2004-01-21 Lenin

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casi di cecità mi dispero. E’ mol- to triste». Cosa risponde a chi dice: non si può paragonare il nazismo al comunismo? «E’ vero: non si può. Innanzi tutto perché, come ho notato, sulla carta il comunismo predicava nobili senti- menti. Purtroppo, ha fatto più vittime del na- zismo: se contiamo so- lo quelle ammazzate da Stalin si arriva a trenta o quaranta mi- lioni, per di più quasi tutti russi e in maggio- ranza comunisti. D’al- tra parte, il comunismo ha avuto una vita molto più lunga del nazismo: non sappiamo quali massacri avrebbe com- messo Hitler, se avesse vinto la seconda guerra mondiale». Le pare che l’Occi- dente abbia fatto i con- ti con il comunismo, così come li ha fatti con il nazismo? «Assolutamente no. Se la Russia avesse pro- cessato il comunismo come la Germania ha processato il nazismo, forse oggi sarebbe già un paese normale. Ma anche fuori dalla Russia è mancato un autentico processo al comuni- smo». Nel libro se la prende con il silenzio di tanti intellettuali di sinistra. «Non è solo un’esi- genza morale di verità, la mia. E’ che spetta proprio alla sinistra processare il comuni- smo. Per la destra è troppo facile, e comun- que non basterebbe. Il comunismo apparirà per ciò che è veramente stato so- lo dopo che la sinistra lo avrà de- finitivamente condannato e se- polto. Prima non può accadere». Ma la sinistra europea lo ha con- dannato, ha preso le distanze, non si dice più comunista da un pezzo. «Credo che debba fare di più. Cre- do che debba denunciarlo con lo stesso orrore con cui ha denunciato nazismo e fascismo. E allora, liberata da quel fardello, la sinistra potrà mo- strare in pieno la sua vera identità». E quale sarebbe? In Gran Breta- gna, i critici di Blair dicono che, per vincere, il leader laburista scim- miotta la destra. «Non sono d’accordo, anche se so- no critico su tanti aspetti della politi- ca di Blair. Ma il Labour, la socialde- mocrazia, la sinistra europea, hanno un’identità ben precisa: quella di un progresso graduale per tutti, di una difesa ragionata dei più deboli, di una solidarietà umana portata avan- ti con mezzi di pace e non di guerra, di pari opportunità e pari regole per tutti, poiché è questa la vera ugua- glianza. Essere di sinistra, oggi, ha ancora un significato molto preciso. Ma con il comunismo e con Lenin non c’entra proprio niente». LA REPUBBLICA 43 MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2004 D IA R IO di PROPRIO in Russia, nel 1917, è nato il primo stato totalitario; e il suo ostetrico si chiama Lenin. Compare qui una delle tesi costanti dello scrittore Vassilij Grossman: non si può isolare Ezov o Berija, i capi della polizia politica, da Stalin, capo di stato; né separare Stalin da Lenin. È quest’ultimo che fissa i grandi tratti del nuovo regime. La prima caratteristica della sua azio- ne è di essere interamente sottomessa a uno scopo, quella di prevalere a ogni costo. È un machiavellismo spinto all’estremo, in cui il fine giustifica tutti i mezzi, e in cui non esiste nessun assoluto. «Lenin nella di- scussione non cercava la verità, cercava la vittoria», scrisse Grossman. Lenin assomigliava a un chirurgo che crede solo al suo bisturi, per arrivare al suo scopo non esita a tagliare nel vivo dei tessuti. Poiché la guerra è la ve- rità della vita, non c’è alcuna ragione di astener- si dal praticarla; e la guerra contro il nemico in- terno si chiama terrore. TZVETAN TODOROV il tempo, la malattia ha interrot- to piuttosto presto il suo regno. Ciononostante, fu lui a distrug- gere la società civile, a far truci- dare barbaramente lo zar e tutta la sua famiglia, a creare uno stato di polizia, a usare la carestia co- me un’arma di repressione e ri- catto». Eppure c’è chi salva il 1917, la rivoluzione d’Ottobre, come una grande ribellione popolare contro il totalitarismo della Russia zarista. «Non mi vengono i lucciconi a sentire la parola rivoluzione. Ci sono due tipi di persone: coloro secondo cui le rivoluzioni porta- no giustizia sulla terra, e coloro secondo cui instillano amore per la violenza. Io appartengo a questa seconda categoria. E’ bello, in teoria, pensare che la ri- voluzione abbatta la tirannide. Ma il sangue e la violenza gene- rano quasi sempre altro sangue, altra violenza. Se poi parliamo in particolare della rivoluzione del 1917, bisogna ricordare che la Russia dell’inizio del secolo non era più un rigido sistema totali- tario, si stava democratizzando, stavano esplodendo il progres- so, le riforme so- ciali, le libertà ci- vili, oltre a un’in- credibile ondata di creatività arti- stica, senza ugua- li nel resto del mondo. L’Otto- bre rosso è calato su tutto questo come una saracinesca». Lenin non portò nulla di buo- no? «Si limitò a distruggere. L’in- nesto del comunismo nella Rus- sia del 1917 è stata una tragedia di cui quel paese porta ancora le conseguenze. Ci vorranno anni, decenni, perché la Russia se ne li- beri». Nel libro descrive Stalin come un despota allucinato, paranoi- co, pazzoide. E Lenin? «Lenin non era pazzo, sebbene lo scrittore russo Ivan Bunin lo abbia definito un ‘imbecille con- genito’. Era intelligente, ma di un’intelligenza pedante, psicoti- ca, nichilista, che fa venire i brivi- di. Non aveva alcun senso mora- le. Per Lenin, il fine giustifica i mezzi, in qualunque circostan- za. C’è qualcosa di folle in un ci- nismo così assoluto». Anche il comunismo era amo- rale, cinico? «Il problema del comunismo è che, al contrario del nazismo, in teoria sembrava una buona cosa. Conteneva l’idea salvifica che la società può essere migliorata. Che può essere creato un Uomo Nuovo. E tutto questo, sulla car- ta, sembra decisamente meglio dell’idea di ogni uomo per sé. Ma poi in Russia si è visto che cosa ha prodotto questa bella idea: la di- struzione dell’uomo, della fami- glia, della società». Perché il comunismo ha resi- stito tenacemente anche fuori dalla Russia sovietica, nell’Occi- dente libero e democratico? «Per molte ragioni. Perché ha riempito il vuoto lasciato dalla religione in chi non credeva. Per- ché le classi istruite hanno un im- pulso istintivo ad adottare le idee più radicali. Perché la classe me- dia ha trovato nel comunismo un’evasione dal senso di colpa per il suo benessere. E perché le masse sono state tenute per de- cenni all’oscuro di che cos’era veramente la Russia comunista». Come reagisce di fronte a chi continua a dirsi comunista, quindici anni dopo la caduta del muro di Berlino, oltre dieci anni dopo la fine del- l’Urss? «Le utopie sono resistenti, è molto duro rinunciarvi. Quando il mio amico Eric Hob- swam si dice co- munista io mi dico che Eric non è solo il più grande storico vivente, è un anche un uomo eccezionale, un’eccezione, non bisogna te- nerne conto. Ma davanti ad altri «O ttant’anni dopo la sua morte , Vladimir Le- nin non è stato anco- ra denunciato abbastanza. Biso- gnerebbe condannare lenini- smo e comunismo con la stessa forza con cui abbiamo condan- nato nazismo e fascismo. E sol- tanto la sinistra può farlo». Mar- tin Amis è uno scrittore inglese, uno dei grandi romanzieri della sua generazione: non uno stori- co, né un sovietologo. Ma è uno scrittore che con la sinistra e il co- munismo ha avuto una stretta parentela: suo padre, Kingsley Amis, fu uno dei più ac- cesi sostenitori della Russia sovietica in Gran Bretagna, prima di abiurarla; lo storico Ro- bert Conquest, che sol- levò il velo sulle atrocità dello stalinismo, era un amico di famiglia; lui stesso, Martin Amis, è considerato uno dei pa- dri spirituali del New Labour di Tony Blair. Non è dunque del tutto sorprendente che l’au- tore di romanzi come L’informazione e Mo- ney abbia momenta- neamente abbandona- to la narrativa per un pamphlet su Josif Sta- lin: Koba il Terribile, il soprannome del ditta- tore del Cremlino, usci- to anche in Italia da Ei- naudi. Un libro pervaso dall’orrore: per Stalin, per Lenin, per i milioni di morti del comuni- smo, per un’ideologia «spaventosa», come di- ce Amis. Fino a che punto spaventosa? «Nella prima pagina del libro cito una frase da un vecchio libro di Conquest sulla colletti- vizzazione forzata, in cui scrive che venti vite umane furono per- dute non per ogni parola ma per ogni lettera del suo libro. Quella frase, di tre righe, equivaleva a 3040 morti. Il libro di Conquest era lungo 411 pagine. E’ come se dentro ci fossero seppellite deci- ne di milioni di persone. Un pic- colo esempio dell’orrore agghia- ciante che dovrebbe provare chi getta lo sguardo nel baratro del comunismo sovietico». Lei parte da Stalin. Lo ritiene un’aberrazione di Lenin, una deviazione dal leninismo, o la sua naturale evoluzione? «Per me, e per gran parte della storiografia odierna su cui mi so- no documentato per questo li- bro, non possono esserci dubbi: Josif Vissarionovic era la logica continuazione di Vladimir Ilic. Ha ragione Solgenitsyn: se uno guarda bene, nella figura di Le- nin intravede già lo stalinismo, con tutto quello che ha significa- to. La differenza è che Lenin non massacrò decine di milioni di bolscevichi, di suoi compatrioti, come ha fatto Stalin: ma può an- che darsi che non ne abbia avuto ENRICO FRANCESCHINI Intervista a Martin Amis Alla base degli orrori che il comunismo ha prodotto ci sono le teorie e le azioni del fondatore dello Stato sovietico Solo se processerà quei crimini con la stessa forza usata per fascismo e nazismo la sinistra potrà trovare la sua vera identità Senza Lenin non si capirebbe lo stalinismo. Fu lui a distruggere la società civile e a far uccidere barbaramente lo zar e la famiglia PROPAGANDA Lenin effigiato in un tipico manifesto di propaganda sovietica OTTANT’ANNI FA MORIVA IL LEADER COMUNISTA Il peccato originale LENIN Londra L ENIN L ENIN

