CARLO · 2016-11-15 · concetto di limite, di responsabilità, la relazione d’aiuto, la...

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CARLO

PASETTI Medico Neurologo,

Istituti Clinici Scientifici Maugeri SpA - Pavia

IL MALATO AMBULATORIALE E DOMICILIARE AL CENTRO DELLE CURE NEL

TERRITORIO: GLI ASPETTI BIOETICI

Pur essendo aumentate le pubblicazioni correlate ad implicazioni etiche in medicina, di

bioetica nel nostro paese si parla poco e male: poco in quanto una volta spente le luci sul

caso clamoroso i temi etici ritornano nell’oblio, male perché il dibattito è sì animato ma

influenzato da fattori ideologici. Il neurologo del territorio si trova nella miglior posizione per

riportare la bioetica ad una praxis, ad una disciplina bedside, evitando preconcetti teorici

ma privilegiando il singolo “caso”, maestro di guida alla giusta azione, rendendo concreto

un problema astratto e cercando il bilanciamento tra autonomia e beneficialità.

La sua esperienza e forma mentis ben si prestano a fondere gli aspetti scientifici e

relazionali dell’atto medico, coniugando le componenti della psiche e del soma, arrivando

a quella giusta sintesi che è la buona decisione etica (in particolare nelle malattie

neurologiche fonte di grande disabilità in cui maggiormente esplodono le problematiche di

fine vita, anche se queste considerazioni potrebbero costituire una via finale comune di

altre malattie croniche progressive a prognosi infausta, contesti in cui più delicati sono i

dilemmi etici correlati al decision making dell’avvio o della sospensione dei trattamenti di

sostegno vitale). Se le grandi Dichiarazioni Internazionali ci vengono in aiuto nel tracciare

le vie principali di comportamento, è poi il singolo operatore ad addentrarsi nei sentieri

sdrucciolevoli del fine vita, terra di nessuno in cui il paziente è più esposto ai rischi del

troppo (accanimento e futilità) o del troppo poco (eutanasia da abbandono), affinando il

self etico e avendo sempre come télos e stella polare il bene del paziente nel suo

orizzonte multidimensionale e non solo biomedico. Benché qualcosa si sia mosso sul

piano normativo (es. la legge sull’amministratore di sostegno), va tuttavia sottolineato

come altre componenti fondamentali quali l’esercizio dell’empatia, l’elaborazione del

concetto di limite, di responsabilità, la relazione d’aiuto, la proporzionalità delle cure e

l’alleanza terapeutica sono fattori e capacità individuali, anche se devono essere

supportati da un’adeguata formazione bioetica per creare non solo dei tecnici ma degli

operatori che siano anche “agenti morali”. Si evidenzia inoltre come il ruolo del caregiver

sia fondamentale nell’orientare le scelte secondo i desideri del paziente incapace ad

esprimersi per stemperare i conflitti ed arrivare ad una decisionalità condivisa senza

appiattirsi su un esercizio della medicina basato su modelli legalistico-difensivi o

economico-gestionali. Viene infine enfatizzato il ruolo che il neurologo può rivestire

nell’orientare realisticamente la cultura e la consapevolezza di paziente e caregiver,

spesso disinformati dai messaggi distorti e non filtrati della web medicine.

VITO

NAPOLETANO

Dirigente Medico – Neurologo

Presidio ASL BARI

IL PAI (PIANO DI ASSISTENZA INDIVIDUALE) A CURA DELLO SPECIALISTA

AMBULATORIALE.

La neurologia del territorio vive, oggi, un momento di particolare attenzione nella riforma

della Sanità. Creare salute e prendere in carico la cronicità-fragilità diventa, oggi, un

obiettivo del territorio condiviso con il MMG.

L’Ospedale si caratterizzerà sempre più per il sistema urgenza-emergenza e per aspetti

integrativi dei “device” avanzati. Diagnosi precoci, interventi di educazione sanitaria, presa

in carico dei pazienti con patologie cronico-degenerative e in situazione di fragilità, sono gli

aspetti peculiari del neurologo ambulatoriale che lo vedono attivo nella “governance”

territoriale. In questo, la chiave di lettura si concretizza nell’etica dei ruoli tra le varie

professioni sanitarie e non, e le altre discipline mediche.

Le competenze sono peculiari: oltre che misurare e valutare, occorre conoscere il

linguaggio Universale raccomandato dall’OMS: la Classificazione del Funzionamento della

Salute e Disabilità: ICF.

Essere capaci di fare diagnosi clinica, collaborando con sistemi HUB dedicati per patologia

(medicina di precisione), ma anche fare diagnosi funzionali per dare forza alle potenzialità

del paziente (date le limitazioni contestuali) e stimolare le performance e la sua

partecipazione ambientale.

La collaborazione dei centri HUB (medicina di precisione) con i centri spoke (le periferie)

diventa importante per dare alla persona una semplificazione dei percorsi di diagnosi, di

assistenza e del follow-up della terapia.

Il PDTA sarà sempre più integrato con il PAI (Progetto Assistenziale Individualizzato) e

questa, sarà una delle sfide future per rispettare la persona con la sua malattia, il vissuto e

l’ambiente.

Nel PAI devono essere registrate le difficoltà di aderenza alla terapia, dove e da chi

effettuare i controlli e gli esami importanti per il follow-up, i percorsi di appropriatezza di

presa in carico condivisi con il MMG e il servizio sociale dell’Ente Locale o Ambito Zonale.

L’appropriatezza prescrittiva per i farmaci, della complessità diagnostica e dei percorsi

assistenziali, sono altre competenze che il neurologo territoriale deve possedere e

sviluppare.

Dare valore alle cure domiciliari sarà un impegno per garantire al paziente gli affetti dei

familiari nei suoi contesti di vita e dare ai care giver gli adeguati benefici per il

mantenimento della vita autonoma e indipendente.

Tanto viene previsto dall’Ambito Zonale e incentivato dalla Unione Europea nell’ambito di

una Sanità Sostenibile.

