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08/05/2011 1 La musica in Francia nel primo Novecento Gabriel Fauré (1845-1924) Claude Debussy (1862-1918) Maurice Ravel (1875-1937) Erik Satie (1866-1925) Nel tardo Ottocento, inizialmente in Francia e poi nel resto d'Europa, si iniziò a prendere atto dell'inesorabile fallimento del Positivismo: la ricerca scientifica, per quanto coronata da sfolgoranti successi come mai prima di allora, non poteva giungere ad illuminare gli interrogativi più profondi dell'uomo e a dare un senso alla vita e alla morte. Per di più, si avvertiva nettamente la spaccatura fra l'ottimistica visione del mondo dettata dall'incrollabile fede nel progresso tecnologico e la concreta realtà economica, politica e sociale, lacerata da crisi e ingiustizie profondissime e restia ad ogni cambiamento. Si aprì allora la fase storica del Decadentismo, detta così dall'incipit di un sonetto di uno dei suoi più celebri poeti, il francese Paul Verlaine: «Je suis l'Empire à la fin de la décadence» («Io sono l'Impero alla fine della decadenza»). Fiorirono numerose le correnti di pensiero irrazionali e misticheggianti, dedite anche all'esoterismo e all'occultismo o alla ricerca di una religione alternativa a quella tradizionale (dai Rosacroce alla teosofia all'antroposofia).

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La musica in Francia nel primo Novecento

Gabriel Fauré (1845-1924)

Claude Debussy (1862-1918)

Maurice Ravel (1875-1937)

Erik Satie (1866-1925)

Nel tardo Ottocento, inizialmente in Francia e poi nel resto d'Europa, si iniziò a prendere atto dell'inesorabile fallimento del Positivismo: la ricerca scientifica, per quanto coronata da sfolgoranti successi come mai prima di allora, non poteva giungere ad illuminare gli interrogativi più profondi dell'uomo e a dare un senso alla vita e alla morte. Per di più, si avvertiva nettamente la spaccatura fra l'ottimistica visione del mondo dettata dall'incrollabile fede nel progresso tecnologico e la concreta realtà economica, politica e sociale, lacerata da crisi e ingiustizie profondissime e restia ad ogni cambiamento.

Si aprì allora la fase storica del Decadentismo, detta così dall'incipit di un sonetto di uno dei suoi più celebri poeti, il francese Paul Verlaine: «Je suisl'Empire à la fin de la décadence» («Io sono l'Impero alla fine della decadenza»). Fiorirono numerose le correnti di pensiero irrazionali e misticheggianti, dedite anche all'esoterismo e all'occultismo o alla ricerca di una religione alternativa a quella tradizionale (dai Rosacroce alla teosofia all'antroposofia).

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Fu il movimento culturale francese del Simbolismo ad incarnare queste tendenze di fondo all'interno di una produzione artistica di altissimo livello. I simbolisti, riallacciandosi tra l'altro ad una celebre poesia di Baudelaire (Correspondences, contenuta in Les Fleurs du mal, 1857), ritenevano che la realtà visibile fosse intimamente collegata a quella invisibile, essendone quasi uno specchio simbolico. L'unica via di conoscenza sarebbe dunque quella intuitiva, realizzata attraverso il potere evocatorio dell'arte: profumi, colori, suoni si rispondono, come sosteneva Baudelaire, rinviando in modo misterioso e simbolico a ciò che non è percepibile. Come si comportarono i musicisti di fronte a tutto ciò? Sappiamo che in campo musicale, nonostante Carmen e Boris Godunov (nonché, in una certa misura, Traviata), il realismo positivista era rimasto un fenomeno abbastanza marginale. Non era quello l'avversario da abbattere: chi si ergeva come irrefutabile pietra di paragone - tanto per coloro che accettavano il suo verbo, quanto per coloro che lo rifiutavano - rimaneva ancora Wagner, perfino molti anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1883. L'influenza wagneriana fu così potente da riverberarsi anche sul nascente Simbolismo francese.

