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1 Nairobi, 20 marzo 2002 Cari Amici, Mancano ormai pochi giorni a Pasqua. Domani vado sui monti Nuba, e vorrei riuscire a mandarvi qualche notizia prima di partire. Non so da dove incominciare, perché le cose che sono successe dall’ultima mia lettera sono tante. A Koinonia, Kivuli ed alla Casa di Anita da metà dicembre ad oggi abbiamo poi avuto tanti amici che ci hanno visitato e fatto dono di un po’ del loro tempo che sarebbe veramente difficile elencarli tutti... Allegra invasione. In Zambia, a Lusaka, il progetto Mthunzi continua a crescere. Ormai abbiamo oltre sessanta ex-bambini di strada che stanno con noi, senza contare quelli che seguiamo ed aiutiamo e che stanno con la famiglia. Per fortuna la Koinonia dello Zambia ha grandi spazi così che abbiamo potuto subire quest’allegra invasione senza troppi traumi. Io sono stato a Lusaka subito dopo Natale e mi sono trovato di fatto costretto a restare quasi tutto il tempo insieme ai bambini, perché, a causa delle elezioni presidenziali, si temeva violenza nelle strade. La violenza fortunatamente non c’é stata: il nuovo presidente, seppur contestato, ha preso il potere mentre noi abbiamo terminato il 2001 e iniziato il 2002 con i canti, le danze, il teatro fatto dai bambini e una messa sotto i grandi manghi appena fuori casa. Scoppia la pace! In gennaio sono andato sui Monti Nuba. Mi hanno accompagnato Don Donato e Luca del Movimento Shalom, che ha diversi gruppi sparsi per la Toscana, e Jens e Christoph, due giovanissimi (19 e 21 anni) volontari tedeschi che sono a Kivuli per un anno. Per me, certamente anche a causa degli anni che passano, é stato il viaggio più faticoso. Per ragioni di sicurezza siamo atterrati molto lontani da dove abbiamo il nostro progetto scolastico, arrivando dal Kenya alle tre del pomeriggio del 15 gennaio. Ci siamo messi in moto alle quattro ed abbiamo camminato fino a mezzanotte: le ultime ore nell’oscurità quasi totale, perché non c’era la luna e non potevamo usare le torce essendo il nostro percorso molto vicino ad una guarnigione governativa. Esausti, ci siamo buttati su Amani significa Pace in Kiswahili. È una lettera di padre Kizito agli amici e un foglio di collegamento di Amani. Anno II, n 1, aprile 2002 - Spedizione in A.P. - Art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano AMANI Kivuli Centre, immagine di Matteo Lenelli

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Scoppia la pace! In gennaio sono andato sui Monti Nuba. Mi hanno accompagnato Don Donato e Luca del Movimento Shalom, che ha diversi gruppi sparsi per la Toscana, e Jens e Christoph, due giovanissimi (19 e Nairobi, 20 marzo 2002 1 Anno II, n 1, aprile 2002 - Spedizione in A.P. - Art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano Kivuli Centre, immagine di Matteo Lenelli

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Nairobi, 20 marzo 2002

Cari Amici,Mancano ormai pochi giorni a Pasqua. Domani vadosui monti Nuba, e vorrei riuscire a mandarvi qualchenotizia prima di partire.

Non so da dove incominciare, perché le cose che sonosuccesse dall’ultima mia lettera sono tante. AKoinonia, Kivuli ed alla Casa di Anita da metàdicembre ad oggi abbiamo poi avuto tanti amici checi hanno visitato e fatto dono di un po’ del loro tempoche sarebbe veramente difficile elencarli tutti...

Allegra invasione.In Zambia, a Lusaka, il progetto Mthunzi continua acrescere. Ormai abbiamo oltre sessanta ex-bambini distrada che stanno con noi, senza contare quelli cheseguiamo ed aiutiamo e che stanno con la famiglia.Per fortuna la Koinonia dello Zambia ha grandi spazicosì che abbiamo potuto subire quest’allegra invasionesenza troppi traumi. Io sono stato a Lusaka subito dopoNatale e mi sono trovato di fatto costretto a restarequasi tutto il tempo insieme ai bambini, perché, a causadelle elezioni presidenziali, si temeva violenza nellestrade.La violenza fortunatamente non c’é stata: il nuovopresidente, seppur contestato, ha preso il poterementre noi abbiamo terminato il 2001 e iniziato il 2002con i canti, le danze, il teatro fatto dai bambini e unamessa sotto i grandi manghi appena fuori casa.

