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Reimparare la politica

Tra i nodi che presto o tardi dovranno venire al pettine c’è senz’altro quello del rapporto dei cittadini con la politica. Occorre una nuova partecipazione

25 gennaio 2019 - Giorgio Vittadini

Tra i nodi che presto o tardi dovranno venire al pettine nel nostro Paese c’è senz’altro quello del rapporto dei cittadini con la politica. Nodo che non riguarda tanto la scelta di un partito piuttosto che un altro, quanto il sentimento nei confronti di quella che Paolo VI definì “la più alta forma di carità”.

Innanzitutto bisognerà arrendersi a un fatto: la disaffezione per la politica ha un prezzo che sta diventando troppo alto per la collettività. Lo si vede soprattutto dalla mancanza di partecipazione e di dibattito costruttivo. Non ci troviamo in un “territorio” destinato solamente alle élite perché, in qualsiasi regime si viva, le regole della vita pubblica entrano in quella privata e condizionano le sorti di una comunità.

Nella rinata democrazia italiana dell’ultimo dopoguerra, in una città come Milano, in piazza Duomo alla sera, le persone discutevano di politica. Avevano certamente idee approssimative e spesso schematiche, se non ideologiche, ma tutti avevano il desiderio, attraverso il più semplice degli incontri in una piazza cittadina, di comprendere a grandi linee quello che avveniva nei cosiddetti luoghi del potere dove si esercitava la difficilissima arte di governo. Avevano passione per la politica e se ne sentivano partecipi attraverso il dibattito pubblico.

È impressionante come oggi la politica venga in parte demonizzata, in parte sostituita da altri protagonisti della vita pubblica, ma soprattutto “distribuita al popolo” dalla televisione e dalla rete.

È accaduto che mentre le società occidentali si aprivano ai sistemi democratici e diventavano comunità sempre più avanzate, ad esempio sul piano scientifico, la politica perdeva la sua credibilità e lentamente cominciava ad essere percepita come l’ambito di un potere dedito a controllare masse di persone isolate, scorrettamente informate e sostanzialmente sole.

Il paradosso della democrazia rappresentativa, che appare come il sistema “migliore nonostante tutto” e funziona malgrado i suoi difetti, si è trasformata in molti casi e in diversi paesi in una sorta di palestra di conflittualità permanente, mentre posizioni schematiche basate su informazioni imprecise sono divenute prerogativa di chi dovrebbe conoscere a fondo i problemi che tratta. Tutto questo produce una grande confusione, che oscilla tra scenari nostalgici (già sperimentati e falliti) di democrazia diretta o tra frasi fatte e altre scelte ricche solo di luoghi comuni.

Si può dire che la politica viene contestata duramente perché è stata relegata a un dibattito tra “iniziati”, oppure perché non è più spiegata ai vari livelli come veniva assicurato dalla presenza dei tanti corpi intermedi operanti nella società.

In Italia si faceva politica nei luoghi di lavoro anche attraverso le cellule, i sindacati, nelle scuole e nelle università con le associazioni studentesche, in vari corpi intermedi (persino negli oratori) che operavano in ambito sociale. Oggi, tutto questo è scomparso in un deserto di solitudine e di malessere.

Da queste considerazioni, in un quadro di crescente crisi della democrazia rappresentativa, emerge la necessità di riscoprire l’interesse per una partecipazione alla politica attraverso forme e strumenti nuovi che affrontino problemi quali: la motivazione a conoscere in modo approfondito, la capacità di ascoltare e di confrontarsi tra posizioni differenti, ritrovando terreni comuni e non ideologici di dibattito, reimparare il senso delle priorità, superare il personalismo fine a se stesso.