LELIO

MARCHESE RAGONA Specialista ambulatoriale Neurologo

ASP 1 Agrigento

EPIDEMIOLOGIA, SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSTICA EMG DELLA SINDROME DEL

TUNNEL CARPALE

La Sindrome del Tunnel Carpale (STC) è la malattia nervosa periferica più frequente del corpo

umano ed anche la mononeuropatia più operata al mondo. È caratterizzata da dolore e

intorpidimento della mano e delle dita. La frequenza con cui la Sindrome del Tunnel Carpale si

osserva nella popolazione è circa tre volte più elevata nella donna ed è variabile a seconda

dell'attività lavorativa svolta. In circa il 70% dei casi è bilaterale, con prevalenza della mano

dominante.

La STC è provocata dalla compressione cronica del nervo Mediano all’interno del tunnel carpale.

Il Tunnel Carpale è una struttura anatomica il cui fondo e i lati sono formati dalle ossa del carpo. La

parte superiore del tunnel è coperta da una banda spessa di tessuto connettivo chiamato

il legamento trasverso del carpo.

Il nervo mediano è un nervo misto, origina dal plesso brachiale all’altezza del cavo ascellare

costituito da fibre nervose provenienti dalle radici C5-T1 e decorrendo lungo tutto l’arto superiore,

raggiunge la mano attraverso il tunnel carpale nel polso. Il nervo mediano porta la sensibilità al I, II

e III dito della mano e parzialmente al IV dito. Il nervo controlla anche i muscoli opponente del

pollice e flessore lungo del pollice. All’interno del tunnel carpale ci sono anche i tendini flessori. Il

tunnel carpale ha una funzione di protezione per questi tendini e il n. Mediano.

La sindrome del tunnel carpale si verifica quando i tessuti circostanti o i tendini flessori si gonfiano

determinando una compressione sul nervo mediano. Questi tessuti sono chiamati sinovia. La

membrana sinoviale lubrifica i tendini e rende più facile il movimento. Il gonfiore della sinovia

restringe lo spazio confinato del tunnel carpale, e nel tempo, determina una sofferenza del

nervo. La sindrome del tunnel carpale è causata dalla pressione sul nervo mediano nel suo

passaggio attraverso il tunnel carpale.

Molti fattori possono contribuire allo sviluppo della sindrome del tunnel carpale:

L'ereditarietà è il fattore più importante infatti i tunnel carpale possono essere più piccoli in

alcune persone, e questa caratteristica viene ereditata.

Fare lavori manuali (come usare il martello pneumatico) o lavori di precisione e tipicamente

ripetitivi, può contribuire nel tempo a sviluppare questo disturbo .

I cambiamenti ormonali legati alla gravidanza ed il ristagno di liquidi possono giocare un

ruolo nella compressione del nervo e nella sua sofferenza.

L'età è un fattore importante: la malattia si verifica più frequentemente nelle persone

anziane.

Condizioni patologiche generali di base, tra cui il diabete, l'artrite reumatoide e gli squilibri ormonali

tiroidei possono avere un ruolo nell’insorgenza della patologia compressiva e degenerativa del

nervo.

L’esordio è dominato dalla presenza di algoparestesie ad insorgenza notturna che danno il tipico

quadro della brachialgia parestesica notturna, che spesso costringe il pz ad un risveglio notturno.

Prevalentemente sono interessate le prime 3-4 dita e la parte radiale della mano, ma nel tempo i

disturbi coinvolgono tutta la mano e si estendono all’avambraccio, al braccio e a volte anche alla

spalla. Diventa in questo stadio importante la diagnosi differenziale con le radiculopatie cervicali.

I sintomi inizialmente vanno e vengono, ma col tempo possono diventare costanti. Una

sensazione di goffaggine o debolezza può rendere movimenti abitualmente semplici come

abbottonarsi la camicia o cucire, quasi impossibili. Questa condizione di ipostenia può causare la

caduta degli oggetti dalle mani. Se il quadro sintomatologico è molto grave i muscoli alla base del

pollice possono perdere la loro struttura e atrofizzarsi.

Per orientarsi sulla diagnosi di Sindrome del tunnel carpale, la anamnesi raccolta con attenzione è

fondamentale perché ci indirizzerà nei successivi passi.

Importante anche esaminare la mano:

Verificare la debolezza dei muscoli innervati dal n. Mediano

Pressione sul nervo mediano al polso con evocazione del formicolio e l’intorpidimento delle

dita (Segno di Tinel).

Toccando lungo il decorso del nervo mediano al polso si evocherà una scossa lungo le dita.

Ma a confermare il quadro clinico, suscettibile di intervento chirurgico, dandoci indicazioni

sull’esistenza o meno della STC e sull’entità del danno, ci viene a conforto l’esame

elettromiografico o meglio elettroneurografico in quanto dobbiamo studiare in questo caso un

quadro di sofferenza dei nervi periferici e non delle radici cervicali.

Diagnostica ENG. Studi di conduzione nervosa

In parole semplici, i grandi nervi delle braccia e delle gambe sono come cavi elettrici e funzionano

per mezzo di impulsi elettrici che viaggiano all’interno di essi e stimolando il muscolo lo fanno

contrarre.

Gli studi di conduzione nervosa mostrano come i segnali elettrici del corpo viaggiano all’interno di

un nervo. Questo viene ottenuto applicando piccoli stimoli elettrici ad un nervo e registrando al

muscolo o al metamero da esso innervato.

I nervi negli arti possono essere classificati come motori, sensitivi o misti.

Misti in quanto molti nervi periferici hanno componenti sia motorie che sensitive. Gli studi di

conduzione nervosa riguardano di solito lo studio sia della componente motoria che della

componente sensitiva.

Gli studi di conduzione nervosa per la sindrome del tunnel carpale

Prima di iniziare il trattamento per la sindrome del tunnel carpale è importante essere sicuri che

questa sia la diagnosi corretta. Altre condizioni, come una radiculopatia cervicale, possono

causare sintomi simili che possono essere confusi con la sindrome del tunnel carpale. A tal uopo

importante eseguire studi sulla conduzione nervosa per confermare o meno la diagnosi.

Ci sono due parti dello studio delle velocità di conduzione:

il test per le velocità di conduzione motoria

il test per le velocità di conduzione sensitiva

Test per la funzione motoria

Il nervo mediano nasce dal plesso brachiale che a sua volta si forma da un intreccio tra le varie

fibre motorie sensitive delle radici cervicali, quindi decorre dalla spalla, lungo il braccio e

l’avambraccio, ed attraverso il tunnel carpale giunge alla mano dove si divide in un numero di

piccole branche. Se la parte motoria del nervo viene stimolata al polso, un impulso elettrico

viaggerà lungo il nervo e produrrà un segnale elettrico che potrà essere registrato abbastanza

facilmente applicando degli elettrodi al di sopra del ventre dei muscoli dell’eminenza tenar. Di solito

questo tempo (latenza motoria) è inferiore a 4 msec. Valori superiori sono indicativi si STC.