Scoppia la pace!In gennaio sono andato sui Monti Nuba.Mi hanno accompagnato Don Donato e Luca delMovimento Shalom, che ha diversi gruppi sparsi perla Toscana, e Jens e Christoph, due giovanissimi (19 e

21 anni) volontari tedeschi che sono a Kivuli per unanno. Per me, certamente anche a causa degli anniche passano, é stato il viaggio più faticoso. Per ragionidi sicurezza siamo atterrati molto lontani da doveabbiamo il nostro progetto scolastico, arrivando dalKenya alle tre del pomeriggio del 15 gennaio. Ci siamomessi in moto alle quattro ed abbiamo camminato finoa mezzanotte: le ultime ore nell’oscurità quasi totale,perché non c’era la luna e non potevamo usare le torceessendo il nostro percorso molto vicino ad unaguarnigione governativa. Esausti, ci siamo buttati su

Amani significa Pace in Kiswahili.È una lettera di padre Kizitoagli amici e un fogliodi collegamento di Amani.

Anno II, n 1, aprile 2002 - Spedizione in A.P. - Art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Milano

AMANI

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un pagliericcio senza neanche la forza di prepararequalcosa da mangiare.Alle sette del mattino dopo, col sorgere del sole, cisiamo messi di nuovo in marcia. Abbiamo camminatosotto un sole impietoso, con qualche sosta permangiare dei biscotti e riprendere fiato, fino alle settedi sera, quando finalmente siamo arrivati in una zonache conoscevo, la capanna di Musa Arat a KujurShabia. Quella sera abbiamo fatto un pasto decente(riso e fagioli) e sono andato a dormire con la certezzache ormai eravamo a solo sei ore di cammino dallameta. Inoltre il mattino successivo, dopo un paio d’oredi cammino, ormai in pianura, abbiamo avuto la bellasorpresa di un’auto fuoristrada che i nuba ci hannomesso a disposizione per completare il tragitto.Abbiamo trovato il Koinonia Centre delle MontagneNuba in piena attività. La scuola con oltre 500bambini, che vengono anche da due ore di camminodi distanza, era in piena funzione e la gente eraimpegnata a costruire una nuova scuola, un istitutoper maestri, come avevamo promesso alla comunitànuba che ci aveva chiesto di aiutarli a migliorare illivello dell’insegnamento in tutte le scuole. I nuba cihanno assegnato un’area molto vasta, e la costruzionedi quello che, in onore di Yusuf Kuwa abbiamo decisodi chiamare Yusuf Kuwa Teachers Training Institute,era già a buon punto. In questa scuola abbiamoavviato dei corsi di due anni per formare maestri discuole elementari.É un progetto impegnativo come risorse e comepersonale. Tutto il nostro personale, il responsabiledel progetto e i maestri qualificati per questo lavoro,é africano: sudanese, keniano e ugandese.La gente del luogo ha lodato incessantemente il lavorodei nostri, ma la cosa più bella che abbiamo sentito, il19 gennaio, é stato l’annuncio che lo SPLA dei MontiNuba e il governo avevano firmato un cessate il fuoco.Eravamo tutti radunati per guardare i festeggiamentiorganizzati nella piazza di Kerker, quando un

ufficiale ha letto il messaggio radio appena arrivato.C’é stata esultanza. Ho capito perché in un salmo sidice che quando Israele é stato liberato dalla schiavitù“le montagne saltavano di gioia”.Per noi, poveri camminatori terrorizzati all’idea didover fare a ritroso il cammino di pochi giorni prima,la gioia é stata ancora più grande, perché il cessate ilfuoco voleva dire che l’aereo per tornare in Kenyaavrebbe potuto atterrare su una pista molto più vicinaa Kerker, che solo pochi giorni prima era sotto il tirodei cannoni dell’esercito di Khartoum.Il cessate il fuoco comprende la creazione di zonesmilitarizzate, il movimento libero dei civili fra le zonecontrollate dalle due parti in lotta, e accesso sicuroper gli aiuti umanitari. Un sogno che ho condivisocon tanti amici e che si é finalmente realizzato.Probabilmente non tanto per il nostro lavoro, i nostriappelli, le nostre paure, ma perché gli americani sisono accorti che in questo angolo di mondo é megliola pace piuttosto che la guerra che loro stessi hannosostenuto negli ultimi anni.L’11 settembre ha fatto capire a qualcuno che é meglioseminare comprensione e quaderni piuttosto che odioe mine antiuomo? Quali che siano le ragioni, neiprossimi mesi i nostri studenti nuba potranno venirealla pista e prendere i loro libri, quaderni, zappe,sementi e medicinali senza più dover temere di esserebombardati, come é successo due volte lo scorso anno.Domani quindi tornero’ fra i miei amici nuba, per laprima volta in piena sicurezza. Per radio mi hannodetto che il centro per i maestri é ormai completato(non immaginatevi niente di spettacolare: le solitecostruzioni coi muri in pietre a secco, tetti di legno eerba secca) e lunedì prossimo, 25 marzo, faremol’inaugurazione ufficiale.