L'Angelo ferito (1903) di Hugo SimbergAteneum

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Può sembrare strano, ma ciò che i francesi conoscevano maggiormente di Wagner non era la musica, bensì i testi. La sua musica, infatti, aveva avuto ben poche occasioni di essere eseguita nei teatri di Francia perché il pubblico borghese l'aveva respinta con decisione, considerandola come quintessenza della germanicità; e questo atteggiamento si fece ancora più pesante sull'onda montante del nazionalismo, esacerbatosi dopo la sconfitta di Sedan del 1870. Ma i compositori si interessarono moltissimo all'aspetto tecnico della musica wagneriana: soprattutto alle sue sconvolgenti innovazioni armoniche e alla tecnica del Leitmotiv.

CLAUDE DEBUSSY

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Anche Claude Debussy (1862-1918), il compositore francese che più di tutti svetta sul crinale tra Otto e Novecento, risentì dell'ambiguo rapporto che il mondo francese intratteneva con Wagner. Benché i suoi unici studi regolari fossero stati quelli musicali al Conservatorio di Parigi, egli frequentò ben più assiduamente i letterati che i suoi colleghi musicisti: in particolare, terminato il soggiorno romano conseguente alla vittoria del Prix de Rome (1885-87), ebbe l'onore di essere ammesso ai famosi 'martedì' in cui Mallarmé riceveva nella sua casa i massimi scrittori e pittori del momento. Ad arricchire la sua formazione non furono soltanto i contatti con questi simbolisti: egli poté usufruire anche di significativi incontri musicali. Nell'anno 1889, presso l'Esposizione Universale di Parigi, Debussy assistette all'esibizione di un'orchestra gamelan dell'isola indonesiana di Giava, costituita per la gran parte da strumenti a percussione di metallo, e a rappresentazioni del teatro di corte dell'Annam (oggi Vietnam). Rimase profondamente colpito dalla raffinatissima musica e dalla drammaturgia di questi che definì «affascinanti piccoli popoli», traendone soprattutto i seguenti stimoli:

– uso di scale pentatoniche ed esatoniche, che implicavano un'armonia completamente diversa da quella occidentale, non governata da criteri quali direzionalità e funzionalità;

– concezione statica del ritmo, spesso ondeggiante in una fascia sonora quasi immobile; ma questa impressione di immobilità è frequentemente dovuta alla fitta sovrapposizione di più ritmi singoli contrastanti fra di loro (poliritmia);

– concezione egualmente statica e quasi circolare della forma, che non tende verso il raggiungimento di un climax;

– drammaturgia costruita senza grandi apparati orchestrali o scenici, in cui l'emozione può essere scatenata da elementi semplicissimi e quasi scarni: essenzialità, e non magniloquenza.

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Un altro repertorio che contribuì a indirizzarlo verso nuove soluzioni musicali fu quello del canto gregoriano: i suoi modi ecclesiastici erano un'altra preziosa sorgente di armonie non tonali, così come il suo ritmo fluido e non incasellato in rigide battute. Debussy usò un termine particolare - che ci ricorda Hanslick - per definire lo stile gregoriano: arabesco (lo applicò anche alla musica di Bach, compositore che ammirava sopra tutti gli altri).

Il suo protendersi verso tradizioni al di fuori di quella euro-colta lo portò a considerare con molta ammirazione la musica di Musorgskij: intorno al 1891 ne era addirittura «completamente impregnato», secondo quanto riferisce il suo amico Satie. Anche Musorgskij gli offriva spunti per sistemi armonici di tipo modale, per ritmi di tipo additivo e non divisivo e per una drammaturgia diversa da quella di Wagner.

Quindi, nonostante abbia pagato anch'egli il suo tributo al culto wagneriano recandosi a Bayreuth nel 1888 e nel 1889 e nonostante la sua ammirazione per il grande poeta-musicista tedesco, Debussy riuscì a costruirsi una concezione drammaturgica assolutamente personale.

Secondo quanto Debussy scrisse al suo maestro Guiraud, il librettista ideale sarebbe «quello che, dicendo le cose a metà, mi permetterà di innestare il mio sogno sul suo»; e la musica deve cominciare «laddove la parola è impotente ad esprimere; la musica è fatta per l'inesprimibile; vorrei che essa avesse l'aria di uscire dall'ombra e che, a tratti, vi rientrasse; che fosse sempre discreta».

Anche la tecnica del Leitmotiv lo lasciava perplesso, poiché - a suo avviso - Wagner aveva «esagerato questo procedimento fino alla caricatura»: «pensate forse che in una composizione una stessa emozione possa essere espressa due volte?».

