2001: quanto leggono i pediatri?

4
496 Medico e Bambino 8/2001 Lettere Lettere discussione, la vecchia richiesta di mettere nero- s u- bi anco (t ant o pi ù s arà eff i cace quanto più sintetico) il suo modello effi- ciente, razionale, produttivo, che sia an- che compatibile col nostro attuale sistema. Con molta stima, e con gratitudine per i Suoi interventi. F.P. Aggi ornarsi: per quante ore all a setti mana? A pag. 308 del numero di maggio 2001 di Medico e Bambino leggo e apprendo dalla Tabella II che, per un salto qualitati- vo della pediatria ambulatoriale, in Italia occorrono ben ore una alla settimana da dedicare allo studio e alla lettura (in verità parzialmente corrette da un evidente refu- so alla stessa pag. 308, nel testo dellarti- colo, allinaudito valore di ore due alla set- timana). Un vero record! Ma credo che tra le professioni intellettuali, del genere a cui evidentemente larticolo in questione fa ri- f er i ment o, sol o l i dr auli co necessi t i di qualche minuto in più, mentre lelettrici- sta che ha una gran quantità di istruzioni da leggere (mai che un antifurto sia ugua- l e a un al tro!) è necessari amente fuori classifica. Caro prof essor Pani zon, per quant o non farei molta fatica a continuare su que- sto tono (tra il risentito e limpertinente) non ho voglia di continuare così, e allora Le sottopongo una questione che mi sem- bra seria: Dove finirà questa storia della qualità (intesa modernamente come rin- corsa delle cosiddette esigenze del clien- te)? Finirà nellabalfabetismo anche delle professioni intellettuali? Che il Comitato Editoriale di una rivi- sta come Medico e Bambino accetti senza fiatare una frase come quella che Le ho fatto notare può essere dovuto semplice- mente a un incidente di percorso (nel mio piccolo ho davvero molto di più da farmi perdonare). Ma è davvero così? Oppure non scandalizza più nessuno laffermazio- ne che una professione intellettuale abbi- sogni di questo tempo che gli Autori pro- pongono per svolgerla degnamente? Se Le scrivo è perché temo che questa se- conda ipotesi sia la più veritiera, e che or- mai l a l ettura sci enti fi ca, l appli cazi one con metodo e passione alla risoluzione dei problemi, sia un lusso di pochi (para- dossi della società che viviamo!). Affettuosi saluti e perdoni il tono delle prime righe di questa lettera di altri tem- pi. Salvo Fedele, Palermo Ben t ornat o, dott or Fedel e. Sempre eguale, daltronde; e, come sempre, capace di mettere in crisi. Larticolo a cui si riferisce è quello di Vent urell i, in due punt at e (numeri di maggio e giugno, stesse considerazioni che per la lettera di Nuzzo); Un passo dopo laltro (non un salto!) verso la qualità; viene dunque da una persona molto nota tra i PdF, che, oltre che leggere, scrive, re- gistra e ri-esamina periodicamente la sua attività, si consulta con colleghi (come da testo) per unora in media alla settimana, lavora in gruppo, prepara materiale di- dattico per i suoi pazienti, dunque inevita- bilmente, e in continuazione, anche senza volere, si aggiorna; difficilmente può es- sere interpretata come un segno di igna- via personale. La differenza tra la tabella (1 ora di lettura) e il testo (2 ore di ag- giornamento personal e) di pagina 308 non sembra un refuso, poiché l e 2 ore, sommate alle altre attività, fanno effetti- vamente le 38 ore di lavoro/settimana che corrispondono allorario (sindacalmente rispettabile) proposto nellarticolo. Su que- sto, spero, risponderà lo stesso Venturelli, al quale spediamo contestualmente sia la Sua lettera che questa risposta. Rimangono però altre due questioni, non secondarie. Primo: lattendibilità della Rivista. La Rivista, o il suo direttore, si è l asciata sfuggire un punto, un piccolo ma non tra- scurabile