lo dice esplicitamente, ma si evince dalla stessa collocazione “topografica” delle

disposizioni di cui stiamo parlando, oltre che dal contenuto delle medesime) e non oltre trenta

giorni prima dell’adunanza dei creditori. Va ricordato, a questo riguardo, che – come già visto:

retro, § 9 di questa Appendice – il secondo co. dello stesso art. 163 è stato riformulato portando il

termine entro cui l’adunanza va tenuta da 30 a 120 giorni dalla data del provvedimento di

Page 20: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

20

ammissione: e ciò anche e proprio per consentire la presentazione e la comunicazione ai creditori

delle (eventuali) proposte concorrenti.

10.5. Segue: controllo di ammissibilità. La legge non prevede, in via generale, un controllo del

tribunale in ordine alla ammissibilità delle singole proposte concorrenti analogo a quello

espressamente contemplato per la proposta del debitore. Che, tuttavia, un simile controllo debba

esservi sembra sicuro: e non solo perché, come si è sottolineato prima, la proposta concorrente è

equiparata in toto alla proposta del debitore, ma anche perché un simile controllo è espressamente

contemplato con riferimento alla suddivisione in classi ed è implicitamente evocato dalla previsione

della particolare condizione di inammissibilità delle proposte concorrenti di cui si è detto prima (al

§ 10.2, c di questa Appendice).

Inevitabilmente, l’ampiezza ed i limiti del controllo di ammissibilità sulle proposte concorrenti

(da effettuarsi ovviamente prima della comunicazione delle medesime ai creditori) saranno, in

generale, gli stessi del controllo di ammissibilità sulla proposta del debitore.

10.6. Segue: comunicazione ai creditori. La legge non stabilisce espressamente ed in generale

che le proposte concorrenti debbano essere comunicate ai creditori. Che una apposita

comunicazione debba esservi risulta comunque dalla contorta formulazione del già menzionato co.

7 dell’art. 163, ai sensi del quale la proposta concorrente che preveda diverse classi deve essere

sottoposta al giudizio del tribunale «prima di essere comunicata ai creditori ai sensi del secondo

comma dell'articolo 171». Il commissario giudiziale, dunque, ha l’onere di comunicare le proposte

concorrenti, man mano che vengano presentate, con un avviso integrativo di quello previsto dall’art.

171.

10.7. Segue: rinunzia del debitore alla domanda; revoca dell’ammissione. Problemi delicati e di

non agevole soluzione sorgono nel caso di rinunzia del debitore alla domanda di concordato o in

quello in cui, dopo il decreto ex art. 163 e prima dell’adunanza, intervenga la revoca

dell’ammissione del debitore al concordato. Ci si deve chiedere, infatti, se in tali casi il

procedimento debba avere termine con la “caducazione” delle proposte concorrenti oppure debba

proseguire con riguardo ormai soltanto a tali proposte.

Ad avviso di chi scrive la soluzione preferibile non può essere univoca, occorrendo distinguere

tra rinunzia, appunto, e revoca dell’ammissione.

a. Nel primo caso, sembrerebbe doversi ritenere – pur con tutti i dubbi legati all’assenza del

benché minimo addentellato normativo – che la proposta concorrente del creditore sopravviva.

Page 21: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

21

Se è vero, infatti, che solo il debitore è legittimato a presentare la domanda e la proposta, mentre

i creditori possono presentare solo una proposta concorrente, non anche una domanda concorrente,

sembra tuttavia corretto ritenere che, una volta ammesso il debitore alla procedura di concordato, il

creditore che abbia legittimamente presentato una proposta alternativa, abbia anche implicitamente

fatto propria l’istanza dell’imprenditore in crisi. In tal modo, quest’ultimo potrà rinunciare soltanto

alla proposta originariamente presentata, non già alla procedura concordataria tout court. D’altra

parte, sarebbe quanto meno criticabile un sistema che, per un verso, “spingesse” verso un modello

efficientista, basato – giova ripeterlo – sulla massima recovery per i creditori concorrenti; e, per

altro verso, consentisse al debitore di tornare volontariamente sui suoi passi, travolgendo, di fatto,

l’efficacia di quei comportamenti (la presentazione delle proposte concorrenti), che nell’ottica del

legislatore assicurano il raggiungimento di quell’obiettivo.

Certo è, comunque, che anche tale soluzione non è per nulla tranquillizzante, innescando una

serie di complicazioni in punto di adattamento di una normativa pensata in funzione della presenza

del debitore proponente ad un procedimento che tale presenza potrebbe ancora vedere, ma in

posizione assolutamente marginale (un esempio per tutti: l‘amministrazione del patrimonio resta in

capo al debitore rinunziante, o deve essere nominato un “gestore” ad hoc?).

b. Quanto al secondo caso, resta il fatto che l’art. 173 non è stato modificato dalla novella,

dovendosi dunque ritenere applicabile anche in presenza di proposte concorrenti. La revoca

dell’ammissione al concordato, soprattutto ove conduca alla dichiarazione di fallimento del

debitore, sembrerebbe inevitabilmente rendere di fatto improseguibile la proposta concorrente

eventualmente avanzata dal creditore. In tale caso, si pone il dubbio circa la possibilità, per il

creditore che abbia sopportato i costi legati alla presentazione della proposta concorrente, di

chiedere, nel fallimento successivo, il risarcimento dei danni qualora la revoca sia dipesa da

comportamenti contra legem del debitore.

10.8. L’intervento del commissario giudiziale. Con riguardo alle proposte concorrenti il

commissario giudiziale giuoca un ruolo fondamentale.

Si è già parlato, nel § 10.2 di questa Appendice, dell’obbligo del commissario sia di fornire ai

creditori tutte le informazioni utili alla predisposizione di proposte concorrenti sia di comunicare ai

creditori le proposte concorrenti effettivamente presentate. Ora va detto che il commissario:

- ai sensi dell’art. 172, co. 2, deve riferire in merito alla proposte concorrenti con una apposita

relazione integrativa (di quella particolareggiata di cui al primo co. dello stesso art. 172), da

depositare in cancelleria e comunicare ai creditori per p.e.c. almeno 10 giorni prima dell’adunanza;

Page 22: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

22

relazione che «contiene, di regola, una particolareggiata comparazione di tutte le proposte

presentate»;

- ai sensi dell’art. 175, co. 1, deve in sede di adunanza illustrare le sue relazioni nonché le

proposte definitive del debitore e quelle concorrenti dei creditori.

10.9. Discussione e votazione. a. In sede di adunanza debbono ovviamente essere discusse tutte

le proposte presentate e quindi anche quelle concorrenti. Specificamente, ai sensi del nuovo co. 3

dell’art. 175, da un lato, «Ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene

ammissibili o convenienti le proposte di concordato» e, dall’altro, «Il debitore può esporre le

ragioni per le quali non ritiene ammissibili o fattibili le eventuali proposte concorrenti».

b. Non vi è alcuna disciplina particolare per ciò che riguarda l’ammissione al voto sulle proposte

concorrenti. E’ solo previsto, dal nuovo co. 6 dell’art. 163, che «I creditori che presentano una

proposta di concordato concorrente hanno diritto di voto sulla medesima solo se collocati in una

autonoma classe»: tale previsione viene spiegata, nella relazione al disegno di legge di conversione

del decreto n. 83, anche con il «fine di consentire ai creditori esterni la possibilità di contestare la

convenienza del concordato ex art. 180, quarto comma» (spiegazione, per la verità, decisamente

criptica).

Nel silenzio della legge devono ritenersi non operanti, con riferimento alle proposte concorrenti,

le cause di esclusione dal voto previste, relativamente alla proposta del debitore, dall’art. 177, ult.

co. Se rispetto allo stesso creditore proponente la legge ha ritenuto, come abbiamo appena visto, di

escludere la sussistenza o comunque la rilevanza del conflitto di interessi, a maggior ragione tale

esclusione deve affermarsi con riguardo ai creditori “particolarmente relazionati” con il creditore

proponente.

c. Ai sensi dell’art. 175, co. 5, «Sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte

presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l'ordine temporale del loro

deposito». Da questa disposizione appare chiaro che ciascuna proposta è sottoposta distintamente

alla votazione e che la prima proposta messa in votazione è quella del debitore.

Stabilisce poi la nuova seconda parte dell’art. 177, co. 1, che, quando siano poste al voto più

proposte di concordato, «si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più

elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di

parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima. Quando nessuna delle proposte

concorrenti poste al voto sia stata approvata con le maggioranze di cui al primo e secondo periodo

del presente comma, il giudice delegato, con decreto da adottare entro trenta giorni dal termine di

cui al quarto comma dell'articolo 178, rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la

Page 23: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

23

maggioranza relativa dei crediti ammessi al voto, fissando il termine per la comunicazione ai

creditori e il termine a partire dal quale i creditori, nei venti giorni successivi, possono far

pervenire il proprio voto con le modalità previste dal predetto articolo. In ogni caso si applicano il

primo e secondo periodo del presente comma».

La formulazione è abbastanza contorta e in qualche passaggio può apparire contraddittoria. Il

senso sembra comunque da ricostruire in questo modo:

- si verifica se e quali proposte siano state approvate con le maggioranze previste dai primi due

periodi del comma 1 (maggioranza dei crediti ammessi al voto; maggioranza nel maggior numero di

classi);

- nell’ipotesi che solo una delle diverse proposte sia stata approvata con le suddette maggioranze,

il discorso si chiude;

- nell’ipotesi che siano state approvate con quelle maggioranze due o più proposte, prevale quella

che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità prevale

quella del debitore o, se la parità concerne solo proposte di creditori, quella presentata prima;

- se nessuna delle proposte consegue le maggioranze previste dai primi due periodi del primo

comma, il giudice delegato rimette al voto solo la proposta che ha conseguito la maggioranza

relativa dei crediti ammessi al voto;

- tale proposta dovrà ancora una volta essere approvata con le maggioranze previste dai primi

due periodi del primo comma.

Resta qualche dubbio. In particolare: che succede se due delle proposte abbiano conseguito la

stessa maggioranza relativa? Si rimettono entrambe al voto o si adottano i criteri di scelta previsti

per l’ipotesi di parità di proposte approvate?

10.10. Omologazione e relativi effetti. a. Nulla ha stabilito il legislatore del 2015 con riguardo

alla fase successiva alla votazione nell’ipotesi che a tale votazione siano state presentate anche

proposte concorrenti: un silenzio – può notarsi – espressione ancora una volta dell’approssimazione

con cui quel legislatore ha proceduto nel disciplinare le nuove figure o i nuovi istituti che ha

ritenuto di introdurre. E’ quindi alle sole disposizioni generali che si deve far riferimento.

Nessun particolare problema dovrebbe sorgere nel caso in cui nessuna delle proposte, né quella

del debitore né una di quelle concorrenti, venga approvata. Non potrebbe infatti che trovare

applicazione l’art. 179, co. 1: il giudice delegato dovrà informarne immediatamente il tribunale, che

dovrà dichiarare l’inammissibilità, è da ritenere, di tutte le proposte, con la possibilità –

sussistendone i presupposti – di dichiarare il fallimento del debitore.

Page 24: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

24

Nel caso in cui dovesse essere approvata la proposta del debitore, nulla quaestio: si

applicherebbe tranquillamente l’art. 180. Qualche complicazione sembrerebbe potersi determinare,

invece, nell’ipotesi che sia approvata una proposta concorrente: si può, nell’applicare l’art. 180,

sostituire il creditore proponente al debitore e, quindi, addossare a quello l’obbligo di notificare il

decreto di fissazione dell’udienza di omologazione e di costituirsi almeno dieci giorni prima?

