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2. Fisiologia del tatto e percezione aptica 2.1 Fisiologia del tatto 2.1.1 La struttura della pelle L'organo principale del tatto è la pelle; in questo insieme di tessuti sono disposti i sensori che dànno la forma bruta della sensazione: La pelle, per quanto attiene alle conoscenze necessarie a questa ricerca, è uno strato di un paio di millimetri che costituisce la frontiera fisica del corpo umano. Dall'esterno verso l'interno è possibile distinguere tre strati differenti per struttura e sensori: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo (ipoderma). 2.1.2 Epidermide La parte più esterna è lo strato corneo (fig 2.2.1): cellule robuste spinte verso l'esterno dal processo rigenerativo del tessuto. Col tempo (giorni) invecchiano,

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2. Fisiologia del tatto e percezione aptica

2.1 Fisiologia del tatto

2.1.1 La struttura della pelle

L'organo principale del tatto è la pelle; in questo insieme di tessuti sono disposti

i sensori che dànno la forma bruta della sensazione:

La pelle, per quanto attiene alle conoscenze necessarie a questa ricerca, è uno

strato di un paio di millimetri che costituisce la frontiera fisica del corpo umano.

Dall'esterno verso l'interno è possibile distinguere tre strati differenti per

struttura e sensori: l’epidermide, il derma e il tessuto sottocutaneo (ipoderma).

2.1.2 Epidermide

La parte più esterna è lo strato corneo (fig 2.2.1): cellule robuste spinte verso

l'esterno dal processo rigenerativo del tessuto. Col tempo (giorni) invecchiano,

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muoiono, vengono sostituite da altre più giovani. Questo strato molto sottile

costituisce il medium tattile vero e proprio giacché dalle sue caratteristiche

meccaniche dipende la distribuzione delle tensioni nelle zone sensibili

sottostanti. Un'epidermide dura coincide con zone meno sensibili (non vale il

viceversa).

Una buona trasmissione dello stimolo tattile dipende dall'elasticità dello strato

corneo; infatti, se sufficientemente elastico, esso segue con precisione i risalti

dell'oggetto toccato e trasmette ai tessuti sottostanti uno stato di sforzo non

viziato da rigidezze accessorie che possono essere considerate dei disturbi.

Immediatamente sotto lo strato corneo c'è un tessuto più spesso e dalla forma

più irregolare, con delle estroflessioni coincidenti (ma con ampiezze maggiori)

con i solchi delle impronte digitali (sulle dita) e con le irregolarità osservabili su

qualsiasi pelle.

Queste estroflessioni rivestono un’importanza particolare nella sensazione.

In primo luogo, per la loro natura e morfologia, si muovono in maniera simpatica

con i risalti dell'epidermide, trasmettendo amplificati gli spostamenti dovuti alle

azioni tangenziali sullo strato corneo. Nelle “valli” tra le estroflessioni sono

alloggiati dei sensori detti corpuscoli di Meissner.

fig. 2.1 Corpuscolo di Meissner

Questi costituiscono il 43% dei sensori tattili presenti nelle mani; sono di forma

ovoidale, di piccole dimensioni (80x30µm), e disposti con l'asse maggiore

perpendicolare alla superficie cutanea. È possibile immaginare un corpuscolo di

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Meissner come una colonna di circa una decina di cellule cuneiformi, la cui

base allargata è volta verso l'esterno. Fra le cellule decorre tortuosamente una

fibra nervosa afferente. Caratteristica di questi recettori è il condividere con altri

analoghi l'innervamento; cioè due o più corpuscoli di Meissner convogliano le

loro uscite in un solo nervo afferente. In tal modo non è banale riconoscere da

quale recettore parte lo stimolo nervoso. Quilliam [31] (1978) dimostrò che con

una sonda da 100 µm si possono stimolare contemporaneamente quattro

corpuscoli di Meissner: questo per dire quanto è fitta la rete di questi recettori.

Questi sensori rilevano il contatto velocemente, non si saturano e sembrano

avere grande importanza nel determinare il movimento sulla superficie cutanea.

I corpuscoli di Meissner non reagiscono ad una pressione persistente ma solo a

variazioni di pressione: quanto più rapidamente varia la pressione, tanto più è

intenso il segnale inviato alla fibra nervosa.

D’altra parte è da notare la loro assenza in zone più sensibili delle dita al

contatto, come la lingua o le labbra. Ulteriore conferma, questa, della difficoltà

di imputare ad un solo agente il rilevamento del contatto.

