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    numero 19 anno IV - 23 maggio 2012

    edizione stampabile

    L.B.G.IL GALFA E I VUOTI A PERDERE MILANESI

    Eleonora PoliDOMENICA A MACAO. LIBERT PARTECIPAZIONE?

    Ilaria Li VigniSGOMBERO GALFA: RIPRISTINO DI LEGALIT MA NON SOLO

    Diego Corrado e Gaetano NicosiaTORRE GALFA E LA RESPONSABILIT SOCIALE DELLIMMOBILIARISTA

    Maria Cristina GibelliPISAPIA SI (PRE)OCCUPA DI URBANISTICA? SECONDA PARTE?

    Vanni PascaSALONE, LA SACRE DU PRINTEMPS (OVVERO: IL RITUALE

    DELLA PRIMAVERA)

    Giuliana NuvoliLITALIA NON ANCORA UN PAESE PER DONNE

    Walter MarossiBALLOTTAGGIO: COMO CAPUT MUNDI

    Adriana Nannicini

    FEMMINICIDIO: UNIAMO LE FORZEGiuseppe Boatti

    PGT, URBANISTICA: MILANO, ITALIA

    Gregorio PraderioIL NUOVOPGT: LUCI E OMBRE

    Giulia Mattace RasoPD: FOLLOW THE MONEY

    VIDEOFEDERICO OLIVA: LA CITT INUTILIZZATA

    COLONNA SONORADamon Albarn APPLE CARTS (DR. DEE)

    Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit

    MUSICA a cura di Paolo ViolaARTE a cura di Virginia Colombo

    LIBRI a cura di Marilena Poletti PaseroTEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi

    CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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    IL GALFA E I VUOTI A PERDERE MILANESILuca Beltrami Gadola

    Chi non ha visto Le mani sulla cit-t, un film del 1963 diretto da Fran-

    cesco Rosi, oppure per ragioni diet non ne ha avuto occasione, fa-rebbe bene ad andarselo a vedere(*). Bastano i primi cinque minuti percapire cose sintendesse per specu-lazione edilizia negli anni sessanta.Lo stesso possiamo dire della mafiadi quei tempi. Erano attivit sempl i-ci, da Paese appena uscito dallacultura di uneconomia contadina eche si avviava allindustrializza-zione.Da un lato si corrompevano gli am-ministratori locali e la classe politica,

    dallaltro si praticavano il pizzo, leestorsioni, ci si sostituiva allo Statonel controllo del territorio. Allora tramafia e speculazione edilizia co-minciarono gli intrecci. Da allora siala speculazione edilizia, sia le attivi-t della criminalit organizzata sonomolto cambiate, si sono evolute,hanno seguito i tempi, hanno anchecambiato pelle ma soprattutto si so-no infiltrate come attivit e comecultura quasi ovunque rendendosempre pi difficile la distinzione tralecito e illecito.Ma veniamo alla vicenda del picco-lo grattacielo Galfa (GalvaniFari-ni, Melchiorre Bega architetto co-struito nel 1959). Loccupazione daparte del gruppo Macao ha solleva-to molti problemi e molti interrogati-vi. Tralasceremo i primi due - glispazi per la cultura dei giovani e lastrategia delle occupazioni - per oc-cuparci di due altre questioni: gli e-difici lasciati vuoti e levoluzione del-la speculazione immobiliare. Sul

    danno sociale degli edifici vuoti, enon si tratta solo di uffici ma anche

    di migliaia di appartamenti, DiegoCorrado e Gaetano Nicosiane par-lano su queste pagine e anchequestaspetto soltanto meriterebbemaggior attenzione da parte di pub-blici poteri e il ricorso a strumentifiscali di disincentivazione del feno-meno mentre Ilaria Livigni ed Eleo-nora Poli ne esaminano altri aspetti.Lultimo aspetto riguarda le ragioniper le quali succede che immobili diquesta importanza e di queste di-mensioni restino vuoti. La ragione una sola, la smaterializzazione

    delledilizia e la sua finanziarizza-zione. Per essere chiari diciamo su-bito che un immobiliarista, ruspanteo meno, degli anni sessanta si sa-rebbe levato il sonno se non fosseriuscito a far rendere un immobile disua propriet. Oggi non pi cos.Gli immobili sono un cespite di bi-lancio, sono un cavalluccio dellagiostra delle garanzie, sono, attra-verso meccanismi di rivalutazione,la ciambella di salvataggio di bilancialtrimenti da libri in tribunale, sonoinsomma dei pezzi di carta da Mo-nopoli.Si comprano e si vendono tra socie-t dello stesso gruppo, si scambia-no, si parcheggiano in societ a-miche il tutto forti di una sola unicaconvinzione che, mal che vada, an-che se limmobile obsoleto, anchese non si riesce ad affittare o non losi vuol affittare, un suo valore lo ha: una cubatura che vale in quantotale, che magari si pu abbattere ericostruire, ristrutturare e trasforma-

    re probabilmente cambiando la de-stinazione duso ad libitum comera

    nelle intenzioni del PGT di Massero-li.Se a questo ci aggiungiamo che:quasi tutti gli operatori immobiliari sisono larghissimamente finanziatiattraverso il sistema bancario, ma-gari con banche amiche per in-trecci tra consiglieri; che se questiclienti portassero i libri in tribunalemolte di queste banche sarebberocostrette a seguirli a giro di posta;che tutto il castello di carte si reggesu stime di valori immobiliari aleatoriquanto il mercato sottostante, se le

    banche vanno a fondo avendo datosoldi a chi non si doveva, ecco cheil Governo le deve sostenere perchlo spread non vada alle stelle elItalia fuori dallEuro e lo fa con inostri soldi, quelli di noi contribuenti.Di cosa dobbiamo preoccuparci al-lora? Di Macao. Ringraziamo Iddio,si fa per dire, che la maggior partedella gente non sa nulla di quelloche avviene nelle stanze della fi-nanza, altrimenti vedremmo lassal-to a Piazzetta Cuccia o a PiazzaAffari e nessuno pi si porrebbe ilproblema del significato del dito diCattelan. Anche la classe politicanon ne sa nulla? Ci marcia? Final-mente abbiamo una banca? Ma perfinire: quante di queste operazionivedono passaggi di denaro di dub-bia provenienza?

    *(www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqo)

    DOMENICA A MACAO. LIBERT PARTECIPAZIONE?Eleonora Poli

    Dalla torre Galfa a palazzo Citterio,passando per il presidio in via Gal-vani, Macao si autodefinisce non unluogo, bens un progetto. E non neanche detto che le persone chene fanno parte, i lavoratoridellarte, abbiano bisogno per oradi un posto fisico dove stare. Cer-cano di spiegare soprattutto questo,gli occupanti, in una domenica dimaggio tutta da organizzare e defi-nire, pomeriggio di voci che si rin-corrono tra un cortile e grandi stan-ze che, nonostante tutto, trasmetto-no ancora un senso di vuoto. Con ilpassare dei giorni il tema degli spazi

    da abitare, da vivere soprattuttoda salvare ha scavalcato per im-portanza tutti gli altri; passano insecondo piano, per il momento eper una deliberata scelta di priorit,altri aspetti che avevano in un primotempo catalizzato lattenzione sulmovimento.Lex Ansaldo polo della cultura? AMacao sono contentissimi di averesollevato un problema e acceleratoun processo, ma questo non li ri-guarda cos da vicino. Vogliono al-tro. Vogliono ora farsi interpreti dellacittadinanza attiva che ponelaccento su un patrimonio fatto di

    luoghi trascurati e abbandonati peranni, per ragioni economiche chenascondono contraddizioni aperte,speculazioni edilizie e finanziarie,interessi di pochi. Occupare un pa-lazzo del 700 in centro significaquindi tenere i riflettori puntati suquesta contraddizione, viva e stri-dente, cos che da Milano il discorsopossa allargarsi al resto dellItalia,coinvolgendo tanto il pubblico quan-to il privato. Questo il racconto,queste le spiegazioni di un gestoemblematico, conseguenza di ri-sposte che non arrivano da chi do-vrebbe darle.

    http://www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqohttp://www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqohttp://www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqohttp://www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqohttp://www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqohttp://www.youtube.com/watch?v=DHk-CRPjmqo
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    Tutto chiaro, quindi, tranne la solu-zione che Macao propone. Si occu-pa, intanto, nessuno dice fino aquando, e anche le motivazioni sidisperdono, si fanno fumose neigiorni e nelle azioni che sembranodettate pi dal caso che da un pro-gramma. I tavoli di lavoro lavorano,nei locali del palazzo che non cado-no proprio a pezzi; e sono previstelezioni, gruppi tematici, si vocifera diospiti illustri in arrivo. Eppure non siriesce a capire come tutto questopotr contribuire a cambiare lo statodelle cose.Tra i ragazzi che parlano a piccoligruppi, o seduti in circolo, serpeggiain continuazione una parola usata eabusata a dismisura in questultimoanno, al punto da perdere quasi disenso: partecipazione. Dalle Offici-ne per la citt alla campagna eletto-rale che ha portato allelezione di

    Pisapia, i metodi e i processi parte-cipativi sono centrali - ossessiva-mente centrali in tutte le personeche si sono impegnate e si impe-gnano nel progetto: concentrarsi sutemi e percorsi condivisi per potercontribuire alliter decisionaledellamministrazione e interagire inmodo attivo con le istituzioni. Lademocrazia partecipata non si im-provvisa, si studia, si sperimenta. Ilpercorso dei ComitatixMilano inquesti ultimi mesi, tra alti e bassi, ne una prova, riproduce le tormentate

    tappe di avvicinamento.Sorge per un dubbio. I cittadini de-siderano veramente diventare attivi?Intendono per partecipazione capiree condividere a fondo un comunedisegno di citt o semplicementeacquisire il diritto di incidere a pro-prio favore su una realt rispettoalla quale continuano comunque aessere estranei? Viene inoltre dachiedersi se un cittadino distantedalla politica possa sentirsi effetti-vamente rappresentato da un mo-vimento o da un gruppo che, con il

    proprio stile e metodo, promuove lapartecipazione. qualcosa che inte-ressa veramente, quanto, in chemodo? E, pur supposto questo inte-resse, non detto affatto che lepriorit siano per tutti le stesse. Ma-gari chi abita in periferia trova deltutto secondario recuperare e ri-strutturare spazi in centro, e avreb-be bisogno di un centro di aggrega-zione per anziani (o semplicementeun negozio sotto casa) anzich diun polo della cultura.Intanto, se la democrazia partecipa-ta resta una parola, unidea, al piun progetto sulla carta, le respon-sabilit sono da dividere equamen-te: tra lamministrazione che ancoranon lha ritenuta cos prioritaria perattuare programmi e raggiungereobiettivi; e i Comitati, attivi sul terri-torio, che si sono arenati negli ultimimesi a dibattere sempre pi sul

    come perdendo di vista il che co-sa, affievolendo la capacit di ag-gregare e coinvolgere nuove forze.E adesso non certo dalla partedella ragione Macao, che per supe-rare limpasse ha scelto la via delloscossone forte, la strada dellille-galit per ottenere risposte. Tra iragazzi del collettivo non pochi han-no vissuto lo scorso anno lespe-rienza delle Officine per la citt chehanno ritenuto evidentemente pocoefficace e produttiva; limpressione a Macao ci siano tante anime, non

    sempre conciliabili tra loro, e sicu-ramente non su tutto.Fatto sta che mentre sulla demo-crazia partecipata ci si dibatte econfronta in varie sedi, da mesi emesi, parlando delle sue possibilite delle sue regole, tutte da costrui-re in nome di intenti (solo) appa-rentemente simili arrivano le occu-pazioni del Galfa e di Brera che for-zano il percorso, rischiando di de-viarlo. Per cambiare le cose c chisceglie di non stare pi dentro mafuori. Perch - come spiega Giulia

    del collettivo di Macao, gruppo co-municazione - questo lunico mo-do per essere ascoltati, per ottenerequalche risultato. E se un osserva-tore esterno fa inevitabilmente nota-re siete nellillegalit la rispostarimbalza immediata, anche questainevitabile. illegale chi occupa unedificio abbandonato o chi lo ab-bandona per anni allincuria e al de-grado, privandone la citt e i cittadi-ni? Dove stia la ragione non poicos scontato.A rifletterci bene, al di l della sim-patia e dellentusiasmo che Macaopu suscitare, non privo di arro-ganza questo ergersi in modo tantoarbitrario a difensori di un diritto, oanche soltanto di unidea. C arro-ganza e un certo semplicismo, nelpensare, da una prospettiva cosparziale, di potere interpretare i bi-sogni e le esigenze della collettivit.

