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Capitolo 20 Strategie e strutture organizzative spiegare perché e come le strutture organizzative evolvono descrivere le principali forme organizzative e la loro compatibilità con i vari tipi di strategia discutere i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna delle principali forme orga- nizzative valutare l’efficacia dei meccanismi di integrazione e di coordinamento Obiettivi del capitolo La più grande fusione cross-border realizzata in Europa fu decisa nel 1987 tra ASEA (Sve- zia) e Brown Boveri (Svizzera). Fu creato un nuovo Gruppo presente in 140 nazioni con 180 mila dipendenti, con vendite superiori ai 18 miliardi di dollari (all’epoca) e con dimensioni che superavano di oltre il 50% quella di ogni altro rivale: Siemens, Itachi, General Electric. Il CEO di ASEA, Barnevik, così descrisse gli obiettivi della fusione: «La strategia di ASEA è basata sullo sviluppo attraverso i volumi di produzione, con particolare impegno nelle nic- chie in cui abbiamo un vantaggio competitivo o possiamo dominare il mercato. I nostri obiet- tivi di lungo termine sono molto ambiziosi: crescere ogni anno del 10%, per metà attraver- so l’acquisizione di nuove imprese. Ciò com- porta una strategia di espansione internaziona- le basata su investimenti in R&S con obiettivi di lungo termine, gestione ottimale delle risor- se finanziarie, aumento del turnover del capi- tale e decentramento dell’organizzazione». La struttura organizzativa di ABB seguiva la struttura a matrice sviluppata in precedenza in ASEA e poiché anche Brown Boveri aveva una struttura a matrice molto simile, ciò favorì l’unificazione. Si voleva creare un’impresa fortemente decentrata, capace di rispondere rapidamente a specifiche esigenze dei clienti. A pochi anni dalla fusione, ABB era divisa in 800 imprese e ulteriormente suddivisa in 4.000 centri di profitto. Barnevik commentava: «Non soltanto questa struttura spinge verso il basso responsabilità e autorità, ma aumenta anche la flessibilità e accorcia le distanze rispetto al cliente». Ancora oggi, ciascuna delle 800 società opera- tive è controllata da una matrice articolata in due dimensioni: per prodotto (product mana- gement) e per area geografica (geographic management). Product management. La maggior parte dei business di ABB è raggruppata in quattro seg- menti: power plants, power transmission, power distribution e industrial equiment. Cia- scun segmento comprende da cinque a otto business area, ognuna diretta su base mondiale Il caso: ASEA Brown Boveri (ABB)

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Capitolo 20

Strategie e strutture organizzative

� spiegare perché e come le strutture organizzative evolvono� descrivere le principali forme organizzative e la loro compatibilità con i

vari tipi di strategia� discutere i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna delle principali forme orga-

nizzative� valutare l’efficacia dei meccanismi di integrazione e di coordinamento

Obiettividel capitolo

La più grande fusione cross-border realizzatain Europa fu decisa nel 1987 tra ASEA (Sve-zia) e Brown Boveri (Svizzera). Fu creato unnuovo Gruppo presente in 140 nazioni con 180mila dipendenti, con vendite superiori ai 18miliardi di dollari (all’epoca) e con dimensioniche superavano di oltre il 50% quella di ognialtro rivale: Siemens, Itachi, General Electric. Il CEO di ASEA, Barnevik, così descrisse gliobiettivi della fusione: «La strategia di ASEAè basata sullo sviluppo attraverso i volumi diproduzione, con particolare impegno nelle nic-chie in cui abbiamo un vantaggio competitivoo possiamo dominare il mercato. I nostri obiet-tivi di lungo termine sono molto ambiziosi:crescere ogni anno del 10%, per metà attraver-so l’acquisizione di nuove imprese. Ciò com-porta una strategia di espansione internaziona-le basata su investimenti in R&S con obiettividi lungo termine, gestione ottimale delle risor-se finanziarie, aumento del turnover del capi-tale e decentramento dell’organizzazione».La struttura organizzativa di ABB seguiva lastruttura a matrice sviluppata in precedenza in

ASEA e poiché anche Brown Boveri avevauna struttura a matrice molto simile, ciò favorìl’unificazione. Si voleva creare un’impresafortemente decentrata, capace di rispondererapidamente a specifiche esigenze dei clienti.A pochi anni dalla fusione, ABB era divisa in800 imprese e ulteriormente suddivisa in 4.000centri di profitto. Barnevik commentava: «Nonsoltanto questa struttura spinge verso il bassoresponsabilità e autorità, ma aumenta anche laflessibilità e accorcia le distanze rispetto alcliente». Ancora oggi, ciascuna delle 800 società opera-tive è controllata da una matrice articolata indue dimensioni: per prodotto (product mana-gement) e per area geografica (geographicmanagement).

Product management. La maggior parte deibusiness di ABB è raggruppata in quattro seg-menti: power plants, power transmission,power distribution e industrial equiment. Cia-scun segmento comprende da cinque a ottobusiness area, ognuna diretta su base mondiale

Il caso: ASEA Brown Boveri (ABB)

20.1 Strategie e strutture: progettare la struttura organizzativa a sostegno della strategia

Dopo avere elaborato una strategia, l’impresa deve stabilire quale struttura orga-nizzativa sia in grado di realizzarla nel modo più efficiente, creando al tempo stes-so un vantaggio competitivo sostenibile a lungo. L’argomento è stato ampiamentetrattato negli studi di «strategie e strutture» e «progettazione della struttura orga-nizzativa».

È stato dimostrato che le persone agiscono, con maggiore o minore motivazione,anche in rapporto alla struttura organizzativa in cui operano, il che spiega i forti lega-mi fra strategie e strutture.

Una struttura organizzativa dovrebbe avere almeno tre requisiti:

a) anticipare l’evoluzione del settore e dell’ambiente (sviluppo dei mercati, progres-so tecnologico, tendenze nella distribuzione);

b) essere adatta alle scelte strategiche dell’impresa e alla sua posizione nell’ambien-te competitivo;

c) essere adatta alla cultura dell’organizzazione, alle capacità distintive della stessae anche alle personalità dei manager di vertice.

2 Le strategie di business unit

da un business area manager . Il nucleo centra-le di tale responsabilità è costruire e sviluppa-re una strategia di prodotto su base mondiale,il che significa stabilire: quali prodotti realiz-zare, dove produrli, dove venderli e a qualiprezzi.Il tipo e il grado di integrazione globale varianotevolmente. Certe aree di prodotto, come leinstallazioni elettriche, sono in gran parte busi-ness locali, sebbene vi sia spazio per applicarestandard globali in materia di sicurezza, orga-nizzazione del lavoro e logistica; in altre aree,come nella produzione di turbine e sistemi ditrasmissione dell’energia, il business è inevita-bilmente globale e ciò comporta la capacità diunire le risorse dell’intero Gruppo per compe-tere partendo da una posizione più forte (vin-cendo le gare d’appalto per aggiudicarsi con-tratti «chiavi in mano»).Questa dimensione della matrice ha il compitodi coordinare i processi produttivi. Ad esempio,nel segmento power transmission ABB operacon 44 impianti di produzione in 28 Paesi e ilbusiness area manager deve coordinare la pro-duzione di più impianti situati in più Paesi alfine di realizzare le migliori economie di scala.

Geographic management. ABB ha produ-zioni che possiamo definire «politicamentesensibili». Ciò significa che sebbene la strut-tura organizzativa ottimale sia quella per pro-dotto (su base globale), ABB preferisce unastruttura di tipo multinazionale. Nei principa-li mercati i fattori politici hanno un pesodeterminante nell’ottenere contratti, perciò ilGruppo ha stabilimenti di produzione neiprincipali Paesi in cui vende e soltanto il 30%della produzione attraversa confini nazionali.Non è dunque una sorpresa se ABB ha avutoun successo relativo in mercati come quelli diFrancia e Gran Bretagna, in cui detiene unitàproduttive modeste.

Spunti di analisi

• Per quali motivi ASEA e Brown Boveriavevano strutture organizzative simili?

• Esistono rapporti tra la struttura della com-petizione in un settore e la struttura organiz-zativa più efficiente per le imprese che ope-rano in tale settore?

Nella scelta della struttura organizzativa in rapporto alle strategie sorgono tre pro-blemi principali:

• Chi, con quale professionalità e capacità svilupperà il piano strategico?• Quali attività si dovranno svolgere per realizzare il piano strategico? Quali atti-

vità sono cruciali nella realizzazione della strategia, e come questa può essere rea-lizzata?

• Quali sono i criteri per progettare la struttura organizzativa più adeguata alle stra-tegie scelte?

Chi e con quali capacità

Nella realizzazione del piano strategico sono coinvolti più gruppi di persone concapacità professionali molto diverse: responsabili della produzione, della R&S, delmarketing, della gestione delle risorse umane e delle altre unità contribuiscono alpiano con le loro differenti specializzazioni.

La logica vorrebbe che alla formulazione delle strategie partecipasse un’ampiacerchia di collaboratori, ma la realtà è diversa. Infatti, la maggior parte di coloro chehanno un peso determinante nel realizzare le strategie partecipano in misura modestaalle fasi di ideazione e pianificazione e ciò è spesso un errore. La struttura dell’orga-nizzazione dovrebbe invece essere tale da integrare l’attività dei pochi che hanno laresponsabilità di tracciare le strategie con quella dei molti che devono attuarle, inte-grando anche le differenti specializzazioni.

Occorre dunque un disegno generale – talvolta indicato con l’espressione macro-struttura – che riguardi l’intera impresa e tanti disegni specifici quante sono le fun-zioni (finanza, marketing, R&S, gestione delle risorse umane). Il tutto in rapportoagli obiettivi: se il marketing deve essere rapido nel rispondere alle esigenze delcliente, l’organizzazione deve essere in grado di sostenere adeguatamente questoobiettivo.

Quali attività

Alle persone che hanno la responsabilità di realizzare le strategie vengono assegnateattività molto varie che corrispondono ad altrettanti ruoli chiave della struttura orga-nizzativa e del controllo. Per sostenere in modo adeguato le strategie scelte, la strut-tura deve chiaramente definire ruoli, responsabilità e autorità; coordinare le varieattività e motivare le persone al raggiungimento degli obiettivi loro assegnati. In altreparole, deve creare sinergie.