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Nella sua unica opera, quel Pelléas et Mélisande nato dopo una decina d'anni di gestazione (prima rappresentazione all'Opéra-Comique nel 1902), questi principi drammaturgici sono applicati con coerenza. Il testo - un dramma in prosa di Maurice Maeterlinck, del 1893, che nell'opera viene solo accorciato e lievemente modificato per renderlo ancora più vago e sfuggente - mostra personaggi fragili, tutti alla fine perdenti, molto diversi dagli eroi wagneriani. Pelléas è un giovinetto ignaro e irresoluto, dalle caratteristiche quasi androgine, tanto che nel dramma di Maeterlinck era impersonato da una donna (nel 1904 si trattò addirittura della famosissima attrice Sarah Bernhardt); e Debussy stesso prese seriamente in considerazione l'idea di affidare la parte ad una cantante. Mélisande, poi, è un personaggio che esce dalle brume del mistero (nessuno riesce a sapere nulla della sua origine) e se ne va in una maniera altrettanto misteriosa: muore - non si sa di cosa - nel silenzio, quasi lasciando affievolire fino al nulla una vita già fievole. La musica, dal canto suo, asseconda questa tendenza al silenzio: l'uso lievissimo dei Leitmotive non appesantisce l'orchestra, che supporta con un delicato gioco di luci e di ombre il sillabico declamato delle voci e riempie con interludi lo spazio tra l'uno e l'altro dei cinque atti (dall’inizio alla fine, dunque, non vi è mai interruzione: il silenzio è sempre all'interno della musica stessa, mai avulso da essa).

Claude Monet - Impression, soleil levant (Impressione, levar del sole)

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Uno stesso substrato lega dunque un tale teatro 'antidrammatico' con le altre composizioni musicali debussiane: esse rifiutano lo sviluppo nel senso classico-romantico del termine, adagiandosi in una sorta di circolarità senza tempo.

A partire da queste premesse, appare chiaro come non si possa ridurre la figura di Debussy a quella di un 'impressionista' musicale, quasi un fratellino minore dei grandi impressionisti pittorici. Secondo questa interpretazione - vigente fino a qualche tempo fa - quasi tutta la produzione di Debussy andrebbe collocata in un tardo Romanticismo, come musica a programma sebbene di tipo più intimista e allusivo: lo scopo dell'autore francese sarebbe stato quello di creare un'atmosfera musicale, suggerita dai titoli programmatici delle sue composizioni, soprattutto mediante un raffinato gioco di sonorità.

Oggi, però, si guarda a Debussy in modo molto diverso. In primo luogo, è stato definitivamente messo a fuoco il fatto che egli frequentò molto più gli ambienti simbolisti che quelli impressionisti, e che trasse i testi da musicare quasi esclusivamente da poeti simbolisti. Profondamente collegato all'estetica simbolista è il Pelléas, che sembra in continuazione rinviare a un senso più profondo e oscuro.

Ma è soprattutto dal punto di vista tecnico-musicale che non è più sostenibile l'ipotesi di un Debussy impressionista; ed anche la definizione di simbolista, da La mer in poi, gli va decisamente stretta. Fin dal secondo dopoguerra, ad opera del compositore francese Olivier Messiaen, si è iniziato a guardare a Debussycome ad uno degli iniziatori del Novecento musicale, per quanto egli fosse agli antipodi di Schoenberg e della corrente che a costui si richiama. Questo non è dovuto solo al suo voler «annegare la tonalità» attraverso il ricorso a scale modali, pentatoniche, esatoniche e alla scala per toni interi; anche perché Debussy non fu mai veramente atonale, ricercando sempre un centro di attrazione per le sue armonie.

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In particolare è la sua concezione del tempo ad essere di una modernità sconvolgente e a lanciare un messaggio che verrà raccolto nella sua interezza solo molto tempo dopo. Debussy cerca di arrestare il flusso del tempo, di disintegrare quello che fino ad allora era un processo lineare (partire da un inizio, attraversare uno sviluppo, giungere ad una logica conclusione), accostando tra loro frammenti di tempo assoluti, indipendenti gli uni dagli altri. Il suono, singolo o in agglomerati sonori, diviene il centro della sua attenzione: è l'attimo fuggente finalmente bloccato e divenuto un valore di per sé e non in quanto legato ad un prima e ad un poi. Un suono che dal silenzio nasce e al silenzio ritorna, un suono di cui delibare con cura tutte le molteplici vibrazioni. Da qui scaturiscono le conseguenze più appariscenti della musica debussiana: gli accordi perdono la loro funzionalità armonica per divenire aggregati sonori con prevalente valore timbrico; quindi l'armonia si scinde dalla melodia, la ritmica si fa statica e non più soggetta ad armonia e melodia, mentre la forma, sempre costruita con estremo rigore, assume una connotazione circolare e non protesa verso un fine. Una frammentazione dei parametri sonori (melodia-armonia-ritmo- timbro) davvero novecentesca, che Debussy chiamava la sua «chimica musicale».