Sulle creste delle estroflessioni si trovano altri sensori, molto più piccoli dei

precedenti: i dischi di Merkel.

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I dischi di Merkel sono i più semplici sensori di tatto localizzati nello strato

basale dell'epidermide. Queste grosse cellule, molto ricche di mitocondri,

trasmettono gli impulsi che ricevono alle sinapsi con una singola fibra nervosa,

in modo che solamente l'eccitazione contemporanea di più cellule di Merkel

adiacenti venga trasmessa come segnale al midollo spinale[45].

Costituiscono il 25% dei recettori tattili (sempre sulle dita) e come i precedenti

corpuscoli di Meissner condividono l'innervamento con altri sensori omologhi. A

differenza di quelli, i dischi di Merkel giacciono nel piano parallelo alla superficie

della pelle. Le dimensioni di questi sensori sono di un ordine di grandezza

inferiore e sono dedicati alla misurazione della pressione e al rilevamento delle

vibrazioni.

L'accoppiata di questi “dispositivi” costituisce un sistema di rilevazione capace

di dare sui polpastrelli risoluzioni al di sotto del millimetro e sensibili a basse

frequenze: 2-64Hz.

Man mano che si procede dai polpastrelli verso il palmo, la concentrazione di

questi sensori si riduce ma resta in numero tale da consentire un sufficiente

riconoscimento delle forme al solo contatto (cioè a dire staticamente, senza

movimento relativo fra l’oggetto e la pelle).

L’insieme dei sensori presenti nell’epidermide è responsabile della nostra

capacità di apprezzare la rugosità delle superfici.

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2.1.3 Il derma

Subito sotto l'epidermide, e ad essa collegato con le complementari delle

suddette estroflessioni, si trova lo strato formato da tessuto connettivo a

struttura intrecciata detto derma. In questo spessore trovano collocazione

svariate terminazioni nervose libere, le ghiandole sudoripare, i bulbi piliferi, i

corpuscoli di Ruffini.

I corpuscoli di Ruffini sono oggetti fusiformi e sono presenti anche nella pelle

non glabra e non hanno una precisa localizzazione. Ammontano a circa il 19%

del totale dei recettori sulle mani; sono recettori lenti e sensibili alla pressione

ed alla direzione degli stimoli tangenziali. A questi sensori è riconducibile, in

collaborazione con le terminazioni libere, la rilevazione del calore [45].

Le terminazioni libere funzionano da recettori di calore, sentono gli stimoli

dolorosi e probabilmente coadiuvano i sensori principali fornendo quel quid

imponderabile che crea non pochi problemi ai fisiologi nella loro descrizione

esaustiva: essi infatti permeano praticamente tutto lo spessore sotto lo strato

corneo con “isole” sensorie piccolissime: da 0.5 a 2.5 µm. Analogamente ai

corpuscoli di Meissner le terminazioni libere sono disposte perpendicolarmente

alla superficie cutanea.

2.1.4 Tessuto sottocutaneo

Fra il derma ed il tessuto sottocutaneo trovano posto i corpuscoli di Pacini.

Sono oggetti di grosse dimensioni, da 1 a 4 mm, disposti tendenzialmente con

l'asse maggiore orizzontale e incapsulati in una guaina di tessuto connettivo.

Costituiscono solo il 13% dei recettori nella pelle delle mani; abbiamo circa

2000 di questi sensori in tutto il corpo e 1/3 è nelle dita.

I corpuscoli di Pacini, sebbene molto profondi, sono sensori veloci. Rilevano

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accelerazioni e vibrazioni nel campo delle “alte” frequenze (circa 250Hz), sono

responsabili della sensazione del tocco leggero e risultano inerti a pressioni

stabili.

2.1.5 Classificazione dei sensori tattili

In base alla velocità della risposta possiamo classificare i sensori appena

descritti in:

• Slowly Adapting

• Rapidly (anche Fast) Adapting

• Very Rapidly Adapting

Ognuna di queste classi può essere distinta in tipo I e tipo II.

Unità SA (rilevatori di pressione)

Occorre distinguere fra un rilevatore e un misuratore in riferimento ad un

sensore tattile: un rilevatore è un sensore che registra un evento quando questo

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superi una data soglia di sensibilità; un misuratore ne dà una valutazione

quantitativa confrontabile, non necessariamente in senso assoluto ma anche

relativamente ad un altro stimolo. Le unità SA sono semplici rilevatori;

registrano cioè l'occorrenza di una pressione e lo fanno desumendola dallo

stato di tensione del tessuto circostante. Tali recettori, una volta sollecitati,

tornano lentamente alla loro posizione di riposo con una curva di scarico

indipendente dalla durata dello stimolo, inoltre non vanno in saturazione e

quindi ne segnalano con precisione la durata.