Probabilmente sì. Resterebbe però, in tale caso, il problema di stabilire se comunque anche il

debitore debba essere (rimanere) parte di questa fase procedimentale. Quel che appare sicuro è che

al debitore debba riconoscersi il potere di proporre opposizione all’omologazione.

b. La legge tace completamente anche sugli effetti della omologazione nell’ipotesi in cui ad

essere approvata e omologata è non la proposta del debitore ma quella concorrente di un creditore.

I più rilevanti punti critici sono tre:

- se nel caso (normale) in cui la proposta concorrente abbia trovato la propria base nell’utilizzo

dei beni del debitore, l’omologazione comporti il trasferimento del patrimonio al proponente;

- se si produca a favore del debitore medesimo l’esdebitazione conseguente all’art. 184 per il

quale «Il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel

registro delle imprese del ricorso di cui all’art. 161»;

- se l’omologazione determini la liberazione immediata del debitore.

Con riguardo al primo punto, sembra doversi applicare la regola elaborata per l’ipotesi di

concordato con assunzione, e cioè che il trasferimento segua alla definitività del decreto di

omologazione, salvo che la proposta o il piano concordatario preveda il trasferimento solo quando

gli obblighi concordatari siano stati integralmente adempiuti.

Con riguardo al secondo punto, la risposta sembra dover essere affermativa, anche alla luce di

quanto rilevato in premessa (retro, § 10.1 di questa Appendice), e cioè che il legislatore ha mostrato

di voler costruire la proposta concorrente come, in principio, equipollente, sul piano degli effetti, a

quella del debitore. Del resto, come è stato giustamente rilevato da taluni commentatori, avendo la

proposta concorrente a propria base, direttamente o indirettamente, l’utilizzo dei beni del debitore,

questo comunque perderà tali beni a beneficio dei creditori, realizzandosi allora l’ordinario

“scambio” che giustifica l’esdebitazione.

Quanto al terzo punto. Secondo parte della dottrina, la liberazione immediata del debitore

sarebbe indispensabile, per evitare conseguenze inique a danno del medesimo. In realtà, il silenzio

della legge sembra imporre sul punto una risposta negativa (salvo che le condizioni del concordato

prevedano espressamente quella liberazione: ma è, questa, evenienza assolutamente teorica), con

tutto ciò che allora può derivarne (v. infra, § 10.12 di questa Appendice).

Page 25: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

25

10.11. Esecuzione della proposta concorrente approvata ed omologata. a. Si è già accennato, in

precedenza, alla particolare disciplina dettata dalla nuova legge in ordine all’esecuzione di una

proposta di concordato preventivo presentata da uno o più creditori che sia stata approvata e

omologata (retro, § 10.3 di questa Appendice). Si sono menzionate le disposizioni, recate dai nuovi

co. 3-6 dell’art. 185 e si è precisato quale debba in generale essere – ad avviso di chi scrive – la

portata da assegnare a quelle disposizioni: con esse, non si è inteso addossare al debitore

l’adempimento degli obblighi scaturenti dal concordato proposto dal creditore e omologato dal

tribunale; si è inteso invece imporre al debitore di compiere tutto quanto la situazione richiede

affinché il creditore proponente possa adempiere ai propri obblighi. Qui resta da chiarire più

compiutamente il funzionamento dei meccanismi previsti dalle norme in esame.

b. A norma del co. 3, dunque, «il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare

esecuzione» alla proposta concorrente: si tratterà essenzialmente – è da ritenere – di atti e attività di

ordine materiale, come, per esempio, la messa a disposizione del patrimonio o di singoli beni.

Il rispetto di questo obbligo è presidiato da un articolato (e chiaramente sovrabbondante)

ventaglio di misure “correttive” e precisamente:

- il commissario giudiziale, nel caso «in cui rilevi che il debitore non sta provvedendo al

compimento degli atti necessari a dare esecuzione alla suddetta proposta o ne sta ritardando il

compimento, deve senza indugio riferirne al tribunale. Il tribunale, sentito il debitore può attribuire

al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al compimento degli

atti a questo richiesti» (co. 4);

- «il soggetto che ha presentato la proposta di concordato approvata e omologata dai creditori

può denunziare al tribunale i ritardi o le omissioni da parte del debitore, mediante ricorso al

tribunale notificato al debitore e al commissario giudiziale, con il quale può chiedere al tribunale

di attribuire al commissario giudiziale i poteri necessari a provvedere in luogo del debitore al

compimento degli atti a questo richiesti» (co.5);

- se si tratta di società «fermo restando il disposto dell'art. 173, il tribunale, sentiti in camera di

consiglio il debitore e il commissario giudiziale, può revocare l'organo amministrativo … e

nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il

potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta» (co. 6).

Chiaro essendo – in sé considerato ed in linea generale – il meccanismo sostitutivo previsto nelle

tre ipotesi (il commissario giudiziale o l’amministratore giudiziario si sostituisce appunto al

debitore nel compiere quanto necessario a consentire al creditore che ha presentato la proposta

concorrente approvata e omologata di adempiere agli obblighi assunti), non è chiaro il senso di

questa “moltiplicazione” di figure: le prime due sono pressoché identiche differendo solo sul piano

Page 26: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

26

dell’iniziativa (nell’un caso si attiva il commissario giudiziale, nell’altro è il creditore proponente

che chiede di disporre la sostituzione); quanto alla terza, non si capisce perché nel caso di società il

tribunale, avendo già a disposizione lo strumento, appunto, della sostituzione del debitore con il

commissario giudiziale dovrebbe preferire addirittura la misura molto più drastica (perché incide

sull’organizzazione stessa della società e sull’intera sua attività) della revoca degli amministratori e

della loro sostituzione con un amministratore giudiziario. Questa misura, in realtà, può (forse) avere

una qualche giustificazione solo con riguardo al caso specifico e specificamente menzionato in cui

la proposta concorrente preveda un aumento di capitale (e ne parleremo fra poco), certamente non

nella generalità dei casi di inosservanza degli obblighi posti dal co. 3 dell’art. 185.

Decisamente criptico (per non dire espressione di autentica non conoscenza delle norme

previgenti) è il riferimento del co. 6 al disposto dell’art. 173, dal momento che, per un verso,

l’ambito di operatività di tale norma non può essere esteso alla fase successiva all’omologazione e,

per altro verso, l’inosservanza degli obblighi posti dal co. 3 dell’art. 185 nulla ha a che vedere con i

comportamenti nella medesima norma contemplati e, per altro verso ancora, non si comprende

come essa norma dovrebbe nella specie operare.

c. Sempre nel co. 6 si precisa che, qualora la proposta abbia previsto un aumento del capitale

sociale del debitore, il potere conferito all’amministratore giudiziario include «la convocazione

dell'assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e

l'esercizio del voto nella stessa».

E’ appena il caso di sottolineare che questa misura – che si traduce in una disattivazione delle

regole di funzionamento dell’organizzazione societaria – costituisce un unicum nel nostro sistema

delle procedure concorsuali, nell’ambito delle quali le competenze degli organi delle società ad esse

assoggettate non vengono di regola minimamente toccate. Nella relazione al disegno di legge di

conversione del d.l. n. 83 l’introduzione di questa misura viene, da un lato, collegata ad

«un’esigenza sempre più avvertita sul piano internazionale» (come dimostrerebbero recenti

sviluppi normativi di portata analoga in alcuni paesi comunitari) e, dall’altro, giustificata con la

necessità di «evitare che i soci esercitino il loro potere di veto sulle operazioni societarie

straordinarie al fine di estrarre valore a scapito dei creditori sociali». Al riguardo va osservato,

innanzi tutto, che, se è vero che taluni ordinamenti a noi vicini da tempo conoscono misure

“espropriative” dei poteri degli azionisti di società in crisi (la Francia, per esempio, le conosce fin

dalla legge del 1985), non è meno vero che l’importazione episodica di “brandelli” di sistemi

normativi altrui può non essere una buona soluzione (tanto più quando, come nel nostro caso,

l’importazione sia anche maldestra, come dimostra l’utilizzazione della figura dell’amministratore

giudiziario, certamente sproporzionata rispetto alle esigenze da soddisfare: non a caso,

Page 27: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

27

nell’ordinamento francese, si utilizza la figura del mandatario ad hoc). E va osservato, in secondo

luogo, che il meccanismo coattivo escogitato può tradursi nella sostituzione del creditore

proponente agli azionisti, nell’estrazione di valore dalla società in crisi in danno della generalità dei

creditori.

Detto questo, deve rilevarsi che, con l’attribuzione all’amministratore giudiziario del potere non

solo di convocare l’assemblea ma anche di esercitare in essa il voto, si ricade nella previsione

dell’art. 92, ult. co., disp. att. cod. civ., ai sensi del quale «all’amministratore giudiziario possono

essere attribuiti per determinati atti i poteri dell’assemblea» (ed è probabilmente in relazione a ciò

che si è ritenuto di scegliere questa figura): ma se ciò è vero, ne deriva che la deliberazione (relativa

all’aumento di capitale) assunta dall’amministratore giudiziario, per essere efficace, dovrà essere

approvata dal tribunale ai sensi dell’ultima parte del citato art. 92 disp. att.

d. La “confusione” che sembra aver appannato il nostro legislatore ha raggiunto l’acme con la

previsione dell’ultimo periodo del co. 6 ove si stabilisce che «Quando è stato nominato il

liquidatore a norma dell'articolo 182, i compiti di amministratore giudiziario possono essere a lui

attribuiti». Se la ragione della scelta della nomina dell’amministratore giudiziario sta nelle

particolari esigenze scaturenti dalla previsione nella proposta concorrente di un aumento di capitale

della società debitrice con esclusione o limitazione del diritto di opzione, sembra chiaro che tale

figura, che è quella di un “organo straordinario” della società, non dovrebbe poter essere

sovrapposta alla figura del liquidatore ex art. 182, che è da riguardare sostanzialmente come un vero

e proprio organo della procedura di concordato.

e. La legge tace completamente sui possibili rimedi contro gli atti compiuti dal commissario

giudiziale o dall’amministratore giudiziario nell’espletamento dei compiti di cui stiamo trattando.

Comunque, per quanto riguarda gli atti del commissario sarà proponibile, giusta il disposto dell’art.

165, co. 2, il reclamo ai sensi dell’art. 36; per quanto riguarda gli atti dell’amministratore

giudiziario devono invece ritenersi utilizzabili solo i normali strumenti di tutela previsti dal diritto

comune.

10.12. Risoluzione e annullamento del concordato. E’ tutt’altro che chiaro – al solito: per il

silenzio della legge – il modo in cui debba trovare applicazione, nell’ipotesi in cui sia stata

approvata ed omologata una proposta concorrente, la disciplina dettata dalla legge fallimentare in

materia di risoluzione e di annullamento del concordato.

Comunque, ad avviso di chi scrive, essendosi escluso che in quella ipotesi vi sia liberazione

immediata del debitore (retro, § 10.10 di questa Appendice), l’inadempimento ai propri obblighi da

Page 28: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

28

parte del proponente, ove di non scarsa importanza, determinerà la risoluzione del concordato, con

tutte le conseguenze che potranno derivarne a carico del debitore.

Del pari, sempre ad avviso di chi scrive, la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 138

(dolosa esagerazione del passivo, ecc.), pur essendo esse imputabili al debitore determinerà, in

relazione all’idoneità di tali circostanze a falsare le basi stesse del concordato, l’annullamento del

medesimo.

