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Quaderni del Laboratorio Montessori 2015/1 – La mediazione pedagogica. Studi e ricerche ISBN 9788899209001 EDUCAZIONE EVOLUTIVA di Salvatore Spataro

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Quaderni del Laboratorio Montessori2015/1 – La mediazione pedagogica. Studi e ricercheISBN 9788899209001

EDUCAZIONE EVOLUTIVAdi Salvatore Spataro

Indice

Parte Prima – Educazione e sviluppo sociale................................1Capitolo primo – Esperienza, conoscenza, evoluzione................31.1. Le tante facce della conoscenza................................................41.2. Filosofia e verità.........................................................................81.3. Scienza e certezza.....................................................................101.4. Spiritualità e religioni..............................................................13

1.4.1. il valore della spiritualità...............................................101.5. Unità del sapere........................................................................13

Capitolo secondo – L’Era globale .................................................152.1. L’educazione nella società.......................................................152.2. Dalla Società moderna all’Era globale...................................16

2.2.1. Criticità sociali.................................................................172.3. Verso un umanesimo cosmopolita.........................................202.4. L’uomo globale.........................................................................20

Capitolo terzo – Educazione evolutiva.........................................293.1. L’educazione contemporanea.................................................29

3.1.1. Limiti e criticità dell’educazione contemporanea.......313.2. Linee guida per una educazione evolutiva...........................29

3.2.1. Lo sviluppo integrale.....................................................303.2.2. Valori per l’evoluzione...................................................32

3.3. Il rapporto educativo...............................................................30

Parte Seconda - Le buone pratiche................................................79Capitolo primo – Socrate, la ricerca della Verità.........................811.1. Vita e morte di Socrate.............................................................81

1.1.1. Il personaggio....................................................................871.2. L’insegnamento........................................................................82

1.2.1. Verità, virtù e conoscenza..............................................871.2.2. So di non sapere..............................................................871.2.3. Nessuna dottrina, nessun maestro...............................87

1.3. Il metodo: dialogo e maieutica...............................................86

1.4. Socrate, un maestro zen...........................................................86

Capitolo secondo – Auroville, la gioia di apprendere................812.1. Aurobindo.................................................................................812.2. Auroville, la città dell’Utopia.................................................822.3. L’educazione ad Auroville......................................................86

2.3.1. Il Free Progress e la Last School........................................87

Capitolo terzo – Brockwood - Educare all’arte del vivere.........913.1. Krishnamurti.............................................................................91

3.1.1. Il messaggio.....................................................................923.1.2. L’importanza dell’educazione......................................93

3.2. Brockwood Park School...........................................................973.2.1. Una comunità che impara..............................................983.2.2. Curriculum, attività e strumenti didattici....................99

Parte prima

EDUCAZIONE E SVILUPPO SOCIALE

Capitolo primoEsperienza, conoscenza, evoluzione

O uomini, quegli tra voi è sapientissimo il quale, come Socrate, abbia riconosciuto che in verità la sua sapienza non ha nessun valore.

Platone

1.1. Le tante facce della conoscenza

Da sempre l’uomo ha cercato di comprendere la realtà circostante e quella interiore, per poter adottare i comportamenti più vantaggiosi per la sua esistenza.

La sistematizzazione delle conoscenze che derivano dall’esperienza ha contribuito ad adottare, di volta in volta, il mito, la religione, la filosofia e la scienza quali rappresentazioni e interpretazioni del mondo.

Non solo, però, nessuna tra le tante facce della conoscenza è riuscita finora a costituirsi come unico, certo riferimento in grado di descrivere la verità della vita, ma da più parti si sostiene oggi che non è possibile individuare valori oggettivi validi per tutti gli uomini e si dubita persino che il pensiero sia uno strumento in grado di conoscere l'essere; l'idea stessa di verità e di realtà sono ormai sottoposte a forti critiche.

Dubbi di questo tipo, già presenti nella storia del pensiero antico a co-minciare dai sofisti e da Socrate, trovano in tempi recenti espressione nelle teorie di numerosi pensatori.

N. Goodman, filosofo americano, ha sostenuto che qualsiasi cosa entri nel nostro campo di esperienza è già organizzata all'interno di un deter-minato "schema concettuale" e che, di conseguenza non si può cogliere un mondo reale in sé; inoltre, essendoci tanti modi di costruire la realtà, si danno una pluralità di realtà tante quante sono le nostre versioni1.

Per G. Bateson, antropologo, sociologo e psicologo britannico, la de-scrizione dei fenomeni è da tenere ben distinta dai fenomeni stessi (la mappa non è il territorio) ed esistono versioni molteplici del mondo2..

1 Goodman N., Vedere e costruire il mondo (1978, Ways of worldmaking), tr. Carlo Marletti, Bari: Laterza, 2008.

2 Tra le sue opere più influenti Verso un’ecologia della mente e Mente e natura.

Secondo lo psicologo statunitense J. Bruner vanno considerate sia la limitazione inerente alla stessa natura del funzionamento della mente sia il fatto che la cultura plasma la mente e cioè ci fornisce l’insieme di stru-menti con i quali costruiamo la nostra concezione del mondo, di noi stes-si e delle nostre capacità3.

Per il filosofo francese C. Castoriadis non esistono luoghi o punti di vista esterni alla storia e alla società; ogni forma del pensiero è creazione di immagini a partire dalle quali si può parlare di qualcosa. La società fornisce all’individuo il suo senso di essere, istituisce il mondo di signifi-cati4.

Secondo G. Vattimo, filosofo contemporaneo, il tramonto della verità è la rappresentazione più fedele della cultura contemporanea, non solo per la conoscenza filosofica, religiosa e politica, ma anche e soprattutto per l’esperienza quotidiana di ogni uomo5.

Anche la scienza contemporanea è arrivata a criticare le nozioni di oggetto, spazio e tempo; le neuroscienze identificano il cervello come creatore di ciò che il senso comune continua a chiamare realtà. Secondo lo storico della scienza E. Bellone c’è qualcosa fuori dall’uomo, ma la sua struttura è frutto della costruzione di reti neuronali6.

Tali acquisizioni non sono però ancora diffuse nella mentalità comu-ne e gli uomini sembrano ancora avere necessità di essere supportati da un riferimento concettuale che esprima la verità dell’esistenza: ogni indi-viduo, a suo modo, più o meno consapevolmente, adotta una sua visio-ne, una “filosofia di vita” che tende a dirigerne l’azione quotidiana dan-do un senso alla sua esistenza, tramite opzioni operative, attività, che de-rivano dall’ordine assegnato ai valori.

Le persone costruiscono collettivamente concetti che rendono oggettiva la loro comprensione delle cose (oggetti, animali e uomini). Questi concetti culturali mettono in grado le persone di comunicare in merito alle cose.

I concetti culturali inoltre organizzano il modo in cui le persone percepiscono, immaginano, pensano, ricordano e le sensazioni che hanno delle cose. In altri

3 Cfr. Bruner J., La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli, 1997.4 Cfr. CASTORIADIS C., L’istituzione immaginaria della società, Torino, Bollati – Borin-

ghieri, , 1975.5 Cfr. VATTIMO G., Addio alla verità, Roma, Meltemi, 20096 Cfr. BELLONE E., Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà, Torino, Codice

Edizioni, 2011.

termini, i concetti costruiti collettivamente compongono la cultura, e i simboli culturali organizzano i fenomeni psicologici7.

Seppure le conoscenze finora acquisite costituiscono la guida per il cammino umano, l’attuale frammentazione e molteplicità delle discipli-ne, la vastità dei contenuti e la specializzazione dei linguaggi dei singoli saperi rendono, oggi, faticose le ricerche di reciproci legami ed il perico-lo di una nuova Babele.

Una loro integrazione deve quindi accompagnare gli uomini nel su-perare le difficoltà e avanzare verso un mondo in cui questi realizzino una consapevolezza sempre più piena di una dimensione collettiva della natura, dell’umanità e della sua cultura, le cui acquisizioni, interagendo, possono utilmente supportare il progredire umano, così come ipotizzato da W. Heisenberg8.

… è probabilmente vero in linea di massima che della storia del pensiero umano gli sviluppi più fruttuosi si verificano spesso ai punti di interferenza tra due diverse linee di pensiero. Queste linee possono avere le loro radici in parti assolutamente diverse della cultura umana, in tempi diversi e in ambienti culturali diversi o di diverse tradizioni religiose; perciò, se esse realmente si incontrano, cioè, se vengono a trovarsi in rapporti sufficientemente stretti da dare origine a una effettiva interazione, si può allora sperare che possano seguirne nuovi e interessanti sviluppi.

In questa dimensione totale va realizzato quanto la conoscenza non ha confini né paternità: è patrimonio dell’umanità intera. A chiunque lo desideri la vita mette a disposizione un’unica lezione, scritta con parole di differenti alfabeti sui diversi capitoli dello stesso libro.

Come ormai gli uomini si muovono sulla terra superando frontiere convenzionali, ancor più facilmente il sapere può e deve estendersi, inte-grarsi e di conseguenza arricchirsi.

In un percorso privo di pregiudizi, insomma, l’uomo non deve temere di prendere spunto da tutte le possibili esperienze umane, qualunque sia il loro approccio alla conoscenza o la cultura da cui derivano; purché le si sappia ricondurre ad uno sviluppo unitario,

7 RATNER C., Cultural psychology and qualitative methodology, New York- London, Plenum Press, 1997, p. 26, da una traduzione di V. Marzi, utilizzata nel corso di Me -todologie qualitative di ricerca, nell’anno accademico 2008-2009.

8 citato in CAPRA F., Il tao della fisica, Milano, Adelphi, 1982, p. 9.

sapendo, al tempo stesso, definire caratteristiche e funzioni dei singoli saperi.

Dunque, se il mito sembra ormai aver perso la sua funzione interpretativa della realtà, filosofia, scienza e spiritualità possono ancora offrire visioni che aiutano l’uomo nel suo cammino.

1.2. Filosofia e verità

Un aspetto centrale della nascita della filosofiaDal bisogno umano di una visione dell’universo che potesse aiutare

ad affrontare eventi e situazioni terribili come quelle legate alla paura, al dolore e alla morte, in un momento generalmente riferito ai presocratici nell’antica Grecia, nasce la filosofia quale ricerca di verità; essa ha il compito di fornire una spiegazione dei fenomeni (il Tutto ed il nulla, il principio di tutte le cose, l’essere ed il non essere) basata su una verità incontrovertibile, espressa razionalmente, comprensibile e criticabile da tutti.

Nel procedere della storia, però, il succedersi delle numerose teorie mostrano quanto sia difficile mantenere un riferimento concettuale costante, una “filosofia”, che ben si adatti al mutare delle situazioni.

Ciò che l’uomo chiama realtà ha dimostrato finora di potere offrire una quantità di significati potenzialmente infiniti, tanto più numerosi quanto più si moltiplicano le conoscenze; qualsiasi descrizione l’uomo voglia darne, prima o poi, risulta inadeguata.

È dunque svanita l'idea della filosofia come sapere in grado di fornire l'idea di una conoscenza totale del mondo basata su fondamenti inconfutabili e persino la fiducia nella capacità di pervenire ad una verità certa, poiché l'evidenza stessa può essere considerata non come segno della verità, ma prodotta da abitudini e convenzioni sociali.

La complessità, la specializzazione e la numerosità dei saperi comportano difficoltà sempre crescenti di ridurre tutto ad un' unica matrice.

Le risposte ad ogni quesito contengono anche affermazioni tra loro del tutto contraddittorie, dovute ai differenti punti di vista, che legano ogni spiegazione ad una particolare prospettiva, ed ai livelli di esperienza e di comprensione personale, nonché alla situazione cui si riferiscono.

Sembra dunque terminato senza successo il tentativo di trovare una verità comprensibile e dimostrabile a tutti attraverso la ragione e tramite la ricerca di un principio comune a tutte le cose.

Chi perviene a questa consapevolezza può ipotizzare non solo di “non sapere”, ma anche di “non poter sapere”, una volta per tutte, una verità assoluta ed immutabile.

L’incertezza e la transitorietà di qualsiasi conoscenza, che rendono potenzialmente insicuro, nel tempo, qualsiasi paradigma, non è il solo problema che si presenta nel cercare di definire una visione generale del-la conoscenza. Di ostacolo a tale ricerca è anche il timore di una posizio-ne imperialistica che potrebbe assumere una qualsiasi fonte di conoscen-za, una dottrina o disciplina, parte di un tutto come le altre, nei confronti delle altre fonti di conoscenza, qualora essa gestisca una visione generale del sapere.

Pur condividendo, però, l’idea che una filosofia non possa organizzare con certezza il sapere umano e senza rinunciare allo sviluppo di nuove conoscenze e al contributo che queste possono apportare alla soluzione dei problemi che inevitabilmente scaturiscono dall’incessante movimento della vita, si può pur sempre esplorare l’ipotesi di adottare un modello che affronti e superi i problemi sopra esposti,

un punto di vista che è parte in un tutto e che, dichiarando con chiarezza la pro-spettiva dalla quale si muove, possa utilmente essere usato per fornire una vi-sione di vita aderente alle conoscenze finora raggiunte e utilmente impiegato per supportare un’ulteriore evoluzione dell’esperienza umana9.

Partendo da tali presupposti, può essere assunto un modello filosofi-co-antropologico utile per la sua funzione strumentale, cioè, usando con-cetto e termini deweyani, atto «a rendere possibile il prosieguo favore-vole dell’azione».

Esso dovrebbe accettare come ricchezza l’esistenza della diversità culturale e valoriale e una pari dignità degli esseri e delle conoscenze, mostrarne le logiche interne, definendone al tempo stesso i contenuti, la funzione e i reciproci rapporti.

9 Da una conversazione con la prof.ssa PAOLA TRABALZINI, docente di Aspetti di Sto-ria dell’educazione del Dipartimento di Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, fatta in data 28 maggio 2007.

Un tale modello dovrebbe quindi prendere in considerazione i seguenti aspetti:

1. l’impossibilità per l’uomo, per quanto fino ad oggi conosciuto, di pervenire ad una visione della vita dimostrabile con certezza assoluta e valida da ogni punto di vista;

2. l’opportunità di un riferimento generale comune, che sia di riferimento alle attività operative;

3. l’esistenza di una molteplicità di modalità di conoscenza e la loro possibilità di estensione senza un limite prevedibile, nonché la loro appartenenza ad un unico sapere collettivo, frutto della diversità umana, ma anche patrimonio dell’unità della specie;

4. l’opportunità di sviluppare raccordi tra le conoscenze ed i saperi, che, senza annullarne le differenze, si sforzino di trovare i nessi e la reciproca utilità;

5. la disponibilità a ridefinire continuativamente i contenuti dei singoli saperi, nonché dello stesso modello di conoscenza nel suo complesso, conseguentemente alle possibili, nuove, future acquisizioni.

1.3. Scienza e certezza

Il successo della scienza contemporanea ha il suo fondamento nel progressivo sviluppo, fin dai tempi degli antichi greci, della ragione e della logica quali strumenti privilegiati di analisi, codifica e condivisione della realtà.

Su questa base nasce la scienza moderna verso la fine del Quattrocento, quando, in contrapposizione all’influenza della Chiesa e dei teologi cristiani medioevali, per i quali la conoscenza risiedeva nelle Sacre Scritture, lo studio della natura cominciò ad essere affrontato attraverso ipotesi teoriche verificate con metodi sperimentali.

Con Cartesio si arriva a un primo quadro filosofico di riferimento per la scienza moderna, con una formulazione estrema del dualismo spirito-materia, destinato a diventare tratto caratteristico della filosofia occidentale. L’individuo viene scomposto nella sua parte pensante, l'anima cui compete la conoscenza della verità, e il corpo, che funziona come una macchina; viene esaltata la separazione tra l’individuo ed il mondo “esterno”, visto a sua volta come un insieme di oggetti e di eventi separati.

Da Newton alle più alte e moderne applicazioni del sistema scientifico moderno, particolarmente nella fisica, vengono praticate fasi sperimentali sempre più rigorose e i risultati dell’acquisizione scientifica finiscono per equivalere a verità e certezza, riconducibili a incontrovertibili dati di esperienza verificabili. Le regole da seguire in questo processo sono regole razionali, le uniche che permettono la costruzione di conoscenze vere sul mondo.

Si arriva a pensare «che anche un solo uomo può procedere a costruire tutto l’edificio del sapere se individua quello che è il metodo esatto»10 e che, una volta comprese le leggi di funzionamento dei fenomeni, in base ad esse si possano prevedere gli eventi futuri e dunque agire per il pieno controllo sulla natura e sulla realtà.

Proprio gli sviluppi della fisica, riferimento scientifico di punta, mettono però in crisi, in tempi moderni, le certezze del modello scientifico di conoscenza; si scoprono nuove realtà che rendono evidenti i limiti del modello newtoniano e della fisica classica.

Le nuove acquisizioni, come la teoria della relatività11, il principio di indeterminazione12 o altri studi della fisica subatomica, nel complesso evidenziano significative caratteristiche di relatività nell’ambito della conoscenza scientifica e mostrano che le sue leggi hanno carattere non di certezza, ma di probabilità, seppure in alcuni casi così elevata da poter essere considerata vera fino a prova contraria ed essere assunte per regolare i comportamenti in situazioni simili.

Ormai, anche molti uomini di scienza riconoscono che la conoscenza scientifica è condizionata da numerosi fattori, contingente perché legata a determinate circostanze e probabilistica, ma non certa.

1.4. Spiritualità e religioni

In tempi e luoghi differenti del pianeta diversi uomini hanno sostenuto di avere sperimentato particolari esperienze trascendenti, così

10 L’idea è attribuita a Cartesio nel testo di F. Adorno, T. Gregory, V. Verra, Ma-nuale di storia della filosofia (vol. II), Roma-Bari, Laterza, 2010.