    Che nella maggior parte dei casi,inutile negarlo, degli edifici abban-donati non si preoccupa affatto, chea partecipare non pronta e ancoranella vita quotidiana si sofferma so-prattutto, se non esclusivamente,sui propri interessi; probabilmenteper ristrutturare palazzo Citterio nonmetterebbe un centesimo dei proprisoldi e un minuto del proprio tempo,neanche se ce lavesse sotto casa.Quando i ragazzi riuniti in assem-blea sostengono che deve essere lacittadinanza a decidere di che cosa

    ha bisogno non si capisce fino infondo se intendano per cittadinanzaluomo della strada o il vicino di ca-sa, o, in fondo, quelli che pensano evivono come loro. Daltra parte, ladelega a farsi interpreti delle esi-genze dei milanesi non lhanno maiavuta; chi amministra la citt s, in-vece, piaccia o non piaccia.In attesa dei prossimi eventi rimaneun punto interrogativo: se piantarele tende in un cortile di Brera sia ve-ra partecipazione.

    SGOMBERO GALFA: RIPRISTINO DI LEGALIT MA NON SOLOIlaria Li Vigni

    In questi giorni, le cronache milane-si e nazionali dei mezzi di informa-zione hanno portato alla nostra at-tenzione la questione delloccupa-zione e successivo sgombero dellaTorre Galfa, della cui esistenza cre-do fossero a conoscenza solo gliaddetti ai lavori e gli abitanti delquartiere. La Torre Galfa un grat-

    tacielo di Milano, progettato nel1956 e terminato di costruire nel1959. L'edificio, situato all'incrociotra via Galvani e via Fara (da qui il

    nome Gal-fa), ha un'altezza di 109metri per 31 piani, ai quali sono daaggiungere due piani sotterranei.Il grattacielo, quinto in altezza per lacitt di Milano, riconducibile comearchitettura all'"International Style"ed parte integrante del "CentroDirezionale" milanese, ideato neglianni cinquanta ma mai compiuta-

    mente realizzato. Il palazzo, costrui-to inizialmente per la societ Sarom,fu poi acquistato alla met degli an-ni settanta dalla Banca Popolare di

    Milano che lo utilizz come centroservizi e sede operativa per circatrenta anni. Nel 2006 fu venduto allaImmobiliare Lombarda, societ delgruppo Fondiaria Sai.Dopo anni di abbandono e progres-sivo degrado, il 5 maggio 2012, ilpalazzo stato occupato da ungruppo autogestito che opera nel

    settore dell'arte e che fa capo alcentro culturale Macao, con l'idea direnderlo al contempo uno spazio disperimentazione culturale, sociale e

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    artistica. Il 15 maggio, dopo soli die-ci giorni di occupazione, ledificio stato sgomberato.Numerose personalit della culturae dellarte, milanese e nazionale,hanno appoggiato il gruppo cultura-le occupante, di fatto sostenendoche liniziativa fosse uno stimolo allalibera attivit artistica e un punto diriferimento per il mondo giovanilemilanese. Anche alcune personalitdella politica cittadina hanno fornitoil loro sostegno agli occupanti, re-candosi in loco nei primi giorni dimaggio e aderendo alliniziativa. Losgombero stato molto rapido,senza di fatto dare il tempo alle isti-tuzioni di proporre sedi alternative alcircolo Macao e soprattutto di pren-dere una seria posizione in merito aivari edifici a Milano che, da mesi oda anni, sono occupati da gruppiautogestiti di varia estrazione politi-

    ca.La questione seria: riguarda anzi-tutto il diritto alla propriet privata,caposaldo della nostra Carta Costi-tuzionale e del pensiero liberale oc-cidentale, ma anche il diritto alla li-

    bera manifestazione del pensiero,con gli ovvi corollari della libert ar-tistica e dellattivit culturale.Inoltre, nel caso della Torre Galfa,veniva in essere unindubbia pro-blematica di sicurezza, posto chelaltissimo edificio necessita di veri-fiche strutturali e di continua manu-tenzione. Insomma, Torre Galfa nonera un posto sicuro per le aggrega-zioni spontanee e rischiava di con-cretizzare situazioni di pericolo og-gettivo, ma il problema non pu es-sere risolto cos semplicisticamentegiustificando lo sgombero.Non dimentichiamo che il centro so-ciale Leoncavallo, nel bene e nelmale punto nevralgico della storia edella cultura milanese da oltre tredecenni, oggi sito in via Watteau su propriet privata della famigliaCabassi, con cui vi un contenzio-so aperto - occupa, diciamo abusi-

    vamente, la propria sede da sem-pre. D'altro canto, con i costi chetutti conosciamo delle locazioni odegli acquisti di grandi edifici in cit-t, pressoch impossibile perun'associazione senza fini di lucro

    acquisire legittimamente un vastospazio per momenti di cultura e diaggregazione.Quindi, forse, il problema sta proprionel consentire a questi gruppi auto-gestiti ovviamente, previa una va-lutazione di massima della legittimi-t degli scopi - di costituire la pro-pria sede in luoghi di propriet pub-blica, non danneggiando il privato,ma favorendo la collettivit. Pensoal percorso virtuoso che avvenutonel caso dellarea dellex OspedalePsichiatrico Pini, ad Affori, di pro-priet della Provincia, che oggi ospi-ta, tra le varie attivit, anche asso-ciazioni culturali e legate al mondodel volontariato.Insomma, occorre, ad avviso di chiscrive, che le Istituzioni politichemettano a disposizione alcuni gran-di aree e ce ne sono moltissime aMilano, retaggio delle industrie non

    pi operative - a questi progetti diarte, cultura e socialit che, se benvalorizzate e allontanate dall'illegali-t diffusa, possono davvero dareuna marcia in pi alla comunit cit-tadina.

    TORRE GALFA E LA RESPONSABILIT SOCIALE DELLIMMOBILIARISTADiego Corrado e Gaetano Nicosia

    Tanto si detto a proposito delloc-cupazione della Torre Galfa, tanto si

    dir, su una vicenda che tra laltro in pieno svolgimento. Il tema non nuovo nella politica cittadina. La Le-ga al governo di Milano, per fare unesempio, riemp la sua altrimentivuota agenda politica di proclamicontro il vecchio Leoncavallo.Il fatto che Macao sia sorto sotto laGiunta Pisapia fa sperare che no-nostante le evidenti esitazioni deigiorni scorsi lintero tema possaessere inquadrato in unottica nuo-va, pi evoluta e appropriata a quelliche sono gli interessi in gioco, chenon sono e non possono essere

    quelli della sola propriet (e ci aprescindere dalla antipatia che pususcitare Ligresti e il suo gruppo).Il fatto che una citt un corpovivo, e le sue parti, i suoi palazzi,spazi, parchi, strade, manufatti diqualsiasi genere ne sono le mem-bra. E dunque la propriet privatava certamente tutelata e garantita,ma nellambito di unottica generaledi governo del territorio,nellinteresse di tutti i cittadini e de-gli stessi proprietari. Dopo decennipassati a discutere di responsabilit

    sociale dellimpresa, in terminispesso troppo astratti perch potes-sero incidere davvero sul mondoreale, il rapporto tra immobiliaristi e

    citt con riferimento specifico allavicenda Galfa consente di calare

    finalmente la questione nella realt.Il fatto che grandi edifici giaccianoabbandonati per anni nel cuore del-la citt non questione che riguardasolo la propriet, come potrebbeessere il caso di un ninnolo lasciatoad ammuffire in soffitta dal suo tra-scurato proprietario. Il richiamo allequestioni del latifondo del sud Italiaa chi scrive appare immediato. An-che l si invocava lapplicazione del-la legge contro i contadini che oc-cupavano abusivamente terreni cheper i proprietari lasciavano total-mente incolti e abbandonati mentre

    le manovalanze pativano la fame.La legalit ha un senso se attraver-so il rispetto delle regole viene tute-lato s il diritto di una parte, ma sen-za che al contempo venga lesolinteresse comune. Se lapplica-zione di una norma crea ingiustiziee problemi sociali la norma chedeve essere cambiata, non la socie-t.Il saccheggio perpetrato ai danni delterritorio e delle nostre citt da im-mobiliaristi in passato appoggiatidalle amministrazioni pubbliche

    sotto levidenza di tutti. Interi quar-tieri e cantieri nuovi pressoch vuotio mai terminati, nessuna area verdeper la citt se non qualche albero

    qua e l che ci viene spacciato co-me giardino metropolitano. Progetti

    immobiliari avveniristici in piena crisieconomica, di cui la bolla immobilia-re peraltro una concausa non cer-to secondaria. Nessuno, anche seproprietario, pu aver il diritto di se-questrare alla comunit intere areepermettendosi di abbandonarle aldegrado pi totale, perch lincuriafinisce sempre per tracimare dal pe-rimetro della propriet trascurata,per riversarsi sui quartieri limitrofi adanno della popolazione che in quelterritorio vive. Non sar forse il casodi Ligresti, a nessuno interessa oggipersonalizzare la vicenda, ma a chi

    ha osservato le dinamiche degli ul-timi anni lo schema appare chiaro.Attraverso i l mio immobile che len-tamente degrada e contamina il ter-ritorio circostante lascio chelesasperazione degli abitanti cre-sca, che quel relitto li faccia sentiremeno sicuri, meno felici, meno cit-tadini. Quando la situazione matu-ra mi presento, io proprietario (edunque artefice primo di quel de-grado), come salvatore, propongoun progetto di risanamento dellareapartendo dal mio immobile, cos il

    comune mi concede cubature in pied io monetizzo, facendo piccoleregalie alla comunit, come una ro-

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    tonda, una piccola pista ciclabile, oasfaltando un pezzo di strada.Questo modello di sviluppo a inizia-tiva privata deve cessare. La cittnon dei grandi proprietari. La citt di tutti. Pisapia ha un compito, sevuole dare un senso al suo governo:

    progettare una citt diversa. Per far-lo deve dialogare con chi propone,con chi attivo affinch questa cittrinasca e si possa ricostruire, nonattraverso nuovi quartieri, ma attra-verso nuova cultura. E questo com-pito non si adempie sgomberando

    con la forza pubblica chi vuole unacitt migliore, ma condividendo unprogetto con i cittadini stanchi dellevecchie logiche, per anni spacciatecome pensiero unico del libero mer-cato.