11. Le offerte concorrenti.

Come si legge nella relazione al disegno di legge di conversione del decreto n. 83, alle stesse

finalità delle proposte concorrenti – massimizzare la recovery dei creditori concordatari (in

particolare, evitando che, attraverso atti di trasferimento preconfezionati, si produca con

l’interposizione di terzi compiacenti un “ritorno” di aziende o di beni al debitore) e mettere a loro

disposizione una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta

del debitore – risponderebbe un’altra rilevante novità portata dalla “miniriforma” del 2015, quella

delle c.d. offerte concorrenti.

a. Ai sensi del nuovo art. 163-bis, co. 1, quando il piano di concordato «comprende una offerta

da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche

prima dell'omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell'azienda

o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni», il tribunale deve procedere alla «ricerca di

interessati all'acquisto disponendo l'apertura di un procedimento competitivo» con un apposito

decreto.

La legge non fissa termini per l’emanazione di questo decreto. Non c’è dubbio però, che il

tribunale – il quale, va precisato, non ha, in materia, alcuna discrezionalità e quindi è tenuto ad

indire la procedura competitiva – da un lato, debba provvedere solo dopo il decreto di ammissione

del debitore alla procedura di concordato (solo se la procedura si apra ha senso l’intero meccanismo

delle offerte migliorative) e, dall’altro, debba, dopo tale decreto, provvedere rapidamente, dal

momento che l’intero subprocedimento relativo alle offerte si deve inderogabilmente concludere,

per espressa previsione del co. 4 dell’art. 163-bis, prima dell’adunanza dei creditori.

b. Il contenuto del decreto che dispone l'apertura del procedimento competitivo è molto

articolato. Esso, infatti, deve

- stabilire le modalità di presentazione delle offerte;

- prevedere che ne sia assicurata in ogni caso la comparabilità (eventualmente predisponendo,

per esempio, appositi schemi);

Page 29: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

29

- precisare i requisiti di partecipazione degli offerenti, la data dell'udienza per l'esame delle

offerte, le modalità di svolgimento della procedura competitiva, le garanzie che devono essere

prestate dagli offerenti e le forme di pubblicità del decreto;

- in ogni caso disporre la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’art. 490 c.p.c.

(peraltro, ancora non attivo);

- stabilire l'aumento minimo rispetto al corrispettivo originario che le offerte devono prevedere.

Sempre lo stesso decreto deve precisare le forme e i tempi di accesso alle informazioni rilevanti

per la predisposizione delle offerte, gli eventuali limiti al loro utilizzo e le modalità con cui il

commissario giudiziale deve fornirle a coloro che ne fanno richiesta. A questo riguardo va ricordato

che, in base all’art. 165, co. 4, la disciplina concernente gli obblighi informativi posti a carico del

commissario giudiziale in relazione alle proposte concorrenti (di cui si è detto retro, § 10.2 di

questa Appendice) «si applica anche in caso di richieste, da parte di creditori o di terzi, di

informazioni utili per la presentazione di offerte ai sensi dell’art. 163-bis».

c. Le offerte possono essere presentate, come risulta dal brano appena riportato, sia da creditori

sia da terzi; debbono essere irrevocabili; debbono essere presentate «in forma segreta»; sono

inefficaci se non conformi a quanto stabilito dal decreto di cui sopra o se sottoposte a condizione.

Ai sensi del co. 3 dell’art. 163-bis, «L'offerta di cui al primo comma diviene irrevocabile dal

momento in cui viene modificata l'offerta in conformità a quanto previsto dal decreto di cui al

precedente comma e viene prestata la garanzia stabilita con il medesimo decreto». Questo

sembrerebbe significare che l’offerta originaria è destinata a diventare inefficace (cioè ad essere

posta fuori gioco) ove non venga modificata in modo da renderla in tutto conforme a quanto

stabilito dal decreto che dispone la procedura competitiva. E ciò a prescindere dal fatto che

intervengano o meno offerte concorrenti.

d. All’apposita udienza fissata dal tribunale le offerte sono rese pubbliche alla presenza degli

offerenti e di qualunque interessato. Se sono state presentate più offerte migliorative, il “giudice”

(da intendere come il giudice delegato) dispone la gara tra gli offerenti; tale gara, da espletare

secondo le modalità fissate dal decreto di apertura della procedura competitiva, può avere luogo alla

stessa udienza o ad un'udienza immediatamente successiva e deve concludersi – come si è già

precisato – prima dell'adunanza dei creditori, anche quando il piano prevede che la vendita o

l'aggiudicazione abbia luogo dopo l'omologazione.

Con la vendita o con l’aggiudicazione (se precedente) ad un soggetto diverso dall’originario

offerente, quest’ultimo è liberato dalle obbligazioni eventualmente assunte nei confronti del

debitore. Nei suoi confronti – stabilisce il co. 4 dell’art. 163-bis – «il commissario dispone il

rimborso delle spese e dei costi sostenuti per la formulazione dell'offerta entro il limite massimo del

Page 30: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

30

tre per cento del prezzo in essa indicato»: una previsione di cui nella relazione al disegno di legge

di conversione si sottolinea l’importanza in quanto idonea ad evitare il rischio che la prospettiva di

una successiva procedura competitiva disincentivi i terzi interessati all’acquisto di assets nella fase

iniziale del processo di soluzione concordata della crisi.

e. «Il debitore deve modificare la proposta e il piano di concordato in conformità all'esito della

gara»: così, il co. 4 dell’art. 163-bis, che costituisce ulteriore espressione della linea volta alla

compressione dell’autonomia privata che connota la miniriforma del 2015.

Questo concorre a spiegare perché la procedura competitiva debba concludersi prima

dell’adunanza dei creditori. Almeno a tale adunanza, infatti, i creditori debbono essere edotti della

modifica della proposta e del piano resa necessaria dall’esito di quella procedura.

f. La disciplina fin qui esaminata si applica, ai sensi dell’ultimo periodo del primo co. dell’art.

163-bis, «anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del

trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni», nonché, ai sensi

dell’ultimo co. del medesimo art. 163-bis, «in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai

sensi dell'articolo 161, settimo comma, nonché all'affitto di azienda o di uno o più rami di

azienda».

La prima delle due previsioni evidentemente si riferisce – soprattutto, anche se non

esclusivamente – ai contratti preliminari e pone, altrettanto evidentemente, non pochi problemi, tra

cui quello di superare la vincolatività, per le parti, di tali contratti: ad avviso di chi scrive si

dovrebbe arrivare a ritenere che, per effetto dell’ammissione del debitore al concordato preventivo,

si produca una inefficacia temporanea dei medesimi, destinata o a cessare ove non pervengano

offerte migliorative o a diventare definitiva ove offerte migliorative, invece, pervengano.

La seconda delle due previsioni, nella sua prima parte, si riferisce ai trasferimenti dell’azienda,

ecc. da effettuare dopo la presentazione della domanda di concordato, anche di quello c.d. in bianco,

ed anzi avrebbe – secondo la più volte ricordata relazione al disegno di legge di conversione –

l’effetto di “legittimare” la prassi delle cessioni proprio in pendenza del termine per la

presentazione del piano e della proposta ai sensi dell’art. 161, co. 6. Ammesso che tale sia stato

l’intendimento – allora decisamente “obliquo” – del legislatore, c’è da osservare, innanzi tutto, che

gli atti da autorizzare ex art. 161, co. 7, debbono essere atti urgenti e l’urgenza pare difficilmente

conciliabile con l’adozione di procedure competitive e, in secondo luogo, che l’intero meccanismo

delle offerte concorrenti, e lo abbiamo già rilevato (v. retro, sub a), ha un senso solo se destinato ad

operare dopo il decreto di ammissione del debitore alla procedura.

12 Commissario giudiziale: comunicazioni al P.M.

Page 31: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

31

Si è già detto, analizzando la disciplina delle proposte e delle offerte concorrenti (retro,

rispettivamente, §§ 10.2 e 11 di questa Appendice), dei nuovi obblighi informativi, nei confronti dei

creditori, che con la riforma gravano sul commissario giudiziale; a quegli obblighi va aggiunto

quello scaturente dal co. 5 dell’art. 165, ai sensi del quale: «Il commissario giudiziale comunica

senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini delle indagini preliminari

e dei quali viene a conoscenza nello svolgimento delle sue funzioni».

Viene in tal modo creato un canale di comunicazione diretto tra l’organo della procedura ed il

pubblico ministero, prima inesistente. Nel vigore della precedente disciplina, infatti, l’unica

possibilità per il commissario giudiziale di denunciare comportamenti rilevanti (anche) in sede

penale doveva necessariamente passare per il filtro del tribunale (cfr. art. 173, non modificato dalla

riforma del 2015). La novità va salutata con favore, in quanto idonea a ridurre i tempi necessari

affinché la notitia criminis giunga al pubblico ministero.

13. Giudizi in cui è parte l’impresa in concordato.

Con la volontà di rendere il più possibile omogenea la procedura concordataria con quella

fallimentare, il legislatore della riforma ha aggiunto un nuovo secondo comma all’art. 169, ai sensi

del quale «Si applica l’articolo 43, quarto comma, sostituendo al fallimento l’impresa ammessa al

concordato preventivo»: disposizione, quella richiamata, che, come si ricorderà (v. retro, § 4, b di

questa Appendice), introduce una sorta di “corsia preferenziale” per le controversie in cui è parte il

fallimento, con l’obiettivo di accelerare la conclusione della procedura. Ora, è del tutto evidente

come tale obiettivo sia in realtà estraneo al concordato preventivo, che ha una durata prefissata per

legge, la cui estensione massima (nove mesi dalla presentazione del ricorso, prorogabili per una sola

volta di sessanta giorni: art. 181) sembra comunque insufficiente ad esaurire un giudizio, seppure

trattato con priorità; d’altra parte, com’è noto, il concordato si pone come evento neutro rispetto ai

processi in corso, conservando il debitore la legittimazione processuale (riflesso del mancato

spossessamento).

L’accelerazione così impressa alla definizione di tali controversie – sia quelle pendenti al

momento della presentazione della domanda, sia, è da ritenere, quelle iniziate durante la procedura

– sembra dunque poter esplicare i suoi effetti nella fase di esecuzione del concordato, riducendo i

tempi per la registrazione delle variazioni (che, peraltro, dovrebbero essere state già “implementate”

nel piano), in aumento o in diminuzione, del patrimonio responsabile e/o dell’ammontare del

passivo da soddisfare.

14. Contratti pendenti

Page 32: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

32

Tra le novità più rilevanti recate dalla normativa del 2015 va annoverata anche quella che

riguarda la modifica della disciplina degli effetti del concordato sui contratti pendenti, contenuta

nell’art. 169-bis: disciplina che, come si ricorderà, era stata introdotta nel nostro ordinamento con il

d.l. n. 83/2012.

La disposizione richiamata è stata in più punti ritoccata dalla riforma, ad iniziare dalla stessa

rubrica, che, fugando ogni dubbio sorto nel vigore del sistema precedente, fa ora espresso

riferimento ai “contratti pendenti” (e non più ai contratti in corso di esecuzione), per tali

intendendosi quelli ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti al momento della

presentazione del ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato; gli stessi, dunque, oggetto

della disciplina ex artt. 72 e ss. l.fall.