Quando il nervo viene stimolato il segnale elettrico nel muscolo appare molto rapidamente, entro

pochi millisecondi. Il tempo trascorso per l’apparizione del segnale viene misurato

dall’elettromiografo. Se un nervo motorio viene stimolato a due punti differenti lungo il suo decorso

e preso il tempo per l’apparire della risposta in ciascuna occasione, questa informazione, assieme

con la distanza tra i due punti, può essere utilizzata per calcolare la velocità alla quale l’impulso

elettrico sta viaggiando lungo il nervo. Questo è detta velocità di conduzione. E’ abbastanza

veloce, solitamente 50-60 metri al secondo.

Solitamente il nervo mediano viene stimolato al polso e più in alto nella superficie volare del

braccio.

Nelle persone con una sindrome del tunnel carpale c’è un ritardo nell’apparizione della risposta

motoria evocata quando il nervo mediano viene stimolato al polso (latenza motoria aumentata) in

concomitanza con una VCM normale nel tratto braccio-polso.

Questo dimostra che il rallentamento della VCM è localizzato al polso e quindi si tratta di

compressione del n. Mediano a quel livello.

L’entità con la quale i segnali sono ritardati quando passano attraverso il canale carpale può dare

una indicazione di quanto gravemente il nervo sia colpito. Quindi l’esame ENG ci dà indicazioni

quantitative e qualitative.

Test per la funzione sensitiva

I nervi sensitivi possono essere studiati utilizzando metodi simili. Nella sindrome del tunnel carpale,

le branche sensitive del nervo mediano che sono dirette alle dita possono essere testate

stimolandole con piccoli polsi elettrici. Questi possono essere dati utilizzando sottili elettrodi ad

anello, che vengono calzati attorno alle dita.

Quando i segnali elettrici viaggiano lungo il nervo verso il midollo spinale ed il cervello, possono

essere registrati quando passano il polso. Questo viene fatto piazzando degli elettrodi adesivi (o di

altro tipo) sulla pelle sopra il nervo. La velocità alla quale i segnali si muovono si chiama velocità di

conduzione sensitiva. Come con i nervi motori, questi segnali solitamente si muovono molto

velocemente, a circa 50-60 metri al secondo.

Nella sindrome del tunnel carpale, a causa del ritardo nei segnali che passano attraverso la

sezione compresso del nervo al polso, questa velocità diventa più bassa – solamente 30-40 metri

al secondo o anche meno. Man mano che la compressione del nervo diventa più severa, la

velocità degli impulsi del nervo sensitivo diventa più lenta ed il segnale diventa più debole fino al

punto in cui esso non scompare completamente.

Durante l’ENG si esaminano sia il n. Mediano che il n. Ulnare, questa doppia indagine

apparentemente superflua è utile per escludere sia neuropatie compressive a carico del n. Ulnare,

ma soprattutto per escludere altre patologie. Infatti se è colpito solo in N. Mediano che decorre

dentro il Tunnel Carpale allora si tratta di STC. Se fosse colpito anche il n. Ulnare che decorre al di

fuori del Tunnel allora il disturbo coinvolgendo più distretti nervosi periferici aprirebbe altri scenari

di tipo polineuropatico.

Conclusioni

Da quanto esposto si evince la grande importanza dell’esame Elettroneurografico nella diagnosi

della Sindrome del Tunnel Carpale, patologia molto frequente e invalidante, risolvibile quando

diagnosticata, con un semplice intervento (neurolisi decompressiva del n. Mediano). Resta ovvio

che l’esecuzione dell’esame essendo comunque invasivo, va fatta quando sono presenti precise

indicazioni.

ANGELO

ARDIZZONE Medico Neurologo

ASP 3 Catania

SINDROMI CANALICOLARI

Le Sindromi Canalicolari sono un insieme di sintomi e segni motori e/o sensitivi

dovuti alla compressione di singoli tronchi nervosi periferici (mononeuropatie

compressive) in particolari strutture osteofibrose che realizzano “gallerie”

anatomiche attraversate dal nervo (siti anatomici in cui facilmente si può realizzare

l’intrappolamento).

Interessano vari tronchi nervosi degli arti superiori ed inferiori.

Il nervo Mediano viene frequentemente compresso a livello del carpo (sindrome del

tunnel carpale) e più raramente nell’avambraccio (sindrome del nervo interosseo

anteriore, sindrome del pronotore rotondo) e, ancora più raramente, nel braccio

(sindrome del legamento di Struthers). Il nervo Ulnare viene frequentemente

intrappolato al gomito (sindrome del canale cubitale) e , più raramente , al polso

(sindrome di Guyon).

Agli arti inferiori frequente è la sofferenza del nervo Peroneo comune al capitello

della fibula(soprattutto durante interventi chirurgici). Degni di nota sono

l’intrappolamento della parte terminale del nervo Peroneo profondo sul dorso della

caviglia (sindrome del tunnel tarsale anteriore) e l’intrappolamento della porzione

terminale del nervo Tibiale nella parte mediale della caviglia (sindrome del tunnel

tarsale mediale).