    PISAPIA SI (PRE)OCCUPA DELLURBANISTICA? SECONDA PARTEMaria Cristina Gibelli

    Riprendo la analisi comparativa in-ternazionale sulla perequazioneurbanistica, iniziata su questo set-timanale il16 maggio scorso. Nellaprima parte ho evidenziato che ne-gli USA, patria del trasferimento deidiritti edificatori, tali trasferimentisono stati sempre precisamentedefiniti in termini di aree di origine e

    di atterraggio, diversamente dallenovit che si intendono introdurre aMilano di volo sconfinato dei diritti.Prima di dare uno sguardoallEuropa, dobbligo un breve ri-ferimento anche al Canada che haper primo condiviso con gli USAquesto strumento. In Canada, ilTransfer of Development Rights,opportunamente ridefinito Transferof Development Credits, statoapplicato in maniera molto pi limi-tata e prevalentemente in contestiurbani (mentre negli USA il 63,5%dei programmi TDR riguardano latutela del territorio agricolo). Fra leesperienze pi interessanti Van-couver, Toronto e Calgary: in tuttetre le citt il TDR finalizzato allatutela del patrimonio storico-architettonico. In particolare, Van-couver ha a tuttoggi un programmadi TDR, lHeritage Density TransferSystem, iniziato nel 1983 e revisio-nato nel 1993, dedicato a protegge-re e restaurare gli edifici storici, maanche a tutelare spazi aperti in citte a realizzare parchi urbani. Inoltre,nel caso del Canada, sono i governi

    provinciali, da cui dipende il control-lo di compatibilit degli strumentiurbanistici delle municipalit, chedefiniscono le direttive e le modalitdi supporto tecnico e finanziario deiprogetti TDR. Anche in Canada,come negli Stati Uniti, nella defini-zione delle aree di atterraggio il co-involgimento della comunit con-siderato cruciale; ed anche previ-sto il ricorso alle urne (polling) nelcaso si manifestino forti opposizionilocali.Potremmo estendere il nostro

    sguardo anche allAustralia e adalcuni paesi dellAmerica Latina odell'Asia (Giappone, Corea del

    Sud), ma veniamo subito allEu-ropa.Il trasferimento dei diritti edificatoriemigra in Europa. Dico subito chein Europa la perequazione urbani-stica ha ricevuto minore attenzioneche nel Nord America e che, nellepratiche, ha dato risultati modesti.In primo luogo, perch in molti pae-

    si del Nord Europa vige il principioche la propriet del suolo non in-clude il diritto del proprietario allacattura del plusvalore determinatodallurbanizzazione e il plusvalore attribuito per lessenziale alla collet-tivit (Svezia, Finlandia, Danimarca,Germania, UK, ). NellEuropa delSud, invece, tendenzialmente silascia al proprietario fondiario lacattura del plusvalore, ma lo si tas-sa (pi o meno adeguatamenteein modo assolutamente inadeguatoin Italia).Ci avviene perch vi una diffe-renza sostanziale in materia di dirittidi propriet applicati allo spazio neisistemi giuridici ispirati dal dirittoromano, rispetto a quelli ispirati dal-la common lawanglosassone. Nellamaggior parte dei paesi dellEuropaOccidentale si applica inoltre il prin-cipio del non indennizzo dei pro-prietari di aree sulle quali vigelinterdizione a costruire. Su questoprincipio, che genera non-equit neltrattamento dei singoli proprietari,alcuni paesi (dellEuropa del Sud)hanno sperimentato il TDR come

    rimedio alla eccessiva rigidit e ar-bitrariet del piano di destinazioneduso dei suoli e, in particolare inItalia, come strumento sostitutivodellindennit di esproprio al fine dicostituire un patrimonio di aree adestinazione pubblica e incremen-tare il capitale fisso sociale.La Francia stata fra i primi paesidellEuropa del Sud a inserirlo nellalegislazione urbanistica: il Transfertde COS (Coefficient dOccupationdes Sols) stato introdotto dallaLoi Galley del 1976 che d la pos-

    sibilit di spostare diritti da una zo-na mettrice a unaltra rceptrice.Lobiettivo dichiarato nel testo dilegge la protezione di ambiti ca-

    ratterizzati da elevata qualit delpaesaggio. Ma questa locuzione si prestata a vistose ambiguit: ilterritorio agricolo, che nella culturadegli anni 70/80 non era assimilatoal paesaggio di qualit, ha continu-ato a essere urbanizzato. Anzi,proprio a partire dalla met deglianni 70, grazie alle politiche di in-

    centivazione allaccesso alla abita-zione in propriet promosse da Gi-scard dEstaing, il consumo di suoloagricolo diventato esplosivo, ge-nerando la ville clate: una urba-nizzazione che si disperde su unterritorio metropolitano sempre pidilatato e compromesso da quartieridi villette o case a schiera sparseun po ovunque (1).Ma in Francia, a 23 anni dalla ap-provazione della legge Galley, cheha comunque suscitato infinite po-lemiche, le esperienze di trasferi-mento dei COS risultano assoluta-mente modeste per entit: nelle cit-t, si trattato spesso di accordi frapochi proprietari e a piccolissimascala; fuori dai contesti urbani, lo si usato soprattutto nella realizza-zione di comprensori dello sci alpi-no. Il transfer de COS in definitivaconsiderato troppo complicato epoco efficace; e, comunque, unarigorosa identificazione delle aree dipartenza e di atterraggio condi-zione indispensabile perch si pos-sa praticarlo: di nuovo, una diffe-renza sostanziale rispetto al mo-

    dello milanese.Inoltre, la legge urbanistica nazio-nale approvata in Francia nel 2000(SRU), che ha posto severi arginiregolamentari al consumo di suoloagricolo, riconferma limportanzadel piano comunale di destinazioneduso dei suoli come vero strumen-to di difesa e governo del territorio(Plan Local dUrbanisme- PLU). Ilpiano il risultato finale di un eser-cizio complesso di messa in pro-spettiva del territorio, finalizzatoallobiettivo dello sviluppo sostenibi-

    le (Projet dAmnagement et deDveloppement Durable). E per laprima volta una legge urbanisticaintroduce lobbligo alla partecipa-

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    zione dei cittadini in tutte le fasi dicostruzione del PLU. La legge ri-lancia altres la pianificazione discala intercomunale con preciseregole non contrattabili in materia diconsumo di suolo periurbano(Schma de la Cohrence Territo-riale). Soltanto recentemente, nella

    Grenelle de la Mer del febbraio2009, ricomparso il trasferimentodei diritti edificatori come possibilestrumento per proteggere tratti dilitorale ancora integri occupati daforeste e produzioni agricole.Quanto alla Spagna, nella legisla-zione urbanistica nazionale previ-sta la TAU (Transferencia de Apro-vechamiento Urbanistico), anche senon tutte le leggi urbanistiche re-gionali la hanno adottata: comun-que, le aree di origine e di atterrag-gio devono essere chiaramente in-

    dividuate allinterno di comparti o-mogenei (los terrenos se encuen-tran en una misma rea de repar-to).E a Milano?Milano, con la sua perequazionesconfinata, si configura davverocome un caso a parte. Abbiamouna legislazione urbanistica regio-nale piena di contraddizioni e apo-rie, che consente una formidabileflessibilit dello zoninge proceduredi approvazione molto semplificate.Inoltre, le Giunte di centro-destra cihanno lasciato in eredit anni di de-regolazione radicale e, a conclude-re una vicenda purtroppo quasiventennale, un PGT firmato Moratti-Masseroli da mani sulla citt cheprevedeva implicitamente oltre600.000 nuovi abitanti in citt (cal-coli effettuati dalla Provincia).Una delle prime decisioni dellaGiunta Pisapia stata la revoca delPGT nel giugno scorso. Obiettivo:modificare il Piano sulla base di al-cuni principi e obiettivi ambiziosi epienamente condivisibili, formulati

    nel mese di ottobre in un sinteticoma impegnativo documento ufficialedellAssessorato allo Sviluppo delTerritorio (2). Ma soltanto quando stato consegnato nel febbraio 2012in forma di bozza ai membri delConsiglio Comunale, sono trapelatii contenuti del nuovo Piano (grazie

    allex assessore Masseroli che lhafatto circolare sul web!), di fatto ge-nerando molte perplessit: sullostile di comunicazione della Giun-ta e dellAssessorato allUrbanisticae, in particolare, su alcuni contenutispecifici.La Bozza di PGT, ben poco com-prensibile per i non specialisti, hamodificato il precedente Piano at-traverso una correzione puntuale epignola, fatta di tagli, aggiunte, mo-difiche (alcune migliorative, quali lariduzione delle colossali ma irreali-

    stiche volumetrie, la tutela del Par-co Sud, lattenzione, peraltro gene-rica, per lhousing sociale). Ma laperequazione sconfinata vienetotalmente confermata. E cos, latrasferibilit dei diritti edificatori suquasi tutto il territorio comunale(sugli ambiti del Tessuto UrbanoConsolidato) potr determinareabnormi processi di addensamentocentrale e un indebito vantaggio peril proprietario di aree non centrali alquale siano attribuiti diritti edificatoriutilizzabili ovunque.Concludo quindi questa riflessionecon una domanda rivolta al SindacoPisapia e non soltanto allAsses-sore allUrbanistica Ada De Cesa-ris, poich si tratta evidentementedi una decisione che si lega allastrategia generale sul riorientamen-to del Pgt che presenta rilevanti ri-svolti e rischi politici: perch non stato emendato il principio dellaperequazione sconfinata? Perchnon si ritenuto opportuno modifi-care, nella riscrittura del Piano delleRegole (3), il Comma 5 dellArticolo

    7 (relativo alla Perequazione urba-nistica) che recita, cos come reci-tava nel piano di Moratti&Co.,Limpiego, anche in forma fraziona-ta, dei diritti edificatori () liberoe pu essere esercitato su tutto ilterritorio comunale edificabile nelrispetto delle presenti norme e di

    quelle dei vigenti Regolamenti Edi-lizio e dIgiene? Perch non rime-diare immediatamente al danno du-rante la stesura della Bozza, rialli-neandosi alle modalit consolidatein altri paesi? Perch non rimediareimmediatamente al danno durantela stesura della Bozza, riallineando-si alle modalit consolidate in altripaesi? Ma forse ancora possibileporvi rimedio.

    (1) I dati sul consumo di suolo agri-colo per urbanizzazione in Franciane sono una prova evidente:807.000 ettari urbanizzati soltantofra il 1992 e il 2004 (184 ettari algiorno); e sono state le abitazioniunifamiliari (410.000 ettari contro11.000 ettari destinati a ediliziacondominiale) e le infrastrutturestradali (148.000 ettari) le maggioriconsumatrici di territorio agricolo. Ildato ancora pi preoccupante ilseguente: nel periodo analizzatol80% del territorio urbanizzato perrealizzare la villettopoli franceseera precedentemente dedicato allaproduzione agricola (dati tratti da:Merlin P., 2009, Lexode urbain,Paris, La Documentation franaise).(2) Comune di Milano (2011), Do-cumento politico di indirizzo per ilgoverno del territorio, 13 ottobre.(3) Assessorato allo Sviluppo delTerritorio, PGT. Piano della regole.Norme di Attuazione. Bozza perlavoro Commissione, febbraio2012.