Intanto a Nairobi...I progetti della Casa di Anita e di Kivuli continuano acrescere. Alla Casa di Anita da settimana scorsa c’éun bel pollaio con seicento pulcini che fra sei mesisaranno galline ovaiole in produzione, e ci sono anchesei arnie con volonterose api che presto inizieranno aprodurre miele per le nostre bambine.

A Kivuli sono arrivati sette container mandatidall’ANA (Associazione Nazionale Alpini) con cibo,cancelleria e giocattoli per i bambini dell’Africa.Abbiamo distribuito quasi tutto, mandato circa trentatonnellate in Sudan - dieci nel sud, appena dentro ilconfine col Kenya e venti sulle Montagne Nuba.Abbiamo ancora tanta cancelleria e giocattoli chestiamo distribuendo alle scuole più povere di Nairobi.Cinque container, con un basamento una tettoia e un

Casa di Anita, immagine di Riccardo Galloni

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impianto elettrico, sono stati trasformati in un’ampiazona di lavoro dove trasferiremo tutte le varie attivitàproduttive che sono nate a Kivuli e che si stannoingrandendo: soprattutto la cooperativa delle sarte ela produzione di palloni di calcio - forse sta andandoin porto un contratto con un’associazione italiana per1.500 palloni - oltre naturalmente alla produzione dibatik, tamburi, sculture. A dare un forteincoraggiamento in questo senso é stata anche unavisita di David Cambioli, di Commercio Alternativodi Ferrara, che importa in Italia molte cose per i negozidel commercio equo e solidale.Immaginate tutti i volti di bambine e bambini, ragazzie ragazze, che in queste case e queste attività trovanoserenità, gioia e anche l’occasione di imparare unlavoro e guadagnarsi onestamente la vita.

Una casa per la pace.A Nairobi comunque in questi mesi l’impegnoprincipale di Koinonia é stato l’avvio della ShalomHouse. Questo é il “grande progetto” a cui accennavaMicheal nella presentazione delle attività di Koinoniache avete ricevuto con la precedente Amani. LaShalom House é stata finanziata dalla associazioneLa Goccia di Senago (Milano), ed é stata pensata comeuna casa dove si svolgeranno attività per la pace e virisiederanno anche degli studenti. La casa é una grossastruttura su tre piani con al piano terra un salone perincontri, uffici e.... una pizzeria. Al secondo piano c’éun centro di documentazione sulla pace, altri uffici ealcune stanze, e al terzo piano solo stanze, dodici. Haquindi la funzione di centro per la pace e residenza.Qui vengono anche ospitate i gruppi dei Safaridell’Incontro che vi ho presentato nell’ultima Amani.

Shalom é diventata abitabile ai primi di gennaio, magià il 2 febbraio partiva un corso di formazione allapace per quaranta giovani, rappresentanti diparrocchie e associazioni. C’é un gruppo di insegnantiben preparati che fanno lezioni su educazione allapace, come comunicare i valori della pace anche coimass media: analizzano le cause dei conflitti in Africae propongono delle linee di soluzione. Lapartecipazione é ottima. Dopo sei mesi di corso - tuttii sabati sei ore piene di insegnamento - i partecipantiverranno divisi in gruppi e a ciascun gruppo verràchiesto di avviare un piccolo progetto che favorisca ilsuperamento dei conflitti e promuova pace ericonciliazione nel proprio quartiere.Settimana scorsa abbiamo avuto anche il primogruppo di “cavie” dei Safari dell’Incontro. Fra di loroc’era anche il signor Eliseo Rusconi, titolare dellaRusconi Viaggi di Lecco. Vi riporto qui sotto un suo

commento. Il signor Rusconi é disponibile anche adarsi da fare per trovare sconti sul volo Italia-Nairobi-Italia, anche per chi volesse venire individualmente ocomunque senza partecipare al safari organizzato.Quindi suggerisco a chi avesse in programma di venircia visitare di chiedere sempre al signor Rusconi cheprezzo vi può fare per il biglietto aereo: moltoprobabilmente sarà più basso di quanto le normaliagenzie viaggi vi possono proporre. Potete contattarloallo 0341.363077.Non mi resta che farvi gli auguri, anche se viarriveranno un po’ in ritardo, di buona Pasqua.La resurrezione é possibile!