Anche nella nuova versione dell’art. 169-bis, comunque, non cambia l’impostazione di fondo: il

concordato è considerato come evento neutro rispetto ai contratti pendenti, che dunque, come

regola generale, continuano, salva la possibilità per il debitore di richiederne lo scioglimento o la

sospensione.

A. Ciò che invece cambia è, in primo luogo, la procedura per ottenere l’autorizzazione allo

scioglimento o alla sospensione del contratto.

a. Per quel che concerne l’autorizzazione allo scioglimento si è stabilito, per un verso, che la

relativa richiesta può essere avanzata anche in un momento successivo, rispetto alla presentazione

del ricorso per l’ammissione alla procedura (come chi scrive aveva già ritenuto possibile anche nel

vigore della precedente disciplina: v. § 195); e, per altro verso, che il rilascio della stessa, da parte

del tribunale o del giudice delegato, debba avvenire «con decreto motivato sentito l’altro

contraente, assunte, ove occorra, sommarie informazioni» (art. 169-bis, co. 1).

Quest’ultima modifica – che traduce in diritto positivo la prassi seguita da alcuni tribunali –

dovrebbe essere funzionale ad una più consapevole e ponderata decisione da parte del giudice.

Peraltro, il fatto che prima di procedere con il rilascio o meno dell’autorizzazione occorra “sentire”

– fissando un’udienza ad hoc oppure, deve ritenersi, concedendo termine per la presentazione di

memorie ed osservazioni scritte – la parte in bonis non deve, ad avviso di chi scrive, essere

sopravvalutato: nella specie, sembra invero corretto ritenere che l’eventuale interesse dell’altro

contraente alla continuazione della relazione contrattuale debba giuocare un ruolo secondario, la

scelta dell’autorità giudiziaria dovendosi fondare, essenzialmente, sulla compatibilità

dell’esecuzione del contratto pendente con il piano e la proposta concordataria. In tale ottica, le

sommarie informazioni di cui fa menzione la norma, ben potrebbero, allora, essere richieste (oltre

che al debitore ed alla controparte contrattuale) al commissario giudiziale.

Page 33: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

33

b. La disciplina dettata per ottenere l’autorizzazione allo scioglimento non è richiamata per la

sospensione dell’esecuzione del contratto pendente (che anche nel nuovo sistema può essere

concessa per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta): non si scorgono ragioni,

tuttavia, per non ritenere operante, anche rispetto alla misura meno drastica della sospensione, la

stessa procedura illustrata in precedenza per lo scioglimento. Ed invero, anche la sospensione può

generare consistenti danni al contraente in bonis, come dimostra il riconoscimento in capo allo

stesso, anche in tale caso, del diritto all’indennizzo per il mancato adempimento da parte del

debitore, di cui si dirà subito appresso.

c. Risolvendo un dubbio che si era posto nel vigore della precedente disciplina, l’ultimo periodo

del co. 1 dell’art. 169-bis stabilisce, inoltre, che «Lo scioglimento o la sospensione del contratto

hanno effetto dalla comunicazione del provvedimento autorizzativo all’altro contraente».

B. Un secondo blocco di modifiche ha riguardato la posizione economica della controparte in

bonis, in ipotesi di scioglimento o di sospensione del contratto pendente.

a. Nel sistema previgente, come si ricorderà (§ 195), il co. 2 dell’art. 169-bis si limitava a

stabilire che, in tali casi (cioè in entrambi i casi, quindi anche, come si è anticipato, in quello di

sospensione), la parte in bonis «ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno

conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al

concordato»; tale disposizione viene ora integrata con un ulteriore periodo, specificandosi che

rimane ferma «la prededuzione del credito conseguente ad eventuali prestazioni eseguite

legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali, dopo la pubblicazione della domanda

ai sensi dell’art. 161».

Ora, premesso, per un verso, che il riferimento alla “prededuzione” deve ritenersi tecnicamente

non corretto – la prededuzione propriamente detta potendo trovando spazio solo nell’eventuale,

successivo fallimento del debitore – e, per altro verso, che la nuova disposizione si applica solo in

caso di scioglimento del contratto pendente, l’esclusione dalla falcidia concordataria del credito

della parte in bonis, per i crediti maturati dopo la pubblicazione della domanda di concordato, pare

scelta del tutto conforme ai principi che reggono il concorso in atto sul patrimonio del debitore e

dunque condivisibile, avvicinandosi, anche sotto tale aspetto, la procedura de qua al fallimento. Il

problema semmai risiede nello stabilire, nel caso concreto, se tale credito sia opponibile alla massa,

se, cioè, la prestazione, dalla quale lo stesso trae origine, possa dirsi eseguita “legalmente e in

conformità agli accordi o agli usi negoziali”.

Pur in difetto di un riferimento espresso in tal senso, deve poi ritenersi sottratto alla falcidia

concordataria anche il credito – di restituzione – eventualmente vantato dalla parte in bonis, in virtù

dell’esecuzione parziale della propria prestazione in epoca anteriore alla presentazione della

Page 34: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

34

domanda di ammissione al concordato (sempre che l’oggetto della prestazione sia rappresentato da

beni determinati, ancora presenti nel patrimonio del debitore), analogamente a quanto accade

nell’ambito della procedura fallimentare (e v. § 81).

b. Una disciplina a parte è stata poi introdotta con riferimento alla specifica figura contrattuale,

estremamente rilevante nella pratica, della locazione finanziaria.

Più in particolare, con la riforma è stato aggiunto un nuovo co. 4 all’art. 169-bis, che nella

sostanza replica – salvi gli aggiustamenti richiesti dalla diversa natura delle due procedure – la

disciplina degli effetti del fallimento dell’utilizzatore sul contratto di leasing pendente, di cui all’art.

72-quater, co. 2 e 3 (sulla quale v. § 87).

In caso di scioglimento del contratto viene così stabilito, in primo luogo, il diritto del concedente

alla restituzione del bene oggetto del contratto di leasing; lo stesso concedente, poi, «è tenuto a

versare al debitore l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra

collocazione del bene stesso avvenute a valori di mercato rispetto al credito residuo in linea

capitale». La disposizione continua stabilendo che «La somma versata al debitore a norma del

periodo precedente è acquisita alla procedura»: la precisazione è davvero poco comprensibile, non

essendo per nulla chiaro chi mai potrebbe, nel concordato preventivo, “acquisire” per conto della

procedura – che, giova precisarlo, non si erge a centro autonomo di imputazione di atti e rapporti

giuridici – detta somma, se non il debitore (al quale, peraltro e come si è avuto modo di osservare,

per espressa disposizione di legge deve essere comunque versata), fermo restando, ovviamente,

l’obbligo per quest’ultimo di destinare la stessa al soddisfacimento dei creditori concorsuali

(destinazione alla quale, forse, il legislatore voleva alludere nello stabilire l’“acquisizione” della

somma alla procedura).

Nell’ipotesi in cui, invece, dalla vendita o da altra collocazione del bene ottenga meno, il

concedente «ha diritto di far valere verso il debitore un credito determinato nella differenza tra il

credito vantato alla data del deposito della domanda e quanto ricavato dalla nuova allocazione del

bene. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato». Va peraltro sottolineato che

mentre è sicuro che nel “credito vantato alla data del deposito della domanda” confluiscano sia i

canoni di leasing già scaduti prima della domanda stessa, sia quelli che scadono dopo la

comunicazione al concedente del provvedimento che autorizza lo scioglimento del contratto, assai

più dubbio è che in tale credito possano essere computati i canoni scaduti successivamente alla

presentazione della domanda, ma anteriormente rispetto alla comunicazione del provvedimento

autorizzatorio, gli stessi dovendo essere trattati come crediti extraconcorsuali, ai sensi delle

disposizioni contenute nei precedenti commi 1 e 2, come tali sottratti alla falcidia concordataria.

Page 35: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

35

Occorre poi precisare, sul punto, che il “credito” della società concedente diviene attuale solo al

momento della vendita o della diversa allocazione del bene: sino a quel momento, la pretesa della

parte in bonis deve ritenersi meramente eventuale e non può quindi essere soddisfatta nella fase di

esecuzione del concordato.

Nulla viene detto, infine, con riferimento alla sorte del contratto di leasing in caso di ammissione

al concordato della società concedente. Interpretando a contrario l’art. 169-bis, co. 4 (che come si

ricorderà – v. § 195 – elenca le figure contrattuali alle quali non si applica la disciplina della

sospensione e dello scioglimento “unilaterale”), si dovrebbe dire che la società concedente

potrebbe, essa, richiedere lo scioglimento del contratto, tornando così in possesso del bene che ne è

oggetto: una lettura sistematica della norma suggerisce, tuttavia, di escludere siffatta possibilità, se è

vero che in caso di fallimento – ove opera lo spossessamento e più forte, rispetto al concordato, è

l’attrazione di tutti i beni del debitore nella massa attiva da destinare al soddisfacimento del

complesso dei creditori concorrenti – il contratto prosegue e l’utilizzatore rimane in possesso del

bene, con la facoltà di acquisirne la proprietà alla scadenza.

15. Relazioni del commissario giudiziale in vista dell’adunanza.

Trattando del commissario giudiziale e, più in particolare, della funzione di accertamento,

valutazione e informazione dallo stesso svolta all’interno del concordato, si è detto (§ 188)

dell’importanza che riveste, nell’economia della procedura, la relazione ex art. 175, co. 1 l.fall.,

avente ad oggetto, come si ricorderà, le cause del dissesto, la condotta tenuta dal debitore, le

proposte di concordato e le garanzie offerte ai creditori. Tale relazione fornisce invero

indispensabili elementi di conoscenza e valutazione – sia ai creditori, sia agli altri organi della

procedura – in ordine alla situazione economico patrimoniale del debitore, alla convenienza del

concordato ed alla sicurezza del suo adempimento.

Ora, proprio nell’ottica di rendere maggiormente consapevole il voto dei creditori concorrenti, la

riforma, per un verso, ha portato da dieci ad almeno quarantacinque giorni prima dell’adunanza dei

creditori il termine per il deposito in cancelleria della relazione (modifica che, in realtà e come si è

avuto modo di segnalare retro, § 10.2 di questa Appendice, si spiega anche con la volontà di

consentire ai creditori che, sussistendone le condizioni, avessero intenzione di presentare proposte

concorrenti con quella del debitore, di effettuare tale scelta conoscendo la relazione del

commissario), e, per altro verso, ha introdotto un periodo nuovo nella norma summenzionata, ai

sensi del quale «Nella relazione il commissario deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento,

possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero

essere promosse nei confronti di terzi». Ciò impone al commissario giudiziale un’attenta opera di

Page 36: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

36

ricostruzione delle operazioni compiute dal debitore nel periodo che precede la domanda di

ammissione alla procedura (compito agevolato dall’obbligo ora imposto al debitore di consegnare al

commissario copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali

obbligatorie: retro, § 9 di questa Appendice), al fine di individuare gli atti rispetto ai quali,

dichiarato il fallimento, potrebbe chiedersi l’inefficacia nei confronti dei creditori, o che potrebbero

essere utilizzati dal curatore per ottenere pronunce restitutorie e/o risarcitorie a favore della massa

attiva. Peraltro, per come è formulata la norma, non sembrerebbe sufficiente l’indicazione delle

possibili azioni esercitabili nel successivo, eventuale fallimento, dovendo il commissario esprimere

il proprio parere sulle probabilità di successo delle azioni e sulle utilità, in concreto, che il vittorioso

esperimento di esse può apportare al patrimonio responsabile (e, di conseguenza, ai creditori).

