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CHE COS’E’ UNA RELAZIONE D’AIUTO? Si ha relazione d’aiuto quando vi e’ un “incontro” tra due persone, di cui una si trova in condizioni di sofferenza , confusione, conflitto e/o disabilita’ dinanzi ad un problema che deve gestire, l’altra e’ dotata di un grado “superiore” di adattamento, competenza e abilita’ rispetto lo stesso problema. Cannella B., Cavaglià P., Tartaglia F. (1994) L’infermiere e Il suo paziente. Il contributo del modello psicoanalitico alla comprensione della relazione d’aiuto, Il segnalibro Editore, Torino.

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CHE COS’E’ UNA RELAZIONE D’AIUTO?

• Si ha relazione d’aiuto quando vi e’ un “incontro” tra due persone, di cui una si trova in condizioni di sofferenza, confusione, conflitto e/o disabilita’ dinanzi ad un problema che deve gestire, l’altra e’ dotata di un grado “superiore” di adattamento, competenza e abilita’ rispetto lo stesso problema.

Cannella B., Cavaglià P., Tartaglia F. (1994) L’infermiere e Il suo paziente. Il contributo del modello psicoanalitico alla comprensione della relazione d’aiuto, Il segnalibro Editore, Torino.

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I REQUISITI PER LA RELAZIONE D’ AIUTO:

• Una minima volonta’ da parte di due persone di relazionarsi

• Una capacita’ e una minima volonta’ di entrambi di ricevere informazioni dall’altro

• Un rapporto che esiste da un certo periodo di tempo

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CLIMA PER UNA RELAZIONE D’AIUTO:

• Sospensione del giudizio• Rispetto• Assenza di manipolazione• Valore alla unicità e alle potenzialità personali• Riconoscimento dei nuclei creativi e positivi• Reciprocità• Curiosità dell’operatore• Autenticità dell’operatore• Centralità della relazione

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LE CAPACITÀ RELAZIONALI

Le capacità di gestire l’incontro con l’altro in tutto il suo divenire e di gestire la fatica (o la sofferenza) emotiva che lo accompagna. Specificatamente si tratta delle capacità di sentire, di essere presenti nella relazione, di saper entrare in contatto con l’utente, comprenderne le richieste, i bisogni, il punto di vista. Non si tratta tanto di capire razionalmente, quanto di sentire; questo è il senso dell’espressione “essere in contatto”: con l’interlocutore e con se stessi.

Capacità relazionale è dunque la capacità di gestire la complessità interpersonale.

Tratto da: Blandino G. (1996) Le capacità relazionali. Prospettive psicodinamiche, Utet, Torino.

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I COMPORTAMENTIDI CHI NON ASCOLTA

• non guarda mai negli occhi di chi parla• non mostra interesse• non può star fermo per più di cinque minuti• ha sempre troppo da fare• viene costantemente interrotto (visite, telefonate... anche se

questo, nei Servizi, può avvenire non per volere dell’Operatore)• fa troppe domande interrompendo chi parla• non smette mai di parlare• è troppo aggressivo• non è obiettivo• fraintende• intende ciò che gli conviene• non è abbastanza umile (pregiudizio)• sta troppo sulle difensive

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LE BARRIERE ALLA COMUNICAZIONE

• Non saper ascoltare;• Formular giudizi, dare direttive, fornire

soluzioni;• Biasimare, criticare, svalutare;• Cambiare argomento;• Banalizzar, dare risposte stereotipate;• Atteggiamento investigativo.

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Interazioni infermiere-paziente

• La relazione infermiere – paziente è condizionata non solo da fattori attuali ma anche da un insieme i fantasie consce e inconsce. L’incontro è in tal senso sia per l’infermiere sia per il paziente una situazione nuova; e la loro relazione sarà influenzata dall’atteggiamento che ciascuno di essi assumerà

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Aspettative dell’infermiere nella relazione d’aiuto

• Essere un buon genitore: la motivazione manifesta più ricorrente negli allievi infermieri è quella di essere utili; è presente un elemento per così dire altruistico collegato all’utilità sociale del lavoro.