Un abbraccio.Padre Kizito

PS: ho finito di scrivere questa lettera alle sei di sera, eprima di rileggerla per le ultime correzioni ho fattoun giro nel grande cortile di Kivuli. É l’ora magica: gliultimi bambini rientrano da scuola, i pesisti fanno iloro esercizi all’aperto, nel salone ci sono quelli che si

Kivuli Centre, immagine di Matteo Lenelli

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allenano alla boxe, sulle scale esterne gli acrobati sistanno esercitando ad andare su e giù camminandocon le mani, il gruppo della danze si sta scatenandoal suono dei tamburi, gli artisti sono concentrati suibatik... Non posso fare a meno di notare nel sottofondoci siete voi, che ci aiutate a creare quest’oasi di operosoriposo all’ombra del grande albero che é diventatoKivuli.Gli amici del SERMIG mi hanno mandato quattrocomputer laptop, 486, marca Compaq, modelloContura410cx. Funzionano perfettamente, ma lebatterie non tengono più la carica, con l’inconvenienteper noi grave che quando viene a mancare la correntesi perde il lavoro che non é stato “salvato”. Le batterienuove costano moltissimo. Se qualcuno avesse dellebatterie per questo modello di computer e non le usapiù potrebbe farcele arrivare attraverso Amani.

Lettera di Eliseo Rusconi a Padre Kizito (n.d.r.).

Caro Padre Kizito,

Ieri sera siamo rientrati regolarmente in Italia e sentodi doverle esprimere il mio più sentito grazie per tuttoquello che ha fatto per la miglior riuscita del nostroviaggio.Grazie per i molteplici incontri che ci hanno permessodi meglio conoscere le realtà di questo paese e dellasua gente.Grazie per la calorosa accoglienza dei suoi ragazzi edelle sue bambine. I loro volti, i loro canti, i loro balli,la loro gioia di vivere nonostante tutto, rimarrannoun ricordo indelebile nella mia memoria e nel miocuore. Grazie per tutto quello che fa per loro.Grazie per la semplicità e l’amicizia con cui siamo statiaccolti.Grazie per le attenzioni piccole e grandi che ci avetevoluto riservare.Grazie ai suoi collaboratori George, Fred e Anna perla disponibilità, la pazienza, la cordialità che ci hannodimostrato.Insomma grazie di vero cuore di tutto. É stata per meuna splendida esperienza umana e sono convinto chelo sia stato anche per tutti gli altri partecipanti. Miauguro che l’iniziativa possa essere apprezzata ecapita da altri che, spero, seguiranno.

Eliseo Rusconi

Nairobi, l’inferno dei bimbi.

di Pietro Veronese

Pietro Veronese ha scritto questo articolo a Kivuli, dove èstato ospite per qualche giorno durante il mese di gennaio,dopo aver realizzato alcune interviste ai bambini ospitidel Centro. Questo articolo è stato integralmente pubblicatosul quotidiano “la Repubblica” del 28 gennaio 2002: lapubblicazione su “Amani” è stata possibile grazieall’esplicito permesso dell’autore (n.d.r.).

Nairobi, l’inferno degli orfani. L’Africaabbandona i suoi figli. Storia di Charles:raccoglie vuoti, sniffa colla, dorme per strada.

NAIROBI - Queste sono le storie di Charles, Samuel eSimon, in ordine alfabetico e anche crescente di età(14,15,16). Bambini di strada di Nairobi, Kenya,minuscolo campione di una schiera che conta decinedi migliaia di individui e s’accresce ogni giorno. Il loro

Kivuli Centre, immagine di Matteo Lenelli

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racconto assomiglia alle favole della nostra infanzia:la perdita della casa, la notte spaventosa, il lume chebrilla nel buio, il terrore, la solitudine, la fame. Manon è la fiaba che ci rassicurava al caldo delle coperte:è vita vissuta da un’intera leva di piccoli africani, unacicatrice esistenziale lasciata dall’Aids che stadecimando la generazione dei padri, dall’economiache declina inarrestabile, dalla perdita del lavoro, dallascomparsa del villaggio, della famiglia, della comunitàalla quale nulla si sostituisce.

Parla Charles, voce bassa, sguardo basso, una balbuzietimida. “A casa mia non c’era da mangiare, cosìincominciai ad andarmene per strada. Avevo 11 anni.Andavo al mercato, cercavo nei secchi: un mango,un cavolo. Me li mangiavo. Mi unii ad altri bambini,eravamo una decina. Vedevo gli altri sniffare la collae presto mi fecero provare. Mi sentii bene: dai un granrespiro e poi ti senti bene. Vedi il mondo che gira [unaltro bambino ha detto: “Senza colla hai freddo, haifame, pensi troppo”]. Poi, quando nella testa l’effettodella colla finisce, vai al mercato a cercare qualcosada mangiare. Per comprare la colla vendevo ossa. Ossache trovavo nei rifiuti e che servono per fare mangimeoppure sapone. La colla è cara, costa 5 scellini labottiglietta (8 centesimi di euro). Vai da uno che te lavende, paghi e lui ti riempie la boccetta”.

