2003-12-10 Giovanni Paoli II

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LA REPUBBLICA 23 DOMENICA 12 OTTOBRE 2003 D IA R IO di Un regno lungo venticinque anni GIOVANNI PAOLO II (segue dalla prima pagina) D entro l’autunno inoltrato del suo regno, quel Papa preten- de irriducibilmente di avere ancora qualcosa da dire al nuovo millennio, e vuole farlo. I suoi conti e il suo bilancio si compiono con ogni evidenza con strumenti diversi da quelli che misurano laicamente la storia e la geografia del mondo. Per noi, infatti, Giovanni Paolo II è uno dei grandi attori del Novecento per- ché si è adoperato per compiere la storia del secolo e non soltanto per attraversarla: ricucendo la frattura storica del nostro continente che in realtà proprio qui divideva il mondo in due, dava una connotazione ideo- logica a quella parte d’Europa che è l’Est (e di conseguenza all’Ovest), te- neva in scacco l’equilibrio del mon- do attorno a un Muro che a ben guardare è stato l’ultimo esempio del titanismo monumentale con cui il comunismo fissava ovunque la sua religione terrena, imprigionandola. Molto semplicemente, Mikhail Gorbaciov, ultimo segretario gene- rale del Pcus, ha riconosciuto qual- che anno fa che «senza quel Papa po- lacco, venuto dall’Est e cresciuto sotto il comunismo, nulla di ciò che è successo con la caduta del Muro sarebbe stato possibile». Leggendo queste parole, in un’intervista di un- dici anni fa, il Papa ha annuito, e con- fermato. Il vescovo di Cracovia dive- nuto cardinal Wojtyla e poi Papa Giovanni Paolo II è ben consapevo- le di questo ruolo. E insieme, per for- za di cose, è cosciente fino in fondo della specificità che la sua particola- re “natura” di cattolico polacco — cresciuto nell’Est comunista per di- ventare Papa di Roma — ha dato al pontificato. Questo particolarissimo caratte- re geo-religioso ha reso Wojtyla na- turalmente diverso dai suoi prede- cessori, e altrettanto naturalmente lo ha portato a muoversi dentro la storia. Nello stesso tempo, se la fede “primitiva” e immobile ha potuto muovere la montagna del comuni- smo, quella stessa fede integrale se- gna ogni momento e ogni gesto del pontificato. Apparendo per forza di cose antimoderna quando incasto- na come una reliquia fisica il proiet- tile di Agca dentro la corona della Madonna di Fatima, quasi a curva- re — per chi crede — la portata del- la profezia per farla coincidere con la parabola della biografia umana di Wojtyla, canonizzandolo material- mente in vita; e sembrando invece modernissima quando porta il Papa a superare il suo secolo e la sua mis- sione “politica”, e a proiettare il ma- gistero dall’asse Est-Ovest al Nord- Sud del mondo, al sottosviluppo e allo sviluppo, alla pace e alla guerra, ai nuovi equilibri di potenza. Anche nella debolezza della ma- lattia, in realtà, la forza che muove il Papa è la stessa. Quel “cattolicesi- mo integrale” che ce lo fa sentire lontano sui temi del dubbio e della contraddizione, sui problemi della contraccezione, della responsabi- lità della donna, del sacerdozio femminile e del celibato dei preti. E che a lui fa sentire lontana la Polonia quando dopo aver sconfitto il co- munismo si è fatta conquistare dal consumismo. E, ancora, che lo por- ta ad essere dopo tanto tempo il pri- mo Papa non solo non italiano, ma in realtà a-occidentale: certo per- ché la sua missione è universale, ma anche perché l’“altrove” da cui vie- ne gli consente un’alterità che non è soltanto liturgica e simbolica, ma culturale e antropologica. Anche per questo, e nonostante la sua fine- stra si affacci su Roma, il Papa non parla all’Italia ma al mondo. E forse attende che dai 25 anni del suo pon- tificato nasca finalmente una via italiana al cattolicesimo che non c’è mai stata, nella surroga automatica che i papi italiani facevano della Chiesa nazionale, e nella tradizione del Paese “naturalmente cristiano”: un Paese che non c’è più. KAROL Wojtyla è riuscito a tra- sformare il declino fisico in un trionfo. La sua resistenza alla malattia, che lo pie- ga e lo paralizza, ha qualcosa di epico. Pietà? Piutto- sto ammirazione. Questo è il sentimento che suscita. Quel mostrarsi sofferente, come se fosse in bilico al- l’estremo limite della vita, equivale a una sfida. Il mon- do scruta con apprensione la sua figura cercando di leggervi l’esito della lotta: ed è con stupore che vede affiorare tanta forza di volontà dalla decrepitudine. Esibendola, Wojtyla dà gloria, nobiltà, alla vecchiaia e al dolore, in un’epoca in cui i valori estetici sono l’e- satto opposto. Sono ostili ad entrambi. Non sarà fa- cile scegliere il successore. Dopo un papa di tal fatta, che sembra un imperatore ritagliato nella pietra me- dievale di una cattedrale, il cardinale su cui si fermerà lo Spirito Santo rischierà di apparire un parroco smarrito in un’umanità con poco o punto tempo per pregare o pensare all’aldlà. WOJTYLA. BERNARDO VALLI ALL’INTERNO La nuova pace con i fratelli ebrei DAVID ROSEN La forza di un mistico tra gli indifferenti MARCO POLITI Piantò una croce dove voleva una chiesa ROCCO BUTTIGLIONE Un dialogo continuo con le altre religioni ANDREA RICCARDI ALL’INTERNO Così ha vinto senza eserciti ADRIANO SOFRI Il papato forte che apre all’Islam GILLES KEPEL Un lungo magistero nel segno dell’etica PAOLO FLORES D’ARCAIS Il no al comunismo e al capitalismo LUCIO CARACCIOLO GIOVANNI PAOLO II EZIO MAURO 1978-2003 UN QUARTO DI SECOLO DI PONTIFICATO

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LA REPUBBLICA 23DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

DIARIOdi

Un regno lungoventicinque anni

GIOVANNI PAOLO II

(segue dalla prima pagina)

Dentro l’autunno inoltrato delsuo regno, quel Papa preten-de irriducibilmente di avere

ancora qualcosa da dire al nuovomillennio, e vuole farlo. I suoi conti eil suo bilancio si compiono con ognievidenza con strumenti diversi daquelli che misurano laicamente lastoria e la geografia del mondo. Pernoi, infatti, Giovanni Paolo II è unodei grandi attori del Novecento per-ché si è adoperato per compiere lastoria del secolo e non soltanto perattraversarla: ricucendo la fratturastorica del nostro continente che inrealtà proprio qui divideva il mondoin due, dava una connotazione ideo-logica a quella parte d’Europa che èl’Est (e di conseguenza all’Ovest), te-neva in scacco l’equilibrio del mon-do attorno a un Muro che a benguardare è stato l’ultimo esempiodel titanismo monumentale con cuiil comunismo fissava ovunque la suareligione terrena, imprigionandola.

Molto semplicemente, MikhailGorbaciov, ultimo segretario gene-rale del Pcus, ha riconosciuto qual-che anno fa che «senza quel Papa po-lacco, venuto dall’Est e cresciutosotto il comunismo, nulla di ciò cheè successo con la caduta del Murosarebbe stato possibile». Leggendoqueste parole, in un’intervista di un-dici anni fa, il Papa ha annuito, e con-fermato. Il vescovo di Cracovia dive-nuto cardinal Wojtyla e poi PapaGiovanni Paolo II è ben consapevo-le di questo ruolo. E insieme, per for-za di cose, è cosciente fino in fondo

della specificità che la sua particola-re “natura” di cattolico polacco —cresciuto nell’Est comunista per di-ventare Papa di Roma — ha dato alpontificato.

Questo particolarissimo caratte-re geo-religioso ha reso Wojtyla na-turalmente diverso dai suoi prede-cessori, e altrettanto naturalmentelo ha portato a muoversi dentro lastoria. Nello stesso tempo, se la fede

“primitiva” e immobile ha potutomuovere la montagna del comuni-smo, quella stessa fede integrale se-gna ogni momento e ogni gesto delpontificato. Apparendo per forza dicose antimoderna quando incasto-na come una reliquia fisica il proiet-tile di Agca dentro la corona dellaMadonna di Fatima, quasi a curva-re — per chi crede — la portata del-la profezia per farla coincidere con

la parabola della biografia umana diWojtyla, canonizzandolo material-mente in vita; e sembrando invecemodernissima quando porta il Papaa superare il suo secolo e la sua mis-sione “politica”, e a proiettare il ma-gistero dall’asse Est-Ovest al Nord-Sud del mondo, al sottosviluppo eallo sviluppo, alla pace e alla guerra,ai nuovi equilibri di potenza.

Anche nella debolezza della ma-lattia, in realtà, la forza che muove ilPapa è la stessa. Quel “cattolicesi-mo integrale” che ce lo fa sentirelontano sui temi del dubbio e dellacontraddizione, sui problemi dellacontraccezione, della responsabi-lità della donna, del sacerdoziofemminile e del celibato dei preti. Eche a lui fa sentire lontana la Poloniaquando dopo aver sconfitto il co-munismo si è fatta conquistare dalconsumismo. E, ancora, che lo por-ta ad essere dopo tanto tempo il pri-mo Papa non solo non italiano, main realtà a-occidentale: certo per-ché la sua missione è universale, maanche perché l’“altrove” da cui vie-ne gli consente un’alterità che non èsoltanto liturgica e simbolica, maculturale e antropologica. Ancheper questo, e nonostante la sua fine-stra si affacci su Roma, il Papa nonparla all’Italia ma al mondo. E forseattende che dai 25 anni del suo pon-tificato nasca finalmente una viaitaliana al cattolicesimo che non c’èmai stata, nella surroga automaticache i papi italiani facevano dellaChiesa nazionale, e nella tradizionedel Paese “naturalmente cristiano”:un Paese che non c’è più.

KAROL Wojtyla è riuscito a tra-sformare il declino fisico in un

trionfo. La sua resistenza alla malattia, che lo pie-ga e lo paralizza, ha qualcosa di epico. Pietà? Piutto-sto ammirazione. Questo è il sentimento che suscita.Quel mostrarsi sofferente, come se fosse in bilico al-l’estremo limite della vita, equivale a una sfida. Il mon-do scruta con apprensione la sua figura cercando dileggervi l’esito della lotta: ed è con stupore che vedeaffiorare tanta forza di volontà dalla decrepitudine.Esibendola, Wojtyla dà gloria, nobiltà, alla vecchiaia eal dolore, in un’epoca in cui i valori estetici sono l’e-satto opposto. Sono ostili ad entrambi. Non sarà fa-cile scegliere il successore. Dopo un papa di tal fatta,che sembra un imperatore ritagliato nella pietra me-dievale di una cattedrale, il cardinale su cui si fermeràlo Spirito Santo rischierà di apparire un parrocosmarrito in un’umanità con poco o punto tempoper pregare o pensare all’aldlà.

WOJTYLA.

BERNARDO VALLI

ALL’INTERNO

La nuova pacecon i fratelli ebrei

DAVID ROSEN

La forza di un misticotra gli indifferenti

MARCO POLITI

Piantò una crocedove voleva una chiesa

ROCCO BUTTIGLIONE

Un dialogo continuocon le altre religioni

ANDREA RICCARDI

ALL’INTERNO

Così ha vintosenza eserciti

ADRIANO SOFRI

Il papato forteche apre all’Islam

GILLES KEPEL

Un lungo magisteronel segno dell’etica

PAOLO FLORES D’ARCAIS

Il no al comunismoe al capitalismo

LUCIO CARACCIOLO

GIOVANNI PAOLO II

EZIO MAURO

1978-2003 UN QUARTO DI SECOLO DI PONTIFICATO

Page 2: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

24 LA REPUBBLICA DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

LE TAPPE

PRINCIPALI

15 MARZO 1979

Pubblica la sua prima enciclica,la “Redemptor hominis”, nella qualespiega che ha scelto di chiamarsi GiovanniPaolo II per riallacciarsi all’eredità deipredecessori.