11 La teoria della relatività formulata da A. Einstein ha modificato profondamen-te la teoria galileiana e ha cambiato il nostro concetto di tempo e di spazio.

12 Con la teoria dell’indeterminazione di W. K: Heisenberg viene rivelata l'incer-tezza circa la natura di una particella sottoposta a osservazioni di meccanica quanti-stica: l’oggetto osservato si presenta a volte come particella a volte come onda.

dette in quanto la caratteristica che le accomuna è il vissuto di una dimensione che va oltre l’individualità e comporta stati di coscienza e conoscenza superindividuali.

Ognuno di questi uomini ha cercato a suo modo di comunicare la sua esperienza ed ha divulgato propri insegnamenti delineando un percorso, seguendo il quale altri uomini avrebbero potuto, essi stessi, sperimentarla in prima persona.

Tali esperienze, che potremmo chiamare ‘mistiche’ (mystikos = segreto), poiché intente a penetrare il mistero della vita, non sono semplici da decifrare né da accostare tra loro per varie ragioni.

Innanzitutto i messaggi elaborati dai mistici sono spesso diversi nei contenuti e nelle modalità espressive; essi formulano teorie che trovano la loro coerenza all’interno del sistema in cui sono strutturate.

Un aspetto ancora più problematico è insito nella natura della conoscenza che propongono, che esige l’esperienza diretta, piuttosto che l’approccio logico e razionale.

Infine la diversità dei messaggi deriva anche dalle differenti personalità di coloro che li hanno originati, nonché dalle differenze ambientali e culturali dei loro ascoltatori.

Nonostante ciò, è però possibile individuare una fondamentale caratteristica comune a questi tipi di conoscenza: il superamento della visione individuale della realtà e la percezione di una dimensione totale, unitaria, cui si può accostare il termine di “spiritualità”, inteso quale comune sostrato che unisce ed affratella l’esistente senza limiti di spazio e di tempo.

Questa spiritualità è parte importante della storia umana e al tempo stesso ne esprime un’importante esigenza.

Ci dibattiamo tra due esigenze fondamentali, che sono presenti nell’uomo da sempre: da un lato è il suo intendersi come individualità singola irripetibile e dall’altro essere parte di un tutto verso cui tendere. Questa tensione fa parte dell’uomo, del suo essere, è consapevolezza di un bisogno di totalità13.

La spiritualità, originata dalle conoscenze mistiche, ha anche generato dottrine o religioni che a questi mistici si sono ispirate e che hanno istituzionalizzato e tramandato il loro messaggio, ponendoli a fondatori e profeti.

13 Trabalzini P., intervista cit.

Alcuni dei fenomeni elencati in precedenza , tutti caratterizzati dalla universalità di visione, evidenziata anche dall’etimologia del termine (religo = lego insieme), hanno “personalizzato” questa dimensione sovraumana chiamandola Dio, Allah, Krishna, ecc…, nomi e forme che esprimono tale visione come affiliazione alla stessa divinità, che consente una più facile comprensione di un’inesprimibile trascendenza.

Anche se non è qui possibile approfondire questo discorso per la sua vastità, Islamismo, Cristianesimo, Ebraismo, Induismo, Buddismo e Taoismo, solo per fare alcuni esempi, basano la loro natura più intima su di una proclamata universalità, che altro non è se non affermazione di appartenenza ad una dimensione unitaria e onnicomprensiva.

Se quella prima ipotizzata è l’essenza originaria delle religioni, il loro ruolo e la funzione storica esercitata è fonte di discussione e di grandi controversie. Su di esse è arduo esprimere un giudizio, nonché valutare le diversità espresse all’interno di atteggiamenti e comportamenti istituzionali e tra questi e quelli dei singoli esponenti e aderenti.

Più corretto appare invece interrogarsi sulla rispondenza di ciò che le religioni hanno predicato e praticato fino ad oggi ai principi “spirituali” che le hanno ispirate.

In particolare sembra importante il riferimento a due aspetti fondamentali: il primo è quello del “senso di unione”, principio spirituale fondamentale che viene sviluppato tra gli uomini e tra questi e la natura e dei valori conseguenti; il secondo riguarda la crescita degli individui verso la partecipazione al Tutto, il loro cammino di “realizzazione”, il loro “procedere verso Dio”: tutti i sistemi elaborati dai mistici prevedono infatti specifici percorsi di realizzazione, potenzialmente accessibili a tutti.

Rispetto al primo punto, non si può credere che le guerre scatenate in nome di Dio, le persecuzioni e le discriminazioni di ogni tipo, qualsiasi tipo di settarismo, rifiuto, fuga e alienazione dal contesto generale siano compatibili con una pratica di integrazione universale e ricerca del bene comune; è dunque importante vedere come ogni teoria e pratica di conflitto e persino divisione siano in evidente contrasto con la caratteristica basilare della spiritualità.

Per quanto riguarda il secondo aspetto, perplessità altrettanto forti si possono avere sulle istituzioni o sui gruppi che, invece di aver cura della crescita personale, organizzano sistemi di potere basati su ferree gerarchie autoritarie, i cui vertici sono i soli detentori della “verità”.

Questi sistemi, attraverso un insegnamento talora dogmatico e legato alla trasmissione di tradizioni, piuttosto che facendo leva sul vissuto personale, troppo spesso vengono usati da alcuni uomini per manipolare e soggiogare altri esseri e costruire meccanismi di dipendenza e potere, piuttosto che strumenti di emancipazione, liberazione e fratellanza.

Siffatti atteggiamenti e comportamenti, laddove riscontrabili, sembrano assolutamente contraddire gli insegnamenti originari; ciò senza nulla togliere ai tanti uomini di buona volontà, che, in modo diverso, aderiscono a queste fedi e dedicano le loro energie ad attività utili per il bene comune e perfettamente rispondenti ai criteri spirituali prima enunciati.

1.4.1. Il valore della spiritualità

Proprio l’aspetto spirituale merita un ripensamento ed una nuova analisi alla ricerca di un possibile contributo tramite una spiritualità che, senza diventare pretesa teocratica, ispiri, attraverso i suoi valori, azioni di ricerca e di sperimentazione che pragmaticamente offrano soluzioni umanamente positive per superare la crisi dovuta alla scomparsa delle ideologie e il dilagare di valori materialistici e capitalistici.

Una spiritualità che non necessita dell’adesione a nessun credo reli-gioso, e che al tempo stesso non lo escluda, che non è necessario catalo-gare con nessuna formula e che possa essere patrimonio di chiunque, che si esprima in fatti concreti, in azioni e comportamenti di tutti i giorni che aiutino il cammino degli esseri umani; che si fondi sulla reale ade-renza al principio dell’Unità degli esseri e al suo basilare valore, che è quello dell’”amore universale”, espresso in sentimento di vicinanza, co-munione, condivisione e coesione tra gli esseri.

Il ruolo della spiritualità, oggi, può pertanto essere quello di fornire un senso di appartenenza che dà una forza che supera le capacità meramente individuali e una visione che aiuta a porre i prodotti della tecnica al servizio degli uomini, piuttosto che viceversa.

Si potrà così risolvere l’opposizione tra razionale e intuitivo, trascen-denza e immanenza, superando una contrapposizione tra scienza e reli-gione costruita dai positivisti e ancor prima dagli illuministi borghesi.

Interpretando lo spirituale dentro la materia stessa si potranno supe-rare i limiti dell’attuale situazione per la costruzione di un sapere non

disumano in un progetto di rifondazione culturale, di un umanesimo contemporaneo fondato sulla cooperazione.

In particolare, il ruolo che può ancora oggi svolgere la ricerca spirituale non è certo quello di avversare il sapere scientifico, ma occuparsi del fatto che le conquiste che ne derivano siano usate per il benessere di tutta l’umanità e in base a ciò dare senso, ordine e gerarchia, contrastando, quando necessario, quello che Lorenz descrive come «una sorta di meccanismo nevrotico coatto: la semplice possibilità tecnica di realizzare un determinato progetto viene scambiata con il dovere di porlo effettivamente in atto. Si tratta di un vero e proprio comandamento della religione tecnocratica: tutto ciò che è in qualche modo realizzabile deve essere realizzato»14.

1.5. Unità del sapere

Per effettuare un passo in avanti, è opportuno che l’essere umano sia dunque capace di trarre giovamento da tutta l’esperienza finora realiz-zata e quindi anche di fondere ed armonizzare i frutti della ricerca scien-tifica con le sue necessità interiori, i benefici derivanti dai progressi ma-teriali con le esigenze dell’anima, il progresso scientifico ed i valori spiri-tuali, il trascendente e l’immanente.

In particolare, quanto elaborato nel corso dei secoli da scienza e dot-trine spirituali può essere oggetto di duplice atteggiamento, evidenzian-done, cioè, le rispettive differenze o rilevandone le comunanze. Partendo dal presupposto che la realtà è una sola, pur essendovi modi diversi di percepirla e interpretarla, nel tentativo di trovare un filo comune dell’e-sperienza e conoscenza umana, esse possono essere considerate come differenti modalità di lettura della vita e della realtà. Mentre la ragione, dunque, è il timone della scienza, il sentimento di comunanza universale che si esprime nell’anima di ogni essere attraverso l’amore, inteso in questo senso, è il faro della spiritualità e strumento caratteristico di una “via del cuore”.

La visione spirituale della vita non è in opposizione alle scienze, ma semplicemente un altro punto di vista con caratteristiche diverse: non separa per analizzare, ma unisce per affratellare; non è obiettiva e

14 LORENZ K., Il declino dell’uomo, Milano, Mondadori, 1984, p. 16.

razionale, ma soggettiva e intuitiva; non è dimostrabile empiricamente, ma se ne può avere personale esperienza.

In generale, dunque, i principi spirituali hanno una loro coerenza logica e, al tempo stesso, sono compatibili con altri concetti e conoscenze; possiedono una loro regolarità, sono suscettibili di spiegazioni causali e verificabili in modo intersoggettivo, nel senso che altri praticanti possono farne esperienza.

Non solo, quindi, «è necessario confutare l’errore endemico che considera dotato di realtà soltanto ciò che è numerabile e misurabile»15, ma è addirittura impressionante notare come, per molti versi, alcuni presupposti di antichi testi mistici indù e cinesi “risuonino” con certe ipotesi della fisica dei nostri anni16 e comunque con gli esiti di tanta ricerca basata su criteri scientifici.

Un esempio importante è dato dal fondamentale principio di unità e interdipendenza di tutte le forme di esistenza, peculiare delle visioni spirituali, oggi evidenziato dagli studi sull’ecosistema o, a livello sociale, da alcuni meccanismi della globalizzazione.

Conoscenza delle leggi della natura e ricerca spirituale, purtroppo spesso usati l’uno contro l’altro, sono, quindi, due campi di indagine dell’essere umano che potranno concorrere insieme al suo benessere; come ha affermato Osho, uno dei più noti insegnanti contemporanei di Yoga: «una persona può essere allo stesso tempo scientifica e religiosa: questo sarà l’essere umano totale17».

Le acquisizioni passate e future di scienza e spiritualità possono e vanno dunque organizzate in una visione unitaria della vita, un modello di riferimento che, sempre suscettibile di modifica e rielaborazione perché privo della pretesa di dover esprimere una verità valida in assoluto, possa supportare l’agire umano descrivendo caratteristiche, ruoli e interazioni tra le conoscenze, nonché svolgere, con la sua funzione riflessiva, azione creativa stessa del sapere e delle attività conseguenti.

15 BURKE J., Quel giorno cambiò l’universo, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1986. p. 122.

16 Una approfondita esposizione di questa tesi in CAPRA F., op. cit.17 OSHO, Liberi di essere – Il libro della comprensione, Milano, Mondadori, 2008, p.

137.

Capitolo secondoL’Era globale

Ciò che è e ciò che rappresenta l'individuo non lo è in quanto individuo, ma in quanto membro di una grande società umana che guida il suo essere materiale e morale dalla nascita fino alla morte. Il valore di un uomo, per la comunità in cui vive, dipende anzitutto dalla misura in cui i suoi sentimenti, i suoi pensieri e le sue azioni contribuiscono allo sviluppo dell'esistenza degli altri individui.

A. Einstein

2.1. L’educazione nella società

L’educazione ha svolto una funzione di primaria importanza nella trasmissione del sapere da uomo a uomo. La sua storia mostra una grande varietà di teorie e pratiche che non sembra facile ricondurre a un senso unitario e il concetto stesso di “educazione” si è prestato nel tempo a una notevole varietà di interpretazioni18.

Anche se però significati, intenti e metodi educativi sono sempre variati in relazione ai contesti nei quali si sono espressi, è possibile tuttavia trovare un senso comune delle prassi educative e formative nell’obiettivo di trasmettere, in modo consapevole ed organizzato, le conoscenze, competenze ed abilità ritenute adeguate a favorire lo sviluppo della persona e agevolare la sua introduzione attiva nelle società di appartenenza.

L’educazione, conseguentemente, è stata sempre inevitabilmente condizionata dalla cultura di ogni società, dai suoi valori, dalle sue esigenze e, in generale, dalla sua visione della vita.

Se il modello sociale ha influenzato i modelli e le pratiche educative, selezionando e promuovendo quelle ritenute più idonee, l’educazione, a

18 A seconda dei contesti in cui viene svolta l’educazione è oggi distinta in forma-le (scuole, accademie, università), non formale (famiglia, amici, contesti culturali vari), informale (associazioni, club, società sportive ecc.).

sua volta, attraverso le attività di formazione degli individui, è stata una fondamentale componente per l’evoluzione dell’organizzazione sociale.

Per una analisi dell’attuale panorama educativo e dei suoi possibili sviluppi è pertanto preliminarmente necessario indagare l’attuale panorama sociale, sottolinearne le criticità e formulare ipotesi per il loro superamento, ipotizzare infine quale contributo può apportare l’educazione.

È comunque doveroso sottolineare come l’analisi sociale di seguito esposta, lungi dall’esaurire l’esame degli eventi e dei fatti di rilievo, è, ovviamente, frutto di selezione ed interpretazione soggettiva e non ha dunque alcuna pretesa né di completezza, né tantomeno di veritiera assolutezza.

2.2. Dalla Società moderna all’Era globale

L’organizzazione sociale, la cultura e le attuali condizioni di vita nel mondo occidentale sono frutto dello sviluppo dell’approccio scientifico-razionale.

Proprio sulle basi della rivoluzione scientifica nasce la rivoluzione industriale che si sviluppa, fino alla società moderna, con le sue sensazionali conquiste. Si amplia a dismisura la capacità di operare sul mondo: grazie alle innovazioni della tecnica aumentano le risorse alimentari la cui disponibilità si svincola dai limiti della stagionalità e della specificità geografica, gravi malattie vengono debellate per mezzo di impensabili progressi delle scienze mediche, si migliora la qualità della vita e se ne allunga la durata. All’uomo sembra schiudersi il dominio completo sul mondo e la possibilità di vincere la sofferenza e, forse, persino la morte.

Nel Novecento, però, la crisi di certezze coinvolge, oltre l’ambiente scientifico, anche altri importanti settori del sapere e della cultura, come la filosofia, la letteratura e l’arte, da una parte aprendo la strada ad una molteplicità di interpretazioni della vita, dall’altra facendo perdere sen-so ad ogni visione unitaria e al tentativo di trovare una verità comune per tutti gli uomini19.

19 Ciò naturalmente senza negare che nel Novecento ci siano anche stati “pensieri forti”, come, ad esempio, la filosofia di Heidegger o la fenomenologia di Husserl.

Su questa situazione, favorita dal moltiplicarsi di scambi di beni e di informazioni, si innesta il cosiddetto fenomeno della globalizzazione, processo di interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche. Essa provoca rapidi cambiamenti e comporta maggiore in-certezza, insicurezza e precarietà, rischio di perdita delle identità locali, nonché elevata e crescente mobilità delle persone. La comunicazione globale e l’affermarsi egemonico di modi di vivere e di pensare delle co-siddette società del benessere sviluppano, su scala mondiale, una forte tendenza al conformismo di stili e valori di vita.

Interessante, a tale riguardo, la concezione sociologica di “società li-quida” di Zygmunt Bauman20, che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno de-componendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incer-to, fluido e volatile. Si perdono con facilità i confini e i riferimenti sociali, le sicurezze vengono smantellate e le persone vivono una vita “liquida” sempre più frenetica e agitata, in cui sono costrette ad adeguarsi alle atti-tudini del gruppo per non sentirsi escluse. Particolarmente forte, in Bau-man, è anche la critica alla mercificazione delle esistenze e all'omologa-zione planetaria21, da cui deriva l’esclusione sociale per chi non riesce a standardizzarsi agli schemi comuni.

Riepilogando, dunque, l’evoluzione storico sociale precedentemente descritta ha comportato da una parte incertezza e precarietà derivante dalla perdita di una visione unitaria dell’individuo e della vita, dall’altra una visione mercificata dell’esistenza e una tendenza al conformismo planetario basato sul materialismo consumistico.

2.2.1. Criticità sociali

Evidenti sono ormai le criticità legate al modello di sviluppo prece-dentemente descritto, adottato inizialmente in occidente e poi esportato in larga parte del mondo, nonché i riflessi negativi sulle società e sugli individui.

È chiara ormai l’impossibilità di continuare uno sfruttamento indi-scriminato delle risorse del pianeta, erroneamente supposte come ine-

20 Bauman Z., Vita liquida, Roma-Bari, Laterza, 2008.21 Vedi in proposito i seguenti testi di Bauman: Vite di scarto, Dentro la globalizza-

zione, Homo consumens, presenti in Bibliografia.

sauribili, e di perseguire un modello di crescita economica infinita; si mostrano i danni ambientali provocati da un simile atteggiamento sul-l’ecosistema e, di conseguenza, anche le ricadute nefaste sull’uomo.