• Essere un “missionario”: si tratta di un’aspettativa correlata alla precedente; l’infermiere missionario dovrà essere ancora più comprensivo, disponibile, tollerante, nessun vissuto negativo potrà essere accettato

• Essere al di sopra delle parti: le fantasie e le aspettative sono in questo caso intessute di elementi maniacali, fare l’infermiere permette di essere superiore agli altri, consente il dominio e il controllo dell’altro.

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Paure dell’infermiere nella relazione d’aiuto

• Sentirsi piccoli, incapaci e impotenti: si tratta di paure presenti in ogni operatore perché riguardano parti fragili di sé, ma che emergono in modo più evidente negli allievi infermieri professionali alle loro prime esperienze cliniche. Il sentirsi inutile, incapace o il non riuscire a intervenire con successo nei confronti del paziente fa sentire impotenti.

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Paure dell’infermiere nella relazione d’aiuto (II)

• Paura di far del male: questa paura ha un duplice risvolto, riferendosi sia al dolore fisico inerente a certe procedure diagnostiche o terapeutiche , sia al dolore mentale, collegato alla relazione interpersonale con il paziente. L’infermiere può essere cioè molto preoccupato che un suo intervento possa in realtà peggiorare lo stato emotivo del paziente.

In entrambe le paure è importante che l’infermiere abbia la possibilità di riflettere sulle proprie emozioni e riesca in qualche modo a considerare e ad elaborare anche i vissuti depressivi che nascono da timori e aspettative di questo tipo. (Cannella, Cavaglià e Tartaglia 2005)

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Aspettative del paziente nella relazione d’aiuto

• Liberarsi dal dolore:non bisogna dimenticare che alla base della relazione infermiere-paziente c’è un disagio o una malattia ormai conclamata, non è dunque strano che l’aspettativa magica che il paziente ha verso gli operatori sanitari sia che questi lo liberino dal dolore. E questa fantasia può andare a colludere con quella dell’infermiere di essere un buon genitore. Il paziente implicitamente chiede di essere preso in carico in modo globale (fisico e psichico).

È importante che l’infermiere sappia riconoscere la natura magica e onnipotente di queste aspettative per non andare incontro ad un crollo dell’idealizzazione con conseguenze negative per la relazione, semmai dovrà aiutare il paziente a capire queste fantasie con un ascolto attento e riflessivo.

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Aspettative del paziente nella relazione d’aiuto (II)

• Essere accettati ed amati:si tratta di un bisogno presente in ogni essere umano soprattutto in una situazione di disagio e difficoltà qual è quella indotta dalla malattia e ancora di più dall’ospedalizzazione.il paziente cercherà dunque nell’infermiere una persona capace di accettarlo come individuo (sia sul piano fisico che psichico), ma anche un interlocutore capace di comprendere i suoi bisogni e le sue paure.

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Aspettative del paziente nella relazione d’aiuto (III)

• Poter condividere: si tratta di una modalità più evoluta , in cui ciò che viene ricercato non è tanto un rapporto di dipendenza verso un buon genitore idealizzato, ma una relazione di solidarietà di tipo fraterno. Il paziente si aspetta di trovare qualcuno che lo accompagni nella sofferenza standogli vicino. È quindi la speranza di trovare una situazione di vicinanza e solidarietà che è ben descritta dalla parola condivisione.

Cannella, Cavaglià e Tartaglia 2005

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Paure del paziente nella relazione d’aiuto• Paura dell’errore e del dolore: è una paura facilmente

comprensibile, trovandosi spesso il paziente in una situazione di oggettiva sofferenza e dovendo subire pratiche diagnostiche invasive e dolorose.

• Essere criticati o puniti: spesso il paziente ha la fantasia di essersi ammalato per colpa sua , il vissuto di colpa sottostante produce quindi la sensazione che la malattia sia una sorta di punizione. L’aspettativa del paziente sarà quindi che l’operatore lo critichi.

• Essere abbandonati: il paziente ,che sta vivendo una situazione di fragilità, può temere che le persone di riferimento lo abbandonino e lo lascino solo con la sua sofferenza. Questa fantasia espone il paziente al timore di non essere più assistito.