2 GIUGNO 1979

Primo viaggio in Polonia dal 2 al 10giugno. Riceve un’accoglienza trionfale elancia appelli alla collaborazione traChiesa, Stato e popolazione. Visitai campi di concentramento nazisti

16 OTTOBRE 1978

Karol Wojtyla , a 58 anni, è eletto ponteficecon 99 voti su 111. È il primo papa nonitaliano dal 1523. Rimarrà celebrel’esordio: «Sono venuto da lontano: sesbaglio mi corigerete…».

I SUOI LIBRI

KAROL

WOJTYLA

“Amore eresponsabilità”Marietti1980

KAROL

WOJTYLA

“La Bottegadell’orefice”LibreriaEditriceVaticana 1992

KAROL

WOJTYLA

“Tutte le encicliche”LibreriaEditriceVaticana1993

KAROL

WOJTYLA

“Varcare la soglia dellasperanza”(a cura diVittorioMessori)Mondadori1994

KAROL

WOJTYLA

“Dono emisteroNelcinquantesimoanniversariodel miomagistero”LibreriaEditriceVaticana1996

KAROL

WOJTYLA

“Tutte leopereletterarie”Testo polaccoa fronteBompiani2001

KAROL

WOJTYLA

“TritticoromanoMeditazioni”LibreriaEditriceVaticana2003

superando le frontiere geogra-fiche, politiche e culturali. Infi-nite sono le volte in cui nei suoiviaggi e interventi ha dato voceai disperati della terra, all’ane-lito di sviluppo delle nazioni

povere, ai di-ritti dei debolinelle societàopulente, alsenso di re-sponsabilitàche deve ani-mare chi hapiù potere po-litico ed eco-nomico. E’ luiche oggi, difronte alle ten-tazioni di on-nipotenza del-l’unica super-potenza rima-sta, difende ilprincipio che ilmondo va con-siderato una«comunità dinazioni» conregole edistanze di arbi-traggio condi-vise e nonun’arena digladiatori.

A v v o c a t odella dignitàdella personaumana, Gio-vanni Paolo IIha difeso e di-

fende i diritti anche di quella fa-miglia speciale che sono le na-zioni e gli stati. Ieri nella lottacontro il partito-padrone di

stampo sovietico, oggi nel con-trastare il capitalismo selvag-gio diffusosi dopo il crollo delMuro. La sua credibilità ha unaradice precisa. Il misticismo el’intensa preghiera. Chi lo havisto pregare da vicino non di-menticherà mai il suo trasfigu-rarsi nella ricerca intima delsuo Dio. Nella stagione dell’in-differenza ha mostrato che lafede è qualcosa di vivo, che in-terpella l’esistenza, e non unresiduo del passato. Anche dachi non è praticante o segue al-tre fedi Karol Wojtyla è percepi-to come «uomo di Dio». Perquesto ha potuto lanciarsi inimprese con cui nessun ponte-fice romano si era mai misura-to. Il solenne mea culpa pro-nunciato in San Pietro nell’an-no giubilare, atto di penitenzaper gli errori e gli orrori com-messi dalla Chiesa cattolica neisecoli. E le grandiose assem-blee di preghiera ad Assisi con icapi delle più varie religioni. Susuo impulso risuona oggi unnuovo comandamento, che ro-vescia i fondamentalismi: ucci-dere in nome di Dio, pretende-re di abusare del suo nome perseminare morte e violenza, èun peccato e una bestemmia.

«Non morirò del tutto», haconfidato serenamente agl’in-timi nei giorni scorsi, citandoun’ode di Orazio. Pochi sannoche il poema ha un incipit ful-minante: «Ho eretto un monu-mento più durevole del bron-zo...». La zampata d’orgoglio diun pontefice già diventato sto-ria.

LA FEDE DI UN MISTICOTRA GLI INDIFFERENTI

COME HA TRASFORMATO IL PAPATO INTUENDO IN ANTICIPO LA GLOBALIZZAZIONE

MARCO POLITI

‘‘

,,

L’ELEZIONE

Non so se posso bene

spiegarmi nella

vostra, nella nostra

lingua italiana.

Se sbaglio, mi

corigerete

Fu eletto perché non avevala faccia da prete. Si salvòperché la pallottola di un

killer tiratore scelto fu miste-riosamente deviata. E’ il ponte-fice che ha reinventato il papa-to.

Karol Wojtyla, al venticin-quesimo anno di regno, è il ter-zo papa più longevo in duemi-la anni di cristianesimo. Nessu-no, tranne il profetico cardinalWyszynski, poteva mai imma-ginare che avrebbe condotto laChiesa nel terzo millennio.Nessuno, soprattutto, avrebbecreduto che questo papa sceltoperché vescovo, venuto dallaPolonia, estraneo ai labirintidella Curia, avrebbe rifondatoil papato dandogli una proie-zione planetaria che mai avevaavuto.

Wojtyla ha intuito la globa-lizzazione quando ancora iltermine non era moneta cor-rente. Ha capito che il destinodi un Papa e la sorte della Chie-sa cattolica si potevano giocaresoltanto raggiungendo una vi-sibilità planetaria. I suoi centoe più viaggi, che lo hanno por-tato in ogni angolo del mondo,sono stati l’espressione di unalucida strategia. Tolta la frene-sia del circo mediatico, che loha seguito in crescendo, è ri-masta l’opera di un tessitore in-stancabile che ha trasferito «ilPapa di Roma» e la sua potenzasimbolica in ogni stadio, piaz-za, aeroporto delle nazioni do-ve si è presentato. Convinto cheil suo pulpito non poteva piùessere una scrivania vaticana, èandato lui stesso a incontrarenei cinque continenti i disere-dati e gli intellettuali, i politici ela gioventù, i fedeli cattolici e iseguaci delle altre religioni.

Il Papa romano in visita al pa-triarca buddista di Bangkok, inmeditazione nella moschea diDamasco, in preghiera davantial Muro del Pianto, dinanzi allatomba di Gandhi o contornatodagli indiani d’America è l’im-magine di chi si slancia verso ilmondo perché ha molto da di-re, perché si sente “dentro” ilmondo e capace di pronuncia-re parole che toccano i contem-poranei. Certamente ha susci-tato — e non poteva essere al-trimenti — critiche, dissensi,contestazioni, però anno dopoanno si è imposto come inter-locutore. Divorzio e contracce-zione sono le sue battaglie per-se, non reggono i suoi veti con-tro le leggi sull’aborto o le cop-pie di fatto né il ripudio dell’o-mosessualità né l’esclusionedelle donne dal sacerdozio. Ep-pure in una società affascinatadal pensiero debole GiovanniPaolo II ha portato caparbia-mente il discorso sui valori e lerelazioni, sulla fede e la ragio-ne, sul fine ultimo delle struttu-re politiche ed economiche.

Il fatto stesso che si sia ipotiz-zato per lui il Nobel, il più laicodei premi, è segno di quanto lasua persona si sia radicata sullascena contemporanea. Gio-vanni Paolo II ha trasformato ilpapato. Prima di lui, i romanipontefici erano capi della Chie-sa cattolica, al massimo perso-nalità eminenti del mondo cri-stiano. Con Karol Wojtyla il Pa-pa di Roma è diventato porta-voce dei diritti umani, «co-scienza dell’umanità allo statopuro», ha detto poeticamente ilcardinale Roger Etchegaray,

Quel giorno, sotto la

Porta di

Brandeburgo,

Giovanni Paolo II ed io

ci trovammo soli.

Certo, eravamo

circondati

da migliaia

e migliaia di persone,

ma nononostante

ciò, molto soli

HELMUT KOHL

La ringraziamo. Per

tanti anni Lei ha

innalzato i nostri

spiriti e toccato i nostri

cuori. Per tanti anni

Lei ci ha sfidato a

pensare alla vita non

per ciò che possiamo

accumulare per noi

stessi, ma per ciò

che possiamo dare

di noi stessi

BILL CLINTON

Quale significato attribuisco ai25 anni di pontificato diWojtyla? Ha cambiato il mon-

do. Nell’era della laicità e del mate-rialismo è venuto un cardinale sco-nosciuto e ha mutato il corso dellastoria dell’umanità. Ognuno puòpensarla come crede, ma non si puònon riconoscere che esisterà un pri-ma e un dopo Papa Wojtyla. Senzaquesto pontefice, il secolo delle ditta-ture non si sarebbe chiuso. Quanto almio rapporto con lui, preferisco ri-cordare un incontro importante. Nelgiugno del 1983 il Papa venne in Po-lonia. Jaruzelski aveva soppresso Solidarnosc,molti di noi erano stati messi in carcere. Wojty-la a sorpresa fece sapere che voleva incontrarmi,una sfida aperta al regime. Quel segno rappre-sentò una svolta nella storia dei paesi dell’Est. Ilregime temeva che tra noi ci sarebbe stato chis-sà quale scambio di informazioni, invece Wojty-la passò quasi tutto il tempo a giocare con i mieifigli. Compresi che dopo il messaggio inviato ai

potenti, aveva intesa dare una delica-ta lezione anche a me. Lei mi chiedese condivido il giudizio di chi affermache senza Wojtyla il muro di Berlinonon sarebbe caduto. La prima cosache il Papa disse fu che non si dovevaavere paura. Quelle parole, nei Paesidel patto di Varsavia, furono ufficial-mente cancellate. Così capimmo cheerano i dittatori ad avere paura.

Definirei questo Papa provviden-ziale e decisivo. Come sarà il mondoquando Wojtyla non ci sarà più? Ilsuo travolgente effetto sarà semprepiù grande. E’ una presenza ormai ir-

reversibile: Wojtyla non ci lascerà mai. Quale ef-fetto mi fa assistere alla sua malattia? Mi com-muove. Vorrei che si riguardasse per vivere il piùa lungo possibile, così da indicarci la strada. Nonsappiamo dove andare e il mondo ha bisogno dilui. Però dobbiamo riflettere su cosa vuole direWojtyla mostrando la sua fragilità. Questo Papaè e resterà la forza dei deboli».(testimonianza raccolta da Giampaolo Visetti)

HA CAMBIATO IL MONDOED È LA FORZA DEI DEBOLI

I RICORDI DI LECH WALESA: “ LA SUA MALATTIA MI COMMUOVE”

SAN PIETRO, 16OTTOBRE 1978

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LA REPUBBLICA 25DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

13 MAGGIO 1981Durante un’udienza pomeridiana a piazzaSan Pietro, è gravemente ferito al bassoventre da alcuni colpi sparati dal turco Alì Agca. Resterà al policlinico AgostinoGemelli per venti giorni.

2 MARZO 1983Viaggio in Portogallo, Costa Rica,Nicaragua, Panama, El Salvador,Guatemala, Honduras, Haiti. Il 6 marzo a El Salvador prega sulla tombadel vescovo Oscar Romero.

29 SETTEMBRE 1979Primo viaggio negli Usa. Il 2 ottobre parlaper la prima volta all’Onu, dove riafferma ivalori della dignità umana. Il 6 ottobreil presidente americano Jimmy Carterlo riceve alla Casa Bianca.

16 LUGLIO 1984Breve vacanza sulle nevi dell’Adamello,dove oltre a sciare s’incontra con ilpresidente Sandro Pertini. Cinque mesiprima il Papa ha firmato il nuovoConcordato tra Italia e Santa Sede.