Definire ruoli, responsabilità e autoritàSecondo un principio fondamentale, se più persone hanno determinati obiettivi daraggiungere, per migliorare la loro efficacia e la loro efficienza – come singoli ecome gruppo – occorre individuare le specializzazioni più rilevanti (in rapporto agliobiettivi fissati) e assegnarle a gruppi distinti, definendo con precisione ruoli e relati-ve responsabilità. Come sappiamo, queste attività specializzate prendono oggi ilnome di funzioni (finanza, marketing, R&S). Per creare valore, ogni funzione deve

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avere una struttura tale da favorire lo sviluppo delle capacità professionali delle variepersone che la compongono e stimolare la specializzazione e la produttività.

Coordinare le attivitàQuanto più i gruppi di lavoro aumentano la propria specializzazione, tanto più tendo-no a concentrarsi esclusivamente sui propri obiettivi (parziali rispetto al complesso) etrascurano di coordinare le proprie attività con quelle delle altre funzioni. Occorredunque coordinare le varie attività – opportunamente formalizzate in programmi,budget e procedure – nel modo più efficace, al fine di creare e sostenere i vantaggicompetitivi dell’impresa.

Ad esempio, chi opera nella produzione è portato a concentrare ogni sforzo suimodi di produrre (tecnologie), su come aumentare l’efficienza e come ridurre i costi.Il rischio è che non abbia una comunicazione sufficiente con chi ha la responsabilitàdi ideare nuovi prodotti e con chi si occupa di individuare le opportunità offerte dallenuove esigenze dei potenziali compratori. Eppure, le innovazioni nei processi pro-duttivi possono aprire nuovi mercati a nuovi prodotti.

Un obiettivo fondamentale della struttura organizzativa è dunque fare in modo cheogni gruppo di lavoro dia il meglio delle proprie capacità e al tempo stesso venga coor-dinato con altri gruppi di lavoro. Se ad esempio la strategia è basata sull’innovazione,la struttura organizzativa dovrà facilitare al massimo il coordinamento della R&S, dovele idee nascono e hanno un primo sviluppo, con la produzione e il marketing.

Motivare le personeQuanto più è complessa l’attività di un’impresa, tanto più forte è la spinta a introdur-re livelli gerarchici. Aumentando i livelli, però, per le persone dell’organizzazionediventa sempre più difficile legare la propria attività a un risultato; dato che la loroattività è sottoposta all’autorità di altri, spesso tendono a rifiutare il rischio e preferi-scono appiattirsi sulla pura esecuzione. Pertanto, oltre ad aumentare i costi burocrati-ci derivanti dal tempo dedicato al coordinamento di attività varie collocate in livellidiversi, l’impresa rischia di perdere almeno in parte il contributo di innovazione eprofessionalità dei collaboratori. Occorre dunque escogitare forme di organizzazioneche diano e mantengano adeguate motivazioni ai collaboratori. Motivare è uno degliobiettivi principali della struttura organizzativa.

SinergieTra business unit (SBU) o tra divisioni di un’impresa o tra imprese di un gruppo pos-sono emergere sinergie. Ciò avviene quando il return on investment (ROI) che siottiene dalla gestione unitaria – delle SBU, delle divisioni o delle imprese del gruppo– è maggiore di quello che si avrebbe attraverso una gestione separata. Il risultato èmaggiore della somma delle parti.

Ansoff (19XX?) ha indicato quattro tipi di sinergie:

• sinergie di marketing, che emergono dalla gestione in comune (per più prodotti eservizi) dei canali della distribuzione, della forza vendita, dei magazzini, dei pianidi promozione e di pubblicità;

• sinergie operative, derivanti dalla maggiore utilizzazione di macchinari, attrezza-ture, impianti, personale (che rappresenta spesso un costo fisso), dalla ripartizio-ne dei costi fissi su base più ampia, dalle economie di scala negli acquisti;

4 Le strategie di business unit

• sinergie degli investimenti, date dall’uso congiunto di impianti, dalla gestione deimagazzini e delle scorte, dal trasferimento di innovazioni tra prodotti, dall’acces-so a fonti di capitale;

• sinergie di management, che emergono quando si devono affrontare nuovi pro-blemi simili a quelli già affrontati in passato, che possono essere gestiti con lecapacità esistenti e sulla base delle esperienze accumulate.

Quali criteri

Le variabili che agiscono nella scelta della struttura organizzativa sono molte e, nel-l’impossibilità di ricordarle tutte in questa sede, sembra utile partire dalla constata-zione che la struttura di ogni impresa deve essere costruita su tre dimensioni:

• prodotto o servizio; • area geografica; • funzioni.

Anche le soluzioni per combinare nel migliore dei modi le tre dimensioni sono varie.Per trovarle, chi progetta la struttura organizzativa muove da alcuni principi o criteriche è necessario ricordare brevemente.

Livelli dell’organizzazioneImmaginando di poter individuare nella struttura organizzativa figure che hannoresponsabilità e autorità simili, possiamo distinguere più livelli gerarchici, con ilmassimo di autorità e responsabilità al vertice della struttura e il minimo alla base.

Le scelte fondamentali da attuare sono due:

• numero di livelli gerarchici; • ampiezza del controllo (numero di subordinati per ciascun responsabile).

Le due scelte sono complementari e offrono due alternative estreme: da un lato lestrutture piatte o orizzontali, con pochi livelli gerarchici e con capi che hanno laresponsabilità di coordinare molti collaboratori; dall’altro le strutture alte o verticalicon molti livelli e con capi che coordinano le attività di pochi.

La struttura avrà un numero di livelli in rapporto alla strategia adottata. Ad esem-pio, le imprese che debbono rispondere rapidamente alle nuove esigenze del merca-to, e che affidano al personale front-line la percezione del cambiamento e il contattocon i clienti, adottano necessariamente strutture piatte.

I problemi maggiori sorgono quando le strategie comportano attività complesse.È dimostrato che il numero di livelli gerarchici tende a salire con le dimensioni del-l’impresa: quanto maggiore è il numero dei livelli gerarchici, tanto più difficile ècoordinare le varie funzioni e tanto più alti sono i costi dell’organizzazione.

Difficoltà analoghe riguardano la comunicazione: quanto maggiore è il numerodei livelli, tanto più il flusso di informazioni dal vertice verso la base e viceversarischiano di essere distorte. In una struttura piatta il contatto è frequente e diretto,mentre nelle strutture vertivali le informazioni passano attraverso più livelli, in cia-scuno dei quali vengono filtrate in base alle differenti responsabilità e autorità. Un

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dirigente filtra le informazioni che riceve e passa ai propri collaboratori soltantoquelle che valuta siano utili per le loro attività; analogamente, filtra le informazioniche riceve dai propri collaboratori e passa ai livelli superiori soltanto quelli che con-divide e valuta utili e necessarie. Il risultato è che con il crescere dei livelli gerarchi-ci cresce anche il rischio di distorsioni.

Un’altra conseguenza è che quanto maggiore è il numero dei livelli, tanto più dif-ficile è motivare le persone, come abbiamo già ricordato.

Accentramento o decentramento?Una struttura organizzativa si dice accentrata quando la maggior parte delle decisio-ni è presa ai vertici e ai collaboratori spettano attività di pura esecuzione. Si diceinvece decentrata quando i vertici mantengono l’autorità di fare le grandi scelte, maai collaboratori vengono delegate molte decisioni di peso rilevante per l’organizza-zione.

Le strutture organizzative moderne sono orientate al decentramento al fine diacquisire tre vantaggi principali:

• sollevare i vertici dalle decisioni riguardanti i problemi più semplici, lasciandoloro più tempo per concentrarsi sulle scelte strategiche;

• motivare di più i collaboratori; • ridurre i costi dell’organizzazione, in quanto il decentramento comporta meno

livelli gerarchici.

Quanto all’accentramento, una regola fondamentale è creare equilibrio tra la respon-sabilità assegnata e l’autorità delegata: responsabilità e autorità dovrebbero essere inequilibrio e a ciascuna responsabilità deve essere associata la delega di autoritànecessaria per svolgere i compiti assegnati.

Anche l’accentramento ha i suoi vantaggi, poiché consente di:

• facilitare il coordinamento; • rispondere con maggiore rapidità a forti cambiamenti dell’ambiente; • rendere la pianificazionepiù semplice; • rendere il controllo è più efficace.

A questo punto si pongono due interrogativi:

• date certe strategie, quale struttura organizzativa scegliere? • quando passare da una struttura organizzativa a un’altra?

Cercheremo di dare una risposta esaminando le caratteristiche delle varie strutture, iloro vantaggi e svantaggi e il contributo che possono dare nel sostenere e potenziarel’una o l’altra strategia.

Nella storia di molte imprese le strutture organizzative corrispondono ad altret-tanti stadi evolutivi: imprese nate con una struttura imprenditoriale, sono poi passatea strutture diverse anche in rapporto al ciclo di vita: sviluppo, maturità, a volte decli-no. Anche da queste vicende si possono trarre utili insegnamenti.

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20.2 La struttura imprenditoriale

La struttura imprenditoriale è tipica delle imprese in fase embrionale o che per sceltarestano di piccole dimensioni. È spesso caratterizzata dalla concentrazione del capi-tale nelle mani di una o di poche persone, legate tra loro da vincoli di parentela – ingenere i fondatori dell’impresa o i loro eredi –, che si occupano direttamente dellescelte più rilevanti di carattere strategico o imprenditoriale. L’efficacia della strutturaorganizzativa dipende quasi esclusivamente dalle loro capacità e sensibilità.

L’attività dell’impresa a volte è basata su una lunga tradizione, a volte è in tuttoo in parte nuova. È tendenzialmente monofunzionale, cioè basata prevalentementeo sulla produzione o sulla distribuzione e solitamente fondata su un’unica lineaproduttiva o distributiva (ad esempio produzione dell’acciaio, lavorazione di pro-dotti alimentari, distribuzione commerciale). Quest’impresa opera per lo più subase nazionale nella prima fase di sviluppo e se esistono rapporti con l’esteroriguardano o l’acquisto di materie prime destinate a essere trasformate in patria,oppure l’esportazione dei prodotti finiti. Nella seconda metà dell’Ottocento quasitutte le imprese industriali americane ed europee svolgevano soltanto un’attività di

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Dalla biblioteca Le strutture seguono le strategie

In un libro dei primi anni Sessanta, che hasegnato una svolta sia nella business story sianella business policy, Alfred Chandler dimo-strò che i cambiamenti nelle strategie provoca-no mutamenti nelle strutture organizzative eche durante lo sviluppo le organizzazioni evol-vono da una struttura a un’altra, spinte dalleinefficienze della struttura precedente.Chandler individuò una sequenza che tende aripetersi.• nasce una nuova strategia;• sorgono nuovi problemi di gestione;• gli indicatori economici e finanziari punta-

no verso il basso;• nuove strutture organizzative sono escogi-

tate;• la redditività torna ai livelli precedenti.Chandler giunse a queste conclusioni studian-do l’evoluzione delle strategie e delle struttureorganizzative di Du Pont, General Motors,Sears e Standard Oil. Trovò, ad esempio, chenei primi anni di vita imprese come Du Pontavevano strutture articolate per funzioni parti-colarmente adatte alle loro attività di produ-zione e vendita concentrate su pochi prodotti.