Ascolti

Images – Poisons d’or

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MAURICE RAVEL

La modernità del linguaggio debussiano non venne sufficientemente percepita dai contemporanei: nel periodo fra le due guerre fu un altro grande musicista francese,Maurice Ravel (1875-1937), ad essere considerato all'avanguardia. Non a caso fu a costui, e non a Debussy, che venne negato il conseguimento del Prix de Rome, benché vi avesse concorso per ben tre volte; e il suo terzo fallimento suscitò polemiche tali da provocare le dimissioni del direttore del Conservatorio di Parigi, Dubois, che venne sostituito dal maestro di Ravel, Fauré. E gli scandali costellarono le prime esecuzioni raveliane, a dimostrazione di come il suo stile venisse considerato addirittura provocatorio.

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Agli inizi, però, non si avvertì molto la differenza tra il suo stile e quello di Debussy, tanto che Ravel fu considerato un epigono debussiano. Questo fatto provocò il rammarico di Ravel stesso e una discussione tra i critici: era il suo Jeux d'eau per pianoforte (Giochi d'acqua, 1901) ad aver 'copiato' da Debussy l'armonia modale e l'uso della scala per toni interi (sia pure in un contesto diverso), o piuttosto era il pianismo debussiano di Jardins sous la pluie (1903) ad essere debitore verso l'innovativo stile pianistico di Ravel? E così, quali erano - se ve ne erano - i rapporti di filiazione tra la sua Rhapsodie espagnole per orchestra (Rapsodia spagnola, 1907) eIbéria di Debussy, scritta tra il 1905 e il 1908? (Ma negli stessi anni 1905-08 anche Albéniz scriveva i suoi Ibéria: la moda dello spagnolismo dilagava).

Comunque, è vero che vi sono punti di contatto fra Ravel e Debussy: anche Ravel, infatti, si serve di stilemi musicali desunti dalla musica orientale (scale modali, ritmi ripetitivi, ecc.), dall'antico clavicembalismo francese (ad esempio, nella Pavane pour une infante défunte, 1899, o nel Tombeau de Couperin,1917) oppure dal recentissimo jazz americano.

Ma ben presto il personalissimo stile raveliano venne addirittura contrapposto a quello del suo illustre avversario, in una rinnovata volontà tutta francese di creare querelles. La musica di Ravel, infatti, anche se si spinge assai più lontano di quella di Debussy nel trattamento ardito e libero della dissonanza, a differenza di essa non disgrega i presupposti del sistema tonale e della concezione del tempo musicale: essa si mantiene sempre all'interno di un binario costruito con estrema chiarezza e razionalità, rientrando pienamente nel quadro formale tradizionale.

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Per questo Ravel è stato deliberatamente trascurato da una musicologia - come quella che era in vigore sino a qualche tempo fa - che privilegiava esclusivamente gli autori che avessero contribuito all'emancipazione dalla tonalità. Solo recentemente si è avviata una valutazione più oggettiva della figura raveliana, rivendicando ad essa un atteggiamento estetico altrettanto radicale di quello di Debussy. Se il compositore più anziano prende ancora la musica molto 'seriamente', calandosi con tutta la sua sensibilità all'interno di quello che va scrivendo, Ravel invece se ne distanzia: egli si pone in un'estetica decisamente antiromantica, ironica e disincantata, notevolmente apparentata con le idee professate contemporaneamente da Erik Satie. il sorridente distacco dalle sue creature sonore è realizzato da Ravel soprattutto attraverso una spietata meccanizzazione del ritmo,in una strana assonanza con la concezione musicale del pur lontanissimo Rossini: forse non casualmente, gli unici approcci di Ravel al teatro musicale si concretizzarono in due operine comiche.