    SALONE, LA SACRE DU PRINTEMPS (OVVERO: IL RITUALE DELLA PRIMAVERA)Vanni Pasca

    terminata la grande sagra (termi-ne che deriva dal latino sacrare,consacrare), la consacrazione delmade in Italy per quanto riguardalarredamento: il Salone del mobile,il Salone Satellite, il Fuori Salone(che si esteso a macchia di leo-pardo in molte zone della citt), lecostruzioni nel cortile della Statale,

    gli eventi delle case editrici e delleriviste, alla Triennale, negli show-room, gli incontri con i giornalisti e le

    interviste ai designer, i pranzi e lecene ufficiali.La grande kermesse metropolitana terminata anche questanno e so-no in corso i primi bilanci. C unclima di soddisfazione generale.Sembra che i dati registrino un otti-mo afflusso di visitatori, con aumen-tata presenza di stranieri in partico-

    lare dai paesi del Bric(s) come ilBrasile.Limmagine generale delle esposi-zioni, dentro e fuori il Salone, tra-

    smetteva euforia: a volte un po so-pra le righe come avviene quando sicerca di esorcizzare un pericolo in-combente. Il tema generale sem-brava essere: ci sar pure la crisima il made inItaly tiene e anzi rilan-cia, e a Milano si dimostra. In realt,a evento concluso, i commenti degliaddetti ai lavori sono pi prudenti.

    Lafflusso c stato ma a questo co-sa seguir in concreto, in termini dirapporti commerciali, di sviluppodelle vendite e cos via?

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    Veniamo ora ai caratteri di questoSalone del 2012. La grande ker-messe propone da tempo una e-norme quantit di oggetti,unautentica grande bouffe: difficileper chiunque rendersi conto di tutto.Ma in generale i commenti tendonoa mettere in luce lassenza di feno-meni nuovi emergenti, di proposteparticolarmente significative. Con unfilo conduttore prevalente, la neo-etica del XX secolo che, secondouna ricerca di universit americane,sembra riassumersi nelle tre paroledominanti nel marketing a livellomondiale: eco, green e sustainabi-lity.Probabilmente si deve tener contoche finita lepoca dei trend: dopogli storici dibattiti tra le diverse ten-denze, fino agli scontri degli annisettanta / ottanta tra minimalismo edesagitazione formale, oggi preval-

    gono i linguaggi individuali. Moltidesigner inseguono un sogno, met-tere a punto una cifra formale chediventi un logo se non un brand, cheli renda riconoscibili e appetibili sulmercato.Il problema delle mostre e delle e-sposizioni sembra risolto con unanuova formula: gli allestimenti alpotere. Gli stand al Salone e gli a l-lestimenti Fuori Salone hanno ilcompito di produrre lattenuatoshockestetico oggi necessario, con

    nuovi materiali, nuove tecniche diilluminazione, nuova concitazioneformale e cos via. la cura e l'ori-ginalit degli allestimenti (per dir co-s) che legittima gli oggetti esposti.Si registra una gran quantit di "rivi-sitazioni" o riedizioni. Si va dalla ri-proposta di Joe Colombo a Starckche reinterpreta elegantemente unprogetto meno noto di Breuer, a uninteressante designer ceco, JanPlechac, che ripropone in tondini diferro (saldati a mano!) la mitica "redand blue" di Rietveld: si potrebbecontinuare a lungo.Tema molto presente lauto-produzione: non chiaro quanto siaeffetto della crisi, per cui le aziendenon chiamano pi i designer, equanto delle scuole di design cheriversano sul mercato folle di giova-ni designer (ma in un futuro ipoteti-co, di fuoruscita dalla crisi, i giovani

    designer sui territori potrebbero es-sere una risorsa per aiutare le pic-cole/medie aziende ad affrontare iproblemi non solo di progettazione,ma di comunicazione e costruzionedellimmagine coordinata, di orga-nizzazione della distribuzione, temisui quali grande la loro debolez-za). Tra tutte le esposizionisullautoproduzione si ricordi Mila-nosiautoproduce promossa da ungruppo con Alessandro Mendini ilquale ha motivato il carattere parti-

    colare della mostra, dove si espo-sto senza filtri o selezioni, con unrichiamo al Mao degli anni 50,quando invocava per il rinnovamen-to culturale della Cina che centofiori fioriscano, che cento scuole ga-reggino. tema molto presente, sidiceva, ma anche tema ricorrente,che ha percorso in modi diversilintera storia del design negli ultimiduecento anni.Infine un motivo di riflessione: a di-stanza di qualche anno, IKEA ripro-pone con ampiezza la sua collezio-ne PS, quella pi orientata al de-sign, ci si dice. Come ha detto EllenLupton, curatrice per il design con-temporaneo del Cooper-Hewitt Na-tional Design Museumdi New York,IKEA ha arredato le case della fa-scia economica dei consumatoridallEuropa alla Corea al Brasile,contribuendo a far accettare la

    modernit nella casa pi che ilresto del mondo del design nel suoinsieme: non solo della fascia eco-nomica ma, in particolare in Italia,con penetrazione progressivamentetrasversale. E i produttori italiani so-no al terzo posto nel mondo tra ifornitori di IKEA (dopo Cina e Polo-nia). Lo slogan era: design belongsin real home: tema, forse, su cuiriflettere.

    LITALIA NON ANCORA UN PAESE PER DONNEGiuliana Nuvoli

    C uno scandalo in Italia di cui siha scarsa percezione: i numeri mol-to bassi delle donne nelle stanzedecisionali della politica. Le donnefarebbero la differenza? Pare pro-prio di s. Cominciando dalle deci-sioni relative a come destinare lerisorse pubbliche: le donne privile-giano sanit, ambiente, welfare; so-no pi attente ai beni comuni; abor-

    rono la guerra e la violenza. Non cisarebbe stato un Vietnam, se ledonne avessero potuto decidere Il rigore dei numeri di FrancescaSarlo e la chiarezza espositiva diFrancesca Zajczyk si fondono inquesto agile volume, Dove batte ilcuore delle donne? Voto e parteci-pazione politica in Italia (Laterza2012), che intende promuovere unariflessione costruttiva su un indila-zionabile cambiamento del ruolodelle donne nella vita politica italia-na.

    Il cuore del problema il concetto dicittadinanza costruito in assenzadelle donne: unanomala determi-nata dal fatto che la donna relega-

    ta alla salvaguardia della funzionedella famiglia, vuoi come ambito diriproduzione della societ, vuoi co-me spazio delle libert e degli inte-ressi privati (Chiara Saraceno). Ilmonopolio maschile sulla politicaitaliana segnale di una democra-zia ancora di parte: la rappresen-tanza nel nostro parlamento, percominciare, ci colloca agli ultimi po-

    sti in Europa, seguiti solo da repub-blica Ceca e Malta. La presenzafemminile nelle istituzioni va in de-crescendo dai Comuni, alle Provin-cie, alle Regioni: il 90% delle donne impegnato in politica nei Comunisino a 20.000 abitanti, e solo lo 0,4ricopre incarichi in citt oltre i250.000 abitanti.Con queste premesse, le autriciprendono in esame latteggiamentodelle donne italiane nei confrontidella politica a partire dal primo vo-to, che vede una straordinaria par-

    tecipazione femminile. Nei ventanniseguenti sono la Chiesa e gli uominidi famiglia, a determinarne lorien-tamento; poi, negli anni Settanta,

    davanti alla nascita di nuove mo-delli del femminile, meno legati allatradizione, si incrina la fedelt ()alla Democrazia cristiana. Si con-solida, al tempo stesso, la consape-volezza che la politica il luogo incui le donne non contano: cos essese ne allontanano, in un atteggia-mento di autoesclusione che siaccentua negli anni Ottanta e cre-

    sce sino a toccare, nelle politichedel 2008, il 19,5%.Proprio in questo ventennio si raf-forza e diffonde una nuova consa-pevolezza di s nella popolazionefemminile, che rifiuta la donna delloschermo piacevole, positiva e col-laborativa, definendo la rappresen-tazione del suo corpo in Tv svilen-te, fastidiosa o frustrante. E mentreil berlusconismo rappresentaunetica intrisa di gallismo e omofo-bia, nasce su tutto il territorio e inRete un numero impressionante di

    organizzazioni femminili. Le donnesi muovono con pi velocit degliuomini verso un maggior interesse euna pi attiva partecipazione alla

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    politica: un esempio per tutti Se nonora quando, che riempie le piazzecon le sue battaglie contro liniquitdi genere che caratterizza la societitaliana.Ma, archiviata la stagione berlusco-niana, rimasta una questione irri-solta: manca una riflessione colletti-va che provenga soprattutto dagliuomini, senza la quale la nostra so-ciet non riuscir a liberarsi dalleincrostazioni valoriali pi arretrate.Le donne sono ancora le centro-campiste del welfare (Di Vico) chefaticano sempre di pi a conciliarelavoro e famiglia: il carico di lavorocasalingo ancora per il 77% sulleloro spalle e siamo lontani dalle pariopportunit fra i due sessi.Lassenza di potere nelle stanze isti-tuzionali spinge, inoltre, molte gio-vani donne a volgere lo sguardo

    verso il luogo dove il potere lhannosempre avuto: la casa e la famiglia.In politica aumentano i numeri dellecandidate, ma, non in modo signifi-cativo, il numero delle elette: legiunte monogenere, ad esempio,sono in Italia ancora 1.600. LItalianon , a oggi, un paese per donne;e codici e regole di funzionamentodella politica sono ancora salda-mente ancorati al modello unicomaschile. Ma la gravit della crisimondiale ha reso evidente la ne-cessit di riformulare lagenda dellescelte con riforme strutturali e op-zioni di tipo strategico. Le donnesono pi orientate alla cura del benecomune e, pi degli uomini, sposta-te sul versante progressista: lacomparsa di un political gender gapche si confermata in modo esplici-to negli ultimi ventanni. Le donne

    sono aliene dalle categorizzazioni eutilizzano a fatica i contenitori: gliindividui sono entit da valutare inse stesse, non elementi di un insie-me, sia esso razza, religione, etna,partito.Eppure il loro contributo ancoraignorato, come risultato evidente,ad esempio, nella tavola rotondaorganizzata il 17 maggio dal Sole24 Ore, Nuovi modelli di lavoro nel-la famiglia oggi. Con una sola ecce-zione femminile, erano tutti uomini,e non mancava un cardinale: questomentre la Rete, le piazze, le saleerano occupate con forza, vivacit,intelligenza e passione dal popolo diquelle donne che hanno smesso didiffidare del potere, e che imparanoa esercitarlo non per sostituirsi agliuomini, ma per farne un uso diversoe costruttivo.

    BALLOTTAGGIO: COMO CAPUT MUNDIWalter Marossi

    Commentare le elezioni in Lombar-dia diventa sempre pi facile: 1) bal-lottaggi non modificano il quadro delprimo turno; 2) il centrodestra perdeovunque e ovunque diviso al pri-mo turno non si riaggrega al secon-do; 3) la lega perde ovunque; 4) ilcentro sinistra vince indipendente-mente dalle caratteristiche della co-

    alizione ma vince pi nettamentedove pi connotato a sinistra 5) leliste civiche sono spesso determi-nanti; 6) il PD il perno di ogni alle-anza progressista ma se si travesteda moderato viene elettoralmentesuperato da liste pi radicali; 7) l 'as-sioma le elezioni si vincono al cen-tro si dimostra una vera idiozia; 8.)l'astensionismo cresce.Esemplare il caso di Como. La sini-stra genericamente intesa ha avutoa Como la maggioranza (forse) nel.1946 alla Costituente, quando loPsiup prese il 35% dei voti, il Pci il

    10%, e contando i voti dei Demo-progressisti di Labriola, degli Amicidi Nitti e degli Azionisti si raggiun-geva il 51%. Gi nel '48 la DC ave-va la maggioranza assoluta e daallora mai la citt si spostata daun pacioso centrismo tenuamenteattenuato dai socialisti che arrivaro-no anche a un eccellente 17% alleeuropee dell'89. A mo di esempio,pescando casualmente tra un voto el'altro: alla Camera nel 1953 le sini-stre potevano contare su circa il39% dei voti, nel 1970 alle regionali

    Pci Psi Psu Psiup avevano il 38%dei voti, quando votava il 94% degliaventi diritto e potrei continuaresenza grandi variazioni.