Forse, la definizione di scuola di politica non serve a nulla. Le cosiddette scuole di politica formavano, un tempo, i quadri dirigenti di partito. Oggi è forse più giusto pensare a “punti di incontro”, a “stazioni di

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consultazione e di discussione”, a “luoghi di elaborazione” (come quella che sarà inaugurata lunedì a Milano) in un territorio libero dove i temi fondamentali che riguardano la vita pubblica vengono affrontati in modo laico, schietto e franco, senza preconcetti. Pensiamo al dibattito sulle scelte economiche, oppure a quello sulle riforme istituzionali. O ancora, ai temi del welfare e dell’investimento su scuola e formazione e, in generale, ai tanti aspetti della vita sociale e alla possibile difesa, o al miglioramento nella loro definizione, dei diritti civili e di quelli sociali. Si pensi ancora alla peculiarità storica di un paese, alla sua particolarità di sviluppo economico e alle esigenze immediate da risolvere. Infine si consideri soprattutto il contesto internazionale, in un mondo che è immerso in conflitti tragici che, non riuscendo a trovare un equilibrio multipolare, pensa a nuovi rapporti interstatali, nel periodo di una globalizzazione irrevocabile ma da governare e che provoca spesso, per reazioni di vario tipo, anacronistici ritorni al passato con nazionalismi esasperati e forme di protesta che vengono classificate con termini ormai di dominio pubblico, come “sovranista” o “populista”. Forse imprecisi, ma comunque indice di grandi trasformazioni che vanno comprese.

Alla fine, va fermato il processo per cui dalla confusione si passa alla banalizzazione dei problemi e alla rassegnazione di essere solo inconsapevoli destinatari di scelte incomprensibili e spesso oscure.

E va fermato il deserto lasciato dalla mancanza di luoghi di dibattito, colmato solo da una massa di informazioni dove è difficile trovare il bandolo della matassa.

Di fronte a questo scenario sociale, un cittadino informato, cosciente e sensibile non deve pensare di avere conoscenze e competenze di un politico, ma deve essere consapevole di quanto il governo di una comunità può riservargli.

Se quelli che abbiamo chiamato “punti di incontro” o “stazioni di discussione” possono essere chiamati impropriamente “scuole di apprendimento politico”, va bene lo stesso. Il nocciolo della questione è che in questi luoghi si discuta dei problemi in modo informato e corretto e ci si confronti apertamente. È la nuova sfida per ritornare a una piena vita democratica.

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"Conoscere per decidere": incontro dipresentazione il 28 gennaio presso laSocietà UmanitariaSocietà UmanitariaVia San Barnaba, 48

Dal 28/01/2019 al 28/01/2019 SOLO OGGI

20:30

GRATIS

Redazione25 gennaio 2019 13:59

L unedì 28 gennaio presso la Società Umanitaria si terrà la presentazione, gratuita e aperta al pubblico, del nuovoprogetto della Scuola di formazione politica “Conoscere per decidere”. Per l'occasione interverranno MartaCartabia, Vicepresidente della Corte Costituzionale, Luciano Violante, Presidente emerito della Camera dei

deputati e Presidente della Associazione ItaliaDecide e Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per laSussidiarietà.

Durante l’incontro si ascolterà parte del Discorso sulla Costituzione che Piero Calamandrei, giurista fiorentino e padrecostituente, tenne nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955.

Il progetto conta in tutto sei lezioni - la prima e l'ultima gratuite - che verranno illustrate durante il primo incontro dairelatori. Obiettivo: suscitare una nuova passione per la politica in un momento in cui la democrazia rappresentativa è incrisi, immersa in una conflittualità permanente tra posizioni troppo spesso schematiche e basate su argomentiapprossimativi.

Nel corso delle 6 lezioni interverranno Franco Bassanini, Marco Bentivogli, Carlo Cottarelli, Luigi Curini, MarilisaD’Amico, Gigi De Palo, Ugo Finetti, Anna Finocchiaro, Alessandra Ghisleri, Giorgio Gori, Enrico Letta, MauroMagatti, Daniele Magazzeni, Claudio Martelli, Mario Mauro, Francesco Occhetta, Lorenzo Ornaghi, Gigi Petteni,Ferruccio Resta, Nicola Sanese, Giulio Sapelli, Anna Scavuzzo, Lorenza Violini.

Le lezioni si svolgeranno nella sede della Società Umanitaria, partner dell’iniziativa insieme a: GenerAzione,Mi’mpegno, Fondazione Vittorino Colombo, Laboratorio politico dell’innovazione e Istituto di antropologia per lacultura della famiglia e della persona. Il progetto è promosso dalla Fondazione per la Sussidarietà, attiva dal 2002 con loscopo di divulgare ricerca, formazione e cultura, con riferimento al principio di sussidiarietà.