LUIGIACCATTOLI“KarolWojtyla.L’uomo di finemillennio”San Paoloedizioni, 1998

JUANARIAS“L’enigmaWojtyla”Borla, 1986

ALAIN DEBENOIST“La strategiadi GiovanniPaolo II”Arianna Ed.2002

CARLBERNSTEIN- MARCOPOLITI“Sua santitàGiovanniPaolo II e lastoria segretadel nostrotempo”Rizzoli, 1996

DOMENICODEL RIOKarol ilgrande. Storiadi GiovanniPaolo II”EdizioniPaoline, 2003

PAOLOFLORESD’ARCAIS“Etica senzafede”Einaudi, 1992

FILIPPOGENTILONI“KarolWojtyla.Ritratto nonstereotipatodi un papa difine millennio”Baldini eCastoldi,1996

ALCESTESANTINI“ConGiovanniPaolo II per levie delmondo. Lanuovageografia delpapato”Rubbettino,2000

GIANCARLOZIZOLA“L’ultimotrono. PapaWojtyla e ilfuturo dellaChiesa”Edizioni Il Sole24 Ore, 2001

in Polonia di Bibbie, editoria cat-tolica, aiuti alimentari, in partico-lare prosciutti e salumi ben na-scosti in valige da viaggio. Eranoragazzi e ragazze aderenti a «Gio-ventù studentesca», il movimen-to progenitoredi Comunione eliberazione fon-dato da don Lui-gi Giussani.Uno di quei ra-gazzi era un gio-vane studentedi filosofia, Roc-co Buttiglione,l’attuale mini-stro della Politi-che comunita-rie, uno degliamici più strettidi Wojtyla.

P r o f e s s o rB u t t i g l i o n e ,com’è nataquesta amici-zia?

«Devo tutto,come tanti altriamici, a donFrancesco Ric-ci, un dinamicosacerdote che,insieme a donGiussani neglianni Sessanta,ci mise in con-tatto con realtàgiovanili di tantipaesi dell’Est,C e c o s l o v a c -chia, Bulgaria, Polonia. Il punto diriferimento di queste iniziativeera il Centro studentesco europeodi Forlì che stampava una rivista

che, spesso, ospitava anche arti-coli di studiosi dell’Est. In un nu-mero del 1967 la rivista pubblicòper la prima volta un saggio del ve-scovo di Cracovia Karol Wojtyladal titolo “Il cristiano e la cultura».Il 28 giugno 1967 fu consacratocardinale da Paolo VI».

Cosa aveva scritto il futuro pa-pa in quell’articolo?

«Quel saggio fu una grande sco-perta: Wojtyla parlava dell’avven-to cristiano non come di una cul-tura, ma come di vere e proprie ra-dici del nostro continente. Un av-vento di fede che ha significatodialogo, reciproco rispetto, soli-darietà. Concetti innovativi perquel tempo e in quel contesto.Dopo quell’articolo, i nostri pelle-grinaggi in Polonia diventaronopiù frequenti, ed entrammo incontatto con tutte le realtà cultu-rali sorte intorno a Wojtyla. Tra ipiù attivi, padre Blachnicki, fon-datore del movimento “Luce e vi-ta”, da cui sarebbe sorto il sinda-cato libero Solidarnosc».

Come fu il primo incontro?«Fu molto simpatico e casuale.

Ci incontrammo per la prima vol-ta a Czestochowa. Il futuro Papaentrò in una chiesa attratto dastrani canti eseguiti da un gruppodi stranieri. Pare che fu incuriosi-to dal fatto che non riusciva a ca-pire in quale lingua quei ragazzicantavano. Quando ce lo chiese,rispondemmo che eravamo ita-liani e che stavamo cantando inpolacco. Si fece una grande risatae da quel giorno diventammoamici».

Come era l’uomo Wojtyla?«Straordinario. Lo dico perché

è vero. Attivo, intraprendente,pronto al dialogo e, soprattutto,all’ascolto e all’insegnamento delvalore della conoscenza, del ri-spetto e della tolleranza. Non fuun caso che intorno a lui videro laluce riviste libere e circoli cultura-li di impostazione sia religiosa cheliberale. Wojtyla era il perno ditutto questo movimento. Con noiitaliani, poi, l’amicizia dette luogoanche ad altre forme di compli-cità sia sul piano culturale chepratico».

Vale a dire?«Mettemmo in atto una sorta di

contrabbando culturale: intro-ducemmo in Polonia oltre 50 mi-la Bibbie “clandestine” e libri reli-giosi non ammessi dal regime.Nelle valige, don Ricci spesso na-scondeva anche prosciutti e tantialtri generi alimentari».

E monsignor Wojtyla lo sape-va?

«Certamente. Era informato ditutto. Anche quando diventò car-dinale. Anzi, con la porpora il suoimpegno aumentò perché dasempre aveva in animo di far cele-brare il Concilio Vaticano II anchenella sua diocesi di Cracovia. Lui,infatti, pensava che il Concilio,dopo la conclusione di Roma, an-dava “esportato” nelle diocesicon l’indizione di Sinodi ad hocper renderlo più popolare. Lo fecenel 1971, da cardinale, a Cracovia,dove lo concluse nel 1979 da papadurante il primo viaggio in Polo-nia».

Sentivate che il cardinaleWojtyla sarebbe diventato papa?

«Noi ragazzi no. Ma qualcunodel nostro gruppo sì. Forse non fuun caso che don Ricci — nel 1978collaboratore della Rai per l’infor-mazione religiosa — convinseVittorio Citterich ad aggiungerealla lista dei profili dei papabilianche il cardinale Wojtyla. Ebberagione».

PIANTÒ UNA CROCEDOVE VOLEVA UNA CHIESA

PARLA ROCCO BUTTIGLIONE CHE LO CONOBBE QUAND’ERA VESCOVO DI CRACOVIA

ORAZIO LA ROCCA

‘‘

,,

FEDE E CORAGGIO

Non abbiate paura!

Non dobbiamo

temere la verità. Non

bisogna aver paura

degli uomini, Non

abbiate paura di dio

Città del Vaticano

Verso la fine degli anni Ses-santa un oscuro vescovopolacco, neo don Camillo

di guareschiana memoria, alla te-sta di un agguerrito gruppo di vec-chiette e di fedeli, occupa una par-te di un’area destinata ad ediliziapopolare di Nova Huta, un sob-borgo presso Cracovia (Polonia),per costringere le autorità comu-niste del posto a costruirvi ancheuna parrocchia. Dopo mesi diinutili proteste fatte a colpi di ro-sari pubblici, messe all’aria aper-ta, novene, processioni, il vesco-vo decide di prendere simbolica-mente possesso del terreno con-teso installandovi una grandecroce. E’ la mossa vincente. Entropochi giorni, le autorità comuna-li di Cracovia cedono alla protestae decidono a malincuore di edifi-care la parrocchia. Proprio comeGuareschi aveva scritto in uno deisuoi più celebri racconti nella po-polare serie di Peppone e don Ca-millo. Solo che questa volta il pre-te capo-popolo in questione nonè un don Camillo «qualsiasi», maun monsignore destinato a farecarriera, Karol Wojtyla, arcive-scovo di Cracovia, futuro Giovan-ni Paolo II.

L’installazione dimostrativadella croce a Nova Huta per manodel vescovo di Cracovia è solo unodei tanti episodi che in quegli an-ni ebbero come testimoni ungruppo di studenti italiani entratiin contatto con monsignor Wojty-la e con i suoi parrocchiani uffi-cialmente per una serie di scambiculturali, ma sotto sotto ancheper la distribuzione clandestina

Il nostro mondo, così

lacerato dai conflitti,

segnato

dall’incomprensione e

talvolta dall’odio per

l’altro

ha il più grande

bisogno del suo

messaggio

di pace, di fraternità di

esigenza

umanistica, e di etica.

JACQUES CHIRAC

Oggi sto partecipando a

un miracolo. Nel paese

devastato

dall’ideologia

dell’odio arriva oggi il

messaggero

dell’amore. Nel paese

devastato

dal governo degli

ignoranti arriva il

simbolo

vivo della speranza.

VACLAV HAVEL

I LIBRI SU DI LUI

Venticinque anni di Pontificato,un anniversario importante.Perché il Papa è un esempio ra-

rissimo di come sia possibile conci-liare la grande politica e i valori mora-li, in nome della pace. Io non sonocredente, ma ho sempre pensato cheil mio incontro con Giovanni Paolo IIsia stato in qualche modo voluto dal-la Provvidenza. Era il primo dicembre1989, un punto di svolta per me. Tranoi c’è stata subito simpatia, com-prensione, una vicinanza di sensibi-lità. Mi commosse il fatto che il Papasi sforzasse di parlarmi in russo. Da al-lora io e il Santo Padre ci siamo visti molte voltee col tempo l’affinità di vedute tra noi ha assun-to una forma più compiuta. A quel tempo il mon-do era diviso in due blocchi. Più tardi ho comin-ciato a capire che eravamo uniti dalle stesse in-quietudini per le sorti de mondo. Più volte il Pon-tefice mi ha parlato della sua profonda angosciaper le guerre, la povertà, i disastri ecologici.

In Occidente, si dice spesso che se il muro si

Berlino è crollato, lo si deve soprat-tutto al Papa. Io penso che Il Santo Pa-dre sia soprattutto un uomo di pace,e la strada che ha avvicinato l’Est el’Ovest sarebbe stata molto più arduae lunga, senza il suo contributo. E tut-tavia io credo anche che senza la pe-restrojka, i cambiamenti intervenutialla fine degli anni Ottanta in Urss, lapolitica del nuovo pensiero e dell’in-terdipendenza del mondo, sarebbestato impossibile cambiare le cose. Ioavrei molto desiderato, allora, di po-terlo invitare a Mosca. So che questoè anche il desiderio del Papa. Pur-

troppo i tempi della storia sono lunghi, a voltepiù lunghi di quanto noi desidereremmo. Tra lachiesa cattolica e quella russo-ortodossa le divi-sioni sono molto antiche. Per di più oggi la chie-sa russo-ortodossa sta affrontando un difficilepercorso di rinascita che richiede a tutti moltotatto e grande sensibilità.

(Testimonianza raccolta da FiammettaCucurnia)

QUELL’UOMO DI PACECHE MI PARLAVA IN RUSSO

LA TESTIMONIANZA DI MIKHAIL GORBACIOV

LIBRO-INTERVISTADEL 1994

Page 4: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

26 LA REPUBBLICA DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

LE TAPPE

PRINCIPALI

10 FEBBRAIO 1986Storica visita alla Sinagoga di Roma dove viene accolto dal rabbino capo Elio ToaffÈ il primo papa della storiache entra in una sinagoga

31 MARZO 1987Viaggio nel Cile di Augusto PinochetA giugno riceve in Vaticano KurtWaldheim, il presidente austriaco dalpassato nazista, malgrado le protestedelle comunità ebraiche

15 AGOSTO 1988Pubblica la lettera pastorale “Mulierisdignitatem”, il documento sulla dignitàdella donna, nel quale elogia il geniofemminile, ma conferma l’impossibilità delsacerdozio per le donne

I VIAGGI

POLONIAgiugno 1979

IRLANDA ESTATI UNITIsettembre-ottobre 1979

TURCHIAnovembre 1979

KENYA maggio 1980

FILIPPINEGIAPPONEfebbraio 1981

NIGERIA febbraio 1982

ARGENTINAgiugno 1982

LISBONACOSTARICA marzo 1983

POLONIA giugno 1983

LOURDESagosto 1983

AUSTRIAsettembre1983

COREATHAILANDIAmaggio 1984

CANADAsettembre1984

SANTODOMINGOottobre 1984

PERÙgennaiofebbraio 1985

KENYA agosto 1985

INDIAgennaiofebbraio 1986

COLOMBIAluglio 1986

BANGLADESHAUSTRALIAnovembredicembre 1986

POLONIAgiugno 1987

URUGUAY maggio 1988

ZIMBABWE settembre1988

MADAGASCARmaggio 1989

COREA ottobre 1989

Shoah in Polonia, di credente radi-cato nelle Scritture ebraiche. Nellasinagoga di Roma, durante la primavisita di un papa a un tempio ebrai-co, ha definito gli ebrei “fratellimaggiori” (usando l’espressionedel poeta polacco Mickiewicz). Hacapito il bisogno di sicurezza d’I-sraele e ne ha riconosciuto lo Stato,vincendo le incertezze della diplo-mazia vaticana. La sua visita inIsraele, tra il Muro del Pianto (dove

ha lasciato una richiesta di perdonoper l’antisemitismo), i luoghi santicristiani, il memoriale della Shoah,i luoghi santi islamici, ha rappre-sentato un capolavoro wojtiliano.Per un attimo è sembrato che laconvivenza pacifica fosse più pos-sibile, ma tutto è stato travolto dalconflitto.