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Page 1: 2004-01-21 Lenin

casi di cecità mi dispero. E’ mol-to triste».

Cosa risponde a chi dice: nonsi può paragonare il nazismo alcomunismo?

«E’ vero: non si può.Innanzi tutto perché,come ho notato, sullacarta il comunismopredicava nobili senti-menti. Purtroppo, hafatto più vittime del na-zismo: se contiamo so-lo quelle ammazzateda Stalin si arriva atrenta o quaranta mi-lioni, per di più quasitutti russi e in maggio-ranza comunisti. D’al-tra parte, il comunismoha avuto una vita moltopiù lunga del nazismo:non sappiamo qualimassacri avrebbe com-messo Hitler, se avessevinto la seconda guerramondiale».

Le pare che l’Occi-dente abbia fatto i con-ti con il comunismo,così come li ha fatti conil nazismo?

«Assolutamente no.Se la Russia avesse pro-cessato il comunismocome la Germania haprocessato il nazismo,forse oggi sarebbe giàun paese normale. Maanche fuori dalla Russiaè mancato un autenticoprocesso al comuni-smo».

Nel libro se la prendecon il silenzio di tantiintellettuali di sinistra.

«Non è solo un’esi-genza morale di verità,la mia. E’ che spettaproprio alla sinistraprocessare il comuni-smo. Per la destra ètroppo facile, e comun-que non basterebbe. Ilcomunismo apparirà

per ciò che è veramente stato so-lo dopo che la sinistra lo avrà de-finitivamente condannato e se-polto. Prima non può accadere».

Ma la sinistra europea lo ha con-dannato, ha preso le distanze, non sidice più comunista da un pezzo.

«Credo che debba fare di più. Cre-do che debba denunciarlo con lostesso orrore con cui ha denunciatonazismo e fascismo. E allora, liberatada quel fardello, la sinistra potrà mo-strare in pieno la sua vera identità».

E quale sarebbe? In Gran Breta-gna, i critici di Blair dicono che, pervincere, il leader laburista scim-miotta la destra.

«Non sono d’accordo, anche se so-no critico su tanti aspetti della politi-ca di Blair. Ma il Labour, la socialde-mocrazia, la sinistra europea, hannoun’identità ben precisa: quella di unprogresso graduale per tutti, di unadifesa ragionata dei più deboli, diuna solidarietà umana portata avan-ti con mezzi di pace e non di guerra,di pari opportunità e pari regole pertutti, poiché è questa la vera ugua-glianza. Essere di sinistra, oggi, haancora un significato molto preciso.Ma con il comunismo e con Leninnon c’entra proprio niente».