Gli SA di tipo I (SA-I) forniscono informazioni di velocità e movimento (ad

esempio i dischi di Merkel) mentre i SA-II sono adatti a registrare condizioni

statiche (ad esempio i corpuscoli di Ruffini).

Unità RA

Rilevano il tocco e il movimento. Diffusi anche nella pelle non glabra e nei

polpastrelli. Esempio di RA-I sono i corpuscoli di Meissner

Unità VRA

Anche designati con la sigla RA-II. Appartengono a questa classe i corpuscoli di

Pacini

Tali sensori si scaricano rapidamente per ogni applicazione dello stimolo, da qui

la denominazione del veloce adattamento: sono praticamente insensibili agli

stati di deformazione statici. Queste caratteristiche ne fanno dei sensori di

accelerazione, cioè la soglia di risposta è descrivibile come

Th cost

ν2

dove ν è una frequenza compresa fra 50 e 250Hz [45].

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inserire una tabella (questa e’ brutta)

2.1.6 Caratterizzazione quantitativa della sensibilità umana

2.1.6.a Just Noticeable Difference

Si deve ad Ernst Heinrich Weber il concetto di soglia appena percettibile quale

minima differenza percepibile fra due stimoli.

Nel 1834 il fisiologo tedesco definisce empiricamente la Soglia Appena

Percettibile, o anche Soglia Differenziale, oppure Just Noticeable Difference,

come proporzionale all'intensità dello stimolo:

JND ∆m k m⋅

dove m è lo stimolo minore e k una costante.

Con questo si afferma che il soggetto è in grado di discriminare fra due stimoli

che differiscono per un valore che è una percentuale costante della misura di

riferimento.

Valori indicativi di k sono: 1/50 nella sensibilità propriocettive, 1/7 nella

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sensibilità barestetica1 [16].

((inserire tabella))

Un’estensione del lavoro di Weber è la cosiddetta legge di Weber-Fechner

dovuta a Gustav Theodor Fechner [8] che fornisce un modello della sensazione

d'intensità:

S = k log m

Da quest’equazione si vede che la sensazione di aumento di peso (ad esempio)

è la stessa passando da un peso tot al suo doppio, i.e.: passare da 100 a 200gr

è come passare da 2 a 4 kg.

Più recentemente Stevens modificò la legge di Fechner come segue:

S k mb⋅

con b compreso fra 0 e 1.

Sperimentalmente non si riscontrano sostanziali differenze.

2.1.6.b Teoria della rilevazione del segnale (curva ROC)

Tutti i discorsi testé fatti sulla JND devono tener conto della nostra sensibilità

soggettiva che non è costante nel tempo. Quello che però sembra essere una

complicazione, in realtà è una strategia adattativa che ci permette di ignorare

un segnale fino ad una certa soglia oppure di fissare l'attenzione su stimoli

debolissimi. Un esempio concreto è la soglia del dolore: l'andamento della

sensibilità soggettiva, esponenziale con l'intensità del segnale, permette di

ignorare “coscientemente” degli stimoli dolorosi di lieve entità connaturati a

compiti di una qualche importanza anche a costo di qualche disturbo fisico. Al

crescere dell'intensità segnale il soggetto è portato ad evitare danni che

sarebbero non più accettabili.

1 Barestesia: sensibilità alla pressione

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L'altro andamento, con esponente <1 si riferisce tipicamente a stimoli acustici e

sonori ed è quello che permette di sostenere e distinguere, con lo stesso

apparato uditivo, i bisbigli ed i suoni di forte intensità.

Queste curve variano da soggetto a soggetto e col tempo (anche in intervalli

ridotti, dell'ordine di poche ore) e con tutte le variabilità che si possono

immaginare: condizioni fisiche, di salute, ambientali eccetera.

Un rimarchevole fattore di disturbo è però di ordine “psicologico”.