L’ecumenismo del papa slavo haperò nei cristiani i suoi primi inter-locutori. Non si contano le visiteecumeniche: da Canterbury angli-

cana al Consiglioecumenico delleChiese ginevri-no, dal patriar-cato ortodossodi Romania al-l’Armenia doveha riconosciutoil Metz Yeghern(l’olocausto ar-meno nella pri-ma guerra mon-diale). E’ rimastachiusa invece lafrontiera dellaRussia ortodos-sa dove il papapolacco sognada sempre di re-carsi. I russi te-

mono la presenza cattolica nella lo-ro terra e vi leggono la riedizione deldisegno di espansione cattolica epolacca nelle terre di Mosca. A po-co sono valse le assicurazioni di Ro-ma e, mentre continuano i contatti,il patriarca russo Alessio II si negaad un incontro con il papa.

Tuttavia, nonostante gli evidentiproblemi tra cristiani, c’è una no-vità di prospettiva: i cristiani disu-niti sono passati dall’ignoranza vi-cendevole e dalla scomunica a untempo in cui si sentono una “fami-glia di comunità”. Come in tutte lefamiglie, le liti (anche forti) nonmancano. Il papa è di fatto il più au-torevole leader di questa famiglia.Wojtyla tiene all’ecumenismo. Loha mostrato fin dall’inizio del suopontificato, quando non ascoltò ilconsiglio dei servizi segreti francesidi evitare, per motivi di sicurezza, ilviaggio ecumenico a Istanbul dalpatriarca ortodosso. Già Ali Agcaaveva esternato le sue minacce. Nel1979 gli ambienti di Istanbul, traislamismo e nazionalismo, aveva-no avviato il progetto che portò poiall’attentato in piazza San Pietro.

Da venticinque anni, tra succes-si e insuccessi, Giovanni Paolo II èsulla frontiera del dialogo con cri-stiani e non cristiani. Critiche,esterne e interne alla sua Chiesa,non gli sono mancate. Il papa nondepotenzia con il dialogo la missio-ne cristiana? Non si piega ad un dia-loghismo politically correct? Il papadell’identità cattolica non può es-sere accusato di svenderla. La sua èuna posizione meditata. La Chiesadi Roma che, nel secondo dopo-guerra, con Pio XII, rifiutò un rap-porto con le religioni chiudendosiin una “magnifica solitudine”, oggiappare schierata per il dialogo. Nel-la sua esperienza del mondo con-temporaneo, ha colto il bisogno dirafforzare la convivenza pacificasulla scena internazionale e nellesituazioni locali. Wojtyla disse aicristiani libanesi, travagliati dallaguerra e alla ricerca di una convi-venza con i musulmani: “Spetta avoi far cadere i muri... è vostro com-pito costruire ponti”. Il papa, che halottato contro il Muro di Berlino,sente suo e dei cristiani l’ancor piùdifficile compito di costruire ponti.

ANDREA RICCARDI

Nell’ottobre 1986, in una Assi-si ventosa e invernale, Gio-vanni Paolo II comparve tra

esponenti ortodossi, protestanti,musulmani e di religioni asiatiche.Questa insolita immagine è forse lapiù celebre fotografia religiosa delNovecento. Il papa aveva invitato ileader religiosi del mondo a prega-re per la pace insieme, anzi “l’unoaccanto all’altro” come si precisavadal Vaticano. Karol Wojtyla, il papadell’identità cattolica, stupì molticon quel gestoinedito nella sto-ria del pontifica-to. Alcuni rima-sero perplessi. Itradizionalisti diLefebvre, dopoAssisi ’86, ratifi-carono lo scismacon Roma. Sisvelava la com-plessità diWojtyla. E’ il pa-pa dell’identitàcattolica ma, allostesso tempo,del dialogo, co-me ha affermatoPaul Ricoeur. Perlui non c’è con-traddizione. Ed il dialogo serve lapace. Il papa è consapevole del bi-vio di fronte a cui sono le religioni:legittimare le guerre o aiutare la pa-ce.

Nel 1979, un anno dopo l’elezio-ne di Wojtyla, Khomeini prendeva ilpotere in Iran dando un messaggiod’orgoglio musulmano. Tra l’altro,scriveva lettere piene di invettive alpapa come “servo” degli americani.Nel 1979 la visita papale ad Istanbulera stata accompagnata da insulti al“capo dei crociati”. Antiche tensio-ni stavano risorgendo. Wojtyla hachiaro da tempo che va evitato loscontro di civiltà (e di religione). Perquesto persegue il contatto. Non siillude su rapidi risultati con il mon-do musulmano che sa poco pene-trabile. Quando, nel 1985, peròHassan II gliene offrì l’occasione,lanciò un chiaro messaggio di pacea 100.000 giovani musulmani nellostadio di Casablanca: li invitò a una“gara” pacifica con i cristiani sulle“opere buone” (si trattava della pa-rafrasi di un versetto coranico).L’attenzione ai palestinesi, gli in-terventi per i musulmani nei Balca-ni e, soprattutto, il rifiuto delle dueguerre in Iraq hanno prodotto, ne-gli anni, tra i musulmani una diffu-sa simpatia per il papa. Oggi Wojty-la è probabilmente l’occidentalepiù popolare nel mondo arabo.

Il papa non vuole confusione trala Chiesa e la politica occidentale.Dopo l’11 settembre, nonostante lasua profonda partecipazione aldramma americano, ha dato fortisegnali contrari allo scontro di ci-viltà e alla guerra. Per la fine del Ra-madan del 2001, ha invitato, per laprima volta, i cattolici a digiunarecon i musulmani; all’inizio del 2002ha nuovamente convocato i leaderreligiosi nella città di San France-sco, mostrando come lo spirito diAssisi resti un passaggio irrinuncia-bile della sua visione del futuro.

Giovanni Paolo II, in questi anni,ha cercato di percorrere le tante viedel dialogo bilaterale con le religio-ni. Una molto delicata è quella del-l’ebraismo dove pesano le polemi-che sui “silenzi di Pio XII”. PerWojtyla, l’ebraismo fa parte dellasua esperienza giovanile di compa-gno degli ebrei, di testimone della

Io non sono credente, e

in generale non

subisco il fascino di

Giovanni Paolo II. Ma

nella tragica occasione

della guerra contro

l’Iraq, dal Pontefice

sono venute parole alte

e di grande coraggio.

Ha messo in

movimento forze

nuove

PIETRO INGRAO

Quel giorno ero al

Palasport di Mantova,

Stavo tenendo un

comizio, quando mi

consegnarono un

bigliettino. «Eletto il

papa», c’era scritto.

Continuai a parlare

come se niente fosse. Mi

mandarono un altro

biglietto:

«E’ un papa straniero...».

GIULIO ANDREOTTI

‘‘

,,

L’APERTURA

Apprezziamo le varie religioni non

cristiane, nel loro sforzo di

rispondere agli oscuri enigmi della

condizione umana.

Karol Wojtyla sale sulsoglio pontificio inun momento in cui il

mondo musulmano vedel’ascesa dei movimenti po-litici islamici; come hoscritto ne La rivincita diDio, l’ayatollah Khomeiniprende il potere e instaurala teocrazia in Iran; d’altraparte negli Usa Ronald Rea-gan sta mettendo a punto lasua politica infarcita di mo-tivi religiosi (“Dio ha messol’America tra i due Oceaniper governare il mondo...”),e i telepredicatori comin-ciano ad acquistare un pesoanche politico negli StatiUniti. In Israele era da pocosalito al potere Begin, sottol’impulso della crescenteimportanza dei movimentiultraortodossi. Le varie for-me di questo fenomenorafforzano nel nuovo Papala volontà di ricristianizza-zione. Nel contesto mon-diale il Pontefice scorgenell’Africa il primo punto diattrito tra Islam e Cristiane-simo, dove si confrontanole missioni cristiane e il pro-

selitismo islamico. Sua intenzione è quella di

mettere ordine nei rapportitra le fedi, anche a seguitodello smacco subito dallavicenda dei colloqui traesponenti islamici e cristia-ni organizzati (tra il ’72 e il’76) in Libia dal colonnelloGheddafi.

Nello stesso tempo in Eu-ropa acquista sempre piùpeso il partito di coloro chevedono nell’aumento del-l’immigrazione dai paesiislamici, la possibilità di re-cuperare le radici cristianedel Vecchio continente. IlPapa apre dunque all’Islamper poter stabilire un con-

UNA CHIESA FORTECHE APRE ALL’ISLAM

IL RAPPORTO CON IL MONDO MUSULMANO

‘‘

,,

Cristiani e musulmani

devono perdonarsi

a vicenda e non

tornare mai più in

conflitto

ASSISI, OTTOBRE 1986GIORNATA PER LA PACE

GILLES KEPEL

LA VISIONE ECUMENICA E IL RAPPORTO CON I LEADER IN FUNZIONE DELLA PACE

UN DIALOGO CONTINUOCON LE ALTRE RELIGIONI

Page 5: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

LA REPUBBLICA 27DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

1 DICEMBRE 1989Il Papa riceve per la prima voltain Vaticano l’allora segretariodel Pcus, Mikhail Gorbaciov,accompagnato dalla moglie Raissa

25 DICEMBRE 1990Giovanni Paolo II dedicala sua omelia di Natale controla guerra del GolfoFrequenti e appassionati i suoi interventi pacifisti

1 GENNAIO 1991Pubblica la “Centesimus Annus”,l’enciclica sul lavoro per il centenario della“Rerum Novarum”,la prima enciclica socialescritta da un papa, Leone XIII

31 OTTOBRE 1992Con un intervento alla PontificiaAccademia delle Scienze, riabilita Galileo Galilei cancellando l’anticacondanna comminatadalla Chiesa allo scienziato

GUINEA gennaiofebbraio 1990

CECOSLO-VACCHIAaprile 1990

MESSICOmaggio 1990

TANZANIA settembre 1990

POLONIAgiugno 1991

ALBANIAaprile 1993

DENVERagosto 1993

LITUANIALETTONIAESTONIAsettembre 1993

MANILA gennaio 1995

JOHAN-NESBURGNAIROBIsettembre 1995

SARAJEVOaprile 1997

REPUBBLICACECAaprile 1997

BEIRUTmaggio 1997

CUBAgennaio 1988

CITTÀ DELMESSICOgennaio 1999

MONTESINAIfebbraio 2000

TERRASANTAmarzo 2000

FATIMAmaggio 2000

SIRIAmaggio 2001

TORONTO luglio 2002

POLONIAagosto 2002

SPAGNAmaggio 2003

CROAZIAgiugno 2003

BOSNIAERZEGOVINAgiugno 2003

SLOVACCHIAsettembre2003

LA NUOVA PACE

CON I FRATELLI EBREI

RECANDOSI AL MURO DEL PIANTO HA RESO VISIBILE A TUTTI LA FINE DI UN’ERA

DAVID ROSEN

nale impegno di Papa GiovanniPaolo II a portare a una rotturaradicale con la precedente teolo-gia. Su Giovanni Paolo II ha in-dubbiamente influito la suaesperienza durante la SecondaGuerra Mondiale, ma anche isuoi incontri personali su questoargomento, in particolare quellicon Jules Isaac.

Così, questo fu uno dei punticentrali che Giovanni XXIII tentò

di affrontare con la convocazio-ne del Secondo Concilio Ecume-nico Vaticano. Come risultato, ildocumento noto come “NostraAetate”, pubblicato nel 1965, ri-pudiava categoricamente “l’in-segnamento del disprezzo” ver-so gli ebrei e introduceva la “rivo-luzione positiva” nell’insegna-mento della Chiesa per quantoriguardava il popolo ebraico e ilgiudaismo, e ciò ha continuatonegli ultimi trent’anni. In questo

documento, laChiesa respin-geva l’idea diuna responsa-bilità collettivae perpetua perla morte di Ge-sù, affermava ilPatto Divinocon il popoloebraico comeeterno e nonsciolto e con-dannava l’anti-semitismo.