LA REPUBBLICA 43MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2004

DIARIOdi

PROPRIO in Russia, nel 1917, ènato il primo stato totalitario; e il

suo ostetrico si chiama Lenin. Compare qui unadelle tesi costanti dello scrittore Vassilij Grossman:non si può isolare Ezov o Berija, i capi della poliziapolitica, da Stalin, capo di stato; né separare Stalinda Lenin. È quest’ultimo che fissa i grandi tratti delnuovo regime. La prima caratteristica della sua azio-ne è di essere interamente sottomessa a uno scopo,quella di prevalere a ogni costo. È un machiavellismospinto all’estremo, in cui il fine giustifica tutti i mezzi,e in cui non esiste nessun assoluto. «Lenin nella di-scussione non cercava la verità, cercava la vittoria»,scrisse Grossman.

Lenin assomigliava a un chirurgo che crede soloal suo bisturi, per arrivare al suo scopo non esita atagliare nel vivo dei tessuti. Poiché la guerra è la ve-rità della vita, non c’è alcuna ragione di astener-si dal praticarla; e la guerra contro il nemico in-terno si chiama terrore.

TZVETAN TODOROV

il tempo, la malattia ha interrot-to piuttosto presto il suo regno.Ciononostante, fu lui a distrug-gere la società civile, a far truci-dare barbaramente lo zar e tuttala sua famiglia, a creare uno statodi polizia, a usare la carestia co-me un’arma di repressione e ri-catto».

Eppure c’è chi salva il 1917, larivoluzione d’Ottobre, comeuna grande ribellione popolarecontro il totalitarismo dellaRussia zarista.

«Non mi vengono i lucciconi asentire la parola rivoluzione. Cisono due tipi di persone: colorosecondo cui le rivoluzioni porta-no giustizia sulla terra, e colorosecondo cui instillano amoreper la violenza. Io appartengo aquesta seconda categoria. E’bello, in teoria, pensare che la ri-voluzione abbatta la tirannide.Ma il sangue e la violenza gene-rano quasi sempre altro sangue,altra violenza. Se poi parliamo inparticolare della rivoluzione del1917, bisogna ricordare che laRussia dell’inizio del secolo nonera più un rigido sistema totali-tario, si stava democratizzando,stavano esplodendo il progres-

so, le riforme so-ciali, le libertà ci-vili, oltre a un’in-credibile ondatadi creatività arti-stica, senza ugua-li nel resto delmondo. L’Otto-bre rosso è calatosu tutto questo

come una saracinesca».Lenin non portò nulla di buo-

no?«Si limitò a distruggere. L’in-

nesto del comunismo nella Rus-sia del 1917 è stata una tragedia dicui quel paese porta ancora leconseguenze. Ci vorranno anni,decenni, perché la Russia se ne li-beri».

Nel libro descrive Stalin comeun despota allucinato, paranoi-co, pazzoide. E Lenin?

«Lenin non era pazzo, sebbenelo scrittore russo Ivan Bunin lo

abbia definito un ‘imbecille con-genito’. Era intelligente, ma diun’intelligenza pedante, psicoti-ca, nichilista, che fa venire i brivi-di. Non aveva alcun senso mora-le. Per Lenin, il fine giustifica imezzi, in qualunque circostan-za. C’è qualcosa di folle in un ci-nismo così assoluto».

Anche il comunismo era amo-rale, cinico?

«Il problema del comunismo èche, al contrario del nazismo, inteoria sembrava una buona cosa.Conteneva l’idea salvifica che lasocietà può essere migliorata.Che può essere creato un UomoNuovo. E tutto questo, sulla car-ta, sembra decisamente megliodell’idea di ogni uomo per sé. Mapoi in Russia si è visto che cosa haprodotto questa bella idea: la di-struzione dell’uomo, della fami-glia, della società».

Perché il comunismo ha resi-stito tenacemente anche fuoridalla Russia sovietica, nell’Occi-dente libero e democratico?

«Per molte ragioni. Perché hariempito il vuoto lasciato dallareligione in chi non credeva. Per-ché le classi istruite hanno un im-pulso istintivo ad adottare le ideepiù radicali. Perché la classe me-dia ha trovato nel comunismoun’evasione dal senso di colpaper il suo benessere. E perché lemasse sono state tenute per de-cenni all’oscuro di che cos’eraveramente la Russia comunista».

Come reagisce di fronte a chicontinua a dirsi comunista,quindici anni dopo la caduta delmuro di Berlino, oltre dieci annidopo la fine del-l’Urss?

«Le utopie sonoresistenti, è moltoduro rinunciarvi.Quando il mioamico Eric Hob-swam si dice co-munista io mi dicoche Eric non è soloil più grande storico vivente, è unanche un uomo eccezionale,un’eccezione, non bisogna te-nerne conto. Ma davanti ad altri

«Ottant’anni dopo la suamorte , Vladimir Le-nin non è stato anco-

ra denunciato abbastanza. Biso-gnerebbe condannare lenini-smo e comunismo con la stessaforza con cui abbiamo condan-nato nazismo e fascismo. E sol-tanto la sinistra può farlo». Mar-tin Amis è uno scrittore inglese,uno dei grandi romanzieri dellasua generazione: non uno stori-co, né un sovietologo. Ma è unoscrittore che con la sinistra e il co-munismo ha avuto una strettaparentela: suo padre, KingsleyAmis, fu uno dei più ac-cesi sostenitori dellaRussia sovietica in GranBretagna, prima diabiurarla; lo storico Ro-bert Conquest, che sol-levò il velo sulle atrocitàdello stalinismo, era unamico di famiglia; luistesso, Martin Amis, èconsiderato uno dei pa-dri spirituali del NewLabour di Tony Blair.Non è dunque del tuttosorprendente che l’au-tore di romanzi comeL’informazione e Mo-ney abbia momenta-neamente abbandona-to la narrativa per unpamphlet su Josif Sta-lin: Koba il Terribile, ilsoprannome del ditta-tore del Cremlino, usci-to anche in Italia da Ei-naudi. Un libro pervasodall’orrore: per Stalin,per Lenin, per i milionidi morti del comuni-smo, per un’ideologia«spaventosa», come di-ce Amis.

Fino a che puntospaventosa?

«Nella prima paginadel libro cito una fraseda un vecchio libro diConquest sulla colletti-vizzazione forzata, in cui scriveche venti vite umane furono per-dute non per ogni parola ma perogni lettera del suo libro. Quellafrase, di tre righe, equivaleva a3040 morti. Il libro di Conquestera lungo 411 pagine. E’ come sedentro ci fossero seppellite deci-ne di milioni di persone. Un pic-colo esempio dell’orrore agghia-ciante che dovrebbe provare chigetta lo sguardo nel baratro delcomunismo sovietico».

Lei parte da Stalin. Lo ritieneun’aberrazione di Lenin, unadeviazione dal leninismo, o lasua naturale evoluzione?