punto, dellarticolo (e forse an- che altri) che avrebbe dovuto essere, quan- to meno, oggetto di discussione. È certa- mente un aspetto che merita un momento di riflessione Eccola. Medico e Bambino non è una Rivista da referee, se non per l a part e, mol t o l imit at a, dei cosiddett i contributi originali; dunque non è una Rivista basata su un sistema di esperti. In linea di massima commissiona gli arti- coli (a persone che sono già espertidi buona fama) oppure accetta o respinge (e solo minimamente ritocca) i lavori che le arrivano, in base alla loro leggibilità, uti- lità, coerenza generale con la scienza, con la pratica e con le linee culturali della Ri- vista. Nel caso specifico, Venturelli è già lui un esperto, la Rivista gli ha commis- sionato larticolo; e, di suo, non possiede nessuno che sia più espertoin pediatria di famiglia. Ma la Rivista ha anche dei lettori; e li considera parte di se stessa; ed è sempre stata felice dei loro attenti interventi criti- ci. In verità, se un errore cè stato, o se cè qualcosa da dire sul tema della quantitàdellaggiornamento, bene, questo è venuto fuori con molta più forza dalla Sua lettera che non dai numerini di una tabella. Secondo punto: quante ore il pediatra dovrebbe dedicare allaggiornamento? Io non so rispondere; e non so nemmeno se si possa indicare un numero medio, che trascuri la larghissima variabilità indivi- duale, e nemmeno se si possa definire un numero minimo accett abil e. Lasciamo st are che quell e obbl igat oriesono 32 h/anno, e quelle di Venturelli sarebbero comunque, anche contando l e ferie, un c e nt i nai o; e l as c i amo s t are c he anc he quelle 32 h/anno non tutti le fanno. Resta che ho fatto una breve inchiesta telefonica e che sono arrivato alla conclusione che il numero di ore dato da Venturelli non è scandaloso. Molti, per esempio (e proba- bilmente anche Venturelli), non conside- rano che lo studio faccia parte necessaria- mente di quelle 38 ore sindacalidi lavo- ro settimanale nelle quali sono state inca- sellate le 2 ore di studio, e ritengono che invece lo studio sia un companatico neces- sario per vivere il proprio mestiere e che sia abbastanza naturalmente piacevole da poter trovare il suo spazio naturale nelle restanti 46 ore di cui è fatta una settima- na composta di (12 x 7) - 38 ore. Comun- que, lindicazione prevalente è stata che ci vorrebbero 2 h/settimana (o 8 h/mese) di aggiornamento collettivo (fatto in diversi modi, dal congresso al piccolo gruppo, alla frequenza in Ospedale, alla frequenza in distretto) + 1 h/settimana di lettura; ma che non tutti le fanno; e che laggiorna- mento naturale, corrente, è fatto della p r o p r i a att i v i t à, d e ll a c o ns ul t az i o ne estemporanea dei testi e dei manuali per affrontare questo o quel caso, del confron- to col collega, del ricorso a Internet, della partecipazione a qualche ricerca collabo- rativa, o del lavoro di pediatra sentinel- l a; in al t re parol e, un aggiornament o non formale, fatto di imparare facendo. Ma alla fine delle fini, tutto è più sem- plice. Imparare è un bisogno, quasi incon- sapevole, e quasi inconsapevolmente e in- sensibilmente alimentato (come dormire e mangiare). Cercare di regolamentarlo, o anche di misurarlo, o forse anche di in- durl o, potrebbe essere contro natura. È giusto considerare che laggiornamento, sia o non sia quantificabile, fa parte effet- tiva, intrinseca, del lavoro per cui si è pa- gati, e che non va sacrificato alla neces- sità di rispondere a una domanda infinita (vedi la lettera di Nuzzo). Che comunque, né su un versante né sullaltro di questo lavoro, è consentito al medico di essere avaro di sé. Sapendo già di non averLa soddisfatta (non ho soddisfatto neanche me stesso), La saluto caramente. F.P.