Dopo “No-stra Aetate”, ilVaticano, e Pa-pa GiovanniPaolo II in par-

ticolare, ha accelerato il proces-so di riconciliazione cattolicacon il popolo ebraico, afferman-do l’esistenza di un legame spe-ciale con esso e condannandoinequivocabilmente il peccato diantisemitismo. Nel 1990, il Papaconfermò anche la dichiarazio-ne fatta a Praga dal CardinaleCassidy, Presidente della Com-missione Vaticana per le Rela-zioni Religiose con gli Ebrei, che“il fatto che l’antisemitismo ab-bia trovato posto nel pensiero enell’insegnamento cristiano, ri-chiede un atto di Teshuvà (penti-mento) da parte sua”. Lo stessoanno, ricevendo l’Ambasciatoredella Germania unita, Papa Gio-vanni Paolo II disse che “per i cri-stiani, il pesante fardello dellacolpa per l’assassinio del popoloebraico deve essere un richiamocontinuo al pentimento, così po-tremmo superare ogni forma diantisemitismo e stabilire nuoverelazioni con la nostra sorella na-zione del Vecchio Patto”. (…) Pa-pa Giovanni Paolo II aveva giàespresso il suo personale ricono-scimento della centralità diIsraele per gli ebrei nel suo di-scorso ai leader della comunitàebraica di Miami, l’11 settembre1987, dichiarando che “dopo iltragico sterminio della Shoah, ilpopolo ebraico ha cominciatoun nuovo periodo della sua sto-ria. Esso ha diritto a una patria,come ogni nazione civile, secon-do i dettami della legge interna-zionale [ed è ciò che ci auguria-mo] per gli ebrei che vivono nel-lo Stato di Israele …”. (…) Non èpossibile mettere il passato allenostre spalle in una notte. Ri-mangono profonde differenzeteologiche e anche differenzenella memoria storica e nell’in-terpretazione del passato. Tutta-via, siamo indubbiamente en-trati in una nuova era di rapportiebraico-cattolici, in un viaggio diriconciliazione e collaborazionedi cui la visita del Papa in Israelerappresenta una pietra miliare.

(copyright, Ministero degliEsteri di Israele - traduzione di

Guiomar Parada)

Il ripudio dell’antisemitismo,che il Papa Giovanni Paolo IIha condannato in diverse oc-

casioni come peccato contro Dioe contro l’uomo; la sua identifi-cazione con la sofferenza degliebrei, nella Shoah in particolare;le sue espressioni di contrizioneper l’ostilità e la violenza dei cri-stiani verso gli ebrei; la sua com-prensione di ciò che Israele si-gnifica per il popolo ebraico equindi l’importanza di aver sta-bilito relazionicomplete tra laSanta Sede e loStato d’Israelenel contestodella riconcilia-zione cattolicacon il popoloebraico; tuttociò era statodetto e com-piuto ben pri-ma della visitadel Papa inIsraele.

Eppure, leimmagini delPapa a Yad Va-shem e al Murodel Pianto, cosìcome l’accoglienza di Stato al-l’aeroporto Ben-Gurion e nellaresidenza del Presidente, hannotrasmesso al mondo, come maiprima, la realtà di questa sor-prendente trasformazione degliatteggiamenti e dell’insegna-mento cattolico verso il popoloebraico.

Di particolare risalto è statol’impatto di queste e di altre im-magini sugli israeliani. Gli ebreiisraeliani non vivono in un am-biente cristiano, non incontranocristiani nella vita di ogni giorno.Le immagini della cristianità cheportano con sé sono soprattuttoriferite al tragico passato. Pro-prio perché gli israeliani sannocosì poco dei cambiamenti avve-nuti nel mondo cattolico negliultimi 35 anni, la visita del Papaha scosso molti quando hannoscoperto che la Chiesa Cattolicanon è più ostile verso l’ebraismoe che cerca un rapporto positivoe di rispetto con il popolo cheGiovanni Paolo II ha descrittocome “gli amati fratelli maggiori(della Chiesa) del patto originalemai revocato da Dio.”

Questa realtà, che la maggiorparte degli ebrei ha scoperto sol-tanto grazie alla visita del Papa, èovviamente il risultato di una no-tevole trasformazione dell’at-teggiamento e dell’insegnamen-to cattolici. Nel corso della storia,il cristianesimo ha presentatoquasi sempre gli ebrei come re-spinti da Dio, sostituiti dallaChiesa e condannati a soffrire evagare, per non aver riconosciu-to il messaggio della fede cristia-na. Quest’atteggiamento era allabase dell’ostilità della ChiesaCattolica alla sola idea di un ri-torno del popolo ebraico alla suaterra originaria per ristabilirvi lasua sovranità.

Sebbene lo spirito della mo-derna ricerca accademica siastato molto vicino alle nuovetendenze, esistenti già nel primoperiodo del secolo scorso, ten-denti a una revisione dell’inse-gnamento cattolico per quantoriguardava gli ebrei, sono statil’impatto della Shoah e il perso-

La voce di Giovanni

Paolo II si fa sentire

contro

il neoliberismo, come

quella di Fidel

Castro.

Papa Wojtyla parla

oggi delle attese

dell’America Latina e

dei poveri

di tutto il mondo

FAUSTO BERTINOTTI

Abbiamo sentito Sua

Santità Giovanni

Paolo II predicare con

inesauribile energia la

fratellanza fra

tutti i popoli, ai milioni

di donne e uomini

accorsi a Roma. Di

questa sua opera, della

sua prorompente

umanità, noi gli siamo

grati

CARLO AZEGLIO CIAMPI

I VIAGGI

‘‘

,,

EBREI, FRATELLI MAGGIORI

Cari amici e fratelli ebrei,

voi siete i nostri fratelli

prediletti, i nostri

fratelli maggiori

fronto grazie al quale siconfermi la saldezza e laforza delle radici cristiane.In questi primi anni viag-gerà molto nei paesi islami-ci (Sudan, Marocco, Siria)per riconoscere l’Islam emostrare che la Chiesa noncede di fronte all’espansio-nismo religioso dei fedelidella Mecca. Il motivo difondo dei suoi viaggi non ètanto il proselitismo in luo-ghi dove i cristiani sono laminoranza, ma piuttostoun monito sulla forza delcattolicesimo.

Giovanni Paolo II si è in-fatti confrontato con loscacco del dialogo tra le re-

ligioni avviato dai prede-cessori, allorquando molticattolici hanno scopertoche gli interlocutori si era-no disposti al dialogo soloper riaffermare la supre-mazia del loro credo. Que-sto Papa ha riaffermato l’i-dentità cattolica così comeaveva fatto nei confrontidell’altra grande sfida delsuo tempo: la secolarizza-zione della società occi-dentale.

E in tutti questi anni l’i-dea del Papa non è mutata:riconoscere le istanze mu-sulmane per riaffermare l’i-dentità cattolica, anche inquanto espressione cristia-na per eccellenza. Neanchel’11 settembre ha cambiatoquesto orientamento: ilcattolicesimo incarnato dalPapa ha riaffermato la vo-lontà di rappresentare l’i-deologia dell’Occidente.Nello scontro di civiltà sca-turito dall’11 settembre, ilcattolicesimo trova un’oc-casione per recuperare ilsuo ruolo d’ideologia cen-trale.

SINAGOGA DI ROMA13 APRILE 1986

Page 6: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

28 LA REPUBBLICA DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

LE TAPPE

PRINCIPALI

20 OTTOBRE 1994Esce “Varcare la soglia della speranza”(Mondadori), il libro intervista con il papacurato da Vittorio Messori: con oltre 20milioni di copie vendute nel solo ’94 è unodei maggiori best seller della storia

25 MARZO 1995Pubblica l’enciclica “Evangelium vitae”che ribadisce la condanna di aborto,eutanasia e contraccezione. A gennaio erastato a Manila: davanti a lui si eranoradunati oltre quattro milioni di fedeli.

8 MAGGIO 1993Pochi giorni dopo il ritorno dalla primavisita nell’Albania post-comunista,pronuncia una storica condanna dellamafia ad Agrigento: «Mafiosi convertitevi!Un giorno verrà il giudizio di Dio».

LE ENCICLICHE

1979Promulga lasua primaenciclica,“Redemptorhominis”, suCristoredentoredell’uomo edel mondo

1980“Dives inmisericordia”,su Dio Padre,«ricco dimisericordia»

1981“Laboremexercens” sulmondo dellavoro

1985“Slavorumapostoli”, suirapporti traChiesa epopoli slavi

1986“Dominum etVivificantem”,sullo SpiritoSanto. Inquestaenciclica, c’èil primoannuncio delGiubileo del2000

1987E’ l’anno delledueencicliche. Unvero recordnel suogenere. Laprima è la“RedemptorisMater”,dedicata allafigura e alruolo dellaMadonnanella storiadellaredenzionedell’uomo. La secondaenciclica è la“Sollicitudorei socialis”,sulle questionisociali e delmondo dellavoro. Inquestodocumento,Wojtylarilancia le tesisociali di unpredecessoreLeone XIII, ilprimoponteficedella storia adaver scrittouna enciclicadedicata aiproblemi dellavoro e dellasocietà.

Il dialogo è unidireziona-le, insomma: si parte dal ri-conoscimento che “sarebbedi poco aiuto una filosofiache non procedesse alla luce

della ragionesecondo pro-pri principi”,ma si prose-gue con l’inti-mazione che“ogni sistemafilosofico…deve ricono-scere la prio-rità del pen-sare filosofi-co, da cui traeorigine e a cuideve servirein forma coe-rente”, perc o n c l u d e r eche tale“pensare filo-sof ico” facorpo unicocon un “nu-cleo di cono-scenze filoso-fiche la cuipresenza ècostante nel-la storia delp e n s i e r o ” :nucleo, guar-da caso, checoincide conla “capacitàdi conoscere

Dio, la verità e il bene” oltreche “alcune norme fonda-mentali che risultano comu-

nemente condivise”. Si trat-ta del Dio della Chiesa di Ro-ma, beninteso, e della mora-le propugnata dal suo som-mo Pontefice (contestata edisapplicata dalla maggio-ranza del suo stesso gregge,come conferma ogni inchie-sta diocesana).

Nessuna meraviglia, per-ciò, che tutto si riduca all’en-nesima riaffermazione delvalore “incomparabile dellafilosofia di san Tommaso” edella pretesa che “il Magiste-ro ecclesiastico può e deveesercitare autoritativamen-te, alla luce della fede, il pro-prio discernimento criticonei confronti delle filosofie edelle affermazioni che siscontrano con la dottrinacristiana”. Di diverso dal Sil-labo c’è solo la vernice sintat-tica.

Si dirà che un Papa nonpuò affermare diversa-mente. Probabile. Ma per-ché voler spacciare il dog-ma di sempre per un collo-quio “alla pari” con la ra-gione che dubita? In realtàil papato di Karol Wojtylasembra ossessionato pro-prio dal timore di cedimen-to alle sirene del dubbio, diuna deriva “protestante”,insomma, in agguato per laChiesa. Se il futuro cattoli-co fiorirà in questo arrocca-mento dogmatico, o nel “sìsì, no no” evangelico, reli-gione degli ultimi, non sta anoi dirlo.

UN LUNGO MAGISTERO

NEL SEGNO DELL’ETICA

LA SPIRITUALITÀ ALLA LUCE DELLA “FIDES ET RATIO”

PAOLO FLORES D’ARCAIS

‘‘

,,

FEDE E VERITÀNon è possibile

conoscere a fondo il

mondo e gli

avvenimenti della

storia senza professare

la fede in Dio

Paradosso della secola-rizzazione, che tuttometabolizza, omolo-

gando anche dogmi di fede econfessioni religiose: è assaiprobabile che il futuro ricor-derà Karol Woityla per la suagrandezza politica, per isuoi successi mondani. Perla tromba della sua parolaprofetica, che propiziò ilcrollo di un muro più sini-stro di Gerico. O perfino peril suo grido di pace, nella sof-ferenza quasi ormai senzavoce, che smaschera la iat-tanza imperiale di Bush fi-glio e della guerra più bu-giarda.