Non appena aggiungevano nuove linee diprodotti, integravano verso monte per darestabilità alle forniture, e creavano proprie retidistribuzione diventando troppo complesseper una struttura accentrata. Per mantenersicompetitive dovevano adottare una strutturabasata su divisioni dotate di relativa autono-mia.Pochi anni dopo, in un altro libro che ha fattostoria, Sloan descrisse nei dettagli come Gene-ral Motors aveva cambiato la sua strutturaorganizzativa negli anni Venti. La decisione dicrescere attraverso l’acquisto di altre impresespinse GM a imitare Du Pont e ad adottare unastruttura multidivisionale che dava autonomiaa Chevrolet, Buick, Pontiac e altre marche.Questa struttura si rilevò efficace consentendoil massimo di libertà nello sviluppo di nuoviprodotti. Il ROI veniva usato come strumentodi controllo.

Fonte: A. Chandler, Strategy and Structure. Chap-ters in the History of American Industrial Enterpri-se, MIT Press, 1962; A. Sloan, My Years with Gene-ral Motors, Doubleday, 1964.

trasformazione o di commercializzazione: acquistavano le materie prime e vende-vano i prodotti attraverso intermediari, grossisti o agenti. Analogamente, le impre-se commerciali trattavano principalmente o la vendita al dettaglio o quella all’in-grosso.

Per delineare questo tipo di struttura non hanno importanza né la dimensione delcapitale né i volumi di produzione. I caratteri che contano sono:

• la semplicità delle operazioni produttive (ad esempio l’estrazione di materieprime) o di quelle distributive (uno o pochi segmenti);

• l’assenza di forti mutamenti nelle tecnologie o nella struttura dei mercati;• il peso limitato delle decisioni di tipo strategico.

Talora è sufficiente il venir meno di uno soltanto di questi requisiti per imporre il pas-saggio al secondo stadio organizzativo. Un esempio tra i più celebrati nei libri dimanagement americani è International Nickel: sorta alla fine dell’Ottocento, con-servò la struttura imprenditoriale per oltre mezzo secolo fino a quando, per fronteg-giare la depressione che seguì la Prima Guerra mondiale, decise di intraprendere pro-duzioni in settori nuovi che comportavano l’impiego del nickel come materia prima.La moltiplicazione dei processi di produzione determinò il passaggio a una strutturadi tipo funzionale.

La struttura imprenditoriale è al tempo stesso il risultato della concentrazione delpatrimonio nelle mani di poche persone e lo strumento mediante il quale queste per-sone perpetuano il loro controllo sull’impresa. L’esperienza dimostra che per assiste-re a profondi mutamenti nella struttura organizzativa di queste imprese occorre atten-dere il tramonto della prima generazione di imprenditori, cioè in genere il ritiro deifondatori Lo testimoniano ad esempio l’esperienza di General Motors, Ford, IBM emolte grandi imprese. Apple Computer è sorta dall’accordo tra due persone – StevenJobs e Steven Wozniak – che in un garage svolsero le prime attività di produzione deicomputer: compravano i componenti, assemblavano i computer, li vendevano e lispedivano ai clienti. Il successo ottenuto rese ben presto inadeguata una struttura così«artigianale».

In definitiva la struttura imprenditoriale si riscontra nella prima fase di sviluppodi tutte quelle che oggi sono grandi imprese operanti in attività che presentano icaratteri sopra ricordati: semplicità delle operazioni, varietà limitata di prodotti otte-nuti da una sola o da poche linee di produzione, oppure distribuiti lungo canali scar-samente differenziati.

Quando l’impresa cresce o svolge un’attività più complessa rispetto alle origini,in questa struttura affiorano alcuni limiti. Di solito un’impresa nasce in un settore eha i vantaggi competitivi in aree che il fondatore conosce bene, ma con la crescitapossono emergere debolezze in alcune aree come finanza e marketing, che sono lepiù vulnerabili; le responsabilità in queste aree devono allora essere affidate a figurediverse dal fondatore/proprietario. Un altro limite deriva dallo sviluppo, poiché a uncerto punto le decisioni, sia operative sia di lungo termine, possono diventare troppocomplesse per una sola persona ed emergono così pressioni per costruire un’organiz-zazione articolata per funzioni.

8 Le strategie di business unit

20.3 La struttura funzionale: struttura decentrata con dipartimentifunzionali

In questo tipo di struttura la responsabilità di ciascuna funzione è affidata a «specia-listi». La struttura funzionale è costruita attorno alle principali attività dell’impresa,appunto le aree funzionali, ed è comune nelle piccole imprese che hanno superato lafase imprenditoriale e nelle grandi imprese che producono una varietà limitata diprodotti o di servizi. È anche una struttura tipica delle divisioni (nella struttura mul-tidivisionale) e delle business unit appartenenti a organizzazioni diversificate. Èadatta per imprese che operano in un ambiente stabile piuttosto che in uno dinami-co, e che accentrano le decisioni riguardanti sia le strategie corporate che le strate-gie competitive.

Le caratteristiche

La tipica struttura decentrata con dipartimenti funzionali si articola in tre livelli fon-damentali:

• direzione generale, che si occupa delle scelte strategiche o imprenditoriali riguar-danti lo sviluppo dell’impresa e rappresenta il vertice. Si occupa quindi delle scel-te che nella forma precedente erano di competenza esclusiva dei proprietari delcapitale;

• dipartimenti funzionali, cui spetta l’esercizio delle funzioni fondamentali: marke-ting, produzione, progettazione, finanza, gestione del personale. I capi dei varidipartimenti fanno parte del vertice;

• unità operative, che dipendono dai vari dipartimenti: gli stabilimenti dipendonodal dipartimento produzione, le reti di vendita dal dipartimento commerciale omarketing, i laboratori dal dipartimento ricerca e sviluppo, e così via (Fig.20.1).

Questa struttura organizzativa è adottata soprattutto dalle imprese integrate vertical-mente e che conservano una limitata varietà delle linee di produzione. Obiettivo fon-damentale è di integrare e coordinare le attività dei diversi settori dell’impresa, evi-tando strozzature nei flussi e quindi sfruttando al massimo le capacità produttive.L’attenzione della direzione generale è posta soprattutto sul coordinamento delle fun-zioni e sulle misure tecniche dell’efficienza.

Le caratteristiche di questa struttura si colgono meglio in prospettiva storica. Trail 1900 e il 1920 quasi tutte le maggiori imprese nordamericane ed europee adottaro-no il decentramento funzionale. Questa struttura organizzativa era infatti la sola chepotesse risolvere i nuovi problemi che emergevano dallo sviluppo dell’integrazioneverticale e dall’integrazione orizzontale. Dopo aver perfezionato nel trust e nella hol-ding le tecniche legislative necessarie a sostenere le economie delle grandi coalizionidi imprese, occorreva infatti accentrare nella direzione generale il coordinamentodell’attività di base dell’impresa (dalla produzione ai prezzi, dalla finanza alle vendi-te) affidandole a specialisti.

Strategie e strutture organizzative 9

10 Le strategie di business unit

Le lezioni della storia Pennsylvania Rail

La struttura che la compagnia ferroviariaPennsylvania Rail Road assunse tra il 1890 e il1900 è considerata dagli studiosi americanicome un prototipo del decentramento funzio-nale. I capi dei tre maggiori dipartimenti dellaPennsylvania Rail Road – trasporti, traffico efinanza – si occupavano della programmazio-ne di lungo periodo, mentre ai general mana-ger dei tre dipartimenti spettava l’attività digestione ordinaria. Pennsylvania fu anche trale prime imprese ad applicare su larga scala il

principio line e staff. Gli uffici che si occupa-vano del movimento dei treni erano in posizio-ne di line, quelli che si occupavano dei serviziausiliari assumevano invece una posizione distaff.Occorre sottolineare tuttavia che questa impre-sa svolgeva in pratica una sola attività, quelladi trasporto su rotaia. Questo fatto, oltre a ren-dere più facile il coordinamento tra le diversefunzioni, non attribuiva ad alcun settore del-l’impresa particolari priorità rispetto agli altri.

Figura 20.1La strutturafunzionale

CorporateLeadership strategica

Marketing Finanza Produzione R & D Risorseumane

Caratteristiche

Il vertice • Gestisce l’impresa come unità• Obiettivi fondamentali sono l’uso migliore delle risorse impiegate

al fine di conseguire i risultati attesi, il miglioramento dell’effi-cienza e il coordinamento delle varie funzioni

• La strategia di sviluppo in nuovi settori (diversificazione) è postain secondo piano

Dipartimenti funzionali • Sono specializzati nelle varie funzioni (marketing, produzione,vendite, pubblicità, gestione delle risorse umane, R&S, progetta-zione)

• Svolgono la gestione ordinaria delle rispettive aree• I responsabili dei vari dipartimenti funzionali costituiscono un

comitato operativo che ha tra l’altro il compito di proporre al«vertice» nuove alternative circa lo sviluppo dell’impresa e dicoordinare gli scambi di informazioni tra diversi settori dellagestione

Unità operative di base • Sono stabilimenti di produzione, centri vendita o di distribuzione,laboratori di ricerca

• Realizzano i piani predisposti dai dipartimenti funzionali

Requisiti ambientali o • Diversità limitata tra prodotti o servizi, tecnologie, mercatidell’impresa • Ambiente economico e competitivo relativamente stabile

• Decisioni ripetitive

Vantaggi

In un ambiente relativamente stabile e non turbolento, la struttura per dipartimentifunzionali presenta una serie di vantaggi. Anzitutto è più efficiente rispetto alla strut-tura multidivisionale e ha costi fissi minori. La separazione tra le responsabilità diun’area funzionale e l’altra sono chiare e ciò incoraggia la specializzazione, aumen-tando le capacità di costruire e sostenere vantaggi competitivi. Le linee di comunica-zione tra gli specialisti e il vertice sono semplici, fatto che agevola la conoscenza e ledecisioni da parte del vertice stesso.