La prima di esse, la commedia musicale in un atto L'heure espagnole (L'ora spagnola, Parigi, Opéra-Comique 1911), tramuta i personaggi quasi in marionette meccaniche, le cui azioni - si può dire - sono regolate da ruote dentate come quelle degli orologi e degli automi che popolano lo sfondo della vicenda e animano la musica di sottili giochi ritmici. Gli spasimanti della moglie di un orologiaio, difatti, si nascondono a turno dentro le pendole in riparazione nella bottega; e contenuti in questi orologi (tutt'uno con essi, tanto che il più corpulento di costoro non riesce ad uscirne) vengono trasportati su e giù da un robusto mulattiere capitato lì come cliente, a capriccio della bella signora. Signora che, alla fine, decide invece di concedersi proprio al vigoroso facchino.

Nella seconda opera, la 'fantasia lirica' L'enfant et les sortilèges (Il bambino e i sortilegi, Montecarlo 1925), i protagonisti sono addirittura animali e oggetti ina-nimati (due poltrone, una teiera, una tazza e di nuovo una pendola), che si ribellano alla cattiveria di un bambino finché questo non si ravvede curando uno scoiattolinoferito.

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L’Heure Espagnole, di Maurice Ravel (1875-1937)libretto di Franc-Nohain

Commedia musicale in un atto

Prima:Parigi, Opéra-Comique, 19 maggio 1911

Personaggi:Concepción (S), Gonzalve (T), Torquemada (T),

Ramiro (Bar), Don Inigo (B)

L'heure espagnole si svolge a Toledo, nella bottega dell'orologiaio Torquemada. Mentre questi è uscito per il settimanale incarico di regolare gli orologi cittadini (incarico ottenuto per intercessione di Inigo, anziano signorotto locale che ambisce ad avere campo libero per circuire l'orologiaia), la sua bella moglie Concepción intende approfittarne come al solito per ricevere il suo amante, Gonzalve. I piani di tutti vengono però intralciati dalla presenza di un cliente che attende il ritorno dell'orologiaio: Ramiro, robusto mulattiere incaricato del servizio postale. Per sbarazzarsi di lui, Concepción gli chiede di portare nella propria camera ora l'uno ora l'altro dei grossi orologi a pendolo in cui, in momenti diversi, fa nascondere prima Gonzalve e poi, delusa dalla mania poetica di questi, il tronfio Inigo, corpulento al punto da rimanere incastrato nel suo nascondiglio. Alla fine Concepción accoglie nella propria camera proprio Ramiro, della cui placida concretezza e dei cui inesausti bicipiti ha avuto ampia occasione di restare ammaliata. Al suo rientro, Torquemada vende a Gonzalve e Inigo proprio le pendole che hanno fatto loro da nascondiglio e prega Ramiro, su consiglio della moglie, di far visita ogni mattina a Concepción con il pretesto di informarla dell'ora esatta.

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ascolti

Finale L’heure espagnole

Il gruppo dei Sei

Gruppo di giovani compositori francesi costituitosi nel 1918, a imitazione dei Cinque, con lo scopo di reagire alla poetica di Debussy e della sua scuola in nome di un ideale formale di immediata evidenza e semplicità, polemicamente contrapposta all'enfasi del tardo Romanticismo e alla preziosistica ricerca coloristica dell'impressionismo.

Louis Durey (1888-1979)Arthur Honegger (1892-1955)Darius Milhaud (1892-1974)Germaine Tailleferre (1892-1983)Georges Auric (1899-1983)Francis Poulenc (1899-1963)

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Igor Stravinsky (1882-1971) Un compositore russo in Francia

1910-1914 – il periodo russoL’uccello di fuoco (1910)Petruska (1911)Sagra della Primavera (1913)

1918 – L’inizio della svolta neoclassicaStoria del soldato

1920 – 1952 Periodo NecolassicoPulcinella (1920)Edipo Re (1927)Agon – Orfeo…La carriera di un libertino (Venezia 1951)

1952 – 1971 periodo dodecafonicoIn memoriam Dylan Thomas (1954)Threni (1957-58)

Igor' Fëdorovi Stravinskij (in russo [?];

Lomonosov, 17 giugno 1882 – New York, 6 aprile 1971)

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Sergej Pavlovi Djagilev ( ), detto Serge

(Seliš i, 31 marzo 1872 – 19 agosto 1929)