    Tra le ragioni dell'egemonia centri-sta la presenza di una classe diri-gente democristiana di alto livello,caratterizzata da capacit ammini-strativa, da saldi legami con il terri-torio e da leaders con dimensioneregionale e nazionale, un nome pertutti: Guzzetti, una vera e propriaautobiografia della nazione modera-

    ta. Con l'elezione diretta del sindaconella seconda repubblica poco cambiato; la maggioranza moderatasi riconosciuta in Forza Italia pri-ma nel PdL poi e in generale nellecoalizioni berlusconiane. La Legapur forte non raggiunge le punte dialtre realt pedemontane.Nel passaggio dalla prima alla se-conda repubblica tuttavia la qualitdel personale politico a tutti i livelli drammaticamente scaduta, fino allospettacolo degno delle pochade diMariano Laurenti (indimenticabileregista di Il sergente Camillone,

    grande grosso e frescone) messoin atto dall'ultima giunta, in particola-re con le vicende del muro occultalago.Alle elezioni attuali si arriva con 16candidati sindaco, 24 liste, oltre 700candidati consiglieri per i 32 scrannidi Palazzo Cernezzi sede del go-verno di una citt di soli 84.000 abi-tanti. Mentre i cittadini votano sem-pre meno gli aspiranti consiglieriaumentano a dismisura, sar la di-soccupazione? I berlusconiani sidividono in due dopo primarie con-

    testate, dispetti, denunce, inchiestedella magistratura, tesseramenti ta-roccati; la Lega va da sola ma vedenascere anche una lista concorren-

    te; l'UDC idem, ed un fiorire di li-ste tra le quali non manca neppurequella di un ex calciatore (un grandema non in politica) e del notaio dellaComo che conta.Nel centrosinistra Mario Lucini (exmargherita, capogruppo Pd) so-stenuto dal Pd, Idv, Sel e liste civi-che, mentre la Fds e i Verdi si pre-

    sentano separati sotto la sigla Si-nistra per Como e Ecologisti eReti civiche.Gli elettori al primo turno sono stati42000 il 60% degli aventi diritto. Lacoalizione di centro sinistra che so-stiene il sindaco ottiene il 33,91%dei voti, mentre il candidato a sin-daco il 35,54%, i verdi l'1,8% comela Sinistra per Como. Complessi-vamente la coalizione che a Milanoviene chiamata arancione conta supoco meno del 40% dei voti. Il Mo-vimento 5 stelle al 4,49%. Nel2007 il candidato unitario di centro

    sinistra aveva preso il 33% dei voti,con il 68% dei votanti.Vi quindi un incremento delle per-centuali dell'area di centro sinistra osinistra centro, significativo ma nelquadro di un calo netto della parte-cipazione. Le liste civiche che ac-compagnano il candidato ottengonocirca il 40% dei voti a suo sostegno.Il fatto che il candidato del centrosinistra sia in sensibile vantaggio gi clamoroso ma legato anche allospecifico delle divisioni del centrodestra, che tuttavia potrebbe ricom-

    porsi al ballottaggio. Invece no,nessun ricompattamento del cen-trodestra, per la prima volta una co-alizione progressista vince.

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    Una vittoria quella di Lucini epocale,ben pi significativa di quella di Do-ria o Pisapia che partivano da datiiniziali ben pi favorevoli, perchevidenzia in modo holliwodiano l'e-

    vaporazione non solo del centro de-stra berlusconiano ma in generaledel blocco storico moderato lombar-do sia quello di origine cattolica cheliberale che leghista.

    La lezione molto semplice: se lasinistra vince a Como si pu vincereovunque.

    FEMMINICIDIO: UNIAMO LE FORZE

    Adriana NanniciniLa grande sala nobile, la sala A-lessi di Palazzo Marino, frequentatasempre di pi nellultimo anno, sededelle assemblee con le donne dellacitt e la nuova amministrazione,laltra sera alle 21 era gi affollatis-sima: nellattesa di cominciare ca-pannelli di donne, posti a sederetutti occupati, file di persone in piediai lati, qualche passeggino che gira-va nel corridoio, qualche bimbettoche scorrazzava. Non si pu evitareun colpo docchio sulla scenografia,che ci parlava delle aspettative, del-la curiosit, cos come ci diceva chefinalmente unoccasione pubblicacittadina affrontava la questione, perriportare il tema della violenza con-tro le donne, in tutta la sua com-plessit, al centro dellattenzionedelle presenti.Alcune di SNOQ Milano (Se NonOra Quando) avevano nei giorniprecedenti invitato e incontrato ingruppo le donne dei Centri che daanni operano a Milano sui temi dellala violenza contro le donne: la rete

    cittadina dei Centri infatti attiva ein rapporto con lAmministrazione, esoprattutto ha un patrimonio di e-sperienze professionali e politicheimportante.Lassemblea attendeva certamentelintervento di Susanna Camusso,certo, perch la presenza del segre-tario generale della CGIL dava unarilevanza del tutto particolare allaserata. Ma anche con lattesa elaffetto per una donna originariadella citt e che con il movimentodelle donne ha intrecciato dialoghi,

    vita politica e pensieri. Linterventodi Susanna, riportato su vari quoti-diani, stato interrotto da applausi:ha parlato del suo sentimento diamarezza nel firmare ancora un ap-pello, la necessit infatti di contra-stare una nuova regressione nelnostro Paese, che non determina-ta per caso, ma da modelli di poteremaschile sdoganati negli ultimiventanni.Ci ha parlato della necessit di unmutamento di linguaggio di uominiverso le donne, della necessit di

    esigere rispetto su questo e a parti-re da questo. Della necessit diprendere la parola e nel chiederecorsi di educazione sessuale nellescuole, di provare a immaginarli di-versi, centrati sulla libert femminilee sul tema del controllo del deside-rio di potere quando ci si rivolge airagazzi. E parlando delle firme ap-poste allappello Mai Pi Complici,sottolineava la rilevanza della firmadella ministra Cancellieri. Poich lafirma del Ministro dellInterno non la firma di privata cittadina, ma di unruolo istituzionale, con quella firmaistituzionale si pu interloquire.Ci preme forse semplicemente ri-cordare che il titolo scelto perlassemblea Femminicidio: uniamole forze, non ha avuto solo un valo-re simbolico o letterario. il concet-to al centro della riflessione che ab-biamo proposto inizialmente e ripre-so in finale. Sulla questione dellaviolenza ci che appare importantee necessario, e su questo tutti gliinterventi hanno concordato, unire

    le forze, superare le frammentazio-ni, superare la tendenza a distin-guersi, a separarsi anche allinternodelle tante anime del movimentodelle donne. Unire le forze che deri-vano dalle pratiche, dalle invenzionidi risposte alle costanti emergenze,unire le riflessioni, le elaborazionisedimentate in tanti anni e quellenuove che stanno arrivando, origi-nate in questo tempo della crisi, in-tessute da generazioni di donne pigiovani di quelle fondatrici dei centri.Unire le forze senza che Snoq Mila-

    no metta il cappello su questo rin-novato incontrarsi che si verificatola sera dell11 maggio, e anzi valo-rizzando quella dimensione orizzon-tale e di ascolto che in assemblea si espressa. In questo senso la con-vocazione da parte della PresidenteCommissione Pari Opportunit cheindice una riunione di tutte le donnedei tavoli e di tutte le donne che vor-ranno istituire un tavolo sulla violen-za contro le donne luned 21 mag-gio dalle ore 18 alle 20 possiamoconsiderarla come un passo ulterio-

    re nella direzione aperta laltra sera,unoccasione per continuare un con-fronto sui modi di prevenire e con-trastare la violenza contro le donne,di consolidare lesercizio della liber-t femminile che come si detto,comprende una pluralit di soggetti:quelli dei Centri, quelli dei movimen-ti e quelli dellAmministrazione Co-munale.

    Intervenuti e presentiMolti e variegati gli interventi, diffici-le farne qui una sintesi: in aperturaprende la parola Pier FrancescoMajorino, assessore alle politichesociali, sottolineando che lAmmin-istrazione Comunale porta la re-sponsabilit di costruire insieme lecondizioni per una interlocuzionecon i soggetti, riferendosi al lavoroin corso di scrittura del protocollocon la rete dei Centri. Sono poi in-tervenute Sara Valmaggi Vice Pre-sidente del Consiglio Regionale, A-

    lessandra Kustermann del SVS cheha presentato la storia e la strutturadella rete, i vari soggetti organizza-tivi che la compongono, il compito diprevenzione e contrasto della vio-lenza contro le donne.Manuela Ulivi, Casa delle DonneMaltrattate, ha ricordato la letteraaperta destinata al presidente Na-politano redatta dal coordinamentonazionale D.I.R.E. e la sua conse-gna di questi giorni. Hanno preso laparola la presidente della Commis-sione Pari Opportunit Sonego,

    Monica Chitt candidata Sindaca aSesto San Giovanni, Pina Madamidi Pari e Dispari, Adele Teodoro diGravidanza Gaja, Barbara Pollastri-ni PD, Giovanna Fantini avvocata diSnoq, Chiara Baratti Di Nuovo e an-cora Marisa Guarneri per la Casadelle Donne Maltrattate. Lasses-sore Marco Granelli ha parlato infine serata sottolineando lintrecciodel cambiamento culturale e dellaprevenzione, soprattutto nellambitodella sicurezza di genere.

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    PGT, URBANISTICA: MILANO, ITALIAGiuseppe Boatti

    In questarticolo ripercorro sinteti-camente, soprattutto con riferimentoai contenuti, le vicende del PGT diMilano e cerco alla fine di formularequalche proposta per il futurodellurbanistica milanese, anche te-nendo conto di aspetti di rilevanzanazionale. Larticolo originariamentelho pensato per Italia Nostra, equesto spiega qualche riferimento alpossibile ruolo di quellassociazione.Il PGT da Moratti a Pisapia - Ladiscussione sulle osservazioni alPiano di governo del territorio (PGT)di Milano ancora in corso nelConsiglio comunale, in un climaquasi di silenzio stampa e non si saesattamente quando disporremo diun testo e di una serie di tavole de-finitivi, sui quali poter svolgere una

    valutazione puntuale, alla qualecomunque ci impegniamo, non ap-pena sar possibile. Le considera-zioni possibili oggi hanno dunqueancora, necessariamente, un carat-tere piuttosto generale: ma la porta-ta delle questioni che aprono taleda renderle interessanti, per Milanoe probabilmente anche per il restodel paese, nonostante la mancanzadi qualche dettaglio.La discussione in corso riguarda ilPiano proposto e fatto adottare dallaprecedente Giunta comunale di cen-

    tro destra, presieduta dal SindacoMoratti, che pure aveva gi portatoin Consiglio comunale le controde-duzioni alle osservazioni e la con-seguente approvazione definitiva,ma che, abbastanza inspiegabil-mente, non aveva dato corso allasuccessiva pubblicazione. La nuovaGiunta comunale, presieduta dalsindaco Pisapia, revocava la prece-dente approvazione, riaprendolesame delle osservazioni: ed questa la fase conclusiva che si staora svolgendo nel Consiglio comu-nale. La discussione avviene su unaproposta di controdeduzioni formu-lata dalla Giunta, corredata dei testinormativi modificati, ma non dalletavole, che la Giunta ha scelto di farredigere e dunque di rendere cono-scibili, solo dopo il voto finale delConsiglio.Non dato sapere ufficialmente sesia intenzione della maggioranzaripubblicare il piano modificato. Neicontatti informali si esprime di solitosu questo punto, da parte di espo-nenti della maggioranza e consulen-ti, unopinione negativa, che non

    pu non lasciare perplessi a causadei rischi dimpugnazione che pucomportare.