Tornando tuttavia alle prospettive della storia, di fronte all’evoluzione delle strut-ture economiche e sociali – di cui la crescente urbanizzazione e il progresso tecnolo-gico furono i tratti fondamentali – la struttura funzionale rivelò i suoi limiti e le suedebolezze dimostrandosi inadeguata a sorreggere le nuove strategie di diversificazio-ne intraprese dalle grandi concentrazioni industriali.

Svantaggi

Le debolezze dell’organizzazione funzionale riguardano in particolare la difficoltà dicoordinare l’attività delle varie funzioni, il rischio di una visione limitata delle oppor-tunità che si presentano all’impresa, problemi di controllo.

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Vantaggi strategici Svantaggi strategici

• Efficienza relativamente bassa?? • Le capacità imprenditoriali sono • Responsabilità delle varie funzioni concentrate e limitate al «vertice»

affidate a specialisti • Problemi di successione nel management in • Controllo accentrato dei risultati quanto la struttura crea specialisti e non • Chiara separazione tra un’area funzionale generalisti

e l’altra nella ricerca di vantaggi • I responsabili delle aree funzionali debbono competitivi concentrare la loro attività sui problemi di

• Favorisce la specializzazione breve termine con il rischio di trascurare • Aumenta l’efficienza operativa quando quelli di lungo termine e gli sviluppi a

le attività sono ripetitive carattere strategico• Particolarmente adatta per le imprese • Difficoltà di coordinare tra loro le funzioni.

che operano in un solo business È praticamente impossibile assegnare responsabilità di profitto alle aree funzionali

• La struttura entra in crisi se l’impresa diversifica oltre un certo livello prodotti o servizi, mercati o settori

• Può sprigionare conflitti e rivalità piuttosto che «spirito di squadra»

• Gli specialisti spesso pensano più a quanto èmeglio per la propria area piuttosto che quanto è meglio per l’intera impresa

• Difficile trasferire esperienze e competenze da una funzione all’altra

Coordinamento difficileUn primo limite fondamentale sta nella difficoltà di coordinamento tra dipartimentifunzionali. Se la linea di produzione resta immutata e non si diversifica in rami colla-terali, se le fonti di approvvigionamento delle materie sono poche e non mutano fre-quentemente, se i mercati di vendita non si disperdono geograficamente oltre uncerto limite e se le categorie di clienti dell’impresa restano le stesse, il decentramen-to funzionale conserva la sua efficacia, come dimostra il fatto che alcune grandiimprese agiscono tuttora con questa struttura.

Ma se l’adattamento dell’impresa al nuovo ambiente economico e sociale richie-de diversificazione nei processi di produzione e nelle fonti di approvvigionamento,se impone la segmentazione della domanda e l’apertura di nuovi mercati all’esterooppure una maggiore distribuzione territoriale dei punti vendita, allora questa strut-tura non garantisce più il coordinamento tra i vari dipartimenti funzionali.

Accade, ad esempio, che con una struttura di questo tipo il responsabile del dipar-timento marketing debba occuparsi di tutti i prodotti dell’impresa: può farlo efficace-mente fino a quando la gamma di prodotti è limitata e fino a quando i metodi didistribuzione restano relativamente omogenei, ma non può più farlo quando i prodot-ti sono numerosi, quando richiedono differenti tecniche pubblicitarie, differenti cana-li di vendita e differenti politiche di ricerca di prodotti nuovi. Lo stesso discorso valeper gli altri dipartimenti funzionali, come per quello della produzione o della ricercae sviluppo. Esiste, è vero, la possibilità di delegare ai subordinati, ma oltre un certolivello si presentano difficoltà insormontabili nel coordinamento delle attività deicollaboratori.

Visione limitataLa struttura funzionale presenta altri limiti nella formazione delle scelte di tipo stra-tegico o imprenditoriale. Quando le operazioni dell’impresa escono dai confini tradi-zionali assumendo maggiore complessità, i dirigenti preposti alla direzione generale,spesso pochi di numero, trovano difficoltà nell’impostare una strategia di diversifica-zione che possa adeguare la propria impresa alle mutate condizioni economiche deisettori di origine.

Dal canto loro, i responsabili dei vari dipartimenti funzionali non sono in grado diseguire la normale attività operativa e al tempo stesso contribuire efficacemente allaelaborazione di strategie nuove. Inoltre, il più delle volte conoscono a fondo soltantola funzione svolta nell’impresa fino a quel momento e sono inevitabilmente portati aconsiderarla come la più importante. Ne deriva che ogni decisione riguardante lo svi-luppo dell’impresa rischia di essere il frutto di una negoziazione tra parti aventi inte-ressi ed esperienze diversi, invece che il risultato di un esame ponderato di varieopzioni. Ne deriva che raramente, e spesso a malincuore, questi manager si spingonoin campi nuovi.

Facendo riferimento alla storia dello sviluppo delle grandi imprese americane,Chandler (1962) scrive che la struttura presentava una debolezza fondamentale.Poche persone dovevano affrontare un gran numero di decisioni complesse l’altadirezione era di solito composta da amministratore delegato con uno o due assistenti,presidente e capi dei vari dipartimenti. Questi ultimi erano spesso troppo occupatinella gestione delle funzioni loro affidate per poter destinare molto tempo all’ammi-nistrazione dell’impresa intesa come un tutto.

12 Le strategie di business unit

Problemi di controlloUn altro limite della struttura organizzativa basata sul decentramento funzionaleriguarda il controllo e la misura dei risultati. Obiettivo del controllo è, tra l’altro,determinare il contributo dato da un prodotto o da una linea di prodotti ai profitti del-l’impresa, e per quanto sia difficile misurare gli input e gli output, molti ostacoli pos-sono essere superati. Se però l’obiettivo del controllo è anche determinare il contribu-to dei vari dipartimenti, le difficoltà diventano insormontabili. La specializzazione perfunzioni ostacola la misura del rapporto input/output o comunque ne diminuisce note-volmente l’efficacia. Non è infatti possibile determinare con precisione la redditivitàdi un dipartimento funzionale ed è sempre difficile proiettare nell’intera prospettivaaziendale i vantaggi di una decisione presa all’interno di un solo dipartimento.

20.4 La struttura multidivisionale: struttura decentrata con divisionioperative autonome

Anche per l’esame di questa struttura è utile la prospettiva della storia. Dagli inizi diquesto secolo, la scena in cui operano le imprese, l’economia nazionale, o interna-zionale a seconda del raggio d’azione, è andata gradualmente evolvendosi verso unamaggiore complessità e un crescente dinamismo. Tra le varie cause all’origine diquesta tendenza vi sono: la concentrazione della popolazione nelle aree urbane, iltasso elevato di innovazione tecnologica, il frazionamento della domanda di prodotti,la partecipazione dei giovani e dei giovanissimi alle decisioni riguardanti il consumo,l’evoluzione della distribuzione commerciale verso l’integrazione verticale dei mer-cati e le nuove forme di marketing.

Per fronteggiare la maggiore complessità e il costante mutamento dell’economia,le imprese dispongono di due strumenti principali:

• l’innovazione nei prodotti e nei servizi; • la diversificazione in nuovi settori.

Con l’innovazione l’impresa può rimanere nel settore originario, ma questo può nonbastare. La diversificazione è allora una risposta possibile, ma comporta nuove, dif-ferenti e più complesse responsabilità per il corporate (che corrisponde al verticenella struttura funzionale) ed esige una propria struttura organizzativa, cosiddettamultidivisionale. Talvolta definita anche decentramento federativo, è la strutturadecentrata con divisioni operative autonome, che a consente sia di agire sempresecondo il principio della specializzazione, sia di concentrare l’attenzione del corpo-rate sulle strategie di sviluppo e sulla diversificazione, ovviando così ai limiti dellastruttura funzionale.

Le caratteristiche

Quando la complessità e la diversità superano certi livelli, quando l’impresa opera inuna varietà di settori differenti e le condizioni dell’ambiente esterno sono fortementedinamiche, è necessario decentrare parte delle responsabilità al fine di aumentare lacapacità dell’organizzazione di rispondere e anticipare le forze esterne. Il vantaggio

Strategie e strutture organizzative 13

principale della struttura multidivisionale è proprio quello di aumentare la capacitàdell’impresa di gestire simultaneamente le strategie in un’ampia varietà di prodotti emercati. I caratteri principali della struttura sono i seguenti.

• La responsabilità di molte decisioni è affidata a una pluralità di divisioni autono-me costituite per prodotto o raggruppamento territoriale. Il direttore generale diogni divisione agisce come un imprenditore individuale ed è responsabile di fron-te al corporate dell’andamento della gestione della propria divisione. L’autono-mia è data anche dal fatto che ogni divisione ha tutte le funzioni di sostegno:finanza, marketing. R&S, produzione e gestione delle risorse umane.

• Rispetto alla struttura precedente, molte responsabilità funzionali sono delegatedal corporate (vertice) alle direzioni delle singole divisioni, il che consente diseparare le decisioni strategiche del gruppo (corporate) da quelle delle singoledivisioni del gruppo e ancor più da quelle tattiche.

• Il corporate (vertice) – cui competono principalmente l’elaborazione delle strate-gie di sviluppo e la distribuzione delle risorse fra le varie divisioni – viene poten-ziato non soltanto con uno staff specifico, ma anche con comitati di cui fannoparte i direttori generali responsabili delle divisioni stesse.

• Lo staff del corporate assiste anche le singole divisioni nelle scelte operative. • Ogni divisione adotta la struttura più adatta alle proprie strategie ed esigenze: una

può essere organizzata per area geografica, un’altra per prodotto o un’altra permatrice e così via.

Gli obiettivi della struttura multidivisionale sono la necessità di concentrarsi sullestrategie di lungo termine e dare autonomia alle varie divisioni in modo da renderlepiù aggressive nei confronti dei rispettivi mercati.