Al primo incontro di presentazione, gratutito, seguiranno 4 lezioni vere e proprie, nelle giornate di: 23 febbraio, 8marzo, 22 marzo, 5 aprile. Il 10 maggio, invece, si terrà l'ultimo incontro di conclusione, gratuito.

Il costo delle 4 lezioni centrali è di 100 euro a partecipante (50 euro per studenti fino a 25 anni). Modulo di iscrizione einformazioni su www.sussidiarieta.net.

"Conoscere per decidere" | 28 gennaio | Società Umanitaria Eventi a M... https://www.milanotoday.it/eventi/conoscere-per-decidere-societa-uma...

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30/1/2019 Conoscere per decidere, nasce la scuola di formazione politica - Linkiesta.it

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/01/28/conoscere-per-decidere-nasce-la-scuola-di-formazione-politica/40904/ 1/3

28 gennaio 2019

Conoscere per decidere, nasce lascuola di formazione politicaCinque lezioni tra febbraio e maggio, dal bene comuneall'intelligenza arti�ciale, dai nuovi nazionalisimi all'Unioneeuropea. Tutti gli incontri saranno ospitati dalla SocietàUmanitaria. Ospiti: Giulio Sapelli, Anna Finocchiaro, LucianoViolante Carlo Cottarelli, Enrico Letta

Conoscere per decidere. Dovrebbe essere il motto di qualsiasi cittadinoinformato, invece nell’era del tifo politico e dei social che ampli�cano lo scontrosociale è il nome giusto per la scuola politica, nata da un’idea di Luciano Violante(ItaliaDecide) e di Giorgio Vittadini (fondazione per la Sussidiarietà). al via dal 23

Redazione

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30/1/2019 Conoscere per decidere, nasce la scuola di formazione politica - Linkiesta.it

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/01/28/conoscere-per-decidere-nasce-la-scuola-di-formazione-politica/40904/ 2/3

febbraio. L’obiettivo è rimettere al centro la società civile e i corpi intermedi,secondo il principio di sussidiarietà. Perché solo da aggregazioni di persone checondividono problemi, ri�ettono, si informano possono rinascere e crescerepassione e sensibilità politica. L’unico antidoto per la perdita di credibilità dellapolitica, un prezzo insostenibile per la collettività.

Il 28 gennaio la prima lezione, gratuita, nel Salone degli A�reschi SocietàUmanitaria. Si discute di Popolo e democrazia ascoltando un brano del discorsodi Piero Calamandrei ai giovani sulla Costituzione del 26 gennaio 1955.Interverranno Marta Cartabia, Vicepresidente della Corte Costituzionale eLuciano Violante, Presidente Emerito della Camera dei Deputati. L’edizionemilanese della scuola politica prevede altre cinque lezioni tra febbraio emaggio, dal bene comune all’intelligenza arti�ciale, dai nuovi nazionalisimiall’Unione europea. Tutti gli incontri saranno ospitati dalla Società Umanitaria.

Si inizia il 23 febbraio con Educazione, bene comune ed etica pubblica. Qualifattori sono essenziali nella de�nizione di bene comune? Quale lavoro èindispensabile per realizzarlo, dal livello personale a quello istituzionale? Ci sonopremesse culturali condivise per ottenerlo? Tra gli ospiti: l’ex deputata delPartito Democratico Anna Finocchiaro, Mauro Magatti, professore ordinario diSociologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Lorenza Violini, professoreordinario di Diritto costituzionale, Università degli Studi di Milano.

L’8 marzo si parlerà di Intelligenza arti�ciale e diritti umani per capire qualis�de dovrà a�rontare il mondo del lavoro e dell’impresa di fronte al nuovosviluppo tecnologico. Quale libertà e quale sicurezza possono essere garantite dalcrescente potere delle macchine? A parlarne ci saranno Marco Bentivogli,segretario Generale Fim Cisl, Ferruccio Resta, rettore Politecnico di Milano eFrancesca Bria, chief technology e digital innovation o�cer del Comune diBarcellona.