La strada, la fame, la colla, per letto un foglio dicartone e per scaldarsi i corpi degli altri bambini. Lastoria di Charles è simile a quella di migliaia di altri.Decine di migliaia. Quanti sono in tutto il Kenyanessuno lo sa. Chi dice sessantamila nella sola capitale;chi il doppio o addirittura il triplo. Un gruppo diorganizzazioni umanitarie sta tentando uncensimento nazionale che non sarà finito prima dimarzo. Per accorgersi che sono tanti basta girare ilcentro di Nairobi, fermarsi a un semaforo rosso evedere la macchina subito circondata da mani tese.Qualcuno vende cartocci di noccioline sui marciapiedi.Altri, che non avranno dieci anni, portano sulle spalleun piccolo di pochi mesi, un fratellino, e chiedonol’elemosina. A sera, quando gli uffici si svuotano, ipassanti scompaiono, le vie si fanno buie e pericolosee i guardiani notturni prendono posizione davanti agliingressi con le loro grosse mazze di legno, i bambinidi strada si accoccolano in un androne, gli uni addossoagli altri, la pancia vuota, le gambe fredde, i piedi nudi.E la colla nella testa: il loro modo di comprarsi unsogno.

Nessuno li ha ancora contati tutti, ma molte cose sisanno con certezza di loro. Per esempio che il loronumero non cessa di crescere. Spiega Charles Otieno,

un giovane uomo che ha dedicato la sua vitaall’educazione dei bambini di strada: “Il fenomeno,che prima era circoscritto ai grandi centri urbani, èormai nazionale. Gli street children sono anche nellecittadine rurali. Aumentano perché i fattori che liproducono lavorano a pieno ritmo. La società africanatradizionale si è disintegrata. Dava sicurezza, perchéera la collettività, la comunità, ad assumersi laresponsabilità per gli individui. I bambini non erasoltanto figli dei loro genitori; erano figli del villaggio.Questo non esiste più: ciascuno è costretto a badare ase stesso. Nessuno può più permettersi di pensareanche agli altri. Tre quarti degli abitanti di Nairobivivono nelle baracche, e le baraccopoli scoppiano,sono ormai troppo piene. Non c’è casa; non c’è fognené salute; non c’è lavoro. Non ci sono soldi per ilmangiare, la scuola, i vestiti. Se va bene puoi dare aituoi figli un pasto al giorno. La famiglia non regge aqueste condizioni durissime. Un tempo i padrifacevano di tutto per trattenere i figli a casa; adessosono loro a spingerli sulla strada, dove hanno piùpossibilità di sopravvivere che tra le paretidomestiche”.

“E poi c’è l’Aids”, continua Charles Otieno. “Lo mettoal secondo posto, ma i suoi effetti sono devastanti. Cisono oggi in Kenya seicentomila orfani dell’Aids.Seicentomila. E il loro numero aumenta molto in fretta.Orfani diversi da quelli di una volta, perché la malattianon uccide soltanto un genitore. Muore uno, poil’altro. Poi i parenti. L’infezione dilaga, le contradevengono decimate, le comunità distrutte. E questibambini non hanno letteralmente più nessuno”.

Dieci anni fa, il Kenya ignorava cosa fossero i bambinidi strada. Era un fenomeno sudamericano; l’Africasapeva provvedere ai suoi piccoli. Se non c’era unpadre o una madre c’era sempre uno zio, un vicino,un villaggio. A Nairobi c’erano tutt’al più i parkingboys, che aiutavano gli automobilisti a trovare unparcheggio in cambio di una mancia. E poi, in pochianni, in un arco di tempo che avrebbe trovatoimpreparato anche un governo meno inetto o corrottodi quello kenyano, hanno dilagato e sono prestodiventati legione. Oggi sono una generazione intera,che cresce senza educazione, senza norme, senzaamore e annuncia un futuro terrificante.