Ma Giovanni Paolo II èstato anche, senza rispar-mio, un Papa di dottrina,morale e teologica: oscu-rantista, sotto entrambi iprofili, perché fedelissima altra-mandato, alla Veritàmaiuscola della tradizioneapostolica. Secondo l’erme-neutica di Santa RomanaChiesa.

Nell’enciclica VeritatisSplendor ha perciò fulmina-to di dogmatica rampognatutta la teologia non allinea-ta (in primis - e “vade retro” -quella teologia della libera-zione che tanti entusiasmi dirinnovamento aveva solle-vata in America Latina e intutta la cristianità non opu-lenta).

Ma sarà infine con Fides etRatio, sorta di consapevoletestamento teoretico, cheribadirà il trionfalismo delprimato (razionale!) dellafede sulla ragione, e con-dannerà nella “nefasta se-parazione” della filosofiadalla Verità (della Chiesa:alcuni secoli di pensiero, in-somma, dall’Umanesimo aigiorni nostri), cioè nellapretesa – smisurata e diabo-lica - dell’uomo all’autono-mia (autos-nomos, darsi dasé la propria legge, niente-meno: da cui nascerà la de-mocrazia), la radice dellesciagure e degli orrori chesegnano la modernità: finoai totalitarismi nazista e co-munista, ribadirà in molteomelie.

Questa catafratta ripulsadella tradizione illuministae dei suoi antecedenti (ana-temizzata in toto) vieneproposta con l’apparenzadell’umiltà: come “diaconiadella verità”, dunque al ser-vizio di una ricerca che èl’essenza stessa dell’uomo,“e spesso l’unico terrenod’intesa e di dialogo con chinon condivide la nostra fe-de”. Questa straordinariaapertura, che sembra porresullo stesso piano di dignitàcredente e non credente(perfino oltre la distinzionegiovannea di “errore” ed“errante”), per cui la comu-nità credente è soprattutto“partecipe dello sforzo co-mune che l’umanità com-pie per raggiungere la ve-rità”, si rovescia nel suo op-posto, per mutamenti in-sensibili e surrettizi slitta-menti: “non è possibile co-noscere a fondo il mondo egli avvenimenti della storiasenza confessare al con-tempo la fede in Dio che inessi opera”!

Papa Wojtyla dice

oggi quel che la chiesa

ha sempre detto e cioè

che il cristiano non

può vivere in

contrasto con la sua

fede e deve quindi

trasformare la società

in cui vive in modo

che tra società e fede

cristiana regni una

profonda armonia

EMANUELE SEVERINO

Il Papa è sostenitore di

una tendenza

cooperativa fra le

religioni. Lui ci crede

e vorrebbe fare di più.

Guardate quel che è

successo con il “mea

culpa” sugli scismi

ortodosso e

protestante. I cardinali

si sono opposti al gesto

del pontefice

ENCICLICAFIDES ET RATIO

HANS GEORG GADAMER

«Ora voglio incontrarmi con il Santo Pa-dre. Insieme dobbiamo parlare dimolte cose. Un mese fa, quando ho sa-

puto dai giornali che era candidato al Nobel perla Pace ho subito pensato che questa sarebbe sta-ta la volta buona. Peccato. Adesso, in ogni caso,vorrei vederlo». La voce di Mehmet Ali Agca giun-ge dal profondo del carcere di Kartal Maltepe, laprigione di massima sicurezza sulla sponda asia-tica di Istanbul, lo stesso da cui evase (molti dico-no: fu fatto evadere) in vista dell’attentato al pon-tefice. Gutturale e stentorea, ha un timbro che famisurare la distanza con un evento che apparetuttora lontano e misterioso.

Venticinque anni dopo l’elezione di Wojtyla alsoglio papale, e ventidue dal tentativo di assassi-narlo in mezzo a piazza S. Pietro, il Lupo grigiouscito dall’Anatolia non appare più la stessa per-sona, ma un distinto signore dai capelli cortissi-mi e bianchi, vestito con un elegante abito scuro,e sideralmente lontano dal killer scelto per inca-

richi speciali. Aveva 23 anni quando fu catturatoil 13 maggio 1981 mentre cercava di allontanarsipistola in pugno dal colonnato di piazza S. Pietro,ora ne ha 45 e aspetta con ansia il momento diuscire per sempre dal suo incubo.

Agca ha scontato tutto il periodo richiesto perun atto che, ricorda, ha «solo ferito, non ucciso unuomo, benché fosse il papa». E per questo ha fat-to in Italia 19 anni di carcere in isolamento quasitotale. Da allora, dopo la grazia accordatagli dalpresidente della Repubblica, Carlo AzeglioCiampi (dietro intesa con le autorità vaticane), èrinchiuso a Kartal Maltepe. Non più per il tenta-to omicidio del papa, né per quello di Abdi Ipek-ci, direttore del quotidiano Milliyet, ma per unaserie di furti e rapine compresa quella a un furgo-ne di gazzosa. Sette anni, di cui ora ne mancanoall’appello poco meno di quattro.

Eppure Agca, nonostante le astuzie, le smenti-te, le finte pazzie, mantiene dopo oltre 22 anni diinternamento una lucidità invidiabile. Difatti,

ALI AGCA: ADESSO

VORREI VEDERLO

L’UOMO CHE ATTENTÒ ALLA SUA VITA È ORA IN UN CARCERE TURCO

MARCO ANSALDO

Page 7: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

LA REPUBBLICA 29DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

10 MAGGIO 1997Storico viaggio in Libano dove celebra, aBeirut, la messa davanti a duecentomilapersone. Il 24 agosto invece è a Parigi perun’oceanica giornata mondiale della gioventù.

21 GENNAIO 1998Wojtyla vola a Cuba e incontra FidelCastro all’Avana. Nello stesso anno, amarzo accompagna con la lettera “Unariflessione sulla Shoah” il documentovaticano “Noi ricordiamo”.

15 NOVEMBRE 1996In occasione del cinquantesimoanniversario del suo sacerdozio pubblica ilvolume autobiografico “Dono e mistero”.Nell’ottobre si era ricoverato al Gemelli perun intervento di appendicite.

24 DICEMBRE 1999Apre la Porta Santa in San Pietro per ilGrande Giubileo del 2000, facendoseguito alle parole che gli aveva detto ilcardinale Wyszynski: «Dovrai guidare laChiesa nel Terzo Millennio».

1990“Redemptorismissio”,sull’impegnomissionariodella Chiesa: èil testo-basedel pontificatodi Wojtyla sulruolo chemigliaia direligiosi ereligiosesvolgono nelleterre dimissione peraiutare ibisognosi ediffondere laparola di Dio.

1991“Centesimusannus”, sullequestioni dellavoro e dellagiustiziasociale. Conquestaenciclica,papa Wojtylacelebra i centoannidall’enciclica“Rerumnovarum” delponteficeLeone XIII

1993“Veritatissplendor” sullaimportanzadella moralecattolica:il Paparibadisce, tral’altro, lacondannadell’aborto edel controllodelle nascite

1995“Evangeliumvitae”, suiproblemi eticidella societàattuale

1995 “Ut unumsint”,argomentiecumenismo eunità deicristiani

1998“Fides etratio”, sulrapporto tra lafede e laragione

2003L’ultimaenciclica siintitola“Ecclesia deEucharistia”,sullaEucaristia nelsuo rapportocon la Chiesa

nismo di Reagan, convintodi potere e dovere converti-re i sudditi di Mosca alla “ve-ra fede” – quella nei valoriamericani/universali di li-bertà e demo-crazia. E c’èmolto di geo-politico e distrategico, ol-tre che dip r o f o n d a -mente pa-triottico, nelsostegno –c o o r d i n a t ocon gli ameri-cani - del pa-pa polacco aSolidarnosc eai movimentiche nell’Est siapprestano adare l’ultimaspallata al fa-tiscente edifi-cio imperial-c o m u n i s t a .Per consenti-re così all’Eu-ropa di “re-spirare con isuoi due pol-moni”, comeama ripetereG i o v a n n iPaolo II.

Sino a pocotempo fa, pa-reva che neilibri di storia questo papafosse destinato ad essereclassificato come il liquida-tore dell’impero sovietico, il

liberatore della Polonia edegli altri paesi oppressi daltallone sovietico.

Forse si è esagerato il suoruolo nell’abbattimento delMuro, frutto dell’effettocombinato dell’offensivareaganiana e delle pulsionisuicide dei vertici sovietici -oltre che dell’inettitudine diGorbaciov, partito per rifor-mare l’Urss e ridotto a pre-siedere al suo smantella-mento. Ma senza il papa po-lacco, il processo sarebbestato meno tumultuoso enon esibirebbe lo stigma diun cambiamento d’epocanon solo geopolitico ma an-che spirituale.

Contrar iamente a l leaspettative di molti, il se-condo Wojtyla non si è peroassoggettato al compito dibenedire la bandiera deivincitori. Per lui, la cadutadel comunismo era appuntoun evento anzitutto spiri-tuale. Non comportava l’a-desione al modello di vitaamericano, tantomeno l’e-saltazione del capitalismotrionfante.

La sconfitta dell’Est nondoveva ridursi a vittoria del-l’Ovest. L’idea di una solasuperpotenza, capace didettare i suoi voleri e la suacifra esistenziale al resto delmondo, non poteva essereaccettata dal capo dellaChiesa cattolica, dunqueuniversale. In termini geo-politici, questo approccio sitraduceva nel rifiuto di co-struire nuovi Muri, persinopiù divisivi del Muro di Ber-lino. Stavolta non contro ilcomunismo, ma contro l’i-slam.

L’11 settembre ha misura-to la distanza fra America eChiesa romana nella visionedel mondo. Mentre il presi-dente degli Stati Uniti attin-geva alla retorica della cro-ciata contro il terrorismoislamico, il papa di Romaevitava ogni riferimento allo“scontro di civiltà”. Anzi, sipreoccupava di mostrare lapropria avversione per lateoria della guerra preventi-va e per la pratica della guer-ra all’Iraq; non ultimo, per iltono clericale con cui a Bushè capitato di propagandarla.Di papa ne basta uno.

Molti in Vaticano sonoconvinti che lo scandalo de-gli abusi sessuali compiutida preti americani sia unaperfida risposta della lea-dership Usa alle critiche diWojtyla, che in questi annihanno investito le scelte po-litiche e morali della super-potenza a stelle e strisce. Si-curamente non è così. Ma lareciproca incomprensione ediffidenza fra Casa Bianca eChiesa cattolica resterà il la-scito geopolitico più contro-verso di questo papato. Con-troverso persino nello stes-so corpo ecclesiastico. Ilgiorno in cui a San Pietroabiterà un uomo meno cari-smatico, questa ed altre cre-pe che incrinano la facciatadi Santa Romana Chiesa ap-pariranno nella loro profon-dità. Così forse scopriremonell’irripetibile antimoder-nità di Wojtyla il filo rossodel suo papato.

LA DOPPIA STRATEGIA INTERNAZIONALE: IL CROLLO DEL MURO LA DISTANZA DAGLI USA

LUCIO CARACCIOLO

‘‘

,,

MERCATO E SOCIETÀ

Il libero mercato da sé

non può garantire il

bene comune, perché ci

sono molti bisogni

umani che non hanno

posto nel mercato

Wojtyla campionedell’anticomuni-smo ed eversore

del l ’ impero soviet ico.Wojtyla critico del capitali-smo, icona del pacifismo,contraddittore della super-potenza americana. La stes-sa persona, lo stesso papa,due incarnazioni geopoliti-che apparentemente oppo-ste. Eppure, a ben guardare,nella parabola geopolitica diGiovanni Paolo II c’è piùcoerenza di quanta se nepossa subito percepire. Lacoerenza di chi vuole esserecapito dal di dentro, non daldi fuori. Consapevole deiprivilegi e dei limiti di un po-tere spiritualmente pervasi-vo quanto mondanamenteirresponsabile.