Hanno luogo guerre sanguinarie e cruente diffuse in molte regioni del mondo, dietro le quali si agita lo spettro di catastrofi nucleari e distruzioni di massa.

Nonostante la presenza di stati democratici il potere è accentrato nelle mani di pochi, che gestiscono grandi capitali e tecnologie; aumentano disparità, iniquità sociale e povertà, così come la violenza tra gli individui: i rapporti tra poveri e ricchi sono sempre più conflittuali, in ogni parte del pianeta.

Grandi masse di persone che vivono nei paesi economicamente sotto-sviluppati, ancora alle prese con problemi basilari, inerenti alla soprav-vivenza, richiedono con forza il loro diritto alla vita, attraverso la com-petizione sul mercato del lavoro, sfruttando la possibilità di salari bassi ma anche di costi minori dovuti a mancanza di garanzie e diritti dei la-voratori. La ricerca di una vita decente dà origine a fenomeni migratori di massa, con riflessi pesanti nei paesi di destinazione.

A causa della circolazione delle persone, tornano nei paesi sviluppati malattie che erano state debellate; la scienza, grazie ai suoi progressi, ne scopre di nuove e torna a mostrare i suoi limiti e la precarietà dell’esi-stenza.

Gli abitanti delle società occidentali, invece, nonostante godano di un benessere materiale che copre abbondantemente i bisogni primari, sono ben lontani dalla felicità che sembrava promessa dallo sviluppo econo-mico e dal progresso tecnologico. La prospettiva di vita è immersa in un’immanenza senza orizzonte, senza scopo, senza senso. L’uomo d’og-gi è un essere scettico; non più creatura privilegiata al centro dell’univer-so, si scopre gettato nel mondo in modo del tutto casuale.

La carenza di un quadro di riferimento condiviso e la diffusa man-canza di senso della vita provocano, da una parte, atteggiamenti nichili-stici e carenza di motivazione, dall’altra, l’accentuarsi di un individuali-smo e di un relativismo che portano all’esaltazione della retorica di una libertà di scelta senza limiti, ove tutto è praticabile per coprire il vuoto esistenziale, che nasconde spesso irresponsabilità, incapacità di autodi-sciplina e di sacrificio. Diffuso è oggi il senso di solitudine ed insoddisfa-zione.

Da un modello di vita conseguente al raggiungimento dell’apice dello sviluppo capitalista che implioca la crescita continua della produzione e del consumo di beni e servizi, scaturisce una cultura che comporta un necessario aumento esponenziale dei bisogni e l’acquisizione di generi di consumo assolutamente slegati dalle necessità.

Molti individui vivono una tensione ininterrotta e nevrotica verso un piacere tanto superficiale quanto effimero, che alimenta una soddisfazio-ne di breve durata; si accentua la ricerca ossessiva della felicità, spesso basata su stili di vita e figure di successo e di prestigio sociale che con-sentono di acquisire con la minor fatica possibile beni materiali, indipen-dentemente dalla loro reale utilità. Questi modelli sono fortemente sti-molati da una costante pressione dei mezzi di comunicazione.

Prevalgono i valori tecnico-economici e il successo è misurabile in ter-mini di denaro, potere e notorietà; la società si allontana dalle esigenze umane più profonde, marciando verso una crescente progressiva disu-manizzazione, che vede gli uomini in vendita sul mercato del lavoro.

Considerato quanto sopra accennato, è lecito ritenere che, per un mi-glioramento generale delle condizioni di vita, è assolutamente necessa-rio modificare l’attuale modello di sviluppo sociale e avviarsi verso la costruzione di una società diversa.

2.3. Verso un umanesimo cosmopolita

La globalizzazione, cui spesso è attribuita una connotazione negativa per il fatto che le viene attribuita la responsabilità di molti degli aspetti critici prima citati, può invece essere vista in modo più completo: evi-denziando anche le opportunità che offre di sviluppare potenzialità po-sitive. Essa può essere considerata come un modo di concepire una real-tà più vasta e di operare su di essa; offre dunque la possibilità di una vi-sione unitaria dell’uomo e del mondo, da cui partire per realizzare un miglioramento delle condizioni di vita della famiglia umana.

In un mondo globale, dimensione che è lecito supporre si affermerà sempre più, è infatti opportuno più che mai adottare una “filosofia di vita” anch’essa globale, che approfondisca il legame tra tutti gli uomini, contemperando dimensione individuale e universale, per gestire i conflitti e comporli con generale soddisfazione e lavorare uniti verso una comune direzione.

Il diritto e l’importanza dell’individuo vanno inquadrati nell’intera comunità umana dalla quale ognuno riceve posizione e significato; una tale impostazione si può dire sposi «un modello ‘ecologico’, in base al quale la vita delle parti è tanto migliore quanto migliori sono le relazioni tra le parti»22.

In questa visione è fondamentale per un favorevole progresso sociale che gli individui sappiano perseguire esigenze e scopi di interesse gene-rale, sfruttando l’integrazione e lo scambio di conoscenze, privilegiando le comunanze che possono apportare ricchezza di contributi creativi, pur nella comprensione e nel rispetto delle differenze individuali e della spe-cificità delle esigenze.

Solo se si riesce a vedere il vantaggio di andare al di là dei propri in-teressi particolaristici si può costruire una auspicabile società globale giusta e solidale, in cui gli uomini possano vivere in pace tra loro e con la natura.

Ciò comporta l’adozione di un modello di vita diverso da quello che i paesi più sviluppati hanno largamente diffuso in tutto il mondo.

È necessario porre un limite allo sfruttamento delle risorse umane e ambientali e realizzare uno sviluppo sostenibile, finalizzando le politi-che economiche globali alla lotta contro la disuguaglianza e la povertà; va garantito non solamente il diritto all’esistenza per coloro che non di-spongono delle risorse necessarie alla sopravvivenza, ma anche migliore dignità e qualità della vita per tutti gli uomini.

Nei paesi sviluppati la consapevolezza che il benessere non debba misurarsi semplicemente in quantità di beni è avvertita da tempo: già nel 1968 Bob Kennedy scrisse che il Pil «misura tutto, eccetto ciò che ren-de la vita degna di essere vissuta»23. Ne è prova il fatto che molti stati danno vita oggi a tentativi di misurazione del benessere che non si limi-tino ai dati economici del PIL (Prodotto Interno Lordo)24.

22 PASQUALOTTO G., East & West, Venezia, Marsilio, 2007, p. 72.23 Citato in SPINI D. e FONTANELLA M. (a cura di), Il sogno e la politica da Roosevelt a

Obama, Firenze, Firenze University Press, 2008, pag. 31.24 In Italia, ad esempio, è stato pubblicato nel 2013 il primo Rapporto sul Benes-

sere Equo e Solidale (BES), a cura del Consiglio Nazionale dell’Economia e del La-voro (CNEL) e dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Questa iniziativa, volta a sviluppare indicazioni sullo stato di salute del Paese al di là del PIL, si è basata sul monitoraggio dei seguenti indicatori: salute, istruzione e formazione, lavoro e conci-liazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzio-

Risulta dunque ormai sempre più evidente e urgente porre le basi di un nuovo umanesimo, che ponga l’uomo al centro e la tecnica come strumento per la sua realizzazione e felicità, contrastando la tendenza che vede gli uomini al servizio dei beni e della ricchezza, piuttosto che viceversa; una qualità della vita libera dall’ossessione per la crescita e dalla corsa alla produzione, al possesso e al consumo di merci.

Molti ormai sostengono, come il giornalista e scrittore Tiziano Terza-ni nel suo libro Verso la rivoluzione della coscienza25, che serve un progres-so nella soddisfazione delle esigenze umane interiori più profonde.

«Il grande progresso materiale non è andato di pari passo con il nostro pro-gresso spirituale. Anzi: forse l’uomo non è mai stato tanto povero da quando è diventato così ricco. Di qui l’idea che l’uomo coscientemente inverta questa ten-denza e riprenda il controllo di quello straordinario strumento che è la sua men-te. Quella mente finora impiegata prevalentemente a conoscere e ad imposses-sarsi del mondo esterno, come se quello fosse la sola fonte della nostra sfuggen-te felicità, dovrebbe rivolgersi anche all’esplorazione del mondo interno, alla co-noscenza di Sé».

Lo stesso autore afferma che

«solo attraverso una rivoluzione interiore della propria coscienza sarà possibile un vero cambiamento in ogni ambito della vita umana. Questo perché, dopo numerose rivoluzioni: culturali, scientifiche, industriali, politiche, sociali, econo-miche, che hanno inciso solo su alcuni aspetti della società e ci hanno condotto fino all’attuale situazione senza trovare soluzioni soddisfacenti e in molti casi aggravando la condizione globale, soltanto con una rivoluzione che metta al centro lo spirito umano, il suo lato più profondo e perciò più fondamentale, sa-remo in grado di compiere un vero ed essenziale passo in avanti. Un reale pro-gresso umano26».

Parte fondante di tale progetto, che deve necessariamente assumere una dimensione cosmopolita, è un rinnovamento della cultura e dell’e-

ni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ri-cerca e innovazione, qualità dei servizi.

25 Gloria Germani (a cura di), Terzani. Verso la rivoluzione della coscienza, Milano, Jaca Book, 2014.

26 Cfr. www.decrescita.com/.../terzani-verso-la-rivoluzione-della-coscienza.

ducazione, che favorisca la formazione di individui in grado di affronta-re le sfide del futuro e dirigere l’azione verso il benessere comune.

2.4. L’uomo globale

L’uomo futuro deve innanzitutto sviluppare maggiore consapevolez-za dei legami essenziali con gli altri individui e avere come obiettivo il migliore destino comune per l’umanità intera, comprendendo quanto la collaborazione sia lo strumento più efficace per ottenere i risultati desi-derati,.

Partendo da questo presupposto andranno salvaguardate ed anzi va-lorizzate le singole specificità individuali, utilizzando ciascun individuo la propria personalità per una partecipazione alla vita sociale certamente critica, ma anche costruttiva, con apertura mentale, flessibilità e disponi-bilità a ridiscutere le proprie conoscenze, alla luce di nuove possibilità, trovando ogni volta la teoria e l’azione più adatta per raggiungere un nuovo equilibrio adatto al mutare degli eventi.

C’è infatti da prendere atto che il processo storico e culturale precedentemente descritto sposta il concetto stesso della conoscenza dall’affidarsi ad una verità assoluta, esterna e immutabile, alla ricerca di verità di ogni individuo, relative alla sua esperienza e potenzialmente soggette a modifica. Sempre più privo di soluzioni già pronte per l’uso, ovunque e comunque valide, l’essere umano è spinto a sviluppare la consapevolezza, oltre che delle connessioni tra i vari saperi, dei limiti di ognuno di essi e a scegliere liberamente tra più opzioni, nonché a sapere ridiscutere le sue convinzioni quando queste si dimostrino superabili.

Questa consapevolezza è la base più adatta per disegnare un futuro pragmaticamente utile con un nuovo senso e valore dell’esistenza; una visione della vita da cui sviluppare chiarezza, ordine e valore, in sinto-nia con le conoscenze più moderne.

Essa può aiutarci a «vivere bene in un mondo dell’immanenza in cui ognuno di noi non ha, in ultima istanza, da rendere conto che a se stesso – e questo render conto a se stesso, lo sappiamo bene, è il più difficile e il più delicato dei rendiconti»27.

27 SCHLANGER J., Come vivere felici, Genova, Il Melangolo, 2002, p. 7.

Capitolo terzoEducazione evolutiva

L'educazione è l’arma più potente che può cambiare il mondo.

N. Mandela

3.1. L’educazione contemporanea

Nel corso del Novecento il rapporto di reciproca influenza tra la società e l’educazione è stato oggetto di numerose riflessioni. Di particolare interesse i lavori di Jhon Dewey28, filosofo e pedagogista statunitense, nonché esponente più rappresentativo delle Scuole Progressive29, che ha sottolineato la stretta relazione che intercorre tra i fatti sociali e i fenomeni educativi, evidenziando la funzione sociale e politica dell’educazione quale “processo di nutrizione, di allevamento, di coltivazione”degli individui, che da una parte li conduce a far parte della società, dall’altra si occupa del pieno sviluppo delle loro facoltà e possibilità. La sua ricerca educativa è in diretto rapporto con la società moderna, di cui egli cerca di interpretare le nuove esigenze: educare è stimolare nel fanciullo le sue potenzialità per migliorare la realtà umana, sociale ed ambientale; il fine ultimo del processo educativo è la formazione di cittadini che siano membri attivi e consapevoli di una società democratica in progresso.

Per Dewey «l’insegnante è impegnato non solo nell’educazione degli individui, ma nella formazione della giusta vita sociale», per cui il rap-

28 Nell’ambito della sua vastissima produzione si ricordano, in particolare, i se-guenti testi: Il mio credo pedagogico (1897), Scuola e società (1899), Come pensiamo (1910), Esperienza e natura (1925), Arte come esperienza (1934), Esperienza ed educazione (1938), Educazione oggi (1940).

29 L'educazione progressiva è fondata sull'idea che la scuola sia il più efficace strumento per la trasformazione della società in senso democratico; viene perciò data estrema importanza all'apprendimento di un metodo di pensiero e alle relazio-ni basate sulla cooperazione e sul mutuo rispetto tra i partecipanti alle attività scola-stiche, come condizioni per una maggiore consapevolezza degli individui.

porto tra educazione e società risulta assolutamente centrale nella sua vi-sione del mondo, nella misura in cui l’educazione svolge una fondamen-tale funzione che è, insieme, di continuità e di rinnovamento.

L’educazione così può senz’altro assumere un ruolo importante per la formazione di individui interessati alla ricerca di una visione comune della vita che supporti un percorso di rinnovamento della società, pren-dendo in carico questioni che interessano tutta l’umanità.

Questo approccio sembra però trascurato nell’attuale azione pedago-gica, che anzi mostra limiti e problemi che riflettono alcuni aspetti critici dello sviluppo sociale precedentemente descritto30.

3.1.1. Limiti e criticità dell’educazione contemporanea

Riesce in generale difficile confrontarsi con un’epoca di rapidi e com-plessi cambiamenti che, oltre a comportare problematiche economiche di rilievo, è caratterizzata dall’incertezza, dall’insicurezza, dalla non defini-tività dei generi di vita che coinvolgono fondamentali settori dell’esi-stenza quali i rapporti sentimentali, il lavoro, nonché l’etica, sia essa lai-ca o religiosa.

La precarietà del contesto sociale rende difficoltosa ogni possibilità di previsione e di progettazione volta ad indirizzare positivamente la vita dei giovani, che vivono una vita parallela, a volte completamente scissa da quella scolastica e persino da quella familiare.

Peraltro la famiglia nucleare, che non solo è stato un elemento fonda-mentale di organizzazione e stabilità sociale, ma ha costituito un impor-tante elemento educativo, ha subito notevoli trasformazioni: il tempo de-dicato agli affetti viene sacrificato a quello della produzione e del consu-mo, si elevano il periodo di non autonomia ed i tempi di emancipazione e realizzazione sociale, si evidenziano carenze educative dovute alla mancanza di un nucleo familiare che funga da significativo riferimento.

L’incertezza rispetto ad una prospettiva umana comune si riflette in ambito educativo, in cui è evidente la mancanza di una visione unitaria che guidi sia una teoria complessiva dell’educazione (pedagogia genera-le), sia le analisi e le proposte operative.

30 Un’analisi approfondita in: PESCI F., Educazione senza vittime, Padova, CEDAM, 2008.

Le Scienze dell’educazione, per quanto valide nei loro contenuti, non offrono un riferimento globale; sorgono le più svariate teorie pedagogi-che che, per quanto meritevoli di interesse, finiscono spesso per essere conflittuali tra loro o comunque prive di un nesso evidente.

È possibile dunque osservare la presenza di un coacervo di program-mazioni fini a se stesse, di una notevole quantità di caos, unitamente ad una grande varietà di situazioni particolari, al disorientamento del siste-ma educativo di diversi paesi occidentali e alla conseguente crisi di iden-tità nella formazione dei formatori.

L’educazione resta oggi spesso limitata a mera istruzione e la rivalità tra gli stati e la spietata concorrenza dei mercati stimolano la creazione di specialisti, le cui conoscenze ed attività sono sempre più parcellizzate e prive di riferimento generale.

3.2. Linee guida per un’educazione evolutiva

Per un’educazione che possa avere un ruolo centrale nello sviluppo dell’individuo e nella evoluzione verso una società umana con una mi-gliore qualità della vita è necessaria dunque una profonda riflessione sui principi ed i valori che la devono ispirare.

Alla luce delle considerazioni precedentemente esposte, un sistema di valori che supporti un diverso e migliore benessere non può che discen-dere da una visione unitaria dell’educazione intesa innanzitutto come opera di sviluppo sociale per costruire un nuovo mondo e realizzare la pace, così come già affermato da Maria Montessori31.

È doveroso pertanto impegnarsi a contrastare modelli di riferimento sociali molto diffusi.

«Oggi è difficile educare perché il nostro impegno di formare, a scuola, il cit -tadino che collabora, che antepone il bene comune a quello egoista, che rispetta e aiuta gli altri, è quotidianamente vanificato dai modelli proposti da chi possie-de i mezzi per illudere che la felicità è nel denaro, nel potere, nell'emergere con tutti i mezzi, compresa la violenza. A questa forza perversa noi dobbiamo con-

31 In Bibliografia, oltre ai testi di M. Montessori, DE SANCTIS L. (a cura di), La cura dell’anima in Maria Montessori, l’educazione morale,spirituale e religiosa dell’infanzia, Manocalzati, Fefè Editore, 2011.

trapporre l'educazione dei sentimenti: parlare di amore a chi crede nella violen-za, parlare di pace preventiva a chi vuole la guerra»32.