description

Sempre per rispondere al più bravo provocatore dell'editoria Italiana (il solito Luca De Fiore): una polemica del 2001

Transcript of 2001: quanto leggono i pediatri?

Page 1: 2001: quanto leggono i pediatri?

496 Medico e Bambino 8/2001

LettereLettere

discussione, la vecchia richiesta di metterenero-su-bianco (tanto più sarà efficacequanto più sintetico) il suo modello “effi-ciente, razionale, produttivo”, che sia an-che compatibile col nostro attuale sistema.

Con molta stima, e con gratitudine per iSuoi interventi.

F.P.

Aggiornarsi: per quante ore alla settimana?

A pag. 308 del numero di maggio 2001di Medico e Bambino leggo e apprendodalla Tabella II che, per un salto qualitati-vo della pediatria ambulatoriale, in Italiaoccorrono ben ore una alla settimana dadedicare allo studio e alla lettura (in veritàparzialmente corrette da un evidente refu-so alla stessa pag. 308, nel testo dell’arti-colo, all’inaudito valore di ore due alla set-timana).

Un vero record! Ma credo che tra leprofessioni intellettuali, del genere a cuievidentemente l’articolo in questione fa ri-ferimento, solo l’idraulico necessiti diqualche minuto in più, mentre l’elettrici-sta che ha una gran quantità di istruzionida leggere (mai che un antifurto sia ugua-le a un altro!) è necessariamente fuoriclassifica.

Caro professor Panizon, per quantonon farei molta fatica a continuare su que-sto tono (tra il risentito e l’impertinente)non ho voglia di continuare così, e alloraLe sottopongo una questione che mi sem-bra seria: Dove finirà questa storia dellaqualità (intesa modernamente come rin-corsa delle cosiddette esigenze del clien-te)? Finirà nell’abalfabetismo anche delleprofessioni intellettuali?

Che il Comitato Editoriale di una rivi-sta come Medico e Bambino accetti senzafiatare una frase come quella che Le hofatto notare può essere dovuto semplice-mente a un incidente di percorso (nel miopiccolo ho davvero molto di più da farmiperdonare). Ma è davvero così? Oppurenon scandalizza più nessuno l’affermazio-ne che una professione intellettuale abbi-sogni di questo tempo che gli Autori pro-pongono per svolgerla degnamente? SeLe scrivo è perché temo che questa se-conda ipotesi sia la più veritiera, e che or-mai la lettura scientifica, l’applicazionecon metodo e passione alla risoluzionedei problemi, sia un lusso di pochi (para-dossi della società che viviamo!).

Affettuosi saluti e perdoni il tono delleprime righe di questa lettera di altri tem-pi.

Salvo Fedele, Palermo

Ben tornato, dottor Fedele. Sempreeguale, d’altronde; e, come sempre, capacedi mettere in crisi.

L’articolo a cui si riferisce è quello diVenturelli, in due puntate (numeri dimaggio e giugno, stesse considerazioni cheper la lettera di Nuzzo); “Un passo dopol’altro (non un salto!) verso la qualità”;viene dunque da una persona molto notatra i PdF, che, oltre che leggere, scrive, re-gistra e ri-esamina periodicamente la suaattività, si consulta con colleghi (come datesto) per un’ora in media alla settimana,lavora in gruppo, prepara materiale di-dattico per i suoi pazienti, dunque inevita-bilmente, e in continuazione, anche senzavolere, “si aggiorna”; difficilmente può es-sere interpretata come un segno di igna-via personale. La differenza tra la tabella(1 ora di lettura) e il testo (2 ore di ag-giornamento personale) di pagina 308non sembra un refuso, poiché le 2 ore,sommate alle altre attività, fanno effetti-vamente le 38 ore di lavoro/settimana checorrispondono all’orario (sindacalmenterispettabile) proposto nell’articolo. Su que-sto, spero, risponderà lo stesso Venturelli,al quale spediamo contestualmente sia laSua lettera che questa risposta.

Rimangono però altre due questioni,non secondarie.

Primo: l’attendibilità della Rivista. LaRivista, o il suo direttore, si è lasciatasfuggire un punto, un piccolo ma non tra-scurabile punto, dell’articolo (e forse an-che altri) che avrebbe dovuto essere, quan-to meno, oggetto di discussione. È certa-mente un aspetto che merita un momentodi riflessione Eccola. Medico e Bambinonon è una Rivista da “referee”, se non perla parte, molto limitata, dei cosiddetti“contributi originali”; dunque non è unaRivista basata su un sistema di “esperti”.In linea di massima commissiona gli arti-coli (a persone che sono già “esperti” dibuona fama) oppure accetta o respinge (esolo minimamente ritocca) i lavori che learrivano, in base alla loro leggibilità, uti-lità, coerenza generale con la scienza, conla pratica e con le linee culturali della Ri-vista. Nel caso specifico, Venturelli è giàlui un “esperto”, la Rivista gli ha commis-sionato l’articolo; e, di suo, non possiedenessuno che sia “più esperto” in pediatriadi famiglia.

Ma la Rivista ha anche dei lettori; e liconsidera parte di se stessa; ed è semprestata felice dei loro attenti interventi criti-ci. In verità, se un errore c’è stato, o se c’èqualcosa da dire sul tema della “quantità”dell’aggiornamento, bene, questo è venutofuori con molta più forza dalla Sua letterache non dai numerini di una tabella.