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Interazioni costruttive

• Ascolto e osservazione;• Atteggiamento di rispetto e interesse; • Sospensione del giudizio critico e morale;• Sperimentare le emozioni del paziente;• Resistere alla tentazione dell’onnipotenza e della

grandiosità; • Fare appello alla propria umanità;• Se non sapete cosa dire non dite niente;• Non contate troppo sulle domande;• Concentrate l’attenzione sul paziente e riportate le sue

comunicazioni sul “qui e ora”;• Lasciarsi stupire dall’altro.

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BOWLBY• La più interessante rivoluzione scientifica nello

studio della motivazione nasce tra gli anni ’50 e ’60 da uno psicoanalista inglese, John Bowlby, il quale, insoddisfatto da alcuni aspetti della teoria psicoanalitica delle pulsioni, comincia a leggere le opere di Konrad Lorenz ed occuparsi di etologia.

• Bowlby si accorge soprattutto che in quel periodo laetologiastavafacendo progressi molto significativi nella concezione della vitaistintuale,legando le motivazioni (negli animali:istinti1)all’evoluzionismo darwiniano:· gli istinti sono meccanismi di elicitazione di comportamentiadattivi, che sono stati sviluppati e sono stati selezionati nel corso della evoluzione filogenetica delle specie· viene così superata la precedente visione energetica dell’istinto(l’istinto nasce da uno stato tensionale che deve scaricarsi)

• Bowlby comprende l’esigenza di trasferire che questo nuovo approccio anche allo studio dei sistemi motivazionali umani, in particolare allo studio delle motivazioni che regolano il rapporto madre-figlio.

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• Un altro dei riferimenti di partenza del pensiero di Bowlby è:Esperimento di Harlow

• Questo esperimento ha dimostrato che esiste una predisposizione innata ad avvicinarsi ad una figura simile a quella materna, indipendentemente dalla sua capacità di fornire nutrimento

• Questo esperimento confuta l’assuntopsicoanalitico che sia l’allattamento

l’elemento centrale del rapporto bambino-madre

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La teoria dell’attaccamento

Sulla base dei lavori di Harlow e Spitz, J. Bowlby formulò la sua Teoria dell’Attaccamento.

La teoria dell’attaccamento ipotizza l’esistenza di una predisposizione innata tendente a ricercare protezione e cura

In ogni circostanza in cui l’uomo si sente fragile malato, stanco o in pericolo, attraverso la vicinanza a un figure di attaccamento.

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TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

“esiste una predisposizione innata a cercare la vicinanza di unafigura protettrice quando ci si sente in pericolo o in difficoltà”Si tratta della prima motivazione sociale attiva nel bambino:Nei primi mesi di vita, fino allo sviluppo delle capacità di comunicazioneverbale, l’unica possibilità sociale del bambino è l’attaccamento.Le dinamiche dell’attaccamento sono quindi strettamente correlate sul piano temporale a:· sviluppo delle funzioni cognitive;

· sviluppo del modello operativo interno (SE’-CON-GLI-ALTRI).Da ciò si può intuire quale importanza debbano avere le prime esperienzadi attaccamento nella costruzione dell’individuo: la teoria dell’attaccamento di John Bowlby è infatti oggigiorno uno dei cardini teoricidi

quasi tutti gli approccipsicoterapeuticipiù moderni ed interessanti.

Dal punto di vista psicologico, che cos’è l’attaccamento?un sistema motivazionale

(Bowlby)

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SISTEMA MOTIVAZIONALE(sostituisce i concetti di istinto e pulsione, che derivano da una visione

energetica)

• Sistemi di regole che guidano i comportamenti

• Tanto meno evoluto è l’animale, tanto più i comportamenti sono standardizzati

• Tanto più l’animale è evoluto, tanto più i suoi comportamenti sono condizionati dall’ambiente e dall’esperienza

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MOTIVAZIONI

• PRIMARIE: • connesse direttamente ai bisogni biologici fondamentali• geneticamente determinate