«Per me, e per gran parte dellastoriografia odierna su cui mi so-no documentato per questo li-bro, non possono esserci dubbi:Josif Vissarionovic era la logicacontinuazione di Vladimir Ilic.Ha ragione Solgenitsyn: se unoguarda bene, nella figura di Le-nin intravede già lo stalinismo,con tutto quello che ha significa-to. La differenza è che Lenin nonmassacrò decine di milioni dibolscevichi, di suoi compatrioti,come ha fatto Stalin: ma può an-che darsi che non ne abbia avuto

ENRICO FRANCESCHINI

Intervista a Martin AmisAlla base degli orroriche il comunismo haprodotto ci sono le teoriee le azioni del fondatoredello Stato sovietico

Solo se processerà quei criminicon la stessa forza usata per

fascismo e nazismo la sinistrapotrà trovare la sua vera identità

Senza Lenin non si capirebbe lostalinismo. Fu lui a distruggere lasocietà civile e a far ucciderebarbaramente lo zar e la famiglia

PROPAGANDA

Lenin effigiato in un tipico manifesto di propaganda sovietica

OTTANT’ANNI FA MORIVA IL LEADER COMUNISTA

Il peccato originale

LENIN

Londra

LENINLENIN

Page 2: 2004-01-21 Lenin

44 LA REPUBBLICA MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2004D I A R I O

LE TAPPE

PRINCIPALI

1870

Vladimir Ilic Ulianov nasce a Simbirsk daIlija Nikolaevic e Marija Blank. Cresce inuna famiglia borghese piuttosto agiatadove entrambi i genitori coltivano interessiintellettuali.

1887

Il fratello Aleksandr Ilic, militanterivoluzionario, viene arrestato econdannato a morte per aver progettatol’uccisione dello zar. La sorella Anna vienearrestata e poi rilasciata

1897

Lenin, che ha aderito al movimentorivoluzionario, viene condannato alconfino in Siberia, dove si sposa con Nadezda Krupskaja. Il confino dura tre anni

I LIBRI

RICHARD

PIPES

La Russiasotto il regimebolscevico.1919-1924,Mondadori1999

ERNST

NOLTE

Nazionalsocialismo ebolscevismo,Sansoni 1988

ROBERT

CONQUEST

Il secolo delle ideeassassine,Mondadori2001

FRANÇOIS

FURET

Il passato diun’illusione.L’ideacomunista nelventesimosecolo, Rizzoli1995

HÉLENE

CARRÈRE

D’ENCAUSS

E

Lenin. L’uomoche hacambiato lastoria delNovecento,Corbaccio2000

ORLANDO

FIGES

La tragedia diun popolo. Larivoluzionerussa,Corbaccio1997

ROBERT

SERVICE

Lenin.L’uomo, illeader, il mito.Mondadori2001

MARCELLO

FLORES

In terra nonc’è il paradiso.Il racconto delcomunismo,Baldini eCastoldi 1998

ALEKSAND

R

SOLZENICY

N

Lenin a ZurigoMondadori1976

rizzare la classe operaia; a soffocarenel sangue gli insorti di Kronstadt.Quando Lenin morì la sua rivolu-zione aveva vinto, ma, appunto,ogni anticorpo all’uso sempre piùbrutale del potere era distrutto. Nel1924 la via era aperta a Stalin. Quelche conta, per il giudizio storico, è ilfatto che fu proprio grazie al siste-ma creato da Lenin che Stalin potéfare quel che fece. E’ sotto questoprofilo sostanziale che Stalin ful’autentico erede di Lenin.

LA RELIGIONE POLITICA

DAL PARTITO ALLO STATO

LA GRANDE CONTINUITÀ TRA IL FONDATORE E I SUOI EREDI

Il comunismo del XX secolo nonha avuto altro destino se nonquello che gli aveva preparato il

leninismo. Lenin ha fondato unareligione politica che si è fatta Statoe forma di società; che ha dato vitaad una ortodossia la quale ha gene-rato chiese che si sono accusate re-ciprocamente di eresia e combattu-te spietatamente; che ha confiscatocon i mezzi del terrore la storia pre-sente in nome di una storia futuraidilliaca; che, dopoaver promesso il mil-lennio dell’egua-glianza e la fine diogni violenza haeretto un sistema diferrea diseguaglian-za, di permanenteviolenza politica esociale dei gover-nanti sui governati,culminata nel Gulag.E tutto questo è statocelebrato dalla sini-stra di scuola lenini-sta come «la nuovascienza della politi-ca e della società».

Non vi è stato ro-vescio, non tragedia,non divario tra promesse e fatti cheabbiano scosso la fede dei seguacidi Lenin nella dottrina del Fondato-re. E allorché i conti mostravano dinon tornare affatto, ecco invocarela parola d’ordine: «ritorno a Le-nin». Lo invocarono tutti a varie ri-prese: Trockij, Zinov’ev, Kamenev,Bucharin quando sconfitti da Sta-lin; Chruscev dopo la morte del dit-tatore; Mao in lotta contro i «nuovizar»; Togliatti dopo il 1956; Berlin-guer, che ancora nel 1979 protestòcontro chiunque parlasse di «falli-mento» dell’opera di Lenin; Gorba-ciov, che pose il proprio progetto diriforma sotto l’egida del ritorno alleninismo. Mai pregiudizio e illu-sione furono tanto mal fondati, poi-ché il leninismo era il sistema sovie-tico, poiché il leninismo non erastato strutturalmente in grado diprodurre anticorpi rispetto al tipodi potere consolidato da Stalin eprotrattosi fino al disfacimento del-l’Unione Sovietica. Certo, tra i valo-ri del rivoluzionario internazionali-sta Lenin, il quale, mentre costruival’inflessibile dittatura del partitounico e del suo capo, predicava lademocrazia diretta e la fine delloStato, e quelli dello Stalin divenutoun conservatore nazionalista pan-russo e superstatalista vi erano dif-ferenze e contrasti. Sennonché - ec-co il punto - furono le armi e gli stru-menti creati dall’uno a rendere on-nipotente l’altro. Quel che Lenin eStalin condivisero furono l’idea deldiritto dei bolscevichi a detenere ilmonopolio assoluto del potere e adistruggere ogni opposizione, l’o-dio diretto in primo luogo verso i so-cialdemocratici accusati di tradi-mento in quanto restavano fedeli aiprincipi della democrazia borghe-se, della divisione dei poteri, delpluralismo culturale e denunciava-no la dittatura di una élite di partito.