A tale relazione dovrà affiancarsi, come si è avuto modo di osservare (retro, § 10.8 di questa

Appendice), quella “integrativa”, ex art. 172, co. 2, qualora fossero state presentate proposte

concorrenti di concordato. Una relazione integrativa deve inoltre essere redatta, indipendentemente

dal fatto che siano state presentate una o più proposte concorrenti, «qualora emergano informazioni

che i creditori devono conoscere ai fini dell’espressione del voto» (e si pensi, per fare un esempio,

ad un giudizio, a contenuto patrimoniale, instaurato nei confronti del debitore dopo il deposito della

prima relazione).

16. Discussione e approvazione delle proposte.

A. Con riferimento alla discussione delle proposte, la riforma, come si è avuto modo di

osservare, ha modificato l’art. 175, regolando l’ipotesi in cui, accanto alla proposta presentata dal

debitore, siano state presentate una o più proposte concorrenti da parte dei creditori. Sul punto

occorre solo ricordare che, indipendentemente dalla presentazione di proposte concorrenti, il

termine ultimo per apportare le modifiche alla(e) proposta(e) è adesso fissato in quindici giorni

prima dell’adunanza dei creditori (art. 172, co. 2), e non più, come stabiliva l’ormai abrogato co. 2

dell’art. 175, l’inizio delle operazioni di voto.

B. Anche la disciplina della maggioranza per l’approvazione del concordato, di cui all’art. 177,

ha subito modifiche per tenere conto della eventualità della presentazione di proposte concorrenti.

Di tali modifiche si è già avuto modo di trattare in precedenza (retro, § 10.9 di questa Appendice).

Ma non solo. Con la riforma si è voluto, per un verso, armonizzare la disciplina del concordato

preventivo con quella del concordato fallimentare, il nuovo co. 4 dell’art. 177 escludendo

espressamente dal voto non più soltanto il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto

grado, ma anche «la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e

quelle sottoposte a comune controllo» (oltre i cessionari o aggiudicatari, da meno di un anno prima

Page 37: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

37

della proposta di concordato, dei crediti originariamente vantati dai soggetti prima menzionati),

analogamente a quanto stabilito, appunto, dall’art. 127, co. 5 e 6; ma, per altro verso e con riguardo

alle modalità di adesione alla proposta, si è, all’opposto, proceduto a differenziare le due discipline.

E’ infatti venuto meno, per il concordato preventivo, il principio del silenzio assenso e si è tornati

alla regola, in vigore prima della riforma operata dalla l. n. 134/2012, che impone ai creditori che

vogliano aderire ad una proposta di manifestare espressamente il loro voto. Il nuovo co. 4 dell’art.

178 stabilisce invero che: «I creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire lo

stesso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi

alla chiusura del verbale. Le manifestazioni di voto sono annotate dal cancelliere in calce al

verbale».

La modifica esprime forse meglio di qualunque altra la nuova filosofia che permea la disciplina

del concordato preventivo dopo la riforma del 2015. Il perfezionamento dell’accordo e, in ultima

istanza, l’omologazione della proposta, non è più un obiettivo da perseguire a tutti i costi:

all’indiscriminato favor verso la soluzione negoziale si è così sostituito un insieme di regole che,

nell’ottica del legislatore, dovrebbero condurre, per un verso, alla presentazione di proposte serie e

convenienti per i creditori; e, per altro verso, alla conclusione di un accordo negoziale non viziato

da asimmetrie informative tra le parti e da accettazioni “presunte”, che potrebbero non riflettere

fedelmente la reale volontà dei soggetti coinvolti.

17. Omologazione.

Tra le porzioni di disciplina non toccate direttamente dalla riforma e rimaste, dunque,

formalmente inalterate, va annoverata quella che concerne il giudizio di omologazione, come

regolato dall’art. 180. Ciò peraltro è vero solo in parte.

Per un verso, infatti, si è già avuto modo di osservare (retro, § 10.10 di questa Appendice) come

la possibilità, oggi riconosciuta ai creditori, di presentare proposte concordatarie concorrenti con

quella del debitore, comporti la necessità, se non altro, di modellare le disposizioni di cui all’art.

180, per adeguarle al mutato assetto normativo. Per altro verso, poi, è variata la disciplina del

concordato con cessione dei beni, il nuovo art. 182 – oggi rubricato semplicemente “Cessioni” e sul

quale torneremo nel prossimo § – prevedendo ora al comma 1 un nuovo secondo periodo, ai sensi

del quale, con il decreto di omologazione il tribunale (oltre a nominare, eventualmente, uno o più

liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori) «dispone che il liquidatore effettui la pubblicità

prevista dall’art. 490, primo comma, del codice di procedura civile e fissa il termine entro cui la

stessa deve essere eseguita». La disposizione del codice di rito richiamata, anch’essa introdotta con

il d.l. 83/2015, a sua volta stabilisce che: «Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia

Page 38: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

38

data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve

essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un’area pubblica denominata “portale

delle vendite pubbliche”». Premesso che tale “portale” non è stato ancora attivato, la modifica si

giustifica con la volontà di rendere in futuro maggiormente trasparenti e competitive le operazioni

di vendita dei beni del debitore, con l’obiettivo ultimo di massimizzare il ricavato da distribuire ai

creditori concorrenti.

18. Esecuzione del concordato.

Anche rispetto alla fase di esecuzione si può tranquillamente rinviare alla parte in precedenza

dedicata alle proposte concorrenti, essendo le modifiche introdotte con l’art. 185, co. 3-6 già state

analizzate in tale contesto (retro, §§ 10.3 e 10.11 di questa Appendice).

In quella sede si è fra l’altro evidenziata l’incerta portata dell’ultimo periodo del co. 6, che

consente al liquidatore, nominato ai sensi dell’art. 182, di svolgere i compiti dell’amministratore

giudiziario. Ora, proprio con riferimento alla norma testé menzionata, va segnalata l’ulteriore novità

introdotta dal co. 5, ai sensi del quale: «Alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti

in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano gli

articoli da 105 a 108-ter in quanto compatibili. La cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di

prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro

vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di

omologazione per gli atti a questa successivi».

La disposizione, nel riproporre il rinvio (sempre nei limiti della compatibilità) agli artt. 105-108-

ter, già previsto nel testo ante riforma (§ 190), per un verso, fissa l’ambito oggettivo di applicazione

delle norme richiamate, estendendolo alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti intervenuti non

soltanto durante la fase di esecuzione del concordato, ma anche nel corso della procedura; e, per

altro verso, stabilendo la cancellazione dei vincoli sui beni oggetto di trasferimento, su ordine del

giudice delegato (o secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione), chiarisce una volta

per tutte la natura coattiva delle vendite concordatarie, indipendentemente dalla tipologia –

liquidatorio o in continuità – del concordato proposto.

19. Finanza interinale.

Nel quadro del finanziamento dell’impresa in concordato, snodo cruciale, come si è avvertito (§

204), del tentativo di soluzione negoziata della crisi, il legislatore del 2015 è intervenuto

modificando la disciplina dei finanziamenti erogati durante la procedura (i c.d. finanziamenti

interinali), mentre è rimasta ferma la disciplina dei finanziamenti ponte (quelli, cioè, in funzione

Page 39: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

39

della procedura) e quella relativa ai finanziamenti erogati in esecuzione della proposta

concordataria, entrambi regolati dall’art. 182-quater.

L’intervento ha dunque interessato l’art. 182-quinquies, e si è tradotto, per un verso, in una mera

– seppure importante – precisazione inserita nel primo comma; per altro verso, nell’introduzione di

un nuovo terzo comma, che si occupa di quelli che potrebbero essere definiti i finanziamenti

“urgenti” ed “indifferibili”; e, per altro verso ancora, nell’ampliamento delle garanzie che il

debitore può concedere per ottenere i finanziamenti interinali.

a. La prima modifica, come si diceva, è rappresentata da una precisazione inserita nel primo

comma dell’art. 182-quinquies, che ora stabilisce che il debitore il quale presenta una domanda di

concordato, anche in bianco (o un ricorso per l’omologazione di un accordo di ristrutturazione o una

proposta di accordo di ristrutturazione), può chiedere l’autorizzazione al tribunale a contrarre un

finanziamento – idoneo a generare un credito da restituzione prededucibile nel successivo,

eventuale, fallimento e sottratto alla falcidia concordataria, in quanto sorto posteriormente alla

domanda di apertura –, «anche prima del deposito della documentazione di cui all’articolo 161,

commi secondo e terzo». La richiesta di autorizzazione, e sul punto non v’è alcuna novità, deve poi

essere corredata dall’attestazione del professionista circa la funzionalità del finanziamento al

miglior soddisfacimento dei creditori.

La precisazione – ad avviso di chi scrive superflua – si è imposta, perché nel vigore

dell’originario testo dell’art. 182-quinquies, co. 1, parte della giurisprudenza riteneva

(erroneamente) indispensabile, ai fini del rilascio del provvedimento autorizzativo, il deposito da

parte del debitore del piano e della proposta (seppure in una versione provvisoria), ponendo, di

fatto, fuori giuoco la previsione che già prima della riforma del 2015 consentiva di richiedere

l’autorizzazione a contrarre il finanziamento interinale con la domanda incompleta di concordato.

b. Ben più incisivo è l’intervento operato sull’attuale terzo comma dell’art. 182-quinquies, il

quale contempla una figura di finanziamento interinale, in precedenza sconosciuta al nostro

ordinamento, qualificata dai caratteri dell’urgenza e della indifferibilità.

La disposizione appena richiamata stabilisce che: «Il debitore che presenta una domanda di

ammissione al concordato preventivo ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, anche in assenza del

piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), o una domanda di omologazione di un

accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di

accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato

in via d'urgenza a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, funzionali a

urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale fino alla scadenza del termine fissato

dal tribunale ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, o all'udienza di omologazione di cui

Page 40: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

40

all'articolo 182-bis, quarto comma, o alla scadenza del termine di cui all'articolo 182-bis, settimo

comma. Il ricorso deve specificare la destinazione dei finanziamenti, che il debitore non è in grado

di reperire altrimenti tali finanziamenti e che, in assenza di tali finanziamenti, deriverebbe un

pregiudizio imminente ed irreparabile all'azienda. Il tribunale, assunte sommarie informazioni sul

piano e sulla proposta in corso di elaborazione, sentito il commissario giudiziale se nominato, e, se

del caso, sentiti senza formalità i principali creditori, decide in camera di consiglio con decreto

motivato, entro dieci giorni dal deposito dell'istanza di autorizzazione. La richiesta può avere ad

oggetto anche il mantenimento di linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito

della domanda».

Vediamo che cosa distingue questa forma di finanziamento da quella regolata nel primo comma

dell’art. 182-quinquies.

Iniziamo con il dire che questa disciplina trova applicazione solo in ipotesi di domanda

incompleta di concordato (o di accordo di ristrutturazione o di proposta di accordo di

ristrutturazione), anche qualora – precisazione anche questa inutile, ad avviso di chi scrive, ma

coerente con la modifica intervenuta nel primo comma – la domanda non sia accompagnata dal

piano concordatario. E si applica, si deve ritenere, solo se la richiesta di autorizzazione è avanzata

nello stesso ricorso introduttivo (come si evince dal tenore letterale del secondo periodo della

norma).