FRANCESCO ROSARIO RODOLICO

Medico Neurologo

Presidio Territoriale di Assistenza

(P.T.A.) del distretto Sanitario di Giarre

IRENE COMMODARI

Medico Neurologo

Azienda Ospedaliera per l’emergenza di Catania

Unità Operativa Complessa Neurologia

LA NEUROPATIA DIABETICA NEI REGISTRI DEL P.T.A. DI GIARRE

Abbiamo raccolto tutti i casi di pazienti afferenti all’ambulatorio di emg del p.t.a. di giarre con diabete mellito di tipo 2 , con alterazioni degli studi di conduzione nervosa (cn) e/o dei test cardiovascolari per la neuropatia autonomica(qae) dal novembre 2010 all’ottobre 2016. gli studi di cn constavano di vcm di peroneo e tibiale, risposta f dall’ah e vcs del surale con emg ad ago dei muscoli degli arti inferiori; i test cardiovascolari erano effettuati secondo ewing. i pazienti erano sottoposti ad esame neurologico(en); la valutazione dei pazienti era completata dalla raccolta dell’anamnesi dei sintomi neurologici(sn) in diciassete items(p.j.dick) , che comprende sintomi motori, sensoriali ed autonomici; e dal punteggio della disabilita’ neurologica (nds) che comprende l’esame quantitativo motorio(qme) e l’esame quantitativo sensoriale(qse). Abbiamo valutato complessivamente seicento pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2 e nessun paziente con diabete mellito di tipo 1. sono stati utilizzati i criteri di p.j.dick(1988): Stadio 0:(assenza di neuropatia): meno di due fra i seguenti 1) nc; 2) ne(esame neurologico o punteggi della disabilita’ neurologica(nds); 3)qme;qse, oppure qae; oppure 4) ns (scala di valutazione dei sintomi neuropatici) Stadio 1(neuropatia asintomatica):paziente asintomatici con almeno due anomalie fra le seguenti: 1) en; 2) qme; 3) qse; 4) qae; 5)cn; ma senza alterazioni dei (sn); Stadio 2(neuropatia sintomatica):due o piu’ anomalie fra le seguenti : 1) nc; 2)ne; 3)qme; 4) qse oppure qae; oppure ns. i sintomi neuropatici sono presenti ma in maniera minore rispetto allo stadio 3 Stadio 3 ( neuropatia sintomatica disabilitante): due o piu’ fra le seguenti anomalia: 1) cn; 2) en; 3) qme; qse; oppure qae; oppure 4) ns. sono presenti sintomi neuropatici invalidanti.

ANTONINA

LUCA

Dottore di Ricerca

Clinica Neurologica, Università di Catania

LA DEMENZA DI ALZHEIMER NEI REGISTRI AMBULATORIALI

La malattia d’Alzheimer (AD) è la patologia neurodegenerativa più frequente ed è

responsabile del 50-70% dei casi di demenza. Nel 2015, circa 47 milioni di persone

nel mondo erano affetti da demenza e si stima che tale numero sia destinato ad

aumentare raggiungendo circa 131 milioni nel 2050. Nonostante non siano ad oggi

disponibili farmaci in grado di modificare il decorso della malattia in maniera

significativa, una corretta e precoce diagnosi è un requisito fondamentale per

accedere ai servizi di supporto e ai trattamenti sintomatici. Circa il 95% dei soggetti

affetti da AD presenta un esordio tardivo e sporadico di malattia. La maggior parte

dei soggetti con esordio precoce (prima dei 65 anni) spesso presenta familiarità per

demenza. L’invecchiamento però non è inequivocabile sinonimo di AD.

L’interazione tra suscettibilità genetica e fattori ambientali contribuisce infatti

all’espressione clinica della demenza. Tra i geni implicati nella patogenesi della

malattia, i più comuni e studiati sono: il gene per la proteina precursore

dell’amiloide, il gene per la presenilina1 e il gene per la preselinina2. La scolarità

elevata, l’impegno sociale e la salute cardiovascolare contribuiscono, al contrario,

al mantenimento di una sufficiente riserva cerebrale e cognitiva. I farmaci utilizzati

sono: gli inibitori delle colinesterasi (donepezil, rivastigmina, galantamina) e

l’antagonista del recettore per il glutammato (memantina).

GIUSEPPE

LANZA

Dirigente medico, specialista in neurologia

I.R.C.C.S. “Oasi Maria SS.”, Troina (EN)

INNOVAZIONI FARMACOLOGICHE NELLA DEPRESSIONE

La depressione è tra le comorbidità più frequenti delle patologie neurologiche,

potendone costituire anche la manifestazione d’esordio. Rappresenta inoltre un

fattore predittivo indipendente di ridotta qualità di vita e scarso outcome riabilitativo.

Il corretto riconoscimento e trattamento della depressione dovrebbe quindi essere

parte integrante del management dei pazienti neurologici, sia in ambito ospedaliero

che territoriale. L’armamentario terapeutico dei disturbi depressivi include un ampio

spettro di molecole; tuttavia, sebbene per molte di esse l’uso nella pratica clinica

sia consolidato, tutti gli antidepressivi non sono scevri da effetti indesiderati che,

unitamente ai noti problemi di compliance, rendono conto dell’alto tasso di

sospensione (spesso brusca) della terapia.

Recentemente, la vortioxetina, un nuovo antidepressivo multimodale ad azione

prevalente sul sistema serotoninergico, si è dimostrata tollerata ed efficace nella

depressione maggiore, sia in acuto, sia a lungo termine che sulla prevenzione delle

ricadute; inoltre, è stato dimostrato un effetto positivo su alcune funzioni cognitive di

soggetti anziani, indipendentemente dall’azione antidepressiva. Infine, il recente

impiego di metodiche di non-invasive brain stimulation (quali stimolazione

magnetica transcranica o stimolazione transcranica a corrente diretta) ha prodotto

risultati promettenti, sia in termini di sicurezza che di efficacia, nel trattamento della

depressione maggiore farmaco-resistente.

RICCARDO

MARANO

Dirigente medico UOC di Neurologia

Azienda Ospedaliera Papardo, Messina

LA COREA DI HUNTINGTON IN AMBULATORIO

Statisticamente si stima che in Sicilia siano 500-600 le persone affette da malattia

di Huntington con circa 2000-3000 soggetti a rischio.

Si tratta di una patologia rara degenerativa del sistema nervosa centrale ad

andamento cronico progressivamente ingravescente.

La diagnosi si pone sulla scorta della familiarità (geneticamente determinata a

trasmissione autosomica dominante, viene trasmessa al 50% della prole), e della

presenza di movimenti involontari; a cui si associano frequentemente disturbi

psichici e/o cognitivo-comportamentali.

Il test genetico si può effettuare a conferma della diagnosi clinica. I primi sintomi

compaiono in genere fra I 35 ed I 50 anni, anche se esistono forme giovanili e

forme ad esordio tardivo. Poco conosciuta viene difficilmente ben valutata dale

commissioni di invalidità che non hanno tabelle di riferimento.

Patologia devastante coinvolge l’intera famiglia con notevoli implicazioni

psicologiche, economiche e sociali.