Ad esempio, accade, in ambienti del tutto silenziosi di avvertire ronzii, brevi

fruscii o vaghi rumori2. Analogamente in condizioni di oscurità, vedere tenui

indistinti bagliori. Posto che non ci siano problemi neurologici3 o sanitari in

genere, chiunque può incorrere in quelli che possono definirsi “falsi allarmi”,

ovvero nel riconoscimento come segnale definito di un “rumore di fondo” che

potrebbe essere originato da una scarica neuronale (eventi debolissimi ma mai

del tutto assenti) nel sistema nervoso. Il soggetto in questi casi può adottare

una delle due linee di comportamento:

2 Esiste un meccanismo di autoregolazione della tensione della membrana del timpano detto deflessione stereociliare: le contrazioni delle cellule ciliate esterne provocano la rotazione verso il basso dell'organo di Corti e proprio a causa di questo movimento la membrana deflette le stereocilia. Dunque, il moto delle cellule causa lo stimolo che le fa muovere col risultato che tali cellule si mantengono stabilmente in uno stato di contrazione parziale. L’effetto di questo meccanismo di bilanciamento automatico è che la membrana si mantiene dappertutto in tensione se si è in assenza di stimoli acustici ed è pronta ad amplificare ogni eventuale segnale acustico. Esistono casi (patologici o accidentali, dovuti a traumi o a forti stimoli accidentali e transitori) di ipersensibilità in cui la tensione di autoregolazione supera la soglia della percezione ed il soggetto avverte fischi, ronzii di origine autogena. 3 Casi clinici neurologici riportano di soggetti che rievocano vividamente, e con un’intensità tale da coprire i suoni dell’ambiente, suoni ascoltati molti anni prima come se provenissero da una radio inesistente [33]

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•segnala tutto per essere sicuro di non trascurare nessuno stimolo

•segnala solo gli stimoli di cui è certo, alzando la soglia di “accettabilità” dello

stimolo. In questo caso valuta che le omissioni siano più accettabili dei falsi

allarmi.

Per valutare oggettivamente la sensibilità ad uno stimolo si può ricorrere alla

curva ROC (Receiver Operating Characteristic)4. Questo diagramma, di cui si

riporta un esempio in figura, permette di stabilire qual è la soglia di accettabilità5

corrispondente al minimo numero di falsi allarmi.

Vediamo alcune definizioni:

si dice specificità la capacità di segnalare correttamente determinati stimoli.

Indicati con VN e FP il numero di segnalazioni, rispettivamente, Vero Negativo

e Falso Positivo6, possiamo scrivere:

Sp VN

VN FP+

1-Sp

è la grandezza complementare, è detta tasso d’errore falso positivo e dà la

percentuale delle segnalazioni giudicate erroneamente positive.

Definiamo sensibilità la capacità di rilevare variazioni. Indicati con VP e FN il

numero di segnalazioni, rispettivamente, Vero Positivo e Falso Negativo, con

analogo significato di simboli è:

Se VP

VP FN+

4 Questa denominazione è dovuta ai ricercatori della compagnia telefonica Bell, che agli albori della telefonia cercavano un modo per misurare la qualità della ricezione telefonica percepita dall’operatore. 5Più propriamente cut-off: valore della variabile misurata – o percepita - oltre il quale l’evento è rilevato dal sensore 6 Vero Negativo, nel nostro caso, sta a significare il numero di segnalazioni corrette di assenza di segnale da parte dell’utente così come Falso Positivo indica il numero delle segnalazioni erronee di presenza di segnale. Si badi che la loro somma non è pari alla totalità dei segnali erogati bensì alla somma di quelli avvertiti, a torto o a ragione, dall’utente.

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La sensibilità è inversamente proporzionale al cut-off: un alto cut-off significa

una bassa sensibilità, perché il sistema registra solo segnali superiori ad una

soglia elevata e, viceversa, un basso valore di cut-off porta ad alta sensibilità,

giacché il sistema reagisce a stimoli di piccola entità.

Inserendo in un grafico, in ordinata questa sensibilità e in ascissa il tasso

d’errore falso positivo, si ottiene la curva ROC.

Gli estremi della curva coincidono con i valori massimi e minimi del cut-off (i.e.

minimi e massimi della sensibilità, dove, cioè, il sistema non rileva alcun

segnale perché la soglia è altissima ovvero dove rileva ogni segnale perché il

cut-off è bassissimo).

La retta congiungente tali estremi è detta “di indifferenza” o “di nessun

beneficio”: indica i casi in cui la sensibilità è uguale al tasso di falsi allarmi.

Le curve superiori tendono verso la curva di ottimo, quella cioè per la quale la

massima sensibilità corrisponde al minor tasso d’errore falso positivo.

Nei tratti tendenzialmente orizzontali si individuano le condizioni per le quali il

segnale è più correttamente rilevabile.

Figure 1: esempio di curva ROC