Fu Lenin tra il 1902 e il 1904 a teo-rizzare il comando assoluto dei ver-tici del partito sulle masse chiama-te a obbedire, la superiorità delprincipio verticistico e burocraticosul principio democratico, l’inuti-lità del riformismo. Fu Lenin dopo ilfebbraio 1917 a dirigere l’assaltocontro la nascente fragile democra-zia russa; e dopo la presa del poterein ottobre a ordinare la chiusuradell’Assemblea costituente, la li-quidazione di tutti gli altri partiti, larepressione di menscevichi, anar-chici, socialrivoluzionari; a costrui-re gli strumenti del terrore rossocontro “vecchie” classi, contadini,oppositori di ogni genere; a milita-

se alla quale la bontà della strutturasocialista avrebbe immancabil-mente posto rimedio ad ogni «prov-visorio errore», ad ogni «difetto», adogni «necessaria violenza». La sto-ria era ormai in marcia e nulla pote-va arrestarla. Era sufficiente atten-dere e attendere. E il leninismo co-stituiva un bene non negoziabile.

Eppure, a ondate successive, tut-to era stato visto e previsto circa lavocazione del bolscevismo alla dit-

tatura senza freni daisocialdemocraticiantibolscevichi e daicomunisti critici delleninismo (per tace-re dei non marxisti):prima dell’ottobredal menscevicoMartov, dal Trockijnon ancora bolsce-vico; subito dopol’ottobre da Kautsky,da Turati, dallaLuxemburg e daPannekoek. Molti al-tri nomi potrebberofarsi. Furono derisi edenunciati come ne-mici, gente che noncomprendeva le ra-

gioni del socialismo e i diritti del-l’avvenire. Ora la parabola si è com-piuta. Di Lenin rimane il sogno - ge-nerato dalla reazione al dispotismozarista e agli orrori della guerra e ro-vesciatosi in una catastrofe - di unaredenzione millenaristica, di una“liberazione” finale dell’umanitàconcepita alla luce di un dogmati-smo intollerante e violento e co-struito con i mattoni di una delle piùgrandi tirannidi della storia infineabbattuti dai bulldozer di Berlino.

Ma perché nessuna degenera-zione del comunismo al potere fu ingrado di scuotere – se non nel mo-mento dell’ultimo crepuscolo e delfallimento fattosi palese – la fedenel leninismo dei comunisti non alpotere, a partire da quelli di casa no-stra? La fede comunista aveva alproprio interno un «meccanismo disalvaguardia» che vanificava ogniverifica: l’incrollabile convinzioneche fosse in atto una «transizione»dal vecchio al nuovo mondo in ba-

MASSIMO L.SALVADORI

Lenin era in tutto eper tutto un prodottodel suo tempo:un mioperivoluzionarioassillato dauna bramamonomaniacale etipicamente piccolo-borghese, la bramadel potere

Fuga da Bisanzio1986

JOSIF BRODSKIJ

Lenin consideròinevitabile il ricorsoalla violenza… Solola guerrarivoluzionaria è, perLenin, la guerra veraperché si fondasull’inimiciziaassoluta. Tutto ilresto è giococonvenzionale

Teoria del partigiano1963

CARL SCHMITT

Mosca

Nella dacia di Roj Medvedev, immersanella neve poco fuori Mosca, alla lucedelle sole candele la figura di Vladimir

Ilic Uljanov detto Lenin risorge dalla penom-bra rossastra di centinaia di volumi chefoderano le pareti in legno di betul-la. Lo storico ex dissidente, 82 an-ni, getta un ciocco nella stufa eva diretto al 21 gennaio 1924.Torna indietro di ottant’anni,al funerale più stupefacenteche la Russia abbia mai cele-brato. «Lenin è stato ungrande rivoluzionario — di-ce — e un grande intellettua-le. La verità è che Lenin fecel’errore di morire troppo pre-sto. Gli sono mancati vent’an-ni di vita, il tempo per raffinarela sua dottrina. Il socialismo èmorto con lui, fallito prima di esse-re attuato».

Cosa salverebbe del pensiero di Lenin?«L’idea di una nuova politica economica. Nel

1920 Lenin era un vincitore, ma in un paese in ro-vina. Concepì il progetto di un capitalismo so-cialista, un modello che potesse coniugare il ca-pitalismo secondo la visione di Marx. Questo so-gno di giustizia resta l’intuizione politica più ri-voluzionaria partorita nel Novecento».

Perché il desiderio di giustizia degenerò inautoritarismo e violenza?

«Il leninismo è annegato nella sua utopia.Marx e Lenin avevano concepito una ideologiatroppo complessa, una società ideale che pre-

scindeva dalla realtà. E’ l’errore che il capitali-smo non ha commesso. Quando si aprì lo spazioper applicare il modello, nessuno sapeva comefare. Non c’era esperienza, nessuno aveva idea dicome passare dal feudalesimo al capitalismo.

Stalin capì che l’edificio non reggeva: con uninesistente proletariato russo, dopo

aver sterminato e deportato i conta-dini, non gli rimase che la cru-

deltà per restare al potere».Il nuovo potere recupera

Lenin, ma pure l’impero za-rista, il comunismo, la fedenella Chiesa ortodossa:perché questa indistintaidealizzazione del passato?

«Putin è convinto chenella storia russa vadano

trovate coerenza e conti-nuità. E’ la dottrina del regime

attuale: non ripudiare nulla,declinare il passato in positivo.

L’obbiettivo è restituire un’iden-tità al popolo per offrire un giorno an-

che una vita normale. E poi in Russia un ve-ro sentimento anti-comunista non c’è».

Perché allora il culto di Lenin, o l’enormeconsenso riscosso da Putin?

«Per il bisogno di obbedienza. Non si tratta didivinizzazione, ma della consuetudine ad esserefedeli a un potere. La Russia non ha conosciutola democrazia: è passata dalla monarchia all’au-tocrazia e alla dittatura. Pensiamo agli anni in cuiBreznev, o Cernienko, o Eltisn, erano ridotti a ca-daveri ambulanti: si obbediva, c’era ordine.L’autorità resta indiscutibile: si serve il potere,tra indifferenza e rassegnazione».