DAVIDE

MAIMONE

Dirigente Medico di Neurologia

Centro Sclerosi Multipla – UOC Neurologia AORNAS Garibaldi – Catania

LA SCLEROSI MULTIPLA IN AMBULATORIO

La sclerosi multipla (SM) è il prototipo della malattie demielinizzanti su base

autoimmune del sistema nervoso centrale e rappresenta la seconda causa di

disabilità neurologica nel giovane adulto dopo i traumi cranici. La SM colpisce circa

2.5 milioni di individui nel mondo, circa 70.000 in Italia e oltre 6.000 in Sicilia,

mettendo a rischio l’indipendenza e la qualità di vita dei pazienti e determinando un

cospicuo onere assistenziale ed economico per il sistema sanitario. In Italia la rete

assistenziale per la SM è organizzata in centri specializzati che hanno il compito di

diagnosticare la malattia, di monitorarne l’andamento e di prescrivere e dispensare

i farmaci modificanti il decorso. I neurologi che non operano nei centri specializzati

devono comunque essere in grado di sospettare e individuare possibili nuovi casi di

SM e di gestire condizioni cliniche quali eventuali ricadute o sintomi che richiedono

trattamento con terapie sintomatiche o interventi riabilitativi. Essi devono essere

anche a conoscenza dei trattamenti modificanti il decorso e dei loro potenziali effetti

collaterali che potrebbero mettere a rischio la salute dei pazienti. Infine è

auspicabile che essi siano in contatto con i centri SM per affrontare emergenze o

situazioni cliniche di particolare complessità nel caso in cui non sia possibile un

intervento rapido del personale del centro SM di competenza e per una formazione

continua e interattiva.

RITA

BELLA

Medico, Neurologo

UOS Malattie Cerebrovascolari - AOU “Vittorio Emanuele” -Catania

LE INDICAZIONI DELL’ESAME NEUROSONOLOGICO NEL PAZIENTE

AMBULATORIALE

La neurosonologia è la sola tecnica di neuroimaging non invasiva real-time per la

valutazione delle caratteristiche velocimetriche del flusso ematico dei vasi extra ed

intracerebrali, che aggiunge informazioni fisiologiche alle immagini anatomiche. La

metodica presenta il vantaggio di: essere facilmente ripetibile ( anche a letto del

malato), di monitorare la emodinamica cerebrovascolare nel tempo e di essere un

esame non invasivo. Il doppler transcranico, nello stroke acuto può fornire rapide

informazioni sulle steno-occlusioni vasali, sullo stato emodinamico della

circolazione cerebrale e sul monitoraggio in real-time della ricanalizzazione

spontanea e post-trombolisi, gli ultrasuoni potenzierebbero, inoltre, gli effetti della

trombolisi sistemica. L’esame neurosonologico riveste grande importanza anche

nel paziente ambulatoriale, al fine di organizzare le strategie di prevenzione della

malattia cerebrovascolare. In particolare l’esame va programmato in: soggetti con

anamnesi positiva per episodi cerebrovascolari; pazienti asintomatici, ma portatori

di fattori di rischio vascolari; in soggetti portatori di soffio carotideo; in presenza di

sintomi neurologici non a focolaio, ma comunque indicativi di sofferenza cerebrale

più diffusa, come vertigini, lipotimie, deficit mnesici, cefalea. Il riscontro di una

stenosi carotidea asintomatica può essere una indicazione per un trattamento

medico o chirurgico. Ulteriori applicazioni che riguardano il test della reattività

vasomotoria, del monitoraggio degli emboli e del rilevamento dello shunt dx-sx,

aiutano il clinico a valutare meglio i meccanismi dello stroke, a pianificare e

monitorare il trattamento e a determinare la prognosi.

GUGLIELMO

PERO

Dirigente Medico Neuroradiologo

Ospedale “Niguarda Ca’ Granda” - Milano

NUOVE FRONTIERE DEL TRATTAMENTO ENDOVASCOLARE DELL’ICTUS

Dai primi mesi del 2015 il trattamento dell’ischemia cerebrale acuta ha subito un

cambiamento radicale dopo la pubblicazione dei risultati di alcuni trials clinici

randomizzati che hanno dimostrato la netta superiorità del trattamento

endovascolare rispetto al trattamento fibrinolitico endovenoso nei casi di ischemia

cerebrale causata dall’occlusione di grossi cerebrali.

Al giorno d’oggi è provato che i pazienti con occlusione di un grosso vaso cerebrale

(carotide interna, segmento M1 dell’arteria cerebrale media, segmento A1

dell’arteria cerebrale anteriore e arteria basilare) devono essere sottoposti al

tentativo di disostruzione meccanica del vaso.

Dai risultati di questi trials si evince che il tempo intercorso dall’insorgenza dei

sintomi alla ricanalizzazione del vaso è uno dei fattori più importanti per ridurre il

deficit neurologico del paziente. Generalmente il limite massimo viene considerato

6 ore ma ci sono dei dati che anche oltre questo limite, con un’accurata selezione

del paziente, i ottengono dei buoni risultati clinici.

La selezione può essere eseguita sia con TAC sia con RM; l’importante è

dimostrare la presenza di un grosso vaso cerebrale occluso e di una adeguata

proporzione di tessuto cerebrale ancora salvabile.

Nuovi sforzi devono mirare ad aumentare la percentuale di pazienti con ictus

ischemico suscettibili di trattamento endovascolare.

FILIPPO

LANAIA

Dirigente Medico Neurologo

Dipartimento di Neuroscienze, Università di Catania - Policlinico Universitario.

LE CEFALEE IN AMBULATORIO

Se consideriamo che quasi il 90% della popolazione, nel corso della propria vita, ha

potuto incorrere in una manifestazione episodica di mal di testa, ben diverso si

presenta il problema se, o quando, tale sintomatologia si ripropone a frequenza

medio-alta, interessando fasce di età che includono soggetti da epoca

adolescenziale, fino ad epoca menopausale per la donna, o intorno ai 50 anni per

l’uomo.

La sensibilizzazione della popolazione verso tale problematica fa convergere verso

un programma che, partendo dal Medico di Base, fino alle Figure Specialistiche del

Territorio, e dello Specialista Ambulatoriale, non può, e non deve essere

sottovalutato. Solo una precisa e dettagliata anamnesi, oltre che un adeguato

inquadramento nosografico, può far pervenire al raggiungimento dell’obiettivo primo

che è, in primo luogo, il benessere del Paziente, e in secondo luogo, non meno

importante, il contenimento della spesa pubblica che, in questa patologia, fa

raggiungere, e superare, cifre assurde, per le, talvolta superflue, indagini e i

percorsi clinico-diagnostici che vengono intrapresi o richiesti (se non pretesi) dal

Paziente stesso.