    Il piano della Giunta di centro destraera caratterizzato da vistose inno-vazioni, se cos si pu dire. In e-strema sintesi possiamo cos ricapi-tolarle: la mancanza di ogni riferi-mento a un qualsiasi quadro di coe-renza metropolitana; la mancanza discelte dichiarate relativamente adinfrastrutture rare anche fondamen-tali, come ad esempio gli aeroporti;la previsione di nuovi tracciati su-perstradali/autostradali urbani, fuorie dentro terra; la previsione di seinuove linee metropolitane totalmen-te urbane (per altro prive di finan-ziamento); lintroduzione del princi-pio dellindifferenza funzionale degliinsediamenti urbani; lutilizzazioneintensiva (indice di utilizzazioneconvenzionale spesso superiore a

    1mq/mq) delle ultime aree dismesseo sottoutilizzate scali ferroviari,caserme e altre private.Cos pure lintroduzione del principiodella trasferibilit generalizzata, sututto il territorio comunale, dei dirittiedificatori ovunque generati dallin-dice unico, con il prevedibile loroatterraggio concentrato soprattuttosulle aree pi centrali; la modificabi-lit delle previsioni del PGT su qua-lunque area, mediante la proceduradi iniziativa privata del Piano inte-grato dintervento; la disapplicazio-

    ne di gran parte degli standards ur-banistici nazionali; linvenzione di unregime specialissimo per tutti i ser-vizi non solo pubblici, ma anche pri-vati e con fini di lucro, che, non es-sendo computati nel calcolo dellasuperficie lorda di pavimento po-tranno essere realizzati dovunque econ qualsiasi densit edilizia mentretutti quelli gi esistenti genererannoulteriori diritti volumetrici come fos-sero aree edificabili ancora libere; lagenerale facoltativit delle quote diedilizia sociale; lattribuzione auto-matica di un indice unico ridotto etrasferibile, pari a 0,15 mq/mq allearee non agricole comprese nelParco sud; la genericit di moltedelle tutele di carattere storico e pa-esistico; oltre naturalmente ad altrinumerosi aspetti anche importantiche qui, per brevit, non si possonocitare.Gli effetti dellinsieme di queste di-sposizioni di piano sono facilmentesintetizzabili: a Milano vengono at-tribuite nuove potenzialit edificato-rie dirette enormi, stimabili in alme-no 70 milioni di metri cubi conven-

    zionali. A tale quantit andrebberoper la verit aggiunte quelle deri-vanti dalleventuale realizzazionedelledilizia sociale opzionale, dalle

    possibili operazioni di dismissione erilocalizzazione dei servizi e dagliinterventi gi in corso. Consideran-do tutto questo, si sarebbero certa-mente largamente superati i centomilioni di metri cubi convenzionali.Questa enorme intensificazione del-la citt sostenuta da un potenzia-mento delle infrastrutture di mobilittotalmente urbano. Le abnormi pre-visioni sembrano rispondere, se co-s si pu dire, a una doppia logica,da un lato alimentare una bolla im-mobiliare gigantesca (che sembranon avere molte altre spiegazioni senon nella dubbia liceit degli inve-stimenti che ne sono allorigine edunque in una qualche funzione diriciclaggio del mercato immobiliare),e dallaltro invece lapertura di una

    guerra senza esclusione di colpicontro lhinterland, destinato a subi-re una concorrenza sempre pi durada parte del capoluogo. Tali abnor-mi previsioni hanno ovviamente an-che una conseguenza e un costo:una buona qualit di vita a Milanosembra diventare sempre pi unoptional dimprobabile realizzazione.La nuova Giunta, come si accen-nato, riprende in mano largomentoriesaminando le osservazioni, primacontro dedotte quasi in blocco e condifetti di procedura. Lo fa secondo

    indirizzi politici e con effetti che pos-sono essere cos riassunti persommissimi capi: cancellazione dialcuni ambiti di trasformazione irrea-listici (come ad esempio quelli con-nessi al trasferimento del Tribunale)e di altri periurbani, per un totale dicirca 0,6 milioni di mq di superficielorda di pavimento; riduzione dellacapacit insediativa degli ambiti ditrasformazione confermati, da circa4 a circa 2,5 milioni di mq di superfi-cie lorda di pavimento; riduzionedellindice unico di edificazione terri-toriale per funzioni private da 0,5 a0,35 mq/mq (comunque incremen-tabile per efficienza energetica diulteriori 0,15 mq/mq); mantenimentodella facolt di utilizzazionedellindice di edificazione per ledi-lizia sociale per altri 0,35 mq/mq,che diviene obbligatorio (sembra dicapire limitatamente alla cessionedei diritti volumetrici) solo per gli in-terventi di maggiore dimensione;E aggiungo la cancellazione del ri-conoscimento automatico alle areenon agricole del parco sud del dirittoedificatorio da trasferire pari a 0,15

    mq/mq, ma rinvio alle future deci-sioni del Parco sud, senza espres-sione di specifici indirizzi, per lapossibile attribuzione dellindice (si

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    deve ritenere quello unico, pari a0,35?) alle eventuali aree da tra-sformare; introduzione di alcunenorme di carattere metrico relativa-mente alla concentrazione dei vo-lumi realizzabili, formulate per inmodo non sempre chiaro; la cancel-lazione della previsione del tunnelstradale Expo Forlanini, ma rinvio

    delle scelte per il trasporto pubblicoal futuro Piano di settore della mobi-lit. Infine lo scheletro nellarmadiodella normativa iper innovativa suiservizi viene affrontato dalla nuovaGiunta con proposte difficilmentedecifrabili.Per quanto si comprende i servizipubblici non genereranno pi auto-maticamente ulteriori diritti edificato-ri per funzioni private, mentre talegentile cortesia viene conservataper i servizi privati, generalizzandoanzi la facolt di esportarli fuori dal-le aree di propriet e di commerciar-li, prima limitata ai soli servizi reli-giosi. Servizi pubblici e privati, se-condo la proposta della Giunta con-tinueranno a non essere computatinella superficie lorda di pavimento,determinando il rischio della crea-zione di superconcentrazioni di su-perattrattori. Sembra che i proprieta-ri dei servizi privati potrebbero per-sino dapprima utilizzare i diritti vo-lumetrici dellindice unico, poi di-smettere la parte a servizi, trasfor-mandola in residenza o terziario einfine ricostruire i servizi in una

    qualsiasi area priva di diritti edifica-tori. Linsieme di questi giochetticomporterebbe una capacit inse-diativa potenziale pari ad almeno 5milioni di metri quadrati di nuovi di-ritti volumetrici generati, ai quali sidovrebbe aggiungere una quantitforse doppia per tenere conto dellepotenzialit legate alleventuale tra-sferimento speculativo dei servizicui si fatto cenno.Aggiungendo a tutto questo i circa 7milioni di metri quadri di SLP degliinterventi gi in corso a Milano, e

    ovviamente le previsioni degli ambitidi trasformazione, si raggiunge allafine una potenzialit edificatoriacomplessiva stimabile in circa 25milioni di metri quadrati di SLP, paria 82 milioni di metri cubi convenzio-nali (e almeno 160 reali), corrispon-dente al fabbisogno di almeno ot-tanta anni, sempre che continuino infuturo i ritmi di sviluppo degli ultimianni, che in realt gi oggi appaionolargamente in crisi.Cos sembrerebbe, allo statodellarte e sulla scorta di una norma-tiva alquanto confusa. Per averequalche maggiore certezza dovre-mo attendere di leggere il testo fina-le e di vedere le tavole, quando esi-steranno.

    Su questi principali aspetti, ma an-che su altri che qui per brevit nonsi richiamano, il gruppo di lavoro ela sezione di Italia Nostra non si so-no limitati a scrivere documenti, mahanno elaborato emendamenti tec-nicamente compiuti, che hannoconsegnato a tutti i consiglieri di-sposti allascolto. Non resta che

    attendere la conclusione dei lavoridel Consiglio per capire se sarannostate accolte modifiche rispetto alleproposte della Giunta: purtroppoper allora sar troppo tardi percambiare qualsiasi cosa per viaamministrativa.Pur nella condizione dincertezza finqui descritta, per possibile formu-lare qualche valutazione di caratteregenerale su tutta la vicenda, soprat-tutto perch sembra utile a rilancia-re una riflessione di carattere sialocale sia nazionale su cosa do-vrebbe significare oggi fare pianifi-cazione territoriale e urbanistica nelcontesto economico, sociale e isti-tuzionale che caratterizza oggi il no-stro paese.

    Quattro nodi irrisolti, e una pro-posta per il futuro - Il primo nodoche esplode quello della scala del-la pianificazione, ancora comunale,mentre manca qualsiasi sistema digoverno delle aree metropolitane,su cui pure si estendono tutte legrandi citt e ormai anche molte diquelle prima considerate medie.

    Ebbene, il cittadino italiano non puessere chiamato a pagare tassesempre pi pesanti per mantenereun sistema amministrativo troppospesso segnato oltre che dalla cor-ruzione da dispersivit e inefficien-za. Mentre gli altri paesi europeistanno facendo continui passi in a-vanti per dare sempre maggioreconsistenza istituzionale alle areemetropolitane esistenti da decenni(ad esempio la Francia, con i Planlocales durbanisme estesi anche a50/70 comuni e ora con la legge na-

    zionale di riforma dellordinamentodelle comunit territoriali n1563/2010 e la Germania con la re-dazione dei Piani regolatori regio-nali sviluppati in diversi Lnder) noisiamo fermi allintenzione di scio-gliere le Province, forse senza sosti-tuirle con nientaltro, con il rischio diaccentuare ancora di pi lattualeframmentazione amministrativa.E per le grandi citt capoluogoconservano il potere di promuoverela formazione di quella che nellanostra legislazione si chiama Cittmetropolitana. Per questo neces-sario chiedere ai sindaci di Milano,di Napoli, di Torino, di Firenze, diBologna (per citare solo alcuni deiprimi della lista, ed anche a quello di

    Roma, nonostante la molto maggio-re estensione del capoluogo), dipromuovere con urgenza questariforma fondamentale e di avviareda subito, con tutti i comuni interes-sati, la pianificazione concordataalmeno dei grandi servizi, dellegrandi infrastrutture, dei principalipoli insediativi e dei fondamentali

    corridoi verdi e azzurri. Milano nonsembra abbia finora fatto passi de-cisivi in questa direzione: anzi, hapersino iniziato ad accapigliarsi conSesto San Giovanni, nonostantelomogeneit del colore politico, perstabilire chi debba aggiudicarsi ilnuovo polo sanitario, fino al puntoda chiedere al Presidente della Re-gione Formigoni di fare da giudice digara: ... in materia sanitaria ! In unodegli emendamenti proposti ai con-siglieri abbiamo chiesto di stabilirein modo impegnativo nel Documen-to di piano che il nuovo Piano dellamobilit venga sviluppato con glialtri comuni, a scala metropolitana:ancora non sappiamo se la propo-sta, che a noi sembra di minimobuon senso, verr accolta.Un secondo nodo, presente un podovunque nelle citt italiane, cer-tamente ancora costituito dal temadel riuso dellinutilizzato e del di-smesso.Il piano di Milano, sia nelladottatoche nelle nuove proposte di contro-deduzioni, ignora completamente iltema dellinutilizzato, nel senso che,

    non contenendo nemmeno una ri-cognizione grossolana della naturadel patrimonio esistente vuoto, diquello in costruzione ma invendutoe di quello gi previsto dalla pianifi-cazione attuativa o autorizzato, maancora non realizzato, tantomenocontiene una qualche terapia perquesta pur evidente patologia. Einvece proprio da qui bisognerebbepartire, a causa della notoria grandeestensione del fenomeno, per co-struire, nellattuale contesto econo-mico, un piano urbanistico realistico

    e dotato di minima intelligenza. Nonha, infatti, alcun senso buttare a ca-so nuova benzina di diritti volumetri-ci sul fuoco che gi sta divampandopericolosamente. Anzi, forse, la viagiusta proprio lopposto: raffredda-re la temperatura, cio agevolarecon politiche diversificate lo smalti-mento dellinutilizzato e solo dopomettere in campo nuove opportuni-t, per evitare che nella citt e nellostesso mondo della finanza si vada-no moltiplicando le sacche di ma-lessere e di sofferenza, accanto aquelle di euforia pi o meno illuso-ria.Di traverso a questo discorso ragio-nevole si mette lo stato, che ci ap-pare ancora una volta assetato pi