Vaclav Fomi Nižinskij ( , traslitterato anche come VaslavFomich Nijinsky, Nijinski o Nijinskij; in polacco: Wac aw Ni y ski) (Kiev, 12 marzo 1890 – Londra, 8 aprile 1950)

(1907) (1916)

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CRONOLOGIAI Balletti russi

coll.pdf.

a) Ripresa e revisione di balletti già presentati a San Pietroburgo

b) Ripresa e nuove coreografie di alcuni grandi balletti di repertorio

c) Coreografie originali di pagine pianistiche orchestrate

d) Coreografie originali di pagine sinfoniche non originariamente pensate per la danza

e) Coreografie originali di pagine operistichef) Opere ‘coreografate’g) Coreografie originali di nuove composizioni per la

danza

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1909

1. Le pavillon d’Armide«Ballet en un acte d’Alexandre Benois»Mus.: N. CEREPNIN (Pavil'on Armidij, 1907) Scene e cosi: A. BENOISDir. mus.: N. CEREPNINPremière: 18 maggio 1909 (prova gen.), Théâtre du Châtelet, ParigiInt. pr.: V. Karalli (Armida nella prova gen.; ruolo di A. Pavlova nella première); M. Mordkin(il Visconte prova gen., ruolo di M. Fokine nella première); V. Nijinsky (lo Schiavo di Armida); T. Karsavina (la Co Armida).Nota: Nuova versione di Pavil'ion Armidij (M. Fokine, Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, 1907).

2. Danses polovtsiennes du prince IgorCor.: M. FOKINELibr.: A. BORODIN (da V. V. Stasov)Mus.: A. BORODIN (dall'atto II dell'opera Knjaz Igor', 1869-87) Scene e cosi: N. ROERICHDir. mus.: E. COOPERPremière: 18 maggio 1909 (prova gen.), Théâtre du Châtelet, Parigi Int. pr.: E. Smirnova(una Donna Polovesiana); S. Fedorovna (una Ragazza Polovesiana); A. Bolm (il Capo Polovesiani).Nota: Presentate all'interno dell'opera, e dal 1910 come balletto a se stante.

3. Le Festin«Suite de danses»Cor.: M. PETIPA-M. FOKINE (Leshinka); M. PETIPA (L'oiseau de feu); A. GORSKIJ (Csardas); M. Fo (Hopak); N. GOLTZ-F. KCESSINSKIJ (Mazurka); M. FOKINE (Trépak);M. PETIPA (Grand Pas Classique grois); M. FOKINE(Finale)Mus.:M. GLINKA (Leshinka);?. I. CAJKOVSKIJ (L'oiseau de feu); A. GLAZUNOV (Csardas); M. MUSORGSKIJ (Hopak);M. GLINKA (Mazurka);?. I. CAJKOVSKIJ (Trepak); A. GLAZUNOV (GrandPas Classique Hongrois);?. CAJKOVSKIJ (Finale) Scene: K. KOROVINCost: L. BAKST, A. BENOIS, I. BILIBIN, K. KOROVINDir. mus.: E. COOPERPremière: 18 maggio 1909 (prova gen.), Théâtre du Châtelet, Parigi Int. pr.: T. Karsavina, V. Nijinsky, M. Mordkin, V. Karalli.

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4. Les Sylphides«Rêverie romantique en un acte de Michel Fokine»Cor.: M. FOKINEMus.: F. CHOPIN (Nocturne op. 32, strument. I. Stravinskij; Valse op. 70 n. 1, strument. A. Taneev; Mazurka op n. 2, strument. N. Sokolov; Mazurka op. 67 n. 3, strument. N. Sokolov; Prélude, op. 28 n. 7, strument. A. Taanev Valse, op. 64 n. 2, strument. A. Glazunov; Grande Valse Brillante, op. 18 n. 1, strument. I. Stravinskij) Scene e cost: A. BENOISDir. mus.: N. CEREPNINPremière: 2 giugno 1909 (prova gen.), Théâtre du Châtelet, ParigiInt.: A. Pavlova, T. Karsavina, A. Baldina, V. Nijinsky e il corpo di ballo (Nocturne); T. Karsavina ( A. Pavlova (Mazurka); V. Nijinsky (Mazurka); A. Baldina (Prélude); A. Pavlova e V. Nijinsky (Valse); A. Pavlova. Karsavina, A. Baldina, V. Nijinsky e il corpo di ballo (Grande Valse Brillante).Nota: Il ball, costituisce l'ampliamento di un quadro di Sopeniane (M. Fokine, Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, 1907).

