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LE NUOVE PENSIONI

La Riforma Fornero-Monti

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Con l’Unità d’Italia viene recepita la legislazione piemontese sulle pensioni ai dipendenti civili e militari dello Stato.

1898 Viene istituita per i dipendenti privati la “Cassa Nazionale per l’invalidità e la vecchiaia degli operai” con iscrizione mediante un contributo annuo libero. Al compimento del 65° anno di età l’assicurato riceveva una rendita vitalizia calcolata capitalizzando i contributi versati, con riscatto del capitale a favore dei familiari in caso di morte e liquidazione anticipata in caso di invalidità.

1898 Viene istituita l’assicurazione obbligatoria per gli operai dell’industria contro gli infortuni sul lavoro.

1933 La Cassa Nazionale viene riorganizzata e denominata INPS.

1945 Passaggio dal sistema a capitalizzazione al sistema a ripartizione. Due ragioni:

1)l’iperinflazione del periodo postbellico che aveva azzerato il valore, in termini di potere d’acquisto, delle disponibilità finanziarie accumulate dagli enti previdenziali;

2) progressiva estensione della previdenza sociale a categorie sempre più ampie fino ad arrivare nel 1969 a tutti cittadini con almeno 65 anni di età.

1965 Introduzione della pensione sociale, intesa come trattamento minimo per tutti i lavoratori e della pensione di anzianità, percepita indipendentemente dall’età, da coloro che avessero almeno 35 anni di contributi.

1996 La pensione sociale è stata sostituita dall’assegno sociale.

Cenni storici sul sistema pensionisticoCenni storici sul sistema pensionistico

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Come funziona?

Nel sistema a capitalizzazione i contributi versati dai lavoratori oggi vengono investiti in attività finanziarie e serviranno a finanziare le pensioni di domani, percepite da coloro che hanno versato quei contributi.

Nel sistema a ripartizione i contributi versati dai lavoratori di oggi vengono utilizzati per finanziare le pensioni percepite oggi dai lavoratori di ieri.

Patto fra generazioniLa generazione anziana viene mantenuta dalla generazione giovane,

in cambio dell’implicita “promessa” che la generazione giovane godrà dello stesso trattamento, che sarà a carico della giovane generazione futura.

Equilibrio del sistema a ripartizione-Un rapporto costante tra lavoratori e pensionati, data una certa

entità di contributi versati;-la produttività del lavoro costante.In particolare, la pensione cresce se aumentano le aliquote

contributive, la produttività del lavoro, il tasso di occupazione, la fiscalità generale;

La pensione diminuisce se cresce il tasso di vecchiaia (rapporto numero vecchi e popolazione); se cresce il numero dei pensionati rispetto ai vecchi (aumento delle pensioni di anzianità)

Il sistema previdenziale a Il sistema previdenziale a ripartizione ripartizione

(in vigore dal 1945 al 1995)(in vigore dal 1945 al 1995)

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3 Cause1) La demografia;2) i mutamenti del mercato

del lavoro;3) la crisi della finanza;

pubblica.

La crisi del sistema previdenziale a La crisi del sistema previdenziale a ripartizione ripartizione

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Incide sotto un duplice versante:- Allungamento della vita media (miglioramento

delle condizioni economico-sanitarie della popolazione). Da fonti Istat all’inizio del XX secolo la vita media era di 43 anni per uomini e donne; oggi è di 78 anni per gli uomini e 84 per le donne; nel 2030 si prevede un’età media di vita di 82 anni per gli uomini e 88 per le donne.

- Calo delle nascite (passaggio dalla società agricola a quella industriale, emancipazione femminile, sviluppi della contraccezione). Il tasso di natalità in Italia è pari attualmente a 1,31 figli per donna.

Questi due fattori determineranno, secondo diverse previsioni, un aumento del tasso di dipendenza dall’attuale 25% (4 lavoratori 1 pensionato), al 65% (1,5 lavoratori 1 pensionato) del 2050.

1 - LA DEMOGRAFIA1 - LA DEMOGRAFIA

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- Si entra nel mercato del lavoro sempre più tardi (si studia di più);

- maggiore discontinuità nei periodi lavorativi;

- lo stock di lavoro standard si è assottigliato (flessibilità dei rapporti di lavoro).

2 – I MUTAMENTI DEL MERCATO 2 – I MUTAMENTI DEL MERCATO DEL DEL LAVORO LAVORO

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Dagli anni 70 il sistema previdenziale italiano accumula un progressivo disavanzo:

1960 Spesa pensioni 5% del Pil;

1990 Spesa pensioni 12,8% del Pil (ricorso alla fiscalità generale per finanziare le pensioni: agli inizi del 1990 assorbiva quasi la metà del gettito complessivo Irpef).