Il primo Wojtyla coincidecon la crisi terminale dell’U-nione Sovietica e con l’av-vento alla presidenza degliStati Uniti di Ronald Rea-gan. Due uomini profonda-mente diversi, ma uniti nel-la convinzione che il comu-nismo sia intrinsecamentefragilizzato dal ripudio delladimensione trascendenteche è in ognuno, prima cheda errori e orrori del sistema.

A Washington e a Roma siissa quasi contemporanea-mente, negli anni Ottanta, ilvessillo della riscossa. Non sitratta di contenere il comu-nismo, ora si può rovesciar-lo. C’è molto di religioso e diapocalittico nell’anticomu-

Giovanni Paolo II è

un papa

straordinario,

inimitabile,

profondamente altro

da ogni suo

predecessore, che

innova

la Chiesa a

molteplici livelli.

Senza

esclusione alcuna

JEAN GUITTON

Giovanni Paolo II è

quanto si possa sperare

di più “funky” per un

pontefice romano. Dà

l’impressione di uno

dal quale, quando era

giovane, avresti

temuto un pugno.

Oggi tutta

quell’energia è rivolta

allo spirito

BONO

non ha mai detto niente di veramente credibile,mai rivelato nulla di compromettente — soprat-tutto per altri — sul perché di quel gesto. Ha con-tinuato a ripetere, da attore consumato, la ver-sione che lo ha portato fuori dall’Italia, di «un ge-sto isolato fatto da un giovane disperato». Masenza mai avallare, tranne quando gli faceva co-modo, l’ipotesi di un complotto internazionale,smentita puntualmente.

L’inchiesta, da molti anni ormai, è chiusa, e glistessi magistrati che l’hanno condotta, RosarioPriore su tutti, ammettono di essersi trovati allafine di fronte a ostacoli insormontabili. Agca nic-chia. Non conferma e non smentisce. Rivela a po-

chi intimi: «Parlerò quando sarò libero». Quando tornerà fuori, Ali intende come prima

cosa tornare a Roma, abbracciare l’uomo che vo-leva uccidere (e che oggi stima e venera davvero),aprire infine un’agenzia turistica a Marmaris sul-la costa turca. Qualcuno pensa già di coinvolger-lo in un progetto politico, magari offrendogli unposto in Parlamento. I vecchi Lupi grigi, gli amicidella natale Malatya, si sono fatti vivi ora che so-no convogliati nel più istituzionale Movimentodi azione nazionalista. Ma il suo ultimo pensieropolitico lo vede attento al progetto di Erdogan e aquel partito islamico moderato, di orientamentoconservatore, al potere ad Ankara. La libertà sem-bra ormai prossima, e le donne non si stancano discrivergli in carcere. Il legame che lo unisce a Gio-vanni Paolo II appare però un chiodo fisso. «Riab-bracciarlo — come sul serio giura di voler fare —davanti a tutto il mondo» è un momento che riap-pagherà Agca ed altri. Anche se il mistero su chic’era davvero dietro la sua pistola continuerà adavvolgerne la figura, forse per sempre.

LE ENCICLICHE

‘‘

,,

Prego per il fratello

che mi ha colpito

al quale ho

sinceramente

perdonato

GIORNATA DELLAPACE, GENNAIO 1999

QUEI NO AL COMUNISMOE AL CAPITALISMO

Page 8: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

30 LA REPUBBLICA DOMENICA 12 OTTOBRE 2003

6 GENNAIO 2001Con “Novo millennio ineunte” firma ledirettive pastorali per il millennio. Tra iviaggi più significativi, in maggio, quello inSiria, in giugno in Ucraina. A Yerevanricorda le vittime del genocidio armeno.

24 GENNAIO 2002Ad Assisi Giornata di preghiera per lapace nel mondo. Il 16 giugno santificaPadre Pio, il 6 ottobre Escrivà diBalaguer, fondatore dell’Opus Dei. 14novembre, visita il Parlamento italiano.

10 FEBBRAIO 2003Invia a Baghdad il cardinal Etchegaray e siappella contro la guerra in Iraq. Asettembre, in Slovacchia, mostra fortisegnali di sofferenza. Il 16 ottobre,saranno 25 anni di pontificato.

20 MARZO 2000Prega davanti al Muro del Pianto aGerusalemme. Il 13 maggio annunciodella rivelazione del terzo segreto diFatima. Dal 19 al 22 agosto giornatamondiale della gioventù a Roma.

LA FORZA POLITICA DI UN PROFETA DISARMATO

ADRIANO SOFRI

Quando Stalin a Potsdam,1945, pronunciò la sua fa-mosa battuta (ammesso

che l’abbia davvero pronuncia-ta): «Quante Divisioni ha il Pa-pa?», poté contare su una vasta econsolidata ammirazione. Chela ragione stia dalla parte dellaforza, e che la forza, quando siaschiacciante, faccia a meno del-la ragione, era un luogo comunedel pensiero politico, e Stalin l’a-veva solo spinto allo stremo.Lungi dal sollevare lo scandaloche merita il cinismo, il mottosuscitava l’entusiasmo deglistalinisti (e l’invidia degli anti-stalinisti) che si compiacevanodi disporre del più immane nu-mero di Divisioni che la storiaavesse conosciuto, e dell’argu-zia del Capo. Il Papa era un faci-le zimbello, e con lui l’idea cheuna qualunque ragione possavalere senza la forza. Senza quelsarcasmo tracotante (e peraltroin tempi in cui il Papa assoldavai suoi battaglioni) Machiavelliaveva sentenziato che sempre«tutti e profeti armati vinsono eli disarmati ruinorno».

La bravata di Stalin avrebbefatto i conti con la superioritàmilitare dell’America – nei gior-ni di Potsdam esplodeva la bom-ba a Los Alamos, e subito dopo aHiroshima e Nagasaki - ma re-stava come il motto essenziale,pur vinti i fascismi, di una con-cezione del mondo fondata sul-la venerazione della forza e sulculto dell’apparato. La mo-struosa approvazione che bravicomunisti di tutto il mondo con-tinuarono a devolvere ai carri ar-mati sovietici mandati a schiac-ciare i popoli fratelli aveva lì lasua radice. Tutto ciò è durato fi-no a Giovanni Paolo II. Con luisono successe – per la prima vol-ta - due cose. Che un profeta di-sarmato ha vinto. E che l’ammi-razione per la forza è stata mor-tificata. (Era successo al Mahat-ma Gandhi, con lo straordinarioacquisto dell’indipendenza del-l’India, ma al costo spaventosodel milione di morti e dei milio-ni di profughi nella divisione frahindu e musulmani).

Questo è, a qualunque federeligiosa o irreligiosa si appar-tenga, il bilancio indiscutibiledella prima parte del pontificatodi Karol Wojtyla. Bastarono i no-ve giorni del giugno 1979 polac-co – la data del suo primo viaggioda Papa - ad annunciare e anti-cipare il 1989 berlinese. Furonogli anni del Papa giovane, atleti-co, agonistico. E, all’inizio, mi-sconosciuto. I capi dell’imperosovietico, e gli stessi capi polac-chi, non seppero immaginareche cosa stesse per investirli: inpassato si erano addirittura fi-gurati di trovare nel vescovoWojtyla una figura più distrattae malleabile che non il vecchio eintransigente Wyszynski. C’è unbell’aneddoto (ce ne sono a biz-zeffe) su Wojtyla, già cardinale,fermato sui Tatra dalle guardiementre sciava. Il poliziotto:«Stupido, ti rendi conto a chi hairubato i documenti? Starai alfresco per un bel po’». «Ma sonodavvero io». «Un cardinale chescia? Mi prendi per scemo?». IlCremlino delle Divisioni e i sot-tocapi del regime di Varsavia sicomportarono poi più o menocon la stessa incredulità delleguardie di frontiera. Un Papanon butta giù la cortina di ferro:mi prendi per scemo? Del resto,anche qui da noi non mancaro-no i sarcasmi su quanti sci aves-se il Papa... Una volta che glichiesero se fosse sconvenientesciare, rispose: sciare male sì.

Anche fare politica male. Giovanni Paolo II ha avuto

dalla sua, oltre alla tempra per-sonale, due circostanze decisi-ve: di essere nato nel 1920, e diessere nato in Polonia. Si stentaad ammettere fino a che puntola Polonia sia stata l’incrocio fa-tale della storia del Novecento,dalla guerra patriottica control’Urss del 1920 che segnò la finedell’esportazione della rivolu-zione bolscevica, all’occupazio-ne nazista aquella sovieti-ca, da Au-schwitz a Soli-darnosc – e finoalla propaggi-ne di quellastoria nella tra-gedia israelo-palestinese. Diquella vicenda,protratta findentro il nuovomillennio e lesue nuoveguerre, Wojtylaè stato testimo-ne e protagoni-sta singolaris-simo. Della Po-lonia spaccatafra polacchicattolici e po-lacchi ebrei. DiAuschwitz. DiVarsavia insor-ta e distruttadai nazistimentre l’Ar-mata rossa se-gnava il passosull’altra spon-da della Visto-la. Delle Divi-sioni del Pattodi Varsavia. Deipiani quin-q u e n n a l i .Quando inbuona partedel mondo sipensava cheessere di sini-stra volesse di-re aver fede neipiani quin-quennali, nellapianificazionesocialista, o insubordine inqualche pro-grammazionedemocratica, ilvescovo Wojty-la predicava «ilp r o g r a m m aeterno traccia-to da Dio». L’u-nico program-ma, diceva, è ilVangelo. Pre-diche, appun-to, cose dell’al-tro mondo. Vo-lete mettere ilVangelo con ipiani quin-quennali? An-che solo perfrequentare ilVangelo, sotto l’occupazionenazista tanti preti polacchi ave-vano operato in clandestinità. Ilcardinale Wyszynski aveva il suonome di battaglia: “Suor Ceci-lia”...

Sotto il regime comunista,continuarono a operare in clan-destinità, e magari ad andare ingalera. Era, rispetto alla sinistraoccidentale, il mondo alla rove-scia. Alla periferia di Cracoviaera stata costruita una grandecittà operaia, Nowa Huta: l’uni-ca pianificata senza chiese. Se lapresero, la chiesa. La costruiro-no su una pietra donata dallatomba di San Pietro, ci aggiun-sero un frammento di roccia lu-

nare donato daun astronautaamericano. IlC r o c e f ì s s operò lo fabbri-carono in ac-ciaio gli operaidelle acciaierieLenin. Tuttoandava alla ro-vescia. Da noiessere di sini-stra voleva direcontrapporrealla carità la so-lidarietà. Là,quando arriva-rono gli operaidei cantieri diDanzica, ave-vano la Ma-donna nera diJasna Gora al-l’occhiello e sic h i a m a v a n oSolidarnosc.

La sinistrache da noiaborriva il co-munismo so-vietico comeuna spietatadittatura e uninfame tradi-mento dellasperanza rivo-luzionaria siera rassegnataa disperare del-la possibilità dirovesciare lasua potenza re-pressiva. Lastessa diplo-mazia vaticana– la Ostpolitikdi Paolo VI, Ca-saroli e Silve-strini - eraorientata dallap e r s u a s i o n eche la dittaturacomunista fos-se inespugna-bile, e che, contutto il rispettoper i dissidenti,non si potesseche battersicontro il capi-talismo “de-m o c r a t i c o ” ,per misurarsipoi da lì con lafortezza socia-limperialista.Sembra grotte-sco, ma era co-sì. Se avessimoletto i discorsi

del vescovo di Cracovia (lui peròleggeva i testi marxisti, quelli delregime e quelli dei dissidenti:nel conclave dal quale venneeletto si era portato una rivistacomunista) li avremmo trovati

belli o brutti, ma certo fuori deltempo e privi di ogni rilevanzapolitica.