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    che preoccupato del bene dei citta-dini. Che siano scali ferroviari o ca-serme, manifatture tabacchi o car-ceri, dismessi o dismettendi, lurba-nistica circondata dalle aspirazionicessionarie o cartolarizzatrici di sta-to e aziende pubbliche ed ex pub-bliche.I comuni, invogliati da quote di par-

    tecipazione agli utili o da sperati in-troiti in oneri spesso si prestano algioco. Non dovrebbe essere cos:quelle sono gi aree pubbliche, icittadini le hanno gi pagate unavolta: non devono essere costretti aricomprarsele concedendo diritti vo-lumetrici. E questo per una ragionemolto precisa: si tratta di aree spes-so dotate di un valore insostituibile.A Milano la conformazione lineare etalvolta radiale degli scali ferroviari lirende occasioni uniche e ultime perrealizzare importanti e profonde pe-netrazioni di verde dentro un tessu-to cementificato di compattezza al-trimenti disperante. Scalo Farini:Central Park di Milano uno sloganperfetto e del tutto corretto, anchese ripreso oggi dal responsabile delpiano della vecchia giunta. La ridu-zione degli indici prevista dalla nuo-va Giunta insufficiente per con-sentire il raggiungimento di questiobbiettivi: per questo ai consiglieridisposti allascolto abbiamo propo-sto emendamenti f inalizzati a ridurrein misura ben maggiore le volume-trie o a rinviare le scelte a dopo una

    dimostrazione progettuale dellaconsistenza delle penetrazioni verdiche verrebbero realizzate. Una mo-stra allestita al Politecnico nel mesedi aprile ha largamente illustrato lepotenzialit di rigenerazione urbani-stica legate a queste aree, se usatediversamente e pi moderatamente.

    Questo tema presente in quasitutte le citt italiane grandi e medie,e lappello che ci sentiamo di fare, apartire dallesperienza milanese, quello di batterci tutti insieme per-ch le propriet pubbliche, al di ldella specifico soggetto proprietariosiano usate per rialzare la qualiturbana e non per alimentare la bolla

    immobiliare nellillusione di portaresoldi nelle casse di stato, aziende ecomuni. una vertenza nazionaleche forse Italia Nostra pu tentare diaprireUn terzo tema brilla nella vicendamilanese, questa volta per la suaassenza. il tema della cura delletante disfunzioni della citt sotto ilprofilo della qualit urbana, del se-mi-abbandono di molti quartieri diedilizia popolare, della scarsit,dellinefficienza e del costo di nume-rosi servizi, della congestione edellinvasivit, talvolta esasperante,del traffico e della sosta, non solopresso i luoghi di destinazione, mapersino presso quelli di residenza. Aessi si aggiunge il tema della scarsi-t di case effettivamente disponibiliper gli strati sociali deboli, toccatoma certo non risolto dal piano. Sottoil nome pomposo del Piano dei ser-vizi quel che manca completamentea Milano proprio qualsiasi indica-zione di progetto per rimuovere tuttequelle cause che provocano un dif-fuso disagio rispetto al funziona-mento della citt. Anche questo

    sicuramente un tema comune nellecitt italiane e soprattutto nellegrandi citt, in probabile aggrava-mento a causa della contrazionedelle risorse pubbliche disponibili eche potrebbe anchesso rientrare inun piano di azione dellassociazionea livello nazionale, accanto alle atti-

    vit tradizionalmente svolte in difesadel patrimonio paesaggistico e diquello storico - culturale.Anche un quarto tema brilla per lasua totale assenza nella vicenda delPGT milanese: quello del rilanciodella competitivit del sistema pro-duttivo, della ricerca, dellinnova-zione e delle infrastrutture rare: del

    tutto dimenticato perch qualchemaestro, davvero cattivo, ha teoriz-zato con successo che lurbanisticadeve avere per oggetto soltanto laregolazione, o il traffico che dir sivoglia, dei diritti edificatori. Ed an-che in questo caso avviene a Milanoil contrario di quello che succede neipaesi di pi alta tradizione nella ge-stione territoriale, che da semprehanno fatto del piano innanzitutto lostrumento per la cura e la crescitadelle opportunit e delle vocazionicaratteristiche di ogni territorio. -Per concludere sulla vicenda mila-nese possiamo forse sentirci di a-vanzare una proposta al Sindaco.Che la storia urbanistica della nuovaamministrazione non si chiuda conla faticosa approvazione del PianoMoratti rappezzato ma che si aprasubito la stagione del Piano Pisapia.Pensato ex novo, a partire dalle i-dee della nuova amministrazione econ respiro metropolitano. Conlobbiettivo di farlo nascere primadella fine del mandato.

    Link:http://www.italianostra.org/wp-content/uploads/Urbanistica-Milano-Italia.pdf

    IL NUOVO PGT: LUCI E OMBREGregorio Praderio

    Con le ultime votazioni del Consiglio

    Comunale sembra che - a meno diricorsi o di intoppi dellultima ora - sistia arrivando alla conclusione dellalunga vicenda del PGT. Come notoda alcune anticipazioni, lAmmini-strazione Pisapia ha apportato al-cune modifiche al Piano a suo tem-po redatto e approvato dalla prece-dente Amministrazione; modificheche hanno in parte corretto alcunidei pi vistosi limiti del precedentePiano (edificabilit complessiva, do-tazioni minime di standard, discipli-na del Parco Sud e altro), secondo

    una logica che in qualche modosembra volta per pi a una ridu-zione del danno piuttosto che a un

    esteso e pi completo aggiustamen-

    to del Piano.Diversi ragionevoli motivi possonoessere allorigine di questa scelta: ilrischio di ricorsi, il possibile ostru-zionismo da parte della minoranza,il poco tempo a disposizione, forsela volont di non interrompere pi ditanto processi gi avviati sulla basedelle aspettative che si erano forma-te in base alle precedenti disposi-zioni; da pi parti poi si ritiene cheulteriori modifiche possano essereapportate in fase attuativa o consuccessivi provvedimenti. Sono tut-

    te ipotesi per, perch purtroppo lacomunicazione in merito da partedellAmministrazione stata abba-stanza avara: lapparato motivazio-

    nale quello che , e anche senza

    arrivare alla mitica partecipazione,anche il pi semplice confronto odibattito o la ancora pi banalemessa a disposizione del provvedi-mento non stata quella che ci siaspettava per unoccasione comequesta.I problemi ancora presenti nel PGT(a meno di smentite quando verrfinalmente resa pubblica tutta la do-cumentazione) sembrano per im-portanti e di complessa soluzione, sicitano i principali: i criteri per il tra-sferimento dei diritti volumetrici (di

    cui peraltro ha scritto in modo piesteso e competente Maria CristinaGibelli nellultimo numero di Arcipe-lagoMilano) o per il convenziona-

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    mento dei servizi; gli aspetti di bi-lancio economico fra interventi pri-vati e infrastrutture pubbliche;lindice unico sulle aree inedificatee dismesse (con il rischio di convo-gliare sulle prime la poca domandaedilizia attuale) e altri ancora, comele forme di riutilizzo dei servizi esi-stenti ad altre funzioni, la localizza-

    zione dei grandi servizi, il raccordocon il tema della mobilit.

    Colpiscono per delle nuove con-trodeduzioni anche aspetti pi mar-ginali e di dettaglio, come i numero-si errori nella sintesi delle osserva-zioni, le risposte contraddittorie aosservazioni simili, o il mancato ac-coglimento di osservazioni semplicin di destra n di sinistra come lesegnalazioni di beni storici periferici

    non tutelati; piccole cose certo, masintomo comunque di un lavoro af-frettato e forse poco attento.

    Appare difficile (e magari anche po-co opportuno, visto i gradi di incer-tezza che pu generare) che similitemi vengano risolti in fase attuati-va, mentre per gli eventuali provve-dimenti correttivi ci vorr tempo.Con questo PGT avremo dunque ache fare probabilmente per moltianni. Sperando di sbagliare, sembra

    che si sia persa un pounoccasione.

    PD: FOLLOW THE MONEYGiulia Mattace Raso

    Il militante ha questo strano vissuto:fiumi di denaro a cascata nelle cas-se nazionali del partito, arsura esiccit in quelle dei circoli. I recentiscandali sulla gestione dei rimborsielettorali e la proposta di legge per

    la riforma del finanziamento ai partitisono argomenti persuasivi per an-dare ad ascoltare i tesorieri del Pd ,allEnergolab laltra sera a Milano.Le proposte del Pd per la riforma dilegge per il finanziamento ai partitiinsistono sulla trasparenza. La ri-forma, sinteticamente, prevede didimezzare lammontare delle risor-se, una nuova modalit di assegna-zione, su modello tedesco, con unaproporzione alla percentuale di au-tofinanziamento di ciascun partito,maggiori controlli, certificazione del

    bilancio obbligatoria, un nuovo or-gano di controllo slegato dalla politi-ca, soglia di 5.000 euro per le dona-zioni anonime, bilanci in internet,decurtazione fino allazzeramentodel finanziamento per chi sgarra.Con le parole di Antonio Misiani,tesoriere nazionale Pd: a oggi il fi-nanziamento copre il 90% delle en-trate nazionali, il 50% di quelle re-gionali e tra il 10 e il 20% di quelleprovinciali: cambiare vuol dire met-tere tutto in discussione. Significatornare a chiedere soldi agli italiani,e questo presuppone una grandesfida di rinnovamento, perch ci de-vi mettere la faccia e devi avereproposte e persone credibili per far-lo.Eppure il Pd pu rivendicare la suadiversit: lunico partito che dal2008 ha un bilancio certificato daPricewaterhouse Coopers, pubblica-to on line. Ha adottato un modellofederalista di ripartizione delle risor-se: le entrate regionali, il tessera-mento e il rimborso elettorale regio-nale, restano nei territori. Come ciha raccontato Titta Magnoli, tesorie-

    re regionale lombardo, la primavolta che arrivano sul territorio manon dove si diceva si volesse arriva-

    re, cio sui circoli, in parte perchdrenati a livello superiore per deiservizi collettivi. Per avere una ideadei numeri non basta altro che leg-gersi i bilanci e le relazioni introdut-tive: molto istruttivi, entrambi, na-

    zionaleeregionale.Per conoscere a fondo lultimo rivo-lo, quello provinciale, dobbiamo a-spettare ancora qualche giorno,come ha assicurato Roberto Cornel-li: il bilancio del Pd Area Metropoli-tana sar on line a fine maggio, in-clusa la white list degli eletti a tutti ilivelli che contribuiscono al sosten-tamento del partito.Ma per il Pd il nodo cruciale restaquello delleredit: nella nuova casahanno trovato posto gli ideali comu-ni, il personale di Ds e Margherita,