14 Le strategie di business unit

Figura 20.2La strutturadivisionale Corporate

Leadership strategica

Staff del corporate• Finanza• Controllo• Risorse umane• R&S

Divisione AStruttura funzionale

Mercati

Divisione BStruttura funzionale

Mercati

Divisione CStruttura funzionale

Mercati

Strategie e strutture organizzative 15

Caratteristiche

Corporate • Prende decisioni di tipo prevalentemente strategico o imprendi-toriale

• Ha come orizzonte l’economia nazionale e internazionale, sia neisettori in cui il gruppo già è presente sia altri in cui potrebbeentrare

• Concentra la propria attività sulle strategie, sulla pianificazione,sulla distribuzione delle risorse tra le varie divisioni autonome esul controllo strategico

Staff del corporate • Assiste il corporate nelle scelte strategiche e in particolare nellaripartizione delle risorse tra le varie divisioni e nel controllo deiloro risultati per tutte le maggiori funzioni dell’impresa (marke-ting, finanziamenti, produzione)

• Allo staff centrale possono rivolgersi anche le divisioni operativeper avere assistenza nella soluzione di dati problemi

Direzione generale • Gestisce la divisione come se fosse un’impresa autonoma, cercan-le delle divisioni do tuttavia di trarre vantaggio dal far parte di un gruppooperative • Coordina le varie funzioni (marketing, produzione, R&S, gestione

del personale) su scala nazionale o internazionale a seconda del-l’orizzonte della divisione

Dipartimenti funzionali • Hanno responsabilità simili a quelle dei dipartimenti esaminatinella struttura funzionale

• Sono specializzati nelle varie aree• Coordinano l’attività delle unità di base che rientrano nelle loro

aree di responsabilità

Unità di base • Svolgono attività di produzione (stabilimenti), o di vendita (reti),o di acquisto o di ricerca

• Sono comprese nell’area operativa di un dipartimento funzionale(marketing, produzione) e operano in genere in un’area geogra-fica limitata

Adatta per situazioni • Crescono le dimensioni e la complessitàin cui • L’ambiente competitivo è fortemente dinamico

• La crescita avviene attraverso fusioni e acquisizioni• È agevole la distinzione tra divisioni e tra business unit

Vantaggi strategici Svantaggi strategici

• Il corporate non è gravato da decisioni di • Ha costi fissi più alti (rispetto alla strutturaroutine e può concentrarsi sulla strategia funzionale)

• Sviluppa capacità imprenditoriali • Può creare conflitti tra divisioni all’interno dell’organizzazione (direzione nell’allocazione delle risorse; duplicazioni digenerale delle divisioni) responsabilità (negli staff del corporate e in

• Definisce con chiarezza le responsabilità quelli delle divisioni)di profitto e facilita il controllo • Le divisioni hanno spesso un potenziale di

• Facilita sia la formazione di specialisti sia mercato differente e ciò rende difficile di generalisti confrontare i risultati

• Aumenta la capacità di adattare • Possono emergere conflitti nella l’organizzazione al cambiamento esterno determinazione dei prezzi di trasferimento

• Assimila (integra) più facilmente (rispettoalla struttura funzionale) l’acquisizionedi nuove imprese

• Rende più facile il disinvestimento (cessionedi imprese)

Posizioni principali

La struttura multidivisionale consiste di cinque principali posizioni organizzative: ilcorporate, lo staff del corporate, la direzione generale della divisione, i dipartimentifunzionali delle divisioni operative e le unità operative di base (stabilimenti di produ-zione, laboratori di ricerca, reti di vendita). Analizziamo in breve il ruolo delle cinqueposizioni organizzative.

CorporatePianifica, coordina e valuta l’attività delle divisioni autonome. Suo compito fonda-mentale è l’allocazione delle risorse disponibili tra le diverse divisioni operative el’acquisizione delle risorse necessarie per intraprendere nuove attività. Più in partico-lare il corporate prende decisioni di tipo strategico come il ricorso a nuove tecnolo-gie, l’abbandono dei mercati nei quali il gruppo è presente, l’apertura di nuovi frontidi concorrenza, l’ingresso in nuovi settori di produzione e lo sviluppo su base inter-nazionale. Sollevati da attività operative, liberi da associazioni emotive o dal pesodella tradizione, senza vincoli di autorità diretta sui vari livelli di management dellesingole divisioni operative, informati e assistiti dagli organi di staff, i componenti delcorporate possono dedicarsi completamente alle scelte di lungo periodo e alla valuta-zione globale dell’impresa.

Chandler (1962) ha sottolineato che il dedicarsi esclusivamente alle scelte dilungo periodo o alle decisioni di tipo imprenditoriale comporta una maggiore con-centrazione psicologica e quindi una maggiore efficienza della direzione. Egli sostie-ne infatti che il general manager della grande impresa nell’economia della metà delXX secolo assume un ruolo paragonabile a quello del capitalista di Adamo Smithverso la fine del XVIII secolo, e a quello dell’imprenditore di Jean Baptiste Say agliinizi del XIX secolo.

Staff del corporateEsamina le richieste provenienti dalle varie divisioni operative riguardanti la distri-buzione delle risorse. Coordina in special modo le attività di pianificazione e di ricer-ca e sviluppo e controlla le divisioni operative sulla base degli obiettivi prefissati dalcorporate.

In questa struttura organizzativa la funzione più importante dello staff è di assiste-re il corporate nella formazione delle strategie, raccogliendo informazioni, facendoproiezioni sul futuro della economia dei settori in cui l’impresa è presente e di quelliin cui intende entrare e in definitiva vagliando le varie alternative possibili. Come tuttigli organi di staff, anche questo può consciamente o inconsciamente aspirare ad allar-gare gli obiettivi e il peso della propria azione all’interno dell’intera struttura delgruppo, ponendo così ostacoli allo sviluppo equilibrato della struttura organizzativa.La sua posizione è spesso debole, come dimostra il fatto che quando una recessione siabbatte sull’impresa sono proprio gli staff i primi a essere sacrificati.

Direzione generale della divisioneLe singole divisioni possono essere considerate «quasi-imprese» per la loro autono-mia rispetto al centro, perciò è evidente che al proprio interno assumono la strutturapiù adatta ai settori in cui agiscono e alle produzioni che svolgono. Spesso hanno unastruttura funzionale classica (esaminata in precedenza).

16 Le strategie di business unit

Le linee di prodotto – e quindi i mercati – si assegnano in modo da assicurare aciascuna divisione operativa eguali possibilità di sviluppo e da ridurre al minimo ilflusso di semilavorati, prodotti, personale o know-how con altre divisioni.

Essendo in concorrenza tra loro nella ripartizione delle risorse, le divisioni pre-sentano allo staff del corporate non soltanto piani e budget, ma anche le richieste difinanziamento delle nuove iniziative. In questa fase assume grande importanza unprincipio fondamentale della struttura multidivisionale: l’esistenza, da un lato, di uncorporate forte e capace di elaborare direttive chiare e stabili e, dall’altro, divisionidotate di grande capacità di negoziazione nell’allocazione delle risorse e di ampiaautonomia nella loro utilizzazione.

Esistono anche altri principi da ricordare nella costituzione della direzione opera-tiva: anzitutto, a ogni divisione devono essere date le risorse e professionalità dimanagement necessarie per renderla competitiva verso il mercato e rispetto alle altredivisioni. In secondo luogo, ai dirigenti delle varie divisioni deve essere assegnato uncampo di responsabilità tale da impegnare le loro migliori capacità, al fine di evitareche si rifugino nelle decisioni operative.

Dipartimenti funzionaliI dipartimenti hanno ragione di essere quando l’impresa si compone di una pluralitàdi unità operative, siano esse di produzione o di distribuzione, sparse su un vasto ter-ritorio nazionale o internazionale, oppure quando l’attività di queste unità operative ètanto complessa e varia da richiedere l’opera di un gruppo di specialisti. Ai dirigentiresponsabili delle attività funzionali svolte nella divisione competono decisioniriguardanti il marketing, la R&S, la pubblicità, la produzione e così via. Tali decisio-ni debbono però innestarsi nella strategia di sviluppo decisa dal corporate e debbonorispettare i budget finanziari fissati da questa.

Se si tiene conto che l’attività funzionale di un dipartimento può presentarsi, perquanto su scala minore, anche all’interno dell’unità operativa, un problema organizza-tivo consiste nel definire esattamente i compiti, le responsabilità e i canali di comuni-cazione tra i due livelli. Ad esempio, si tratta di stabilire se lo specialista di controllodella qualità operante in uno degli stabilimenti che compongono la divisione debbaessere responsabile di fronte al direttore della propria unità operativa (cioè al direttoredello stabilimento) oppure al capo del dipartimento funzionale che si occupa del con-trollo di qualità nell’intera divisione (in genere il dipartimento di produzione). Il pro-blema verrà risolto in modo diverso secondo il tipo di dipartimento, il tipo d’impresae il numero di specialisti presenti nel dipartimento e nell’unità operativa.

Per definire le linee di responsabilità e di comunicazione, il mezzo più usato èquello line-e-staff. L’autorità fluisce dal dipartimento al capo dell’unità operativa eda questi al responsabile dei vari stabilimenti, punti di vendita o laboratori. In talmodo si delega l’autorità ai dirigenti delle varie unità locali i quali sono direttamenteresponsabili del proprio operato e di quello dei loro subordinati. Questo è il metodoche negli anni Trenta fu usato nei dipartimenti di produzione della General Motors.Chandler (1962) ricorda che la storia di Standard Oil e Sears dimostra come il primopasso nella evoluzione organizzativa dalla struttura funzionale a quella divisionalemuova appunto dalla definizione delle linee di autorità e di comunicazione tra idipartimenti funzionali e le unità operative.

Strategie e strutture organizzative 17

Unità di baseSono il braccio operativo della divisione: stabilimenti, laboratori, punti di vendita,centri di gestione della logistica.