Che rilievo politico ha il pen-siero che la libertà debba essere«vincolata alla bontà»? Allabontà. Che rilievo politico puòavere l’insistenza ossessiva nel-la esortazione – evangelica, ap-punto: «Non abbiate paura»?L’umanità deve imparare a nonavere paura. Bisogna nutrire lasperanza e la fiducia. Bisogna vi-vere liberi dalla menzogna e dal-la paura. E, quanto ai giovani:«Abbiate paura soltanto dellaleggerezza e della pusillani-mità». Non che alle nostre sini-stre mancassero gli slogan suquesta rima (“Lotta dura senzapaura”...) ma rischiavano di es-sere un modo di eludere quell’e-mozione piuttosto che affron-tarla. Può darsi che ci vergo-gnassimo di aver paura. Che ri-lievo politico può avere l’insi-stenza sul dono di sé? Prediche,appunto, salvo quando l’educa-zione al terrorismo suicida ri-proponga i due modi opposti dipensare all’idea di martirio: ilsacrificio di sé contro il sacrificiodegli altri. Che festa era più bel-la del Primo maggio per noi? InPolonia molte persone perbenesi rifiutavano di partecipare allemanifestazioni ufficiali e forza-te (e per giunta militaresche) delPrimo Maggio. E così via.

La seconda parte del pontifi-cato di Giovanni Paolo II, segna-ta dalla ferita, dalla malattia,dalla vecchiezza, sembra per-correre al contrario l’itinerariovittorioso della prima. La debo-lezza del Papa non è meno ago-nistica – agone, altra parola am-bigua - ma il suo torna a esserel’appello del profeta disarmato einascoltato dei perdoni e dellapace. In tanta parte del mondoterzo il fanatismo religioso e ter-rorista ha riportato la cristianitàa un’epoca di persecuzione e dimartirio. Sulla scala del pianetail primato della forza armata –quella delle Divisioni, il suoequivalente tecnologicamenteaggiornato - è sempre più passa-to dalla parte dell’America. Po-trebbe capitare oggi a Bush e aisuoi consiglieri di lasciarsi sfug-gire una domanda arrogante co-me quella: «Quante Divisioni hail Papa?». Ma questa volta il Papanon padroneggia il gioco. Alcontrario, sente la speranzasfuggirgli. Anche nella sua Polo-nia: diventata il più “america-no” dei paesi di un’Europa chenon accetta di accogliere la pro-pria ascendenza cristiana in unsuperfluo preambolo.

Non voglio essere irriverente,ma se si seguisse fino in fondol’analogia, ci si aspetterebbedallo Spirito Santo che sceglies-se in un futuro conclave un Papaamericano – degli Stati Uniti, in-tendo. Certo, la chiesa cattolicanon è mai stata così debole escreditata negli Usa, ma un Papagiovane forte integerrimo e percosì dire “antiamericano” sceltonel clero americano, che emu-lasse (mutato quasi tutto, lo so)il ruolo del Papa polacco neiconfronti dell’impero comuni-sta, sarebbe un vero colpo discena. So anche che la Provvi-denza non segue disegni umani,essendo il nome che i credentidanno all’eterogenesi dei fini,cioè alla deviazione e allo scaccocui sono destinate le nostre in-tenzioni. Del resto l’America è ilpaese miracoloso in cui poco faun uomo si è svegliato da dician-nove anni di coma, e ha chiestouna Pepsi. Potrebbe succedereanche in Polonia.

COSÌHA VINTOSENZA ESERCITI

‘‘

,, PRAGAAPRILE 1990

LE IMMAGINITutte le fotografie di grande formato

pubblicate in questo Diario sonodell’agenzia CONTRASTOLa foto grande delle pagine28 e 29 è dell’agenzia AP

LE TAPPE

PRINCIPALI

IL CROLLO DEL MURO

Oggi siamo di fronte alle rovine di

una delle tante torri di Babele. La

pretesa di costruire un mondo

senza Dio si è dimostrata illusoria

Page 9: 2003-12-10 Giovanni Paoli II

ALVOHXEBbahaajA9 770390 107009

31012

CRDFDEDFDQ SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 2, comma 20/b,legge 662/96 - Roma.

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€ 1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna € 1,20 (Canarie € 1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5(con il Venerdì Fr. 2,80); Ungheria Ft. 300; U.S.A $ 1. Concessionaria di pubblicità: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941

Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

Anno 28 - Numero 241 € 0,90 in Italia domenica 12 ottobre 2003

�INTERNET

www.repubblica.it A B

Il ministro: “Bankitalia carente nella vigilanza”. D’Amato smorza i toni: “Ma il tempo stringe”. I sindacati: sciopero confermato

Tremonti all’attacco di FazioLa Lega contro An e Udc: è ora che Berlusconi si faccia sentire

I fini ambigui

del voto agli stranieriILVO DIAMANTI

IL DIRITTO di voto (amministrativo)agli immigrati potrebbe costringeregli italiani al voto (politico) anticipa-

to. Le reazioni suscitate nella Casa delleLibertà dalla proposta di Gianfranco Fi-ni, lanciata nei giorni scorsi a un semi-nario europeo organizzato dal Cnel, pa-ventano esplicitamente questa minac-cia. Una crisi di governo, elezioni antici-pate, frattura nella maggioranza. Fra An,Forza Italia e la Lega. Nel nome dei dirit-ti politici degli immigrati. C’è più di unmotivo per restare sconcertati. E scetti-ci. Perché mai gli alleati (si fa per dire... )della Cdl dovrebbero intraprendere unaprova elettorale quando i sondaggi of-frono indicazioni, per loro, poco favore-voli? Perché dovrebbero affrontare unacompetizione quantomeno incerta divi-si come oggi?

SEGUE A PAGINA 16

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L’Enciclopedia

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Dopo il vertice Nato di Colorado Springs. Oggi marcia per la pace ad Assisi: “Via da Bagdad”

“Italiani in Iraq altri sei mesi”Annuncio a sorpresa di Martino. Proroga anche in Afghanistan

NEW YORK — La missione italianain Iraq si prolungherà di altri seimesi. Lo ha detto il ministro dellaDifesa Antonio Martino. «Credorealisticamente che ci verrà chiestodi restare», ha spiegato il ministro aNew York di ritorno dal vertice del-la Nato svoltosi in Colorado. Marti-no, in visita a Ground Zero, ha det-to che la situazione in Iraq «contra-riamente alle notizie anche tragi-che che arrivano non è tanto preoc-cupante». I tremila militari italianifinora «hanno avuto incidenti dipoco conto», ha aggiunto. Allo stu-dio una proroga anche per l’Afgha-nistan. Oggi ad Assisi attese cento-mila persone per la marcia per lapace con la richiesta “Via da Bag-dad”. Intanto nell’amministrazio-ne Usa è scontro aperto tra il segre-tario alla Difesa Rumsfeld e il segre-tario alla sicurezza nazionale Rice.

ALLE PAGINE 7 e 13

Vito De Rosa uccise il padre

vive in un istituto giudiziario

Castelli

chiede la grazia

per un omicida

in carcere

da 51 anniFUCCILLO e MILELLA

A PAGINA 21

Partita a senso unico con l’Azerbaigian. Passa anche l’Inghilterra, spareggi per Spagna e Olanda

Azzurri, 4 gol per gli EuropeiEmpoli, quattro connazionali

avevano aggredito la fidanzata

Maestro cinese

di kung fu

sventa la rapina

e uccide 2 uomini

BOCCI, SELVATICI e SERGIALLE PAGINE 34 e 35

IL DOLLARO

DEBOLE

RAFFORZA

L’IMPEROEUGENIO SCALFARI

IL 20 SETTEMBRE scorso eraun sabato e si riuniva a Dohaun vertice del G7 da tempo

convocato. Sembrava uno deisoliti incontri di routine duran-te i quali i ministri dell’Econo-mia dei paesi più ricchi delmondo si scambiano notizie, sichiamano per nome di battesi-mo dandosi benevolenti pac-che sulle spalle e alla fine emet-tono comunicati che inneggia-no alla stabilità e confermanol’ordinato sviluppo dei mercati.

Quel sabato invece le cosenon andarono soltanto così. Lepacche sulle spalle di quei settesussiegosi buontemponi ci fu-rono e anche gli inni alla stabi-lità dei mercati si sprecarono,ma il succo della riunione fu as-solutamente imprevisto e in-novativo: le maggiori potenzeeconomiche del pianeta fecerosapere ai mercati che la politicadel dollaro forte era arrivata alcapolinea e che da quel mo-mento in poi sarebbe comincia-ta quella del dollaro debole. De-bole verso chi? Verso lo yen, ver-so le monete di Singapore,Taiwan, Corea, e naturalmenteverso l’euro. Economisti e ban-chieri definiscono questi feno-meni “aggiustamento”; i gior-nalisti che usano immagini piùcolorate li chiamano “tempe-sta” o “guerra valutaria”.

Sia come sia, la domenica 21passò per le decine di migliaia dioperatori come la vigilia d’unabattaglia campale e il lunedì,quando si riaprirono i mercati,ebbe inizio la caduta del dollaro(e di riflesso l’apprezzamentodelle altre valute). Dura tuttora.Durerà ancora fino a quandol’aggiustamento non sarà deltutto compiuto e non avrà rea-lizzato gli effetti che se ne atten-dono e che consistono nel ri-durre se non annullare del tuttoil deficit del commercio esteroUsa, attraverso una riduzionedelle importazioni americanedal resto del mondo, un massic-cio aumento delle esportazioni,uno slancio nella crescita delprodotto interno, dei consumi,degli investimenti, dell’occu-pazione negli Stati Uniti.

L’aggiustamento, se tutto an-drà come sperano a Washing-ton, durerà a dir poco dodicimesi ai quali succederà una fa-se di stabilizzazione dei merca-ti attorno ai nuovi valori rag-giunti. Ciò che accadrà dopo sitrova ancora sulle ginocchia diGiove e perciò è inutile parlar-ne.

SEGUE A PAGINA 17

I 25 anni

di Papa

Wojtyla

DA PAGINA 23 A PAGINA 30

LA VECCHIAIA e lamalattia circondanol’anniversario di Ka-

rol Wojtyla e i suoi 25 annidi pontificato. Abituati co-me siamo a leadershiptemporanee, caduche, as-sistiamo impreparati allospettacolo quotidiano diun’autorità che vive inpubblico il suo decadi-mento, esibendolo comeieri mostrava e innalzaval’energia della forza. Quasiun rovesciamento dram-matico di quella fisicità ap-parsa all’improvviso nel-l’ottobre del 1978 sullaLoggia di San Pietro sotto isacri paramenti pontifici,piattaforma consapevole einedita di una testimo-nianza integrale – il corpoinsieme all’anima – dellamissione che il Papa polac-co assegnava a se stesso.

SEGUE A PAGINA 23

DIARIO

EZIO MAURO

A Kabul le donne

sfidano i mullahdal nostro inviato

GUIDO RAMPOLDI

KABUL

VA malissimo, anzi abbastanzabene. Due anni dopo l’iniziodella guerra americana i nu-

meri darebbero ragione ai pessimisti– 64mila ettari coltivati a papavero daoppio, 200mila armati di cui una quo-ta rilevante recita nel doppio ruolodelle guardie e dei ladri – se non fosseper la formidabile pulsione biologicaalla vita che sta rianimando una na-zione da vent’anni in coma terminale.

SEGUE A PAGINA 15

REPORTAGE

Il Senatùr: Fini sarà sepolto dai suoi elettori. Il Cavaliere impugni lo spadone

L’ira di Bossi: “Basta con i baroni ribelli”

Bossi, Fini e Berlusconi ALLE PAGINE 2, 3, 4, 8 e 9

IL RETROSCENA

Abbraccio tra Vieri e Inzaghi

Roberto Castelli

GIANNI MURA

DOVEVA essere una festa,lo è stata. Il 4-0 all’Azer-baigian porta l’Italia del

pallone agli europei in Porto-gallo. Non è stata una partitadifficile, anche per la modestis-sima levatura degli avversari,ma ha dato conferme impor-tanti. Con una sontuosa regiadi Totti, sono andate in gol tut-te le punte: due volte Inzaghi,una Vieri e Di Vaio. Inzaghi sa-le a 21 gol in azzurro e superaPaolo Rossi. Unica nota stona-ta: Vieri che non gradisce la so-stituzione.

SEGUE A PAGINA 52SERVIZI NELLO SPORT