QUANDO IL LENINISMO

ANNEGÒ NELL’UTOPIA

PARLA LO STORICO ROJ MEDVEDEV

GIAMPAOLO VISETTI

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LEGAMI

Lenin e Stalin condivisero l’ideadel diritto dei bolscevichi a detenere

il monopolio assoluto del poteree a distruggere ogni opposizione

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LA REPUBBLICA 45MERCOLEDÌ 21 GENNAIO 2004 D I A R I O

1900Per Lenin comincia un lungo periodo diesilio che lo porterà a Zurigo, Monaco eLondra, durante il quale produrrà alcunedelle sue opere teoriche più note. Quigioca a scacchi a Capri con Plechanov

1917Il 3 aprile Lenin arriva alla stazioneFinlandia di Pietroburgo. La sua azioneporta alla caduta del governo Kerenskij ealla presa del potere, in ottobre, da partedei bolscevichi

1922Lenin si ammala gravemente. Unsusseguirsi di colpi apoplettici che loportano poi alla paralisi. Fallisce cosìl’estremo tentativo di sconfiggere Stalin.lenin muore il 21 gennaio del 1924

REDSCinque annidella vita delgiornalistaamericanoJohn Reed(amicopersonale diLenin),coinvolto nellarivoluzionesovietica. DiWarren Beatty(1981)

OTTOBREFebbraio1917, aPietroburgo ècaduto ilregime zaristama solo inaprile, con ilritornodall’esilio diLenin ilproletariatoriesce adorganizzarsi.Di Sergej M.Ejzenstein(1927)

DOTTORZIVAGONegli annidellarivoluzionesovietica, ildottor Zivagoe l’infermieraLara si amanocon disperatapassione.Di David Lean(1965)

TRE CANTISU LENINDocumentaricelebrativo peril decimoanniversariodellascomparsa diLenin, prendespunto da trecanti popolaridell’Uzbeki-stan peresaltare lafigura dellostatista. DiDziga Vertov(1934)

LA FINE DI SANPIETROBURGOLaconversionedi uncontadino cheda delatorediventa unodegli assalitoridel Palazzod’Inverno. DiVsevolodPudovkin(1927)

I FILM

(segue dalla prima pagina)

In un’altra delazione si rac-contava che quando gli stu-denti lo riportarono a casa in

quello stato di fissazione ipnoti-ca su un unico pensiero, luistrappò dalla parete la cartinadella Russia, la gettò a terra e,con urla da animale braccato, lacalpestò e la ridusse a brandellicon le mani e con i denti.

È interessante che Pasternak,il quale non aveva potuto legge-re queste delazioni, nel 1917, inuna delle sue poesie tuttora po-co nota, descrivesse il ritorno diun Lenin assorbito da radiosipensieri, vedendo finalmentegiunto il momento di vendicareil fratello amato. AleksandrUljanov, il fratello di Lenin, erasenza dubbio nobile e coraggio-so, ma se avesse continuato alanciare bombe, di certo, insie-me ai «carnefici dello zar», leschegge avrebbero ucciso pa-recchi loro servi innocenti, mol-ti passanti casuali e le repressio-ni della polizia si sarebbero an-cora più inasprite.

Ma dunque su chi veramentesi riversò la vendetta di VolodjaUljanov?

Le sue tre parole d’ordineprodigiosamente centrate con-quistarono il cuore della gente,ormai estenuata dall’insensa-tezza della prima guerra mon-diale: «Il mondo ai popoli! Laterra ai contadini! Le fabbricheagli operai!». Ma la prima guerramondiale si trasformò in unasanguinosa guerra civile; pro-prietari di terre e fabbriche non

ta, di lottare con gli “eredi di Sta-lin”, considerando quest’ulti-mo un traditore degli ideali diLenin. Ma era stato lui, forsesenza rendersene conto, il pri-mo traditore degli stessi suoiideali, giacché non aveva realiz-zato nessuna delle prime tre pa-role d’ordine del bolscevismoche, ingannando il popolo, ave-vano portato al potere un mani-polo di bolscevichi. Fu Lenin, enon Stalin, a firmare il decretoper la costituzione del primocampo di concentramento inEuropa, a Solovki nel 1918, de-stinato a coloro che non condi-videvano le sue idee. Stalin fu ilpadre del Gulag, ma Lenin ne fuil nonno. Chi nutre ancora delleillusioni su Lenin dovrebbe al-meno leggere la piccola raccol-ta di sue citazioni compilata daVenedikt Erofeev, La mia picco-la leniniana. Fu Lenin che scris-se a Dzerzhinskij la nota in cui siconsigliava di «arrestare trenta,quaranta professori» per rista-bilire l’ordine. In quel numeroimprecisato si nasconde l’iniziodel totalitarismo. All’epoca del-la guerra civile Lenin consigliò aStalin di minacciare di fucila-zione le telefoniste di Caritsin sela qualità delle conversazionitelefoniche fra Mosca e Caritsinnon fosse migliorata. Fu Lenin adare l’ordine di fucilare senzapietà e impiccare i contadiniche nascondevano alla confiscadei bolscevichi il grano. E comeavrebbero potuto sopravviverealtrimenti? Lenin è responsabi-le della carestia nelle regioni delVolga, quando le persone inizia-rono a sbranarsi a vicenda, co-me Stalin ha la responsabilitàdella carestia ai tempi della col-lettivizzazione forzata in Ucrai-na. Mio padre, un geologo, midisse, ancora sotto Stalin, coseche io tenni per me, ma per lequali, secondo le regole dellamorale staliniana, avrei dovutodenunciare mio padre all’Nkvd,alla polizia politica: «Da noi nonc’è il socialismo. Da noi c’è il ca-pitalismo di Stato». Lo Stato di-vorò tutti i piccoli proprietari,divenendo proprietario di tutto,dai bottoni alle bombe atomi-che.

Sì, in epoca sovietica c’eranouna buona istruzione gratuita,l’assistenza sanitaria, i centri divacanze, il tentativo di realizza-re l’amicizia tra popoli di diver-se nazionalità. C’era una bellacostituzione che difendeva i di-ritti dei cittadini, ma che rima-neva lettera morta. (Non si puòdimenticare l’enorme contri-buto del popolo sovietico allasconfitta del fascismo.) E tutta-via il diritto umano elementarealla libertà di pensiero era statonegato. Tutto quanto si fondasulla violenza, sul sangue, pri-ma o poi crolla. Lenin lo capì al-la fine della sua vita e rimaseinorridito nel constatare il risul-tato della sua “vendetta per ilfratello”, ma non era più in gra-do di fermare il suo discepolo,purtroppo fedele, che aveva pa-ralizzato politicamente il suomaestro già immobilizzato nelcorpo.

Lenin va certamente studia-to. Ma quando si studia la storiabisogna capire esattamente checosa occorra imparare e cosano.

Il passato può essere un mae-stro prezioso, ma forse anche ilmaestro più pericoloso.