Vantaggi

La struttura divisionale ha costi fissi di organizzazione molto alti al confronto con lastruttura funzionale. L’origine dei maggiori costi è principalmente nello staff del cor-porate e nella duplicazione di alcuni staff (al corporate e nelle singole divisioni). Adesempio la funzione finanza ha specialisti sia al corporate che nelle varie divisioni.Ancora una volta si tratta di mettere tali costi a confronto con i vantaggi che questastruttura offre nella creazione di valore. Cominciamo con l’esame dei vantaggi, chesono principalmente quattro:

• il controllo da parte del corporate è agevole e la redditività dei singoli business èchiaramente visibile, poiché ogni divisione è un centro di profitto. Il corporatepuò dunque stabilire meglio in quali divisioni sia conveniente investire e qualidivisioni eventualmente abbandonare;

• il corporate può concentrare l’attenzione sulle scelte di lungo periodo e sulle stra-tegie, dal momento che – rispetto alla struttura funzionale – molte decisioni sonoassegnate alla responsabilità dei general manager delle singole divisioni;

18 Le strategie di business unit

La struttura divisionale di Deutsche Telekom

Quando, nel 1996, Deutsche Telekom è dive-nuta un’impresa parzialmente privata, il mana-gement cambiò la mission adottando una stra-tegia di espansione internazionale.Data l’esigenza di ridurre il coinvolgimentodei vertici nella gestione corrente, e la neces-sità di raccogliere nuovi capitali, venne decisauna ristrutturazione che smembrava il gigantein una holding e in quattro unità indipendenti(divisioni) quotate nei mercati azionari:1) T-Online International AG, Divisione

comunicazione mobile (quota di minoranzain borsa): core del Gruppo per il global wire-less, alla ricerca di espansione in Europa;

2) T-Online International AG (quota diminoranza in borsa): provider di serviziinternet e portali web del Gruppo, allaricerca di espansione in Europa;

3) T-System Information: la nuova divisioneper progettare, costruire e gestire su scalaglobale reti high-speed per grandi clienti.Quotazione in borsa in un secondomomento;

4) T-Net: i business tradizionali del Gruppo,alla ricerca clienti nei mercati mondiali;quotazione in borsa in un secondo mo-mento.

Alla holding erano riservate le attività concer-nenti strategie globali, portfolio management,global branding, coordinamento delle divisioni.L’obiettivo era dare autonomia alle quattrodivisioni e al tempo stesso rendere più traspa-rente la gestione per gli investitori. Comedichiarò un portavoce del Gruppo: «Passeremogradualmente le responsabilità dal centro allequattro unità per dar loro capacità di muoversipiù rapidamente». Uno dei motivi della ristrutturazione era l’at-tacco in corso nel mercato nazionale da partedi concorrenti stranieri, dopo la liberalizzazio-ne del mercato delle telecomunicazioni (1998)e la lentezza con cui Deutsche Telekom proce-deva nello sviluppo in altri mercati nazionali.Il rivale britannico Vodafone Airtouch PLC erapassato in testa dopo il takeover della tedescaMannesmann AG.

• il corporate, di conseguenza, ha una visione più ampia circa le possibilità di svi-luppo e diversificazione, a differenza di quanto avviene nella struttura funzionale,in cui l’attenzione maggiore è attratta dalla gestione operativa;

• ogni divisione ha un bilancio autonomo e può dunque essere valutata in termini diprofitti, mentre nella struttura funzionale è difficile valutare i risultati delle singo-le unità operative (dipartimenti funzionali) in quanto non possono essere isolatedal contesto. L’autonomia comporta anche responsabilità specifiche per i diretto-ri generali.

Svantaggi

Oltre ai maggiori costi di cui si è già detto, la struttura multidivisionale, presenta unaserie di svantaggi che in parte possono essere attenuati, ma difficilmente si possonoannullare perché appartengono alla natura stessa di questo tipo di organizzazione.

• Non è facile stabilire con chiarezza e in modo stabile nel tempo i poteri del cor-porate e delle divisioni. È un altro aspetto dell’equilibrio tra accentramento edecentramento e la scelta è fatta sulla base della natura del business, delle strate-gie adottate, dei successi o degli insuccessi precedenti, del carisma dei direttorigenerali. Se i conflitti non sono adeguatamente controllati possono creare unostato di rivalità permanente tra i manager e quindi portare al declino della struttu-ra anziché aumentare la flessibilità;

• la possibilità di assegnare obiettivi specifici e quindi fare valutazioni di caratterefinanziario sulle singole divisioni può dar luogo a distorsioni. Un eccesso di con-trolli di natura finanziaria può indurre i responsabili delle divisioni ad adottarepolitiche contrarie all’interesse del gruppo. Ad esempio, per migliorare il ROIpotrebbero liberarsi di attività immobilizzate (impianti ad esempio) ricorrendoall’outsourcing di attività in precedenza svolte all’interno e così facendo potreb-bero correre il rischio di privarsi di competenze di importanza strategica. Un’altratentazione è di ridurre le spese in R&S al fine di migliorare gli indicatori finan-ziari della divisione: a fronte di un miglioramento dei risultati nel breve termine,è a rischio la capacità di sviluppare nuovi prodotti e quindi è a rischio la redditi-vità di lungo termine;

• può accendersi una forte competizione tra le divisioni per l’accaparramento dellerisorse allocate dal corporate;

• possono emergere conflitti nel calcolo dei prezzi di trasferimento. Se una o piùdivisioni sono tra loro legate da scambi di parti componenti, si pone il problemadi stabilire i prezzi trasferimento; se nel calcolo prevale il costo di produzione, ilvantaggio è per la divisione che compra, mentre se prevale il prezzo di mercato(ammesso che esista un mercato per le parti componenti in questione) il vantag-gio è per il produttore.

20.5 La holding

La holding è la struttura più adatta per la diversificazione conglomerata. Il corporateha piccole dimensioni e l’organizzazione agisce come una investment company:

Strategie e strutture organizzative 19

acquista e vende business e investe le risorse disponibili nel modo più conveniente.Le imprese facenti parte del conglomerato, il cui capitale può essere totalmente oparzialmente controllato dalla holding, hanno ampia autonomia. Spesso mantengonola denominazione originaria invece di assumere quella della holding. I loro direttorigenerali hanno piena responsabilità delle strategie nei confronti del corporate.

La holding è inoltre una struttura particolarmente adatta per corporate che adotta-no strategie di ristrutturazione, ossia l’acquisto di un’impresa, la razionalizzazione equindi la vendita quando non crea più valore.

La holding ha una serie di vantaggi:

• bassi costi della struttura centrale;• forte decentramento;• distribuzione dei rischi in un ampio portafoglio;• capacità di definire agevolmente il rapporto tra il costo dell’investimento e i ri-

sultati.

Gli svantaggi riguardano:

• il calo di motivazione che può aggredire i direttori generali di business notoria-mente in vendita e alla ricerca del miglior compratore;

• la mancanza di una politica industriale coordinata e, di conseguenza, pocheopportunità di costruire sinergie;

• la mancanza di una identità di gruppo tra business unit.

20.6 La struttura a matrice

Anche la struttura multidivisionale può presentare limiti evidenti, soprattutto se ilcambiamento dell’ambiente esterno e la spinta alla diversificazione sono molto forti.In tali situazioni, accade spesso che le gerarchie per funzioni, per prodotto e per areageografica rimangano soltanto sulla carta. Nella migliore delle ipotesi rallentano ledecisioni e non riescono a coinvolgere nelle decisioni di maggiore interesse le figureprofessionali specialistiche. Una struttura organizzativa adottata per rispondere aqueste ulteriori difficoltà è quella a matrice (matrix) o a «griglia» (grid).

20 Le strategie di business unit

Fiat anni Settanta

Nel 1972 la FIAT ha abbandonato la strutturaprevalentemente funzionale per adottarne unamultidivisionale per prodotto. Anche in questocaso sono state le pressioni dell’ambienteesterno a indurre l’impresa all’abbandono del-la precedente struttura.«Il sistema precedente si è dimostrato coerentefino al momento in cui il rapido evolversi del-l’ambiente esterno ha reso sempre più fre-

quenti e indispensabili approcci multifunzio-nali e integrati. In questa situazione il verticedell’aziendaunico punto di sintesi, incontravacrescenti difficoltà per il carico di decisionioperative da prendere, che lasciava poco spa-zio ai problemi di sviluppo».

Fonte: Notizie ISVOR, 1, 1978.

Le caratteristiche

La matrice fu usata ampiamente già negli anni Cinquanta dalle imprese di costruzio-ni aeronautiche e da altre imprese che lavoravano a grandi progetti. La struttura amatrice veniva appunto costruita in funzione dei singoli progetti, e una volta conclu-sa la realizzazione di questi veniva sciolta e sostituita sulla base dei successivi.

Negli anni Sessanta e Settanta fu adottata anche da imprese che non operavanoper progetti, ma il cui scopo era di costruire una struttura organizzativa che potessesostenere strategie basate sul lancio di nuovi prodotti in mercati molto competitivi,

Strategie e strutture organizzative 21

Figura 20.3La strutturadella holding Corporate

Leadership strategica

Legale Finanza

Impresa A(controllo 100%)

Impresa B(controllo 80%)

Impresa C(controllo 5%)

Caratteristiche

Corporate • Agisce come investment companyLeadership strategica

Direzione generale delle • Hanno larga autonomia; sono responsabili nei confronti del cor-delle imprese facenti porate; mantengono la loro denominazione originaria e nonparte del conglomerato adottano quella della holding

Adatta per situazioni • Si attuano strategie di ristrutturazione: acquisto, razionalizzazio-in cui ne e vendita di business

Vantaggi strategici Svantaggi strategici

• Bassi costi fissi del corporate • Scarsa motivazione del management di • Agevole confronto tra costo del capitale imprese destinate a essere cedute

investito e risultati • Modeste sinergie• Distribuzione dei rischi • Possibile mancanza di identità di gruppo• Agevole inserimento di nuove imprese • Difficoltà di controllo non finanziario (data

e agevole disinvestimento la diversità dei settori in cui operano leimprese del conglomerato)

dominati dall’incertezza e nei quali la rapidità di introduzione di nuovi prodotti e tec-nologie era determinante per il successo. Inoltre, i collaboratori di queste impreseerano altamente qualificati professionalmente, e davano i migliori risultati in struttu-re flessibili e autonome

La struttura organizzativa doveva rispondere a queste esigenze, e mentre la strut-tura funzionale si rivelava troppo rigida e inadatta a strategie basate sulla stretta inte-razione tra gruppi funzionali (come è necessario nel lancio di nuovi prodotti), lamatrice rispondeva a questi requisiti.

Lo schema della matrice è molto semplice e può essere agevolmente spiegato conun esempio. Una società che lavori per progetti (ad esempio edili o aeronautici onavali) è organizzata con responsabili per funzioni (finanza, marketing, produzione,R&S) e anche responsabili per progetto (progetto 1, progetto 2). Secondo le strutturefunzionale e divisionale viste in precedenza una tale impresa potrebbe dunque essereorganizzata dando rilievo alle funzioni oppure alle unità operative (tipi di prodotto oaree geografiche), ma questo potrebbe rendere difficili le comunicazioni e potrebberallentare le decisioni. La struttura a matrice, invece, da un lato assegna le responsa-bilità funzionali a più persone per tutti i progetti (ad esempio, a un dirigente assegnala responsabilità della finanza a un altro quella di R&S per tutti i progetti dell’orga-nizzazione), dall’altro demanda ad altre persone le responsabilità di singoli progetti.In questo modo si hanno responsabili distinti per funzioni e per progetti.