Le storie di Charles, di Samuel, Simon e delle loromigliaia di compagni di sventura si assomigliano tuttema poi nelle pieghe della narrazione una frase colpiscee si scolpisce. Samuel per esempio racconta della mortedel padre, della fuga della madre tornata al villaggionatale in Uganda, di come uno zio si occupò di lui e

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di due sue sorelle finché si sposò, ebbe a sua voltaquattro bambini e scacciò di casa i nipoti. Allora i trereietti, guidati da Samuel quattordicenne, trovaronoospitalità da un vicino, un “buon samaritano”, chefaceva il guardiano notturno e lasciava perciò vuotoil suo letto di notte. E per mangiare come facevate?Risposta: “Il mangiare era il solo problema”. Il soloproblema!Simon invece, quando il padre perse il lavoro di autista,si mise a raccogliere bottiglie di bibite vuote. In unagiornata buona ne trovava una ventina, che a 3 scellinil’una faceva un totale di 60 (poco meno di un euro).Però quando tornava a casa la sera il padre lopicchiava, perché si vergognava di mandare quel figlioper strada.

Ma la storia non è tutta qui. A dire intera la verità,Charles, Samuel e Simon non sono più bambini distrada. Sono dei fortunati. Sono degli ex. Come nellefavole, davvero, la loro storia ha avuto un lieto fine.Hanno incontrato qualcuno che si è preso cura di loro.Che dà loro una casa, cibo, vestiti, che gli paga lascuola. Hanno smesso di sniffare, hanno incominciatoa studiare. Ricambiano con risultati meravigliosi: priminella loro classe, primi dell’intera scuola (Samuel eSimon). Vogliono diventare dottori (Charles e Simon)o uomini politici (Samuel). Non dormono più al freddo,non si cibano frugando nei mucchi di rifiuti, nonvendono i vuoti delle Fanta e delle Coca-Cola percomprarsi la colla, non girano più per la città in bandedi cinque o dieci, vestiti di stracci e con la mano tesaper l’elemosina ai semafori. Ma i fortunati come lorosono pochi. Molto pochi. Il gran numero è ancora làfuori, nel freddo, nella fame, nel buio dove èimpossibile, anche aguzzando gli occhi, intravedereun futuro.Chi vuole aiutare i bambini di strada di Nairobi puòrivolgersi all’associazione Amani, scrivendo [email protected] oppure telefonando allo 024121011.

Appunti di viaggio.

di Gianni Innocenti

Gianni Innocenti è un amico di Vercelli che ha vissutoa Nairobi per un mese, a gennaio, ospite di Koinonia(n.d.r.)

Le emozioni vissute durante la mia prima visita alKivuli Centre sono state tali e tante da rendereveramente ardua una traduzione in parole. In ognicaso, provare a dar forma all’invisibile può essere cosautile, necessaria a dar corpo ad un’esperienza diquesto livello.

La terra rossa, le strette di mano, gli occhi dei bambini,i volti di centinaia di persone... sono immagini che sisono impresse indelebilmente negli occhi e nel cuore.Ma devo cercare di accantonarle anche solo per unattimo se voglio far emergere alcuni pensieri che hannosegnato le mie giornate a Nairobi, le lezioni che hoimparato ed i doni che ho ricevuto.Sorvolando pietosamente su come mi sia ritrovato afar spesso i conti con un mio moralismo carico diipocrisia e di giudizio (che non credevo di avere,perlomeno a certi livelli), posso tranquillamente direche la più grande fortuna che ho avuto è stata quelladi riuscire fin da subito ad abbandonare un fisiologicoma irrealizzabile desiderio di onnipotenza, di voler/dover fare qualcosa di importante. E sono quindiriuscito, potrà sembrare assurdo, a sentirmi finalmentepoco utile, talvolta addirittura “inutile”. Inutile serapportato ai criteri di efficientismo che ci si porta sottopelle.

Il divario tra la loro condizione e la mia capacità di“aiuto” è sembrato talvolta abissale; maparadossalmente è proprio su questa distanza,apparentemente incolmabile - e dal relativo crollo delleproprie pretese - che succede qualcosa: mi sono resoconto di come questo “azzeramento” sia, oltre chelezione di umiltà, base di partenza per un rapportovero, più genuino, da cui può veramente nascerequalcosa di buono. Basta abbandonarsi un po’ a questogioco e ti accorgi che questa realtà ti penetradirettamente nell’anima.

E ci si ritrova commossi per un niente.Come quando ho visitato la Casa di Anita: un vero eproprio colpo al cuore. Quando mai capita di ricevereuna tale accoglienza, festeggiamenti e tanta gratitudineda bambine per le quali, in fin dei conti, sei “solo” unperfetto sconosciuto?

Qui il cielo di notte è più buio; e le stelle più luminose.La semplicità, la gioia, le indiscutibili difficoltà, i sorrisie gli sguardi di questi bambini mi hanno fatto ancorpiù appassionare a questa umanità, che accanto alleproprie sofferenze vuole e riesce ad amare ancora. E’come se, talvolta, le proprie vecchie cicatricipercepiscano le ferite altrui, e tentino di riaprirsi insegno di compassionevole solidarietà; e le loro feritediventano nostre ferite.