1910

6. Carnaval«Ballet pantomime en un acte de Léon Bakst et Michel Fokine»Cor.: M. FOKINELibr.: M. FOKINE e L. BAKSTMus.: R. SCHUMANN (Carnaval, per pianoforte, op. 9, 1934-35, orchestr. N. Rimskij-Korsakov, A. Ljadov, A. Glazunov, N. Cerepnin, A. Arenskij)Scena e cost.: L. BAKST Dir. mus.: N. CEREPNINPremière: 20 maggio 1910, Theater des Westens, BerlinoInt. pr.: T. Karsavina (Colombina); V. Fokina (Chiarina); V. Nijinsky(Arlecchino); B. Nijinska (Papillon); L. Schol-Ur (Estrella); E. Cecchetti(Pantalone); A. Bolm (Pierrot).

Nota: Nuova ediz. o nuova versione di Carnaval (M. Fokine, Pavlov Hall di San Pietroburgo, 1910).

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7. Schéhérazade«Drame chorégraphique en un acte de Léon Bakst et Michel Fokine»Cor.: M. FOKINELibr.:L. BAKST, A. BENOIS, M. FOKINE (dalle Mille e una notte)Mus.: N. RIMSKIJ-KORSAKOV (parti I, II e IV del poema sinf. Seherazada, op. 35, 1888)Scena e cost.: L. BAKSTSiparietto (dal 1911): SEROVDir. mus.: N. CEREPNINPremière: 4 giugno 1910, Théâtre National de l'Opéra, ParigiInt. pr.: I. Rubinstein (Zobeide); V. Nijinsky (lo Schiavo favorito di Zobeide); A. Bulgakov (Shahryar); E. Cecchetti (il Capo degli Eunuchi).

Michail Fokin con la moglie Vera in Shéhérazade

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8. Giselle-Pantomime en 2 actes de Vernoy de Saint-Georges, T. Gautier e J. Coralli» Cor.: M. FOKINELibr.: VERNOY DE SAINT-GEORGES e T. GAUTIER, da un tema di H. HeineMus.: A.-C. ADAM (omon., 1841) e F. BURGMULLER (pas de deuxdei contadini dell'atto I)Scene e cost.: A. BENOISDir. mus.: P. VIDALPremière: 17 giugno 1910 (prova gen.), Théâtre National de l'Opéra, Parigi Int. pr.: T. Karsavina (Giselle); V. Nijinsky(Albrecht).Nota: Nuova versione di Giselle (J. Coralli e J. Perrot, Teatro dell'Opera di Parigi, 1841).

9. L'oiseau de feu«Conte russe en 2 tableaux de Michel Fokine»Cor.: M. FOKINELibr.: M. FOKINE (da un racconto popolare russo)Mus.: I. STRAVINSKIJ (omon., 1910, apposit. composta)Scena: A. GOLOVINCost.: A. GOLOVIN e L. BAKSTDir. mus.: G. PIERNÉPremière: 25 giugno 1910, Théàtre National de l'Opera, ParigiInt. pr.: T. Karsavina (l'Uccello di Fuoco); V. Fokina (la Zarevna); M. Fokine (Ivan Zarevic); E. Cecchetti (Kosceij l'immortale).Nota: Nuova ediz. nel 1926 con scene e costumi di NatalijaGoncarova.

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191111. Le spectre de la rose«Tableau chorégraphique»Cor.: M. FOKINELibr.: J.-L. VAUDOYER, da una poesia di T. GautierMus.: C. M. VON WEBER (Aufforderung Zum Tanz per pianoforte, op. 65,1819, orchestraz. Hector Berlioz)Scena e cost.: L. BAKSTDir. mus.: N. CEREPNINPremière: 19 aprile 1911, Théâtre de Monte-CarloInt.: T. Karsavina (la Fanciulla) e V. Nijinsky (lo Spirito della Rosa).

14. Petrouchka«Scènes burlesques en 4 tableaux»C or.: M. FOKINELibr.: I. STRAVINSKIJ e A. BENOISMUS.: I. STRAVINSKIJ (omon., app. comp.) Siparietto, scene e cost.: A. BENOISDir. mus.: P. MONTEUXPremière: 13 giugno 1911, Théâtre du Châtelet, ParigiInt pr.: V. Nijinsky (Petrouchka); T. Karsavina (la Ballerina); A. Orlov (il Moro); E. Cecchetti (il Ciarlatano).