A tale diverso (e più ristretto) ambito applicativo corrisponde anche una differente esigenza che

attraverso il finanziamento de quo si intende soddisfare. Così, mentre il finanziamento interinale di

cui al primo comma può essere richiesto per la copertura dell’intero fabbisogno dell’impresa

durante tutto il corso della procedura, sino all’omologazione, le nuove risorse che potrebbero

affluire grazie all’autorizzazione di cui al comma terzo dovrebbero essere funzionali alla copertura

dei soli costi che l’impresa sopporta nel periodo di tempo intercorrente tra la domanda incompleta

di concordato e lo spirare del termine per il deposito della documentazione mancante. Il che, però,

non è (sarebbe) di per sé sufficiente a giustificare l’introduzione di questa nuova forma di

finanziamenti: ed invero, se la nuova finanza reperibile con l’autorizzazione di cui al primo comma

può soddisfare le esigenze dell’impresa sino all’omologazione, a maggior ragione sarebbe idonea a

coprire le uscite che l’impresa medesima prevede di sopportare per un così limitato periodo di

tempo.

Il tratto distintivo delle due figure deve, allora, essere rintracciato altrove e, più in particolare,

nell’urgenza, per l’impresa, di reperire fresh money, che si eleva a condizione per ottenere i

finanziamenti di cui al terzo comma, come dimostra il duplice riferimento alla richiesta di

autorizzazione “in via d’urgenza” e alla necessaria destinazione delle nuove risorse “a urgenti

Page 41: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

41

necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale”. La stessa relazione al disegno di legge di

conversione del d.l. n. 83/2015 sottolinea come tali finanziamenti siano «necessari a sostenere

l’attività aziendale per il periodo necessario per preparare l’istanza di autorizzazione del vero e

proprio finanziamento interinale (la cui funzione è invece di sostenere l’attività d’impresa durante

la procedura e quindi per importi ben maggiori)».

L’urgenza di cui si è detto sembra a sua volta qualificata, per un verso, dall’imminenza della

scadenza dell’investimento (inteso il termine in senso ampio) da effettuare; per altro verso,

dall’impossibilità per l’impresa in crisi di reperire altrimenti le risorse da impiegare; e, per altro

ancora, dal pregiudizio che deriverebbe dalla mancanza di quell’investimento. In questa ottica si

giustifica la richiesta al debitore di specificare, nella richiesta di autorizzazione:

- la destinazione dei finanziamenti, ossia l’investimento che si intende operare;

- l’impossibilità per il debitore di reperire altrimenti le risorse di cui si ritiene indifferibile

l’impiego: occorre notare che, stando al tenore letterale della disposizione, sembrerebbe sufficiente,

a tale fine, che il debitore si limiti a dichiarare tale impossibilità, mentre sarebbe stato forse

preferibile imporre la dimostrazione – anche tramite semplici indizi – di detta incapacità;

- il pregiudizio imminente ed irreparabile che deriverebbe all’azienda, in assenza del

finanziamento: anche qui, sembrerebbe sufficiente la mera enunciazione del pregiudizio, ferma

restando la possibilità (anzi, l’opportunità), per l’istante, di allegare la documentazione

comprovante tale pregiudizio (come, ad esempio, analisi numeriche degli scenari alternativi che si

prospettano per l’impresa in caso di finanziamenti e in assenza di essi).

Su quest’ultimo punto va aggiunto che, nonostante la legge si riferisca al pregiudizio che

dall’assenza del finanziamento deriverebbe all’azienda, sembra corretto ritenere che il rilascio

dell’autorizzazione deve comunque passare il filtro del miglior soddisfacimento per i creditori:

qualora, in altre parole, il finanziamento sia sì indispensabile per evitare un pregiudizio al

complesso produttivo del debitore, ma ciò non si traduca in un vantaggio (come invece di norma

sarà) per i creditori concorsuali, l’autorizzazione dovrebbe essere negata. Tale soluzione si lascia

preferire sia in generale, avuto riguardo alla funzione giuridicamente rilevante da assegnare alla

procedura concordataria, sia con particolare riferimento ai finanziamenti interinali “prededucibili”,

non scorgendosi ragioni per trattare quelli “urgenti” diversamente da quelli di cui al primo comma

dell’art. 182-quinquies, là dove, come si ricorderà, è richiesta la relazione del professionista che

attesti, appunto, la funzionalità dei finanziamenti alla migliore soddisfazione dei creditori.

Il richiamo alla relazione del professionista consente di evidenziare, poi, un’ulteriore differenza

tra le due forme di finanziamento interinale: in quella disciplinata dal comma terzo, infatti e proprio

in virtù dell’urgenza con la quale si chiede e si tenta di ottenere il finanziamento, il debitore non

Page 42: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

42

deve allegare alcuna relazione del professionista attestatore, il tribunale fondando la sua decisione

esclusivamente sulla base delle “specificazioni” contenute nel ricorso, delle sommarie informazioni

se del caso assunte (anche e soprattutto, dallo stesso debitore) e sentiti i principali creditori (per tali

dovendosi intendere, è da ritenere, non soltanto quelli che vantano i crediti con valore nominale più

elevato, ma anche quelli con il privilegio più alto, che dalla nascita di queste nuove passività

potrebbero subire, anche nella prospettiva fallimentare, i maggiori pregiudizi).

La disposizione, come visto, fa anche un espresso riferimento alle linee di credito autoliquidanti,

stabilendo che la richiesta di autorizzazione potrebbe avere ad oggetto anche (o solo) il

mantenimento in vita delle stesse. Il che chiarisce immediatamente come, in assenza del rilascio di

detta autorizzazione, il contratto di finanziamento così strutturato, perfezionato prima del deposito

della domanda, si scioglie; e chiarisce, implicitamente, come lo stesso contratto non possa dirsi

pendente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 169-bis (ché, altrimenti, proseguirebbe naturalmente, con

la possibilità, per il debitore, di richiedere l’autorizzazione, all’opposto, a sospenderne l’efficacia o

a determinarne lo scioglimento). Ottenuta l’autorizzazione, il debitore potrà dunque continuare a

“scontare” anche i crediti sorti successivamente alla presentazione del ricorso e la banca potrà

eseguire gli eventuali mandati all’incasso ricevuti anche prima di tale momento, compensando il

credito per l’anticipazione erogata con il debito da restituzione delle somme incassate.

c. L’ultima modifica, come si diceva, interessa l’ampliamento delle forme di garanzia che

possono essere (richieste e) rilasciate per l’ottenimento della finanza interinale: ed invero, accanto

al pegno e all’ipoteca, viene oggi espressamente indicata anche la cessione (in garanzia, appunto)

dei crediti, novità che, a ben vedere, si ricollega a quella introdotta per le linee di credito auto

liquidanti.

IV. ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE E CONVENZIONI DI MORATORIA

20. Introduzione.

L’articolato ventaglio delle novità recate dal d.l. n. 83/201 è completato dall’introduzione di due

peculiari ed “inedite” per il nostro ordinamento figure: i c.d. «accordi di ristrutturazione con

intermediari finanziari» e le c.d. «convenzioni di moratoria», entrambe regolate dal nuovo art. 182-

septies. Si tratta di figure ascrivibili alla categoria di confine costituita dalle c.d. procedure ibride, la

caratteristica delle quali consiste nell’avere nel proprio DNA geni di matrice contrattuale, “sporcati”

da tratti marcatamente concorsuali.

Le due figure hanno in comune molti tratti. Entrambe, infatti:

- vedono come controparti del debitore banche e altri intermediari finanziari;

Page 43: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

43

- hanno o possono avere, a certe condizioni, un particolare effetto “esterno”, nei confronti di

soggetti terzi non aderenti agli accordi o convenzioni.

Entrambe, poi, da un lato, paiono un ulteriore frutto della tendenza a dettare, in materia

concorsuale, regolamentazioni speciali per le banche e le operazioni bancarie, una tendenza emersa

fin dalla riforma del 2005; e, dall’altro, costituiscono espressione di una delle linee portanti della

“miniriforma” di cui ci stiamo occupando, la linea volta alla limitazione, nei meccanismi di

soluzione concertata delle crisi, degli spazi spettanti all’autonomia privata (soprattutto, come è

ovvio, all’autonomia del debitore, ma anche, come in questo caso, all’autonomia dei creditori).

Le due figure si differenziano in ciò che:

- gli accordi con intermediari finanziari costituiscono una porzione degli accordi ex art. 182-bis,

mentre le convenzioni di moratoria costituiscono intese autonome;

- gli accordi con intermediari finanziari possono contenere qualunque meccanismo di

ristrutturazione dei debiti, mentre le convenzioni hanno un contenuto fisso costituito dalla dilazione

dei pagamenti.

Peraltro, non è affatto sicuro che le due figure non si differenzino anche sotto il profilo del

presupposto soggettivo dal lato del debitore, dal momento che, mentre per gli accordi di

ristrutturazione vale il presupposto soggettivo indicato dall’art. 182-bis, l’essere cioè «un

imprenditore in crisi», espressione a sua volta intesa come equivalente a quella usata dall’art. 1 l.

fall., il co. 5 dell’art. 182-septies, a proposito della convenzione di moratoria parla genericamente di

«impresa debitrice». Tuttavia, sembrerebbe corretto assimilare, sotto il profilo considerato, le due

figure, palesemente riguardate dal legislatore come contigue, anche in considerazione del fatto che

l’essenza delle stesse consiste in un meccanismo di coazione nei confronti di una parte dei creditori:

e questo impone che l’individuazione dei presupposti di applicabilità di tale meccanismo sia

condotta con criteri di interpretazione stretta, senza la possibilità di letture “espansive”. Ma il punto

è obiettivamente incerto.

Come anticipato, il dato qualificante dei nuovi istituti è senz’altro rappresentato dalla possibilità

per il debitore, rispettando determinate condizioni, di estendere l’efficacia dell’accordo di

ristrutturazione o della convenzione di moratoria a soggetti non aderenti all’accordo o alla

convenzione, con conseguente “strappo” al principio della intangibilità della sfera giuridica del

terzo estraneo al contratto, che di norma opera sia quando dal contratto discendano effetti negativi

per il terzo, sia quando il contratto sia stipulato (presuntivamente) in favore del terzo “beneficiario”

(ciò spiega il perché della deroga, contenuta nei co. 1 e 5 dell’art. 182-septies, non soltanto all’art.

1372 c.c., ma anche all’art. 1411 c.c.).

Page 44: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

44

Ciò, secondo i primi commentatori, avrebbe comportato la “deriva” degli accordi di

ristrutturazione dei debiti – della cui natura giuridica si continua a discutere – verso il terreno del

concorso, allontanandoli definitivamente dall’ambito contrattuale. In verità, a chi scrive sembra che

le novità sul punto introdotte dal d.l. n. 83/2015 possano essere lette in un’ottica diversa: sembra,

cioè, che il riferimento esplicito agli artt. 1372 e 1411 c.c. possa essere interpretato, all’opposto,

come una conferma della matrice contrattuale degli accordi. E che si tratti di un’eccezione in senso

stretto ai principi che reggono i contratti lo si desume dalla disposizione che, proprio in chiusura del

primo comma dell’art 182-septies, precisa come «restano fermi i diritti dei creditori diversi da

banche e intermediari finanziari»: gli altri creditori, dunque, se non sottoscrivono l’accordo (o la

convenzione), debbono essere soddisfatti integralmente e (tendenzialmente) alla scadenza.

Ma vediamo più nel dettaglio le due figure, iniziando dagli accordi di ristrutturazione con

intermediari finanziari.