Secondo punto: quante ore il pediatra

dovrebbe dedicare all’aggiornamento? Ionon so rispondere; e non so nemmeno se sipossa indicare un numero “medio”, chetrascuri la larghissima variabilità indivi-duale, e nemmeno se si possa definire unnumero minimo accettabile. Lasciamostare che quelle “obbligatorie” sono 32h/anno, e quelle di Venturelli sarebberocomunque, anche contando le ferie, uncentinaio; e lasciamo stare che anchequelle 32 h/anno non tutti le fanno. Restache ho fatto una breve inchiesta telefonicae che sono arrivato alla conclusione che ilnumero di ore dato da Venturelli non è“scandaloso”. Molti, per esempio (e proba-bilmente anche Venturelli), non conside-rano che lo studio faccia parte necessaria-mente di quelle 38 ore “sindacali” di lavo-ro settimanale nelle quali sono state inca-sellate le 2 ore di studio, e ritengono cheinvece lo studio sia un companatico neces-sario per vivere il proprio mestiere e chesia abbastanza naturalmente piacevole dapoter trovare il suo spazio naturale nellerestanti 46 ore di cui è fatta una settima-na composta di (12 x 7) - 38 ore. Comun-que, l’indicazione prevalente è stata che civorrebbero 2 h/settimana (o 8 h/mese) diaggiornamento collettivo (fatto in diversimodi, dal congresso al piccolo gruppo, allafrequenza in Ospedale, alla frequenza indistretto) + 1 h/settimana di lettura; mache non tutti le fanno; e che l’aggiorna-mento “naturale”, corrente, è fatto dellapropria attività, della consultazioneestemporanea dei testi e dei manuali peraffrontare questo o quel caso, del confron-to col collega, del ricorso a Internet, dellapartecipazione a qualche ricerca collabo-rativa, o del lavoro di “pediatra sentinel-la”; in altre parole, un aggiornamentonon formale, fatto di “imparare facendo”.

Ma alla fine delle fini, tutto è più sem-plice. Imparare è un bisogno, quasi incon-sapevole, e quasi inconsapevolmente e in-sensibilmente alimentato (come dormire emangiare). Cercare di regolamentarlo, oanche di misurarlo, o forse anche di in-durlo, potrebbe essere contro natura. Ègiusto considerare che l’aggiornamento,sia o non sia quantificabile, fa parte effet-tiva, intrinseca, del lavoro per cui si è pa-gati, e che non va sacrificato alla neces-sità di rispondere a una domanda infinita(vedi la lettera di Nuzzo). Che comunque,né su un versante né sull’altro di questolavoro, è consentito al medico di essereavaro di sé.

Sapendo già di non averLa soddisfatta(non ho soddisfatto neanche me stesso),La saluto caramente.

F.P.

Salvo Fedele
Page 2: 2001: quanto leggono i pediatri?

12 Medico e Bambino 1/2002

LettereLettere

Aggiornamento, quanto tempo?

In risposta alla lettera di Salvo Fedele,pubblicata nel numero di ottobre (Medicoe Bambino 2001;20(8):496) fornisco alcuneprecisazioni.

La Tabella II citata nell’articolo (Medicoe Bambino 2001;20(5):308) riporta il datodi un’ora alla settimana in media rivolta al-

Testo

F.P.

Page 3: 2001: quanto leggono i pediatri?

Medico e Bambino 1/2002 13

LettereLettere

l’aggiornamento individuale da parte di unpediatra: questo dato ha provocato la rea-zione di Salvo Fedele, preoccupato di co-me sia poco il tempo dedicato allo studioda parte di un professionista. Salvo ha ra-gione: si studia e si legge troppo poco, so-no perfettamente d’accordo! La tabella in-criminata non deve però essere considera-ta il gold standard dei tempi di lavoro, maquello che è la situazione attualmente me-dia: del resto questi dati non sono stati in-ventati dagli Autori, ma ripresi da un lavo-ro di analisi dell’attività eseguito nel 1993su un gruppo di venti pediatri di Bergamoe Provincia appartenenti all’ARP e pubbli-cati, guarda caso, già sulle pagine di Medi-co e Bambino all’interno di un Focus dal ti-tolo: “Dove va la pediatria di base”, coordi-nato da Giorgio Tamburlini (Medico eBambino 1997;16(7):427): già allora eraperò evidente che quell’unica ora alla setti-mana si riferiva al tempo individuale dedi-cato alla sola lettura di riviste mediche.Già nell’articolo del 1997 si citava comeaggiornamento quella parte ben più impor-tante e coinvolgente, di carattere colletti-vo, dedicata alla formazione: la riunionemensile tra pari basata sui casi clinici, gliincontri bimestrali con esperti, l’aggiorna-mento obbligatorio organizzato dagli stes-si pediatri dell’ARP, i lavori di gruppo sulleschede educazionali e sulla cartella infor-matizzata, la partecipazione attiva a diver-se commissioni in più Enti (Comune,Ospedale, Azienda Sanitaria). E tutto que-sto rimanendo nell’ambito del proprio ter-ritorio, non andando a inserire occasionicongressuali regionali o nazionali.