L’educazione deve servire a sviluppare la capacità di guardare e com-prendere la vita nella sua interezza, relazionandosi anche con ciò che è fuori ognuno di noi, in un percorso di incontro con l’altro, orientando la crescita della persona per un sempre più completo e armonico dispiega-mento del suo agire e della sua presenza nel mondo.

In questa direzione vanno già alcuni concetti di educazione della pe-dagogia contemporanea, come quello svolto da Meirieu in Frankenstein educatore33.

L’educazione deve centrarsi sulla relazione del soggetto con il mondo.Il suo compito è fare di tutto perché il soggetto entri nel mondo e riesca a stare in

piedi sulle proprie gambe, si appropri delle domande che hanno costituito la cultura degli uomini, assimili i saperi che gli uomini hanno elaborato come risposte a queste domande e li sovverta con le proprie risposte, nella speranza che la Storia balbetti un po’ meno e respinga con un po’ più di ostinazione tutto ciò che rovina l’uomo. Questo è lo scopo dell’impresa educativa: che colui che viene al mondo sia accom-pagnato nel mondo e si addentri nella comprensione del mondo, che sia introdotto in questa comprensione da quelli che lo hanno preceduto… introdotto, ma non pla-smato; aiutato, ma non fabbricato. Perché alla fine, secondo la bella formulazione che Pestalozzi propose nel 1797 – e che è, finalmente, l’esatto opposto del progetto di Frankenstein – egli possa “farsi opera di se stesso”.

I concetti sopra esposti trovano riscontro anche tra pensatori di cultu-re profondamente diverse, come dimostra la seguente affermazione di J. Krishnamurti34.

Vi siete mai chiesti quale sia il senso dell'educazione? Perché andiamo a scuola, perché impariamo varie materie, perché facciamo esami e gareggiamo fra di noi per avere i voti migliori? Qual è il significato della cosiddetta educazione, qual è la sua vera funzione? Si tratta di un interrogativo realmente importante, non solo per gli studenti, ma anche per i genitori, per gli insegnanti e per chiunque ami questo no-

32 Mario Lodi - http://it.wikiquote.org/wiki/Educazione.33 MEIRIEU P., Frankenstein educatore,presentazione di P. Lucisano, Azzano S. Paolo

(BG), Junior, 2007, p. 72.34 Jiddu Krishnamurti è stato un filosofo apolide di origine indiana.

stro pianeta. Perché affrontiamo la lotta che il ricevere un'educazione comporta? E' semplicemente allo scopo di superare qualche esame e trovare lavoro? Oppure la funzione dell'educazione è di prepararci, quando siamo giovani, a comprendere il processo della vita nella sua interezza35?

C’è dunque necessità di superare l’orientamento spesso presente nel-la cultura contemporanea che vede prevalere un'idea di educazione che si specifica in senso scientifico-tecnologico-utilitaristico e di privilegiare una dimensione più umana che tecnica, promuovendo una pedagogia che superi gli atteggiamenti di discipline che spesso alimentano un tec-nicismo fine a se stesso.

Serve piuttosto un’educazione che metta i giovani nella possibilità di orientare il desiderio e trovare il senso della propria vita, realizzando la propria natura e la propria responsabilità esistenziale, in un percorso di incontro e di cooperazione con l’altro

Una tale concezione dell’educazione ha come compito principale la formazione di personalità che sappiano sviluppare un’adeguata com-prensione della realtà e della vita quotidiana e, in questa, realizzare il senso della vita attraverso l’attività comune, valorizzando le proprie ca-pacità, nel rispetto delle altrui diversità.

Come ha detto B. Russell, «l'educazione dovrebbe inculcare l'idea che l'umanità è una sola famiglia con interessi comuni. Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione».

È dunque necessario ridefinire e alimentare una visione generale del-l’attività educativa, che porti la maggior parte delle forze interessate a condividere questi obiettivi, da cui far discendere teorie e pratiche for-mative volte a migliorare educazione e vita.

Solo partendo dal principio dell’unità della realtà e dalla necessità di uno sviluppo completo di ciascun uomo che tenga conto delle specifiche esigenze di ogni situazione sarà possibile sviluppare sensatamente la molteplicità degli aspetti disciplinari e la loro distinta organizzazione.

Ponendosi in tale prospettiva, la storia della pedagogia è ricca di con-tributi e modelli da cui si può utilmente trarre spunto; piuttosto che rite-nere che alcuni di essi siano sempre e comunque praticabili o più giusti di altri, sarà opportuno un attento studio della situazione, per poter sce-gliere quali applicare.

35 Tratto dal testo La ricerca della felicità di J. Krishnamurti.

La conoscenza e lo sviluppo di teorie e pratiche educative diverse, da poter essere alternativamente usate a seconda della consonanza al conte-sto, può quindi rappresentare una ricchezza qualora si sviluppi la consa-pevolezza e la pratica di principi e valori generali a cui ispirarsi in ogni situazione, con riferimento ad una visione unitaria di se stesso, degli al-tri, del mondo, per la costruzione di una società globale in termini auspi-cabili e la formazione di uomini in grado di orientarsi in sintonia con le esigenze della famiglia umana.

3.2.1. Lo sviluppo integrale

Importante è il recupero della dimensione unitaria dell’uomo stesso e la formazione integrale dell’individuo attraverso la cura del corpo, della mente e dell’anima.

La salute del corpo, della forza e dell’energia che lo anima è supporto necessario per lo svolgimento di ogni altra attività “elevata”. Vanno dunque rispettate le prescrizioni igieniche a tutela della salute, una sana alimentazione, una buona attività fisica e un adeguato riposo. Mentre un corpo debole condiziona negativamente la mente e non favorisce la tran-quillità d’animo, un corpo in salute e con adeguata energia aiuta a svi-luppare un migliore equilibrio psico-fisico, strumento per una migliore possibilità di realizzazione personale. Ciò senza necessità di interesse edonistico o attenzione esagerata.

La salute mentale consiste non solo nella capacità di ragionare con lu-cidità, ma anche di sviluppare conoscenza, controllo e dominio della mente e delle sue attività, analogamente a quanto è possibile fare con il corpo. Questo serve non solo per dirigere il pensiero dove e come desi-deriamo, ma anche per apprendere a vuotare la mente e così stimolare, di conseguenza, la consapevolezza delle sensazioni e percezioni interiori e del mondo esterno. Strumento importante di questo percorso di ap-prendimento sono le pratiche meditative, usate da millenni in numerose discipline orientali, ma ormai anche in percorsi psicoterapeutici, dove

è stata usata come metodo per migliorare il benessere soggettivo […] e diversi studi hanno dimostrato come questa tecnica possa essere efficace nel combattere lo

stress, […] aumentare il locus of control interno, […] diminuire l’ansia, […] aumenta-re l’autorealizzazione36.

Se fra le potenzialità individuali è decisamente desiderabile un ulte-riore sviluppo di atteggiamenti genuinamente intelligenti ed anche scientifici nel modo di pensare e di agire, per porre contrasto, come ha sostenuto il filosofo americano Dewey, «al pregiudizio, al dogma, all’au-torità, all’uso coercitivo della forza in difesa di interessi particolari»37, si può però ritenere che l’atteggiamento scientifico non costituisca «la sola e definitiva alternativa»38 ai “mali” prima esposti e che il sapere critico-razionale non sia sufficiente per interrogarsi e progredire sui significati del vivere, ricerca ineludibile per il genere umano.

Poiché l’individuo risente della relazione con i fenomeni a lui esterni, l'essere non può godere di un benessere profondo se non è in armonia con il mondo e la natura, se la sua anima, cioè, non è appagata.

La conoscenza sempre più forte del legame tra gli esseri ed il loro mondo, la percezione di questo legame globale è piuttosto l’oggetto ca-ratteristico di una “via del cuore”, una funzione dell’”anima”, in cui si riflette la percezione e la gioia dell’appartenenza alla vita intera e la cui cura resta, ancora oggi, di fondamentale importanza. In questo senso è auspicabile la diffusione di una spiritualità, laica o religiosa, che sviluppi e approfondisca i legami tra i viventi e il mondo che li ospita.

3.2.2. Valori per l’evoluzione

Se da una parte è auspicabile uno sviluppo originale di ogni indivi-duo, attraverso il quale ciascuno possa offrire il meglio delle proprie po-tenzialità, ciò deve trovare necessario complemento nella guida di valori comuni, cui fare riferimento per orientare le scelte quotidiane, piccole o grandi che siano.

Il primo di questi è quello di libertà sia dagli stereotipi sociali che dal-le proprie stesse idee quando diventano pregiudizi o non rispecchiano

36 GOLDWURM G., BARUFFI M., COLOMBO F., Qualità della vita e benessere psicologico, Milano, McGraw-Hill, 2004, p. 123.

37 DEWEY J., L’unità della scienza come problema sociale [Unity of Science as a Social Problem, 1938], traduzione di P. Lucisano, in «Cadmo», VIII, 22, Aprile 2000, p. 37.

38 Ibidem

più il proprio sentire. È essenziale coltivare la capacità di rimettere in di-scussione ciò che fino ad un certo momento è reputato “buono”: anche quello che ci andava bene fino ad ieri oggi potrebbe non rispondere più alle nostre esigenze.

Attraverso l’esperienza si ha la possibilità di praticare un cammino evolutivo che porti a vivere momento per momento nel modo più confa-cente a noi stessi, nella libertà più ampia possibile consentitaci dai vinco-li di ogni circostanza. E trovare il nostro posto in ogni situazione e la no-stra strada nella vita.

Se facciamo attenzione agli effetti prodotti dal nostro modo di com-portarci sapremo come agire per il nostro bene e diventeremo sempre più padroni, cioè responsabili, del nostro futuro; ciò riguarda non solo le grandi scelte, ma anche le piccole azioni di tutti i giorni, che sono quelle cui stare più attenti perché troppo spesso attuate in modo automatico.

Questa libertà, però, non consiste nell’agire seguendo inconsapevol-mente ed in modo incontrollato qualsiasi istinto, ma viene affiancata dal-la conoscenza della relazione che ognuno di noi ha con gli altri esseri ed il mondo e dalla consapevolezza del fatto che ogni nostro comportamen-to provoca un effetto.

Espandendo la consapevolezza del legame tra gli esseri si sviluppa l’attenzione verso le conseguenze delle proprie azioni rispetto al bene comune. Libertà e responsabilità diventano una sola “virtù”. “Libertà” dovrebbe pertanto sempre camminare insieme a “responsabilità”, per una attenta analisi e valutazione delle proprie azioni, per una “responsa-bilità creatrice”.

Dall’unione tra libertà e responsabilità scaturisce il comportarsi se-condo giustizia, ispirandosi al quale si è pronti ad andare oltre il consen-so degli altri e persino del proprio interesse individuale per un migliore interesse comune. Si pratica così il proprio dovere (ciò che si sente giusto fare), secondo il più profondo sentire, anche se questo si presenta ingra-to e difficile, agendo con onestà interiore, contemperando interesse indi-viduale e collettivo, per realizzare la giusta azione, per noi e per gli altri, in ogni situazione. Solo questo comportamento può arrecare una pace profonda nell’individuo e nel mondo, perché l’uno è parte dell’altro e cambi se stessi equivale cambiare una parte, seppur piccola, del mondo. Agendo per un interesse superiore a quello personale, di cui quest’ulti-mo è parte si pratica l’armonia con la Vita, nell’accettazione del proprio ruolo. Ci si comporta con sintonia ad ogni situazione, come la minuscola

tessera di un infinito mosaico che, aderendo alla propria posizione, di-venta così il mosaico stesso.

Per concludere è importante riflettere sul fatto che, in un mondo in cui aumenta vertiginosamente la circolazione di persone e a livello pla-netario si incontrano e vengono a contatto differenti culture, è fonda-mentale sviluppare atteggiamenti e comportamenti volti ad evitare che questo movimento non dia adito a scontro, ma costituisca occasione di scambio e di arricchimento.

Proprio dal senso di unione con gli altri esseri, nell’attuale fase dell’e-voluzione umana, lo sviluppo di un sentimento di comunanza che pos-siamo chiamare amore riveste un’importanza fondamentale; al suo ser-vizio è necessario porre la nostra energia e la nostra intelligenza.

L’amore, inteso come fonte e risultato di una rinnovata spiritualità è il faro che può illuminare il percorso umano, un passaporto per godere ap-pieno del viaggio meraviglioso che è la vita.

Ciò vuol dire innanzi tutto rispettare ed accettare gli altri, compren-derne le ragioni senza farsi influenzare dai pregiudizi e sapendo anche mettere da parte le proprie convinzioni per ascoltarli: tutte le opinioni hanno ragione di essere, tutti gli uomini hanno pari dignità di esistenza; manifestare le proprie idee è solo uno scambio di esperienza e non enun-ciazione di verità.

Centrandosi nell’amore, pratica di unione, nascono solidarietà, comprensione, tolleranza, collaborazione, fratellanza, pace e concordia tra individui e comunità; privilegiando ciò che unisce, al di là delle diversità, l’uomo potrà sviluppare una forza comune tra i simili ed un rapporto il più armonioso possibile con l’ambiente, realizzando un vantaggio per la sua sopravvivenza e un viaggio più gradevole sul pianeta Terra.

In conclusione i valori di libertà, responsabilità, giustizia e amore de-vono guidare le scelte, orientare il desiderio, fornire il senso di ogni atti-vità, costituire oggetto fondamentale di trasmissione educativa.

3.3. Il rapporto educativo

Nel quadro educativo è importante riflettere sulle caratteristiche alla base del rapporto tra docente e discente.

Il loro rapporto deve superare l’aspetto dialettico ed essere guidato dal sentimento di solidarietà e dall’attitudine a lavorare insieme: inse-

gnamento e apprendimento esprimono comunanza di vita. Entrambi procedono traendo reciproco vantaggio e sviluppo; il rapporto educati-vo è già parte della realizzazione della loro vita, la loro finalità è quella di procedere verso la conoscenza e l’azione comune.

Il docente si muoverà non secondo i suoi desideri personali, né se-guendo programmi rigidi o forzati, bensì con la massima sensibilità ne-cessaria a seguire l’ordine stesso delle situazioni ed il loro svolgimento.

Il discente coltiverà apertura mentale e disponibilità all’apprendi-mento, oltre che autodisciplina, intesa come volontaria capacità di impe-gno.

Entrambi evolvono insieme responsabilmente nelle virtù più signifi-cative: disponibilità all’ascolto, al dialogo e alla comprensione, accetta-zione e rispetto reciproco, pazienza, gentilezza, buon umore, tranquillità e modestia.

In questo delicato cammino, pericoli da evitare sono dipendenza e su-balternità, autoritarismo e soggezione, sensi di superiorità e inferiorità, utilitarismo, consumismo e superficialità, presunzione di possedere veri-tà da imporre agli altri.

Per quanto riguarda il metodo, caratteristiche da coltivare sono:• libertà dagli schemi e varietà di stili per adattarli ai bisogni ed alle po-

tenzialità delle situazioni;• attenta scelta delle parole, dei toni della voce e delle posture;• privilegiare il fare sullo spiegare;• esempio come insegnamento;• centralità dell’esperienza personale;• uso sia del discorso pubblico che del colloquio privato;• gestione disciplinata per sviluppare capacità di autodisciplina e orga-

nizzazione.

Parte seconda

LE BUONE PRATICHE

Capitolo primoSocrate - La ricerca della verità

Sono un cittadino, non di Atene o della Grecia, ma del mondo.

Socrate

1.1. Vita e morte di Socrate

Nato intorno al 469 a. C., condannato a morte e ucciso nel 399, la sua esistenza trascorse tra l’apogeo e il declino di Atene. Il 469 a.C., infatti, segna la definitiva vittoria dei Greci sui Persiani (battaglia dell’Eurimedonte), ma all’età dell’oro di Pericle seguirà, dopo il 404, la sconfitta ad opera degli spartani e l’avvento del governo dei Trenta Tiranni.

Socrate vive dunque in una società che mostra evidenti segni di crisi, ma che, al tempo stesso, cerca di definire una nuova posizione dell’individuo nella comunità, nell’ambito di uno sviluppo filosofico, quello greco, di straordinaria portata.

Se i presocratici cominciano con sistematicità ad osservare, riflettere e interrogarsi, Socrate, accantonando il problema del cosmo, come i suoi contemporanei sofisti, pone l’uomo al centro del pensiero.

Così si può ben dire che «Socrate fece scendere la filosofia di cielo in terra e la introdusse nelle città e nelle case degli uomini»39.

La vita di Socrate fu tutt’uno col suo pensiero ed egli la trascorse in-vestigando e ricercando la verità, perché «una vita senza ricerca non è degna per l’uomo di essere vissuta»40.

«Uomo consapevole dei suoi limiti e dei suoi doveri nei confronti de-gli altri uomini»41, «la sua vita è lotta e insieme servizio di Dio»42.

Per i commentatori postumi «o Socrate appare essenzialmente, non come un pensatore filosofo, ma come un suscitatore, un eroe della vita

39 Jaeger W., Paideia, Firenze, La Nuova Italia, 1967, vol. III, p. 50.40 Platone, Apologia di Socrate, cap. 28.41 GARIN E., op. cit., p. XIII.42 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 111.

morale, oppure egli diventa il creatore della filosofia speculativa […] punti di vista, che sono ambedue, in un certo senso, logicamente e storica legittimi»43.