“...nevica misericordia sul deserto, s’impara a piangerein silenzio” dice una poesia.Qui ho ritrovato tutti questi elementi: c’è neve e deserto,lacrime e gioia.

E tanta voglia di resurrezione.

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Matatu.Pubblicato su Nigrizia n. 4, aprile 2002 (n.d.r.)

di Padre Kizito

Ci sono situazioni in cui la tentazione di sbottare con“io l’avevo detto” é veramente troppo forte. Le recentirivelazioni sulla schiavitù in Sudan sono per me unadi queste.Da alcuni anni il CSI (Christian SolidarityInternational), che ha sede in Svizzera ed é diretta daun americano, John Eibner, ha condotto in Sud Sudan,delle spedizioni lampo per redimere gli schiavi. Ilnumero di schiavi riscattati in tali spedizioni é andatoaumentando, da una dozzina in novembre del 1996fino a qualche migliaio.Questa operazione é stata duramente criticatadall’UNICEF perché la schiavitù, dove esiste, deveessere fermata e basta, senza nessun ritorno economicoper i responsabili, e poi perché pagando il riscatto deglischiavi si finisce per crearne un mercato.Ma le spedizioni di redenzione degli schiavi sonodiventate un’attrazione irresistibile per i mass media.Le foto di centinaia di schiavi pazientemente sedutiad aspettare il proprio destino mentre Eibner contrattail prezzo con un mediatore “arabo” dal volto nascostodietro il turbante sono state pubblicate sui giornali ditutto il mondo. Il CSI ha raccolto, soprattutto fra ineri americani, evidentemente sensibili a questoargomento, qualche milione di dollari.Non solo a me é sempre parso che comperare deglischiavi, sia pure per dare loro immediatamente lalibertà, fosse sbagliato, ma ero anche insospettito dallemodalità.Cosi, agli inizi del 99 scrissi diversi articoli in inglesesull’argomento. Sostenevo che certamente la schiavitùin Sudan esiste e che é un fenomeno gravissimo chedeve essere fermato. Ma le persone che ogni annovengono messe in schiavitù sono nell’ordine di pochecentinaia. Ciò é gravissimo, sarebbe gravissimo anchese si trattasse di una sola persona, ma affermare chesono decine di migliaia non é vero. Inoltre dicevo cheappunto certe modalità non erano chiare e chechiunque conosca il Sudan non può non insospettirsi.Come possono i mediatori muoversi con centinaia dipersone? Il solo riuscire a dar da mangiare e bere ognigiorno é un problema difficile. Quindi concludevo chepur non avendo ragione di dubitare della buona fededel CSI, ma che qualcuno certamente giocava sporco.Una pubblicazione americana che mi ha citato é stataminacciata da Eibner di querela per diffamazione. Poialcune personalità di chiesa, anche cattoliche, sonoscese in campo per difendere tutta l’operazione.Nella primavera del 2000 un produttore televisivo

olandese ha fatto un documentario sulla redenzionedegli schiavi che é andato in onda in tutto il centro enord Europa. Io, che ero stato intervistato e avevoespresso senza tergiversamenti le mie riserve, vi facevola parte dell’opposizione, del missionario folcloristicoche gioca a fare il bastian contrario.Quando i giornalisti amici sollecitavano il mio pareresull’argomento, magari mi ascolatavanoeducatamente, ma poi finivano col pubblicare gliarticoli sul CSI con grande rilievo. La notizia eratroppo ghiotta, e, nel grande circo dei mass media,tutti devono entrare in pista insieme.Senza contare che quasi mi sentivo rimproverare “macome, tu vai sui monti Nuba e di schiavi non ne hailiberato neanche uno?”. Allora timidamente dicevoche Koinonia a Nairobi si prende cura di due bambininuba che sono stati schiavi, ma che in sei anni di ex-schiavi ne ho incontrati meno di dieci. Questoconfermava nell’interlocutore la convinzione che ilvero problema fossi io.Adesso é ufficiale, lo ha confermato anche il portavoceSPLA: era tutto un imbroglio. Gli “schiavi” erano lagente dei villaggi vicini che venivano più o menoforzati a recitare. Il misterioso mediatore era unmilitare SPLA con la pelle sufficientemente chiara dapoter essere fatto passare per arabo. I pezzi grossilocali si spartivano il profitto della messa in scena.Che tristezza. É una soddisfazione molto amara poterdire “avevo ragione io”. Restano delle domande cherischiano di avere risposte ancora più amare: comemai alcuni uomini di chiesa hanno sostenuto a spadatratta la bontà di questa operazione? Come mai nessungiornalista ha fatto una seria ricerca prima dipubblicizzare la cosa ed ha contribuito ad ingannarei donatori? Come mai lo stesso CSI non ha fattocontrolli severi, forse perché nello show dell’assistenzaumanitaria la nicchia di liberatori di schiavi che si eratrovata faceva molto comodo per l’immagine e laraccolta fondi?E quegli schiavi finti? Anzi, erano schiavi veri. Schiavidi un mondo tutto falso, in cui i liberatori sonooppressori, l’assistenza umanitaria un inganno e lasolidarietà un business. Adesso la responsabilità diandare verso di loro con parole vere é ancora piùgrande.