C’è poi da sottolineare, per ritornare al-l’aggiornamento individuale, come sia in-trinseco al “mestiere” di pediatra impararelavorando, attraverso lo studio dei propricasi difficili, la revisione del lavoro svolto,la consulenza e il contatto con altri pediatridi famiglia, con specialisti, con pediatriospedalieri, cosa già sottolineata dal Prof.Panizon nella sua risposta a Salvo e co-munque presente nell’articolo contestato,proprio appena prima della Tabella II giàcitata.

Insomma, l’errore è stato forse quellodi non sottolineare appieno, in modo piùesplicito, tutte le occasioni di aggiorna-mento non individuale, ma collettivo, chegiustamente ciascun pediatra dovrebbe in-serire nella sua attività.

Una critica più consistente sembraperò quella che Salvo denuncia: la qualitàè ormai solo rincorsa alle esigenze delcliente? Ebbene, credo che parlare di or-ganizzazione dell’attività, di modelli gestio-nali non sia andare verso un’analfabetizza-zione, ma al contrario possa essere unodei modi per migliorare la qualità: la riso-luzione dei problemi dei nostri assistiti edelle loro famiglie si può perseguire coniu-

gando maggior cultura sanitaria, sociale,etica a migliori modelli assistenziali. La viadella medicina in gruppo è, per noi che lapratichiamo, una possibile e positiva e sti-molante esperienza che è giusto racconta-re e divulgare; che ci permette, tra l’altro,di trovare spazi di dibattito culturale chemolti pediatri single ci invidiano.

Leo Venturelli, Bergamo

Caro Professor Panizon,come è appassionante discutere con

Lei! Lo faccio brevemente per non sottrar-re tempo prezioso all’ora (d’aria) che i pe-diatri debbono alla lettura.

Mi permetta di darle una mano ad ana-lizzare la sua risposta e dar forza ai suoi ra-gionamenti così come Lei ha deliziosa-mente fatto con me.

Debbo notare infatti che l’uso che Leifa dei sondaggi non è assimilabile per nul-la a quello normalmente fatto dai detentoridei mezzi di comunicazione: questa è qua-lità. Lei usa i sondaggi non per farsi ragio-ne, ma per dar ragione!

Dice in pratica il suo sondaggio che lamia preoccupazione è vera e fondata: i pe-diatri leggono un’ora alla settimana. Alloranon è la qualità che ci hanno proposto gliAutori ma la normalità!

Ebbene ho fatto anch’io la mia indaginee i risultati sono diversi, la cosa sicura-mente (non so come) rafforzerà il suo ra-gionamento: la normalità potrà essere an-che assimilabile alla distribuzione normale(come la normalità della malnutrizione inAfrica o del gozzo nella Sicilia del dopo-guerra) ma ancora la qualità ha qualchesperanza, giacché l’un sondaggio annullan-do l’altro rafforza la speranza.

Con affetto

Salvo Fedele, Palermo

Sulle lettere di ottobre/novembre c’è sta-to uno scambio epistolare a proposito deltempo che il pediatra di famiglia può/po-trebbe/deve/dovrebbe dedicare, e su quelleche di fatto dedica all’aggiornamento. Traquesta lettera di Fedele e questa mia rispo-sta ci sono state altre due lettere, che nonabbiamo fatto in tempo a pubblicare: unamia che chiedeva a Fedele quali fossero isuoi numeri, più ottimistici di quelli raccol-ti da me alla carlona, e una sua rispostache proponeva un’indagine più seria fattavia Internet. Mentre rispondevo di sì, lamia mano è corsa più veloce del pensiero ein quattro e quattr’otto ho fatto la mia inda-gine, distribuendo a mano libera un mi-gliaio di questionari (di cui potete leggerenel box il modello), e circa una metà è statariempita.