Jambe en bois

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191218. L'après-midi d'un faune«Tableau chorégraphique de Vaslav Nijinsky»Cor.: V. NIJINSKYLibr.: dal poema di S. MallarméMus.: C. DEBUSSY (Prélude à l'a-près-midi d'un faune, 1892-94) Scena e cost.: L. BAKST Dir. mus.: P. MONTEUXPremière: 29 maggio 1912, Théâtre du Châtelet, Parigi Int. pr.: V. Nijinsky (il Fauno).Nota: Nel 1922 il balletto fu rimontato da B. Nijinska con un fondale di Picasso.

19. Daphnis et Chloé«Symphonie chorégraphique en trois tableaux» Cor.: M. FOKINELibr.: M. FORINE (da Gli amori pastorali di Dafni e Cloe di Longo Sofista, secolo II o III a. C.) Mus.: M. RAVEL (omon, 1909-12, apposit. comp.) Scena e cost.: L. BAKST Dir. mus.: P. MONTEUXPremière: 8 giugno 1912, Théâtre du Châtelet, ParigiInt. pr.: T. Karsavina (Chloé); V. Nijinsky (Daphnis); A. Bolm (Darkon).

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191320. Jeux«Poème dansé»Cor.: V. NIJINSKY Libr.: V. NIJINSKYMus.: C. DEBUSSY (omon., 1912-13, apposit. comp.) Scena e cost.: L. BAKST Dir. mus.: P. MONTEUXPremière: 15 maggio 1913, Théâtre des Champs-Elysées, ParigiInt.: T. Karsavina e L. Schollar (le due Ragazze); V. Nijinsky (il Giovane).

21. Le sacre du printemps«Tableaux de la Russie païenne en deux parties»Cor.: V. NIJINSKYLibr.: I. STRAVINSKIJ e N. ROERICHMus.: I. STRAVINSKIJ (omon., 1912, apposit. comp.)Scene e cost.: N. ROERICHDir. mus.: P. MONTEUXPremière: 29 maggio 1913, Théâtre des Champs-Elysées, Parigi Int. pr.: M. Piltz (l'Eletta).

Scenario di Roerich del 1913 per il Sacre

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L’orchestra della Sagra

complessitàritmica dellaSagra

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complessità ritmica (2)partitura al n. 35

sovrapposizione 15 differenti articolazioniritmiche

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*àuguri sta a significare profezia

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Seiji Ozawa

Coreografia Nijinsky – Teatro Mariinsky

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Bernstein prova il Sacre

Esecuzione Sagra – Orchestra San FranciscoTilson Thomas direttore

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VIENNA

La seconda scuola di Vienna

Arnold Schoenberg (1874-1951)periodo wagneriano (1899)

Notte trasfigurata

periodo atonale ed espressionista (1908-1913)Erwartung (Attesa) (1909)La mano felice (1910-13)Pierrot Lunaire (1913) (Sprechgesang – canto-parlato)

periodo dodecafonico (dal 1923)Suite op. 25 per pianoforte

Alban Berg (1885-1935)Wozzeck (1917-1921)

Anton Webern (1883-1945)Sinfonia op. 21 per nove strumenti

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Serie Suite op. 25

Il serialismo integrale

La scuola di Darmstadt (dal 1950)Pierr Boulez (1925)

Olivier Messiaen (1908-1992) (esempio Quattro studi ritmici)

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L’alea

John Cage (1912-1992)

IL PIANOFORTE PREPARATO

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Cage – Lavori per pianoforte A Room Audio

Cage – Sonate e Interludi

And the Earth shall bear again (audio)

And the Earth (esecuzione n.2) (audio)

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Il primo Novecento in Italia

La generazione dell’Ottanta

Alfredo Casella (1883-1947)Gian Francesco Malipiero (1882-1973)Ottorino Respighi (1879-1936)Ferruccio Busoni (1866-1924)

La generazione di primo NovecentoLuigi Dallapiccola (1904-1975)Goffredo Petrassi (1904)

Ungheria

Zoltán Kodály (1882-1967)

Béla Bartók (1881-1945)