3 – LA CRISI DELLA FINANZA 3 – LA CRISI DELLA FINANZA PUBBLICAPUBBLICA

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Decreto legislativo 503/1992

Legge 335/1995 (Riforma Dini)

Legge 243/2004 (Riforma Maroni)

D.lgs 252/2005 Disciplina delle forme pensionistiche complementari

Legge 2007/247 (dallo scalone agli scalini)

Legge 122/2010 (dalle “finestre alla finestra”)

Legge 22 dicembre 2011, n. 214 (Riforma Monti-Fornero)

Riferimenti LegislativiRiferimenti Legislativi

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3 interventi prioritari:

1) allungamento dell’età pensionabile dei lavoratori dipendenti da 60 a 65 anni per gli uomini e da 55 a 60 anni per le donne;

2) indicizzazione delle pensioni al costo della vita e non ai salari;

3) allungamento del periodo di calcolo della pensione, dall’ultima retribuzione, alla retribuzione media degli ultimi 5 anni, alla media degli ultimi 10 anni dal 1° gennaio 1993.

Decreto legislativo 503/1992Decreto legislativo 503/1992

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2 interventi che stabilizzano la riforma del 1992

1) Viene stabilita una quota pari a 92 tra età anagrafica ed età contributiva per il diritto alla pensione di anzianità, fermo restando il diritto alla pensione con i 40 anni contributivi;

2) passaggio graduale dal sistema a ripartizione a quello contributivo, con tre ipotesi:

- A) > 18 anni di contributi al 31/12/1995 manteneva il sistema retributivo (2% dello stipendio per ogni anno di lavoro; pensione all’80% dello stipendio con 40 anni di contributi)

- B) < 18 anni di contributi al 31/12/1995 sistema MISTO contributivo, accreditando contributi figurativi (33% della retribuzione annua); si capitalizzano tali quote rivalutate in base al tasso di crescita medio del Pil nominale. Si ottiene un montante contributivo individuale, trasformato in rendita pensionistica annua moltiplicando per un coefficiente di trasformazione attuariale (da rivedere ogni 10 anni)

- C) lavoratori assunti dopo il 31/12/1995 si applica il sistema contributivo pieno.

Legge 335/1995: introduce il Legge 335/1995: introduce il contributivocontributivo

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1) Dalle finestre alla finestraFino al 31 dicembre 2007 la pensione di

vecchiaia decorreva dal primo giorno del mese successivo al raggiungimento dell’età pensionabile. Dal 1° gennaio 2008 sono state introdotte le finestre che di fatto allungavano il periodo per la pensione. La Legge 122/2010, in luogo della finestra periodica, introduce la finestra a scorrimento: il pensionamento decorreva dopo 12 mesi per i dipendenti e 18 per gli autonomi.

2) Eleva dal 2011 l’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego da 61 a 65 anni.

3) Stop alle ricongiunzioni gratuite (vedi dopo).

Legge 122/2010: tre novitàLegge 122/2010: tre novità

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1) dal 1° gennaio 2012 metodo contributivo per il calcolo della pensione

2) eliminazione delle pensioni di anzianità

3) parificazione definitiva dell’età pensionabile tra uomini e donne

4) flessibilità nel pensionamento con penalizzazioni e abolizione della “finestra”

Le nuove pensioni: 4 grandi Le nuove pensioni: 4 grandi novitànovità

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Tale sistema venne introdotto nel 1995, la riforma Fornero ne accelera i tempi di applicazione. Quindi tre situazioni:

per i lavoratori assunti dopo il 1996 non cambia nulla (era già previsto il sistema contributivo);

Quelli che avevano al 31/12/1995 18 o più anni di contributi

PRIMA tutto retributivo. ORA retributivo fino al 31/12/2011 e

contributivo dal 1/1/2012;

per chi aveva al 31/12/1995 meno di 18 anni di contributi non cambia nulla: retributivo fino al 31/12/1995 e contributivo dal 1996.

Dal 2012 tutti con il sistema Dal 2012 tutti con il sistema contributivocontributivo

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Il sistema dello “scalone” o scalini, che legava età anagrafica (60 e/o 61 anni nel 2011) e 35 anni di contributi o con 40 anni di età contributiva è stato abolito.

Si può andare in pensione dal 1/1/2012:UOMINI con 42 anni e un mese di

contributiDONNE con 41 anni e un mese di contributi

(Per chi ha maturato i 40 anni di contributi entro il 31 dicembre 2011 restano in vigore i criteri attuali, vale a dire i 41 anni e un mese di contributi (compresa la finestra) senza dover attendere i 62 anni e la penalizzazione del 2% sul calcolo).

Addio alle pensioni di anzianitàAddio alle pensioni di anzianità

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Se si vuole mantenere la quota di TFR presso

E chi non ha i 41 o 42 anni di contributi?E chi non ha i 41 o 42 anni di contributi?