Come evidenzia la Figura 20.4, la matrice è dunque formata da linee di autoritàorizzontali e verticali, e alle intersezioni delle linee ogni progetto ottiene il contribu-to di specialisti diversi: il responsabile di funzione interviene con la sua professiona-lità e specializzazione ai vari progetti, mentre il capo-progetto raccoglie i contributidei vari specialisti funzionali. A ogni intersezione troviamo un manager responsabiledella decisione, che dipende da entrambi gli specialisti (quello di finanza e quello diprogetto).

Per questo si dice che nella matrice «un uomo ha due capi»: il responsabile dellafunzione (capo funzionale) e il responsabile del progetto (capo del progetto).

Con lo stesso criterio l’impresa può considerare le aree geografiche o i prodotti epuò esistere anche una matrice tridimensionale: funzione/area geografica/prodotto.

Comunque, la struttura a matrice è difficile da realizzare e si calcola che per intro-durla in un’impresa di media complessità occorrano quattro o cinque anni. Ovvia-mente, presenta vantaggi e svantaggi.

Vantaggi

I principali vantaggi della struttura a matrice riguardano la gestione dei conflitti, ilbasso contenuto di controllo gerarchico, le capacità di apprendimento, la maggiorecapacità di utilizzare le risorse di professionalità e, infine, la maggiore motivazioneche deriva dall’autonomia. Tutti si traducono in flessibilità dell’organizzazione,necessaria per rispondere rapidamente alle incertezze del mercato e alla competizione.

• I conflitti sorgono all’interno di qualsiasi organizzazione. Ad esempio, nel lanciodi prodotti nuovi sorge spesso un contrasto tra il marketing e il responsabilefinanziario: il primo vorrebbe lanciare prodotti appetibili per il consumatore, ed èquindi propenso a vendere nel periodo iniziale anche a prezzi inferiori ai costi e a

22 Le strategie di business unit

sostenere onerose campagne pubblicitarie; il secondo tende ad analizzare la red-ditività prodotto per prodotto e quindi a investire meno risorse per i prodotti che,pur essendo tecnologicamente avanzati, non promettono vendite in volumi suffi-cienti. Mentre nella struttura tradizionale questi conflitti risalgono gradualmentedalla base dell’organizzazione verso il vertice – nel nostro esempio, fino a quan-do non si trova un superiore responsabile di entrambi i «contendenti» – nellastruttura a matrice il conflitto resta a livello intermedio, poiché esiste un managerche deve prendere una decisione tenendo conto di entrambi gli aspetti. Il vantag-gio è di sollevare l’alta direzione dalla gestione dei problemi correnti;

• poiché nella matrice esiste sempre chi deve decidere, la risposta è più efficiente,anche perché il decisore conosce esattamente i termini dei problemi che si pre-sentano di volta in volta;

• non è necessario attendere che qualcuno prenda una decisione in una fascia piùalta della gerarchia, quindi si risolvono problemi e conflitti più rapidamente;

• la struttura organizzativa a matrice esige un controllo gerarchico modesto inquanto ogni collaboratore è spinto all’autocontrollo;

Strategie e strutture organizzative 23

Figura 20.4La struttura amatrice

Finanza Produzione Marketing R&S

Progetto 1 Mercato A

Mercato B

Mercato C

Progetto 2

Progetto 3

Caratteristiche

Corporate • Manager responsabili delle risorse (aree funzionali) e managerLeadership strategica responsabili di progetto

Adatta per • Imprese multiprodotto, multinazionali, con forti interrelazioni einterdipendenze; imprese high-tech e di servizi (anche di piccoledimensioni); crescente complessità e forte sviluppo

Vantaggi strategici Svantaggi strategici

• Uso ottimale delle risorse e delle capacità • È difficile da realizzare; occorre tempo perprofessionali renderla efficiente

• Buone opportunità di sviluppo • «Un uomo due capi» può creare confusioneprofessionale per i manager di responsabilità; difficoltà di controllo;

• Incoraggia la cooperazione, la ricerca potenziali conflitti tra i responsabili di del consenso, la risoluzione di conflitti risorse e i responsabili di progetto; elevatie il coordinamento di attività correlate • Costi fissi

• Favorisce il confronto tra tesi opposte • Le decisioni possono essere lente; possibileemergere del compromesso come regola

• Difficile mantenere l’equilibrio tra le duelinee di autorità

• gli specialisti (finanza, marketing, R&S ecc.) collocati in posizione funzionalepossono concentrarsi su un progetto (o su un problema) e una volta esaurito il lorocompito passano a un altro progetto: ciò dà alla struttura la capacità di sfruttare almeglio le conoscenze dei collaboratori;

• infine, la libertà derivante dall’autonomia crea forte motivazione nei collaboratori.

Svantaggi

Sono principalmente i seguenti:

• possono sorgere conflitti poiché le divergenze di idee si scaricano sui manager(collocati alle intersezioni delle linee) responsabili delle decisioni che debbonoessere prese con il contributo di più specialisti (capo funzionale e capo progetto),i quali hanno sui manager stessi eguale autorità;

• la posizione nell’organizzazione di un singolo manager è spesso difficile da defi-nire con chiarezza;

• coloro che hanno maggiore capacità o potere negoziale nella composizione deiconflitti finiscono per prevalere, e se appartengono alla stessa funzione o alla stes-sa cultura, ad esempio la finanza, oppure sono orientati a certi tipi di progetti o acerte tecnologie, la matrice potrebbe lentamente muoversi nella direzione dei piùforti abbandonando l’impostazione originale oppure l’impostazione più efficiente;

• il costo dell’organizzazione in questa struttura è molto alto a confronto con quel-lo della struttura funzionale;

• dato che i gruppi di lavoro sono frequentemente sciolti e ricostituiti, occorretempo prima di creare un nuovo amalgama e avviare le attività di un nuovo pro-getto.

20.7 La struttura a rete: l’organizzazione «virtuale»

Oggi per fronteggiare le nuove condizioni dell’ambiente sono emerse nuove forme diorganizzazione, tra cui la struttura a «rete» o «dinamica» – a indicare che i principa-li componenti di tali strutture possono essere assemblati e riassemblati per far frontea condizioni competitive complesse e in continuo cambiamento – e la cosiddettaorganizzazione «virtuale».

La rete

Le caratteristiche della rete sono le seguenti (Miles, Snow, 1984 e 1986):

• disaggregazione verticale. Le funzioni tradizionali come R&S, produzione,marketing e distribuzione, tipicamente realizzate da una sola organizzazione, conquesta struttura sono affidate a più imprese indipendenti all’interno della rete e traloro indipendenti;

• brokers: dato che le varie funzioni sono realizzate da organizzazioni diverse, ibusiness group sono assemblati attraverso brokers. In alcuni casi, un singolo

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broker ha un ruolo guida e stipula accordi di subfornitura per i servizi necessarialla gestione del complesso;

• meccanismi di mercato: le principali funzioni (affidate a imprese diverse) sonotenute assieme mediante meccanismi di mercato piuttosto che con i piani e i con-trolli tipici dell’impresa, e si preferiscono sistemi di premi e incentivi in base airisultati, piuttosto che il controllo da parte del personale;

• sistema informativo: i partecipanti alla rete accettano una struttura generale di rica-vi a fronte del valore aggiunto complessivo (somma di più contributi) e sono lega-ti l’uno all’altro da un sistema informativo continuamente aggiornato, in modo chei vari contributi possano essere reciprocamente e rapidamente verificati.

L’organizzazione virtuale

Le forze che spingono verso strutture virtuali sono note. Le imprese sanno di nonpoter fare tutto da sole quando hanno di fronte competizione più intensa, costi cre-scenti, rapida obsolescenza delle tecnologie e necessità di vendere in più mercatinazionali. Sanno anche di poter risparmiare tempo e risorse riducendo drasticamentela complessità dell’organizzazione.

Negli ultimi anni l’idea dell’organizzazione virtuale ha avuto ampia diffusione: inun sondaggio condotto da Andersen Consulting alla fine degli anni Novanta su 350imprese, risultava che il 42 per cento prevedeva di operare con una struttura virtualedi alleanze.

Strategie e strutture organizzative 25

Figura 20.5La rete o strut-tura dinamica

Fonte: adattatoda R.E. Miles,C.C. Snow,«Organizations:New Concept forNew Forms»,California Mana-gement Review,vol. XXVIII, n. 3,Spring 1986.

Broker

Progettisti

Fornitori

Produttori

Distributori

Roche-Protodigm: binomio vincente

Verso la metà degli anni Novanta Roche, unadelle prime imprese farmaceutiche del mondo,calcolò che avrebbe potuto risparmiare il 40per cento dei costi di sviluppo di un nuovoprodotto (costo che in genere è all’ordine dicentinaia di milioni di dollari) adottando un

modello di «virtual company». Nell’estate del1996 realizzò questa idea costituendo una con-sociata, Protodigm, con la responsabilità disviluppare tre nuovi prodotti attraverso test cli-nici: per il morbo di Alzheinmer, schock datrauma e cancro.

I progressi dell’information technology nel gestire attività complesse e della tecnolo-gia delle comunicazioni nel gestire attività che si svolgono in luoghi diversi anchemolto distanti tra loro, hanno reso molto più facile per le imprese lavorare insieme.Inoltre, le ristrutturazioni e i ridimensionamenti degli organici di molte impresehanno «liberato» capacità professionali elevate che hanno dato vita a iniziative auto-nome e che si offrono come fornitori di prodotti e servizi.

Naturalmente, anche nel modello virtuale non mancano i rischi potenziali.Anzitutto per quanto riguarda da un lato la capacità effettiva del fornitore esterno

di dare quanto gli viene chiesto, e dall’altro la capacità di chi affida all’esterno piùattività, di controllare e coordinare le varie esecuzioni.

Un secondo problema potenziale riguarda la proprietà intellettuale delle cono-scenze acquisite nella rete. Sono peraltro evidenti anche i rischi che le preoccupazio-ni circa la sicurezza possano spingere l’impresa a non sfruttare adeguatamente lecapacità dei partner.