Una adeguata conoscenza della problematica cefalalgica, permette di rispondere

alle esigenze attuali: quelle del Paziente e quelle della Sanità e delle sue regole

FORTUNATA

TRIPODI

Medico Neurologo

ASP di Reggio Calabria

L’EMICRANIA UN PERCORSO CONDIVISO TRA OSPEDALE E TERRITORIO:

ESPERIENZA CALABRESE

La buona pratica clinica della cura delle cefalee implica percorsi diagnostici e terapeutici efficaci e

accessibili coinvolgenti differenti livelli di cura. le sindromi cefalalgiche sono spesso diagnosticate

e trattate non adeguatamente. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione possono

svolgere un ruolo fondamentale nel migliorare l'accesso alle cure, la qualità, l'efficienza e la

prevenzione nella gestione clinica. HealthSOAF (Service-Oriented Architecture Framework) è una

piattaforma tecnologica di networking e interoperabilità finalizzata ad assistere i processi

decisionali sanitari per migliorare l’accesso alle cure ai livelli appropriati. La Rete Cefalee nella

Regione Calabria ha costituito il primo reale scenario di test in Italia della piattaforma HealthSOAF,

con l’obiettivo di aiutare i clinici ai differenti livelli di assistenza sanitaria a correttamente

diagnosticare, gestire e indirizzare i pazienti cefalalgici. L'utilizzo della piattaforma HealthSOAF in

questo progetto pilota sperimentale è associato con una maggiore correttezza diagnostica e

appropriatezza dell'accesso ai servizi specialistici per la cefalee nel contesto esaminato,

suggerendo che il supporto alla decisione clinica basato sulla rete di strumenti informativi è in

grado di migliorare il governo clinico della cefalea. L'applicazione dell'Information and

Communication Technology (ICT) al settore socio-clinico-sanitario è considerato lo strumento

chiave per apportare significativi miglioramenti nell’erogazione delle prestazioni sanitarie con

modalità più rispondenti alle esigenze dei cittadini, aumentando allo stesso tempo la qualità dei

servizi, abbattendo i costi e limitando sprechi e inefficienze. Il tema della salute, infatti, è da lungo

tempo al centro di piani di intervento avviati, a partire dal 2004, dalla Commissione europea, con

l’obiettivo di condividere tra gli Stati Membri i passi necessari alla definizione di linguaggi e servizi

comuni da adottare (Action Plan e-Health 2004 , Programma e-Europe , Iniziativa i2010 , Digital

Agend, Horizon 2020 ) e delle numerose azioni intraprese in Italia in coerenza con gli obiettivi

europei, a livello nazionale, regionale e locale. Analoghe iniziative sono in atto anche negli USA, in

Canada e Australia. La nuova generazione di architetture distribuite di Sanità Elettronica, intesa

come l’utilizzo di strumenti ICT per sostenere e promuovere la prevenzione, la continuità di cura, in

termini di percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali ed il mantenimento di adeguati stili di vita

degli individui e delle popolazioni, rappresenta una delle più rilevanti aree di modernizzazione delle

infrastrutture IT del mondo sanitario. Uno dei concetti chiave alla base di queste nuove

infrastrutture è quello della cooperazione applicativa e dell’interoperabilità semantica fra i diversi

moduli che caratterizzano i sistemi informativi sanitari, che evolvono verso architetture sempre più

distribuite, in cui si mira a garantire interoperabilità non solo all’interno di sistemi informativi

ospedalieri, ma fra diversi ambienti di cura (ospedale, territorio, domicilio). Sicuramente

l’orientamento ai Servizi, basato sul paradigma dell'architettura dei servizi (SOA), meta-modello di

collaborazione tra entità eterogenee e autonome dal punto di vista organizzativo, può assicurare la

collaborazione complessa di un numero elevato di soggetti eterogenei (organizzazioni,

applicazioni, utenti, apparati), situazione tipica del mondo sanitario, producendo una

standardizzazione e interoperabilità dei servizi applicativi.

MARIA

BARBAGALLO

Logopedista

SEZIONI AIP- Catania

L’APPROCCIO DALLA LOGOPEDIA ALLA DISFAGIA

La disfagia è la difficoltà a deglutire che altera l’ingresso del cibo dalla bocca allo

stomaco. In questo intervento si vuole offrire un approccio logopedico partendo

dall’inquadramento tramite al compilazione di test al relativo iter riabilitativo.

MARCO

CIRIACONO

Direttore UOC Handicap, Riabilitazione Territoriale ed Assistenza Protesica

Dipartimento di Riabilitazione ASP Catania

COMUNICATORI OCULARI PER MALATI DI SLA

In Sicilia sin dal 2008 è possibile avere assegnato un comunicatore a scansione oculare,

monoculare o binoculare, in tutte quelle condizioni assimilabili allo stato di locked-in (tetra

paresi grado 4 - linguaggio grado 2). Peculiarità della Regione Sicilia è stata la possibilità

di fornire questo ausilio tecnologico(SICCO) oltre che ai soggetti affetti da SLA anche a

tutti quegli utenti affetti da gravi patologie neurologiche degenerative assimilabili allo stato

di locked-in. Condizione necessaria per la concessione del presidio è la integrità delle

funzioni cognitive e psichiche. L’Assessorato della Salute Regione Sicilia ha stabilito che

gli utenti richiedenti il comunicatore inoltrino regolare istanza, corredata della

documentazione sanitaria prevista dalle Linee Guida, appositamente redatte dalla Clinica

Neurologiche delle Università di Palermo e Catania, ad una Commissione Regionale (D.A.

n.251/2008-un neurologo SSN- un ingegnere clinico -un funzionario dell’assessorato ed

un rappresentante dell’A.I.S.L.A regionale) che dopo averla esaminata attesterà il bisogno

e l’idoneità all’uso dell’apparecchiatura per la comunicazione alternativa. Il Progetto che ha

promosso la necessità ed opportunità di consentire una forma di comunicazione

alternativa mediante il controllo oculare è stato redatto dalla ASP di Catania nell’ambito di

una progettazione nazionale(PSN)che prevedeva, sino al 2012, un finanziamento dedicato

ad ogni Regione d’italia. Il Progetto, affidato alla ASP di Catania, ha optato per l’acquisto

delle apparecchiature(SICCO), invece del noleggio, e le ha affidate agli utenti in