• SECONDARIE• prodotti di processi di apprendimento e di influenzamento

culturale• nascono legate ad una motivazione primaria, ma possono

diventare funzionalmente autonome

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Teoria dell’evoluzione del cervelloMcLEAN (1984)

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Teoria del “cervello trino” (McLean)

• 1. Cervello rettiliano• (“complesso R”: tronco encefalico fino ai nuclei della base)• livello omeostatico non-sociale• (territorialità, predazione e fuga, raccolta e consumo di cibo,• regolazione omeostatica, riproduzione, pattern di sonno e veglia)• 2.Sistema limbico• livello sociale• (formazione dei gruppi e dei legami, sistemi motivazionali sociali)• comparsa delle emozioni• 3.Neocorteccia• livello cognitivo superiore• (esplorazione interna, immaginazione ed astrazione, ricerca di• significato, formazione di strutture compatte e coerenti di significato)• Lo schema di McLean suggerisce che ciascun livello di evoluzione cerebrale dispone• di una propria serie di sistemi motivazionali specifici.

I sistemi motivazionali propri dei livelli superiori (limbici e neocorticali) affiancano quelli dei livelli inferiori (rettiliani e limbici), però senza annullarli o sostituirli. Nell’essere umano devono quindi essere presenti motivazioni originanti da ciascuno dei 3 livelli dello schema di McLean.

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CONCLUSIONE:

• Esiste un fondamento genetico (determinato filogeneticamente) di molte delle nostre capacità, predisposizioni ed attitudini.

• L’attaccamento e gli altri sistemi motivazionali sociali sono tra queste predisposizioni.

• Nota Bene:• Tutti i sistemi motivazionali primari sono presenti alla nascita, ma la loro

manifestazione in modo compiuto può avvenire in fasi diverse della vita.• Esempi:• ·l’attaccamento è dominante in infanzia, meno nel corso dell’età adulta e può

riemergere in modo molto intenso nella terza età• ·la motivazione sessuale diventa rilevante solo con l’adolescenza e poi riduce

progressivamente la propria intensità nel corso dell’età adulta• Da qui in avanti ci occuperemo in particolare delle motivazioni che regolano le relazioni

sociali e le relazioni interpersonali:• Sistemi Motivazionali Interpersonali (S.M.I.)• “L’uomo ha una vita di relazione fondata su alcune forme basilari, a cui è predisposto per via innata; queste forme di relazione appaiono come condotte

soggette a regole; ogni sistema di regolazione di una data forma di relazione corrisponde ad un valore evoluzionistico di sopravvivenza e di successo riproduttivo per tutti i contraenti della relazione. Ogni forma di relazione, dunque, può essere considerata come un insieme o sistema di regole di condotta sociale, che è comodo chiamare, per brevità, «sistema comportamentale» o «sistema motivazionale» interpersonale”. (Liotti, 1994)

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Le emozioni

• Entro questo asseto motivazionale , le emozioni possono essere considerate come gli indicatori successivamente avvertibili dell’attivazione di ciascun sistema motivazionale.

• (es paura, sistema attaccamento o agonistico)

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Motivazioni innate ad entrare in relazione con gli altri:sono regole o insiemi di regole innate che hanno il significato di disposizioni a percepire e ad agire verso conspecifici in vista di un obiettivo.

- Attaccamento

- Accudimento

- Sessualità

- Agonismo (resa/dominanza)

- Cooperazione paritetica

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Attaccamento

• Quando ti trovi in difficoltà, per stanchezza, paura, dolore, ecc., mantieniti vicino o ripristina la vicinanza con un membro conosciuto del tuo gruppo sociale che ti appaia più forte o più saggio

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Accudimento

• Se un membro conosciuto del tuo gruppo ti chiede aiuto, tacitamente o esplicitamente, daglielo: e daglielo con particolare sollecitudine se è un tuo discendente genetico.

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Agonismo

• Se ti trovi a competere con un membro del tuo gruppo per un bene o una risorsa, mostragli la tua forza; se rischi di essere danneggiato perché più forte di te, comunicagli che riconosci la sua superiorità attraverso segnali di sottomissione, se è l’altro a segnalarti sottomissione, interrompi l’attacco e consentigli di restarti vicino.