Democrazia, libertà, sussidiarietà sarà il tema dell’incontro del 22 marzo. Lademocrazia non è un fatto acquisito per sempre. Quali sono i fattori che hannodeterminato l’attuale crisi della democrazia rappresentativa? E soprattutto qualeruolo hanno i corpi intermedi e l’iniziativa dei cittadini nella vita civile? Tra gliinterventi moderati da Marcello Menni, direttore Fondazione Vittorino Colomboci saranno Franco Bassanini, presidente Fondazione Astrid, lo scrittore egiornalista Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e Gigi Petteni, presidente Inas -Cisl.

Mentre la società globale sta avanzando non possono essere trascurate le identitànazionali e culturali. Per questo la quinta lezione sarà Nuovo nazionalismo e

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30/1/2019 Conoscere per decidere, nasce la scuola di formazione politica - Linkiesta.it

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/01/28/conoscere-per-decidere-nasce-la-scuola-di-formazione-politica/40904/ 3/3

globalizzazione, il 5 aprile. Parleranno Giulio Sapelli, professore ordinario diStoria economica, Università degli Studi di Milano, Claudio Martelli, politico escrittore e Dario Fabbri, consigliere scienti�co e coordinatore America di Limes.

Per partecipare bisogna scaricare la scheda di iscrizione dal sitohttp://www.sussidiarieta.net/it/conoscereperdecidere entro e non oltre il 15febbraio 2019. La quota è di 100 euro, 50 se si è uno studente sotto i 26 anni.

L’ultimo evento della scuola politica sarà gratuito. Il 10 maggio 2019 si discuteràde La grande s�da dell’Unione Europea. Il progetto europeo sta andando in crisi.Quali scenari si prospettano nel futuro prossimo? A quali condizioni l’Europapotrebbe diventare una vera casa comune? È davvero necessario rinunciare aqualche cosa per farne parte? Interverranno Carlo Cottarelli, direttoreOsservatorio sui Conti Pubblici, Università Cattolica del Sacro Cuore, AlessandraGhisleri, direttore Euromedia ed Enrico Letta, Direttore Scuola di A�ariInternazionali dell’Istituto di Studi Politici di Parigi.

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Il bisogno di ricominciare

Presentata a Milano la scuola di formazione politica. Un’occasione per “ricominciare” a mettersi insieme per

ricostruire i corpi sociali e creare un bene comune condiviso

Gianluigi Da Rold

Conoscere, sapere, partecipare, rendersi conto di quello che accade nella realtà sono i fattori che sono sempre andati di pari passo, quasi in stretta relazione, con le forme del potere che si formavano in una società, anche nelle comunità primitive.

Marta Cartabia, vicepresidente della Corte costituzionale, parte con questa considerazione nel suo intervento al convegno pubblico dell’Umanitaria su “Popolo e democrazia”, che di fatto inaugura un ciclo di “momenti di partecipazione” di una scuola di formazione politica. Quello che sottolinea Marta Cartabia è sostanzialmente quello che condivide anche Luciano Violante, che è stato magistrato ma anche deputato e presidente della Camera, quando sottolinea il valore della conoscenza e vede in questa nuova epoca di sconvolgimenti sociali, economici e politici, il rischio di una mancanza di anticorpi nella difesa della democrazia. Il rischio si evidenzia nella cosiddetta disintermediazione, cioè nella caduta del confronto democratico e nella carenza di una conoscenza che porti alla risoluzione dei problemi e dei conflitti che caratterizzano sempre la realtà sociale. Il rischio drammatico è la descrizione di una società che non conosce e non decide, una società che galleggia su perenni conflitti aperti e irrisolti.

Ancora più netto nel giudizio, all’apertura di questo ciclo di una scuola per la formazione politica, è Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la sussidiarietà, che guardando all’attuale situazione sociale e politica, scandisce con forza e passione “Bisogna ricominciare”, occorre ricominciare a mettersi insieme, come quando l’Italia, uscita da una guerra tragica, fu ricostruita, sviluppata con il contributo di persone di diverso orientamento ideologico, e diventò una grande potenza industriale, un Paese che aveva un preciso ruolo nel mondo e nello stesso tempo onorava una forza che nasceva nella coscienza di ciascuno: il desiderio, la voglia di migliorare, di seguire un percorso di emancipazione personale e collettiva.