“comodato d’uso”. Questa modalità di erogazione è stata scelta per i notevoli risparmi

economici che consentiva, in tal senso basti pensare che il canone di noleggio mensile

consente in circa un anno di acquistare l’apparecchiatura. Le apparecchiature acquistate

in somministrazione(solo quando servono) sono state garantite, contrattualmente, di

assistenza tecnica e d’uso full-risk, di consegna ed addestramento all’uso presso il

domicilio dell’utente, il ritiro quando inutilizzabile da parte dell’utente(morte o

aggravamento clinico), la sanificazione e il successivo riutilizzo per un nuovo utente

richiedente. Questa modalità operativa ha consentito in questi otto anni di vigenza del

Progetto la fruizione delle apparecchiature acquistate (n. 94) a 216 utenti di cui circa 30

(circa il 50% minori) affetti da cerebro lesioni congenite ed acquisite in stato di locked-in .

Le economie maturate dal 2008 al 2012 hanno consentito la prosecuzione del Progetto

sino ad oggi e può affermarsi che non vi sono mai state, in otto anni, istanze di

assegnazioni non evase per mancanza di apparecchiature. Negli ultimi anni è stata altresì

risolta anche la criticità emergente dalla complessità dell’iter prescrittivo che inizialmente

(Linee Guida) era molto complesso e laborioso rimodulato dalle nuove Linee Guida (D.A.

01/07/2015) (Valutazione ASL-FRS-R).

VINCENZO

FASSARI

Specialista neurologo

C.d.R. “Villa Sandra” - Catania

LA TERAPIA DELL’INSONNIA NELL’AMBULATORIO TERRITORIALE DI

NEUROLOGIA

Insomnia general definition: “a persistent difficulty with sleep initiation, duration,

consolidation, or quality that occurs despite adequate opportunity and

circumstances for sleep, and results in some form of daytime imparment”

(Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno - ICSD, Terza Edizione,

2014). L’ICSD codifica precisi criteri diagnostici di classificazione.

Lo Studio Morfeo, che, qualche anno fa, ha coinvolto MMG e Centri di Medicina

del Sonno in Italia, ha confermato la rilevante incidenza del disturbo sulla

popolazione generale e il suo impatto sulla salute, sulla sicurezza e sui costi

sociali.

Per un corretto approccio terapeutico, bisogna comprendere la natura dell’insonnia,

i fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti: attenta anamnesi del disturbo del

sonno e delle eventuali conseguenze diurne, l’indagine sulla presenza di patologie

associate, un monitoraggio delle abitudini del pz. (diario del sonno) sono

fondamentali, oltre alla conoscenza della fisiologia del sonno (i livelli di melatonina,

ad es., si riducono con l’età). Della terapia fanno parte: igiene del sonno,

preferenza di utilizzo di farmaci a breve emivita capaci di indurre e mantenere il

sonno, senza residui effetti al mattino, terapia cognitivo-comportamentale.

Numerosi recenti studi di letteratura dimostrano l’associazione dei disturbi del

sonno con la patogenesi di alcune malattie degenerative come l’Alzheimer.

MAURIZIO

ELIA

Direttore Neurologo

U.O.C. Neurologia e Neurofisiopatologia Clinica e Strumentale

IRCCS “Associazione Oasi Maria SS” Troina (EN)

EPILESSIA IERI E OGGI. NUOVI ORIZZONTI TERAPEUTICI

Nel 30% circa dei pazienti la risposta ai FAE non è soddisfacente.

Per farmacoresistenza, secondo la classificazione ILAE più recente, si intende il

fallimento di almeno due FAE ben tollerati, appropriatamente scelti e titolati,

nell’ottenere un congruo periodo di libertà da crisi. Se il trattamento farmacologico

non determina il controllo delle crisi, può essere considerata la possibilità di un

trattamento alternativo.

Negli ultimi anni la ricerca farmacologica ha messo a disposizione nuovi farmaci

antiepilettici; alcuni di essi sono l’evoluzione di farmaci preesistenti

(ad es., l’eslicarbazepina), altri sono composti innovativi identificati mediante lo

studio di target molecolari addizionali, quali le proteine delle vescicole sinaptiche

SV2A (ad es.,levetiracetam e brivaracetam), i canali al potassio voltaggio-

dipendenti (ad es., retigabina), i recettori del glutammato ionotropici (ad es.,

perampanel), i recettori dei cannabinoidi (ad es., cannabidiolo).

Nella presentazione saranno riportati i dati riferiti ai trial clinici condotti con i nuovi

farmaci antiepilettici appartenenti alle categorie sopra descritte che appaiono

promettenti per il trattamento delle epilessie farmacoresistenti.

ANTONINO

QUATTROCCHI

Infermiere professionale

P.T.A. Giarre – Asp 3 Catania

TERAPIA INIETTIVA ED INFUSIONALE DOMICILIARE ED AMBULATORIALE.

Nella relazione presente, si specifica a chi è rivolta la terapia iniettiva in genere,

domiciliare ed ambulatoriale.

Vengono illustrate quali sono le tipologie delle cure domiciliari ed ambulatoriali.

Si evidenziano i LEA e quando sono entrati in vigore.

Vengono illustrate le zone dove viene somministrata la terapia iniettiva endovenosa

ed sottocutanea.

Un accenno viene fatto pure sul microdiffusore per la terapia insulinica.

ANTONINA

RINALDI

Infermiera professionale

P.T.A. Giarre – Asp 3 Catania

PRECAUZIONI NELL’ALIMENTAZIONE ORALE DEL MALATO CON INIZIALE

DISFAGIA

Vengono esaminati nella nostra esposizione, i segni e i sintomi della disfagia.

Vengono presi in esame le metodiche per la diagnosi di Disfagia.

Vengono descritti i metodi per la pratica infermieristica per alimentare il paziente e

quindi evitare complicanze.

Vengono anche elencati i cibi e le caratteristiche biofisiche più adatte per i pazienti.