Ma più che un filosofo Socrate «fu il creatore di un atteggiamento umano che segna il culmine di una lunga ardua ascesa alla liberazione morale dell’uomo»44.

Processo, questo, che ha il suo fondamento nell’attività educativa, cui si dedica con grande abilità.

Nessuno, nella facoltà di osservatore acuto della gioventù, stava a pari di lui, l’eccezionale conoscitore di uomini che, a detta di tutti, col suo interrogare penetrante, come con infallibile pietra di paragone, non si lasciava sfuggire alcuna attitudine, alcuna forza latente, sicché i cittadini più in vista richiedevano il suo parere per l’educazione dei figli45.

Per Socrate l’educazione è comunanza di vita e compito dal quale non poteva esimersi: «con lui si lega discorso su qualsiasi argomento […] a sentirlo egli non insegna neppure, e non ha scolari, ma solo amici e compagni»46.

Totale è la dedizione di Socrate all’educazione, tant’è che «egli non cesserà mai di esercitarla, finché gli rimanga vita e respiro»47.

«Socrate insegnò e continua a insegnare, non con scritti e dottrine, ma con tutto se stesso, con la sua ricerca instancabile e sottile, con la sua morte umanamente eroica»48.

Possiamo dunque affermare che «egli è la più grande personalità di educatore apparsa nella storia del mondo occidentale»49.

Eppure, anche perché accusato di corrompere i giovani, venne condannato a morire bevendo la cicuta.

Perché Socrate fu condannato a morte? A 2400 anni di distanza c’è ancora chi se lo chiede. Gli uomini, per vivere, hanno bisogno di certezze, e quando queste non ci

43 Ivi, p. 39.44 Ivi, p. 37.45 Ivi, p. 53.46 Ivi, p. 55.47 Ivi, p. 56.48 GARIN E., op. cit., p. 23.49 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 40.

sono, c’è sempre qualcuno che se le inventa per il bene comune. Ideologi, profeti, astrologi, chi in buona fede, chi solo per interesse, sfornano di continuo verità con cui lenire le angosce della società. Se poi arriva un uomo a sostenere che non c’è nessuno che sa veramente qualcosa, ecco che quest’uomo diventa improvvisamente il nemico pubblico numero uno dei politici e dei sacerdoti. Quest’uomo deve mori-re!50

Socrate visse un’esistenza piena di straordinaria ricchezza, mostrando, fino in fondo, eccezionale dignità e capacità di vivere con pienezza e profondità. Mentre veniva preparata la cicuta, stava imparando un’aria sul flauto. «A cosa ti servirà»? gli fu chiesto. «A sapere quest’aria prima di morire»51.

1.1.1 Il personaggio

Scrive Jaeger che «il ritratto letterario di Socrate rimane l’unica pittura dal vero di una grande originale individualità, che l’età greca classica abbia prodotto»52.

È indubbiamente un personaggio straordinario.Soldato nelle campagne di Potidea e in quelle di Delo e Anfiboli,

«combatté le guerre del suo paese con semplice eroismo»53, dimostrando particolare resistenza fisica, indifferenza ai disagi della guerra, al freddo, alla fame; fu meritevole di decorazione al valore militare per il suo coraggio, come narra Platone nel Simposio.

Capace di combattere, ma anche di riflettere e meditare, viene descritto in alcune pause delle battaglie concentrato in se stesso e assorto per lunghe ore in meditazione.

Persona semplice, non aspirò a comandi né a pubblici onori, disdegnò gli incarichi politici.

Di aspetto non certo bello, ebbe tre figli, una moglie e un’amante; si dice abbia anche praticato amori omosessuali.

Assiduo partecipante a simposi e bevitore leggendario, sapeva godere nelle baldorie come pochi altri.

50 De Crescenzo L., Storia della filosofia greca – Da Socrate in poi, Milano, Mondado-ri, 1986, p. 31.

51 Cioran E., cit. in Calvino I., Perché leggere i classici, Mondadori.52 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 26.53 GARIN E., op. cit., p. 30.

«Si preoccupava della salute fisica dei suoi amici non meno che del loro benessere spirituale»54, assistito nelle sue scelte da un demone, una voce interna che non gli diceva cosa fare, ma lo tratteneva dal parlare o agire a caso.

Fu uomo aperto e, soprattutto, sensibile e curioso per ogni forma di discorso e ogni tipo di indagine e di dottrina.

Completamente preso dalle proprie ricerche filosofiche, trascurava gli aspetti pratici della vita. Nella commedia di Aristofane Le nuvole, Socrate viene rappresentato dentro una cesta che cala dalle nuvole, intento a ricerche strambe e ridicole, completamente avvolto nelle sue idee astratte.

Insegnava, ma mai per denaro. Platone e Senofonte dicono di lui che non fu maestro e non insegnò niente a nessuno, se non a rendere gli uomini più consapevoli delle proprie idee e azioni.

Sprezzante nei confronti di ogni posizione cristallizzata e ripetuta, i dialoghi che intratteneva con chiunque mostrano ironia insieme a serietà.

Nel processo che lo vede imputato si paragona scherzosamente ad un tafano, che punzecchia e tiene desti gli uomini, simili ad animali sonnacchiosi e alle accuse di corrompere i giovani, provocare il disordine sociale e non credere agli Dei della città, tentando di introdurne nuovi, reagisce sfidando i giudici con la richiesta di essere mantenuto a spese della collettività nel Pritaneo, edificio pubblico riservato ai magistrati più alti, quale benefattore per aver insegnato ai giovani la scienza del bene e del male.

Rivoluzionario e al tempo stesso osservante delle leggi, non teme la morte e rifiuta di autoesiliarsi per sfuggire ad essa, poiché «è meglio subire ingiustizia piuttosto che farla»55.

La considerazione di Socrate ebbe vicende alterne nel corso della storia.

In era cristiana, ma molto tardi, si giunse a considerarlo degno della corona di un martire precristiano e il grande umanista del secolo della Riforma, Erasmo da Rotterdam, osò accoglierlo tra i suoi santi invocandolo: Sancte Socrates, ora pro nobis […] Mentre nel medioevo Socrate era stato poco più di un nome di quelli tramandati da Aristotele e Cicerone, ora […] Socrate divenne la guida di ogni

54 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 51.55 Platone, Apologia di Socrate, cap. 28.

moderna filosofia apportatrice di luce, l’apostolo della libertà morale che, non legata ormai da alcun dogma o tradizione, consisteva in se stessa ed obbediva solo ai dettami interiori della coscienza, il banditore della nuova religione “dell’al di qua” e di una beatitudine raggiungibile, per intima forza, in questa vita, non fondata su una grazia, ma sopra uno sforzo indefettibile verso la realizzazione piena del proprio essere […] Più di una volta si istituì il paragone di Socrate con Cristo […] Ed ecco ora il nuovo umanesimo […] Così avvenne che Socrate, rimosso dal posto sicuro, se anche non di primissimo piano, che la filosofia idealistica del secolo XIX gli aveva assegnato, fosse precipitato di nuovo nel gorgo della polemica attuale: ancora una volta simbolo, come nei secoli XVII e XVIII, ma questa volta in senso negativo, come segno e misura di decadenza56.

La valutazione che oggi facciamo è quella che «la figura di Socrate è di quelle, imperiture, che, nella storia, sono state assunte a simbolo»57.

Un ritratto che gli rende pieno merito è, senza dubbio, quello di Alcibiade nel Convito di Platone.

Io cercherò, amici, di farvi l’elogio di Socrate per via d’un paragone.Egli crederà forse ch’io voglia scherzare, ma il paragone vuol darvene

l’immagine vera, non mettervelo in burla. Dico dunque ch’egli è affatto simile a quei Sileni esposti nelle botteghe di sculture, che gli artisti rappresentano con flauti e zampogne e che, aperti, mostrano all’interno l’immagine di un Dio.58

1.2. L’insegnamento

Sul messaggio di Socrate esistono una infinità di interpretazioni, agevolate dall’assenza di alcuno suo scritto; nella mancanza di fonti dirette, ciò che di lui sappiamo deriva sostanzialmente da Senofonte, Platone, Aristofane e Aristotele.

Le descrizioni che questi ci hanno fornito non sono tra loro coerenti, evidenziando bensì come ciascuno di loro lo abbia interpretato secondo il suo punto di vista e le sue teorie.

Né più di tanto ci aiutano le diverse scuole socratiche, a lui successive, come quella di Antistene e i cinici, Euclide e i megarici o

56 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 17 e segg.57 Ibidem.58 GARIN E., op. cit., p. 28.

Aristippo e i pirenaici. Ognuna di queste correnti filosofiche, infatti, sviluppa parte del messaggio socratico, perdendone l’insieme.

Ad esempio, i primi tratteranno temi riguardanti la vita libera e autonoma, per la quale necessita spogliarsi di ogni mollezza, essere itineranti e incuranti di tutto; i secondi volgono la loro attenzione all’impredicabile Bene, che si può trovare solo per via intuitiva; gli ultimi pongono l’accento sulla capacità ed importanza dell’essere se stessi, frutto di equilibrio interiore, senza lasciarsi dominare dalle cose, e del vivere l’istante, rimanendo dappertutto stranieri, liberi dall’attaccamento ai sentimenti e alle ricchezze.

La varietà di interpretazioni e derivazioni rende Socrate simile a un caleidoscopio, termine la cui etimologia greca è quella di “oggetto che permette di vedere belle forme”, ruotando il quale possiamo scorgere una grande molteplicità di insegnamenti che ancora oggi sono di grande attualità.

1.2.1 Verità, virtù e conoscenza

L’insegnamento di Socrate consiste principalmente nella ricerca di vita virtuosa e, al tempo stesso, della verità. Infatti «il risultato a cui Socrate è giunto, che la virtù è una scienza»59, è riconducibile alla scienza del sapere.

Vero sapere e virtù, tra loro corrispondenti, costituiscono, al tempo stesso, il fondamento del modo migliore di vivere: per Socrate «l’importante non è vivere, ma vivere bene»60. Il bene per l’uomo è ciò che fa sì che egli diventi quello che la sua natura più profonda esige: agire conformandosi a quanto gli è proprio, incurante del giudizio altrui.

La conoscenza del bene, per Socrate, non è frutto di attività intellettiva, ma «ha radice in uno strato profondo dell’anima, dove l’essere penetrato dalla conoscenza e il possesso del conosciuto non si possono più scindere, ma sono, essenzialmente, uno»61.

59Jaeger W., Paideia, Firenze, La Nuova Italia, 1993, vol. III, p. 206.60 Platone, Apologia di Socrate, cap.8.61 Jaeger W., op. cit, vol. III, p. 108.

Chi conosce il bene, quindi, dovrebbe agire di conseguenza e vivere secondo virtù, poiché praticare il bene è quanto di più conveniente: in ciò si realizza se stessi e la propria felicità.

Socrate sostiene un percorso di realizzazione e sviluppo delle poten-zialità umane che passa per la conoscenza di quanto la felicità, intesa come appagamento, corrisponda alla virtù e al Bene e di quanto l’impor-tanza del Bene, individuale e della specie, sia superiore alla disponibilità di beni.

Se l’uomo non persegue il bene è solo perché non ha la minima idea di dove si trovi: non è malvagio, ma ignorante. Esiste dunque un solo bene, la conoscenza, ed un solo male, l’ignoranza. Fare il male è ignoranza di sé; nessuno fa il male volontariamente sapendo che è male, ma solo perché crede erroneamente bene ciò che è male. Infatti, solo chi non sa che praticando il Bene ottiene la felicità, può comportarsi diversamente da ciò che gli conviene.

Conoscere il bene è quindi fare il bene: «i cosiddetti paradossi socratici si risolvono tutti: che la virtù è sapere risulta ormai chiaro, se è vero che moralità è coscienza, saper se stessi»62. Così come tutte le virtù si riducono al sapere, una sola è la virtù: conoscere se stessi, sapere di volta in volta cos’è il bene e il male.

Questo cammino di realizzazione, per Socrate, ha il suo fondamento nella cura e salute dell’anima che, però, «non implica affatto per lui il rifiuto della cura del corpo […] ma solo la sua supremazia sul corpo: il quale, anzi, deve essere sano per poter servir l’anima a dovere»63.

1.2.2 So di non sapere

Il bene, per Socrate, non è un concetto ideale, frutto di speculazione intellettuale, ma deriva dalla capacità di sentire e attuare le intuizioni profonde dell’”anima”, che, basandosi sulla consapevolezza, consente di percepire, di volta in volta, la verità di ogni situazione, attraverso un punto di vista che non è solo personale. L’anima, infatti, «ti rivela l’elemento comune di tutte le cose»64.

62 Ivi, p. 34.63 Ivi, p. 74.64 Platone, Teeteto, 185c

Per ottenere tale rivelazione è fondamentale “sapere di non sapere”: «io non so - confesserà – ma non credo neanche di sapere. E pare che per cotesta piccolezza sia più sapiente io, perciò che non credo di sapere quello che non so»65.

“Sapere di non sapere”, è dunque conoscenza della limitatezza umana, dell’infinità dei fenomeni e della necessità di “farsi vuoti”. Ciò di cui Socrate «è certo è di “sapere di non sapere”, e offre questa sua ‘umiltà’, questo suo vuoto di sapere, a quanti siano disposti a condividerla come spazio aperto da cui cominciare, insieme, la ricerca della verità»66.

Proprio la capacità di farsi vuoti è la base della sua azione, in modo sorprendentemente analogo agli insegnamenti di molti maestri orientali.

Il Maestro è tanto più ‘potente’ quanto più è vuoto, ossia quanto più è consape-vole della relatività del suo sapere, sia nei confronti della verità, sia nei confronti del-l’allievo: al pari di Socrate, il maestro buddista, “sa di non sapere”, per cui vive ogni momento nella consapevolezza di trovarsi in una condizione di costante ‘apertura’: apertura nei confronti della verità, che egli intende non come un oggetto posseduto ma come oggetto di interminabile ricerca; e apertura nei confronti dell’allievo, che egli intende non come materia inerte da forgiare o come recipiente vuoto da riempi-re, ma come ‘compagno di avventura’ in una comune, incessante ricerca della veri-tà67.

1.2.3 Nessuna dottrina, nessun maestro

Socrate, dunque, «non vuole arrivare a precisare nessun contenuto, nessun fine, nessuna verità; la verità che egli cerca, il benessere che egli vuole, è proprio questa consapevolezza critica. Ecco perché tutte le virtù si riducono a una sola virtù, e quest’unica virtù è il sapere, e questo sapere è il conoscere se stessi, e cioè l’essere criticamente, consapevolmente presenti a se stessi quando si opera, qualunque cosa si faccia»68.

65 Garin E., A scuola con Socrate –Una ricerca di Nicola Siciliani de Cumis, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1993, p. 21.

66 Pasqualotto G., op. cit., p. 96-9767 Ivi, p. 84.68 Ivi, p. 33.

In questa ricerca senza fine non si può ricorrere ad “un sapere di seconda mano”: Socrate non esponeva dottrine, ma aiutava gli altri a trovare in se stessi la verità. Il suo insegnamento è che ogni cosa va discussa criticamente e ognuno ricerca e costruisce se stesso, mettendo in discussione le proprie opinioni e credenze.

Ciò pone l’accento sul fatto che la consapevolezza e la responsabilità del proprio agire spetta a ognuno di noi; si perviene alla costatazione che l’uomo non ha in tasca già pronta una formula sul come comportarsi. «La moralità, il “sapere” morale, non consistono in un paradigma raggiungibile una volta per sempre: sono un continuo libero esame del proprio agire, una critica senza fine della umana condotta»69.

Il compito di Socrate è dunque quello di «richiamare gli uomini a un’azione consapevole»70. Egli «ricerca quello che vale, assolutamente (l’universale appunto). Ma ciò che veramente vale non è una nozione definita (la definizione teorica, per esempio, della giustizia), ma è questa crisi interna, questa raggiunta consapevolezza; la ricerca e l’interrogazione»71.

E la consapevolezza di se stessi è obiettivo auspicabile, a cui possono pervenire tutti gli uomini.

Quelli che stanno con me, dapprima sembrano ignoranti, e taluni completamente; poi invece tutti, presa confidenza, fanno progressi meravigliosi. Eppure è chiaro che non hanno mai imparato niente da me, ma hanno ritrovato da sé molte cose belle, che già possedevano […] Il maestro, il vero maestro, non dà, non impone il sapere già fatto; ma sveglia, prima, nel discepolo il desiderio, e lo induce, poi, a lavorare da sé, a trovare con le sue forze la risposta alle sue domande. Insegnare agli uomini è renderli uomini; ché essere uomo nella comune umanità è essere sé medesimo, non livellato agli altri, ma libero, ma se stesso, da sé raggiunto nella propria piena personalità. […] Socrate insegna agli altri a conoscere sé stessi per essere sé stessi.72

69 GARIN E., op. cit., p. 104.70 GARIN E., op. cit., p. 32.71 Ivi, p. 34.72 Ivi, p. 21.

Egli «è vivente simbolo di un’umanità integra e sicura nella libertà della coscienza morale»73, condizione educativa necessaria per raggiungere felicità e realizzazione.

In quella della paideia, il pensiero socratico dello “scopo” della vita è addirittura decisivo. Per esso, infatti, il compito dell’educazione è visto in una nuova luce: essa non consiste nel coltivare questa o quella facoltà, non nella comunicazione di questa o quella cognizione; o, almeno, tutto ciò decade a mezzo, a gradino del processo educativo. Propriamente suo ed essenziale è che essa fa l’uomo capace di raggiungere lo scopo della sua vita, e, perciò, s’identifica con lo sforzo socratico di attingere la scienza del bene, la phrớnesis […] Lo scopo si raggiunge in una intera vita umana.74

Risvegliatore egli è, dunque, e incantatore d’anime […] La scienza dunque, con cui Socrate chiama, non è un sapere scientifico: è la consapevolezza critica del proprio operare, che deve essere presente in ogni ora della nostra vita75.