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Cooperazione paritetica

• Se un membro del tuo gruppo è come te interessato a raggiungere un dato obiettivo più facile da raggiungere attraverso un sforzo congiunto , consideralo come un pari.

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Sessualità

• Cerca un membro del tuo gruppo dell’altro sesso che si dichiari disponibile all’accoppiamento, in vista di nuovi incontri sessuali e all’accudimento congiunto della prole.

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• Ciascuno pensi a come utilizza questi SMI nella relazione.

• Quale generalmente si attiva per primo?• Elencare i 5 SMI in ordine gerarchico, da

quello maggiormente attivato a quello attivato in misura minore.

Esercitazione

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1. S.M. DELL’ATTACCAMENTO

• “Quando ti trovi in difficoltà (per stanchezza, paura, dolore, vulnerabilità, ecc.) avvicinati ad un membro conosciuto del tuo gruppo sociale che ti appaia più forte o più saggio di te”

• Meta: vicinanza protettiva, ricerca di cura ed aiuto• Valore biologico: le popolazioni in cui gli individui rimangono vicini e sanno

chiedere aiuto (per la difesa ed il sostentamento) hanno migliori probabilità di sopravvivenza

• Attivato da: 1. fatica, dolore fisico o emozionale di qualsiasi origine; 2. Solitudine; 3. percezione di essere vulnerabile a pericoli ambientali; 4. percezione di non poter soddisfare da soli i bisogni necessari alla

sopravvivenza.• Disattivato da: 1. conseguimento della vicinanza protettiva ad una persona (META); 2. protratta impossibilità di conseguire la meta (diventa distacco emozionale,

forma patogena).• Seguito dall’attivazione di altri sistemi motivazionali: · esplorazione (nel bambino); · gioco; · collaborazione;

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2. S.M. DELL’ACCUDIMENTO

• (reciproco dell’attaccamento) “Se un membro conosciuto del tuo gruppoti chiede aiuto daglielo, e daglielo con

particolare sollecitudine se è un tuo discendente genetico”• Meta: vicinanza protettiva, offerta di cura ed aiuto ad un conspecifico• Valore biologico: favorire le possibilità di difesa e sostentamento degli altri

individui della propria popolazione (come nell’attaccamento, i due sistemi potrebbero anche essere visti come due sub-routines di un unico S.M.)

• Attivato da: 1. segnali di richiesta di conforto e protezione provenienti da un conspecifico

(ad es. separation cry dei neonati), a sua volta motivato dal sistema di attaccamento;

2. percezione della fragilità o della condizione di difficoltà del conspecifico. Tanto maggiore la fragilità, tanto più forte la motivazione all’accudimento;

3. (solo in presenza di specifiche disfunzioni del sistema di attaccamento) stessi segnali che normalmente attiverebbero il sistema dell’attaccamento [attaccamento invertito].

• Disattivato da:• segnali di sollievo e sicurezza provenienti dal conspecifico(META).

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3. S.M. AGONISTICO-RITUALE

• “Se ti trovi a competere con un membro del tuo gruppo per un bene o una risorsa qualsiasi, mostragli la tua forza; se nella contesa rischi di essere danneggiato perché l’avversario si rivela più forte di te,

comunicagli che riconosci la sua superiorità attraverso un segnale di sottomissione; se invece è l’altro a darti segnali di sottomissione, smetti di attaccarlo, e consentigli di restarti vicino”

• Meta: definizione e mantenimento dei ranghi di potere e di dominanza/sottomissione. Il dominante è colui che può accedere prima alle risorse (e non prendersele tutte!)

• Valore biologico: in un gruppo con ranghi sociali definiti e mantenuti nel tempo i litigi e le lotte sono meno frequenti; l’efficienza generale del gruppo è superiore (es: esercito)

• Attivato da: 1. percezione che una risorsa è limitata; 2. segnali di sfida (o confronto) provenienti da un conspecifico; 3. giudizio, ridicolizzazione4, colpevolizzazione, segnali di rango.• Disattivato da: 1. segnali di resa e sottomissione (META) da parte di un contendente; 2. attivazione di altro sistema motivazionale (ad es. trasformazione

dell’agonismo in sessualità, o in cooperazione).