Alla prima domanda, quante ore dedi-

chi all’aggiornamento “personale” (a casa),la moda, circa 1/4 del campione, è risulta-ta pari a 2 ore/settimana; ma quasi altret-tanti studiano 3 ore e altrettanti più di 3ore. Meno del 10% dei pediatri dedica allostudio domiciliare della pediatria meno diun’ora/settimana. Ha ragione Fedele.

Alla seconda domanda, quanto di questotempo è dedicato a Internet e quanto allalettura, la risposta si distribuisce su unacurva bimodale: un quinto del campionestudia quasi esclusivamente (o esclusiva-mente) su Internet; 2/3 del campione stu-dia esclusivamente o quasi su carta, e i re-stanti dividono la loro attenzione tra i duemezzi di comunicazione.

Dalle risposte alla terza domanda risul-ta che 4/5 dei pediatri sono abbonati ad al-meno due riviste.

Dalle risposte alla quarta e alla quintadomanda risulta che i pediatri vanno moltospesso a incontri provinciali/regionali (cir-ca la metà dei pediatri partecipa più di 6volte/anno) e a incontri sopra-regionali (lagrande maggioranza partecipa ad almeno2-3 congressi/anno). Qui c’è un interessan-te “incrocio” di risposte, poiché risulta che ipediatri che frequentano di più gli incontrisopra-regionali sono spesso quelli che menofrequentano quelli locali. Sembra ovvio:quelli che godono di una minore offerta insede sono, probabilmente, quelli che sentonodi più il bisogno di informarsi emigrando.Sarebbe interessante fare un’analisi multi-fattoriale per capire dove il bisogno è mag-giore.

Dalle risposte alle domande 6, 7, 8 si ri-cava che il massimo del gradimento è perl’aggiornamento a piccoli gruppi, seguitodal gradimento per i congressi (ben fatti), eda ultimo dall’aggiornamento on line; a si-stema di crediti funzionante, la grandemaggioranza dei pediatri desidera unaequilibrata distribuzione degli strumenti diaccreditamento, con peso prevalente dato aincontri/congressi, minore all’aggiorna-mento on line, ultimo all’aggiornamento sucarta.

In sostanza, i pediatri italiani interroga-ti si aggiornano molto: quasi tutti almenodue ore alla settimana di lettura e quasitutti almeno un incontro al mese. Si aggior-nano un po’ più di quello che pensavo io;non so il dottor Fedele. L’entrata in vigoredel sistema dei crediti non potrebbe cambia-re in meglio, mi sembra, questa risposta vir-tuosa.

Ma non possiamo nasconderci che inquesta nostra ricerca rapida, fatta più chealtro per rispondere a Salvo Fedele, c’è un“bias” di campionamento. Certissimamentec’è, perché l’inchiesta (svolta in estremaeconomicità e rapidità, e manifestatamentenon scientifica, anche se fatta su di un cam-pione di tutto rispetto) è stata fatta in corsodi incontri provinciali/regionali e di con-

Salvo Fedele
Page 4: 2001: quanto leggono i pediatri?

14 Medico e Bambino 1/2002

LettereLettere

gressi, e quindi su pediatri che, per defini-zione, “frequentano”. È probabile che i risul-tati di una richiesta più scientifica, che do-vrebbe essere svolta al telefono, sarebbero di-versi e inferiori; ma non sappiamo quantasia questa fetta, che verrà comunque perse-guita e raggiunta dal sistema dei crediti.

Il giudizio su Medico e Bambino, estortoalla fine, resta ottimo o molto buono, quellosulla pagine elettroniche (che si sforzano dimigliorarsi) buono o molto buono.

F.P.

<1 h 1 h 2 h 3 h >4 h

QUANTO LEGGE?

Int Int>C Int=C Int<C C

INTERNET O CARTA?

QUANTE RIVISTE?

0 1 2 3 4 5

<2 2-4 5-6 7-8 >8

INCONTRI LOCALI INCONTRI SOPRA-REGIONALI

<2 2-4 5-6 7-8 >8

Fac-simile del questionario presen-tato a i pediatri e istogrammi dellepr incipa li r isposte che i ped i a tr ihanno dato.I dati ci direbbero che i pediatri siaggiornano fin troppo, anche se siregistrano evidenti disomogeneità .

Int=InternetC=Carta