21. Accordi di ristrutturazione con intermediari finanziari.

Come si è già detto, l’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari non rappresenta un

istituto autonomo, bensì una mera porzione, eventuale, dell’accordo di ristrutturazione dei debiti,

definibile “generale”, ex art. 182-bis l.fall., la cui disciplina trova dunque piena applicazione anche

alla nuova figura. Peraltro, nulla esclude che l’accordo generale si trovi, in concreto, a consistere

proprio e solo in un accordo (o fascio di accordi) fra debitore e creditori finanziari, che vi possa cioè

essere coincidenza fra la figura generale e quella particolare.

a. Dal punto di vista della fattispecie, la particolarità dell’accordo ex art. 182-septies consiste in

ciò, che l’impresa in crisi per potervi accedere deve presentare «debiti verso banche e intermediari

finanziari non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo» (art. 182-septies, co. 1). Al

verificarsi di questa condizione scatta, come si vedrà, una disciplina ad hoc. O meglio, può scattare

quella certa disciplina: affinché ciò accada è invero necessario che ne faccia esplicita richiesta lo

stesso debitore.

La composizione qualitativa/soggettiva della massa passiva (espressione qui utilizzata a soli fini

descrittivi ed in maniera atecnica), con prevalenza delle banche e degli intermediari finanziari – per

questi ultimi intendendosi, si deve ritenere, quelli soggetti all’iscrizione nell’albo tenuto dalla Banca

d’Italia, ex art. 106 t.u.b. –, può così determinare un cambio di statuto per il debitore in difficoltà,

che può giovarsi di un nuovo ed ulteriore strumento di composizione della crisi: il che rappresenta

un’autentica novità per il diritto concorsuale e paraconcorsuale domestico.

Page 45: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

45

b. Le peculiarità della fattispecie si esauriscono nel tratto testé evidenziato. Molte ed incisive

sono invece le conseguenze, in punto di disciplina, che da quella particolare conformazione

“soggettiva” dell’esposizione debitoria possono derivare.

La prima, dalla quale poi tutte le altre discendono, concerne la possibilità che nell’accordo il

debitore individui «una o più categorie» tra i creditori definibili “finanziari”, che abbiano tra loro

posizione giuridica e interessi economici omogenei. E’ forte qui l’eco della suddivisione “in classi”

– qui “in categorie”, ma non sembra che la differente formula comporti una qualche differenza

sostanziale – dei creditori nel concordato fallimentare e preventivo, con il richiamo alla omogeneità

della posizione giuridica e degli interessi economici all’interno della categoria: è facile dunque

prevedere che anche nel nuovo procedimento si riproporranno gli stessi problemi interpretativi che

hanno coinvolto gli artt. 124, co. 2, lett. a) e 160, co. 1, lett. c) (v. §§ 150 e 179). Va peraltro

sottolineato che la suddivisione non necessariamente deve basarsi sulla qualifica soggettiva del

creditore (ad esempio, banche da un lato; OICR da altro lato; e così via), come inequivocabilmente

testimoniato dallo stesso art. 182-septies, co. 2, terzo periodo, ai sensi del quale: «Una banca o un

intermediario finanziario può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria». Ancora, e

per concludere sul punto, va aggiunto che ai fini della classificazione (ma non solo, evidentemente),

il co. 3 della disposizione testé menzionata stabilisce che: «non si tiene conto delle ipoteche

giudiziali iscritte dalle banche o dagli intermediari finanziari nei novanta giorni che precedono la

data di pubblicazione del ricorso (per l’omologazione dell’accordo) nel registro delle imprese».

Anche qui, il richiamo all’art. 168, co. 3, ult. periodo è evidente.

La ragione della “individuazione” delle categorie è presto detta. La creazione di categorie

omogenee di creditori è condizione sufficiente, agli occhi del legislatore della riforma, per superare

la regola generalissima sull’efficacia inter partes dei contratti, in virtù della quale, com’è noto, «Il

contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge» (art. 1372, co. 2

c.c.), consentendo così al debitore di «chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai

creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, quando tutti i creditori della

categoria siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di

parteciparvi in buona fede e i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti

rappresentino il settantacinque percento dei crediti della categoria» (art. 182-septies, co. 2,

secondo periodo). Rispetto alle categorie dei creditori finanziari vale dunque la regola della

maggioranza (seppure, nella specie, rafforzata), l’applicazione della quale consente di imporre il

contenuto dell’accordo alla minoranza eventualmente dissenziente: regola, come si è avuto modo di

sottolineare, estranea alla materia contrattuale.

Page 46: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

46

L’individuazione delle categorie omogenee, con l’adesione “coattiva” dei creditori di minoranza

che ne potrebbe derivare, oltre ad imporre un certo rimodellamento dei crediti dei dissenzienti – in

termini sia di tempo, sia di modalità di soddisfacimento –, produceva, prima della conversione in

legge del decreto, l’ulteriore effetto di agevolare l’omologazione dell’accordo, atteso che i

dissenzienti venivano considerati aderenti anche ai fini del raggiungimento della maggioranza

“comune”, quella cioè del 60% del totale dei crediti, richiesta dall’art. 182-bis, co. 1. A seguito

della conversione, l’originario art. 182-septies, co. 2, ult. periodo è stato però abolito: con la

conseguenza, deve allora ritenersi, che l’estensione degli effetti non determina una equivalenza tout

court all’adesione alla proposta.

Le condizioni al ricorrere delle quali il debitore può presentare la richiesta di “estensione”

coattiva degli effetti dell’accordo – a parte quella, a monte, che attiene ai contorni della fattispecie –

sono dunque due: per un verso, il raggiungimento di una maggioranza rafforzata all’interno della

categoria di riferimento; per altro verso, una completa disclosure sulle trattative, “colorata” da un, a

parere di chi scrive, rozzo richiamo alla clausola generale della “buona fede” (anche la formula

letterale impiegata è a dir poco infelice: cfr. art. 182-septies, co. 2, secondo periodo).

Peraltro, per far sì che in concreto l’estensione degli effetti si produca qualora vi siano più

aderenti ad un accordo (o ad una convenzione di moratoria), sembra necessario che il contenuto

dell’accordo (o il tempo della moratoria) sia identico per tutti gli aderenti, ancorché non sia stata

replicata la regola, valevole per i concordati, che prevede lo stesso trattamento per i creditori

appartenenti alla medesima classe. In caso contrario, invero, non si saprebbe quale trattamento

riservare ai non aderenti (salvo ritenere che a questi ultimi sia comunque di applicazione quello, tra

i diversi prospettabili, maggiormente conveniente), dovendosi recisamente escludere che le parti,

sostituendosi ai non aderenti, possano stabilire nell’accordo (o nella convenzione) una disciplina ad

hoc per i crediti vantati da questi ultimi.

La “ristrutturazione” imposta ai creditori non aderenti, se costringe gli stessi a subire

passivamente le scelte compiute da altri circa la rimodulazione degli obblighi di adempimento

originariamente assunti nei loro confronti dal debitore (scadenze; tassi di interesse; ecc.), non può

tuttavia spingersi al punto di obbligarli ad ampliare l’esposizione debitoria nei confronti

dell’imprenditore in crisi. La clausola di salvaguardia contenuta nel co. 7 dell’art. 182-septies,

stabilisce, infatti, che in nessun caso ai creditori non aderenti «può essere imposta l’esecuzione di

nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare

affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti». La norma prosegue precisando che non

si considera “nuova prestazione”, «la prosecuzione della concessione in godimento di beni oggetto

di contratti di locazione finanziaria già stipulati»: il contratto di leasing può dunque continuare, ma

Page 47: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

47

i canoni non ancora scaduti si deve ritenere che debbano essere adempiuti integralmente,

diversamente aumentando – per effetto dell’accordo imposto – il credito dei non aderenti nei

confronti del debitore.

Ci si potrebbe infine domandare se il debitore possa richiedere un’estensione degli effetti

“selettiva”, ossia riguardo solo ad alcuni dei creditori finanziari non aderenti, o se comunque debba

richiederla per tutti i non aderenti: la risposta corretta, deve ritenersi, è in questo secondo senso,

atteso che il meccanismo dell’estensione costituisce forma di attuazione della par condicio ed è

destinato quindi ad operare o per tutti (i non aderenti) o per nessuno.

c. Passando alle condizioni al ricorrere delle quali il tribunale può omologare l’accordo di

ristrutturazione dei debiti che preveda, al suo interno, quello con gli intermediari finanziari di cui

all’art. 182-septies.

In primo luogo, pur in difetto di riferimenti espressi nella legge, il tribunale deve verificare, per

un verso, che la fattispecie rientri in quella descritta dal primo comma della disposizione testé

menzionata (ossia: almeno il 50% del totale dell’esposizione debitoria sia verso banche ed

intermediari finanziari); e, per altro verso, che i creditori aderenti della categoria, rispetto alla quale

si chiede l’estensione coattiva degli effetti, superi il 75% del totale dei crediti che ne formano parte.

In secondo luogo, il tribunale deve verificare che: le trattative si siano svolte secondo buona fede

(e qui il richiamo alla clausola generale è più pertinente ed appropriato); le “categorie” individuate

dall’accordo siano composte effettivamente da creditori con posizione giuridica ed interessi

economici omogenei; vi sia stata una disclosure totale dell’intera operazione che ha portato alla

firma dell’accordo, mediante la messa a disposizione a favore di tutti i creditori finanziari, da parte

del debitore, di informazioni sulla sua situazione patrimoniale, economica e finanziaria, nonché

sull’accordo stesso ed i suoi effetti.

Ma soprattutto, il tribunale deve verificare che i creditori non aderenti, e nei confronti dei quali si

chiede l’estensione degli effetti, «possano risultare soddisfatti, in base all’accordo, in misura non

inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili» [art. 182-septies, comma 4, lett. c):

principio del “no creditor worse off”]. Riemerge così il controllo di convenienza da parte del

tribunale – attivabile d’ufficio e, a fortiori si direbbe, su specifica richiesta dell’interessato in sede

di opposizione, ex art. 182-bis, co. 4 –, a difesa dei creditori (dei singoli creditori) non aderenti,

come avviene, sul terreno concorsuale, nella legge sul sovraindebitamento (art. 12, co. 2, l. n.

3/2012) che, come si è avuto modo di osservare (v. § 305), riconosce a ciascun creditore il diritto di

opporsi all’omologazione dell’accordo sulla base, appunto, della non convenienza della proposta

rispetto alle alternative concretamente praticabili.

Page 48: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

48

Il raffronto che deve operare il giudice non può essere con l’ipotesi in cui non vi sia estensione

degli effetti e vi sia comunque un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis (se fosse così,

invero, in nessun caso l’applicazione dell’art. 182-septies sarebbe conveniente per i non aderenti). Il

che implica che l’estensione coattiva degli effetti debba giustificarsi, in prima battuta, con

l’impossibilità per il debitore, in assenza di tale imposizione, di adempiere regolarmente l’accordo e

di pagare integralmente i creditori ad esso estranei.

L’alternativa concretamente realizzabile deve, a parere di chi scrive, essere individuata nella

liquidazione endofallimentare (o nella liquidazione del patrimonio del debitore, ai sensi della l. n.

3/2012, qualora a presentare l’accordo per l’omologazione sia un imprenditore agricolo): non

sembra, invece, possibile utilizzare, come scenario alternativo, quello concordatario, attesa la natura

meramente volontaria di tale procedura.