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MANTENIMENTO DEI RANGHI

• una volta stabilita la gerarchia all’interno del gruppo, questa rimane presente ed attiva nel tempo (vantaggio bio logico: eliminare la necessità di continue lotte che potrebbero sfiancare gli individui) finché non viene nuovamente posta in questione. avviene per mezzo di una ritualità fatta di segni e comportamenti sociali, diversa a seconda del ruolo assunto

Subroutine di dominazione• Il dominante tende a ricordare frequentemente ai subordinati la propria posizione.• 2 modalità possibili: 1. ripetizione di segnali di minaccia e dominanza (sopratt. in specie inferiori) = dominanza tirannica;• 2. comportamenti di accudimento (sopratt. in animali super., dai primati antropomorfi) = leadership pro-

sociale.

Subroutine di resa o sottomissione• Segnali di resa, debolezza, inferiorità, disponibilità• Es: cani che si rovesciano sulla schiena per offrire le parti delicate

all’aggressore.• Es: gorilla che rivoltano la schiena all’aggressore come per invitarlo ad un

rapporto sessuale.• Ecco perché ricevere accudimento non richiesto genera

aggressività, viene interpretato dal ricevente come un gesto aggressivo di dominazione•

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4. S.M. SESSUALE

• “Cerca un partner dell’altro sesso che si dichiari disponibile per• l’accoppiamento, accertatevi reciprocamente di tale disponibilità attraverso i

segnali di corteggiamento, consuma il coito e mantieni poi la vicinanza reciproca, sia in vista di nuovi incontri sessuali che in vista dell’accudimento congiunto della prole”

• Meta: formazione e mantenimento della coppia sessuale• Valore biologico: in alcune specie (tra cui quella umana) una coppia genitoriale stabile

favorisce il sostentamento e consente un miglior sviluppo psicofisico della prole• Attivato da:• 1. livelli periodicamente variabili di ormoni sessuali (segnali fisiologici interni, importanti

più negli animali che nell’uomo);• 2. segnali comportamentali (seduttivi) o chimici (ad es. feromoni)• provenienti da un conspecifico (solitamente del sesso opposto, ma non

necessariamente);• 3. stimolazioni artificiali (immagini, etc.);• 4. in funzione vicariante, da situazioni che attiverebbero• normalmente altri S.M.I. (specialm. attaccamento e agonismo)• Disattivato da:• 1. raggiungimento del piacere (META);• 2. attivazione di altri S.M. in forme incompatibili con la sessualità;

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5. S.M. PARITETICO-COOPERATIVO• “Se un membro del tuo gruppo sociale è interessato come te al• conseguimento di un dato obiettivo, più facile da raggiungere con uno sforzo congiunto,

consideralo un tuo pari”• Meta: conseguimento di un obiettivo comune• Valore biologico: in diverse occasioni la collaborazione tra conspecifici permette una

efficienza superiore rispetto all’impegno scoordinato dei singoli• Attivato da:• 1. percezione di un obiettivo comune (risorsa non percepita come limitata ed

accessibile ad uno solo degli individui interagenti)• che per essere raggiunto richiede lo sforzo congiunto di più individui;• 2. percezione della valenza degli altri individui interagenti al fine del raggiungimento

dell’obiettivo;• 3. segnali di non-minaccia agonistica (ad es.: sorriso5).• Disattivato da:• 1. euforia o rilassamento per il conseguimento dell’obiettivo• (META);• 2. tradimento;• 3. attivazione del S.M. agonistico o del S.M. dell’attaccamento/accudimento.• 5 il sorriso evolve in modo compiuto solo nell’uomo, come una modificazione della• risata, che ha invece il valore (agonistico) di ridicolizzazione. Il sorriso significa:• “potrei mostrarti i denti in segno di sfida, ma non lo faccio”. Il sorriso può essere

ovviamente anche falso, essere cioè una forma di tradimento (agonistico) nel quale ti faccio credere che sto collaborando ed invece voglio prevalere