Infine vengono descritti le condizioni in cui porre il paziene. Vengono descritte le

strategie per una eventuale terapia orale.

ROBERTO

RUSSO

Infermiere e coordinatore infermieristico

AUSL 3 Acireale CT

L’INFERMIERE E L’IGIENE DELLA PIAGA DA DECUBITO

Vi sono sempre maggiori evidenze sulla relazione tra quantità e qualità delle cure

infermieristiche ed esiti clinici dei pazienti (cadute dal letto, uso di contenzioni, infezioni)

•Una buona assistenza infermieristica può ridurre complicanze ed errori

•La maggior parte di queste pratiche infermieristiche riguardano l’igiene e la

mobilizzazione

•L’igiene del paziente è una delle attività fondamentali dell’infermiere nel prendersi cura

del paziente

Ruolo infermieristico nell’assicurare alla persona il bisogno di igiene

Garantire gli interventi relativi alle cure igieniche è una funzione essenziale dell’assistenza

infermieristica;

Oggi si realizza anche attraverso atti di pianificazione degli interventi assistenziali

materialmente eseguirti da altri operatori, ma di cui l’infermiere mantiene sempre la

responsabilità

l'articolo 49 del Codice Deontologico dell'Infermiere che recita: “L'infermiere, nell'interesse

primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente

verificarsi nella struttura in cui opera.

Obiettivi della pianificazione assistenziale in riferimento al bisogno di igiene della persona

assistita:

miglioramento della qualità delle prestazioni erogate alla persona assistita;

ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse;

fornire una guida e dare indicazioni agli operatori dell’esecuzione diretta delle cure

assistenziali;

decidere gli interventi più efficaci di fronte ad un problema assistenziale riferito alle cure

igieniche.

Articolo 2 cod. deontologico

L'assistenza infermieristica è servizio alla persona, alla famiglia e alla collettività. Si

realizza attraverso interventi specifici, autonomi e complementari di natura intellettuale,

tecnico-scientifica, gestionale, relazionale ed educativa

Tutto ciò si traduce in un piano di interventi infermieristici direttamente focalizzato a

fortificare le difese del paziente attraverso l’uso delle evidenze scientifiche

•La cute di una persona normalmente è colonizzata da una flora batterica residente e

transitoria.

•Il livello di igiene personale, l’attività della persona, lo stato di salute/malattia, l’ambiente

frequentato modificano la flora cutanea

•I meccanismi di difesa della cute contro i microrganismi (integrità dello strato corneo, film

idrolipidico fisiologico, sistema di difesa immunologica) possono essere alterati esponendo

la persona all’aggressione di microrganismi saprofiti/patogeni prima di iniziare l’igiene del

paziente si deve tener conto di:

Valutare quotidianamente lo stato psicofisico

Evitare l’insorgenza di cattivi odori

Favorire la sensazione di benessere

Migliorare l’aspetto del malato

Mantenere la stima di sé

Facilitare la comunicazione

Favorire il ruolo del rilassamento

Valutare le condizioni della cute, del grado di mobilità e di autosufficienza

Impedire l’insorgenza di danni all’integrità cutanea

Impedire il rischio di infezioni

La valutazione giornaliera dello stato della cute e delle unghie (integrità, colorito,

temperatura) permette di pianificare le cure igieniche più adatte in quella determinata

situazione:

•i principi igienici generali devono tuttavia essere sempre garantiti nonostante le

condizioni critiche della persona

Tutte le parti del corpo devono essere pulite, ma le aree che richiedono una particolare

attenzione sono il viso, il cavo orale, le mani, le ascelle e il perineo

Igiene del paziente secondo prove di efficacia

Detergente per mantenere corretto pH soluzioni senza risciacquo lozioni

panni che non danneggino la cute processo che riduca la colonizzazione batterica

Salviette monouso (wipes) Clorexidina 2%

•Migliore esperienza del paziente

•Aumento della soddisfazione degli operatori

•Riduzione dei tempi dedicati all’igiene

•Costi lievemente superiori

•Riduzione della quantità del materiale impiegato

La ricerca bibliografica evidenzia che l’igiene del corpo è affrontata da diversi punti di

vista, di cui il maggiore è quello infettivo

La maggior parte della letteratura scientifica converge sull’utilizzo della Clorexidina 2% per

il bagno quotidiano al paziente

Le Unità coinvolte negli studi sono generalmente reparti ad alto rischio (ICU)

Studi multicentrici confermano quanto già dimostrato da studi monocentrici, circa la

riduzione del tasso di incidenza di infezioni, a seguito di questa pratica

L’aumento dell’efficacia dei bagni con soluzione di clorexidina è legata all’utilizzo di panni

imbevuti che non necessitano di risciacquo

Dopo la sua applicazione sulla cute permane una concentrazione efficace per un periodo

di almeno 24 ore

Significativi serbatoi comprendono l'ambiente della stanza del paziente (in particolare nelle

zone di maggior contatto vicine al paziente, come le sponde del letto e comodini) e

dispositivi medici (ad esempio, i bracciali della pressione sanguigna)

Il bagno con clorexidina gluconato al 2% è descritto come uno dei componenti del

protocollo di decolonizzazione nelle Unità di T.I.

CONCLUSIONI Lavare il corpo dei pazienti con panni imbevuti di clorexidina riduce in

maniera significativa il rischio di acquisire un organismo multiresistente

GIULIANO

BARBARINO

Medico Neurologo Ospedale Gravina e S. Pietro di Caltagirone

CHE COSA CONTROLLARE DEI PRESIDI ANTIDECUBITO PER UN CORRETTO

FUNZIONAMENTO

Le lesioni da decubito rappresentano una temibile complicanza in corso delle

patologie croniche che comportano immobilità. La prevenzione di tali complicanze

coinvolge diverse figure e diversi ambiti.

Per impedire lo sviluppo delle lesioni da decubito è necessario considerare

numerosi fattori sia di ordine medico, assistenziale e riabilitativo. L’utilizzo di presidi

è particolarmente indicato sia per quanto riguarda la prevenzione dello sviluppo di

nuove lesioni sia per accelerare la guarigione di quelle già presenti. Esistono in

commercio diversi tipi di presidi, per cui è fondamentale la valutazione del soggetto

per una corretta scelta di quello più adatto. Il corretto utilizzo con la manutenzione

adeguata sono di vitale importanza per ottenere una reale efficacia.