Il titolo del convegno pubblico all’Umanitaria è partito dall’accostamento di “Popolo e democrazia”, che è ormai la base della civiltà occidentale, che garantisce al 40 per cento della popolazione mondiale, non alla maggioranza purtroppo, una vita dove si cercano di onorare giustizia sociale, equità, valore della persona, libertà individuale, un sistema di welfare e un’autosufficienza economica decorosa. E’, in fondo, l’insieme di quello che viene definito bene comune a cui tende, per sua naturale vocazione, la democrazia, nelle forme più consone al suo funzionamento di equilibro tra libertà e uguaglianza.

Quando questo equilibrio viene a mancare e, in più la società viene quasi sconvolta da una informazione e da una conoscenza confusa e disordinata, la democrazia va in crisi e viene sottoposta in modo ricorrente a critiche anche violente, ad accuse di inadeguatezza a risolvere i problemi e quindi ad attacchi che possono relegarla in un angolo, esautorarla e sostituirla con diverse forme di regimi autoritari o neo-autoritari che, oggi, sono di difficile definizione e comprensione.

Altre volte è stata esaminata la crisi della democrazia e sono sempre ritornati i discorsi che vanno di moda: dall’anti-parlamentarismo alle forme spesso vaghe di democrazia diretta, dall’inconsistenza del confronto dialettico alla necessità della decisione urgente.

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Il passo della democrazia è invece scandito da una conquista continua e metodica. Luciano Violante pone l’accento su una riforma italiana del 1963, quando venne introdotta la scuola media unificata. “Che cosa vuol dire? Che non c’è più differenza di sapere in relazione alle classi sociali di appartenenza. Nel 1963 cominciò a venir fuori che il sapere non doveva dipendere dall’avere. Che sapere faceva parte dei diritti di cittadinanza e quindi non ci doveva essere una discriminazione di scelta”. Quella fu una conquista democratica, che si univa ad altre conquiste. Violante spiega che c’era un altro sapere, quello che veniva dalla partecipazione a partiti, sindacati, chiese che trasmettevano valori e comportamenti. Oggi si è caduti nella disintermediazione, perché quelle realtà non svolgono più quella funzione”.

Tutto questo porta, secondo Violante, anche alla cosiddetta “trappola della rappresentanza morale”. Un meccanismo tipico della schematizzazione informativa. Dice Violante: “La rappresentanza morale è pericolosissima sia per chi la fa sia per chi la riceve, perché spacca il Paese in due parti”. Alla mancanza di conoscenza, si aggiunge – appunto – il conflitto permanente.

Marta Cartabia è in sintonia con questa visione, perché insiste sul concetto di conoscenza nella difesa della democrazia. Dice la vicepresidente della Corte costituzionale: “La possibilità di formarsi una comprensione illuminata delle cose pubbliche non è solo una parte della definizione della democrazia. La comprensione illuminata delle cose pubbliche è una necessità, perché la democrazia possa funzionare”.

Ed è in questo modo, anche con una scuola di formazione politica, che si può cogliere un’occasione per “ricominciare”, come sostiene con passione Vittadini. Lo Stato che esce sconvolto e distrutto dall’ultima guerra tragica e perduta, viene ricostruito da persone che si mettono insieme o che concorrono, secondo le loro opinioni, a creare un bene comune condiviso. Sono i corpi sociali che creano l’Italia del dopoguerra e la portano ai traguardi del boom e dell’espansione economica e anche delle conquiste civili e sociali tipiche di una democrazia.

In un panorama sociale del tutto differente, oggi non c’è più il confronto e il dialogo tra forze politiche diverse, ma un amaro diffondersi del nichilismo, a cui occorre opporsi, ricostituendo appunto dei corpi sociali che sono scomparsi e che non svolgono più la grande funzione che hanno avuto.

La grande partita di rafforzare e difendere la democrazia nasce quindi da iniziative di conoscenza ben documentata e al di fuori sia dalla “repubblica della televisione”, come dalla “repubblica della rete”. Nasce dall’individuazione di nuovi corpi sociali dove con un mix di orientamenti si può sviluppare di nuovo il dibattito politico, il dialogo democratico che garantisce la partecipazione alla vita pubblica.

Non è una scommessa, ma un impegno che non si può eludere di fronte alla crisi complessiva che si sta vivendo.