Nel caso in cui il tribunale dovesse riscontrare il mancato rispetto di una o più delle condizioni

poste dalla legge ai fini dell’estensione degli effetti dell’accordo con gli intermediari finanziari,

sembra corretto ritenere che lo stesso possa comunque procedere all’omologazione dell’accordo ex

art. 182-bis, ove, in concreto, risulti possibile l’integrale pagamento dei creditori estranei pur

includendo fra i medesimi anche i creditori finanziari ai quali si riferiva la richiesta di estensione

non accolta.

d. Dal punto di vista procedurale, l’unica deviazione rispetto all’iter consueto da seguire per

giungere all’omologazione dell’accordo consiste nell’obbligo imposto al debitore di notificare il

ricorso e la documentazione di cui al primo comma dell’art. 182-bis alle banche ed agli intermediari

finanziari ai quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo: dalla notificazione del ricorso decorre,

per questi ultimi, il termine di trenta giorni per proporre opposizione, ai sensi del co. 4 dell’art. 182-

bis (art. 182-septies, co. 4, primo periodo).

e. Qualche osservazione sulla ratio dell’istituto. Nel panorama internazionale, questo tipo di

accordi, definibili “settoriali” o “selettivi”, non sono affatto una novità. Basti pensare, ad esempio,

all’ordinamento francese, là dove, a partire dal 2010, è presente la procedura di sauvegarde

financière accélérée (oggi disciplinata dagli artt. L628-9 e L628-10 del Code de commerce); oppure

a quello spagnolo, ove vigono gli “acuerdos de refinanciación con acreedores de pasivos

financieros” (Disposición adicional cuarta, Ley n. 22/2003).

L’idea che è alla base di tali istituti – che, peraltro, presentano al loro interno differenze, anche

notevoli – è semplice ed intuitiva: facilitare la conclusione di accordi tra il debitore non ancora in

stato di insolvenza ed i creditori più forti, come sono appunto gli enti creditizi e finanziari in

generale, il mancato coinvolgimento dei quali – anche, eventualmente, in forma coattiva –

esporrebbe al rischio di insuccesso l’intera operazione che porta al risanamento dell’impresa in

Page 49: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

49

difficoltà, obiettivo ultimo (o, se si vuole, mediato) delle riforme che si stanno succedendo tanto nel

nostro, come in molti degli altri ordinamenti a noi prossimi. Nella relazione di accompagnamento al

disegno di legge di conversione si osserva, infatti, che la finalità del nuovo art. 182-septies consiste,

proprio, nel «togliere ai creditori finanziari che vantano un credito di piccola entità la possibilità di

dichiararsi contrari ad operazioni di ristrutturazione concordate fra il debitore e la maggioranza

dei creditori finanziari, decretando l’insuccesso complessivo dell’operazione e l’apertura di una

procedura concorsuale» (peraltro ed a ben vedere, quest’ultima affermazione porta a ritenere che

anche per il legislatore della riforma gli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis non rientrano nel

genus delle procedure concorsuali).

Certo, il sacrificio che si impone agli intermediari finanziari, per di più senza le garanzie

assicurate dall’apertura di una procedura concorsuale, non è indifferente. Gli snodi cruciali

dell’accordo paiono due: per un verso, il controllo dell’omogeneità dei creditori all’interno della

categoria individuata dal debitore, che il tribunale deve, a parere di chi scrive, effettuare in maniera

rigorosa e puntuale; e, per altro verso, la valutazione di convenienza, per i non aderenti,

dell’estensione degli effetti dell’accordo da altri sottoscritto, che, come si è visto, è rimessa sempre

al tribunale, eventualmente, ma non necessariamente, su specifica contestazione degli interessati.

Un’ultima considerazione. Il nostro legislatore non ha ritenuto opportuno, per il momento,

dettare una disciplina ad hoc per l’ipotesi in cui il passivo finanziario del debitore sia rappresentato

(in tutto o in parte) dai c.d. “syndicated loans”: si tratta, a parere di chi scrive, di una scelta

sbagliata. Sarebbe invero opportuno regolare con una disposizione espressa – sulla falsariga di

quanto è dato osservare in Spagna – il rapporto che lega l’accordo di ristrutturazione dei debiti, per

un verso, e quello che intercorre tra i creditori “sindacati”, per altro verso, soprattutto, è evidente,

con riferimento alla posizione dei non aderenti.

22. Convenzioni di moratoria.

Passando alla convenzione di moratoria.

Il debitore può stipulare con le banche e gli intermediari finanziari un accordo, denominato

convenzione (c.d. standstill), in virtù del quale vengono disciplinati «in via provvisoria gli effetti

della crisi attraverso una moratoria temporanea dei crediti» vantati da questi ultimi: così l’art. 182-

septies, co. 5.

La disposizione non contiene alcun rinvio, né diretto né indiretto, al primo comma del medesimo

art. 182-septies, con la conseguenza – deve ritenersi – che per concludere la convenzione di

moratoria non è affatto richiesto che l’impresa in difficoltà abbia debiti verso banche e intermediari

finanziari in misura non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo.

Page 50: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

50

Fermo restando che la moratoria coinvolge, com’è ovvio, il soddisfacimento dei crediti e non

direttamente questi ultimi (come invece parrebbe emergere leggendo il testo della disposizione),

l’istituto sembra replicare il contenuto tipico del pactum de non petendo ad tempus, consentendo al

debitore di liberare risorse per lo sviluppo dei progetti imprenditoriali e ristabilire così il proprio

equilibrio economico-finanziario. Le peculiarità consistono in ciò che, rispettando determinate

condizioni, le banche e gli intermediari non aderenti possono vedersi imporre – in deroga, di nuovo,

alla regola fissata dall’art. 1372 c.c. – il contenuto della convenzione che non hanno sottoscritto (in

considerazione di ciò, tutt’altro che inopportuna sarebbe stata la fissazione ex lege di un tetto

massimo alla moratoria).

Più in particolare, le condizioni alle quali si faceva riferimento sono che: a) sia stata individuata

una categoria di creditori finanziari aventi posizione giuridica ed interessi economici omogenei,

della quale fanno parte tanti creditori aderenti che vantano almeno il 75% dei crediti complessivi

della categoria; b) vi sia una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67,

co. 3, lett. d), che attesti l’omogeneità tra i creditori interessati dalla moratoria (attestazione che, sul

punto, sostituisce il controllo che nell’ambito dell’accordo con gli intermediari finanziari effettua il

tribunale e che, ai sensi del nuovo art. 236-bis, espone il professionista a responsabilità penale per

“Falso in attestazioni e relazioni”); c) i creditori non aderenti siano stati informati dell’avvio delle

trattative e siano stati posti in condizione di parteciparvi “in buona fede”.

Al ricorrere di queste condizioni l’estensione degli effetti avviene in maniera automatica, nel

senso che gli enti non aderenti, scaduto il credito vantato e richiesto il soddisfacimento dello stesso,

possono vedersi eccepire dal debitore la moratoria (da altri accordata), senza necessità di intervento

del giudice, fermo restando che per effetto della moratoria non possono imporsi nuove prestazioni a

carico dei creditori non aderenti (art. 182-septies, co. 7, di cui si è già detto parlando degli accordi

con gli intermediari finanziari).

L’intervento dell’autorità giudiziaria è meramente eventuale e si ha a seguito di opposizione

presentata dagli enti non aderenti alla convenzione, attraverso la quale i creditori chiedono che

l’accordo non produca effetti nei loro confronti. L’opposizione deve proporsi entro trenta giorni

dalla comunicazione ai creditori non aderenti, a cura del debitore (con lettera raccomandata o con

p.e.c.), della convenzione con allegata la relazione del professionista.

Investito dall’opposizione, il tribunale competente – non è peraltro ben chiaro quale sia, anche se

la legge sembrerebbe dare per scontato che sia sempre quello della sede principale del debitore – è

chiamato ad effettuare gli stessi accertamenti richiesti ai fini dell’omologazione degli accordi di

ristrutturazione con gli intermediari finanziari (verifica della omogeneità della categoria; rispetto

Page 51: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

51

della disclosure; convenienza: art. 182-septies, co. 6), sui quali non è il caso di tornare, salvo per

quel che attiene alla verifica della convenienza.

Qual è il termine di riferimento che il tribunale deve considerare per valutare se l’estensione

degli effetti della moratoria è conveniente per il creditore non aderente? In altre parole, qual è, nella

circostanza, l’alternativa concretamente praticabile? Il problema non è di facile soluzione perché, in

teoria, diverse potrebbero essere le alternative concretamente praticabili: da un accordo di

ristrutturazione dei debiti, con o senza, al proprio interno, quello con gli intermediari finanziari, al

concordato preventivo, al fallimento, tutto dipendendo, evidentemente, dalla situazione economica,

finanziaria e patrimoniale in cui versa il debitore. Anche in questo caso, tuttavia, non sembrerebbe

possibile utilizzare come parametro per il confronto le procedure a carattere negoziale (accordo;

concordato), attivabili solo per volontà del debitore.

Il decreto del tribunale che decide sulle opposizioni è reclamabile in Corte d’Appello nel termine

di 15 giorni dalla “comunicazione” – così si esprime la legge – dello stesso: peraltro, a chi vada

comunicato il provvedimento, come e da chi, non è dato sapere.

23. Profili penali.

Sul piano penalistico, infine, con le modifiche introdotte all’art. 236 l.fall., per un verso, si è

estesa la disciplina sanzionatoria contenuta nel primo comma ai casi in cui l’attribuzione di attività

inesistenti o la simulazione di crediti in tutto o in parte inesistenti siano state poste in essere dal

debitore al fine «di ottenere l’omologazione di un accordo di ristrutturazione con intermediari

finanziari o il consenso degli intermediari finanziari alla sottoscrizione della convenzione di

moratoria»; e, per altro verso, si è aggiunto un terzo comma, ai sensi del quale «Nel caso di

accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari o di convenzione di moratoria, si applicano

le disposizioni previste dal secondo comma, numeri 1), 2) e 4)».

L’assimilazione, sul piano penalistico, degli accordi di ristrutturazione con intermediari

finanziari e della convenzione di moratoria con la procedura concordataria sembra riposare, non già

sulla presunta natura concorsuale dei due nuovi istituti, quanto sul comune utilizzo della regola

maggioritaria, idonea, come si è avuto modo di constatare, ad imporre un determinato regolamento

“pattizio” dell’esposizione debitoria a soggetti non aderenti all’accordo o alla convenzione.

V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

24. Uno sguardo al futuro.

Si è accennato, nella premessa, alla Commissione ministeriale incaricata di elaborare un progetto

di riforma organica delle procedure concorsuali: questa Commissione ha completato i suoi lavori,

Page 52: 2.2016 DIRITTO DELLA CRISI DELLE IMPRESE - mulino.it · Appendice di aggiornamento in relazione al d.l. n. 83/2015, conv. dalla l. n. 132/2015 ... seppur indirettamente, il ruolo

52

redigendo uno schema di disegno di legge delega (nell’ambito del quale si è tenuto conto anche

delle innovazioni introdotte dal d.l. n. 83/2015: e sarebbe stato strano il contrario), che è stato

rimesso al Ministro della giustizia.

E’ difficile prevedere e il cammino e la sorte di tale progetto. Si può dire soltanto che esso

costituisce il frutto di un serio tentativo di ripensamento generale dell’intero nostro sistema delle

procedure concorsuali: tentativo il quale (soprattutto se il progetto fosse ulteriormente affinato nei

suoi snodi fondamentali) meriterebbe di essere coronato dal successo.

ALESSANDRO NIGRO – DANIELE VATTERMOLI