1.3. Il metodo: dialogo e maieutica

Per sviluppare la consapevolezza che porta al Bene, Socrate si avvale del dialogo, basato su domande e risposte, e del ragionamento, un metodo caratteristico, «un modo di porre il problema che è assolutamente suo proprio, non imparato da alcuna scuola»76.

Egli non si rivolge all’uomo astratto, ma a quello reale, che incontra per strada o al mercato; per lui, dunque, era «capitale il rapporto tra il detto e la persona vivente a cui esso si dirigeva in un particolare momento»77.

Egli parte sempre da una proposizione o principio accettato dall’interlocutore, o generalmente da tutti tenuto per vero. Da questo principio, posto come base o “ipotesi”, si traggono le conseguenze che via via si mettono di fronte ad altri principi, ritenuti universalmente validi, della nostra coscienza. La scoperta che in tal modo si fa delle contraddizioni in cui si viene a cadere per aver posto a fondamento

73 Ivi, p. XIII.74 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 116.75 Ivi, vol. III, p. 32. 76 Jaeger W., op. cit., vol. III, p. 51. 77 Ivi, p. 26.

certe proposizioni, è fattore essenziale del processo dialettico. Esse, infatti, costringono a rinnovare l’esame dei fondamenti e talvolta a emendarli, talvolta ad abbandonarli del tutto78.

Attraverso la discussione, con abili domande, facendo finta di accettare la tesi dell’interlocutore (ironia), chiedendo di definire i concetti per poi esaminarli e confutarli, Socrate induceva l’interlocutore a cadere in palesi contraddizioni con quanto aveva ammesso dapprima, mostrandogli chiara l’inconsistenza del suo preteso sapere, gettandogli in cuore il desiderio del sapere verace79.

«Quindi il dialogo socratico non si propone di applicare a questioni etiche un qualunque nuovo artificio di logica definitoria, ma è solo la via, il “metodo”, offerto dal logos, per giungere a un retto operare»80. I dialoghi socratici sono un cammino comune verso la verità.

Nel metodo di Socrate si sogliono distinguere due momenti, o meglio due aspetti: l’ironico richiamo all’inconsistenza delle credenze supinamente accettate dai più, e facilmente smantellate come un tessuto di contraddizioni, il ritrovamento in se stessi della verità, che il maestro non insegna, ma, come la levatrice, aiuta a generare. Proprio da questo parto, l’arte di Socrate prende il nome di maieutica.

Il metodo usato da Socrate consiste in una sua personale pratica meditativa con la quale egli cerca di “illuminare” i suoi interlocutori, che può trovare interessanti analogie con alcune pratiche orientali.

1.4. Socrate, un maestro zen

Molti elementi depongono a favore di un’ipotesi di Socrate quale maestro spirituale, detentore di una conoscenza mistica che ne guida il cammino e l’insegnamento.

Egli trascorre la sua vita, e la sacrifica, alla ricerca di una verità che sa di non potere possedere, ma che ama sopra ogni altra cosa.

Consapevole del legame che lo accomuna agli altri uomini, sente la necessità di condividere la sua ricerca con gli altri. La sua opera educati-va è svolta nella consapevolezza della reciproca complementarietà tra

78 Ivi, p.104-105.79 GARIN E., op. cit., p. 21.80 Ivi p. 106.

maestro e allievo, della condivisione di un percorso comune, da cui cia-scuno trae vantaggio; a chiunque egli si rivolge, da pari a pari. La sua at-tività è un servizio “svolto per ordine del Dio” che accomuna gli uomini.

In lui troviamo numerose caratteristiche tipiche dei maestri spiritua-li81: il suo disinteresse per il “benessere del mondo”, potere, agi e denaro, la pratica riflessiva e meditativa, l’indifferenza nei confronti della morte, il muoversi non secondo i suoi desideri, bensì seguendo l’ordine stesso delle cose ed il loro svolgimento.

Proprio con quest’ultimo atteggiamento è forse spiegabile il demone che lo guida e gli suggerisce di “non fare” (ciò che lui vuole fare, ma di eseguire ciò che la situazione richiede). Esso è del tutto analogo alla non “azione” (wu-wei) taoista, ripresa dal Ch’an e successivamente dallo Zen, che si può esprimere con il «lasciar accadere»82 o «azione senza forzature»83.

Del resto i tratti stessi del personaggio, che non si lascia inquadrare in un ritratto omogeneo, la libertà e provocatorietà dei comportamenti, l’in-curanza per il giudizio altrui, l’originale spontaneità, la sua capacità di vivere e godere dell’istante, la sua ironia mista a serietà, il suo sprezzo per il sapere cristallizzato ed il disinteresse per la conoscenza scritta, ne danno un’immagine del tutto analoga a quella di un maestro zen.

Allo stesso modo i contenuti del suo messaggio ed il particolare meto-do dialogico si sposano perfettamente con questo tipo di insegnamento.

Partendo dal presupposto che i concetti non rappresentano la realtà, ne deriva che essa può essere raggiunta solo per esperienza diretta, non concettuale, e quindi non con gli studi e la speculazione metafisica. Lo Zen nega l’utilità dello studio delle scritture e le discussioni sulla loro in-terpretazione e sostiene un percorso diretto e immediato.

«L’atteggiamento negativo nei confronti della descrizione della real-tà ultima per mezzo di parole, è comune a tutte le dottrine buddiste […] sottolinea l’importanza della esperienza spirituale diretta e scredita la speculazione intellettuale»84.

81 Il tema è trattato in Pasqualotto G., East & West, Venezia, 2007, Marsilio, pp. 81 e segg.

82 Arena L., Storia del Buddismo Chan, Milano, Mondatori, 2002, p. 266.83 Pasqualotto G., op. cit., p. 195.84 Thich Nhat Hanh, Introduzione allo Zen, Milano, 1974, Sonzogno, p. 17

Per realizzare e praticare lo Zen, ci si deve dunque innanzitutto im-pegnare a liberarsi dall’attaccamento alle conoscenze pregresse e dai pregiudizi.

La verità, per lo Zen, non solo non risiede nell’autorità delle scritture, ma neppure negli altri, per quanto autorevoli possano essere; da qui il famoso detto «se incontri il Buddha, uccidi il Buddha».

Così Socrate usa il dialogo per “vuotare” l’altro delle proprie opinioni e credenze sclerotizzate. Fingendo inizialmente di condividerne le tesi disorienta l’interlocutore, provocando contraddizioni intellettuali lo svuota delle sue convinzioni, mette in crisi ogni certezza e ogni stereotipo concettuale, gli mostra l’inadeguatezza della ragione e la necessità di partorire ogni momento nuova verità; la mente dell’altro, spinta in un vicolo cieco, resta paralizzata, come dai koan insolubili dei maestri Zen.

Egli può finalmente vedere con l’“Occhio dello Spirito” e avere una chiara visione delle cose, che deriva dalla retta comprensione, frutto dell’attività meditativa: di conseguenza può finalmente praticare il retto agire, come predicato dal Buddha.

Capitolo secondoAuroville - La gioia di apprendere

Nessun uomo è un dio, ma in ogni uomo c'è Dio e scopo della vita divina è manifestarlo.

Aurobindo

2.1. Aurobindo

Aravinda Ghose nasce a Calcutta il 15 agosto 1872; oltre che inse-gnante di Yoga fu poeta e scrittore di vasta produzione85; la sua vita civi-le fu contraddistinta dal forte impegno politico nella causa per l’indipen-denza dell’India. Il suo nome (“loto” in lingua bengali) viene anglicizza-to in Aurobindo e proprio in Inghilterra, dove viene inviato all’età di set-te anni, soggiorna per quattordici anni, durante i quali acquisisce una vasta conoscenza della cultura europea antica e moderna. Tornato in In-dia, nel 1905 viene nominato Rettore dell'Università di Baroda, ma si di-mette dalla carica per partecipare attivamente alla lotta politica in Ben-gala. Nel 1906 diventa il Rettore della neonata Università nazionalista e, nel corso dello stesso anno, assume la leadership del Partito nazionalista del Bengala. Nel 1907 viene denunciato per diffamazione e arrestato, ma il governo inglese è costretto a rilasciarlo senza riuscire a provare le ac-cuse contro di lui. Nel 1908 viene nuovamente arrestato dalla polizia in-glese e rinchiuso nel carcere di Alipore, dove resterà un anno in attesa del processo, dal quale uscirà nuovamente scagionato da ogni addebito. Nel 1910, avvertito dell’intenzione degli inglesi di arrestarlo nuovamen-te, si imbarca segretamente per Chandernagore, da dove proseguirà poi per Pondichèry, enclave dell'India francese a circa 130 chilometri da Ma-dras, dove rimarrà fino alla fine della sua vita, il 5 dicembre 1950.

A Pondichèry la prospettiva di Aurobindo inizia ad essere più ampia e l’ideale di liberazione, da politico-indipendentista, si allarga all’intero consesso umano, trovando la sua vocazione più profonda.

Egli dedica esclusivamente le sue energie al suo percorso spirituale e alla ricerca di una esperienza completa, volta a sviluppare la sua conce-

85 In Bibliografia le sue opere tradotte in italiano.

zione e la pratica dello “Yoga integrale”, in grado di unire in una sintesi virtuosa i due poli dell'esistenza, la Materia e lo Spirito.

Contrariamente alle tesi mistiche e religiose che predicano un aldilà al di fuori della vita terrena, egli sostiene un'ascesa spirituale che consi-ste in una discesa del potere dello Spirito nella Materia, allo scopo di tra-sformarla. Per Aurobindo, dunque, il mondo manifesto non è un'illusio-ne da rigettare a favore dell’ingresso in una dimensione ultramondana, ma il palcoscenico di una evoluzione spirituale, in funzione della quale la Coscienza Divina, celata nella Materia, si va progressivamente svilup-pando.

Questo percorso di manifestazione della Conoscenza Divina è porta-tore di un radicale cambiamento nella materia e nella vita, anche dell’uo-mo, che è soltanto "un essere di transizione".

Nella sua ricerca è accompagnato dall'aiuto di Mirra Alfassa, chiama-ta semplicemente Mère, la Madre, che visse trent'anni accanto a lui, ebbe la responsabilità e la direzione dell’ashram di Pondicherry e fondò Au-roville basandosi sui suoi insegnamenti.

2.2. Auroville, la Città dell’Utopia

Auroville86 , la Città dell'Aurora, nasce nel 1968 nello stato indiano di Tamil Nadu. È una città cosmopolita, universale e sperimentale, dove uomini e donne di ogni nazione, di ogni credo, di ogni tendenza politica possono vivere in pace ed in armonia. Lo scopo di Auroville è quello di realizzare l'unità umana, come risulta dalla prima dichiarazione pubblica rilasciata nel 1965.

Auroville vuole essere una città universale in cui donne e uomini di tutti i paesi siano in grado di vivere in pace ed in crescente armonia, al di là di tutte le credenze religiose, di tutte le idee politiche e di tutte le nazionalità. Lo scopo di Auroville è quello di realizzare l'unità umana"87.

Nel 1966, il progetto di Auroville fu presentato dal governo indiano all'assemblea generale dell'UNESCO e ivi appoggiato all'unanimità. Il 28

86 Per informazioni su Auroville, si può consultare il sito web www.aurovil-le.org oppure contattare: OutreachMedia, Multimedia Centre, Auroville 605101, Ta-mil Nadu, INDIA; email: [email protected].

87 Mère, in www.old.auroville.org/journals&media/outreach/PRESS%20sheet_it.pdf.

febbraio 1968 alcuni giovani in rappresentanza di 124 nazioni si radunarono per inaugurare la città.

La Carta istitutiva di Auroville recita quanto segue: Auroville non appartiene a nessuno in particolare. Auroville appartiene a

tutta l'umanità. Ma per vivere ad Auroville bisogna essere servitori volontari della coscienza divina.

Auroville sarà il luogo di un'educazione senza fine, di un progresso costante, di una gioventù che non invecchia mai.

Auroville vuole essere il ponte fra il passato e il futuro. Utilizzando i frutti di tutte le scoperte esteriori ed interiori, Auroville procederà con slancio verso le realizzazioni future.

Auroville sarà un luogo di ricerche materiali e spirituali con lo scopo di dare forma vivente alla vera unità umana88.

Per statuto, dunque, Auroville è la città dove l’educazione non ha termine, il progresso è costante, la giovinezza mai invecchia; un luogo «dove ognuno potrà vivere in pace, senza conflitti e rivalità tra nazioni, religioni e ambizioni; dove niente e nessuno avrà il diritto di imporre la propria come esclusiva verità»89.Territorio e ambiente

Per costruire Auroville venne scelta un’area di venti chilometri qua-drati di superficie in avanzato stato di desertificazione, dunque da sotto-porre a rimboschimento e rigenerazione ambientale, con il risultato che l'area offre oggi un paesaggio verdeggiante, avvolta in un bosco tropica-le che copre oltre la metà dei suoi 20 km quadrati.

L’agricoltura è biologica, l’energia pulita, lo sviluppo della città è av-venuto con l'utilizzo di tecnologie non inquinanti e di sistemi di produ-zione compatibili con un modello di energia sostenibile. Un esperimento pilota, in questo senso, è un concentratore di raggi solari, sferico, di circa 15 metri di diametro, montato sul tetto della Solar Kitchen (la “mensa” aurovilliana), la cui energia consente di cuocere una quantità di cibo tale da poter servire oltre duemila pasti al giorno. Numerosi altri sono i pro-getti all’avanguardia su temi importanti, come quelli per la riduzione ed

88 Ibidem.89 dal messaggio di Meré del 28.2.1968, letto durante l’inaugurazione di Aurovil-

le). Cit. da www.noidonne.org/articolo.php?ID=00286.

il riciclaggio dei rifiuti, per migliorare la capacità di trattenimento del-l'acqua di alcuni laghi artificiali della zona, identificare ed introdurre pratiche agricole con ridotto consumo dell'acqua.

Le quattro zone in cui è suddivisa (zone internazionale, culturale, industriale e residenziale) sono circondate da una fascia verde; al centro della città si trova un'enorme struttura di forma sferica, alta 29 metri e con un diametro di 36 metri, chiamata Matrimandir, che costituisce l’anima della città, un luogo dove decine di persone, ad ogni ora del giorno, si raccolgono in meditazione.

La centralità del Matrimandir simboleggia la centralità della ricerca interiore e sottolinea l’importanza della meditazione quale strumento di ricerca per l’evoluzione personale e collettiva.

Organizzazione socialeAuroville è formalmente una fondazione al cui interno sono numerosi organismi.

Il Governing Board ha la responsabilità soprattutto della gestione e dello sviluppo della città e delle decisioni amministrative più importanti. Fanno parte di questo organismo anche funzionari governativi della Repubblica Indiana, che esercita funzione di controllo.

L’International Advisory Council supporta in vario modo il Governing Board. È composto da volontari disponibili a occuparsi delle necessità amministrative essenziali della città.

Nella Residents Assembly, l’assemblea di tutti gli aurovilliani che abbiano compiuto i 18 anni, si prendono “decisioni comuni” — preferibilmente all’unanimità — a partire da varie proposte.

Queste possono originare da liberi cittadini, “gruppi spontanei” o, soprattutto, “gruppi di lavoro”, che presiedono alle varie attività specifiche e ai quali sono delegate le scelte quotidiane.

La Residents Assembly -che vuole essere il cuore decisionale di Auroville- seleziona, tra i suoi membri, l’Auroville Council con funzione di coordinamento delle attività comunitarie.

Nell’ambito dell’Auroville Council troviamo il Working Commitee, riconosciuto come parte dello statuto legale di Auroville e considerato il corpo rappresentante dell’intera cittadinanza aurovilliana anche presso il parlamento indiano: un gruppo di sette persone selezionate con diverse formule, non ultima le classiche elezioni.

Esiste infine un Segretario della Fondazione, nominato dal Governo Indiano, che risiede ed ha un proprio ufficio ad Auroville.

In conseguenza del fatto che alle assemblee dei cittadini aurovilliani è difficile partecipino tutti, le decisioni prese non sono mai definitive e vengono comunicate con il settimanale interno — News and Notes — ed attraverso la auronet cittadina90.

Concepita per arrivare ad ospitare 50.000 persone ne conta oggi poco più di 2300 appartenenti a 45 nazionalità diverse; esauritosi l’impulso sessantottino alla libertà e all’impegno dei primi anni continua comun-que a crescere costantemente, seppur lentamente, da quasi cinquant’an-ni.

Per entrare a farvi parte è necessario sostenere due anni di prova, finalizzati a stimolare una scelta consapevole.

Economia e commercioL’economia di Auroville, resa nota con bilanci trasparenti, pubblicati

ogni mese sul giornale locale, è integrata in parte dal governo indiano, da Organizzazioni Non Governative indiane e straniere, dai suoi centri ed uffici di collegamento sparsi in tutto il mondo e dai contributi di indi-vidui che la sostengono in India e all'estero, oltre che, ovviamente, dai profitti provenienti dalle sue unità commerciali ed anche da quelli dei suoi stessi abitanti.

Questi ultimi sono occupati in varie attività nei settori agricolo, ambientale, delle energie rinnovabili, dell'educazione, della salute, della cooperazione con i villaggi circostanti, delle costruzioni, dell'elettronica, dell'amministrazione e del commercio; tali attività forniscono anche impiego e addestramento ad un gran numero di abitanti dei villaggi vicini, consentendo loro di migliorare il proprio tenore di vita e di acquisire preziose capacità professionali.