Occorre avere i requisiti per la pensione piena. Quindi almeno 62 anni e 20 anni di contributi.

• Senza i 20 anni di contributi non si va in pensione. Si percepirebbe solo l’ASSEGNO SOCIALE, di circa 430 euro mensili a 66 anni di età (65 anni nel 2011), se non si superano i 5.557 euro annui di reddito.• Senza i 62 anni di età:1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni, 2% l’anno oltre i due anni di anticipo. Quindi es. con 60 anni la penalizzazione è del 2% con 58 anni dell’6%.

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I più penalizzati: i nati nel 1952Questi lavoratori compiono nel 2012 i

60 anni: con 36 anni di contributi (sistema scalini del 2007) potevano andare in pensione. Con la riforma dovranno invece raggiungere i 66 anni, quindi lavorare altri 6 anni.

Perciò la stessa riforma prevede che potranno andare in pensione a 64 anni e quindi lavorare altri 4 anni, invece di 6.

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e i lavoratori precoci

Chi ha iniziato a lavorare giovanissimo ad esempio a 15 anni raggiunti i 40 anni di contributi sarebbe andato in pensione, compreso la finestra mobile di un anno, a 56 anni. Ora dovrà lavorare un anno in più per arrivare ai 42 anni di contributi, ma se decide di andare in pensione a 57 anni, cioè 5 anni prima dei 62, avrà una penalizzazione dell’8%.

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Gli esodati (non riguardano l’università…..per fortuna)

Sono quei lavoratori che sono stati messi in mobilità ai sensi della legge 223/91 percependo la relativa indennità: finita la mobilità automaticamente andavano in pensione (cosiddetto scivolo).

Poiché con la riforma i tempi di pensione si allungano, questi lavoratori cosiddetti esodati si trovano senza indennità di mobilità e senza pensione.

Il Governo sta studiando ipotesi per assicurare loro una copertura reddituale o pensionistica

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Occorrono congiuntamente almeno : 62 anni di età 20 anni di contributi

Con meno di 62 anni PENALIZZAZIONI dell’1% per ogni anno di anticipo; 2% l’anno oltre i 2 anni di anticipo. Quindi con 60 anni 2%, con 58 anni 6%.

Con meno di 20 anni di contributi non si percepisce alcuna pensione, tranne l’assegno sociale.

Dai 62 anni fino ai 70 pensionamento FLESSIBILE, con applicazione dei coefficienti di trasformazione.

La La pensionepensione pienapiena

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Occorreranno 66 anni, limite destinato ad aumentare con l’aumento della speranza di vita

DONNE dal 2012.Nel privato in pensione a 62 anni; (63 anni e 6 mesi dal 1° gennaio 2014, a 65 anni dal 1° gennaio 2016 e 66 anni dal 1°gennaio 2018).

Nel pubblico impiego con la Legge 122/2010 andranno in pensione a 66 anni, come per gli uomini.

Uomini e donne in pensione alla stessa etàUomini e donne in pensione alla stessa età

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La Contribuzione per la La Contribuzione per la pensionepensione

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E’ rappresentata da un prelievo contributivo legato alla retribuzione:

2/3 a carico del datore di lavoro 1/3 a carico del lavoratore.

L’aliquota è del 33%23,81% per il datore di lavoro 9,19% per il lavoratore. Es su uno stipendio di 1.000 euro, 333 euro vanno all’INPS, 91,90 euro dal lavoratore e 241,10 euro dall’azienda.

Quando la retribuzione annua supera un certo importo detto “tetto pensionabile” che per il 2012 è fissato a 44.162 euro, il contributo per il lavoratore aumenta dell’1% sulla parte eccedente.

La contribuzione obbligatoriaLa contribuzione obbligatoria

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Contributi figurativiContributi figurativi

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La copertura figurativa è GRATUITA. Il riscatto è sempre ONEROSO. Esso infatti

consente al lavoratore di coprire, a proprie spese, i periodi previdenzialmente scoperti. Il riscatto è agevolato dal fisco in quanto i contributi versati sono deducibili dal reddito imponibile.

Es. Riscatto LAUREA Condizioni dal 2008:

1.Può essere chiesto anche prima del lavoro, con il 33% dell’imponibile lavorativo presunto di 14.927 euro. Se chiesto durante il lavoro si applica il 33% dello stipendio annuo lordo;

2.pagamento rateale fino a 10 anni senza interessi;

3.piena computabilità ai fini dell’anzianità richiesta per la pensione contributiva;

4.se non si lavora l’onere del riscatto può essere detratto dal reddito dei genitori.