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� Incontri di Padre Kizito a Maggio.

• 04.05 - Caserta• 05.05 - Caserta• 06.05 - Napoli• 09.05 - Bologna• 10.05 - Busto Arsizio• 11.05 - Torino• 12.05 - Torino• 13.05 - S. Miniato - Pisa• 15.05 - Bresso• 16.05 - Rivadolmo d’Este• 17.05 - Cologno Monzese

Chi fosse interessato a partecipare agli incontri di Padre Kizito previsti in Italia a maggio può contattarci per avereulteriori dettagli (luogo, ora, ecc.), consultare il sito web di Amani o iscriversi ad “Amaninews”, un servizio che permetteagli iscritti un continuo aggiornamento sulle iniziative di Amani e di conseguenza anche sugli incontri di Padre Kizito.Qui sotto troverete tutte le istruzioni per l’iscrizione.

� Amaninews.Da fine ottobre è attiva per via mail un servizio chiamato “Amaninews”, che permette agli iscritti di essere aggiornatisulle iniziative dell’Associazione Amani Onlus, ricevere i comunicati stampa della stessa associazione e avere, tramitemail, una copia di questo giornale. L’iscrizione a questo servizio è gratuita e molto semplice:Iscriviti: [email protected] che questo sia un ottimo strumento per essere sempre più coinvolti nella vita della nostra Associazione e permantenere vivi i contatti tra di noi.

� Sito web di Amani.Avvisiamo tutti gli amici di Amani che Amani presto cambierà il proprio dominio in rete. Potrete trovare il sito web diAmani all’indirizzo www.amaniforafrica.org . Per ancora un po’ di tempo terremo, per evitare possibili problemi econfusione, il vecchio indirizzo www.peacelink/amani.html insieme a quello nuovo sopra citato. Cambieranno anchegli indirizzi mail, ma anche questi con una certa gradualità in modo che ci si possa abituare e che molti contatti nonvadano perduti. Potrete ancora per un po’ contattarci al solito indirizzo [email protected] : comunque riceverete prestocomunicazioni relative ai nostri nuovi indirizzi mail.

� Le offerte ad Amani sono deducibili.I benefici fiscali per erogazioni a favore di Amani possono essere conseguiti con due possibilità alternative:1. Deducibilità ai sensi del DPR 917/86 a favore di ONG per donazioni destinate a Paesi in via di sviluppo. Deduzionenella misura massima del 2% del reddito imponibile sia per le imprese che per le persone fisiche.2. Oneri deducibili ai sensi del DL 460/97 per erogazioni liberali a favore di ONLUS.Per le imprese per un importo massimo di euro 2.065,83 o del 2% del reddito di impresa dichiarato.Per le persone fisiche detraibile nella misura del 19% per un importo complessivo non superiore a euro 2.065,83.Ai fini della dichiarazione fiscale è necessario conservare:• per i versamenti con bollettino postale: ricevuta di versamento;• per i bonifici o assegni bancari: estratto conto della banca ed eventuali note contabili.Ricordiamo inoltre di segnare sempre la causale del versamento e l’indirizzo completo del donatore.

Per avere altre informazioni o per richiedere il materiale, potete contattareAmani OnlusVia Gonin, 8 - 20147 - Milano - Tel. 02-4121011 Fax 02-48302707E-mail: [email protected] - www.peacelink.it/amani.htmlC/C Postale: 37799202 - C/C Bancario: 503010 Banca Popolare Etica ABI 05018 - CAB 12100

FORSE NON TUTTI SANNO CHE...

Editore: Associazione Amani Onlus, via Gonin 8, 20147 MilanoDirettore responsabile: Daniele Parolini

Stampato presso: Lito 2000 srl, via Sabatelli 31, 23868 Valmadrera, LCRegistrazione presso la Cancelleria del Tribunale Civile e Penale di Milano n. 596 in data 22.10.2001

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