Ad Auroville viene praticata una economia solidaristica. Le persone impegnate nelle attività di Auroville sono tutti volontari che ricevono mensilmente un mantenimento di base, oppure provvedono ai propri bi-sogni, in parte o interamente, con le proprie risorse come contributo al progetto. Ognuno può scegliere il proprio lavoro aiutando la collettività e ne riceve in cambio l’essenziale per vivere, ma non circola denaro; quello che si guadagna viene in parte versato in un fondo comune che garantisce le necessità di base, scuola, mensa, sanità, abbigliamento es-

90 Cfr. www.viverealtrimenti.com/auroville.

senziale, ed in parte accreditato su un conto personale, più o meno a se-conda delle proprie esigenze, da cui ciascuno scala le spese per gli extra, senza prendere denaro.

Non esiste proprietà privata: ognuno si costruisce una casa a proprie spese o ne rileva una già esistente e, se vuole, ci rimane a vita; ma senza possederla, quindi senza poterla rivendere, perché gli edifici sono sem-pre intestati ad Auroville. Con lo stesso sistema funzionano le attività commerciali: chi le gestisce deve versare il 33 per cento dei proventi alla città e reinvestire nel business ciò che non gli è strettamente necessario per vivere.

SaluteL'Auroville Health Centre è attrezzato con servizi medici di base che

provvedono alle necessità quotidiane della comunità, mentre suoi sette centri minori sono situati nei villaggi vicini; inoltre un certo numero di operatori sanitari di Auroville sono attivi in diversi altri villaggi per of-frire servizi di pronto soccorso, consigli di educazione sanitaria di base e promuovere un'alimentazione più salutare.

Le metodologie di intervento sanitarie sono diverse e, oltre ai servizi medici allopatici, vengono impiegati l'omeopatia, l'ayurveda, la fisiote-rapia, l'agopuntura, il massaggio ed altre terapie alternative.

In conclusioneAuroville rappresenta uno dei più interessanti laboratori per il futuro

dell'umanità, dove si sta svolgendo un esperimento di unità umana mul-tinazionale.

Questa città combina ricerca interiore e sperimentazione di un model-lo di nuova società in un contesto eco-sostenibile, senza denaro, proprie-tà privata consumismo, gerarchie, polizia, fama, potere, competizione, spirito settario.

Ciascuno conduce la sua ricerca personale, senza santoni e senza riti. Naturalmente sussistono conflitti e debolezze, non è una realtà autosuf-ficiente,: il sistema economico è misto, ancora parzialmente legato al mercato; trovare decisioni e soluzioni condivise è lungo e faticoso, ma andare avanti insieme viene ritenuta l’unica strada per superare le molte sfide di ogni giorno e gli attuali limiti della stessa natura umana.

Dunque è lecito pensare che gli aurovilliani, con il loro impegno a mi-gliorare se stessi e il mondo, contribuiscono a concretizzare un sogno in-credibilmente reale.

2.3. L’educazione ad Auroville

Come evidenziato dal secondo punto della Carta costitutiva,

l’educazione dell’individuo sembra davvero avere un ruolo centrale nella Città dell’Aurora. Questa centralità si realizza a tre distinti livelli; in primo luo-go attraverso una costante auto-educazione — imperniata sui principi dello yoga integrale ovvero sul mantenere un livello elevato di presenza mentale nel corso di ogni azione (anche la più banale) ed ogni momento della giornata — in seconda istanza attraverso un processo di crescita collettiva nei gruppi di lavoro e nella gestione comune dei molti aspetti pratici della vita quotidiana e, infine, per mezzo di scuole91.

L'istruzione, ad Auroville, è gestita dal Saiier (Sri Aurobindo interna-tional institute of educational research), nel quale volontari con back-ground culturali diversi lavorano sui contenuti e sui metodi del sistema educativo, che comprende anche scuole diurne e serali per i bambini di zone limitrofe, attive verso la popolazione dei confinanti villaggi tamil, dove il tasso di analfabetismo è altissimo.

L’obiettivo educativo del sistema didattico pluriculturale di Auroville è quello di aiutare ciascun ragazzo ad esprimere e a realizzare il suo massimo potenziale.

Ognuno ha in se stesso qualcosa di divino [...]. Nostro compito è trovarlo, usarlo e svilupparlo. Il primo dovere dell'educazione dovrebbe essere aiutare l'anima in crescita ad esprimere ciò che ha di meglio in se stessa e farne un otti-mo strumento per un nobile uso92.

91 www.viverealtrimenti.com/auroville/92 Aurobindo cit. in www.aamterranuova.it/Genitori-e-Figli/Scuola-ad-Auroville.

2.3.1 Il Free Progress e la Last School93

Il Free Progress è un’esperimento pedagogico che nasce nel 1960 nella scuola dell’Ashram di Pondicherry con l’obiettivo di “rendere gli stu-denti felici”.

Il Free Progress è considerato una delle più originali pedagogie dal punto di vista della sperimentazione, e si basa sui seguenti principi:

- l'educazione ha il compito di guidare l'individuo nell’esplorazione di se stesso e di ciò che nasconde nel più profondo della sua coscienza;

- lo sviluppo della coscienza è la condizione necessaria all'umanità per attra-versare l’attuale crisi nata da uno squilibrio tra un progresso materiale spropor-zionato e un progresso spirituale insufficiente;

- la questione più importante riguardante l'esistenza umana è filosofica ed ontologica, e riguarda cioè il fine ultimo della vita dell'individuo.

Nel tentativo di rispondere a quest’ultima questione, l’approccio educativo qui avanti descritto si propone di sviluppare tutte le dimensioni e tutti gli aspet-ti della persona: il fisico, il vitale, il mentale, l’emozionale e lo spirituale, ed è quindi 'integrale'94.

Il metodo del Free Progress venne successivamente riadattato alla realtà di Auroville ed adottato in alcune delle sue scuole ed in particola-re nella Last School, che è una realtà particolarmente innovativa, che coinvolge una quindicina di studenti di età compresa tra i 12 e i 18 anni.

La Last School è ben fornita di servizi tra cui un centro informatico, un laboratorio scientifico, una biblioteca, un centro d'arte. Il programma di studi è svincolato da quello statale. Non ci sono diplomi, né esami, né voti; occasionalmente i ragazzi sono sottoposti a test di verifica per mo-nitorarne l’apprendimento.

Il metodo pedagogico sperimentato alla Last School prevede che l'or-ganizzazione della scuola e dei programmi sia quanto mai flessibile, in maniera da consentire a ciascuno studente di seguire un proprio percor-

93 I riferimenti ed i passi citati in questo paragrafo provengono dai seguenti siti: www.aamterranuova.it/Genitori-e-Figli/Scuola-ad-Auroville; www.ilcambiamento.it/educare.../free_progress_educazione_gioia.html ;

www.ilcambiamento.it/educare.../free_progress_educazione_gioia.html, arti-colo di Antonella Verdiani del 19 Aprile 2011.

94 Cfr. nota n. 93.

so evolutivo, che lo porti a sviluppare appieno la propria personalità. Ma soprattutto,

l'elemento comune in queste scuole dove “fa del bene andare” è il benessere e la gioia leggibile dalla luce che emana dagli occhi dei giovani. Le numerose testi-monianze di studenti e docenti concordano: “la cultura di questa educazione è quella di aiutare il bambino a dirigersi verso la gioia di imparare. Siamo lontani dalle punizioni, o dal desiderio di ottenere buoni voti, o di primeggiare sui compagni di classe. Qui si tratta di imparare per la gioia di imparare”.

Sulla base delle osservazioni comportamentali realizzate dalla ricerca, pos-siamo dunque affermare che il Free Progress è un percorso di educazione alla gioia sia per lo studente che per l'insegnante95.

Il processo educativo della Last School punta a sviluppare le facoltà mentali, il potere della volontà, le qualità estetiche ed emozionali e lo sviluppo psicofisico: tutti i giorni al termine delle lezioni possono essere praticate circa due ore di attività fisica.

Altro valore perseguito è quello di una consapevole, libera partecipa-zione.

Ogni alunno è libero di scegliere quali materie approfondire. Viene scorag-giato dal rifiutarne integralmente qualcuna e accompagnato a sentire quello che vuole conoscere più a fondo non per semplice simpatia o antipatia. Le materie principali sono: inglese, francese, tamil e sanscrito ma non è obbligatorio stu-diarle tutte. Viene naturalmente offerta la possibilità di approfondire le cosid-dette “scienze esatte”, la matematica e le scienze sociali (storia, geografia, eco-nomia, filosofia). Un giorno alla settimana viene dedicato integralmente all'arte e i programmi vengono impostati trimestre per trimestre, in base a quanto deci-dono studenti e professori insieme96.

L'alunno partecipa alla stesura del proprio curriculum formativo, supportato dai suggerimenti del docente.

Lo studente «ha anche modo di scegliere di relazionarsi con il docente che preferisce. Può chiedere, inoltre, di approfondire qualcosa di specifico, fuori

95 Cfr. nota n. 93.96 Cfr. nota n. 93.

programma o di essere coinvolto, per scopi formativi, in qualcuna delle tante at-tività che hanno luogo ad Auroville»97.

Poiché la Last School non rilascia diplomi,

uno o due anni prima del termine degli studi i ragazzi si aggregano ad una scuola convenzionale, come il Lycée Français nella vicina Pondhicherry, oppure sostengono un esame a Chennai (capitale del Tamil Nadu) per ottenere il rico-noscimento statale equivalente98.

97 Cfr. nota n. 93.98 Cfr. nota n. 93.

Capitolo terzoBrockwood – Educare all’arte del vivere

Il compito dell'educazione consiste proprio nel risvegliare l'individuo.

J. Krishnamurti

3.1. Krishnamurti

Jiddu Krishnamurti nasce l’11 maggio 1895 a Madanapalle, città del-l’Andhra Pradesh, in India. Venne adottato in giovane età da Annie Be-sant, presidente della Società Teosofica, che lo profetizzò come l’atteso Maestro del Mondo, di cui la Società Teosofica aveva predetto la venuta. Secondo la profezia sarebbe stato uno dei Maestri del Mondo che ciclica-mente si manifestano in forma umana con il compito di aiutare l’umani-tà. Per supportare questa missione fu fondata un’organizzazione chia-mata Ordine della Stella d’Oriente, della quale Krishnamurti venne mes-so a capo.

Nel 1929, però, egli rinunciò al ruolo che gli era stato assegnato e sciolse l’Ordine della Stella, restituendo tutto il patrimonio dell’Ordine a coloro che lo avevano donato.. Da quel momento e fino alla sua morte che avvenne il 17 febbraio 1986, egli viaggiò in tutto il mondo propu-gnando la necessità di un radicale cambiamento degli esseri umani.

Krishnamurti ha sostenuto una visione unitaria dell’umanità intera e ha sempre dichiarato di non avere alcuna nazionalità, né uno specifico credo o appartenenza culturale.

Nei suoi innumerevoli colloqui pubblici e privati non teorizzava nes-suna filosofia, ideologia o religione, anzi sosteneva che proprio questi sono i fattori che dividono gli esseri umani portando conflitto e guerra; piuttosto trattava dei problemi della vita quotidiana e della necessità di realizzare qualità meditativa e religiosa nelle attività giornaliere.

Nel corso della sua predicazione, Krishnamurti cercò anche di stabili-re "ponti" tra misticismo e altre conoscenze, incontrando e confrontan-dosi con personalità di tutti i generi, quali, ad esempio, scrittori come Aldous Huxley di cui divenne amico, il Dalai Lama, l’insegnante di

Hatha yoga B.K.S. Iyengar dal quale prese lezioni e scienziati del Los Alamos National Laboratory in New Mexico, U.S.A.

Krishnamurti ha lasciato una grande quantità di letteratura99, in for-ma di discussioni e discorsi pubblici, conversazioni private, interviste ra-diofoniche e televisive e lettere100.

3.1.1 Il messaggio

Krishnamurti era convinto che solo un cambiamento dell'individuo può portare alla felicità e che le strategie politiche, economiche e sociali non siano sufficienti a combattere la sofferenza umana; l’obiettivo cui l’uomo deve tendere è la sua liberazione dalle paure, dai condiziona-menti, dalla sottomissione all'autorità, dall'accettazione passiva e acritica dei dogmi, per potere pienamente esprimersi e costruire un mondo mi-gliore.

Fondamentale per affrontare quest’impresa è capire il funzionamento della mente e risolvere i conflitti dell'uomo; importante è sviluppare co-munione con la Vita e lavorare insieme agli altri uomini: non a caso la sua forma di comunicazione preferita era il dialogo, cui dava vita sottoli-neando comunque il rifiuto di ogni autorità spirituale o psicologica, compresa la propria.

Purtroppo, però, secondo Krishnamurti, l’uomo costruisce da sé le sue prigioni, attraverso ogni sorta di credenze e sistemi d’idee, spesso cercando la verità in ciò che qualcun altro ha proposto, ignorando che anche la più ingegnosa costruzione intellettuale non svelerà mai la Veri-tà.

Questo perché la Vita non è statica, né sostanzialmente di prevedibile evoluzione, e, come la Vita, anche la Verità fluisce e non si lascia incate-nare dal pensiero, ma si rivela solo al cessare di ogni astrazione mentale.

99 In Bibliografia i testi di Krishnamurti tradotti in italiano.100 La maggior parte delle notizie contenute in questo capitolo sono tratte dai siti

www.kfoundation.org , www.krishnamurti.it, nonché dal testo di Shila Mo-relli, Educare alla vita - Il caso della Brockwood Park School, prova finale del Corso di Laurea Magistrale in Lingue, Culture e Comunicazione Internazionale. Università degli studi di Milano - Interfacoltà di Scienze Politiche e Lettere e Filosofia. A.A. 2008/09.

Celebre e significativa è la sua affermazione "la Verità è una terra sen-za sentieri" che può ben rappresentare il nocciolo del suo insegnamento, con il quale intendeva spronare l'uomo a liberarsi da ogni strada già tracciata, dal passato, dai dogmi, dalle ideologie, guardando la realtà senza alcun condizionamento.

Ritengo che la Verità sia una terra senza sentieri e che non si possa raggiun-gere attraverso nessuna via, nessuna religione, nessuna scuola. Questo è il mio punto di vista, e vi aderisco totalmente e incondizionatamente. Poiché la Verità è illimitata, incondizionata, irraggiungibile attraverso qualunque via, non può venire organizzata, e nessuna organizzazione può essere creata per condurre o costringere gli altri lungo un particolare sentiero. Se lo comprendete, vedrete che è impossibile organizzare una "fede". La fede è qualcosa di assolutamente individuale, e non possiamo e non dobbiamo istituzionalizzarla. Se lo facciamo diventa una cosa morta, cristallizzata; diventa un credo, una setta, una religione che viene imposta ad altri101.

3.1.2. L’importanza dell’educazione

Krinshnamurti sviluppò un grande interesse per l’attività educativa, che considerava fondamentale, e fondò diverse scuole in India, negli Sta-ti Uniti e in Inghilterra, il cui compito era quella di educare ad una totale comprensione dell’uomo e all’arte di vivere. “Egli sottolineava che solo questa profonda comprensione può creare una nuova generazione che potrà vivere in pace”102.

"Questa è la vera funzione dell'educazione. Abbiamo bisogno di creare una buona società in cui tutti gli esseri umani possano vivere felicemente in pace, senza violenza, sicuri. E, come studenti, voi siete responsabili di questo." "Il vero senso dell'educazione è di aiutare l'individuo ad essere maturo e libero, a fiorire nell'amore e nella bontà. E' questo che dovrebbe interessarci, e non for-mare il bambino secondo qualche schema idealistico." "Amare i propri figli vuol dire essere in completa comunione con loro; significa fare in modo che abbiano il giusto tipo di educazione che li aiuterà ad essere sensibili, intelligenti e inte-

101 Dal discorso di scioglimento dell'Ordine della Stella, 3 agosto 1929, Ommen, Olanda.

102dal sito della Krishnamurti Foundation Trust: www.kfoundation.org.

gri. "La conoscenza di sé è educazione. Nell'educazione non ci sono né maestro né allievo, c'è solo l'imparare; l'educatore impara quanto lo studente." "La scuo-la è un luogo dove si impara la totalità, la completezza della vita. L'eccellenza accademica è assolutamente necessaria, ma una scuola include molto più di questo. E' un luogo dove sia l'insegnante che l'allievo esplorano non solo il mondo esterno, il mondo della conoscenza, ma anche il loro stesso pensiero, il loro stesso comportamento103."

Attraverso la continua esplorazione e osservazione si può avanzare verso la liberazione dai condizionamenti e imparare a cogliere il senso della vita.

Di certo la vita non è fatta soltanto di un lavoro, di un'occupazione. La vita è qualcosa di straordinariamente ampio e profondo, è un grande mistero, un va-sto regno in cui agiamo in quanto esseri umani. Se ci prepariamo semplicemen-te a guadagnarci da vivere, non riusciremo a cogliere il senso della vita; e com-prendere la vita è molto più importante che prepararsi per un esame o ottenere ottimi risultati in matematica, fisica e così via.

Dunque, in quanto insegnanti o allievi, non è importante domandarci perché educhiamo o veniamo educati? E qual è il significato della vita? Non è forse la vita una cosa straordinaria? Gli uccelli, i fiori, gli alberi in fiore, il cielo, le stelle, i fiumi e i pesci che ci vivono - tutto questo è vita. La vita sono i poveri e i ricchi; la vita è la perenne battaglia fra gruppi, razze e nazioni; la vita è meditazione; la vita è ciò che chiamiamo religione, ed è anche gli aspetti inafferrabili, nascosti, della mente - le invidie, le ambizioni, le passioni, le paure, le gratificazioni, le angosce.