Traduzione di Andrea LenaCorritore

furono i contadini ma lo Stato,che requisì a chi lavorava la ter-ra persino i documenti per la cir-colazione interna, così facendoasservendoli, e che lasciò glioperai praticamente privi di di-ritti politici e sindacali. Fu la dit-tatura del burocrariato e non delproletariato, e se sotto Stalin es-sa si rinsaldò definitivamente,era però iniziata già ai tempi diLenin. Ci illudevamo, noi dellagenerazione degli anni Sessan-

OLEOGRAFIAIn questepagine, alcunitipici esempidell’immagineoleografica diLenin diffusain Urss dopola sua morte

LE LACRIME IMPUREDI VLADIMIR ULJANOV

LA MORTE DEL FRATELLO MAGGIORE E IL DESIDERIO DI VENDETTA

EVGENIJ EVTUSHENKO

La tesi di Lenin erasemplice: il poteredel partitobolscevico è ladittatura delproletariato. Primanon si era maisaputo cosa fosseesattamente ladittatura delproletariato

Le tappe del pensierosociologico 1965-67

RAYMOND ARON

Quando conobbiLenin, non mi fecetutta l’impressionedel grande uomoche mi aspettavo.Le mieimpressionipiù vivide furonodi bigotteriae crudeltàmongolica

Autobiografia1969

BERTRAND RUSSELL

«L’amore per Lenin», disse UmbertoTerracini nel 1956, «è sorto da fat-ti e avvenimenti; quello per Stalin

è stato il risultato di un’esaltazione». Pur es-sendo, secondo Togliatti, «un titano del pen-siero e dell’azione», Vladimir Ilic di rado vie-ne evocato, da solo, nelle manifesta-zioni del Pci. Lo si celebra in coppiafissa con Stalin. Negli articoli cheil segretario del partito pubbli-ca su Rinascita, l’accoppiataLenin-Stalin diventa il ver-setto obbligatorio di una li-turgia. Il Pci è «grande ilpartito di Lenin e Stalin». Simuovre sulla loro «diretti-va». Lavora nel loro «spiri-to». Mediante la cooptazio-ne di Marx, il dittico diventaspesso una trinità: Marx, Le-nin, Stalin.

Ma da un momento in poi, Le-nin si ritrova solo. E’ l’indomanidel XX Congresso. Stalin, il suo vicinodi slogan, è in postuma disgrazia; e allora ilrichiamo a Vladimir Ilic è usato per ridimen-sionarne la figura. Occorre tornare alle origini.La togliattiana Rinascita si riempie di monitidel tipo: «Ricordiamoci di ciò che diceva Le-nin»; non tralasciamo «la grande scoperta fattada Lenin»; «Lenin ha studiato...»; «la tenaciaazione che Lenin svolse...». Egli assurge a pro-feta inascoltato: «Non aveva già detto Lenin chel’avvento al potere di un partito comunista nonlo esime dal fare degli errori?», è la domandache Togliatti rivolge al Pci nell’aprile del 1961.

Ma a Giorgio Amendola non bastava. «Lenin,

noi non lo citiamo spesso», usava lamentarsi. Elui rimediava, ricorrendo a Vladimir Ilic Ulia-nov ogni qualvolta voleva impartire a sinistrauna lezione di realismo: si trattasse degli ecces-si di pansindacalismo nei mesi dell’autunno

caldo, o dei «rigurgiti di infantilismo estre-mista» che egli denunziava nei giova-

ni del Sessantotto (ed oltre). «Le-nin», ricordava, «aveva ammo-

nito a non giocare con l’insur-rezione!» In questa fase, hascritto lo slavista VittorioStrada, Lenin era diventato«un personaggio caramel-loso, da succhiare riformi-sticamente». Enrico Ber-linguer, per ersempio, nonamava nominare i russi se

non era indispensabile. Le-nin, però, lo era. Gli riuscì

utile, nella sua politica verso icattolici, una frase di Vladimir

Ilic: «Noi non proclamiamo nédobbiamo proclamare l’ateismo del

nostro programma». Nel saggio suProudhon, firmato da Craxi nell’estate del1978, il leader sardo scorse un ultimatum inac-cettabile: «Se non rinunziate a Lenin dalla a al-la zeta, non siete occidentali ma asiatici».

Siamo alle ultime battute. «Addio Lenin!»:così giustamente i quotidiani commentaronol’intervista televisiva del 15 dicembre ’81, in cuiBerlinguer dichiarava esaurita la «spinta pro-pulsiva» della Rivoluzione d’ottobre. Da allorain poi, Lenin, che in quella rivoluzione s’incar-nava, non fu più a sinistra — nella sinistra uffi-ciale, almeno — un oracolo.

COSÌ L’ITALIA COMUNISTAINNEGGIAVA AL SUO EROE

DA TOGLIATTI AD AMENDOLA NEL NOME DELL’INTERNAZIONALE

NELLO AJELLO

Chi sono gli autori dei serviziMartin Amis è uno dei più importan-ti scrittori inglesi contemporanei. Ilsuo ultimo libro, pubblicato in Italiada Einaudi, è Koba il terribile. TzvetanTodorov, dal cui libro Memoria delmale, tentazione del bene (edito daGarzanti) abbiamo ricavato la frasedel Sillabario, è saggista e critico let-terario. Massimo Salvadori e RojMedvedevsono storici che si sono oc-cupati del Novecento. Evgenij Evtu-shenkoè poeta e scrittore. Celebre unsuo poema dedicato a Lenin.

Page 4: 2004-01-21 Lenin

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40121

CIDEDFDQDP SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,legge 662/96 - Roma.

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Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

Anno 29 - Numero 17 € 0,90 in Italia (con “I MALAVOGLIA” € 8,80) mercoledì 21 gennaio 2004

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Oggi“I Malavoglia”

di Verga

Il 5° romanzo della Collanadell’800 a richiesta

a soli 7,90 euro in più

Il ministro del Tesoro interviene all’Ecofin: “Guerra ai paradisi fiscali. Non è una questione personale con Fazio”

Parmalat, il piano di Tremonti“Intervengano Europa e G7”. Consob: non potevamo fare di più

Uno degli stabilimenti Parmalat

Intervista all’ex presidente dell’Inter: “Non cambio idea, magari senza di me facciamo meno guai”

Moratti: sono stanco di perdereDARIO CRESTO-DINA

MILANO

MASSIMO Moratti è un mi-lanese gentile e elegantedi 58 anni che di mestiere

fa l’industriale petrolifero, che ap-pende alla finestra di casa la ban-diera della pace, che dà soldi a Gi-no Strada, agli immigrati, ai senza-tetto, agli ammalati, ai poveri e al-l’Inter. Da lunedì sera dell’Inter èanche l’ex presidente. Non poten-do più licenziare nessuno, Massi-mo Moratti ha licenziato se stesso.