D’altra parte, affidare all’esterno lo sviluppo di certe idee e capacità – invece difarle crescere al proprio interno – può minare il potenziale di lungo termine. Quandonel 1981 IBM lanciò il suo primo pc, affidò lo sviluppo del sistema operativo(software) a Microsoft: fu una decisione giustificata nel contesto di quegli anni, ma sirivelò poi disastrosa.

Infine, occorre tener conto dei problemi derivanti dal gestire un sistema di rela-zioni tra imprese indipendenti con propri obiettivi, proprie risorse e forme di orga-nizzazione. A parte i costi del coordinamento, che possono risultare elevati soprattut-to se la rete ha molti nodi, la gestione può essere difficile soprattutto se qualcosa nonfunziona. Cheshrough e Teece (1996?) osservano che a differenza della rete le gran-di organizzazioni (come Roche) in genere non premiano chi prende rischi, ma hannoal proprio interno processi e procedure sia per comporre gli eventuali conflitti sia percoordinare tutte le attività per generare l’innovazione.

26 Le strategie di business unit

Protodigm, che operava con 8 dirigenti e unamministratore, stipulò contratti con nonmeno di 20 fornitori per ciascun prodotto. Unavolta che il nuovo farmaco avesse ricevutol’approvazione delle autorità sanitarie sarebbestato «consegnato» alla parent company per ilmarketing.

Due anni dopo essere stata avviata, Protodigmera considerata da Roche un successo: «Siamopiù rapidi perché abbiamo meno burocrazia epossiamo vivere o morire come un’impresa diservizi». L’esempio è stato seguito da altreimprese farmaceutiche.

Dalla biblioteca Ricetta per il caos?

«La struttura a matrice è con noi da secoli,sebbene molti consulenti ignoranti pensinoche sia nuova». Così si esprime John Hunt,professore di Organizational behavior allaLondon Business School. Hunt ricorda che

anche nella famiglia ci sono due potenziali«boss»: la madre e il padre e che in ognigoverno democratico da più di 100 anni i fun-zionari riferiscono al loro caposervizio, maanche ai ministri.

20.8 Non basta la forma per dare efficienza a una struttura organizzativa

Abbiamo dunque passato in rassegna le caratteristiche delle varie forme di strutturaorganizzativa e i relativi vantaggi e svantaggi quando siano adottate per sostenere unadata strategia. Ma è soltanto un punto di partenza.

L’efficienza di una struttura in rapporto a una strategia dipende dalle persone, dacome interpretano le strutture formali, da come comunicano e coordinano le loroattività.

Per aumentare l’efficienza dell’organizzazione e renderla più reattiva al cambia-mento le imprese ricorrono a vari meccanismi, che la letteratura in materia riconduceprincipalmente a tre categorie:

• differenziazione e integrazione; • strutture alte e strutture piatte; • i meccanismi di Mintzberg.

Differenziazione e integrazione

Sono due concetti sviluppati originariamente da Lawrence (1967)e Lorsch (1972).Ogni organizzazione dovrebbe realizzare due principi: separare e differenziare i varigruppi di persone che compongono l’organizzazione e integrare le loro rispettivecompetenze e i loro contributi.

Produzione è diversa da finanza, da marketing e risorse umane. Le differenzesono nei valori, nelle attitudini e nei comportamenti dei vari gruppi.

Le varie funzioni, con le rispettive diversità, dovrebbero poi essere integrate ecoordinate.

Strategie e strutture organizzative 27

Quali regole?• La matrice funziona meglio quando il mer-

cato è molto esigente. È adatta per reagirerapidamente a condizioni che possono rapi-damente cambiare (il team di un pronto soc-corso o di una camera operatoria sonoesempi elementari di matrice).

• Chi lavora in una struttura di questo tipodeve avere ben chiaro che le relazioni congli altri non sono stabili perché la matrice èusata per mercati che non sono stabili. Nonha senso scrivere manuali. La matrice è persua natura una struttura ambigua.

• Nelle culture in cui prevale e permane unmodello «feudale» di autorità e di controlloè preferibile rinunciare alla matrice; è

meglio frammentare l’organizzazione inpiccoli gruppi ordinati in più livelli confi-nando la matrice a una parte soltanto del-l’organizzazione.

• Le regole che governano sia la gestionedelle risorse sia le responsabilità dei teamleader devono essere chiare e semplici.

• Non esistono forme corrette di matrice per-ché dipendono dalle persone: quella chefunziona in un’impresa, non funziona inun’altra.

Fonte: J. Hunt, «Is matrix management a recipe forchaos?», Financial Times, 12-01-1998. H. Che-sbrough, D.Teece, Harvard Business Review, 1996.

Strutture verticali, strutture piatte

Oltre alle forme di divisione del lavoro in senso orizzontale esiste nelle organizzazio-ni anche una forma in senso verticale data dai livelli nelle gerarchie del management.A seconda dei livelli aumenta o diminuisce la rapidità e la flessibilità di risposta almercato.

In genere, quanto più è alta la piramide organizzativa, tanto maggiori sono le for-malità e i ritardi nel rispondere alle attese del mercato e all’azione dei concorrenti.Per i collaboratori ha il vantaggio di avere la possibilità di salire nella gerarchia; peril management dei vari livelli significa un numero relativamente limitato di collabo-ratori da coordinare.

La struttura «piatta» ha meno livelli. Le pressioni sui manager sono maggiori per-ché coordinano più persone e i collaboratori hanno minori opportunità di fare carrie-ra, ma in compenso aumenta la possibilità di rispondere tempestivamente alle nuovetendenze dell’ambiente e alle attese del mercato.

I meccanismi di Mintzberg

Per aumentare l’efficienza secondo Mintzberg (19XX) ogni organizzazione dovreb-be essere articolata in più ruoli al fine di trarre vantaggio dalla specializzazione edovrebbe coordinare e integrare i vari ruoli con cinque meccanismi:

• sistemi di comunicazione informali; • manager che assumono la responsabilità del lavoro di altri (sono i subordinati); • processi di gestione standardizzati; • manager valutati in base ai risultati; • capacità e competenze dei collaboratori codificate, costruite e aggiornate attraver-

so la formazione.

In sintesi

La scelta della struttura organizzativa deve dare risposta a tre interrogativi:

1) chi svilupperà il piano strategico; 2) quali attività dovranno svolgere per realizzare la strategia; 3) quali criteri adottare per progettare la struttura organizzativa.

Nella scelta le opzioni principali sono: struttura imprenditoriale, funzionale, divisio-nale, holding, struttura a matrice, a rete e «virtuale».

Struttura imprenditoriale (stadio embrionale dell’impresa). La struttura organiz-zativa è semplice. L’impresa produce uno solo o pochi prodotti tra loro correlati perun segmento di mercato. Spesso una sola persona – l’imprenditore – prende da solole decisioni principali. Non c’è struttura formale.

Struttura funzionale. Se l’impresa cresce e la gestione supera un certo livello dicomplessità, il fondatore dell’impresa non ha né le capacità né il tempo per gestiretutti i settori e deve cedere parte dei suoi poteri. Affiora così la necessità di affidare la

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gestione a specialisti. La struttura funzionale raggruppa i collaboratori in base allaloro specializzazione: finanza, marketing, produzione, R&S, gestione del personale.

Struttura divisionale. È detta anche struttura decentrata con divisioni operativeautonome. L’organizzazione è articolata in tre livelli: il primo – corporate – ha la lea-dership strategica, fa le grandi scelte e ne controlla la realizzazione, guida il cambia-mento in rapporto all’ambiente esterno. Il secondo livello è lo staff del corporate. Ilterzo è costituito dalle varie divisioni, ciascuna con una propria struttura e il propriomercato.

Holding. È la struttura organizzativa più adatta per una strategia di diversificazio-ne conglomerata. Il corporate ha piccole dimensioni. Acquista, ristruttura, gestisce,vende imprese in settori diversi. Ogni business unit, o linea di prodotti o area geogra-fica ha una propria autonomia o un proprio mercato ed è un centro di profitto. Lostaff del corporate assiste e controlla le varie divisioni. I livelli di autorità sono mino-ri rispetto alla struttura funzionale e così i costi dell’organizzazione.

Struttura a matrice. È adatta in particolare a un ambiente fortemente dinamico,come ad esempio il settore delle biotecnologie o della produzione cinematografica. Icosti sono elevati, giustificati dai vantaggi in termini di flessibilità e innovazione. Lastruttura non è adatta per le imprese che si trovano nello stadio della maturità, né perquelle che perseguono una strategia di bassi costi.

Struttura a rete. Ha un «broker» centrale che governa progettisti, fornitori, pro-duttori e distributori. La struttura «virtuale» è adatta a strategie di sviluppo basate sualleanze o sull’organizzazione e il controllo di altre imprese.

Per aumentare l’efficienza dell’organizzazione e il sostegno alle strategie si pos-sono adottare: differenziazione e integrazione; strutture «verticali» o «piatta»; mec-canismi di Mintzberg.

Verificare

1) Perché una struttura funzionale è la più adatta per una piccola impresa?2) Le strutture organizzative seguono le strategie oppure è il contrario? Perché?3) Quando un’impresa dovrebbe abbandonare la struttura funzionale per passare a

quella divisionale?4) Una struttura a matrice è la combinazione di due forme di struttura organizzativa.

Quali?5) Quali sono i vantaggi della struttura a matrice?6) Per quali strategie la holding è più adatta?

Per approfondire

1) Nella vostra università può essere adottata una struttura a matrice? Come?2) La staff del corporate di una struttura divisionale dà servizi sia al corporate sia

alle divisioni. Commentate.3) La vostra impresa ha deciso di ricorrere ampiamente ad alleanze e all’outsour-

cing: quali strutture organizzative suggerite? Perché?4) Tra tutte le strutture organizzative esaminate – imprenditoriale, funzionale, divi-

sionale, holding, rete, virtuale – qual è la più flessibile? Spiegate perché.

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Esplorare web

1) Visitate il sito di Apple, www.apple.com. Apple Computer poco dopo essere statacostituita (1972) adottò una struttura funzionale. Nel 1982 passò a una strutturadivisionale, ma presto sorsero problemi di gestione acuiti dalla recessione checolpì il settore nel 1985. La forte competizione e l’uscita del fondatore, SteveJobs, suggeriscono di tornare alla struttura funzionale. A vostro parere Apple haora la struttura giusta?

2) Visitate il sito ABB, www.abb.com, esaminate e commentate l’organigramma delGruppo nonché le sue più recenti evoluzioni.

Glossario

Divisionale (struttura)Funzionale (struttura)Holding Matrice (struttura)

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