Contributi da riscattoContributi da riscatto

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Sì, se riscattando gli anni di studio si raggiunge la pensione anticipata prima dell’età pensionabile: 66 anni per uomini e donne dal 2018. Es. Per riscattare 4 anni di studio un lavoratore di 50 anni con un reddito annuo lordo di 31 mila euro deve sborsare 45 mila euro. In questo modo, se raggiungesse i 42 anni di contributi potrebbe andare in pensione a 62 anni invece che a 66 anni, il riscatto conviene. Conviene anche quando il periodo di studio è utile a raggiungere la soglia dei 20 anni di contributi che danno diritto alla pensione di vecchiaia, che altrimenti non percepirebbe.

Conviene riscattare? DipendeConviene riscattare? Dipende

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Essa consiste nel trasferimento dei contributi versati in fondi diversi ad un unico fondo previdenziale. Fino al 2010 era sempre gratuita.

Con la Legge 122/2010 è invece ONEROSA. I criteri sono fissati dalla Legge n. 29/1979. I contributi ricongiunti sono equiparati a quelli obbligatori.

La ricongiunzioneLa ricongiunzione

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E’ un’alternativa alla ricongiunzione onerosa e consente di cumulare la contribuzione a più fondi pensionistici. La pensione totalizzata, cioè risultante dalla somma delle pensioni liquidate dai diversi fondi a cui si è contribuito, è pagata dall’INPS anche senza contribuzione INPS.

Fino alla riforma Fornero erano necessari 3 anni di contributi per beneficiare della totalizzazione. Dal 2012 occorre per

- la pensione di vecchiaia avere l’età pensionabile e sommare 20 anni di contribuzione;

- la pensione anticipata i contributi previsti, vale a dire i 41 o 42 anni e un mese.

La totalizzazione: cos’è?La totalizzazione: cos’è?

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Differenza tra ricongiunzione totalizzazione

La ricongiunzione può essere onerosa, mentre la totalizzazione è sempre gratuita.

In molti casi la ricongiunzione permette di andare in pensione prima rispetto alla totalizzazione.

Con la ricongiunzione la pensione viene calcolata secondo il criterio adoperato nel Fondo presso cui si effettua la ricongiunzione, mentre con la totalizzazione ogni Fondo calcola la propria quota della pensione secondo il criterio vigente in quel Fondo.

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A parità di retribuzionePassare da INPS a INPDAP è ONEROSO perché

l’INPDAP aveva un’aliquota contributiva più elevata.Mentre passare da INPDAP a INPS è gratuito, ma si

perdono la quota dei maggiori contributi versati.

Senza parità di retribuzione ricongiungere presso l'Inpdap i contributi versati in INPS poteva essere oneroso o gratuito. Gratuito quando le  retribuzioni percepite quando si era iscritti all' INPS erano maggiori rispetto a quelle INPDAP; per tale motivo la ricongiunzione potrebbe non essere conveniente in quanto la pensione risulta più bassa.

INPS INPDAP: cosa succede?INPS INPDAP: cosa succede?

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Facciamo un esempio Ho 10 anni di contribuiti Inps e adesso sono iscritto

all'Inpdap. Mi conviene ricongiungere tutti i contributi all'Inpdap?

Per stabilire la convenienza di una scelta previdenziale bisogna individuare e valutare dal punto di vista economico tutte le possibili alternative che sono 4:

 1. - ricongiunzione, generalmente onerosa, da Inps a Inpdap;

2. - ricongiunzione da Inpdap a Inps, da effettuare al momento del pensionamento;

3. - pensione autonoma di vecchiaia Inpdap più supplemento di pensione Inps;

4. - totalizzazione dei contributi Inps e Inpdap.

Ogni possibilità comporta in genere una pensione di valore diverso e perciò bisogna analizzare i risultati caso per caso.

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INPADAP soppresso dal 2012

Soppresso dal 1° gennaio 2012 e le relative funzioni sono attribuite all' INPS, che succede in tutti i rapporti attivi e passivi (art. 21 Legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Quindi tutte le pensioni saranno a carico dell’INPS e per i contributi valgono quanto detto con la slide 29.

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Sono quelli versati volontariamente dal lavoratore che ha smesso di lavorare per conseguire comunque una pensione. Come per i riscatti i contributi volontari sono deducibili interamente dal reddito.

L’aliquota è del 33%. Dal 2012 è stata ridotta al 27,87% se si è stati autorizzati al versamento della contribuzione entro il 1995.

Contributi volontariContributi volontari

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Dal 2012 adeguamento all’indice di inflazione ISTAT solo per le pensioni sino a tre volte il minimi (1.405 euro).

Mentre PRIMA 100% fino a tre volte il minimo; 90% della quota compresa tra 3 e

5 volte il minimo (tra 1.405 e 2.342 euro);

75% oltre a 5 volte il minimo 2.342 euro.

IndicizzazioneIndicizzazione