SEGUE A PAGINA 53SERVIZI NELLO SPORT

Il Carroccio frena sul parlamento padano. Accuse al presidente del Senato che critica la devolution

Riforme, la Lega attacca PeraConsulta: perché è incostituzionale la legge salva-premier

La polemica sulla riforma previdenziale

Rutelli all’Ulivo:basta propaganda

sulle pensioniabbiamo il dovere

di dire la veritàGIANLUCA LUZI

A PAGINA 8

Leninil peccatooriginale

del comunismo

EVGENIJ EVTUSHENKO

TORNATO dal lager, il poetadissidente Jurij [Julij] Da-niel’, che io avevo difeso al-

l’epoca del suo oscurantisticoprocesso del 1966, mi raccontòche sulle pareti delle latrine deidetenuti erano stati incisi con unchiodo o con la punta di un coltel-lo introdotto di nascosto moltiversi del mio poema “L’universitàdi Kazan”, tra cui:

Nei giorni del servaggio spirituale,nei giorni dell’oscurità,le prigioni – coscienze della Russia,furono la sua prima università.

Al tempo della stesura del miopoema su Lenin, quando lavoravonegli archivi della città di Kazan’,mi imbattei in un prezioso incar-tamento: le delazioni sullo stu-dente diciassettenne VolodjaUl’janov (diventato in seguito Le-nin) raccolte dalla polizia, alloraconservate al KGB e protette daltimbro ‘Top secret’. In una di essesi narrava il seguente episodio:dopo l’esecuzione dell’amato fra-tello maggiore, uno studente ter-rorista, alcuni compagni, provan-do pietà per il fratello minore, lotrascinarono in una bettola mal-famata dove gli fecero bere un in-tero bicchiere di vodka da 200grammi. Volodja lo tracannò co-me un sonnambulo, quasi fossecieco e sordo, poi i compagni pre-murosi lo portarono a berci sopraun boccale di birra, accompagna-to da cetrioli in salamoia e panenero di segale. Al tavolo di Volodjapresero posto due puttane che siconcedevano agli studenti permetà della tariffa abituale, e certevolte in amicizia, ‘semplicementecosì’. Queste versarono qualchelacrima come poterono, consola-rono Volodja, accarezzandogli latesta, ma lui non notava niente e,con gli occhi fissi in un punto chesoltanto lui vedeva, non facevache ripetere: «Vendicherò mio fra-tello! Vendicherò mio fratello!».

SEGUE A PAGINA 45AJELLO, FRANCESCHINI

SALVADORITODOROV e VISETTI

ALLE PAGINE 43, 44 e 45

DIARIO

LA CRISI DI FIDUCIADEL RISPARMIATORE

MASSIMO RIVA

ELE banche? Davvero, nei crac di Ci-rio e di Parmalat, sono state raggi-rate anch’esse, come i loro più

sprovveduti clienti? Possibile che perso-naggi usi a destreggiarsi con le migliaia dimiliardi sui mercati dell’universo mon-do siano caduti in trappola, né più né me-no dell’anziano e titubante pensionatoche ha visto diventare carta straccia i ri-sparmi della sua vita? Non c’è forse qual-cosa di stonato, di paradossale, insommadi poco credibile in questa posizione deldichiararsi incolpevole parte lesa assun-ta da tutti i banchieri con una compat-tezza unanime che ricorda un’omertà didiverso e poco commendevole stampo?

Agli sventurati risparmiatori che sonole principali vittime indifese dei recentinaufragi finanziari importa poco o nulladel duello che il ministro dell’Economiaha ingaggiato con il governatore dellaBanca d’Italia.

SEGUE A PAGINA 14

LO SPIRAGLIO APERTODALLA CORTE

GIUSEPPE D’AVANZO

LE MOTIVAZIONI della sentenza della Cortecostituzionale sono una sorpresa e capovol-gono o modificano molte convinzioni che

s’erano fatte strada dopo la bocciatura della leggeche “immunizzava” Silvio Berlusconi dal processodi Milano. Sono argomenti che aprono la porta auna nuova legge, a una Schifani bis perché la Con-sulta ritiene legittimo, costituzionalmente fonda-to, che il legislatore voglia proteggere con nuovenorme “il sereno svolgimento delle funzioni cheineriscono” alle cinque più alte cariche dello Sta-to: presidenza del Consiglio, della Camera, del Se-nato, della Corte costituzionale, il capo dello Stato.

SEGUE A PAGINA 15SERVIZI ALLE PAGINE 6, 7 e 9

Iowa, il favorito Dean solo terzo

La sfida a Bushsorpresa Kerrynei democratici

John Kerry nello Iowa

IL NUOVO FRONTEDEL PRESIDENTE

dal nostro inviato

VITTORIO ZUCCONI

WASHINGTON

LA folla imprevista e immensa dicittadini dello Iowa che hannoaffrontato il gelo per votare nella

prima eliminatoria presidenziale traDemocratici, ha alzato un venticellofreddo che ha fatto rabbrividire Bushe i repubblicani. Ha detto che tra diecimesi il presidente potrebbe avere unavversario vero, sulla strada della suarielezione, non ancora un nome o unprogetto politico alternativo, perché ilprimo atto delle primarie è servito, co-me ogni quattro anni, a potare i ramisecchi più che a investire un campio-ne, ma un sentimento molto più diffu-so di quanto i sondaggi sballati dellavigilia indicassero: la determinazionedi scegliere un alfiere non per passio-ne, ma per ragione, un candidato chenon sia eccitante, ma “eleggibile”.

SEGUE A PAGINA 11FLORES D’ARCAIS

ALLE PAGINE 10 e 11

IL PERSONAGGIO

L’INTERVISTA

ALLA RIUNIONE dei ministrifinanziari Ue, il ministro Giu-lio Tremonti ha annunciatoche a febbraio, al prossimo G7in Florida, porterà la propostaitaliana per evitare nuovi casiParmalat. Secondo le inten-zioni del Tesoro, le multina-zionali straniere che abbianouna posizione dominante inItalia e le partecipazioni inpaesi sulla “lista nera” fiscaledovranno allinearsi alle rego-le (sanzioni comprese) vigen-ti sul suolo italiano. Tremon-ti, precisando che la sua non è«una guerra personale conAntonio Fazio», ha aggiuntoche la questione «dovrà esse-re affrontata a livello interna-zionale». Sul crac di Collec-chio, ieri è intervenuto in Par-lamento il presidente dellaConsob, Lamberto Cardia:«Dietro il caso Parmalat c’èstata una truffa internaziona-le», ha spiegato, depositandouna memoria di 57 pagine, «lavigilanza poteva fare poco».

FEDRIZZI, LIVINI, MELETTIPAPITTO e POLIDORIALLE PAGINE 2, 3 e 4

Avviso di garanzia per Crudele dopo il ritiro del bond. L’accusa dei pm: false comunicazioni e aggiotaggio

Finmatica nella bufera, vertici sotto inchiestaGALBIATI e MENSURATI A PAGINA 5

Francesco Rutelli

CON REPUBBLICA