    ma non i cespiti. Il patrimonio im-mobiliare dei Ds stato allocatoprovincia per provincia in una seriedi fondazioni per due ragioni: dauna parte una sorta di retropensie-ro, una mancanza di fiducia reci-proca, una messa in sicurezza delpatrimonio, dallaltra la volont poli-tica e la spinta dei nuovi gruppi diri-genti del Pd per una forte disconti-nuit con le gestioni dei partiti fon-datori.Si partiva da una situazione patri-moniale squilibrata. La Margheritavantava pochi costi di struttura emolti rimborsi elettorali (evidenti atutti dopo il caso Lusi, ma gi pub-blicati sulla Gazzetta Ufficiale), de-bole localmente. I Ds forti patrimo-nialmente a livello locale, ma con ungrande debito a livello nazionale,(debiti in grossa parte derivanti dalUnit), ripianato in parte con i rim-borsi elettorali e con le vendite delpatrimonio immobiliare.Concordo con Misiani: il giudizio articolato per concause articolate,ma oggi nel 2012 il tema va discus-so, non regge pi. Sia Margherita

    che Ds vanno a chiudere, tenuti invita anche per incassare i rimborsidelle tornate elettorali precedenti,

    sia a livello nazionale che regionale:si pone il problema di cosa fare del-le fondazioni patrimoniali.Il Pd ha scelto di non avere patri-monio, e di non avere debiti ma difatto le fondazioni sono gestite da

    iscritti del Pd, una miscela quanto-meno ambigua perch riguarda al-cuni e non tutti.Il militante di cui sopra vive sullapropria pelle il paradosso di doverpagare una casa che ha gi com-prato: chi, prima nel Pci Pds Dspoi Pd, si autofinanziato per com-prare la sezione, ora si trova a do-ver pagare laffitto per la sede delsuo circolo alla fondazione provin-ciale. E questi sono gli stessi circolia cui chiederemo di essere il pernodel nuovo sistema di finanziamento

    dei partiti?Le fondazioni nascono con lo scopostatutario di intraprendere iniziativevolte a promuovere il pensiero, lacultura e lazione politica della sini-stra italiana ed europea, cui vengo-no conferiti i patrimoni. In Lombar-dia sono a Bergamo laGritti Minetti,a Como Fondazione Avvenire, aCremona Cremona Democratica, aMilano la Fondazione Quercioli, aLecco laFondazione Ciceri Losi, aLodi la Fondazione Antonio Taranel-li, a Varese Citt Futura.A Bergamo la Gritti Minetti pubblicale propriet immobiliari e i locatari, ilbilancio online. Non cos per tutte.Ecco ci piacerebbe saperne un podi pi, giusto per sapere di cosastiamo parlando e capire megliocome vengono impiegati i fondi.Non vogliamo vivere limbarazzo didover immaginare degli ex Ds so-stenuti dalle fondazioni e degli exMargherita sovvenzionati dai rim-borsi elettorali. Imbarazzo che rima-ne insoluto visto che il tesoriere delPd non pu formalmente risponder-ne, perch nel vero senso della pa-

    rola, non di sua competenza.Cosa facciamo?

    http://www.partitodemocratico.it/speciale/trasparenza/bilancio.htmhttp://www.partitodemocratico.it/speciale/trasparenza/bilancio.htmhttp://www.partitodemocratico.it/speciale/trasparenza/bilancio.htmhttp://www.pdlombardia.it/territorio/2012/04/13/bilancio-consuntivo-2010-e-relazione/http://www.pdlombardia.it/territorio/2012/04/13/bilancio-consuntivo-2010-e-relazione/http://www.pdlombardia.it/territorio/2012/04/13/bilancio-consuntivo-2010-e-relazione/http://www.fondazionegrittiminetti.it/fgm/http://www.fondazionegrittiminetti.it/fgm/http://www.fondazionegrittiminetti.it/fgm/http://www.fondazioneavvenire.it/http://www.fondazioneavvenire.it/http://fondazioneelioquercioli.net/html/http://fondazioneelioquercioli.net/html/http://www.fondazionecicerilosi.it/index.htmlhttp://www.fondazionecicerilosi.it/index.htmlhttp://www.fondazionecicerilosi.it/index.htmlhttp://www.fondazionecicerilosi.it/index.htmlhttp://www.fondazionecicerilosi.it/index.htmlhttp://www.fondazionecicerilosi.it/index.htmlhttp://fondazioneelioquercioli.net/html/http://www.fondazioneavvenire.it/http://www.fondazionegrittiminetti.it/fgm/http://www.pdlombardia.it/territorio/2012/04/13/bilancio-consuntivo-2010-e-relazione/http://www.partitodemocratico.it/speciale/trasparenza/bilancio.htmhttp://www.partitodemocratico.it/speciale/trasparenza/bilancio.htm
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    Scrive Ada Lucia De Cesaris ad ArcipelagoMilano

    Caro Direttore, il contributo dellaProfessoressa Gibelli richiede-rebbe un dibattito approfondito, in

    parte gi avviato da questa am-ministrazione e sul quale contia-mo di ritornare presto. Mi premeper intanto fare due osservazio-ni: una di carattere formale, masostanziale, unaltra pi di merito.Sulla forma, nel contributo ci sirivolge al Sindaco e non alla sot-toscritta, assessore che il Sindacoha nominato con il compito di oc-cuparsi e preoccuparsi dellurba-nistica, e con la quale discute econdivide le scelte. spiacevolenotare come si ripeta troppo fa-

    cilmente la delegittimazione dellecompetenze e come ci capititroppo spesso quando, guardacaso, una competenza di rilievo

    stata assegnata a una donna. Fariflettere anche il metodo dell'ap-pello "ultimativo", quasi che l'a-

    scolto non fosse per questa am-ministrazione un fatto ordinario,certamente faticoso ma quotidia-no e irrinunciabile, e soprattuttoaperto a tutti.Nel merito. Proprio nel senso diquanto ha pi volte dichiarato ilprofessor Roccella, che conoscoe stimo, la perequazione del PGTche stiamo per approvare, non pi una perequazione sconfinata.Lo strumento, infatti, stato man-tenuto nella forma (altrimenti sisarebbe dovuto fare un altro pia-

    no, ma come ormai noto, non stata questa la scelta dellammini-trazione), non per nella sostan-za. Oggi la perequazione depo-

    tenziata nei suoi effetti pi critici ecriticabili: ricordo che sono stateeliminate le volumetrie "volanti"

    dal Parco Sud ed stato impeditoche gli "atterraggi" avvenisseroovunque e senza limiti. statainvece mantenuta laddove, a no-stro avviso, era giusto confermar-la, come ad esempio nelle perti-nenze indirette (aree che in que-sto modo vengono acquisite allapropriet pubblica).Ci in quanto, contrariamente aquanto si afferma un poco apodit-ticamente, ci sono altre esperien-ze, anche in citt italiane, che ciconvincono che questo strumen-

    to, se utilizzato in modo attento eben regolato, pu essere essen-ziale per perseguire finalit pub-bliche e di equit.

    Replica Maria Cristina Gibelli

    Come ho evidenziato nella conclu-sione della seconda parte del mioarticolo pubblicato su ArcipelagoMi-lano, il mio rivolgermi al SindacoPisapia giustificato dalle perplessi-t sulla strategia e lo stile generaleseguito nella revisione del PGT (ivi

    compresa, aggiungo, lapparenteriduzione degli spazi di migliora-mento della Bozza operabili dalConsiglio Comunale); e non certo

    da una volont di delegittimazione,tantomeno effettuata da donna adonna, dellAssessore allUrbani-stica che ha un compito molto ar-duo.Quanto alla perequazione sconfina-ta: ritengo che il fatto di averla de-

    potenziata non cambi una indica-zione normativa che, per quanto sipu comprendere, rimane e che infuturo potrebbe consentire, con di-

    verse maggioranze o in altre citt,pratiche urbanistiche inaccettabili.Quanto alle riflessioni di AlbertoRoccella, il suo contributo molto cri-tico su PGT, perequazione e borsadei diritti edificatori stato pubbli-cato su ArcipelagoMilano del 5 apri-

    le scorso.

    Scrive Daniela Brambilla ad Angelo Gaccione

    La pericolosit dell'amianto quandose ne respirano le fibre (esempio,durante il processo di fabbricazionedi Eternit) certa; ma la pericolositdella sua eventuale presenza nelle

    acque e conseguente ingestionefortunatamente non certa n pro-vata, malgrado studi e test. Alcuneaffermazioni dell'articolo del signorGaccione sono eccessive: non par-

    liamo di cianuro, ma di un minerale,presente in natura anche indipen-dentemente dall'azione dell'uomo.

    RUBRICHE

    MUSICAquesta rubrica curata da Palo Viola

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    Mahler e Beethoven

    Che strana idea quella di accostarea una delle opere meno riuscite diBeethoven il capolavoro di Mahler,

    quasi come per dimostrare che nonsi pu fare di tutterbe un fascio, chenon basta chiamarsi Beethoven oessere vissuti a cavallo fra il sette e

    lottocento per essere protagonistiassoluti di ogni concerto, e che igrandi geni della musica si trovano

    anche altrove. Ma trattandosi delTriplo concerto per violino, violon-cello, pianoforte e orchestra opera56 di Beethoven e del Canto della

    Terra di Mahler (Das Lied von derErde per tenore, contralto e orche-stra) sembra anche che si volesse

    indagare su forme non canoniche,sperimentali, sulla ricerca di struttu-re musicali alternative a quelle - lar-gamente sperimentate - della Sinfo-

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  • 7/30/2019 19_2012

    15/22

    www.arcipelagomilano.org

    n.19 IV 23 maggio 2012 15

    nia e del Concerto per strumentosolista e orchestra.Il concerto di cui parliamo, che haavuto grande successo di pubblico,si tenuto la scorsa settimanaallAuditorium, con lOrchestra Verdidiretta da Zhang Xian; i solisti eranoLuca Santaniello al violino, MarioShirai Grigolato al violoncello e Si-

    mone Pedroni al pianoforte, le vocimahleriane erano della contralto te-desca Carina Vinke e del tenore in-glese John Daszak. Tutti molto bravie immedesimati nelle loro parti, madobbiamo dire che eccellevano inmodo particolare il violoncello diGrigolato e la voce della Vinke, coscome la Xian ci sembrata pi sulpezzo del solito. Dunque un granbel concerto.Due parole di pi a commento diquesti testi cos particolari.Il Triplo di Beethoven semprestato molto discusso, tanto che si creduto essere stato scritto e pro-babilmente vero solo per com-piacere un allievo pi illustre chebravo, quellarciduca Rodolfo, fratel-lo dellImperatore, che infatti allaprima svoltasi in casa del principeLobkowitz sedeva al pianoforte condue bravi professionisti come AntonKraft e August Seidler; nella stessasera fu eseguito per la prima voltaanche il terzo Concerto opera 37per pianoforte e orchestra ma - eccolindizio! - suonato da Ries e non daRodolfo (mentre Beethoven dirige-

    va). Di questo triplo concerto Gio-vanni Carli Bellola dice, nella suabiografia di Beethoven, trattarsi diuna buccia di banana del generebrillante mentre Amedeo Poggi edEdgar Vallora in Signori, il catalogo questo, lo considerano una pa-gina distante anni luce dallorganicoequilibrio delle Sinfonie concertantidi Mozart.A dire i l vero a noi sembra un con-certo che doveva nascere per vio-loncello (lo strumento sicuramentedominante) e orchestra e che sta-

    to arrangiato da Beethoven con vio-lino e pianoforte per far suonare ilsuo munifico allievo e magari per

    non mettere in c