La vita è tutto questo e molto di più. Ma di solito ci prepariamo a compren-derne solo una piccola porzione. Superiamo certi esami, troviamo un lavoro, ci sposiamo, abbiamo dei figli, e diventiamo sempre più simili a macchine. Conti-nuiamo a essere paurosi, ansiosi, spaventati dalla vita. E allora, la funzione del-l'educazione è di aiutarci a comprendere l'intero processo della vita o semplice-mente di prepararci a una professione, al miglior lavoro possibile? […]

La maggior parte di noi ha paura, in una forma o nell'altra; e dove è presente la paura, non c'è intelligenza. E non è forse possibile per tutti, da giovani, vivere in un ambiente dove non si respiri la paura, bensì la libertà - libertà non di fare ciò che si vuole, ma di comprendere il processo del vivere nella sua interezza? La vita è in realtà bellissima, non è quella brutta cosa a cui noi l'abbiamo ridotta;

103 Dal sito www.krishnamurti.it/taylor2.htm.

e se ne può apprezzare la ricchezza, la profondità, la straordinaria bellezza solo quando ci si ribella contro tutto - contro la religione organizzata, contro la tradi-zione, contro il marcio della società attuale - scoprendo autonomamente, in quanto singoli esseri umani, ciò che è vero. Non imitazione, ma scoperta: è que-sta l'educazione, non è così? E' molto facile adeguarsi a ciò che la società o i ge-nitori o gli insegnanti vi dicono. E' un modo sicuro e facile di esistere; ma non è vivere, perché in esso si annidano la paura, la decadenza, la morte. Vivere vuol dire scoprire autonomamente ciò che è vero, e questo è possibile soltanto quan-do si è liberi, quando è in atto una continua rivoluzione interiore.

Ma non siete incoraggiati a muovervi in questa direzione; nessuno vi dice di indagare, di scoprire autonomamente cos'è Dio, perché se mai vi ribellaste, di-ventereste un pericolo per tutto ciò che è falso. I vostri genitori e la società vo-gliono che viviate una vita sicura, e anche voi lo volete. In generale, una vita si-cura significa una vita di imitazione e, quindi, di paura. Ma la funzione dell'e-ducazione è di aiutare ciascuno di noi a vivere liberamente e senza paura, non è così? E la creazione di un'atmosfera libera da paure richiede un considerevole sforzo di riflessione sia da parte vostra, sia da parte dell'insegnante, dell'educa-tore. Sapete cosa significa questo - che cosa straordinaria sarebbe creare un'at-mosfera libera da paure? Noi dobbiamo crearla perché, come possiamo vedere tutti, il mondo è perennemente in preda alla guerra, è guidato da politici avidi di potere, è un mondo di avvocati, poliziotti e soldati, di uomini e donne ambi-ziosi che vogliono farsi una posizione e lottano gli uni contro gli altri per affer-marsi. Poi ci sono i cosiddetti santi, i guru religiosi con i loro seguaci; anch'essi bramano il potere, il prestigio, adesso o in una vita futura. E' un mondo folle, in preda alla confusione più totale, in cui il comunista combatte il capitalista, e il socialista si oppone a entrambi; tutti hanno nemici e lottano per conquistare la sicurezza, rappresentata da una posizione di potere o di agiatezza. Il mondo è lacerato dai conflitti fra credenze opposte, dalle differenze di casta e di classe, dai separatismi nazionali, dalle forme più svariate di stupidità e di crudeltà - e voi venite educati a prendere il vostro posto proprio in questo mondo. Venite incoraggiati a inserirvi nel contesto di questa società disastrosa; è questo che vo-gliono i vostri genitori e che anche voi, in effetti, volete.

Orbene, la funzione dell'educazione è semplicemente quella di aiutarvi ad adeguarvi allo schema di quest'ordine sociale marcio o piuttosto di darvi la li-bertà - la più completa libertà di crescere e creare una società differente, un mondo nuovo? Noi vogliamo tale libertà non nel futuro, ma adesso, altrimenti corriamo tutti il rischio di distruggerci. Dobbiamo creare subito un'atmosfera di libertà, cosicché voi possiate vivere e scoprire autonomamente ciò che è vero,

diventare intelligenti, essere capaci di affrontare il mondo e comprenderlo, an-ziché semplicemente adeguarvi ad esso; dentro di voi, in profondità, psicologi-camente, dovete essere perennemente in rivolta, perché solo coloro che sono sempre in rivolta possono scoprire il vero, non certo coloro che si adeguano, che seguono la tradizione. Solo indagando, osservando, imparando costantemente, potete trovare la verità, Dio o l'amore; ma non potete indagare, osservare, impa-rare, non potete avere alcuna consapevolezza profonda, se avete paura.

Dunque, la funzione dell'educazione è di sradicare, tanto internamente quanto esternamente, questa paura che distrugge il pensiero, i rapporti umani e l'amore104.

Solo da una rifondazione dell’uomo è possibile modificare la società e realizzare un individuo che sia un motore di un positivo cambiamento sociale, perché la struttura sociale esteriore è il risultato della struttura psicologica interiore dei nostri rapporti umani.

In questo processo l’educazione ha un ruolo fondamentale, poiché con essa si deve apprendere l’arte di vivere, di sviluppare un atteggia-mento meditativo di ricerca e di scoperta della Verità, per mezzo di una continua rivoluzione interiore e non può essere solamente trasferimento d’informazioni dall’insegnante allo studente. La vera istruzione è ”impa-rare ad imparare” per sviluppare una libertà capace di creare una nuova società, non più basata su valori rivelatisi fallimentari.

Le scuole che si ispirano a Krishnamurti intendono essere ambienti che aiutano studenti ed insegnanti a “fiorire” in modo naturale, lascian-do dispiegarsi la coscienza, schiudersi la mente, il cuore e il benessere fi-sico”, tramite un’educazione che crea lo spazio per lo sviluppo di un es-sere umano completo.

Il primo passo da compiere è dunque liberare l’individuo dai condi-zionamenti, da tutte le forme di dipendenza e autorità che derivano dal-l’esterno, educare il cervello a manifestarsi in libertà, lasciando fiorire pensieri e sentimenti, attraverso lo sviluppo di una mente libera e di uno spirito religioso, che non sia parte di nessun gruppo, chiesa o religione, né condizionato dall’ambiente. Il vero spirito religioso è una mente fre-sca, innocente, sempre giovane, una mente che non avendo legami o paure può vivere la Vita, Dio e un eterno presente con atteggiamento meditativo.

104 Da La ricerca della felicità di J. Krishnamurti.

La meditazione è lo stato di silenzio che libera la mente dall’incessan-te interferenza del pensiero, è alla base dell’arte dell’imparare e di una educazione che consiste in uno stato di apprendimento costante dalla Vita. Meditare è vivere in comunione con il movimento della Vita, la me-ditazione è una guida nel cammino attraverso “la terra senza sentieri” che dischiude la Verità.

La nuova società auspicata da Krishnamurti non vuole essere un’uto-pia legata ad un futuro più roseo, ma un modo d’essere e di fare nel pre-sente e dunque in questo risiede il valore dei centri educativi, luoghi creati per dare modo a menti relativamente spoglie da sovrastrutture de-vianti di crescere e svilupparsi in modo da non replicare valori inconsi-stenti e dannosi.

L’educazione cambia prospettiva: non è più collegata ad una necessità con-tingente, ma piuttosto mira a comprendere il valore educativo che scaturisce dalla focalizzazione della coscienza in ogni attimo della vita. Egli va oltre le frontiere di una determinata cultura e stabilisce un diverso sistema di valori ca-paci di dare vita ad una nuova società.

L’insegnamento di Krishnamurti può quindi essere definito globale e inte-grato, in quanto basato su un approccio educativo che prende in considerazione l’individuo nella sua totalità, che tocca ogni aspetto dell’esistenza, e mira a ren-dere l’individuo un essere umano integrato e quindi senza conflitti poiché nes-suna parte viene esclusa o approfondita a scapito di un’altra105.

Della diffusione e della realizzazione del pensiero di Krishnamurti si sono fatte carico alcune scuole private che a lui si ispirano, come quella di Brockwood.

3.2. Brockwood Park School

Brockwood Park School è una scuola residenziale internazionale strutturata per accogliere più o meno sessanta studenti dai 14 ai 19 anni. È stata fondata nel 1969 dallo stesso Krishnamurti.

È situata in una grande tenuta nella campagna dell’Hampshire a un'ora da Londra. Come le altre scuole Krishnamurti sorge in un am-biente estremamente gradevole sia dal punto di vista architettonico che

105 Dal testo di Shila Morelli, op. cit.

naturale; la bellezza è ritenuta importante non soltanto perché fonte di piacere, ma poiché la sensibilità alla bellezza è considerata indispensabi-le per una sana crescita.

Il rapporto con la natura è inoltre parte dello sviluppo di un essere umano integrato non solo nella dimensione sociale, ma anche rispettoso e responsabile verso l’ambiente.

La scuola incentiva questa relazione con la specifica presenza di un’attività denominata “Care for the Earth”, che implica il lavoro dello studente nell’orto della scuola. Tale attività non è vista come un lavoro, ma come mezzo per creare una relazione con il mondo naturale. A Broc-kwood la cucina è vegetariana e, per quanto possibile, vengono usati prodotti biologici, molti dei quali coltivati nel suo orto.

3.2.1. Una comunità che impara106

Brockwood ospita studenti di entrambi i sessi, provenienti da circa 25 paesi. È innanzitutto una comunità: insegnanti e studenti vivono in co-munanza condividendo le attività e il tempo libero, e si prendono cura personalmente, oltre che degli studi e dello sport, della scuola e dell'am-biente che la circonda, occupandosi anche della loro pulizia e ordinaria manutenzione. Oltre a ciò che si impara per sviluppare il proprio talen-to, l’appartenenza a questa comunità insegna agli studenti a sviluppare senso di responsabilità nei confronti di se stessi e di altra ogni cosa.

La dimensione multiculturale offre l'opportunità di scambio intercul-turale, affrontato esplorando i reciproci pregiudizi e favorendo la reci-proca comprensione e cooperazione.

Le classi sono formate in media da sei o sette studenti, in modo da consentire agli insegnanti la massima attenzione individuale e un soste-gno continuo. Krishnamurti era consapevole delle difficoltà e dei costi , ma pensava che se si fosse stati convinti di una simile scelta ci si sarebbe adoperati per realizzarla. A Brockwood le rette non coprono i costi, il personale riceve uno stipendio simbolico e la differenza viene coperta da amici e donatori.

Gli educatori come gli studenti e lo staff tutto hanno come fine il di-ventare esseri umani integrati e completi e le attività didattiche sono or-

106 La definizione è dello stesso Krishnamurti.

ganizzate con l’intento di coltivare uno sviluppo integrato di corpo, emozioni e mente.

La maggior parte degli studenti si prepara agli esami necessari per ac-cedere all’Università; è possibile anche creare un proprio percorso acca-demico individualizzato con l'aiuto e il consiglio del corpo insegnanti. Durante l'anno accademico i docenti esprimono valutazioni sugli stu-denti, ma senza voti.

Vengono indagati temi ambientali e sociali quali la giustizia, la diver-sità e l’uguaglianza per creare la capacità di risposta agli attuali proble-mi sociali.

A Brockwood l’educazione è l’arte di imparare non solo dai libri, ma, come diceva Krishnamurti, da tutto il movimento della vita, da ogni aspetto dell’esistenza con un processo fluido, in continuo cambiamento e senza fine.

L’osservazione di ciò che accade nel mondo circostante senza opinio-ni preconcette porta allo studio della storia di se stessi e di tutta l’umani-tà attraverso le relazioni, le reazioni, i valori e le idee di ognuno. Il cam-po di ricerca è la vita quotidiana con le sue sfide, gioie, dolori, paure, aspettative e valori; gli studenti lavorano e discutono su che cosa siano il conformismo, le varie emozioni, la relazione con gli essere umani e con la natura, con gli oggetti, non meno di quanto vengano sollecitati a stu-diare la matematica, le lingue o le scienze in un processo di apprendi-mento che unisce consapevolezza interiore e comunicazione con il mon-do.

L’atto educativo è fondamentalmente relazione: educatore e studente, in una relazione priva di autoritarismo, coercizione e competizione im-parano attraverso la loro relazione e la relazione con il mondo.

3.2.2. Curriculum, attività e strumenti didattici

L'accesso a Brockwood è preceduto da un’intervista preliminare volta a chiarificare le personali necessità, capacità e interessi e da una settima-na di prova al termine della quale viene deciso l'ingresso, che presuppo-

ne l'adesione alle regole della scuola107, stabilite per dare ordine e sicu-rezza alla vita comunitaria.

La condivisione delle scelte a Brockwood è comunque sottoposta alla gerarchia organizzativa, che pur non rivendicando una autorità superio-re, ha l'imprescindibile compito di salvaguardare le originali intenzioni fondative che, nella loro essenza, non sono modificabili.

Pur non avendo connessione ufficiale con il sistema educativo ingle-se, la scuola tuttavia considera nella realizzazione di una proposta edu-cativa il sistema in cui lo studente entrerà lasciato Brockwood.

107 Dal testo di Shila Morelli, prima citato, si riportano di seguito le regole principali.- Gli studenti e lo staff si rispettano reciprocamente, sviluppando un’atmosfe-

ra di collaborazione.- Gli studenti devono seguire a Brockwood un programma di attività consi-

derato ragionevole dalla scuola oltre che da se stessi; il tempo a Brockwood dovreb-be essere usato nella maniera più creativa e proficua possibile.

- La giornata nella scuola inizia alle 7.45 con il Morning Meeting a cui tutti devono partecipare. Il mattino è periodo di studio; tale atmosfera deve essere rispet-tata.

- La giornata si conclude alle 21.30 e per tale ora la scuola deve essere suffi-cientemente tranquilla e silenziosa (gli studenti devono essere nelle loro stanze per le 22.00, e non visitare nessun’altra stanza fino

al mattino successivo).- Le stanze devono essere mantenute pulite e ordinate. Talvolta i membri del-

lo staff possono entrare, previa autorizzazione, nelle stanze degli studenti per con-trollarne lo stato.

- I capelli lunghi devono essere legati durante i pasti, in cucina e nei laborato-ri.

- L’uso di tabacco, alcool e droghe è vietato, oltre che totalmente incompatibi-le con le intenzioni della scuola di incentivare lo sviluppo di individui sani dal pun-to di vista fisico e mentale.

- Gli studenti non devono indulgere in attività sessuali durante la permanen-za a Brockwood. Tuttavia la scuola sente che una conoscenza e discussione in meri-to alla sessualità sia fondamentale nell’educazione e propone attività di approfondi-mento in tal senso.

- Gli studenti e lo staff mantengono una dieta vegetariana.- Gli studenti e lo staff devono consumare i loro pasti nella Dining Hall,

escluso in caso di malattia.

Agli studenti di 14-15 anni viene proposto un curriculum flessibile, con una proposta educativa ampia che non ne limiti le scelte future, agli studenti dai 17 anni in avanti, invece, viene data completa libertà nella scelta del curriculum.

Il curriculum tiene in considerazione le necessità, i talenti e gli interes-si degli studenti e le intenzioni e capacità economiche-pratiche della scuola. Accanto agli insegnamenti fissi di materie tradizionali (inglese, matematica, fisica, chimica, biologia, storia e psicologia), su richiesta de-gli studenti possono essere attivati altri insegnamenti in base alla richie-sta degli studenti.

Ci sono anche attività specifiche di Brockwood, quali: K-time e Inquiry time. Il primo è uno spazio settimanale di 45 minuti di indagine e di ri-flessione sugli insegnamenti di Krishnamurti, il secondo consiste in un incontro settimanale durante il quale gli studenti si confrontano ed inda-gano su questioni psicologiche di loro interesse.

Tra le attività alcune sono rivolte alla cura del benessere, in particola-re con un programma definito come Health Promotion Policy, attraverso cui vengono monitorati la salute il generale benessere degli studenti, tra-mite il controllo del sonno, dell’alimentazione, dell’attività fisica e della performance scolastica, oltre che, ovviamente, delle eventuali situazioni di malattia.

Fondamentali, nel processo educativo, sono gli strumenti del dialogo e del silenzio.

Il dialogo non viene visto come una disputa intellettuale, nella quale far prevalere un punto di vista, ma come incontro, esplorazione, indagi-ne, scoperta. La base iniziale del dialogo è la consapevolezza del "non sapere", che permette l’emergere di significati nuovi o nascosti, lo svi-luppo della comprensione attraverso l'osservazione e l’ascolto reciproco.

Il curriculum accademico è pianificato considerando la necessità di fornire allo studente un modo per trascorrere del tempo in solitudine e della fruizione di momenti di silenzio. Il silenzio segna l’avvio della giornata nel Morning Meeting, l’incontro che si tiene all’inizio della gior-nata e trova spazio in molte lezioni e incontri come metodo per lo svi-luppo della consapevolezza.

Attraverso il silenzio si incoraggiano la riflessione e l'apprendimento, poiché, per imparare, è fondamentale che la mente sappia essere, oltre che vuota, anche quieta e silenziosa.

La comunità si occupa di preparare gli studenti alla vita dopo la per-manenza a Brockwood, attraverso un programma chiamato Life after Brockwood Curriculum. A partire dal penultimo anno vengono organizza-te specifiche attività a supporto delle successive scelte degli studenti, sia che intendano accedere ad un un’università in Inghilterra, sia che optino per la ricerca di un lavoro.